Il de-leveraged sell out - Scuola di Formazione Ipsoa

Tematiche domestiche di
acquisition finance
Milano, 15 giugno 2013
A cura di:
Avv. Luca Autuori
Dott. Ciro de Vivo
I.
LBO e leveraged cash out
A. Il leveraged buy out (LBO)
B. Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
II.
L’ottica dei finanziatori in una operazione di acquisition
finance
III.
La documentazione legale nell’acquisition finance
IV.
Il public to private
V.
La crisi finanziaria e il leveraged finance
Sezione I. A.
Il leveraged buy out (LBO)
Nozione:
forma di acquisizione societaria (di origine statunitense)
attraverso la quale una società, solitamente (ma non
necessariamente) costituita ad hoc, (“Newco”) acquisisce il
controllo di un’altra società (“Target”), ricorrendo a
finanziamenti erogati (da terzi) che verranno successivamente
rimborsati con i proventi derivanti dalla società Target.
Una forma particolare di LBO, molto utilizzata nel recente
passato, è costituita dal merger leveraged buy out (MLBO),
ossia l’operazione nella quale all’acquisizione di Target da
parte di Newco segue di regola la fusione per incorporazione
di Target in Newco.
Finalità:
traslare sulla Target l’indebitamento contratto dalla Newco per
l’acquisto del capitale della Target.
Ratio:
favorire la contendibilità della posizione di controllo.
Divieto di financial assistance – art. 2358 c.c. comma 1
(formulazione post D. Lgs. 142/2008)
Art. 2358 – Altre operazioni sulle proprie azioni
La società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né
fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se
non alle condizioni previste dal presente articolo.
MLBO e financial assistance – cenni storici
Prima della riforma del diritto societario del 2003, non esisteva una norma che
disciplinasse espressamente le operazioni di MLBO. In conseguenza di tale
lacuna normativa, dottrina e giurisprudenza hanno lungamente dibattuto circa
la legittimità o meno delle operazioni di MLBO sulla base di due linee
interpretative tra loro antitetiche:
• illegittimità delle operazioni di MLBO per elusione de facto dell’art.2358,
primo comma, c.c. nella formulazione ante D. Lgs. 142/2008 (approccio
sostanziale). I sostenitori della tesi argomentano che - attraverso la
fusione della Newco con la Target - il debito derivante dal finanziamento
nominalmente contratto dalla Newco verrebbe a gravare solo
formalmente su quest’ultima, poiché, in realtà, sarebbe il patrimonio
della Target a garantire effettivamente il rimborso del finanziamento
(traslazione del costo della acquisizione sul patrimonio della Target);
• legittimità delle operazioni di MLBO, sull’assunto che la Target non
agisce in violazione dell’art. 2358 c.c. (approccio formale). In
particolare, i sostenitori della tesi argomentano che le operazioni di
MLBO non rientrano espressamente nella previsione letterale dell’art.
2358 c.c., che si riferisce ai finanziamenti ed alle garanzie in senso
stretto concessi dalla Target per l’acquisto delle proprie azioni.
MLBO e financial assistance – conseguenze della violazione
La violazione del divieto di financial assistance, previsto dall’art. 2358 c.c.,
determina conseguenze di natura civilistica:
• nullità (ex art. 1418 e/o ex art. 1344 c.c.) dei contratti di finanziamento o di
garanzia (in caso di MLBO è sostenibile che tale conseguenza si abbia solo
nel caso in cui i contratti siano strumentalmente collegati alla fusione);
• nullità (ex art. 1418 e/o ex art. 1344 c.c.) della fusione che, ai sensi
dell’art. 2504-quater deve essere fatta valere prima dell’iscrizione dell’atto
di fusione del Registro delle Imprese (salvo, in ogni caso, il diritto al
risarcimento del danno);
• annullabilità (ex art. 2377 c.c.) delle delibere assembleari;
• responsabilità degli amministratori.
Per completezza, si segnala il superamento dei profili penali della financial
assitance, con riferimento ai quali la precedente formulazione dell’art. 2630, n.2
c.c. sanzionava la violazione del divieto di financial assistance con la reclusione
sino a tre anni e la multa. Ad oggi, non vi sono norme penali direttamente
applicabili.
Riforma del diritto societario – art. 2501 bis c.c.
L’articolo 2501 bis c.c. (introdotto, in attuazione della legge delega n. 366/01,
dal D.Lgs. n. 6/2003), prevede espressamente la liceità delle operazioni di
fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, che vengano effettuate
nel rispetto dei requisiti previsti dal medesimo articolo.
Riforma del diritto societario – art. 2501 bis c.c. (segue)
2501-bis. Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento.
Nel caso di fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per
acquisire il controllo dell'altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di
quest'ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti
debiti, si applica la disciplina del presente articolo.
• Il progetto di fusione di cui all'art. 2501 ter deve indicare le risorse
finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società
risultante dalla fusione.
• La relazione di cui all'art. 2501 quinquies deve indicare le ragioni che
giustificano l'operazione e contenere un piano economico e finanziario con
indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli
obiettivi che si intendono raggiungere.
• La relazione degli esperti di cui all'art. 2501 sexies, attesta la
ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi
del precedente secondo comma.
• Al progetto deve essere allegata una relazione del soggetto incaricato della
revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente.
• Alle fusioni di cui al primo comma non si applicano le disposizioni degli
articoli 2505 e 2505 bis.
Art. 2501 bis c.c. – presupposti applicativi
• Acquisizione del controllo
• acquisizione di una partecipazione di minoranza;
• consolidamento del controllo (e passaggio da controllo di fatto a
controllo di diritto);
• trasferimento infra-gruppo del controllo;
• trasferimento “formale” del controllo.
• Assunzione di indebitamento
• collegamento funzionale e temporale tra indebitamento e
acquisto del controllo;
• assunzione di indebitamento verso i soci di Target (venditori o
acquirenti).
Art. 2501 bis c.c. – il procedimento di fusione
•
Il progetto di fusione deve indicare le risorse finanziarie previste per il
soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione:
• flussi di cassa (previsti) della società risultante;
• business plan.
•
La relazione degli amministratori deve indicare le ragioni che giustificano
l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione
della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si
intendono raggiungere:
• piano economico e finanziario: fonte delle risorse necessarie;
• ragioni dell’operazione e obiettivi delle singole società partecipanti:
modifiche
della
compagine
sociale,
interessi
di
gruppo,
semplificazione della struttura di controllo, riduzione dei costi
(strutturali), sinergie a livello di gruppo.
•
La relazione degli esperti deve attestare la ragionevolezza delle
indicazioni contenute nel progetto di fusione:
• nomina dell’esperto per le S.p.A. e per le S.r.l.;
• rapporti con l’art. 2501 sexies, comma 8, c.c. e contenuto minimo
della relazione;
• “ragionevolezza” quale criterio indefinito;
• interesse dei soci (di maggioranza e di minoranza) e abuso di
maggioranza.
Art. 2501 bis c.c. – analisi della norma (segue)
•
Al progetto di fusione deve essere allegata la relazione del soggetto
incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della
società acquirente:
• obbligatorietà (o meno) della revisione legale dei conti;
•
Alle operazioni di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento non si
applicano le disposizioni dettate per l’incorporazione:
- di società interamente possedute (art. 2505 c.c.); e
- di società possedute al 90% (art. 2505 bis c.c.)
• ratio dell’esclusione delle c.d. fusioni semplificate
Art. 2501 bis c.c. e divieto di financial assistance
L’introduzione dell’art. 2501 bis non novellò il testo dell’art. 2358 che,
pertanto, continuò (e continua) a rimanere in vigore (come in seguito
modificato dal D. Lgs. 142/2008). Alla luce di ciò, si pose un problema di
coordinamento tra l’art. 2358 e l’art. 2501-bis. A tal proposito, si possono
individuare due distinte linee interpretative.
1) L’art. 2358 non trova più applicazione con riferimento alle operazioni di
MLBO. A sostegno di tale linea interpretativa sembra porsi il dettato
letterale dell’articolo 7 della legge di delega n. 3/2001, secondo cui: “la
riforma della disciplina della […] fusione […] è ispirata ai seguenti principi
e criteri direttivi: […] d) prevedere che le fusioni tra società, una delle
quali abbia contratto debiti per acquistare il controllo dell’altra, non
comportino violazione […] del divieto […] di cui all’articolo 2358 del
codice civile;”
Conseguenze
La violazione dell’art. 2501 bis:
• comporta invalidità della fusione che deve essere fatta valere prima
dell’iscrizione dell’atto di fusione nel Registro delle Imprese (art.
2504 quater); ma
• non ha nessuna specifica conseguenza sanzionatoria per i sottostanti
contratti di finanziamento o di garanzia.
Art. 2501 bis c.c. e divieto di financial assistance (segue)
2) L’art. 2358 c.c. continua a trovare applicazione con riferimento alle
operazioni di MLBO che vengono attuate in violazione dell’art. 2501 bis
c.c.
Ipotesi A:
Operazioni non
formalmente
rispondenti al
dettato dell’art.
2501 bis
Ipotesi B:
Operazioni formalmente
rispondenti al dettato dell’art.
2501 bis, ma contenenti
informazioni scorrette, non
complete, ovvero decettive
Conseguenza
La violazione dell’art. 2501 bis costituisce anche violazione dell’art. 2358 e
comporta non solo la nullità della fusione, che deve essere fatta valere prima
dell’iscrizione dell’atto di fusione nel Registro delle Imprese (art. 2504
quater), ma anche la nullità dei sottostanti contratti di finanziamento o di
garanzia (quanto meno nell’ipotesi in cui tali contratti siano strumentalmente
collegati alla fusione).
