LINFEDEMA DELL’ARTO SUPERIORE NELLA DONNA: CONOSCERE PER PREVENIRE, DRENARE PER
RIABILITARE.
Il linfedema dell’arto superiore è una complicanza secondaria che si instaura a causa del danno chirurgico
e/o radioterapia che viene inflitto al sistema linfatico per asportare il tumore e i suoi linfonodi
metastatizzati: più linfonodi si rimuovono maggiore è il rischio di sviluppare un linfedema secondario.
Si tratta di una vera e propria patologia, che può presentarsi precocemente, ma talvolta anche dopo diversi
anni dall’intervento; tale causa trova spiegazione quando i vasi residui e la circolazione collaterale, che si
era creata, non è più in grado di supportare il carico linfatico e così l’arto inizia a gonfiarsi.
Si classifica in quattro stadi:
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I°a stadio: il sistema linfatico è stato danneggiato, ma non ci sono segni clinici;
I°b stadio: edema molle, con possibilità di regressione;
II° stadio: edema sodo, voluminoso, fibrosi, limitazione funzionale, no dolore.
III° stadio (elefantiasi): edema duro, molto voluminoso, proliferazione di sclerofibrosi, cheratosi e
ulcerazioni della pelle, dolore. [Seminario di Linfologia Dr. Schuchhardt]
La presa in carico precoce è importante per la PREVENZIONE del linfedema e la sua terapia elettiva è il
DRENAGGIO LINFATICO MANUALE. [Linee Guida della Società Italiana di Linfologia]
Il tumore al seno colpisce 1 donna su 8, è il tumore più frequente e rappresenta il 29% di tutti i tumori che
colpiscono le donne. L’ intervento di asportazione del tumore può essere più o meno invasivo: mastectomia
totale, mastectomia modificata, quadrantectomia, lumpectomia.
La ghiandola mammaria è divisibile in 4 quadranti e la maggior parte
della linfa proveniente da essa drena nei linfonodi ascellari. [M. Foldi/S.
Kubik – Leherbuch der Lymphologie]. Durante l’intervento si asporta anche il
linfonodo che drena la linfa dall'area dove è situato il tumore: se
all'analisi al microscopio il linfonodo sentinella risulta privo di cellule
tumorali non si toccano gli altri, altrimenti si procede allo svuotamento
del cavo ascellare. [www.airc.it/tumori/tumore-al-seno.asp]
Grazie alla tecnica del linfonodo sentinella oggi solo il 5% delle donne
operate sviluppa linfedema post intervento. [Dr. C. Shucchhardt]
Cos’è il drenaggio linfatico manuale?
Il linfodrenaggio manuale secondo Vodder - è un massaggio diverso dal massaggio classico - caratterizzato
da manualità a pressione MOLTO LEGGERA, ALTERNATA e LENTA, senza l’ausilio di olii, creme o talco. Le
manovre devono aiutare il deflusso della linfa seguendo il suo ritmo fisiologico detto “linfoangiomotricità”.
Principi di base del linfodrenaggio manuale:
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Trattare/drenare prima la zona prossimale dell’arto (collo – spalla), questo svuotamento prossimale
richiama il liquido proveniente nella zona distale (mano);
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Le manovre sono ripetute ritmicamente, lente e monotone, sia nello stesso posto, sia avanzando
lungo l’orientamento dei vasi linfatici efferenti intatti (pompaggio);
Non deve MAI provocare iperemia sulla pelle e MAI causare dolore.
Dal linfodrenaggio alla rieducazione.
Ogni donna che ha subito questo tipo di intervento necessita di una presa in carico che consideri la persona
nella sua interezza, motivo per il quale una stretta collaborazione tra varie figure professionale è
indispensabile. La riabilitazione post-operatoria, che può proseguire anche per lungo tempo, può essere
divisa in due parti, ossia la prima che cerca prevalentemente di drenare l’edema, e la seconda che ricerca
una mobilità e funzionalità ottimale dell’arto.
Talvolta non si presenta subito dopo l’intervento un’ edema clinicamente apprezzabile, ma la terapia di
linfodrenaggio è comunque indicata per favorire l’attivazione delle anastomosi secondarie, garantendo un
miglior flusso linfatico, evitando o prevenendo il rischio di un linfedema futuro. [Research report: effectiveness of
early physiotherapy to prevent lymphoedema after surgery for breast cancer: randomised, single blinded, clinical trial; M. Torres
Lacomba]
La linfa dovrà essere reindirizzata verso le stazioni linfonodali sane, avendo cura di non mandare linfa verso
la parte operata o svuotata, che richiede una conoscenza fondamentale dei territori anatomici di deflusso.
