CULTURA E SPETTACOLI TRENTINO GIOVEDÌ 15 MARZO 2012 IN SCENA AL TEATRO SOCIALE 45 AL CUMINETTI «Happy Days» belli senz’anima Paure e disagi al femminile in tre monologhi Dalla tv al musical della Rancia: tanta professionalità, ma poco ritmo di Carmine Ragozzino TRENTO. Si è visto di peggio, di molto peggio. Certo, però, non si è visto il meglio del musical martedì sera al Sociale. Offerta divertente, con tutti i crismi di un professionismo scenico per una serata di puro relax: questo sì. Tanto colore, tanto impegno, qualche nota più intonata di altre dentro un gruppo comunque di buon livello e sicuro affiatamento. Ma nessuna traccia del quid, di quella coralità, che fa la differenza tra un buon prodotto e una chicca. Il quid che permette a uno spettacolo di decollare. Tuttavia era pieno il Sociale, prevedibilmente pieno, per il primo giorno nostalgico di Happy Days. Il primo giorno di sette (repliche), che vogliono tuffare lo spettatore negli anni Cinquanta (televisivi) della provincia americana. Un teatro affollato di un’anagrafe che tira verso e oltre la mezza età: pubblico che si ricorda, e dunque gusta, lo scandire dei giorni felici al ritmo sdolcinato degli emuli dei Platters o a quello pre rivoluzionario di Elvis. Una felicità cinematografara — American Graffiti docet — e una felicità catodica, (allora la Tv ignorava plasma e led). La tv importata dall’oltreoceano. Un cinema e una tv, quella degli Happy Days, che se proprio formativa non si poteva definire - tanto era intrisa di luogo comune a stelle, strisce e ragazze pom pom - era almeno una presenza non distruttiva nel suo pudico raccontare un mondo di adolescenza, brufoli e juke box. Tanta e intrigante, dunque, la curiosità per l’Happy Days da palcoscenico, per il musical di quella compagnia della Rancia che è specializzata nel “movimentare” tanto i pezzi di storia popolare pescati sullo schermo quanto quelli chiesti in prestito alla letteratura antica e moderna: Grease, il cavallo di battaglia, High School Musical ringraziando la Dysney giovanilista, ma anche le scemenze al miele di Moccia con tutti quei suoi lucchetti amorosi con i quali sarebbe bene imprigionarlo buttando le chiavi. Con Happy Days, la Rancia, un gruppo di giovani tuttologi del palco che alternano ballo e canto con encomiabile scioltezza, ricostruisce la Milwaukee di un tempo che scorreva senza strappi nell’America che, invece, correva ver- Tra balli e canti nell’America anni Cinquanta che attendeva la rivoluzione rock’n’roll di Katja Casagranda TRENTO. «Suoni Universitari» raddoppia e rinnova l’appuntamento nella formula «Suoni e parole per dare voce ai giovani». Dopo l’esperimento dell’anno scorso, l’appuntamento atteso dal mondo giovanile musicale universitario si divide quest’anno in due concorsi, presentati ieri all’Opera Universitaria (l’ente organizzatore). Sotto la direzione artistica di Roberto Keller, quest’anno le due sezioni del concorso prevedono sia il classico «Suoni Universitari», con la musica degli studenti, sia «L’Ateneo dei racconti», un concorso letterario che confluirà infine in una pubblicazione. «Suoni Universitari» ridà quindi un palco e un riflettore alle giovani band, come ha fatto per artisti quali Resando (foto a sinistra), Kepsah, Stone Martens, Discorevolver e Gio-veNale (foto a destra), vincitori delle scorse edizioni, o Alchimia, che si distinsero l’anno scorso. Entro il 20 aprile devono arrivare le domande di ammissione, su modulo predisposto dall’Opera Universitari, correlate da una demo in triplice copia di tre brani inediti, una presentazione della band o dell’artista solista ro, anzi tenerissimo, che solo in apparenza non deve chiedere mai. E’ il Fonzie che domanda affetto - ma occhio, quello di una “famiglia” — a ogni dinoccolato schioccar di dita. I personaggi di Happy Days, insomma, ci sono tutti. E tutti piuttosto, (e perfino troppo), simili agli originali. Tanto che si può immaginare che il regista Saverio Marconi abbia scelto i protagonisti del musical più in base ai tratti somatici che a quelli artistici, (che pure ci sono e vanno applauditi). C’è il sosia di Richie (Ron Howard) Cunningham, c’è lo specchio della frustrata fatina Marion (mamma Cunningham). E c’è un simil Howard Cunningham, il papà che alterna la ferramenta a un improbabile club leopardato. C’è il richiamo immediato, dunque, a personaggi tipicamente mitici di un’epoca che sugli schermi è tempo resistente. Ma non basta. L’Happy Days della Rancia passa via senza stufare, ma senza lasciare un segno. Certo, si canta e si balla bene, a tratti benissimo. Certo, la scena, con tutti quei dischi a penzolare dallo sfondo, è ricca di rimandi. Ma non c’è storia, non c’è sostanza, non c’è il minimo accenno a una pur possibile attualizzazione di un contesto ormai troppo antico, (seppur di soli 50 anni fa) per suscitare emozioni. E ci sono, al contrario, alcune esagerazioni che sbandano nel peggio del cabaret, (i fratelli Malachi, a metà tra i cartoni animati e i Mariachi messicani). E la stessa miss Pinky Buscadero, colei che riporta Fonzie sulla terra degli innamorati frenati dal ruolo e dall’orgoglio, calza troppo stretto per essere credibile anche come attrice. Restando tuttavia ottima cantante. Inutile girarci attorno. Gli Happy Days filmicotelevisivi erano davvero altra cosa rispetto a quelli tradotti in