UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO - BICOCCA DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANE PER LA FORMAZIONE RICCARDO MASSA ANNO ACCADEMICO 2005/2006 MARGINALI E RESISTENTI DONNE MIGRANTI A BOLOGNA: RETI DI RELAZIONI E PRATICHE DI VITA QUOTIDIANA Candidata Barbara Pinelli Tutor Prof.ssa Alice Bellagamba Coordinatore del dottorato Prof. Ugo Fabietti 1 DOTTORATO DI RICERCA IN ANTROPOLOGIA DELLA CONTEMPORANEITÀ: ETNOGRAFIA DELLE DIVERSITÀ E DELLE CONVERGENZE CULTURALI XVII CICLO Abstract Questa ricerca è stata condotta a Bologna negli anni compresi fra il 2003 e il 2004 con due gruppi di donne immigrate, AMISS e Agorà dei Mondi. Non sono aggregazioni etniche, ma reti collettive composte da donne di diverse provenienze geografiche, con differenti storie di vita e migrazione. A diversi livelli e con forme specifiche, entrambi i gruppi hanno creato meccanismi di complicità e solidarietà femminile, trasformando il “posizionamento a margine” in sito di resistenza e producendo uno sguardo posizionato e sessuato sul potere. La ricerca esplora sia le traiettorie personali delle donne che hanno preso parte alla ricerca, catturandone le micropratiche di vita quotidiana, la percezione che questi soggetti femminili hanno di sé e dei loro percorsi, le loro fantasie di identità; sia le reti di relazioni e le forme di coalizione femminile che queste donne hanno costruito. Nel primo capitolo cerco di delineare le forme specifiche che i processi di migrazione hanno assunto nella città di Bologna, al fine di descrivere lo spazio urbano in cui si muovono, vivono, lavorano le attrici della ricerca. Mi soffermo sull’analisi del tessuto sociale, culturale e politico della città, cercando, in particolare, di mettere in evidenza due aspetti: le diverse realtà che si occupano di immigrazione a Bologna e la tendenza culturalista ed etnicizzante delle politiche locali. Attraverso l’analisi delle retoriche multiculturali, cerco di mettere in evidenza come il termine “multiculturale”, più che descrivere una situazione di fatto, indica un insieme di azioni, strumenti, pratiche messe in atto dalle politiche locali per disciplinare la presenza di donne e uomini immigrati. Prenderò in esame le posizioni dell’amministrazione di centro-sinistra e le sue politiche di mediazione culturale, e quelle dell’amministrazione di centro-destra, con i suoi discorsi pubblici sulla preservazione dei confini e dei localismi. Entrambe pongono enfasi sul concetto di cultura intesa in un’accezione categoriale, anziché considerarla nella sua dimensione processuale, individuale, interpretata. Nel secondo capitolo illustro i principali riferimenti teorici che mi hanno guidata nel corso della ricerca. Nel tentativo di considerare le donne immigrate come soggettività complesse e multiposizionate e di analizzare le pratiche di resistenza che le donne ricavano dalle loro posizioni di marginalità, esploro il tema delle migrazioni femminili con un quadro teorico che combina insieme le riflessioni dell’antropologia delle migrazioni transnazionali, dell’antropologia femminista e del femminismo postcoloniale. Nel terzo capitolo illustro la storia di AMISS, associazione di mediatrici interculturali sociali e sanitarie. Ripercorrendo la sua genealogia, tento di evidenziare come l’associazione sia il risultato di una retorica multiculturale che nella città di Bologna si esprime in una forte tendenza a tipizzare le appartenenze culturali. Ad un primo livello di analisi la nascita di AMISS è il prodotto di una precisa ideologia da cui dipendono le politiche locali. Mantenendo ferma questa critica iniziale, cerco, ad un secondo livello di analisi, di mostrare come la costruzione di uno spazio sessuato, condiviso e relazionale in cui si combinano le differenti storie di migrazione delle donne appartenenti al gruppo, fa sì che AMISS non si limiti a ripetere un certo tipo di retorica, piuttosto contribuisce a riarticolare i termini del discorso multiculturale, organizzando un sistema di relazioni che contraddice l’ideologia culturalista. Il contesto etnografico costruito con AMISS è stratificato, denso