Capitolo LIII L`invalidità 1.Invalidità e inefficacia. Il codice disciplina

Capitolo LIII
L’invalidità
1.Invalidità e inefficacia.
Il codice disciplina due ipotesi di invalidità negoziale:
- la nullità;
- l’annullabilità.
Ipotesi che regolano vicende molto diverse tra di loro ed infatti le conseguenze sono altrettanto diverse, perché il
negozio nulle è del tutto inefficace mentre quello annullabile produce effetti, rimuovibili con una sentenza
(costitutiva) avente, tra le parti, efficacia ex tunc.
L’inefficacia in senso lato non costituisce una categoria autonoma ma un modo di essere del negozio che accomuna
in via descrittiva ipotesi disparate, ogniqualvolta gli effetti negoziali non si producono. Autonomia è invece la
categoria dell’inefficacia in senso stretto, che deve essere tenuta rigorosamente distinta dall’invalidità. Il carattere
distintivo va ravvisato in ciò che il negozio inefficace è pur sempre un negozio valido e quindi dotato di una propria
rilevanza di fronte al diritto.
L’inefficacia non si può identificare nemmeno con l’irrilevanza, che ha modo di manifestarsi nella fase dinamica del
rapporto giuridico, come fatto impeditivo o successivo che si inserisca tra il momento della rilevanza e quello
dell’efficacia.
Vi può dunque essere un collegamento strutturale tra fattispecie già sorta e fatto ulteriore. Tale collegamento può
avere:
- Carattere di necessità quando la fattispecie è rappresentativa di un interesse che non si è manifestato in tutta
la sua completezza.
- Carattere di accidentalità, come nel caso di negozio condizionato sospensivamente.
In caso di collegamento strutturale (necessario o accidentale) si è in presenza di una inefficacia originaria.
L’inefficacia può anche essere successiva ed allora il fatto sopravvenuto sarà pur sempre collegato alla fattispecie ma
in via funzionale e non strutturale.
Anche in queste ipotesi il collegamento può essere accidentale (come nel caso di condizione risolutiva e termine
finale) o necessario (come in caso di risoluzione, rescissione ecc.).
Sul piano tipologico, si parla di inefficacia pendente o temporanea e di inefficacia definitiva o permanente o di
inefficacia totale o parziale, a seconda dell’ampiezza del raggio d’azione.
L’inesigibilità si configura quando il creditore non può efficacemente pretendere l’adempimento di un’obbligazione,
benché nata da un atto valido ed efficace.
2. La nullità.
L’atto nullo è l’atto improduttivo di effetti per un vizio strutturale, ma si discute se questa regola tolleri o non tolleri
eccezioni. Nel primo caso si parla di nullità in termini di qualificazione negativa, nel secondo caso di in qualificazione.
Qualificazione negativa. L’espressione qualificazione negativa è contraddittoria, essendo il termine di qualificazione
già espressione autonoma di qualificazione positiva. Questa teoria è in verità suggestionata e condizionata dal nesso
instaurato tra nullità e negozio giuridico, nel senso di subordinare la costruzione del concetto di nullità a quella di
negozio. Attribuita al negozio una propria rilevanza sul piano sociale, come autoregolamento socialmente
impegnativo, si conclude che, anche se dichiarato nullo, tale negozio non potrà perdere quel minimo di rilevanza che
già presentava. La nullità, allora, non starebbe ad indicare la mancata realizzazione del negozio ma la negazione
della stessa, una forza negativa che si oppone a quella positiva costituita dalla rilevanza del negozio come atto di
autonomia.
Inqualificazione. Un negozio nullo è un atto inqualificato e irrilevante sul piano giuridico.
Inesistenza. Le caratteristiche di irrilevanza e di in qualificazione sono attribuite, dalla dottrina della nullità intesa
come qualificazione negativa, al negozio inesistente. Si avrebbe inesistenza quando è esclusa la configurabilità del
negozio ad una stregua sociale, quando non esiste esso se non una vuota apparenza, come tale inidonea alla
produzione di qualsiasi effetto, neppure di carattere negativo o aberrante.
Cause di nullità. L’art. 1418 prevede le cause di nullità:
 Il 1° comma fa un generico riferimento alla contrarietà a norme imperative;
 Il 2° comma elenca le ipotesi tipiche;
 Il 3° comma riguarda le singole ipotesi positivamente previste.