Art. 2501 bis c.c. e fusione inversa
La fusione c.d. inversa (ossia l’incorporazione della controllante nella
controllata) non è specificamente disciplinata nel nostro ordinamento, pertanto
dottrina e giurisprudenza hanno tratteggiato le caratteristiche della fattispecie.
In particolare, occorre preliminarmente distinguere l’ipotesi in cui la
controllante detenga la totalità o meno delle azioni della controllata
incorporante.
In caso di partecipazione totalitaria, infatti, l’incorporante si verrebbe a trovare
unica azionista di se stessa
valutazione della congruità del rapporto di
cambio o assegnazione, pro quota, delle azioni della incorporante ai soci della
incorporanda.
In caso di partecipazione non totalitaria, occorre verificare siano rispettati i
requisiti per la detenzione di azioni proprie (art. 2357, 2357 bis e 2357 ter
c.c.).
Fusione inversa e S.r.l.: divieto di detenzione di proprie quote ex art. 2474 c.c.
La scelta di procedere ad una fusione inversa trova le proprie ragioni:
• in valutazioni strategico-organizzative (in caso di controllate operative, non
si ha modificazione del soggetto titolare dei rapporti giuridici esistenti);
• in valutazioni economiche relative agli oneri relativi al trasferimento del
patrimonio (beni immobili o mobili registrati, autorizzazioni, licenze o
concessioni amministrative, contratti intuitus personae, società quotate).
Art. 2501 bis c.c. e fusione inversa (segue)
La dottrina e la giurisprudenza hanno ipotizzato tre modalità per procedere a
una fusione inversa, tendenti a eliminare (o minimizzare) i profili problematici
relativi alla detenzione di azioni proprie da parte dell’incorporante; in
particolare:
• Aumento di capitale e accoglimento delle azioni proprie: in seguito alla
fusione e alla compenetrazione dei patrimoni, l’incorporante accoglie anche
le proprie azioni che, se superano il limite detenibile, saranno annullate o
alienate (entro tre anni).
• Assegnazione delle azioni proprie e aumento di capitale per il residuo: in
seguito (o contestualmente) alla fusione, le azioni proprie dell’incorporante
sono assegnate ai soci dell’incorporanda per soddisfare il concambio
(pertanto tale struttura è applicabile anche alle S.r.l.). Le eventuali azioni
proprie residue (oltre la soglia consentita) saranno annullate o alienate.
• Annullamento delle azioni proprie e aumento del capitale sociale:
contestualmente alla fusione, le azioni dell’incorporante detenute
dall’incorporanda sono annullate (con compensazione dell’aumento di
capitale dell’incorporante per soddisfare il concambio).
Art. 2501 bis c.c. e fusione inversa (segue)
Ulteriore tema approfondito dalla dottrina è quello relativo all’applicabilità (o
meno) della disciplina dell’art. 2501 bis c.c. al caso di fusione inversa. Tale
tema, già affrontato in generale con riferimento all’MLBO, assume una
particolare valenza con riferimento all’ipotesi di fusione inversa per il fatto che
la società risultante dalla fusione è la medesima Target.
Rinviando alle già esposte teorie interpretative (“sostanzialistica” e
“formalistica”) in merito all’articolo 2501 bis, si segnala come la dottrina si sia
particolarmente divisa sul caso di MLBO implementato tramite fusione inversa.
In particolare, vi è chi ha considerato vietata tale fattispecie anche nel caso in
cui Target, post fusione, “garantisca” l’indebitamento unicamente con il proprio
patrimonio, chi ha distinto il caso (lecito) in cui Target fornisca con il proprio
patrimonio unicamente una garanzia generica dal caso (illecito) in cui Target
fornisca vere e proprie garanzie reali e chi, infine, ha considerato lecita la
fattispecie, o in quanto non espressamente (formalmente) in contrasto con la
disciplina dell’art. 2358 c.c., o in quanto manca una partecipazione “volitiva” di
Target.
In ogni caso, il contratto di finanziamento di un’operazione di MLBO attuata con
fusione inversa dovrà contenere specifiche previsioni atte ad evitare (o
quantomeno limitare) il rischio di violazione dell’art. 2358 c.c. (rinvio).
LBO – strutture alternative – le due Newco
Nella prassi, spesso operazioni di MLBO sono state poste in essere tramite il
ricorso a strutture alternative rispetto all’ipotesi classica precedentemente
descritta. In particolare si è spesso fatto ricorso alla c.d. struttura delle due
newco, ai sensi della quale:
• gli acquirenti costituiscono una società (“Newco 1”), che a sua volta
costituisce una seconda società veicolo (“Newco 2”), interamente
posseduta da Newco1;
• la banca concede un finanziamento B/T a Newco 1, che costituisce in
pegno le azioni di Newco2. Newco 1 utilizza i fondi bancari per
sottoscrivere un aumento di capitale a Newco 2 (imputando la differenza
tra il capitale aumentato e il conferimento effettuato a sovrapprezzo), da
questa utilizzato per acquistare il capitale di Target;
• Newco 2 si fonde con Target;
• la banca, post fusione, concede un finanziamento M/T a Newco 2, che
concede garanzie reali;
• Newco 2 rimborsa il sovrapprezzo a Newco 1, che utilizza tali ammontari
per restituire il finanziamento B/T alla banca.
LBO – strutture alternative – le due Newco (segue)
NEWCO1
1. Finanziamento
con pegno
BANCA
7. Rimborso
2. Aumento
di Capitale
5. Finanziamento
con garanzie
6. Rimborso
NEWCO2
4. Fusione
TARGET
3. Acquisto azioni Target
SOCIO /
VENDITORE
LBO – strutture alternative – le due Newco (segue)
La principale problematica che sorge nella descritta struttura delle due Newco
risiede nella circostanza che Newco 2 non assume alcun indebitamento per
acquistare le azioni di Target, ma riceve i fondi necessari dal proprio socio
unico Newco 1, indebitatosi non per l’acquisizione del capitale di Target ma per
capitalizzare Newco 2. Pertanto, a tale fattispecie non risulta direttamente
applicabile la disciplina di cui all’art. 2501 bis c.c., il cui presupposto esplicito,
come visto, è l’assunzione di indebitamento da parte di una società al fine di
acquisire il controllo di altra società). In proposito, sono ravvisabili due diverse
interpretazioni:
• da un lato, si è sostenuta l’illegittimità di tale struttura in quanto (i) non
direttamente disciplinata normativamente e (ii) in frode al disposto
dell’art. 2501 bis c.c.;
• dall’altro lato, è stata sostenuta l’applicabilità (indiretta) dell’art. 2501 bis
c.c. anche alla fattispecie in esame, (i) considerando l’operazione
unitariamente (collegamento temporale e funzionale del debito
all’acquisizione) e (ii) a scopo tuzioristico (ratio della norma).
LBO – strutture alternative – LBO e scissione
Una struttura alternativa al classico MLBO è infine quella nella quale non si
procede ad alcuna fusione societaria, bensì a una scissione. Si segnala tuttavia
come tale struttura abbia riscontrato minori applicazioni nella prassi (e sia
stata oggetto di minori approfondimenti dottrinali).
In particolare, anche in tale ipotesi una società (“Newco”) si indebita al fine di
acquistare il controllo di una società operativa (“Target”).
Come anticipato, però, non si procede ad alcuna fusione tra Target e Newco (ai
sensi dell’art. 2501 bis c.c.), bensì Target si scinde, conferendo una parte delle
proprie attività a Newco.
Newco utilizzerà dunque le risorse rivenienti dalla scissione di Target al fine di
rimborsare il debito dalla stessa assunto.
La principale differenza di tale struttura rispetto a una classica operazione di
MLBO è di tipo quantitativo e non qualitativo: infatti nel caso in parola solo una
parte del patrimonio di Target è destinato a costituire garanzia generica del
rimborso del debito contratto da Newco per l’acquisto del controllo di Target.
Nel silenzio normativo circa la necessità di applicare le cautele dell’art. 2501
bis c.c. anche all’ipotesi della scissione, si rinvia a quanto si affronterà oltre in
tema di operazioni di leveraged cash out (applicando, quindi, per analogia le
tutele previste da tale norma in favore dei soci di minoranza e dei creditori di
Target).
Divieto di financial assistance – novella 2008
Il Decreto Legislativo 142/2008 ha apportato alcune modifiche al codice civile,
modificando – tra l’altro – il dettato dell’art. 2358 c.c. Tra le principali
modifiche apportate all’art. 2358 c.c., si segnalano:
• l’estensione, in modo esplicito, del
finanziaria anche “indirettamente”;
divieto
di
prestare
assistenza
• l’introduzione nel nostro ordinamento di una procedura di c.d. white wash
L’espressione white wash nacque nel mondo anglosassone (Companies
Act del 1985) per identificare la procedura che doveva essere adottata
dalla società Target in operazioni nelle quali la medesima era chiamata
a fornire assistenza finanziaria o a rimettere debiti in favore di chi ne
acquistasse le azioni. In particolare, si richiedeva l’adozione di una
delibera assembleare, una dichiarazione da parte degli amministratori
di Target ai sensi della quale essi assicurano che la società sia in grado
di far fronte ai propri debiti per un periodo di almeno 12 mesi, nonché
una validazione di detta dichiarazione da parte dei revisori dei conti
della società).
Si ritiene, a partire dal tenore letterale della norma, che la procedura
di white wash riguardi le sole S.p.A., non incidendo sulla disciplina
applicabile alle fusioni tra S.r.l.
