Spettacoli 53 IL GIORNALE DI VICENZA Giovedì 1 Novembre 2007 EVENTI.RECORDDI ASCOLTI SU LA7PER LADIRETTATELEVISIVA DELLOSPETTACOLODI MARCO PAOLINIISPIRATOAL RACCONTODELL’ALTOPIANESEMARIO RIGONI STERN L’ecodelSergente scavanella memoria La rievocazione delle vicende degli alpini tra il ’42 e il ’43 si fonde con la riscoperta moderna di quelle ambientazioni Gianmaria Pitton ZOVENCEDO «Da che parte è l'Italia?». Marco Paolini indica le gallerie artificiali della cava Arcari, un labirinto di pietra bianca e acqua nelle viscere dei Berici. Elementi naturali, ma innegabilmente segnati dalla mano dell' uomo. Tornare dalla Russia, nel '43, per il sergente Rigoni e i suoi uomini che gli chiedevano in che direzione fosse l'Italia, fu attraversare un labirinto di freddo mortale, di neve, di combattimenti, di sofferenze inimmaginabili. Ben poca cosa, a confronto, i disagi vissuti dagli spettatori nelle due serate del “Sergente” alla cava di Zovencedo, con il fresco tardo autunnale, la pioggia, il fango sulla strada sterrata che conduce all'imboccatura della cava. Abbastanza, però, da rendere quell'esperienza qualcosa di diverso dal semplice assistere a uno spettacolo. E in più l'emozione di avere accanto due protagonisti di quel racconto, il sergente maggiore Mario Rigoni Stern e il tenente Nelson Cenci, accolti da un'ovazione quando entrano nella cava, poco prima dell'inizio della rappresentazione. «Da che parte è l'Italia?». Già, come si fa a tornare a casa, “a baita” per dirla con Giuanin, dopo giorni di combattimenti che fanno entrare la paura nelle ossa come l'umidità, senza equipaggiamento adatto, senza cibo o quasi, con l'unica prospettiva di migliaia di chilometri da percorrere a piedi? Ci sono i racconti dei reduci, per capirlo, ma Paolini - dopo il primo incontro con Rigoni Stern - decide di andare a vedere là, in Russia. Nel “Sergente” si fondono le due narrazioni, quella del sergente, che testimonia il terribile sforzo non solo di sopravvivere, ma di rimanere civili, senza lasciarsi degradare a bestie o peggio ancora; e quella di Paolini che, lettore di Rigoni Stern giovanissimo, come lo sono quasi tutti i lettori del “Sergente nella neve”, vuole rendersi conto dei luoghi, del clima, dell’atmosfera sia pure a sessant’anni di distanza. Più compatto e più sorvegliato rispetto ai primi allestimenti, il testo del “Sergente” teatrale - ora anche televisivo, grazie alla diretta senza pubblicità su La7 - non tenta di riprodurre l’immane tragedia della campagna di Russia, ma è il resoconto di come il lettore Paolini si sia lasciato affascinare dalle scabre parole di Rigoni Stern e di come abbia vissuto quella storia, o quell’intreccio di storie. Paolini fa vibrare il sergente e i suoi compagni dentro di sè, li distilla con la propria sensibilità; come l’acqua piovana, per restare alla stupefacente ambientazione della cava Arcari, filtra tra terra e rocce e riempie la cavità. L’attore bellunese coglie alcuni aspetti ed episodi, ne tralascia altri, come qualsiasi altro lettore di Rigoni. Parla del Don, del placido Don, tranquillo come un canale di campagna quando Paolini lo attraversa in battello, e al tempo stesso linea del fronte, di qua gli alpini italiani, di là i russi. Il ghiaccio traforato di bombe e cadaveri, e subito riformato. Parla del latte dal sapore di Altopiano, gustato come una bevanda miracolosa in un’isba, durante la ritirata, sotto gli sguardi attoniti di un gruppo di soldati russi bloccati da una tregua dichiarata in nome della fame. Parla del Corpo d’armata che tornando a casa «stampa una sindone di corpi sulla neve», quelli che non torneranno. L’abilità attoriale di Paolini è al meglio, sa muovere alla risata dando un tono di stupefatta incredulità al racconto di qualche particolare (gli alpini mandati nella piatta Russia con l’attrezzatura da montagna), e subito dopo il tono si fa grave quando suggerisce, più che spiegare, quale inferno sia stato quella piatta e placida Russia. Il gioco di luci tra le gallerie di pietra rinvia alle vampate delle battaglie, l’eco dei colpi vibrati al suolo da Marco Austeri, l’ottimo “maestrino di scena”, risuona a lungo. Anche le enormi pozze d’acqua della cava hanno un ruolo: Paolini, al termine, vi affida la sediazaino di cui si libera il sergente tornato a casa. Ma non è un richiamo all’oblio, bensì alla necessità che tutto resti nella profondità della memoria. L’attenzione del pubblico rimane alta e partecipe, nelle oltre due ore di spettacolo. E l’applauso finale fa scattare tutti in piedi. Grazie, Sergente. f Oggi lo scrittore compie 86 anni «Sperochequalcosa rimanga,inunmondo incuisisprecatanto» MarcoPaolini,il“Sergente”, e MarcoAusteri, il“maestrinodi scena”in scenaalla cavadi Zovencedo Paolinidistilla conlapropria sensibilitàgli episodidellibro sullacampagna diRussia MarcoPaolini,Nelson Cencie Mario Rigoni Stern. FOTO BERTOZZO Oggi Mario Rigoni Stern compie 86 anni. Ma il regalo vero l’ha fatto lui, partecipando l’altra sera allo spettacolo di Marco