Il contratto è nullo quando:
- Difetta ab origine di un requisito essenziale, quando quindi non si presenta uno dei requisiti essenziali del
contratto previsti dall’art. 1325;
- È illecito l’oggetto, il motivo, la causa, la condizione: illiceità sta a significare contrarietà a norme imperative,
all’ordine pubblico e al buon costume;
l’ipotesi di illiceità va distinta dalla più generica illegalità che si configura quando il contratto è contrario a norme
imperative secondo il disposto dell’art. 1418, 1° comma (nullità virtuale), con incidenza sugli elementi intrinseci del
contratto (struttura o contenuto). Non è però facile distinguere l’una ipotesi dall’altra, facendo riferimento anche
l’illiceità alla contrarietà a norme imperative.
Una distinzione tra generica illegalità e specifica illiceità si impone e va operata innanzi tutto per motivi disciplinari:
l’illiceità non può non condurre in ogni caso alla nullità, egualmente non può dirsi per l’illegalità, là dove la nullità è
comminata quando il contratto viola una norme imperativa, pur se tale norme non la preveda espressamente, ma
sempre salvo che la legge disponga diversamente.
La distinzione tra illegalità e illiceità è particolarmente importante in materia di contratto di lavoro per stabilire
l’applicabilità dell’art. 2126, esclusa quando entra in gioco la fede pubblica o la salute, ma non in caso di assunzione
di dipendenti pubblici senza concorso o in spregio a norme che ne fanno divieto.
Non vi è nullità quando la legge assicura l’effettività della norme imperativa con la previsione di rimedi diversi, come
la decadenza da benefici fiscali e creditizi. In materia di violazione di norme tributarie c’è nullità solo se il vantaggio
fiscale costituisce l’unica finalità del contratto. Nel caso di simulazione del prezzo vi è mera illegalità.
Reviviscenza. Le clausole contrattuale nulle per contrarietà a norme imperative non sono suscettibili di reviviscenza
in occasione della successiva abrogazione delle norme stesse, salvo che la nuova legge operi retroattivamente
incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti.
Nullità sopravvenuta. Si ritiene possibile una nullità sopravvenuta, conseguente ad una mutata valutazione
normativa, con riguardo essenzialmente ai negozi ad effetti differiti o sospesi e di durata, operando essa ex nunc e
dunque sugli effetti futuri.
In verità parlare di nullità sopravvenuta è una contraddizione in termini, perché la nullità, riguardando l’atto, non
può che essere originaria, laddove è l’inefficacia che opera sugli effetti.
Legittimazione assoluta. Gli interessi da tutelare sono superindividuali, l’iniziativa per la dichiarazione di nullità
dell’atto deve poter partire da qualunque interessato ed anche dal giudice al quale i privati si siano rivolti per far
valere quanto pattuito.
Rilevabilità d’ufficio. La nullità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio, ma solo nella controversia
promossa per far valere i diritti che presuppongono la validità del contratto, in considerazione del potere-dovere del
giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell’azione, non anche quando la domanda prescinda da detta
validità e miri, ad esempio, ad accertare l’insussistenza dell’obbligazione o a porre nel nulla il contratto per cause di
nullità rivelatesi insussistenti, laddove altre ne sussistevano, onde se fatte valere in appello, la domanda sarebbe
nuova. La nullità deve basarsi su presupposti che risultino agli atti di causa e che non richiedano accertamenti di
fatto per i quali manchino gli elementi e deve essere assicurata la possibilità, in termini processuali , di discutere la
questione, per garantire il giusto processo.
Imprescrittibilità. La superindividualità degli interessi pretende inoltre l’imprescrittibilità dell’azione.
Quanto all’usucapione, matura quella ordinaria ma non quella abbreviata. Per la prima è infatti sufficiente il
possesso nel tempo e il titolo nullo seguito da consegna è idoneo a determinare l’impossessamento. Per la seconda è
ostativa l’assenza più che di un acquisto a non domino, di un titolo valido ed efficace.