Divieto di financial assistance – white wash
La procedura di approvazione di un’operazione di assistenza
finanziaria si articola in quattro fasi:
1. predisposizione di una relazione da parte del CdA della
società che deve fornire assistenza finanziaria;
2. deposito di tale relazione 30 giorni prima dell’assemblea
straordinaria;
3. assemblea
straordinaria
della
società
che
approva
l’operazione di assistenza finanziaria;
4. iscrizione del verbale dell’assemblea straordinaria, corredato
della relazione del CdA della Società, presso il competente
Registro delle Imprese.
Divieto di financial assistance – white wash (segue)
Relazione del CdA
Il nuovo testo dell’art. 2358, terzo comma, c. c. prevede che una S.p.A. non
può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti né fornire garanzie per
l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni proprie se non nel rispetto di certe
condizioni che dovranno essere oggetto di analisi da parte di una relazione
scritta predisposta dal CdA. Tale relazione dovrà essere depositata “durante” i
30 giorni precedenti l’assemblea straordinaria dei soci.
Si assiste ad un coinvolgimento diretto del CdA nel processo di acquisizione
della società e conseguente accrescimento della responsabilità degli
amministratori.
La relazione scritta predisposta dal CdA dovrà descrivere l’operazione sotto il
profilo giuridico ed economico e indicare, inter alia:
• le condizioni dell’operazione (incluso il prezzo di acquisto delle azioni);
• che l’operazione sarà effettuata a condizioni di mercato;
• che l’operazione realizza al meglio l’interesse della società nel caso di
assistenza finanziaria fornita in favore dei membri del CdA della società o
della controllante, o in favore della controllante;
• gli obiettivi imprenditoriali che giustificano l’operazione;
• l’interesse che l’operazione presenta per la società;
• la valutazione dei rischi con riferimento alla liquidità e solvibilità della
società;
• la valutazione del merito di credito della controparte.
Divieto di financial assistance – white wash (segue)
Approvazione dell’assemblea straordinaria
Il secondo comma dell’art. 2358 c.c. prevede che le operazioni di financial
assistance debbano essere preventivamente approvate dall’assemblea
straordinaria.
• Potrebbe sussistere il rischio di impugnazione della delibera dell’assemblea
straordinaria in caso di voto determinante di un socio in conflitto di
interessi.
• Gli azionisti di minoranza potrebbero assumere un ruolo determinante
nell’adozione della delibera di autorizzazione dell’operazione anche
nell’ipotesi di assenza di un azionista di controllo di diritto.
Il terzo comma dell’art. 2358 c.c. prevede poi che il verbale dell’assemblea,
corredato della relazione degli amministratori, è depositato entro trenta giorni
per l’iscrizione nel Registro delle Imprese.
• La novella normativa, dunque, non prevede forme di pubblicità aggiuntive
a beneficio dei creditori della società che verranno a conoscenza
dell’operazione solo per effetto dell’iscrizione della delibera dell’assemblea
straordinaria presso il Registro delle Imprese.
Divieto di financial assistance – white wash (segue)
L’importo complessivo dell’assistenza finanziaria non deve eccedere il limite
degli utili distribuibili e delle riserve disponibili (tenuto anche conto
dell’acquisto delle azioni proprie) risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente
approvato.
• Qualora la delibera relativa alla prestazione di assistenza finanziaria non fosse
adottata in una data prossima a quella in cui è stato approvato il più recente bilancio
della società, sarà opportuno che gli amministratori predispongano un prospetto
contabile aggiornato al fine di tenere in considerazione le eventuali variazioni nelle
poste del bilancio che si sono nel frattempo verificate.
La società iscrive al passivo una riserva indisponibile pari all’importo
dell’assistenza finanziaria.
La novella fa esplicitamente salva l’applicabilità dell’art. 2501 bis c. c. che
disciplina l’ipotesi di fusione a seguito di acquisizione del controllo della società
attraverso indebitamento (MLBO).
• Il novellato art. 2358 c. c. si applica in tutti i casi di acquisto di azioni della società
target (pertanto anche in caso di acquisto di pacchetto di controllo ovvero di
consolidamento dello stesso).
• La disciplina dell’art. 2501 bis c. c. sembra porsi come speciale rispetto a quella
prevista dall’art. 2358 c. c., la cui applicabilità rimane confinata alle ipotesi in cui la
procedura prevista dall’art. 2501 bis c. c. non sia stata seguita, ovvero sia seguita
solo dopo una operazione ex art. 2358 c. c.
Sezione I. B.
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
Con il termine leveraged recapitalisation o LCO si indica un’operazione
finanziaria attraverso la quale una società ricorre all’indebitamento
finanziario (tipicamente, tramite l’assunzione di un finanziamento bancario),
utilizzando la propria capacità di indebitamento al fine di liberare e distribuire
ai propri soci (tutti o solo alcuni) una quota del suo valore di capitale
economico.
La ratio di tale struttura, pertanto, è unicamente finanziaria, essendo la
struttura implementata per far emergere i plusvalori latenti di Target e,
tramite il ricorso all’indebitamento bancario, trasformare tali plusvalori in
disponibilità liquide che possano essere distribuite a (tutti o solo alcuni) soci
di Target.
L’operazione si risolve quindi in una liquidazione o monetizzazione di una
quota del valore effettivo dell’investimento di (tutti i o alcuni dei) soci,
misurato non sulla base del valore contabile dell’attività di Target e delle
relative riserve disponibili, ma del valore di capitale netto della stessa.
Con efficace espressione, è stato detto che l’LCO si risolve in una
“scommessa” dei soci, che si fanno anticipare una quota degli utili che (si
prevede) Target potrà generare.
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
– struttura classica
Nella prassi, l’LCO è stato implementato principalmente attraverso
l’utilizzo di tre strutture.
La prima e più semplice struttura (c.d. Struttura classica) prevede che
il socio (di controllo) di una società operativa (“Target”) costituisca
una nuova società da esso interamente posseduta (“Newco”). Tale
società si indebita al fine di acquistare dal proprio socio (in qualità di
venditore) il capitale sociale di Target. Completata l’acquisizione,
Target e Newco si fondono e il debito contratto da Newco per
acquisire Target viene “traslato” sul patrimonio dell’ultima, che ha
quindi i mezzi necessari per rimborsare il debito contratto.
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
– struttura classica (segue)
SOCIO /
VENDITORE
1. Costituzione
3. Acquisto azioni Target
2. Finanziamento
BANCA
TARGET
NEWCO
4. Fusione
5. Rimborso (post fusione)
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
– struttura delle due Newco
Una seconda struttura spesso utilizzata nella prassi prevede invece
l’interposizione di due società di nuova costituzione (c.d. struttura delle due
Newco).
Il socio di controllo di una società operativa (“Target”) costituisce una prima
società veicolo (“Newco 1”), la quale si indebita per reperire le risorse
finanziarie necessarie all’operazione.
Newco 1 costituisce quindi una seconda società veicolo (“Newco 2”) e
apporta ad essa, imputandone la maggior parte a sovrapprezzo, le risorse
reperite tramite indebitamento.
Newco 2 acquista, con mezzi propri, il controllo di Target e si fonde con
essa.
La società risultante dalla fusione (potendo fornire garanzie) assume quindi
nuovo indebitamento finanziario, che utilizza al fine di distribuire la riserva
da sovrapprezzo costituita con i fondi di Newco 1, la quale utilizza tali
ammontari per rimborsare il debito da essa contratto.
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
– struttura delle due Newco (segue)
2. Finanziamento
NEWCO1
3. Aumento
di Capitale
BANCA
8. Rimborso
7. Distribuzione
riserve
6. Finanziamento
con garanzie
TARGET
NEWCO2
5. Fusione
1. Costituzione
SOCIO /
VENDITORE
4. Acquisto azioni Target
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
– struttura del conferimento
La terza struttura ipotizzata e utilizzata nella prassi appare più
simile alla struttura classica, con la differenza che non si ha alcun
acquisto di azioni da parte di Newco, ma si ha un conferimento a
Newco delle azioni di Target (c.d. Struttura del conferimento).
Il socio di controllo di una società operativa (“Target”) costituisce
una società veicolo da esso posseduta (“Newco”) alla quale
conferisce la propria partecipazione in Target, imputandone la
maggior parte a sovrapprezzo.
In seguito al conferimento, Target si fonde con Newco e la società
risultante dalla fusione assume indebitamento finanziario, i cui
proventi sono utilizzati al fine di distribuire ai propri soci la riserva
da sovrapprezzo costituita con i fondi di Newco.
In seguito, la società risultante dalla fusione utilizza i propri flussi di
cassa al fine di rimborsare il finanziamento.
Leveraged recapitalisation o leveraged cash out (LCO)
– struttura del conferimento (segue)
SOCIO / VENDITORE
5. Distribuzione
riserve
1. Costituzione
BANCA
2. Conferimento
azioni Target
TARGET
NEWCO
4. Finanziamento
6. Rimborso (post fusione)
3. Fusione
LCO e MLBO – analogie
Dall’analisi delle strutture tipicamente utilizzate per l’implementazione di un
LCO emergono chiaramente alcune analogie con la fattispecie dell’MLBO. In
particolare:
• in entrambe le fattispecie la capacità di indebitamento di una società
(“Target”) non è utilizzata per fini strettamente sociali
tutela dei soci di minoranza e dei creditori;
• entrambe le fattispecie si risolvono nella liquidazione di una quota
dell’investimento dei soci nella Target, pertanto in una “monetizzazione”
delle prospettive reddituali di Target
cash flow e business plan;
• l’LCO prevede l’intervento di una o più società veicolo e, in seguito, la
fusione con Target
applicabilità art. 2501 bis.
