82 R Report «I governi possono lavorare per realizzare trasformazioni» SPESA PER LA SALUTE Circa l’82% dei 54.7 mld di dollari è a spese dei paesi poveri Ban Ki-moon SEGRETARIO GENERALE ONU —L’82% dei 54.7 mld di dollari della spesa per la salute sessuale nei paesi poveri è a spese dei medesimi paesi poveri —«Gli investimenti mirati nella lotta contro malattie come l’Hiv hanno portato ad una diminuzione delle nuove infezioni di circa il 40% tra il 2000 e il 2015» Sfida dall’Etiopia: 18 miliardi per battere l’Aids Gli scienziati: cinque anni per azzerare il contagio ● Nel 1996 la presentazione per la prima volta della terapia combinata Oggi l’ottimismo dei ricercatori: la prevenzione ha avuto successo Cristiana Pulcinelli Il 19 luglio a Vancouver si aprirà il meeting della International Aids Society. Nella stessa città nel 1996 si tenne la famosa conferenza internazionale in cui venne presentata per la prima volta la terapia combinata. Un momento storico perché, da allora, l’infezione da Hiv non è più stata una condanna a morte, ma una condizione con cui si può convivere, sia pure a prezzo di una terapia lunga tutta la vita. A quasi vent’anni da quel momento, qual è la situazione che si trovano oggi ad affrontare gli scienziati che si sono dati appuntamento nella città canadese? La sfida, ricorda un articolo uscito sulla rivista Nature, è enorme: potremmo addirittura pensare alla fine dell’epidemia. Ma bisogna fare in fretta. L’ottimismo è dovuto al fatto che il trattamento come prevenzione sembra avere successo. Trattare le persone con i farmaci antiretrovirali appena possibile dopo la diagnosi non solo sembra prevenire l’insorgere della malattia, ma impedisce anche la trasmissione del virus ad altre persone e quindi può bloccare l’epidemia. L’Unaids si è basata su questi successi per darsi un obiettivo ambizioso: il 90-9090. Vuol dire che nel 2020 il 90% delle persone con l’Hiv conosceranno la loro condizione, il 90% delle persone a cui è stata diagnosticata un’infezione da Hiv riceveranno la terapia antiretrovirale e il 90% di quelli in terapia, raggiungeranno la soppressione virale. Tuttavia, una commissione creata dalla stessa Unaids insieme alla rivista medica The Lancet, ha calcolato che la finestra di opportunità perché l’obiettivo 90-90-90 possa essere raggiunto è di soli 5 anni. I membri della commissione fanno notare che il numero delle nuove infezioni sta diminuendo anno dopo anno via via che nuovi pazienti hanno accesso ai farmaci antiretrovirali e che si rafforzano i programmi di prevenzione e le politiche di lotta alla discriminazione. Nel 2013 il numero di nuove infezioni da Hiv è diminuito del 38% rispetto al 2001, giungendo a 2,1 milioni nel mondo. Allo stesso modo, il numero dei morti rimane elevato (1,5 milioni di persone), ma è comunque diminuito del 35% rispetto al 2005. Tutto questo è avvenuto grazie agli investimenti fatti per l’allargamento dell’accesso alla terapia e per gli interventi di prevenzione. Nel 2013, circa 13 milioni di persone hanno ricevuto il trattamento, un aumento deci- ● Si è aperta ieri ad Addis Abeba la conferenza Onu sulla Finanza per lo Sviluppo. Basterebbe lo 0,10 del Pil dei Paesi ricchi per sconfiggere la malattia Pietro Greco L’Aids non è invincibile. Sconfiggerlo si deve. È questo uno dei principali obiettivi che si pone la III Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla Finanza per lo Sviluppo che, apertasi ieri, si concluderà giovedì prossimo, 16 luglio, ad Addis Abeba, in Etiopia. La più grande emergenza sanitaria cui il mondo intero è andato incontro negli ultimi 30 anni – circa 40 milioni i morti, circa 40 milioni le persone attualmente contagiate dal virus Hiv – può essere affrontata e la Sindrome da immunodeficienza acquisita può essere battuta. Questo è il messaggio che l’International Aids Society lancerà, a partire dal prossimo 19 luglio, da Vancouver. Ci sono molti segni positivi. Intanto le morti sono diminuite del 35% e i contagi del 38% dall’inizio del nuovo secolo. Inoltre, proprio poche settimane fa, la World Health Organization, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sanità a livello globale, ha ufficialmente dichiarato che Cuba è il primo paese al mondo ad aver eliminato la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio, non con nuove terapie ma semplicemente con la buona