Le azioni di ripetizione sono quelle accordate a chi abbia pagato in base ad un contratto nullo, privo quindi di una
giusta causa che sorregga l’attribuzione operata mediante il pagamento. L’obbligo restitutorio consegue non alla
nullità in sé e per sé considerata, ma al fatto che il contratto è stato eseguito. La prescrizione dell’azione è decennale,
ma si discute se essa decorra dalla sentenza o dal pagamento.
Un limite alla ripetibilità è previsto dall’art. 2035 in caso di nullità del contratto per contrarietà al buon costume.
Insanabilità. La terza regola che governa la nullità è l’impossibilità di procedere ad una convalida, anche mediante
esecuzione, se la legge non dispone diversamente.
La più importante eccezione si ha con riguardo alla disciplina della donazione nulla. Tale impostazione appare però
da respingere perché si prevede una conferma non una convalida, la quale presuppone identità soggettiva tra autore
della convalida e parte del contratto convalidato. In caso di donazione nulla, invece, la legittimazione a confermare
non spetta al donante ma ai suoi eredi o aventi causa dopo la sua morte.
Non è eccezionale l’ipotesi di matrimonio putativo. Lo stesso è adirsi per il contratto di lavoro nullo.
Si parla di sanatoria anche nell’ipotesi prevista, in materia di trascrizione della domanda di nullità, in un contesto,
dunque, diverso ed autonomo rispetto a quello della convalida (pubblicità sanante). In questo caso si regolamentano
solo i conflitti con i terzi a non i rapporti inter partes. La regola si inserisce nel più generale quadro della circolazione
dei beni immobili e mobili registrati e presuppone l’esistenza di una fattispecie complessa (atto nullo+sua
trascrizione+buona fede+quinquennio). Tra le parti il contratto nullo non può in nessun caso produrre di per sé
effetti, né regolari, né eccezionali.
Nei confronti dei terzi la vicenda contrattuale non può non tenere conto, sul piano disciplinare, della necessità di
tutelare e garantire la certezza dei traffici. Se un soggetto acquista con contratto valido un bene, immobile o mobile
registrato, da chi, a sua volta, se ne è reso acquirente con un contratto nullo, l’originario venditore non potrà agire
contro il sub acquirente se costui avrà acquistato in buona fede e avrà trascritto il proprio acquisto prima della
trascrizione della domanda di nullità, purché siano trascorsi cinque anni in caso di acquisto di immobili e tre anni in
caso di acquisto di mobili registrati tra la trascrizione della domanda e la trascrizione dell’atto nullo impugnato, che
quindi ha, sotto questo aspetto, valore costitutivo.
In ogni caso il terzo sub acquirente potrà opporre, in difetto di questi presupposti, l’usucapione, anche abbreviata, se
ne ricorrano gli estremi, potendo solo discutersi se la buona fede sussista qualora la trascrizione dell’acquisto del
terzo stesso sia successiva alla trascrizione della domanda.
In materia di edifici abusivi, la nullità dell’atto di trasferimento non è opponibile al terzo creditore ipotecario
dell’acquirente o del titolare di un diritto reale di servitù costituito sempre dall’acquirente, se l’iscrizione dell’ipoteca
sull’edificio abusivo o la trascrizione dell’atto costitutivo di servitù ha preceduto la trascrizione della domanda di
nullità.
Nullità protettive. Spesso si parla di tutela del consumatore, inteso come contraente debole, questa tutela riguarda
una parte e non gli interessi generali dello stesso, si ha al riguardo nullità protettiva.
Nullità parziale. La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero
contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita
dalla nullità. La norme si applica anche in caso di contratti collegati, al fine di stabilire se la nullità dell’uno faccia
cadere anche l’atro.
Sostituzione automatica. la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle
sono sostituite di diritto da norme imperative.
Contratti plurilaterali. Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di ciascuna sono dirette al
conseguimento di uno scopo comune, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del
contratto, salvo che la partecipazione di essa debba, secondo le circostante, considerarsi essenziale.
Conversione. Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di
sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo oggettivo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo
avrebbero concluso, perché atto a realizzare lo scopo stesso, se avessero conosciuto la nullità. In tal modo il
legislatore disciplina l’istituto della conversione sostanziale, che opera con riferimento al contenuto del regolamento
contrattuale e si distingue dalla conversione formale che presuppone la possibilità che un atto rivesta una pluralità
di forme.