LCO e MLBO – differenze
Nonostante i punti di somiglianza sopra indicati, le operazioni di LCO si
differenziano da quelle di LBO in quanto:
• nelle operazioni di LCO non si ha un effettivo trasferimento del controllo
di Target che, indirettamente, resta in capo ai medesimi soggetti
ratio dell’MLBO e applicabilità art. 2501 bis;
• nell’LCO implementato attraverso la c.d. struttura delle due Newco, non
si ha alcuna traslazione del debito sul capitale di Target;
• nell’LCO implementato attraverso la c.d. struttura del conferimento, non
vi è alcuna forma di indebitamento anteriore alla fusione.
LCO e applicabilità della fusione ex art. 2501 bis c.c.
La dottrina si è interrogata circa l’applicabilità della disciplina di cui all’art.
2501 bis alle fattispecie di LCO.
In particolare, in senso contrario all’applicabilità dell’art. 2501 bis c.c. si
può rilevare la mancanza di uno o di entrambi i presupposti di tale disciplina,
in quanto:
• manca un vero e proprio cambio nella posizione di controllo di Target; e
• manca, in alcuni casi (struttura c.d. delle due Newco e del conferimento),
un indebitamento antecedente alla fusione.
Ciononostante, in senso favorevole alla diretta applicabilità della disciplina
dell’art. 2501 bis c.c. anche alle fattispecie di LCO (implementate tramite la
c.d. struttura classica), vi è stato chi ha argomentato che:
• vi è una (almeno formale) acquisizione del controllo, anche se infragruppo (dettato letterale della norma);
• la ratio dell’art. 2501 bis c.c. (tutela degli interessi dei soci di minoranza
e dei creditori di Target) è applicabile anche ai casi di LCO;
• le previsioni di cui all’art. 2501 bis c.c. possono essere applicate per
“scelta” degli amministratori, al fine di tutelarsi contro eventuali azioni di
responsabilità nei propri confronti.
LCO e applicabilità della fusione ex art. 2501 bis c.c.
(segue)
Con riferimento alle operazioni di LCO implementate attraverso l’utilizzo della
struttura c.d. delle due Newco e del conferimento, come visto, la società che
acquisisce il controllo di Target utilizza mezzi propri e non ricorre ad alcun
indebitamento, pertanto la successiva fusione
non può comportare la
traslazione sul patrimonio di Target di un debito (che non esiste), venendo
quindi meno uno dei requisiti della “fusione a seguito di acquisizione con
indebitamento”.
Tuttavia, si è sostenuta l’applicabilità in via analogica della disciplina ex 2501
bis c.c. anche alle ipotesi sopra menzionate, in quanto:
• manca un’esplicita disposizione che regoli il caso concreto;
• la norma di cui all’art. 2501 bis c.c. non ha carattere eccezionale; e
• l’applicabilità della procedura ex 2501 bis c.c. alle fattispecie di LCO ed
MLBO risponde alla medesima ratio.
LCO e procedura di white wash
Alla luce delle problematiche evidenziate in merito all’applicabilità
della disciplina di cui all’art. 2501 bis alle fattispecie di LCO, ci si può
interrogare circa l’applicabilità a tali fattispecie delle procedura di
white wash di cui all’art. 2358 c.c.
Nell’assenza di autorevoli contributi in proposito, occorre fare
riferimento ai principi generali in materia.
Sezione II.
L’ottica dei finanziatori in una operazione di acquisition
finance
I finanziatori, nell’implementazione di un’operazione di acquisition finance,
pongono la propria attenzione su alcuni aspetti focali:
• Strutturazione dell’operazione:
• veicolo appositamente costituito (SPV) vs società esistente;
• finanziamento bridge vs finanziamento a medio termine (rinvio);
• Garanzie reali e personali:
• garanzie degli sponsor;
• garanzie di Newco;
• garanzie di Target;
• garanzie della società risultante dalla fusione;
• Traslazione del debito su Target e tempistica della fusione (rinvio);
• Merito creditizio e prospettive reddituali di Target:
• indebitamento di Target e rifinanziamento;
• prospettive reddituali;
• flussi di cassa;
• covenant finanziari.
L’ottica dei finanziatori – strutturazione dell’operazione
Un primo tema che si pone ai finanziatori nell’approccio a un’operazione di
acquisition finance è quello relativo alla struttura. In particolare, sotto i
seguenti aspetti peculiari:
• SPV vs struttura corporate: la società che acquisisce le azioni di Target è
generalmente una società costituita ad hoc (Newco o SPV). Diversa è
l’ipotesi ove si faccia ricorso a una società già esistente. I vantaggi
dell’una o dell’altra soluzione sono legati al merito creditizio di una
società già esistente (capace di fornire garanzie a beneficio dei
finanziatori, ma titolare di rapporti giuridici anche passivi);
• finanziamento bridge vs finanziamento a medio termine (rinvio).
L’ottica dei finanziatori – garanzie reali e personali
Nell’implementazione di un’operazione di acquisition finance uno dei profili di
maggiore interesse per i finanziatori è quello relativo alle garanzie che
possono assistere il finanziamento concesso a Newco. In particolare, occorre
analizzare quali limiti incontri la concessione di garanzie da parte dei diversi
soggetti coinvolti:
• Garanzie degli sponsor:
• Pegno su Newco;
• Garanzie personali da parte degli Sponsor – operazioni no recourse;
• Garanzie di Newco:
• Pegno su Target;
• Pegno su conti correnti;
• Cessione di crediti;
• Garanzie di Target:
• Art. 2358 c.c. e white wash;
• Garanzie della società risultante dalla fusione:
• Limitazioni.
L’ottica dei finanziatori – merito creditizio di Target
Infine (ma non in termini di importanza) i finanziatori dovranno valutare
attentamente il merito creditizio di Target: assodato, infatti, che requisito
imprescindibile per un’operazione di acquisition finance sia il “traslare” il
debito finanziario su Target, grande attenzione dovrà essere posta dai
finanziatori su tale società. In tal senso, in particolare, i finanziatori dovranno
valutare:
• Indebitamento di Target ed eventuale rifinanziamento;
• Prospettive reddituali di Target:
• il business plan;
• strumenti di controllo dell’attività (business monitoring tools);
• I flussi di cassa di Target;
• I covenant finanziari:
•
•
•
•
rapporto EBITDA/ oneri finanziari;
Rapporto EBITDA/PFN;
le capex;
equity cure e rimedi.
Sezione III.
La documentazione legale
Passando all’analisi della documentazione legale necessaria ad implementare
un’operazione di acquisition finance, occorre innanzitutto operare una
distinzione tra quelle che sono due fattispecie tipiche (benché, nella prassi, si
sia assistito a una proliferazione di diverse e più articolate strutture,
comunque riconducibili o assimilabili alle due ipotesi di seguito descritte):
• IPOTESI 1: struttura “Bridge to Long Term”. Si procede,
inizialmente, ad accordare a Newco un finanziamento a breve termine
(c.d. bridge), da rifinanziare - in seguito alla fusione con Target – con un
finanziamento a medio/lungo termine; e
• IPOTESI 2: struttura “Long Term”. Si concede a Newco, sin dall’inizio,
un finanziamento a medio/lungo termine.
Nell’analisi della documentazione legale occorre tenere presente che
presupposto di ogni operazione di acquisition finance è la necessità di
“traslare” su Target il debito, al fine della sostenibilità dello stesso.
Di seguito analizzeremo dunque brevemente quali strumenti legali possano
essere utilizzati per ottenere tale scopo.
Struttura “Bridge to Long Term”
In questa struttura, i finanziatori concedono alla Newco una o più linee di
credito a breve termine, da utilizzare al fine esclusivo di finanziare l’acquisizione
di Target.
Con la provvista derivante dal finanziamento bridge, Newco procede
all’acquisizione di Target.
Successivamente all’acquisizione, Newco e Target si fondono (di seguito si
analizzerà la fattispecie più comune, ossia quella della fusione “diretta” di
Target in Newco. Per le problematiche relative al caso di fusione “inversa”, si
rimanda a quanto già descritto).
In seguito alla fusione tra Target e Newco, l’indebitamento finanziario derivante
dalle linee a breve termine viene a gravare sulla società risultante dalla fusione
(“Mergeco”), la quale, alla luce della compenetrazione tra i patrimoni delle
società partecipanti alla fusione, ha assunto tutti i rapporti giuridici attivi e
passivi che facevano capo alle società fusesi (ivi espressamente incluse
eventuali garanzie reali, impegni contrattuali, covenant finanziari, dichiarazioni
e garanzie rese nell’ambito del finanziamento a breve termine).
Mergeco, al fine di onorare l’indebitamento a breve termine, procede quindi alla
stipula (generalmente, ma non necessariamente, con i medesimi istituti che
avevano finanziato Newco) di una o più linee di credito a medio/lungo termine,
da utilizzarsi unicamente al fine di rimborsare l’indebitamento a breve termine.
Tale nuovo indebitamento è assunto da Mergeco, quindi dovrebbe poter essere
garantito con tutti i propri beni.