organizzazione. Sconfiggere l’Aids si può, dunque. Definitivamente. Secondo l’UNAIDS, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa in maniera specifica di contrastare la malattia, è possibile raggiungere l’obiettivo entro il 2030 a patto che le nuove infezione da 2,1 milioni del 2013 scendano a 500mila nel 2020 e quindi a 200mila nel 2020. Abbiamo la possibilità di riuscirci e, dunque, la responsabilità di tentare. Per fare tutto questo occorrono un po’ di soldi, da investire nei paesi in via di sviluppo, soprattutto nell’Africa sub-sahariana, dove la malattia convive con la povertà. Il fabbisogno è di almeno 36 miliardi di dollari. Il doppio rispetto ai 18,9 miliardi di dollari investiti nel 2012. Dove e come trovarli? A questo domanda cercherà di rispondere appunto la conferenza di Addis Abeba. Attualmente si spendono ogni anno 54,7 miliardi di dollari per tutelare la salute sessuale e riproduttiva nei paesi poveri. L’82% di questi soldi sono spesi direttamente dai paesi poveri e il 63% direttamente dagli ammalati e dalle loro famiglie. È chiaro che i paesi ricchi devono fare di più, come essi stessi riconoscono nelle agende di preparazione della conferenza di Addis Abeba. In primo luogo occorre che i paesi dell’OECD (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico di cui sono membri i 40 paesi più industrializzati del mondo) aumentino gli aiuti diretti (in gergo ODA, Official Development Assistence) dandosi una precisa scala temporale per raggiungere quello 0,7% del loro Prodotto Interno Lordo (PIL) in donazioni ai paesi poveri, che promettono da decenni e quasi nessuno mantiene. Il che significherebbe più che raddoppiare i 135 miliardi di dollari trasferiti nel 2103. Molti sostengono, tuttavia, che la priorità è assicurare trasferimenti per lo 0,15-0,20% almeno ai paesi più poveri (Least Developed Una delle possibilità che saranno discusse è aumentare la dotazione del Fondo Globale Oggi l’arrivo del premier Renzi L’Italia rafforzerà in Africa gli investimenti per la cooperazione Countries). Per combattere e battere l’Aids e per affrontare le grandi emergenze sanitarie basterebbe che i paesi ricchi devolvessero a questo scopo lo 0,10% del loro PIL. L’Italia non è tra i paesi donatori più generosi. Ad Addis Abeba oggi arriverà il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che, interverrà alla Conferenza. L’obiettivo del nostro paese è rafforzare in maniera consistente gli investimenti per la cooperazione internazionale, soprattutto in Africa, per impostare una strategia di lungo periodo necessaria a risolvere davvero problemi come l’Aids e le migrazioni. «Finché non si interviene in Africa anche se ti dividi in parte le quote è un palliativo, non una soluzione», è la tesi di Renzi. Una delle possibilità che sono state e saranno discusse ad Addis Abeba è aumentare la dotazione di quel Fondo Globale con cui attualmente le Nazioni Unite contribuiscono al 21% dei finanziamenti internazionali per la lotta contro l’AIDS, al 50% dei finanziamenti per la lotta contro la malaria e l’’82% per la lotta contro la tubercolosi. Una pos sibilit à per aument are le dotazioni del Fondo Globale, sostiene Stefano Vella, Direttore del Dipartimento del Farmaco presso l’Istituto Superiore di Sanità e vicepresidente del Consiglio di Amici del Fondo Globale Europa in carica in Italia: «potrebbe essere la scelta di destinare parte dei proventi delle TTF (Tassa sulle Transazioni Europee) per la lotta contro l’Hiv/ Aids e le altre pandemie». La TTF è una piccola tassa sulle transazioni finanziarie che nel 2012 undici paesi europei, tra cui l’Italia, si sono impegnati a introdurre anche per aumentare i fondi alla cooperazione. Ma sia con il Fondo Globale, con la TTF o con altre modalità, una cosa è certa, ricorda l’Osservatorio Italiano sull’Azione Globale contro l’Aids: qualora gli investimenti rimanessero al livello attuale, l’epidemia da Hiv non diminuirebbe. Al contrario, riprenderebbe invece ad aumentare. LE CIFRE DELL’EPIDEMIA La più grande emergenza umanitaria di tutti i tempi 40 milioni di morti da quando fu scoperta (nel 1981) 40 oltre milioni di persone oggi vivono con il virus HIV: è la più grande emergenza sanitaria degli ultimi 30 anni. 12 l’Unità Martedì, 14 Luglio 2015 35 milioni gli ammalati attuali di Aids, 13 milioni hanno accesso al trattamento terapeutico