di contraddizioni e sfumature: fa emergere un discorso culturalista, tuttavia lo spazio associativo è un terreno fertile in cui modulare diversità ed esperienze, condividere fantasie di migrazione, dare vita a reti amicali e a strategie di ricollocamento condivise. Nasce così uno spazio intimo, femminile, solidale. Nel quarto capitolo indago le fantasie che le donne appartenenti ad AMISS attribuiscono alle pratiche di mediazione che svolgono. Le pratiche di mediazione concretizzano il discorso culturalista; tuttavia, una prospettiva emica che interroga le donne sul loro stesso lavoro produce un altro sguardo sulla ramificazione delle egemonie. Interpellate sui significati che attribuiscono alle pratiche che svolgono, le donne dell’associazione rendono visibili strategie di genere, producendo una narrativa di relazioni e organizzando un sistema femminile di rapporti e aiuti. Esse stesse fanno uso di almeno due registri 2 discorsivi importanti per cogliere la percezione che hanno di sé e delle pratiche che svolgono: l’uso della cultura in termini processuali, storici e contestualizzati e di categorie come complicità/tradimento combinate al genere – inteso come sistema di relazioni fra donne e donne e uomini e donne. Questo sguardo sulle reti di potere si trasforma in un contro-discorso costruito dalle stesse donne sulle migrazioni e sui processi di ricollocamento, intesi come sistemi di relazioni iscritte in un tempo e in uno spazio specifico, fra uomini e donne, donne e donne, immigrate e città di approdo. Il quinto capitolo ripercorre la storia di Agorà dei Mondi associazione nata dall’iniziativa di tre donne immigrate di diverse provenienze, con l’intento di creare una rete di solidarietà fra straniere e di agire sui processi di ricollocamento. Le storie singole di ognuna, la creazione di questo spazio sessuato e condiviso, le pratiche svolte e le fantasie delle componenti sulla realtà di cui sono parte sono gli aspetti che cerco di esplorare. L’analisi di Agorà dei Mondi combina diversi livelli analitici: l’oggettivizzazione della marginalità e gli spazi di azione ricavati dalle donne dentro essa, il rapporto fra subalternità e resistenza, la distribuzione del potere fra soggetti marginali, lo sguardo anche contraddittorio e ambivalente sulle reti di potere locale. I discorsi e le pratiche di Agorà dei Mondi prendono posto nella consapevolezza di essere categorizzate come straniere. In questo spazio marginale, le donne di Agorà dei Mondi si presentano come una rete femminile che interviene per creare reti di solidarietà fra immigrate facendo emergere la capacità di iniziativa delle donne e il loro unirsi per ridurre la comune posizione di debolezza. Il sesto capitolo riguarda i saperi che le donne incontrate durante la ricerca hanno maturato sui percorsi migratori femminili. Con i loro contro-discorsi sulle migrazioni, illustrano le asimmetrie e i rapporti di potere da cui le traiettorie transnazionali delle donne traggono origine. Se la retorica – anche scientifica - sui migranti li dipinge spesso come identità nomadi e diasporiche che vivono fra un confine culturale e l’altro, diventando simboli di molteplici prismi di appartenenza, il discorso sulle migrazioni costruito da queste donne evidenzia come le traiettorie delle donne si muovano fra le condizioni instabili e precarie dei paesi di origine e il posto che le città di approdo loro riserva. La migrazione esprime una fantasia di identità e un veicolo di progetto sociale inedito; tuttavia deve essere negoziata con la precarietà economica, sociale e politica dei luoghi di approdo e con nuove forme di potere e di controllo. La produzione dei saperi da parte delle donne fa emergere il transnazionalismo come vissuto complesso e contraddittorio, trasformando l’immagine dei migranti da soggettività diasporiche a soggetti reali, concreti che con i loro corpi e le loro storie particolari provano a concretizzare la fantasia di migrazione. Il capitolo settimo si concentra sulle micropratiche di vita quotidiana e sulla costruzione della casa come sito di resistenza. Frequentando le case e gli spazi