Paolini assieme al suo amico, il tenente Nelson Cenci spesso citato nel “Sergente nella neve”. «Questa è forse l’ultima volta che scendo in campagna - dice lo scrittore prendendo la parola prima dell’inizio della diretta tv -. Si sta meglio in montagna». «Vuoi dire in Alto Adige?», lo stuzzica Paolini, ben conoscendo la radicata “vicentinità” di Rigoni Stern che si oppone a ogni ipotesi di cambiamento di Regione dell’Altopiano. «Assolutamente no - replica infatti -. Le mie ossa non le ha volute né la Russia, né l’Albania, né la Germania. Resteranno sull’Altopiano». Parlando del “Sergente” in scena, Rigoni Stern riconosce la bravura di Paolini: «Marco riesce a farmi provare nuovamente quelle emozioni. E devo ringraziarlo, perché con i suoi spettacoli fa aumentare anche i miei lettori. Spero che anche grazie a questo, in un mondo dove tanto si spreca e tanto si consuma, qualcosa rimanga». «Siamo tornati in pochi aggiunge -. Avevamo fame e freddo. Oggi nelle nostre case siamo coperti e caldi, ma ricordiamoci, per dirla con Primo Levi, che quello è stato». Nelson Cenci, reduce di Nikolajewka, divenuto medico di fama, insiste sulla necessità della memoria: «Vorrei che stasera fossero ricordati quelli che non sono tornati. Vedo molti giovani, e vi ringrazio, perché questo vuol dire avere memoria del passato». La trasmissione ha segnato un record per La7, oltre un milione e 232 mila spettatori per uno share medio di quasi il 6%, con punte del 10% nel finale. «La collaborazione con La7 - ha spiegato Paolini - nasce dal fatto che solo questa tv, dopo la Rai di Freccero, mi ha dato l’opportunità di fare lo spettacolo in diretta senza interruzioni». Diretta che ha comportato qualche attenzione da parte del pubblico dal vivo: niente cellulari e niente foto. «Marco, ripeti a loro che non devono fare foto, ogni tanto si vedono lampi», ammonisce Rigoni Stern pochi attimi prima che si accendano le telecamere. L’attore sorride: «È chiaro per tutti chi è il Sergente?». G.P. L’excavaArcari fornisce unascenografia esaltatadai giochidiluce nellegallerie Recorddi ascoltisu La7per la direttatelevisivadi martedì sera Cinquecentopersonehannoassistito allarappresentazionedel“Sergente”nella cava. FOTO BERTOZZO APPUNTAMENTI.DOMANI SERAA TOARA LO SPETTACOLO DEIFRATELLIDE MARCHIINTRISO DISAPORI, NATURA,MASCHERE Dionysos,nonsolamente teatro Sulpalcoin difesa dellaterra Dopo 25 anni di attività, i fratelli De Marchi di Toara di Villaga, incarnano “l’anima ” di un territorio, quello berico, da cui attingono vitalità e creatività. Terra dove Giorgio, Luciano, Francesco e Leonardo, rappresentano ciò che di più antico, artigianale e artistico, il vicentino conosca. «Le nostre creature, elfi, fate, folletti, sacerdotesse come maschere mitologiche – spiega Giorgio De Marchi-, sono il frutto della mente come della terra». Un legame che non si scinde tra le mensole dove riposano calchi in legno, maschere in cuoio e vecchi bauli, come nei palcoscenici di tutta Europa, dove i fratelli portano in scena questo mondo fantastico. «Vogliamo essere l’espressione del nostro territorio - ammette Giorgio De Marchi - anche se purtroppo, il vilipendio, lo scempio e l’insensibilità lo stanno irrimediabilmente sfregiando». È questo profondo legame che sfocia nell’abisso misterioso da cui nasce la “pura creatività” che i De Marchi trovano lo spirito per promuovere iniziative di salvaguardia di tradizioni e miti arcani fortemente radicati alla terra. Dopo la tappa del il 21 ottobre scorso, anche l’appuntamento di domani sancisce questo ritorno dei fratelli De Marchi nella loro terra madre. La vernice dello spettacolo “Dionysos: un’orazione per Bacco”, si è tenuta all’agriturismo “Monte degli Aromi” di Toara. L’evento spettacolare poi è previsto domani alle 19 nello spazio dell’agriturismo per poi avere il suo compimento con una cena ai Barbagian- ni di Toara. Spettacolo e cena; culto e cultura; rito e teatro sono la sintesi di questo nuovo filone avviato dai De Marchi. «È il sapore della terra e dei suoi prodotti - spiega ancora Giorgio - che si integra col gusto del racconto e del mito antico». Da qui nasce “Dionysos” spettacolo presentato negli spazi di quella che diventerà una stalla equina; una vera orazione dionisiaca che ha fatto assaporare i fasti antichi dei banchetti e riti pagani. Il vino berico sarà il protagonista, simbolicamente offerto al grande sacerdote del teatro GT04611 GV01731 VILLAGA GiorgioDeMarchi che fu Dioniso. Maschere e costumi ad esaltarne ricordi e scorribande, col maestro di cerimonia, Giorgio De Marchi, diviso tra persona e personaggio, supportato da una magica Alessandra Ceccarelli. f Live show - Lap dance Ogni venerdì e sabato Pizza party e alla domenica SPUNTINI PER TUTTI Altavilla Vicentina / Via Ticino 31 prenotazione tavoli Info: 335 7017654 Da Martedì a Sabato dalle ore 22.30 alle 4.00 - Aperti La Domenica Pomeriggio 18.30 / 23.00 (uscita Vi Ovest dir. Fiera, strada Altavilla) GT04756 Antonio Gregolin Vicenza di nottee