con il cocktail di farmaci antivirali. Fondo globale attualmente garantisce 21% Il dei finanziamenti internazionali per la lotta contro l’AIDS, il 50% dei finanziamenti per la lotta contro la malaria 2030 Entro il è necessario diminuire le nuove infezioni dai 2,1 milioni del 2013 a 500mila nel 2020 e quindi a 200mila nel 2030 90-90-90 è l’ambizioso obiettivo di UNAIDS, da raggiungere nel 2020: il 90% delle persone con l’Hiv conosceranno la loro condizione, il 90% delle persone a cui è stata diagnosticata un’infezione da Hiv riceveranno la terapia antiretrovirale e il 90% di quelli in terapia, raggiungeranno la soppressione virale so rispetto ai dieci anni precedenti. Se questo trend continuasse, l’obiettivo di sviluppo del millennio fissato nel 2011, ovvero 15 milioni di persone in trattamento entro la fine del 2015, potrebbe addirittura essere superato. Ma – è questo il punto - questo trend continuerà? Oggi ci sono 35 milioni di persone che vivono con l’infezione da Hiv e ognuna di esse prima o poi dovrebbe avere accesso ai farmaci antiretrovirali. Gli scenari elaborati dalla commissione mostrano che se tra il 2015 e il 2020 non aumenterà il tasso di espansione degli interventi, il numero delle nuove infezioni e delle morti per Aids potrebbe tornare a crescere. Invece, un maggiore investimento nei prossimi cinque anni potrebbe creare le condizioni per fermare l’epidemia nel 2030. Ma servono soldi: si calcola un investimento di circa 36 miliardi di dollari l’anno, quasi il doppio di quanto si spende oggi. Tuttavia, è un investimento che porterà risultati positivi non solo in termini di salute, ma anche per le economie dei Paesi più colpiti. CUBA Alt a trasmissione Hiv madre-figlio Melbourne. Conferenza su l’Aids foto: david crosling/epa/ansa Cuba è diventato il primo paese al mondo ad aver eliminato la trasmissione da madre a figlio degli agenti infettivi dell’Aids e della sifilide. Lo ha ufficialmente riconosciuto il 30 giugno scorso l’Oms. «Aver eliminato la trasmissione del virus Hiv dell’Aids è uno dei maggiori risultati possibili nella sanità pubblica. Costituisce una delle vittorie più importanti nella lunga lotta contro l’Aids e le malattie sessualmente trasmissibili. È un passaggio importante per avere una generazione libera da Aids», ha dichiarato Margaret Chan, direttoregenerale OMS. Dello stesso tenore la dichiarazione di Sidibé, di UNAIDS: «Cuba dimostra che è possibile porre termine all’epidemia di Aids». P.G. Trent’anni fa il Live Aid, la musica divenne solidarietà Il 13 luglio 1985 andò in scena il più imponente concerto benefico della storia del rock Esattamente trent’anni fa il mondo fu trasformato in un grande juke box per raccogliere fondi a favore dell’Africa. Era il 13 luglio 1985 quando, in diversi luoghi, a partire dal Wembley Stadium di Londra, si tenne il Live Aid, l’evento musicale che cambiò la storia della musica globale. Il concerto, organizzato da Bob Geldof dei Boomtown Rats e Midge Ure degli Ultravox, allo scopo di ricavare fondi per alleviare la carestia in Etiopia diventò uno dei più grandi eventi rock della storia e ha indubbiamente caratterizzato gli anni Ottanta. Sul palco si alternarono le celebrità di quegli anni, da Madonna a David Bowie a Bono Vox, dai Queen a Mick Jagger e Sting, solo per citarne alcuni. Il concerto ebbe inizio alle 12:00 a Wembley (Regno Unito) e alle 13.51 allo Stadio JFK (USA) e durò più di 16 ore. La diretta televisiva fu seguita da due miliardi e mezzo di ascolta- Milioni di spettatori: fu il collegamento via satellite più seguito di tutti i tempi tori in cento Paesi: fu il collegamento via satellite più seguito di tutti i tempi. Il concerto crebbe di dimensioni man mano che si aggiungevano nuove performance di artisti dalle due parti dell’Oceano Atlantico. La raccolta di fondi superò gli obiettivi. Nei giorni successivi la stampa valutò i fondi raccolti tra i 40 e i 50 milioni di sterline. L’anno prima, a novembre del 1984, sempre Geldof, dopo aver visto un reportage della BBC sulla carestia che aveva colpito l’Etiopia, aveva inciso a Londra insieme a Midge Ure la canzone “Do they know it’s Christmas?”, destinata anch’essa a raccogliere fondi per aiutare il paese africano. L’anno successivo sulla scia Michael Jackson e Lionel Richie incisero “We are the world”, a Philadelphia. l’Unità Martedì, 14 Luglio 2015 13