Approfondimento 10.1 La leadership dell`OPEC

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Capitolo 10
Approfondimento 10.1
L’oligopolio
La leadership dell’OPEC
Secondo l’OPEC Statistical Bulletin 2012, l’Organizzazione (Organization of the Petroleum Exporting Countries) detiene l’81% (1200 miliardi di barili) delle riserve mondiali di petrolio, lasciando quindi al c.d.
Non-Opec il 19% (282 miliardi di barili). Dalla tabella
seguente si evince come Venezuela e Arabia Saudita
siano i maggiori produttori e il 66% della produzione
proviene dal c.d. Medio Oriente:
2009, a chiara evidenza che i consumi di petrolio possano aver subito un momento di stallo e crisi in ragione
della situazione mondiale. In particolare, le esportazioni di petrolio si contraggono nel 2008 e nel 2009 sono
in leggera risalita, per poi raggiungere un nuovo primato nel 2011, 1 078 275 milioni di dollari, il 76% del
totale delle esportazioni dei Paesi OPEC.
3 000 000
Le quote OPEC 2012
Paese membro
dell’OPEC
d
2 500 000
Quota delle riserve
di petrolio,% (fine 2011)
2 000 000
Venezuela
24,8%
1 500 000
Arabia Saudita
22,1%
1 000 000
Iran
12,9%
500 000
Iraq
11,8%
0
Kuwait
8,5%
Emirati Arabi Uniti
8,2%
Libia
4,0%
Nigeria
3,1%
Qatar
2,1%
Algeria
1,0%
Angola
0,9%
Ecuador
0,1%
Fonte: OPEC Annual Statistical Bulletin, 2012.
All’analisi dei dati del medesimo Bollettino, appare più
che prospera l’economia dei Paesi membri, che godono
di crescita demografica come di costante crescita del
PIL, soprattutto nel periodo 2005-2011, in netta controtendenza rispetto al resto del mondo oltre a una
solida crescita delle esportazioni, pur con un crollo del
2007
2008
2009
2010
2011
PIL dei Paesi OPEC a valori correnti (milioni $)
Esportazioni dei Paesi OPEC (milioni $)
Esportazioni di petrolio dei Paesi OPEC (milioni $)
La crescita delle economie OPEC, 2007-2011.
Fonte: rielaborazione su dati OPEC Statistical Bulletin,
2012.
L’Organizzazione appare come matura sia nelle performance settoriali sia in quelle macroeconomiche e
i paesi-membri sono sempre più propensi ad aumentare la produzione, innovando nelle tecnologie produttive e cercando di recuperare qualsiasi falla estrattiva. Milioni di barili di petrolio vengono immessi nel
mercato dove la leadership OPEC rimane confermata
e i trend di prezzo, anche per i derivati del petrolio,
non accennano a diminuire.
D. Begg, G. Vernasca, S. Fischer, R. Dornbusch – Economia 5e © 2014, McGraw-Hill Education
Capitolo 10
Approfondimento 10.3
d
L’oligopolio
Cooperazione e altruismo
Secondo la teoria dei giochi, la soluzione cooperativa
non è possible, salva la possibilità di impegni irrevocabili o (binding) commitment.
Cooperazione e altruismo non sono, tuttavia,
estranei all’analisi economica.
È Becker che, nel saggio del 1974 sulle interazioni
sociali, precisa gli assunti teorici della reciprocità e
della contribuzione volontaria in economia. Studiando
la famiglia come struttura sociale di base, evidenzia
taluni standard comportamentali che riguardano la
reciprocità degli interessi e la condivisione altruistica
di alcuni obiettivi. Il Teorema del Bambino Viziato
(Rotten Kid Theorem) è forse la più semplice trattazione teorica dell’altruismo.
Tale Teorema si può riassumere come segue: se
un soggetto economico (nell’economia famigliare,
un padre) persegue il benessere di un gruppo (famigliare) senza precommitment sulle dotazioni erogabili a personam e distribuzione di obblighi sociali (intra-parentali) e avendo precisa informazione delle
azioni che possono intraprendere i membri del gruppo (della famiglia), erogando un ammontare complessivo di risorse per la condivisione di un beneficio
collettivo, tutti i membri si comporteranno, nel loro
stesso interesse, in modo da perseguire il bene comune. Se mai un figlio intraprendesse un’azione a
sfavore di un fratello, automaticamente l’ammontare complessivo si redistribuirebbe tra soggetti vantaggiati e svantaggiati, compensando condizioni di
debito e credito.
Per esempio, Roger e Brad contribuiscono alla creazione di un bene collettivo, y, e consumano un bene
privato, x. La non rivalità nel godimento e nell’utilizzo
del bene comune è provata dalla complementarietà
delle utilità marginali di Roger e Brad.
Se Y 5 y R 1 y B è la quantità di bene y complessivamente consumata da Roger e Brad, se Roger consuma x R 5 e R – y R di x (dove e rappresenta le possibili
dotazioni di bene privato x e bene collettivo y) e Brad
consuma x B 5 e B – y B di x, le loro funzioni di utilità
si possono scrivere come segue:
U R 5 f (Y 5 y R 1 y B, e R – y R)
U B 5 f (Y 5 y R 1 y B, e B – y B)
L’utilità di Roger dipende dal consumo di Brad. Roger
massimizza la sua utilità, MaxU R (Y, eR – y R), soggetto
al vincolo di utilità di Brad, U B (y R 1 y B, e B – y B) ≥ U B–.