personali delle donne della ricerca, ho cercato di esplorare il processo di costruzione della casa/del senso di casa intendendoli come l’insieme delle pratiche e delle relazioni quotidiane esercitate dentro e fuori le mura domestiche, a cui le donne immigrate danno vita per ricostruire uno spazio intimo, un senso di appartenenza nella nuova città. La casa diventa un luogo in cui negoziare la posizione di marginalità, dove la dimensione transnazionale assume la forma della vita quotidiana e in essa si manifesta. Stabilità e movimento si sovrappongono: le reti e le pratiche transnazionali, in cui le donne mischiano città di origine con quelle di approdo, si trasformano in strategie di ricollocamento, sostenendo il desiderio di fissità; viceversa, la fantasia di stabilità è continuamente messa in gioco dall’esercizio di identità transnazionali e multiposizionate. Questo processo, complesso e contraddittorio di “costruzione del senso di casa altrove”, mette in luce le modalità con cui le donne negoziano l’ambivalenza della migrazione con micropratiche agite nella vita quotidiana, illustrando anche come la migrazione contempli al medesimo tempo acquisizione e perdita di potere, maggiore libertà e maggiori restrizioni. 3 Ci sono molte persone, amiche e amici a cui devo sinceri ringraziamenti per aver condiviso con me questi anni. Ognuna ha messo una parte importante. Alcune meritano un riconoscimento speciale. La mia insegnante Alice Bellagamba per il sostegno intellettuale ed emotivo. Norma e Giorgio per tutto. Elisabetta, Lucia, Rosi, Luca. Elena Valentini “per tutte le stampe”, Cristiana Natali per le revisioni. La casa delle donne per non subire violenza di Bologna. I compagni di percorso. Le compagne di casa. Soprattutto le donne di cui si può leggere in queste pagine e per quello che sta dietro a queste pagine. Perché “occupandomi di donne che stanno sempre fuori posto” ho conosciuto un’altra città. A loro devo emozioni, bellezza ed entusiasmi, riflessioni e intelligenza. In modo particolare, a Ego e alla sua bellissima famiglia. 4 INTRODUZIONE Fantasia, posizioni marginali, potere 1 CAPITOLO PRIMO Migrazioni a Bologna La declinazione culturalista delle politiche sociali 1.1 1.2 Il contesto nazionale Il contesto locale e le sue caratteristiche 1.2.1 Coordinate economiche e sociali 1.2.2 Qualche dato sulle presenze 1.2.3 Humus sociale e pratiche di intervento 1.3 Le politiche locali rivolte all’immigrazione 1.3.1 1986/1990 1.3.2 1990/1994 1.3.3 1994/1999: la nascita dell’ISI 1.3.4 1999/2003 1.4 Discorso e governamentalità 1.5 La declinazione culturalista delle politiche di mediazione 1.6 Retorica di “destra”: il localismo e la costruzione dello straniero Epilogo. La cultura produce esclusione? 13 19 21 23 25 30 32 34 35 37 38 40 43 47 CAPITOLO SECONDO Marginali e resistenti Dispositivi utili per leggere i molteplici posizionamenti delle donne migranti 2.1 “Under Western Eyes”: il femminismo eurocentrico e la produzione delle sue Altre 2.2 L’approccio femminista e il posizionamento multiplo 2.2.1 Il femminismo nero e la simultaneità delle oppressioni 2.2.2 L’ antropologia femminista e il soggetto multiposizionato 2.3 Egemonia, marginalità e resistenza 2.4 Il posizionamento nel margine: la politica della localizzazione 2.5 Fantasia di identità e immaginazione di nuove vite 2.6 Approccio transnazionale: identità diasporiche e transmigrazioni 2.7 Etnografia e transnazionalismo 2.8 Diaspora come categoria analitica 2.9 Polisemia della diaspora 2.10 Il gesto di abitare la frontiera 53 58 58 60 62 64 68 71 73 75 76 79 CAPITOLO TERZO AMISS Ragnatele di rapporti e narrative di relazioni 3.1 Storia dell’associazione 3.2 Cosa fanno le donne di AMISS 3.3 Le componenti di AMISS 3.3.1 Aferdita 3.3.2 Denise 3.3.3 Ego 85 87 88 89 90 91 5 3.3.4 Fatima 3.3.5 Sanae 3.3.6 Vichi 3.4 Facce della stessa medaglia: contesti etnografici contraddittori, mancanza di reti e spazi laterali di relazioni 3.5 Dimensione lavorativa 3.6 Mancanza di reti e percezioni di sé 3.7 Storie di ordinaria amicizia 3.7.1 Ego e Denise 3.7.2 Strategie di resistenza condivise 3.7.3 Aferdita e Fatima 3.7.4 