Le dimissioni Validità ed efficacia Nell`ordinamento italiano, le

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Le dimissioni
Validità ed efficacia
Nell'ordinamento italiano, le dimissioni si configurano come una facoltà del lavoratore, che
può essere esercitata senza alcun limite, con il solo rispetto dell'obbligo di dare il
preavviso previsto dai contratti collettivi. Le dimissioni consistono in un atto volontario del
lavoratore.
La volontà del dipendente non deve quindi essere viziata (ad esempio da altrui minacce o
raggiri, da errore, da incapacità), pena l'annullabilità dell'atto. L'atto ha effetto al momento
in cui viene a conoscenza del datore di lavoro.
Non rileva in alcun modo l'eventuale dissenso del datore. L'eventuale revoca delle
dimissioni è efficace, secondo le regole generali (art. 1328 c.c.), solo se è comunicata al
datore di lavoro prima che quest'ultimo abbia avuto notizia dell'atto di recesso.
La legge italiana non prevedeva forme particolari per le dimissioni, che potevano, quindi,
essere presentate anche oralmente. I requisiti di forma sono, però, spesso dettati dai
contratti collettivi, che possono imporre l'onere della forma scritta a tutela del lavoratore.
Dimissioni per giusta causa
In presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro che rende impossibile la
prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto (es. mancata osservanza delle norme
sulla sicurezza, demansionamento, condotte gravemente lesive dell'onore e della
reputazione [1], reiterato mancato pagamento della retribuzione [2], ecc.), il lavoratore può
dimettersi per giusta causa, senza l'obbligo di dare il preavviso. Al lavoratore dimissionario
per giusta causa spetta l'indennità sostitutiva del preavviso, come se fosse stato licenziato.
Egli può inoltre richiedere l'indennità ordinaria di disoccupazione, in quanto il sopravvenuto
stato di disoccupato non gli è imputabile.
Dimissioni incentivate
Il datore di lavoro può favorire le dimissioni del dipendente offrendo un incentivo
economico per lasciare il posto di lavoro. Tale condotta è considerata lecita in quanto
l'iniziativa del datore di lavoro non priva il lavoratore della sua libertà di scelta.
Il rapporto di lavoro si estingue nel momento in cui il datore, ricevute le dimissioni, dà
seguito al suo impegno corrispondendo al dipendente la somma offerta, oltre alle
competenze retributive maturate.
Dimissioni e licenziamento
Sia le dimissioni che il licenziamento comportano la cessazione del rapporto di lavoro. Le
conseguenza giuridiche dei due atti sono però profondamente diverse, specie sotto il
profilo della tutela del dipendente. In caso di dimissioni, il lavoratore non ha diritto
all'eventuale indennità di mancato preavviso (salvo il caso di dimissioni per giusta causa),
nonché alla tutela specifica predisposta contro i licenziamenti illegittimi. Inoltre, in caso di
dimissioni, non vi è l'indennità di disoccupazione erogata dall'INPS.
Dimissioni in bianco
Con il termine di "dimissioni in bianco" ci si riferisce alla pratica, illegale, tesa ad obbligare
i neoassunti a firmare una lettera di dimissioni priva di data, contestualmente alla
sottoscrizione del contratto di lavoro. Scopo della lettera è quello di allontanare il
dipendente senza corrispondere alcuna indennità, e per qualsiasi motivo, essendo palese
l'intento ricattatorio da parte del datore di lavoro. Il lavoratore, passato a tempo
indeterminato, al termine del periodo di prova, può inviare al datore tramite lettera
raccomandata una diffida dall'utilizzare le dimissioni in bianco firmate.