La cicatrice oncologica, irradiata, è una cicatrice molto delicata, i tessuti sono alterati non solo in superficie
ma anche nei piani sottostanti, e non va mai massaggiata come fosse una cicatrice chirurgica classica.
L’ obiettivo del trattamento drenante è di “disedemizzare” riportando l’arto il più possibile vicino alle
dimensioni “dell’arto sano”:
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Valutazione: anamnesi, palpazione, ispezione, misurare l’arto, calcolare il volume, documentare
con fotografie, pesare la paziente, controllare lo stato della pelle, dare indicazioni sulla cura del
proprio arto, verifica delle limitazioni funzionali (nei movimenti e nella attività quotidiane), spiegare
e condividere il percorso riabilitativo.
Trattamento intensivo: sedute di linfodrenaggio manuale ravvicinate, combinate alla terapia
decongestionante, cioè il bendaggio compressivo linfatico, con imbottitura e bende a corta
elasticità. Il solo linfodrenaggio manuale non è sufficiente per trattare correttamente un linfedema:
il bendaggio è indispensabile per mantenere l’effetto di disedemizzazione ottenuto con il
linfodrenaggio manuale.
Mantenimento: confezionamento di un tutore elastocompressivo su misura (guaina a maglia
piatta) che la paziente dovrà utilizzare quotidianamente e a vita.
Verifica: rimisurare l’arto, calcolo del volume perso, verificare se c’è stato un miglioramento nella
qualità della vita.
Da un po’ di tempo ci viene in aiuto anche una nuova tecnica, ossia l’applicazione del “taping
linfodrenante” o Linfotaping® (metodo David Blow). Si tratta di un cerotto di cotone elastico tagliato a
ventaglio che applicato lungo i deflussi di pertinenza, bypassando le stazioni linfonodali offese, garantisce
un effetto prolungato del trattamento drenante dopo la seduta. Il bendaggio compressivo linfatico e il
Linfotaping® possono essere abbinati assieme, ma in presenza di un linfedema importante (II, III stadio) non
si può sostituire il bendaggio con il solo Linfotaping®, anche se quest’ultimo è meglio tollerato dalle
pazienti, perché non è sufficiente per ottenere una sostanziale riduzione del volume.
Raggiunto un volume stazionario inizia la fase di rieducazione posturale e/o funzionale. Il linfedema per le
sue dimensioni avrà creato degli squilibri nel corpo, un’asimmetria tra i due emisomi e troveremo
probabilmente dei compensi a livello di altri distretti come:
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flessione controlaterale del tronco,
alterazioni del ritmo omero-scapolare,
iperattività del trapezio superiore, ecc.
che devono essere corretti prima che si strutturino.
Per recuperare il “movimento normale” ed una buona funzionalità è importante che l’arto venga
reintegrato nello schema corporeo, cioè “re-registrato” a livello della corteccia sensomotoria.
Le tecniche in questa fase possono variare, ma devono adattarsi ai deficit individuali della paziente, oltre ad
istruirla a dei compiti ed esercizi da fare a casa, che richiede una certa motivazione e costanza.
Mito da sfatare
In passato – e purtroppo talvolta qualcuno ancora oggi – si pensava che il linfodrenaggio fosse “veicolo” di
metastasi. Oggi sappiamo che non è così: il drenaggio linfatico manuale non provoca metastatizzazione.
Il grado di malignità del tumore, purtroppo, dipende dalle sue caratteristiche istologiche, dalla sua capacità
di angiogenesi tumorale, dai fattori di crescita, dalla sua adesione, coesione e invasività. [Is there a link between
lymphoedema treatment and breast cancer reoccurance? R. Dawson, D. de Vries, N. Piller, J. Rice; Kongress Malmo]
Le uniche vere controindicazioni assolute al linfodrenaggio sono: l’insufficienza cardiaca, la malattia venosa
acuta e l’infezione (erisipela).
Alessia Girolami
Fisioterapista del Centro di Riabilitazione Elisabeth Muller