La conversione opera automaticamente senza che le parti debbano manifestare alcuna volontà al riguardo.
Sul piano oggettivo è evidente che i due negozi (quello nullo e quello diverso) devono essere omogenei sul piano
funzionale, devono cioè mirare alla realizzazione di interessi non divergenti. L’analisi dovrà essere condotta con
riferimento all’astratto tipo legale.
La volontà ipotetica delle parti, dovrà essere valutata sulla base di criteri oggettivi, sempre che non risulti provato
che essere avevano inequivocabilmente escluso la possibilità di obbligarsi con riguardo ad una causa stipulandi
diversa da quella posta alla base del contratto nullo.
La giurisprudenza non pone limiti alla conversione sulla base dei tipi negoziali, ma solo sulla base della struttura,
ammettendo la conversione di negozio unilaterali, ma non di un contratto in negozio unilaterale.
La legge pretende, come ulteriore presupposto della conversione, che il contratto, intendendosi per requisiti di
sostanza quelli che attengono all’oggetto e ai soggetti.
La dottrina è divisa circa la possibilità di applicare la conversione anche all’ipotesi di contratto annullabile,
considerato che esso è pur sempre efficace. Diversamente è a dirsi per il contratto inefficace in senso stretto attesa la
ratio legis e la forza espansiva del principio di conservazione.
3. L’annullabilità.
Il contratto può nascere privo di vizi strutturali ma nel contempo presentare vizi diversi, che attengono per lo più al
profilo della consapevolezza e volontarietà dell’atto. In questi casi l’ordinamento protegge il contraente comminando
l’annullabilità del contratto.
Caratteristica saliente di tale sanzione è quella di lasciare all’iniziativa di chi ha contrattato senza la dovuta
consapevolezza e volontarietà l’eliminazione degli effetti che il contratto ha prodotto.
Rispetto alla nullità le differenze sono radicali, ad iniziare dalla rinunzi abilità dell’azione. Tale facoltà di rinunzia
deriva dal fatto che l’annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dal legge. Il
giudice non ha quindi potere di intervento ex officio.
Legittimazione assoluta. Sussistono ipotesi normative di legittimazione assoluta con conseguente attribuzione del
potere di impugnativa a qualunque interessato, come nell’ipotesi di interdizione legale. In tal caso l’interdizione non
si atteggia come un istituto di protezione dell’incapace ma come una sanzione comminata dall’ordinamento ed è
quindi logico che la legittimazione sia allargata. Si parla al riguardo di annullabilità assoluta.
Rifiuto dell’oblato. Si discute se il destinatario di8 una dichiarazione annullabile possa o meno respingerla,
impedendo così che a fattispecie produca i suoi effetti. L’interesse della parte al rifiuto è evidente se si considera che,
in caso contrario, essa dovrà subire l’attesa (almeno quinquennale) dell’azione di annullamento con conseguente
incertezza in ordine all’eventuale cancellazione del negozio ad opera del giudice.
La tesi della rifiutabilità, non considera che spetta al giudice e non alla parte il potere di annullamento. La necessità
di una sentenza (costitutiva) impedisce così al destinatario, che non è del resto nemmeno legittimato all’azione di
eliminare la dichiarazione.
Il destinatario della dichiarazione non può ridurre il periodo di incertezza con una interpellatio al dichiarante, perché
altrimenti il silenzio di costui varrebbe come perdita dell’azione mentre ciò può conseguire solo ad una convalida, che
deve però essere espressa o per fatti concludenti a non può mai essere basata sul silenzio.
Prescrizione. L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni che decorrono di regola dalla conclusione del
contratto. Tale periodo può peraltro anche essere più lungo se si considera che in caso di vizio della volontà o di
incapacità legale la prescrizione iniziata a decorrere dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o
il dolo o è cessato lo stato di interdizione o di inabilitazione o il minore ha raggiunto la maggiore età.
La giurisprudenza correttamente attribuisce effetto interruttivo alla sola domanda giudiziale perché il diritto
all’annullamento del contratto è un diritto potestativo con conseguente inesistenza, dal dato passivo, di un obbligato
cui possa richiedersi l’adempimento di una prestazione.
In ogni caso l’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è
prescritta l’azione per farla valere.