I benefici marginali derivanti dal consumo del bene
sono complementari all’utilità totale che si può trarre
dal consumo condiviso del bene collettivo.
Se anche il consumo di un bene privato fosse prioritario – nella gerarchia dei desideri –, gli individui sarebbero incentivati a consumare del bene collettivo.
Il consumo del bene privato non limita il consumo
del bene collettivo. Il consumo del bene collettivo da
parte di Roger non limita l’utilità che Brad trae dallo
stesso bene.
G. S. Becker, “A Theory of Social Interactions”, Journal
of Political Economics, 82, 1974.
D. Begg, G. Vernasca, S. Fischer, R. Dornbusch – Economia 5e © 2014, McGraw-Hill Education
Capitolo 10
Approfondimento 10.4
della non integrazione
d
L’oligopolio
La soluzione dell’integrazione a confronto con la soluzione
Il confronto tra integrazione verticale e separazione
competitiva (o non integrazione) per fasi diverse di
una stessa filiera – o linea produttiva – è interessante
in termini di volume ottimo di produzione, prezzo e
profitto.
Come per la cooperazione in un equilibrio di Cournot-Nash, la soluzione dell’integrazione prevale per
volume di produzione, prezzo e profitto congiunto rispetto alla soluzione della non integrazione.
La scelta competitiva di internalizzare o esternalizzare una fase della filiera produttiva non è scontata.
Date due imprese che forniscono due attività necessarie al completamento di un prodotto o servizio, logicamente collegate in filiera, si può analizzare la scelta – in termini di possibili alternative di volumi di produzione, prezzi e profitti – di integrare in un’unica impresa o disintegrare.
Si supponga che il rapporto tra due imprese sia di
fornitura di input specifici e la scelta di integrare possa
indifferentemente essere dell’impresa “down” (allo
stadio successivo della filiera) o dell’impresa “up” (allo stadio precedente della filiera).
Si consideri la domanda di mercato del bene o servizio finale nello stadio down:
Esplicitando pu, il profitto di down risulta:
Allo stesso modo il profitto di up, che produce il servizio indispensabile a down, si può scrivere come:
pu 5 1 pu 2 c 2
pd 5 (p – pu) · (1 – p).
# 1 2 pu
2
dove c rappresenta il costo medio e marginale di produzione dell’input fornito, per una funzione del costo
totale del tipo TC 5 c · q.
Massimizzando il profitto di up rispetto a pu si ottiene pu in funzione di c:
pu 5 a
11c
b
2
Sostituendo in q di down:
q5 a
12c
b
4
Il profitto di up sarà dunque:
q 5 1 – p.
Considerando le attività separate di down e up, down
richiede a up un input intermedio specifico per la realizzazione del bene o servizio.
Down paga a up pu e, vendendo il bene nello stadio
down a p, massimizza il suo profitto – si tratta di massimizzazioni di funzioni obiettive di profitto. Attraverso alcuni semplici calcoli di derivazione dalle funzioni
pd 5 profitto di down, pu 5 profitto di up, pV. I. 5
profitto nell’ipotesi di integrazione verticale, si giunge
a un confronto di profitti di imprese non integrate o
integrate espressi in funzione del costo marginale
uguale al costo medio, per una funzione del costo totale TC 5 c · q. Il profitto dell’impresa down si può
dunque scrivere come:
1 2 pu 2
b
2
pd 5 a
pu 5
11 2 c 2 2
8
Il prezzo di equilibrio del mercato si può, dunque,
esprimere in funzione di c:
p5 a
31c
b
4
A questo punto si possono sommare i profitti delle
due imprese disintegrate ottenendo il profitto del caso
di non integrazione:
pd 1 pu 5
3 # 11 2 c 2 2
16
5 0,187511 2 c 2 2
Si consideri ora il caso che up integri l’attività di down
o viceversa. Il profitto dell’impresa integrata si può
scrivere come:
pV.I. 5 (p – c) · (1 – p).
Il valore di p è:
p5 a
1 1 pu
b
2
Si sostituisca nella funzione di domanda:
1 2 pu
q5 a
b
2
Massimizzando il profitto rispetto al prezzo, si può
scrivere il prezzo in funzione del costo marginale:
pV.I. 5
11 1 c 2
2
Il profitto dell’impresa integrata espresso in funzione
del costo marginale e medio c è dunque:
D. Begg, G. Vernasca, S. Fischer, R. Dornbusch – Economia 5e © 2014, McGraw-Hill Education
Capitolo 10
pV.I. 5
11 2 c 2 2
5 0,2511 2 c 2 2
4
Confrontando il profitto dell’impresa integrata con
la somma dei profitti delle imprese separate down
e up,
pV.I. 5
11 2 c 2 2
3 # 11 2 c 2 2
7 pd 1 pu 5
4
16
si può constatare come il profitto dell’impresa integrata sia maggiore della somma dei profitti delle due
d
L’oligopolio
imprese che operino separatamente, come il prezzo
dell’impresa integrata è inferiore a quello del mercato
finale in ipotesi di disintegrazione:
pd . pV. I..
Il volume di produzione del bene offerto ai consumatori, allo stadio finale della filiera, è maggiore nel caso
di integrazione che nel caso di separazione:
q5 a
12c
12c
b 7 q5 a
b
4
2
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