Struttura “Bridge to Long Term” – il finanziamento bridge
Il contratto di finanziamento a breve termine, data la sua peculiare funzione
nell’ambito di un’operazione di acquisition finance, generalmente contiene
alcune previsioni:
• tasso di interesse superiore a quello usualmente praticato a società
operative (essendo Newco una società costituita ad hoc e non capace di
fornire alle banche sufficienti garanzie reali, né di assicurare flussi di cassa
significativi, né dotata di sufficienti garanzie patrimoniali);
• forti limitazioni delle attività consentite a Newco (i.e. divieto di operazioni
straordinarie, fatta eccezione per la fusione con Target (c.d. pure holding
activity), divieto di contrarre ulteriore indebitamento finanziario, negative
pledge);
• dichiarazioni e garanzie (eventualmente con clean-up period) nonché
covenant finanziari resi da Newco ma, per quanto possibile estesi a tutte
le controllate di Newco (quindi, indirettamente, anche a Target purché nel
rispetto del divieto di financial assistance);
In questa fase, ai sensi dell’art. 2358 c. c., Target non può fornire alcuna
garanzia in favore dell’indebitamento di Newco.
Struttura “Bridge to Long Term” - il rifinanziamento
Data la durata ridotta (per definizione) del finanziamento a breve termine, è
interesse delle società (Newco e Target) pervenire alla fusione nel minor
tempo possibile: infatti solo dopo la fusione (ossia quando Mergeco sia in
grado di fornire le necessarie garanzie, sia patrimoniali, sia di generazione di
cassa) gli istituti finanziatori sono disponibili ad accordare un finanziamento a
medio/lungo termine.
La preoccupazione delle società, piuttosto, sarà quella che – allo scadere del
finanziamento bridge e una volta intervenuta la fusione, gli istituti finanziatori
siano disposti a ri-finanziare Mergeco. A tal fine, non è raro che i finanziatori si
impegnino sin dall’inizio a concedere a Mergeco nuova finanza a medio termine
(per il rifinanziamento del bridge).
Nel finanziamento a medio/lungo termine le condizioni economiche e
contrattuali saranno generalmente migliorative per Mergeco, in quanto:
• cambia il merito creditizio della società finanziata (non più una società
neocostituita, ma una società operativa, in grado di generare cassa e
dotata di un patrimonio idoneo a costituire garanzia generica del
rimborso); e
• le banche finanziatrici possono ottenere garanzie reali da parte di
Mergeco, tuttavia:
• decorrerà nuovamente il periodo di consolidamento delle garanzie;
• è opportuno, sin dall’inizio, prevedere precisi impegni di rilascio delle
garanzie concesse in relazione al finanziamento bridge (soprattutto
nel caso in cui tali garanzie siano relative anche ad eventuali accordi
di hedging).
Struttura “Bridge to Long Term” - il contratto di
finanziamento a medio/lungo termine
Intervenuta la fusione (ex art. 2501 bis c.c.), il patrimonio, i beni e i flussi di
cassa (precedentemente di Target) di Mergeco possono “servire” il debito a
medio/lungo termine ed essere oggetto di garanzie specifiche, non
verificandosi alcuna violazione dell’art. 2358 c.c.
Pertanto, il contratto di finanziamento a medio/lungo termine non deve più
prevedere le cautele che erano necessarie nella fase bridge, ma sarà stipulato
alle condizioni “normali” applicabili a Mergeco, pertanto prevederà
(generalmente):
• un tasso di interesse applicabile più favorevole rispetto al finanziamento
bridge;
• un set di garanzie completo (con le limitazioni e gli accorgimenti sopra
esposti); e
• maggiori libertà di azione della società finanziata (operazioni consentite,
operazioni straordinarie, assunzione di indebitamento finanziario), in
quanto la stessa è una società operativa con determinate necessità.
Struttura “Long Term”
Al fine, tra l’altro, di evitare la duplicazione contrattuale insita nell’esaminata
struttura del finanziamento bridge to long term, spesso si procede sin da
subito alla concessione a Newco di un finanziamento a medio/lungo termine,
finalizzato al pagamento del prezzo per l’acquisizione di Target e delle spese
connesse all’acquisizione.
Tale possibilità presenta profili di maggior rischio per le banche finanziatrici,
che si impegnano per un lungo periodo di tempo nei confronti di una società
(Newco) il cui merito creditizio non sarebbe di per sé sufficiente a giustificare
tale credito.
Nella stesura del finanziamento a medio/lungo termine, una particolare
attenzione deve essere riservata alle previsioni relative alla fusione tra Newco
e Target: mentre, infatti, nella struttura bridge to long term, il
perfezionamento della fusione è nell’interesse della società finanziata, ove si
proceda ad accordare sin da principio un finanziamento a medio/lungo
termine occorre “incentivare” tale fusione.
Pertanto, nella prassi sono generalmente utilizzati alcuni accorgimenti
finalizzati a favorire e incentivare la fusione.
Struttura “Long Term” e partecipazione di Target al
finanziamento
La struttura in parola è particolarmente indicata nel caso in cui si verifichi, in
sede di acquisizione, l’opportunità (per evitare il concorso con altri creditori
bancari di Target) o l’esigenza (ad esempio, per effetto di una clausola di
change of control regolata nei contratti relativi all’indebitamento pre-esistente
di Target) di rifinanziare l’indebitamento esistente di Target.
In tali eventualità, infatti, la stessa Target può essere parte del contratto di
finanziamento, in qualità di prenditore di alcune linee di credito, a condizione
che le linee concesse a Target siano distinte e autonome rispetto a quelle
destinate a Newco. In tale specifico caso, Target può anche concedere
garanzie nell’ambito del finanziamento, purché le stesse siano relative
unicamente alle linee concesse a Target (al fine di non incorrere nel divieto di
financial assistance).
Struttura “Long Term” e partecipazione di Target al
finanziamento (segue)
Ove Target sia parte del contratto di finanziamento, nel contratto medesimo
sono solitamente adottate alcune particolari cautele, inserendo specifici
limitation languages volti ad assicurare:
• la separazione delle obbligazioni di Target da quelle di Newco;
• che gli impegni assunti (inclusi i covenant finanziari) e le dichiarazioni e
garanzie rese da Target siano assunti e/o rese con riferimento esclusivo a
Target e al proprio patrimonio, senza alcun effetto sulle linee concesse a
Newco ai fini dell’acquisizione;
• che il verificarsi di un evento di default relativo unicamente a Newco non
operi con riferimento alle linee concesse a Target.
Tali cautele non saranno più necessarie in seguito alla fusione tra Newco e
Target: in seguito a tale fusione, infatti, Mergeco assumerà tutti i rapporti
giuridici attivi e passivi precedentemente in capo a Newco e a Target,
pertanto potrà assumere impegni e rilasciare garanzie con riferimento a tutte
le linee di credito concesse sia a Newco, sia a Target (fermo restando, con
riferimento alla concessione di garanzie post-fusione, quanto già esposto in
precedenza).
Sezione IV.
Il public to private
Con la terminologia di cui all’oggetto si fa riferimento a una particolare
fattispecie di acquisition finance implementata al fine di ottenere che le azioni
di una società quotata presso un mercato regolamentato (“società pubblica”)
cessino di essere quotate su tale mercato (c.d. delisting), venendo a essere
detenute (direttamente o indirettamente) da uno o più soci al di fuori di
mercati dei capitali (“società privata”).
Presupposto primo di una simile operazione è quindi la presenza di una
società (“Target”) quotata.
Tipicamente, si possono distinguere due ipotesi, caratterizzate dal fatto che il
delisting:
• sia effettuato da uno o più soci di Target che ne detengano il controllo o
che, comunque, siano considerabili soci di riferimento di Target; ovvero
• sia effettuato da soggetti diversi (soci di
soggetti/investitori terzi, manager di Target).
minoranza
di
Target,
Il public to private – struttura dell’operazione tra Soci
Uno o più soci di Target che ne detengano il controllo o che, comunque, siano
qualificabili quali soci di riferimento (di seguito, per semplicità, il “Socio”)
intendono acquisire l’intero capitale sociale di Target.
A tal fine, il Socio costituisce una società veicolo (“Newco”) da esso
interamente posseduta o, comunque, controllata e conferisce in Newco le
proprie azioni in Target. In seguito, Newco lancia un’offerta pubblica di
acquisto (“OPA”) volontaria avente ad oggetto l’intero capitale sociale di
Target; al fine di reperire le risorse finanziarie a tal scopo necessarie, Newco
assume indebitamento. A seguito dell’esito (favorevole) dell’OPA, Newco – in
quanto socio (unico) di Target – può procedere al delisting a norma
dell’articolo 2.5.1 del Regolamento di Borsa, ovvero procedendo alla fusione
per incorporazione di Target, in entrambi i casi determinando la cessazione
della negoziazione delle azioni di Target sul mercato regolamentato.
In seguito al delisting volontario di Target, si potrà comunque procedere alla
fusione tra Newco e Target, al fine di reperire le risorse necessarie a
rimborsare il finanziamento concesso a Newco per lanciare l’OPA.
Il public to private – struttura dell’operazione tra Soci
SOCIO
1. Costituzione
2. Conferimento
4. OPA su azioni Target
BANCA
TARGET
(quotata)
NEWCO
3. Finanziamento
5. Fusione
6. Rimborso
Il public to private – operazione tra Soci
Elemento caratterizzante dell’ipotesi in esame, come visto, è la presenza di
uno o più soci che detengano il controllo di Target.
Le motivazioni che possono portare all’implementazione di una simile struttura
possono essere molteplici:
• la diminuzione del valore di mercato delle azioni di Target ovvero una
eccessiva sottovalutazione degli stessi;
• la necessità/opportunità di ridurre i costi operativi di Target, eliminando
quelli legati al mantenimento della quotazione delle azioni di Target presso
un mercato regolamentato;
• consentire l’ingresso nella compagine sociale di un nuovo socio (privato),
tipicamente un fondo di private equity;
• avviare programmi di ristrutturazione di lungo termine, senza i vincoli
immanenti alla quotazione dei titoli azionari su un mercato regolamentato.