Sentenza costitutiva. La sentenza di annullamento è costitutiva, perché elimina ex tunc gli effetti prodotti dal
contratto, a differenza di quella di nullità che è meramente dichiarativa.
L’efficacia retroattiva determina peraltro un’identità funzionale almeno inter partes, tra contratto annullato e
contratto nullo.
L’azione di ripetizione nei confronti del contraente incapace incontra un limite, costituito dal fatto che costui non è
tenuto a restituire la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui essa è stata rivolta a proprio vantaggio. Si discute
se il vantaggio si identifichi con l’incremento patrimoniale che effettivamente esiste al momento in cui l’azione di
annullamento è esercitata oppure con le possibilità di utilizzazione in termini oggettivi che il bene avrebbe avuto tra
il momento della ricezione e quello della domanda di restituzione.
Diritti dei terzi. L’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica però i diritti acquistati a titolo
oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento.
Il regime della trascrizione non è sempre difforme rispetto a quello della trascrizione della domanda di nullità. La
diversità si ravvisa solo nel caso in cui l’acquisto del terzo sia stato a titolo oneroso e il motivo di annullabilità non
sia l’incapacità legale. In tale eventualità infatti il terzo di buona fede fa salvo il proprio diritto se trascrive l’atto di
acquisto prima della trascrizione della domanda di annullamento, secondo la regola generale.
Convalida. Il contratto annullabile può essere convalidato, dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento,
mediante un atto di convalida. La convalida può essere espressa o tacita.
La convalida espressa è un negozio giuridico unilaterale, non recettizio, a carattere accessorio e con contenuto tipico.
Si discute in ordine alla forma, che taluni vorrebbero per relationem con riguardo al contratto da convalidare, altri, in
ogni caso, libera, altri sempre scritta. Se la convalida è atto integrativo volto a sostituire l’elemento viziato del
contratto, dovrà avere la stessa forma di questo. Parimenti accadrà se essa si identifica in una rinnovazione
unilaterale all’azione di annullamento avrà forma libera.
La convalida tacita si realizza quando il contraente al quale spettava l’azione di annullamento ha dato volontaria
esecuzione al contratto, conoscendo il motivo di annullabilità. Si parla di negozio di attuazione o di atto reale, cioè di
un’operazione.
Rettifica. L’iniziativa della convalida del contratto spetta al soggetto legittimato all’azione di annullamento. Se costui
è l’errante la convalida può però essere bloccata qualora l’altra parte offra di rettificarlo. La rettifica è un negozio
unilaterale a carattere accessorio, come la convalida, e certamente recettizio con il quale la parte non in errore,
prima che possa derivarne pregiudizio, offre all’errante di eseguire la prestazione in modo conforme al contenuto e
alle modalità del contratto che costui intendeva concludere.
La rettifica non dà luogo ad un nuovo contratto ma ad un mutamento in fase esecutiva della prestazione da eseguire,
che non è più quella concretamente dedotta in contratto ma l’altra che l’errante avrebbe dedotta al fine di perseguire
correttamente il proprio interesse se non fosse caduto in errore. In tal modo viene meno la possibilità di esperire
l’azione di annullamento perché non è più ravvisabile un danno per l’errante me non è più possibile nemmeno una
convalida essendo intervenuta una modificazione atta ad eliminare il vizio.
L’errante ha la possibilità di eliminare il contratto in radice o di convalidarlo consolidando così definitivamente i suoi
effetti mentre l’atra parte può bloccare entrambe le iniziative notificando tempestivamente l’offerta di rettifica.
Il rimedio della rettifica non è applicabile nei casi di dolo e di violenza, mentre ilo è in caso di errore ostativo, là dove
non si dà rilievo ad una volontà non ipotetica, che non esiste, ma reale, divergente dalla dichiarazione.
Contratto plurilaterale. L’annullabilità che riguarda il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del
contratto plurilaterale, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Annullabilità parziale. È discussa la possibilità di configurare un’annullabilità parziale. La dottrina favorevole pone
l’unico limite della divisibilità dell’oggetto del contratto. La soluzione positiva sembra preferibile, potendosi ravvisare
una certa identità di situazione, tra contratto nullo e contratto annullato, sul piano della prospettiva funzionale.