musical, perdendosi per strada — paradossalmente — proprio quel ritmo che li caratterizzava. Strano fatto per uno spettacolo che poggia tutto sul ballo e sulle note. Ma tant’è. Un peccato, registico, che tuttavia non cancella la bravura del gruppo di interpreti, giustamente salutati da lungo battimani. Peccato, perché Fonzie non ha mai perso la sua simpatia. Peccato, perché di bulli bambinoni dal cuore tenero anche il presente, in fondo, avrebbe un po’ bisogno. Riprendono vita i mitici Fonzie e Cunningham Bravi gli interpreti ma l’originale è lontano so il mondo di un rock’n’roll votato a liberarla dai bigottismi d’ogni tipo. E allora, ecco i Cunningham, la famiglia tipo di un piccolo pianeta governato dai soli sentimenti buoni. Ed ecco una popolazione dall’acne in esplosione ormonale, (i figli Richie e Joanie), gli amici per la pelle Ralph e Potsie, ecco Chiachi ed ecco l’Alfred patron dell’Arnold’s, il locale che serve i frullati di buoni sentimenti, valori e consigli. Ed ecco, ovviamente, Arthur Fonzarelli, (Fonzie), il paradigma ingiubbottato in pelle dell’anti bullo, il duro dal cuore tene- Due immagini del musical «Happy Days» in scena al teatro Sociale A RIPRODUZIONE RISERVATA In concorso note e parole dei giovani Accanto ai Suoni universitari, l’Ateneo dei racconti La rassegna dedicata alle band raddoppia con la gara letteraria Giovedì 22 serata “d’assaggio” al Centro polifunzionale La finale musicale in giugno, in autunno i verdetti sugli scritti con scheda tecnica e una copia dei testi delle canzoni. La giuria tecnica selezionerà il materiale per passare alla fase delle selezioni, che inizieranno a maggio allo Studentato di San Bartolomeo. La serata finale è in programma il 5 giugno, con molta probabilità all’Auditorium, come l’anno scorso. Il vincitore aprirà il concerto estivo della manifestazione «Università Estate 2012», spalla dell’ospite di livello nazionale o internazionale. Meccanismo analogo quello per la partecipazione al concorso letterario l’«Ateneo dei Racconti», che quest’an- no è a tema libero per una lunghezza massima di 14.000 battute dattiloscritte. Anche per la sezione letteraria, l’evento si divide in due parti, una creativa e una performante. Se entro settembre c’è la possibilità di consegnare gli elaborati (ovviamente inediti), seguirà poi una pre- sentazione degli scritti vincitori. A metà novembre, i tre finalisti presenteranno al pubblico il racconto accompagnati da musica o in altra situazione. Gli elaborati confluiranno in un volume. In palio, un bonus per un corso di scrittura creativa, in modo da coltivare e arricchire la propria passione. Per concorrere, occorre essere iscritti all’università e, per le band, è sufficiente che almeno uno dei membri sia studente universitario. «Suoni Universitari» sta vagliano la possibilità di accompagnarsi nell’ascolto delle semifinali e delle finali a un artista o produttore di fama, così da far crescere la qualità musicale attraverso i suoi consigli, le sue osservazioni e suggerimenti. Tutte le informazioni sono reperibili sul sito www.operauni.tn-it, oppure allo sportello Info studenti dell’Opera universitaria, in via S Margherita 13, tel 0461 217445. Intanto, un assaggio è atteso giovedì 22 al Centro polifunzionale in via Prati con la serata in cui si esibiscono in acustico gli Alchimia e Chiara Frizzera, vincitrice del concorso letterario. Verrà anche presentato il libro frutto degli elaborati 2011 dell’Ateneo dei Racconti. A RIPRODUZIONE RISERVATA Maria Devigili (sopra) e, accanto, Annalisa Morsella TRENTO. Va in scena questa sera al teatro Cuminetti il lavoro de «L’Officina» diretto da Pietro Laino «Un viale da mezzanotte all’una». Protagonista la giovane Annalisa Morsella, con l’accompagnamento musicale di Maria Devigili. Lo spettacolo «Un viale da mezzanotte all’una» è una riflessione sulla condizione della donna, le sue paure, i suoi disagi e la violenza spesso subita. E’ composto da tre monologhi che raccontano tre donne diverse tra loro, le cui storie si intrecciano e si sovrappongono: il filo che le lega è un viale di notte, buio e deserto, una nebbiolina simile a perle di acqua che ancor più contribuisce a diminuirne la visibilità. I tre monologhi sono recitati da Annalisa Morsella, giovane attrice romano-trentina nota al pubblico per i numerosi spettacoli di cui è stata protagonista, e sono intervallati dalle canzoni di Maria Devigili, giovane e affermata cantautrice trentina, vincitrice del Premio Pavanello 2010. La regia è di Pietro Laino, le luci di Andrea Coppi. Annalisa Morsella è da anni professionista nel campo teatrale, sia per quanto riguarda la pedagogia, sia per quanto riguarda la produzione (regia e recitazione) di spettacoli e letture per bambini, ragazzi e adulti. In particolare, lavora sulla sperimentazione delle interazioni fra teatro e musica. Maria Devigili è una cantautrice trentina che scrive canzoni da quando, all’età di dieci anni, ha preso in mano per la prima volta la chitarra. Le sue canzoni parlano della vita nelle sue diverse sfumature e sfaccettature. Pietro Laino, presidente e cofondatore dell’“Officina”, ha alle spalle anni di teatro. Si è posto all’attenzione del pubblico come autore («Illegittima difesa»), attore («A mezzanotte circa» da Benni) e regista («The wall» dei Pink Floyd) per citare gli spettacoli più recenti.