Il public to private – struttura dell’operazione con terzi
Come accennato, l’operazione di delisting, nella prassi, è stata implementata
anche da soggetti diversi dal Socio.
In tal caso, non vi sono differenze di rilievo nella struttura dell’operazione: i
terzi che intendono lanciare un’OPA sulle azioni di Target (il “Terzo”)
costituiscono Newco (cui, ovviamente, non saranno conferite azioni di Target).
Al fine di garantire il successo dell’OPA, il Terzo spesso stipula un patto
parasociale con il Socio, che si impegna ad aderire all’OPA lanciata dal Terzo
(patto che, ex art. 122, comma 5, lettera d-bis del TUF entro 5 giorni deve
essere comunicato a CONSOB, pubblicato per estratto sulla stampa,
depositato presso il Registro Imprese competente per Target e comunicato
alla medesima Target).
Nella prassi, gli obiettivi tipicamente perseguiti dal Terzo tramite l’operazione
di delisting (oltre a, mutatis mutandis, quanto già evidenziato con riferimento
al Socio) possono essere ricondotti a:
strategico-industriali:
il
Terzo
intende
realizzare
• motivazioni
un’integrazione strategica ed operativa tra il proprio business e quello di
Target;
• motivazioni finanziarie: l’attività tipica del Terzo è la gestione di
partecipazioni in altre imprese (fondi di private equity);
• management buyout: i manager di Target, conoscendo le potenzialità
della società, intendono acquisirne il controllo.
Il public to private – l’OPA volontaria
Come visto, l’acquisizione di Target avviene tramite il lancio di
un’OPA sulle azioni di Target (ovvero su determinate categorie di
azioni).
L’OPA volontaria può essere lanciata su una qualsiasi percentuale di
azioni di Target. Tuttavia - qualora un soggetto (o un gruppo di
soggetti che agiscano di concerto) venga a detenere almeno il 30%
delle azioni di Target - sorge l’obbligo di lanciare un’OPA totalitaria,
fatte salve le eccezioni di legge, tra cui l’OPA parziale (60% delle
azioni di Target), il c.d. sell out e il c.d. sqeez out.
Ai fini del delisting, tuttavia, è di solito lanciata un’OPA totalitaria su
Target.
Il public to private – l’OPA volontaria (segue)
Il soggetto che intenda lanciare un’OPA deve seguire una procedura
legislativamente determinata, e in particolare:
• deve comunicare a CONSOB la propria intenzione di lanciare un’OPA
(nonostante il (futuro) superamento della necessità di presentare la c.d.
letter of undertaking, l’offerente deve essere in grado di far fronte
all’impegno finanziario derivante dalla promozione dell’OPA (certainty of
funds));
• deve predisporre un prospetto d’offerta, che dovrà essere approvato da
CONSOB e pubblicato;
• l’organo amministrativo di Target deve predisporre e consegnare a
CONSOB un documento contenente, tra l’altro, le valutazioni di Target
sull’OPA, sul prezzo d’acquisto e sugli impatti dell’OPA sulla propria
operatività (c.d. “Comunicato dell’Emittente”);
• almeno 5 giorni lavorativi in seguito alla pubblicazione del prospetto, ha
inizio il periodo di offerta (ovvero il giorno della pubblicazione, se il
Comunicato dell’Emittente è contenuto nel prospetto d’offerta); e
• terminato il periodo di offerta (come, se del caso, prorogato), si avrà la
corresponsione del prezzo d’acquisto.
Il public to private – l’OPA volontaria (segue)
Una volta promossa, l’OPA non è più revocabile. Tuttavia, l’OPA può essere
condizionata al verificarsi di alcune condizioni (che non siano meramente
potestative). Nella prassi, l’OPA è generalmente condizionata a: (i)
raggiungimento di una data percentuale di azioni, (ii) consensi e
autorizzazioni antitrust, (iii) assenza di misure difensive da parte di Target, e
(iv) assenza di eventi materialmente pregiudizievoli.
Gravano inoltre sull’offerente precisi obblighi informativi nei confronti delle
rappresentanze sindacali (o dei dipendenti) proprie e di Target, nonché nei
confronti degli organi amministrativi di Target (ai fini della predisposizione del
Comunicato dell’Emittente).
Nel caso in cui il soggetto offerente sia collegato alla società (c.d. insider), è
necessario che, prima della redazione del Comunicato dell’Emittente, uno o
più amministratori indipendenti di Target (se del caso, coadiuvati da un
esperto indipendente) attestino, tra l’altro, la correttezza del prezzo d’offerta.
Tra gli elementi più delicati di un’OPA, un ruolo fondamentale è quello del
prezzo d’acquisto delle azioni, liberamente stabilito dall’offerente (salvi i limiti
della best price rule), che può essere corrisposto in denaro o tramite
l’assegnazione di titoli (quotati o meno).
Il public to private – l’OPA volontaria – il sell out
Con il termine sell out si indica l’obbligo di acquisto disciplinato dall’art. 108
del TUF.
In particolare, la norma prevede che l’offerente, al raggiungimento del 95%
del capitale sociale di Target a seguito di un’offerta totalitaria, sia obbligato ad
acquistare i restanti titoli da chi ne faccia richiesta. Qualora Target abbia
emesso diverse categorie di titoli, l’obbligo in parola concerne unicamente
quelle categorie per le quali sia stata raggiunta la soglia rilevante.
La ratio di tale norma è insita nella tutela dei soci di minoranza di Target, cui
viene fornita una “seconda possibilità” di aderire ad un’OPA che abbia avuto
grande successo.
Il secondo comma della citata norma prevede invece che chiunque venga a
detenere una partecipazione superiore al 90% di Target abbia l’obbligo di
acquistare i restanti titoli da chi ne faccia richiesta, a meno che non ripristini entro 90 giorni - un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento
delle negoziazioni.
La ratio di tale previsione è insita nella tutela della liquidità del mercato,
andando a sostituire la vecchia previsione relativa all’OPA residuale.
Il public to private – l’OPA volontaria – lo squeez out
Con il termine squeeze out si indica il diritto di acquisto disciplinato dall’art.
111 del TUF.
In particolare, la norma prevede che l’offerente, al raggiungimento di una
soglia pari al 95% del capitale sociale di Target a seguito di un’offerta
totalitaria, abbia il diritto di acquistare i titoli residui entro tre mesi dalla
scadenza del termine per l’accettazione dell’offerta, a condizione che la
volontà di avvalersi di tale diritto fosse specificata nel documento d’offerta.
Qualora Target abbia emesso diverse categorie di titoli, il diritto in parola può
essere esercitato unicamente per le categorie di titoli per le quali sia stata
raggiunta la soglia rilevante.
Al contrario di quanto indicato con riferimento al sell out, la presente
previsione è dettata a tutela degli interessi dell’offerente, in quanto gli
assicura la possibilità di acquistare l’intero capitale sociale di Target e,
pertanto, di realizzare il delisting.
Il public to private e l’art. 2501 bis c.c.
Abbiamo visto che, in seguito all’esito favorevole dell’OPA, Newco e Target si
possono fondere, o per realizzare tramite tale fusione il delisting, ovvero –
comunque – al fine di fornire a Newco le risorse finanziarie necessarie per
rimborsare il finanziamento da questa richiesto ai fini dell’OPA su Target.
In proposito, occorre valutare se tale fusione debba avvenire ai sensi dell’art.
2501 bis c.c.
In questa sede, è sufficiente specificare che alcuni dubbi interpretativi e
problemi sono sorti nell’ipotesi del delisting operato dal Socio di Target, per il
fatto che in tale fattispecie non si riscontra un vero e proprio “acquisto” del
controllo da parte del Socio, che già in precedenza controllava Target. Si
rimanda in proposito alle considerazioni svolte supra circa l’applicabilità
diretta o per analogia della fattispecie di cui all’art. 2501 bis c.c.
Meno problematica appare invece la seconda struttura analizzata, in cui il
Terzo acquista senz’altro il controllo di Target.
Il public to private – la documentazione finanziaria
Il contratto di finanziamento stipulato da Newco al fine di reperire le risorse
necessarie all’OPA presenta alcune caratteristiche peculiari:
• prevede una linea per firma, necessaria a “garantire” la disponibilità dei
mezzi finanziari necessari per l’acquisto delle azioni oggetto di OPA;
• prevede una linea per cassa, utilizzabile da Newco unicamente per il
pagamento del prezzo d’acquisto delle azioni di Target;
• prevede la concessione di alcune garanzie specifiche:
• pegno sul capitale sociale di Newco;
• pegno sulle azioni di Target conferite in Newco (nel caso di
operazione con intervento del Socio);
• pegno sulle azioni di Target tempo per tempo acquistate.
• può prevedere, infine, taluni accorgimenti tendenti a favorire la fusione
tra Newco e Target (rinvio).
Sezione V.
La crisi finanziaria e il leveraged finance
La crisi economico-finanziaria che negli ultimi anni ha colpito il mercato
nazionale e internazionale ha fatto emergere i rischi connessi con le operazioni
di acquisition finance. In particolare, in molti casi i flussi di cassa (previsti) di
Target non si sono rivelati a posteriori sufficienti per il servizio del debito,
portando le società oggetto di MLBO in situazioni di tensione finanziaria o di
vero e proprio default che appaiano tuttavia (potenzialmente) risolvibili.
Nella prassi, tale situazione di tensione finanziaria si manifesta attraverso una
sotto-capitalizzazione della società, che si ritrova nelle situazioni descritte dagli
articoli 2446 c.c. (riduzione del capitale di oltre un terzo per perdite) e 2447
c.c. (riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale).
