Il video "Le formiche" è l'episodio centrale della "Trilogia della torre" di Barbara Agreste. La centralità di questa parte nell'ambito della trilogia non solo risiede nella sua maggiore estensione di durata rispetto alle altre due, ma soprattutto assume rilievo nel suo essere l'apice drammatico in una sequenza di tre "racconti" dove il primo in qualche modo annuncia e descrive uno scenario, il secondo lo svolge, mentre l'ultimo raccoglie le conseguenze delle azioni che si sono susseguite nel corso dell'intero ciclo di episodi. Nonostante la consequenzialità narrativa fra i vari brani che, insieme alla loro affinità tematica e stilistica, evidenzia il carattere organico della trilogia, è possibile leggere ogni singolo pezzo nella sua autonomia, soffermandosi sui segni specifici che lo compongono. In "Le formiche" le immagini si susseguono in un ritmo concitato e allarmante che disegna lo strabordare nervoso di un'energia corporea fuori controllo. Lo scenario dove si svolge questo sovrafflusso di rappresentazioni visive, che nella negazione di uno spazio identitario interpola animazioni digitali con immagini reali e figure astratte, è quello di una scacchiera dove le formiche in alcune sequenze del film si muovono e nel finale escono via. Questo ipotetico paesaggio è solo accennato all'inizio ed in alcuni passaggi del video, e per lo più rintracciabile seguendo l'indicazione del titolo che allude a degli insetti che solo per pochi secondi compaiono. Tuttavia la presenza di formiche o di un "formicolare" pervade tutta la sequenza del film perché proprio dal loro nome e comportamento scaturisce anche il significato di "un muoversi in modo confuso e frenetico", di un agitarsi di figure così come tali si vedono di fotogramma in fotogramma. La scacchiera, secondo questa considerazione di significato, assume a livello semantico una sua funzione specifica, comportandosi come il fondo dove per contrasto gli altri segni non "scacchistici" assumono rilievo, nello stesso modo nel quale ad esempio si fanno più visivamente evidenti le figure scure quando sono disegnate su di un foglio chiaro. La scacchiera infatti nella sua quadratura è un simbolo della razionalità, un'immagine dell'ordine geometrico ed incontrovertibile del mondo, a cui il movimento cinematografico delle Formiche di Barbara Agreste tende a contrapporsi. Questo superamento di una logica cartesiana della scacchiera, che a livello mitologico potrebbe richiamare, sposandolo, il contrasto fra la femminile legge del cuore propugnata da Antigone e quella archetipica maschile rappresentata dal freddo raziocino dell'autorità dello stato, viene attuata su diversi piani della rappresentazione, sia per quanto riguarda il genere di immagini che l'autrice ci mostra, sia per come poi esse sono state montate nel video, in un procedimento di destrutturazione di ogni solida ossatura narrativa, che ai comparti e alle rigide "quadrettature" della razionalità predilige l'immanenza istintiva del flusso. In questo senso l'uso di un medium quale il video rientra in quella che è una necessità poietica dell'artista perché esso, come ha già osservato Gilles Deleuze, a differenza delle arti "posate", quali la scultura o la pittura, libera valori "non posati" rendendo, attraverso la polivisione ed il montaggio accelerato, il tempo ed il movimento incommensurabili e segnando quindi il progressivo deterioramento dell'idea che esistano stabilmente dei sensi rigidi e definitivi. Se l'artista ha agito seguendo queste linee tematiche in primo luogo l'ha fatto utilizzando la sua più autentica matrice di genere, ossia mettendo in campo il suo corpo, e nella maniera più specifica filmando i suoi capelli lunghi, elementi tradizionalmente caratteristici di un corpo femminile, mossi in maniera esagita da uno schizofrenico scrollamento di testa. Alle immagini reali di una sua corporeità scomposta nelle linee convulse dei capelli movimentati, Barbara Agreste ha poi alternato e sovrapposto quelle astratte e altrettanto dinamiche prodotte con segni grafici che si susseguono e si intrecciano l'uno sull'altro sulla pellicola. Tramite rapidi ed incessanti cambiamenti di piani della rappresentazione, da astratto a scena reale e viceversa, ed anche insieme, ora le linee informali sono quelle della capigliatura, ora analogicamente per segno sono quelle pittoriche, ora esse a livello emotivo si trasformano in graffi sferzanti di una energia nervosa che tende a rompere ogni chiusura della cornice, destabilizzando l'ideologia dell'ordine geometrico che la scacchiera indicava. Ogni passaggio inoltre è virato ad un ritmo estremamente incalzante e repentino che nella deflagrazione deframmentata degli stimoli visivi trae forza ed arma linguistica per raccontare quella di un corpo dilaniato ed aperto dalle più mosse tensioni. Nel mentre di questa tempesta immaginifica, ad un certo punto i capelli insieme ad altro materiale vegetale più sommessamente però iniziano a precipitare giù sul fondo della scena, mescolandosi anche a gocce e segni di vernice come in pozzanghere. Si assiste così ad una sorta di processo di esfoliazione, e metaforicamente di purificazione, che molto evoca i cicli di trasformazioni climatiche naturali quando alle stagioni molto calde seguono le piogge o la caduta delle foglie dagli alberi in autunno. Dalla fase notturna di un caos che pervade la rappresentazione ed i sensi, dalle dissolvenze video e le dissoluzioni materiche di una fase quale quella alchemica della nigredo, si passa così ad una fase purificatrice e più chiara, come quella dell'albedo, nella quale le durezze e le resistenze emotive e quelle, per certe alte punte, elettriche dei neuroni, si sublimano fino ad essere somaticamente espulse nel corso di un processo di liberazione, che è la fuoriuscita dal corpo del fomicolio innescato dalle disposizioni e le costrizioni di pensiero della scacchiera. Il climax di questo movimento elettrico a corrente alternata, il nucleo sintetico del flusso torrenziale e catartico, è un breve passaggio finale in cui si vede la semplice nudità quasi zen di un segno nero mutare. Qui nulla è posato nella rigidità quadrata di una forma e di un senso. Questa forma infatti, che come il pieno di un corpo emerge dallo sfondo chiaro, "formicola", si agita, si muove e continuamente involve ed evolve per autogenerarsi nello spazio più autentico ed originario dell'individuazione del Sé, in un ciclo asimmetrico di trasformazione che alla geometria e alle regole della tavola degli scacchi non da più luogo di esistere. Mentre una pedina ruota con un audio altalenante, come quello di una sirena d'allarme che ancora segnali un pericolo, il video termina con le formiche che escono di scena dalla scacchiera, la cui immagine ora appare in tutte le sue dimensioni deformata. Le righe rette delle sue quadrettature infatti, si sono curvate. G. S.