La diffida avrebbe in futuro valore legale di prova per questa pratica illegittima. L'onere
probatorio grava, infatti, sul lavoratore, che deve dimostrare di essere stato costretto a
firmare delle dimissioni, non di sua spontanea volontà. Per porre fine a tale pratica, il
Parlamento aveva approvato la Legge del 17 ottobre 2007, n. 188, recante Disposizioni in
materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della
lavoratrice, del lavoratore, nonché del prestatore d'opera e della prestatrice d'opera, su
disegno di legge del Governo Prodi II che imponeva l'obbligo di redigere le dimissioni su
apposito modello informatico, predisposto e reso disponibile da uffici autorizzati.
Dal 5 marzo 2008 secondo quanto disposto dalla legge predetta e dal relativo Decreto
attuativo del 21 gennaio 2008, del Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero per le
Riforme e l'Innovazione nella Pubblica Amministrazione (pubblicato sulla G.U. n. 42 del 19
febbraio 2008), la procedura per le dimissioni andava eseguita obbligatoriamente on line
sul sito del Ministero del Lavoro, pena la nullità delle dimissioni. I moduli erano gratuiti,
contrassegnati da un codice di identificazione progressiva, ed avevano una durata limitata
di quindici giorni.
Dovevano essere compilati con gli identificativi del datore di lavoro, del dipendente e del
contratto di assunzione. Il mancato rispetto della forma prescritta o l'uso di un modello
"scaduto" comportava la nullità delle dimissioni.
Il codice progressivo, la data validata telematicamente, limitata a soli 15 giorni,
assicuravano che non si trattasse di atti sottoscritti tempo prima e utilizzati a discrezione
del datore di lavoro. Per comunicare le dimissioni, il lavoratore doveva recarsi
personalmente presso un intermediario abilitato dal Ministero del Lavoro, che aveva cura
di compilare il modulo on line, vidimarlo con marca temporale tale da renderlo non
falsificabile o alterabile, che doveva essere quindi consegnato al datore di lavoro. Gli
intermediari individuati dalla legge erano:
- le Direzioni Provinciali e Regionali del Lavoro,
- i Centri per l'Impiego,
- i Comuni,
- i Sindacati e i Patronati.
Per questi ultimi due enti era necessaria apposita convenzione, stipulata col Ministero del
lavoro.
Successivamente il Ministero del Lavoro aveva esteso a tutti i lavoratori che intendono
presentare le dimissioni volontarie "autonomamente", ovvero senza l'ausilio di uno dei
predetti intermediari, la possibilità di registrarsi al Sistema informatico compilando un
apposito modulo, ed effettuando le operazioni da soli.
La legge prevedeva che l’obbligo di comunicare le dimissioni attraverso l’utilizzo del
predetto modulo ministeriale riguardasse i seguenti soggetti, giuridicamente non erano tutti
da considerare "lavoratori":
- lavoratori subordinati, ai sensi dell'art. 2094 del codice civile (compresi i dipendenti
della Pubblica amministrazione, lavoratori agricoli, le lavoratrici domestiche, ecc.);
- collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto (c.d. co.co.co. o co.co.pro.) ai
sensi dell'art. 61, comma 1, D. Lgs. n. 276/2003;
- lavoratori con contratti di natura occasionale (c.d. mini co.co.co.), ai sensi dell'art. 61,
comma 2, D. Lgs. n. 276/2003;
- gli associati in partecipazione con apporto di lavoro, ai sensi degli art. 2549 e ss. del
codice civile;
- i soci di cooperative, ai sensi dell'art. 1, comma 3 della legge n. 142/2001.
Nel giugno del 2008 il Governo Berlusconi IV ha abrogato con decreto legge n. 112 del 25
giugno 2008, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, all'art.
39, comma 10, lettera l), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008,
(conv. nella legge n. 133/2008) la legge n. 188/2007, e quindi l'intera disciplina delle
dimissioni on line, con un regresso alla situazione precedente. Pertanto, dal 26 giugno
2008, non è più necessario compilare alcun modulo informatico, ma basteranno le
"vecchie" dimissioni, predisposte su qualunque foglio.
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