In simili situazioni, si è spesso fatto ricorso al c.d. de-leverage, ossia
l’operazione tramite la quale si procede ad “isolare” l’indebitamento di una
società che non sia direttamente connesso con l’operatività della società (c.d.
indebitamento fisiologico), ma derivi da vicende estranee all’attività sociale
svolta (tipico caso: indebitamento derivante da un precedente MLBO). In
particolare, la prassi ha visto implementare due diverse strutture:
• una prima struttura (c.d. de-leverage sell out) che prevede la conversione
di tale indebitamento non fisiologico in mezzi propri della società;
• una seconda struttura (c.d. de-merger de-leveraged sell out) che prevede,
oltre alla predetta conversione dell’indebitamento in mezzi propri,
l’interposizione di una società veicolo appositamente costituita (“Newco”).
Il de-leveraged sell out
Il c.d. de-leveraged sell out prevede che alcuni creditori (tipicamente i titolari
dei crediti relativi all’indebitamento assunto da una società (“Target”)
nell’implementazione di una operazione di acquisition finance) convertano i
propri diritti in mezzi propri (tipicamente, capitale sociale) di Target.
A tal fine, si procede ad effettuare un aumento di capitale di Target, aumento
che sarà sottoscritto dalle banche creditrici e da queste liberato tramite
compensazione di tutti i (o parte dei) crediti vantati nei confronti di Target.
Tale soluzione offre sicuramente alcuni vantaggi:
• Target risolve la propria situazione di deficit patrimoniale;
• la situazione finanziaria (prospettica) di Target migliora, alla luce della
riduzione degli oneri finanziari a suo carico;
• i creditori finanziari di Target (o, comunque, i creditori che aderiscano alla
conversione) non si vedono costretti a stralciare i propri crediti, ma
possono confidare in un rientro almeno nel medio/lungo termine;
• i restanti creditori di Target si trovano a beneficiare delle prospettive di
recupero del proprio debitore.
Di contro, i soci di Target vedranno sicuramente diluita la propria
partecipazione societaria, in favore dei soggetti chiamati alla conversione.
Il de-leveraged sell out – profili problematici
Un’operazione di de-leveraged sell out presenta alcuni profili giuridici che
necessitano di un approfondimento.
In particolare, le principali problematiche sono strettamente connesse
all’aumento di capitale di Target:
• tale aumento di capitale deve essere sottoscritto dai creditori (bancari),
ma ai sensi dell’art. 2441 c.c. spetta ai soci di Target un diritto di
opzione; pertanto, o si procederà (ex art. 2441, commi 5 e 6) ad un
aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione, oppure sarà
necessario che i soci di Target rinuncino all’esercizio di tale diritto;
• in caso di perdite di Target, occorrerà valutare il trattamento da riservare
alle stesse, pertanto occorrerà coprirle tramite riduzione del capitale
sociale e successiva ricostituzione dello stesso (ma, in caso di S.r.l., l’art.
2482 quater c.c. prevede che in caso di “riduzione del capitale per
perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei
diritti spettanti ai soci”). A tal proposito, una recente massima del
Consiglio Notarile di Milano ha ritenuto legittime le operazioni di aumento
del capitale sociale deliberate in presenza di perdite, purché il capitale
post aumento risulti almeno pari al minimo legale e le perdite residue
siano inferiori a un terzo di esso. Si segnala, infine, una precedente
massima sempre del Consiglio Notarile di Milano (molto utile nella prassi
di accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis legge fallimentare), secondo
la quale l’esecuzione dell’aumento di capitale possa avvenire anche in
epoca successiva all’assemblea;
Il de-leveraged sell out – profili problematici (segue)
• alla luce del fatto che l’aumento di capitale deve essere sottoscritto dai
creditori di Target, assume rilevanza particolare il rapporto tra valore
delle azioni offerte agli azionisti e ammontare del loro credito. Ove tale
rapporto non sia di assoluta parità (e i crediti (bancari) siano superiori al
valore delle azioni), i creditori dovranno procedere a stralciare una
porzione dei propri crediti (iscrivendo a bilancio la corrispondente
perdita), mentre Target registrerà una sopravvenienza (tassabile);
• l’aumento di capitale deve essere liberato tramite compensazione dei
crediti vantati verso Target. Superata la precedente interpretazione
(dottrinale e giurisprudenziale) che escludeva la possibilità di tale
compensazione (sull’assunto che si dovesse salvaguardare la
“corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua
effettiva entità”), si rileva che tale compensazione potrà non avvenire su
base legale (crediti certi, liquidi ed esigibili) ma su base volontaria. A tal
fine, è opportuno (necessario secondo alcuni) che la modalità di
liberazione dell’aumento di capitale sia specificamente prevista
dall’assemblea che lo ha deliberato;
Il de-leveraged sell out – profili problematici (segue)
• quanto alla tipologia di azioni sottoscrivende dai creditori convertenti,
alla luce delle resistenze dei creditori (soprattutto bancari) a
partecipare al capitale di rischio di società operative, spesso nella prassi
si ricorre:
• (nel rispetto dei limiti di cui all’art. 2351 c.c.) alla sottoscrizione di
categorie speciali di azioni: tale strumento consente infatti, da un
lato, di riservare ai creditori convertendi un trattamento privilegiato
(partecipazione agli utili e alle perdite, distribuzioni in caso di
liquidazione) rispetto ai soci originari di Target, e, dall’altro, di
limitare i diritti amministrativi dei creditori bancari a quei diritti
(non tipicamente manageriali/industriali) che siano necessari a
tutelare il loro investimenti; o
• alla sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi (SPF).
In particolare, la sottoscrizione di SPF è preferibile, in quanto tali
strumenti (i) permettono agli investitori di godere di diritti
patrimoniali (e limitati diritti amministrativi) senza che gli stessi
assumano la qualità di soci di Target e (ii) non portano a una
diluizione della partecipazione dei soci esistenti. Il limite di tale
scelta è tuttavia che la stessa non è praticabile nel caso in cui sia
necessario procedere a ricapitalizzazione di Target (come spesso
accade nella pratica).
Il de-leveraged sell out – profili problematici (segue)
La sottoscrizione, da parte di creditori bancari, di azioni di una società
industriale presenta inoltre ulteriori problematiche:
• innanzitutto, sotto un profilo a-giuridico, viene in rilevo la riluttanza degli
istituti bancari a detenere un portafoglio di partecipazioni, in quanto –
nonostante la limitazione dei diritti conferiti alle banche in caso di
sottoscrizione di azioni speciali o di strumenti finanziari partecipativi – la
qualità di socio richiede un’attività costante, responsabile e professionale
di gestione operativa che poco si concilia con le strutture operative
bancarie. Pertanto, la sottoscrizione di capitale di rischio è generalmente
considerata quale ultima ratio;
• inoltre, vi sono limitazioni legali (principalmente sancite nelle istruzioni di
vigilanza emanate dalla Banca d’Italia) in relazione alle partecipazioni
detenibili dagli istituti di credito nel capitale di rischio delle imprese
industriali (nonostante negli ultimi anni si sia assistito a un parziale
superamento del principio della separazione tra banca e industria, tuttora
permangono alcuni limiti legati principalmente al patrimonio di vigilanza
delle banche, limiti che possono essere superati con specifica
autorizzazione della Banca d’Italia).
Il de-leveraged sell out e le procedure di risanamento
della crisi d’impresa
Alla luce delle tematiche sopra evidenziate, l’implementazione di una struttura
di de-leveraged sell out che veda coinvolti istituti di credito dovrà
necessariamente essere preceduta da una attenta analisi dei rischi e dei
benefici derivanti dall’operazione per gli istituti bancari sottoscrittori.
Tale analisi dovrà, in particolare, valutare nello specifico la convenienza
economica della conversione dei crediti in capitale di rischio, evidenziando
inoltre come siano sussistenti concrete prospettive di risanamento e di
recupero dell’equilibrio economico-finanziario della società, in modo tale che i
creditori/sottoscrittori possano rientrare – anche se solo nel medio periodo –
del proprio investimento.
Per tale motivo, nella prassi, le strutture di de-leveraged sell out sono state
spesso utilizzate nell’ambito delle procedure extra-giudiziali di risanamento
della crisi d’impresa (piani attestati ex art. 67 legge fallimentare e accordi di
ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis legge fallimentare).
Tali procedure, infatti, postulano quale presupposto la possibilità, per la
società, di superare un temporaneo stato di crisi o di tensione economicofinanziaria.
Il de-leveraged sell out e le procedure di risanamento
della crisi d’impresa (segue)
Senza entrare nell’analisi di dettaglio di tali procedure, basta in questa sede
ricordare che:
• ai sensi dell’articolo 67 della legge fallimentare, sono esentati da
revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse in esecuzione di un
piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’impresa ed
assicura il riequilibrio della sua situazione finanziaria, la cui ragionevolezza
sia attestata da un professionista dotato di determinati requisiti;
• ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare, l’imprenditore in stato
di crisi può domandare al giudice competente l’omologazione di un accordo
di ristrutturazione dei propri debiti, accompagnato da una relazione
asseverata da un professionista (dotato dei requisiti di cui all’articolo 67)
circa l’attuabilità di tale accordo. Gli atti compiuti in esecuzione (e in
funzione della presentazione della domanda di omologazione) di un tale
accordo di ristrutturazione non sono soggetti a revocatoria.