Reti femminili e strategie di ricollocamento 3.7.5 Le differenze fanno un quotidiano condiviso Epilogo. Microprocessi di ricollocamento 92 93 94 96 97 99 101 102 106 107 109 112 113 CAPITOLO QUARTO Che “genere” di mediazione è? Fantasie e pratiche di mediazione. Pretesti per parlare delle donne 4.1 Mediazione culturale: il successo delle politiche locali 4.2 Interloquire per le donne non significa parlare di culture 4.2.1 Mediazione come processo nel tempo e nello spazio 4.2.2 Mediare dentro la comunità transnazionale 4.3 Mediare da donna per le donne 4.4 Mediare nella comunità delle donne immigrate 4.4.1 Qualcosa accomuna le donne 4.4.2 Donne immigrate come “noi collettivo” 4.5 Stare un po’ dentro e un po’ fuori 4.5.1 Posizionamenti multipli 4.5.2 Complicità/tradimento/potere 4.6 Mediare per chi? Il genere come categoria ermeneutica 4.6.1 Donne immigrate: categoria sì, ma multiposizionata 4.6.2 Genere come relazioni 4.6.3 Uso dell’esperienza come ermeneutica delle migrazioni 4.6.4 Posizioni subalterne, diverse forme di discriminazione Epilogo. Non tutti i discorsi sono egemonici o contro/egemonici e non tutte le pratiche di donne si chiamano femminismo 117 118 120 123 126 129 129 130 133 134 136 139 139 140 141 143 145 CAPITOLO QUINTO Agorà dei Mondi Reti di solidarietà e sguardi sul potere da posizioni subalterne 5.1 Agorà dei Mondi. Definirsi al femminile 5.2 Storia dell’associazione 5.2.1 La nascita di Agorà dei Mondi 5.2.2 L’emancipazione di Agorà dei Mondi dal sindacato 5.3 Le componenti di Agorà dei Mondi 5.3.1 Blagovesta 5.3.2 Relazioni etnografiche come processo 5.3.3 Politiche di relazioni etnografiche 6 150 152 152 155 157 157 160 161 5.3.4 Sanja 5.3.5 Rappresentazione/autorappresentazione 5.3.6 Rebeca 5.4 Agorà dei Mondi e AMISS: contesti etnografici a confronto 5.5 Agorà dei Mondi: collettività multiposizionata 5.6 Reti di solidarietà: posizioni di debolezza e potere 5.7 Uso strumentale della retorica culturalista 5.8 La diversa distribuzione del potere fra soggetti marginali 5.9 Sguardi femminili sul potere 5.9.1 Le politiche locali: la Carta della Convivenza e la mediazione culturale 5.9.2 Reti di potere e microrazzismi quotidiani 5.9.3 Il tempo e la burocrazia: meccanismi per esercitare potere Epilogo. Non tutti i soggetti marginali sono resistenti 162 165 166 168 171 173 175 177 181 182 185 188 193 CAPITOLO SESTO Etnografia dei saperi Le pratiche transnazionali creano identità reali 6.1 6.2 6.3 6.4 Note sulle biografie di Vichi e Tamara Le conversazioni di Agorà dei Mondi Transnazionalismo come vissuto Emigrare è il lavoro di tutto 6.4.1 Vichi 6.4.2 Tamara 6.5 Frammentazioni delle reti e responsabilità delle migranti 6.6 Pioniere delle diaspore e perni della rete transnazionale 6.7 L’annullamento del tempo come strumento di potere 6.8 Il “qui” delle migrazioni: negoziare agency e potere 6.9 Micropratiche di resistenza ed emancipazione Epilogo. Teorie globali per storie particolari 194 196 199 200 201 203 206 208 209 212 216 219 CAPITOLO SETTIMO La costruzione del senso di casa Tattiche e pratiche della vita quotidiana 7.1 La casa: sito di resistenza, spazio transnazionale e di ricollocamento 7.1.1 Fatima 7.1.2 Aferdita 7.1.3 Ego 7.2 Senso di comunità: strategia negoziata di ricollocamento 7.2.1 Comunità come categoria processuale, negoziata e autoreferenziale 7.2.2 La costruzione dell’Associazione Igbo 7.2.3 La rete igbo delle donne: strategia collettiva di ricollocamento 7.2.4 La comunità igbo è transnazionale e multiculturale 7.3 La costruzione quotidiana della cittadinanza 7.3.1 Ambivalenza e contraddittorietà della cittadinanza reale 7.3.2 Negoziare la fantasia di migrazione con le posizioni sociali reali 7.4 Pratiche transnazionali 7.4.1 Identità che si confondono: essere madre, essere immigrata 7.4.2 Pratiche condivise fra donne differenti 7 222 223 225 227 230 230 232 233 236 238 238 240 243 243 245 7.5 Reti transnazionali fra soggetti transnazionali 7.6 Fantasie di identità e fallimento del progetto migratorio Epilogo. La polisemia del ritorno 247 251 256 EPILOGO Le relazioni etnografiche producono conoscenza 259 BIBLIOGRAFIA 8 9