Come si evince, caratteristica comune alle due procedure è quella di prevedere
l’intervento di un professionista “esterno” che asseveri l’idoneità degli strumenti
utilizzati a consentire il risanamento dell’impresa in crisi (nel caso degli accordi
di ristrutturazione si ha, inoltre, l’intervento del giudice), pertanto “assicurando”
ai creditori convertendi la possibilità di rientro dei propri debiti.
Il de-merger de-leveraged sell out
Il c.d. de-merger de-leveraged sell out presenta profili in gran parte
coincidenti con il de-leveraged sell out (alla cui trattazione, pertanto, si
rimanda), risiedendo la principale differenza rispetto a tale fattispecie
nell’interposizione di una società costituita ad hoc (“Newco”). Tale schema
prevede innanzitutto l’identificazione dei debiti non connessi e non funzionali
all’attività di una società (“Target”) (tipicamente, debito derivante
dall’implementazione di una precedente operazione di acquisition finance) e il
trasferimento di detti debiti a Newco, affinché Newco risulti debitrice dei terzi
creditori e Target risulti debitrice di Newco di un ammontare (all’incirca) pari
al debito (bancario) trasferito. Il debito di Target verso Newco è quindi
trasformato in mezzi propri di Target, tramite la sottoscrizione di un aumento
di capitale (da liberarsi mediante compensazione dei crediti vantati da Newco
verso Target). Alla conclusione dell’operazione, Newco si trova dunque a
detenere una partecipazione (generalmente di controllo) in Target a fronte
della diluizione della partecipazione degli altri soci di Target.
I creditori di Target, diventati soci di Newco, potranno quindi rientrare del
proprio investimento unicamente grazie alla vendita – da parte di Newco –
delle azioni di Target (vendita che avverrà sotto il controllo degli istituti
bancari in seguito al ripianamento della situazione economico-finanziaria di
Newco). Eventuali importi dovuti da Newco alle banche che residuassero in
seguito alla dismissione di Target dovranno, per pattuizione vincolante per le
parti sin dall’inzio, essere oggetto di rinuncia.
Il de-merger de-leveraged sell out - struttura
4. Rimborso
1. Costituzione
BANCA
NEWCO1
2. Traslazione
debito bancario e
sorgere del credito
verso Target
0. Finanziamento
esistente
3. Aumento
di Capitale
TARGET
Il de-merger de-leveraged sell out - profili problematici
Oltre a quanto già indicato in tema di partecipazione delle banche al capitale
di rischio di una società industriale, la principale problematica connessa a
un’operazione di de-merger de-leveraged sell out è collegata alle modalità
tecniche con cui procedere al de-leverage, ossia tramite le quali traslare i
debiti di Target su Newco. In proposito, la prassi ha visto utilizzare due
modalità:
• Accollo del debito di Target: Newco si accolla il debito di Target verso i
creditori esterni. Al fine di sgravare Target dal peso dell’indebitamento, è
necessario che tale accollo sia liberatorio. Contemporaneamente, è
necessario creare in capo a Newco un credito verso Target di importo
tendenzialmente corrispondente all’indebitamento di Target oggetto
dell’accollo, credito che sarà di conversione in mezzi propri di Target. La
creazione di tale credito di Newco non interviene quale effetto
automatico dell’accollo, con la conseguenza che sarà necessario
prevederne il sorgere in via pattizia (accollo oneroso), pertanto il credito
di Newco sorgerà ex novo. Taluni autori hanno visto in tale operazione
un artifizio teso unicamente a “creare” un credito da portare in
compensazione in sede di sottoscrizione del successivo aumento di
capitale di Target, artifizio idoneo a minare la certezza del credito
compensando. Tuttavia, a tali critiche è stato opposto che il credito non
è in alcun modo considerabile artificioso, soprattutto analizzando la
fattispecie alla luce degli effetti contabili che determina (a livello di
patrimonio netto).
Il de-merger de-leveraged sell out - profili problematici
(segue)
• Cessione del credito a Newco: anche per ovviare alle critiche sopra
descritte, si è ipotizzata una seconda modalità per traslare il debito di
Target su Newco: i creditori (bancari), tramite una cessione onerosa e
pro-soluto, cedono a Newco i propri crediti verso Target. Il corrispettivo
dovuto da Newco ai creditori a fronte della cessione potrà essere fisso o
variabile (purché determinabile, in quanto ancorato a parametri prefissati) e potrà essere pari ovvero inferiore al valore nominale del
credito. Ad esito della cessione, dunque, (i) Newco sarà titolare di un
credito (il medesimo dei creditori cedenti, ivi incluso ogni accessorio)
verso Target che potrà essere compensato in sede di sottoscrizione di
un aumento di capitale, e debitrice verso i creditori per il pagamento del
corrispettivo della cessione, mentre (ii) i creditori saranno titolari di un
credito sorto ex novo nei confronti di Newco.
Giova infine ricordare come i debiti di Newco per il pagamento del
prezzo di cessione non potranno beneficiare delle agevolazioni di cui
all’imposta sostitutiva.
Il de-merger de-leveraged sell out - profili problematici
(segue)
L’operazione in parola pone anche alcune problematiche (o cautele) di diritto
societario:
• diluizione dei soci di Target: nel caso in cui la compagine societaria di
Newco non sia interamente coincidente con quella di Target, la
sottoscrizione dell’aumento di capitale e, ancor di più, la successiva
dismissione del capitale sociale di Target da parte di Newco comporterà
un’alterazione nell’assetto degli interessi dei soci di Target (con
detrimento di coloro che siano esclusi, per scelta propria o dei creditori
bancari, dalla partecipazione in Newco);
• “rientro” dei creditori bancari: assodato che il “rientro” dei creditori
bancari è garantito dalla dismissione delle azioni (o della quota) di
Target di proprietà di Newco, sarà interesse di tali creditori
“disciplinare” le modalità e le tempistiche di dismissione di tali
partecipazioni. Nella prassi, non è raro che siano previste apposite
clausole/impegni di co-vendita di tali partecipazioni, oltre a specifiche
pattuizioni tendenti a canalizzare i proventi della dismissione di Target
direttamente a favore delle banche creditrici di Newco;
Il de-merger de-leveraged sell out - profili problematici
(segue)
• deliberazione dell’operazione: particolari cautele dovranno infine essere
assunte in merito al procedimento autorizzatorio dell’operazione,
soprattutto a livello di Target. Nel caso in cui la compagine sociale di
Newco non sia interamente coincidente con quella di Target, infatti, alla
luce della possibile (probabile) diluizione della partecipazione di alcuni
soci di Target, nonché del possibile conflitto di interesse che determinati
soggetti
potrebbero
avere
nell’implementazione
dell’operazione
(management sell out), è necessario che tutti i passaggi societari
relativi alla traslazione su Newco del debito e alla deliberazione
dell’aumento di capitale siano attentamente valutati e calibrati tenendo
presente il preminente interesse sociale di Target, al fine di evitare
possibili censure da parte dei soggetti esclusi dalla partecipazione in
Newco. Nella prassi, al fine di evitare forme di ostruzionismo da parte
dei soci esclusi, spesso si prevedono alcuni meccanismi di incentivo
(e.g. ripartire eventuali residui attivi di Newco – dopo l’adempimento di
tutti i crediti bancari – non solo tra i soci di tale società ma anche in
favore dei soci di Target che fossero stati esclusi dalla partecipazione a
Newco.
Il de-merger de-leveraged sell out e il divieto di
financial assistance
Le profilate strutture di de-merger de-leveraged sell out presentano alcuni
delicati profili in connessione con il divieto di financial assistance di cui all’art.
2358 c.c.
In particolare, ove si procedesse tramite accollo del debito da parte di Newco,
sarebbe probabile che i creditori (bancari) richiedessero a Target di
confermare (ex art. 1275 c.c.) le garanzie originariamente (ovvero postfusione) prestate da Target a garanzia del proprio debito. Tale intervento di
Target, risultando evidentemente e funzionalmente collegato alla successiva
sottoscrizione dell’aumento di capitale di Target, potrebbe senz’altro risultare
in contrasto con le previsioni di cui all’art. 2358 c.c. (fermo restando quanto
già riferito in tema di procedura di white wash).
Ove invece si procedesse a traslare il debito tramite una cessione del credito
in favore di Newco, non rileverebbero tanto le garanzie originariamente
prestate da Target ai creditori cedenti e che, quali accessori del credito, sono
“trasferite” a Newco per effetto della cessione (il credito, infatti, si estingue
per compensazione in sede di aumento di capitale), quanto rileverebbero
quelle garanzie che i creditori cedenti potrebbero richiedere siano prestate a
garanzia del nuovo debito di Newco (rinvio alla struttura c.d. bridge to long
term).
Il de-merger de-leveraged sell out – casi particolari
Nella prassi applicativa, le operazioni di de-merger de-leveraged sell out hanno
spesso presentato alcune caratteristiche peculiari che, benché non
strettamente connesse alla fattispecie “tipica”, sono state utilizzate per
eliminare (rectius ridurre) gli effetti dei profili problematici in precedenza
evidenziati. In particolare, tali operazioni:
• sono state implementate nell’ambito di procedure stragiudiziali di
risanamento di imprese in crisi (artt. 67 e 182 bis della legge fallimentare)
(rinvio);
• hanno previsto significative rinunce da parte dei creditori bancari,
concretizzatesi, a seconda dei casi, in stralci parziali del credito o in
dilazione dello stesso; e
• hanno previsto l’emissione, da parte dei soci originari di Target, di specifici
impegni di ri-capitalizzazione di Target nel caso in cui la ricapitalizzazione
effettuata nell’ambito del de-merger de-leveraged sell out si fosse in
seguito dimostrata insufficiente (c.d. equity committment letter degli
sponsor).