Capitolo 1. Coppie cinematiche e meccanismi 1.1. Coppie cinematiche. Il moto relativo di un corpo rispetto a un altro è consentito da delle regioni dei due corpi, sagomate in modo opportuno. Ciascuna di tali regioni è detta elemento cinematico e un corpo che possieda almeno un elemento cinematico è detto membro cinematico. Si dice allora coppia cinematica l’insieme di due o più corpi collegati da elementi cinematici. In particolare una coppia cinematica è detta multipla se è costituita da un insieme di tre o più corpi, ciascuno provvisto del proprio elemento cinematico. La molteplicità di una coppia è definita come il numero dei corpi dell’insieme meno uno. In figura abbiamo ad esempio una coppia cinematica doppia. E’ evidenziato l’elemento cinematico di ciascun membro. Una coppia nella quale gli elementi cinematici determinino contatti superficiali è detta coppia cinematica inferiore. Se i contatti in corrispondenza degli elementi cinematici sono lineari o puntiformi allora si parla di coppie cinematiche superiori. Il grado di libertà della coppia j-ma si indica ๐๐ ed è pari al numero di parametri indipendenti necessari e sufficienti a individuare il moto relativo fra i membri della coppia. Allora il grado di vincolo della coppia j-ma si scrive 1.1) ๐๐ = ๐ − ๐๐ essendo ๐ l’ordine di mobilità del sistema il quale è pari a 6 nello spazio e a 3 nel piano. Si dicono in chiusura di forma le coppie nelle quali il grado di vincolo dipende esclusivamente dalla forma geometrica degli elementi cinematici. Si dicono in chiusura di forza le coppie nelle quali il grado di vincolo dipende anche da una sollecitazione, detta di chiusura, che contribuisce a mantenere il grado di vincolo. Se considero per esempio il vincolo di appoggio, questo mantiene la sua natura (eliminazione di tre gradi di libertà) finché esiste una forza la quale preme il corpo mobile contro di esso. 1.2. Coppie cinematiche inferiori. Vediamo adesso le coppie inferiori più diffuse. 1.2.1. Coppia prismatica. L’unico moto relativo concesso fra i due membri della coppia cinematica prismatica è quello di traslazione lungo una direzione assegnata. Gli elementi cinematici sono tronchi di cilindro retto a base non circolare. Nel piano si ha 1 1.2) ๐=3 {๐ = 1 โน ๐๐ = 3 − 1 = 2 ๐ Nello spazio si ha 1.3) ๐=6 {๐ = 1 โน ๐๐ = 6 − 1 = 5 ๐ Dunque ๐๐ fornisce i gradi di vincolo di uno dei due membri cinematici rispetto all’altro, riguardato come fisso. In effetti nel piano, avendosi solo la possibilità di scorrere lungo una direzione, i gradi di vincolo devono essere 3 − 1 = 2. Nel secondo caso saranno invece 6 − 1 = 5. 1.2.2. Coppia elicoidale. Il moto ammesso è una rototraslazione rispetto a un asse fisso. Ma il moto rotatorio e quello traslatorio non sono indipendenti fra loro. In particolare a una rotazione โ๐ attorno all’asse corrisponde una traslazione Δ๐ lungo l’asse stesso la quale deve soddisfare la proporzione Δ๐ ๐ = Δ๐ 2๐๐ essendo ๐ (detto passo) l’avanzamento lungo l’asse corrispondente a un giro completo attorno all’asse stesso. Se indico ๐ผ l’inclinazione dell’elica ho che tan ๐ผ = ๐ โน ๐ = 2๐๐ tan ๐ผ 2๐๐ Dunque il legame tra Δ๐ e โ๐ è dato da 1.6) Δ๐ = Δ๐ tan ๐ผ Per il grado di vincolo nel piano si ha 1.7) ๐=3 {๐ = 1 โน ๐๐ = 3 − 1 = 2 ๐ Nello spazio si ha 1.8) ๐=6 {๐ = 1 โน ๐๐ = 6 − 1 = 5 ๐ dove il grado di libertà si considera unitario in virtù del fatto che il moto rotatorio e quello traslatorio sono dipendenti l’uno dall’altro. 1.2.3. Coppia sferica. Il moto ammesso è definito da tre rotazioni indipendenti. Gli elementi cinematici sono due porzioni di sfere concentriche. Per il grado di vincolo si ha 1.9) ๐=6 {๐ = 3 โน ๐๐ = 6 − 3 = 3 ๐ 2 Cioè è completamente impedita la traslazione. Nel piano il vincolo della coppia sferica diventa quella che comunemente si definisce cerniera la quale impone due gradi di vincolo, cioè impedisce appunto completamente la traslazione. 1.2.4. Coppia piana. In questo caso il moto relativo ammesso è dato da due traslazioni e da una rotazione. Gli elementi cinematici sono dati da piani paralleli. Per grado di vincolo nello spazio si ha 1.10) ๐=6 {๐ = 3 โน ๐๐ = 6 − 3 = 3 ๐ Nel piano evidentemente la coppia piana non impone alcun grado di vincolo. 1.2.5. Coppia cilindrica. Il moto relativo fra i due membri è una rotazione e una traslazione indipendenti fra loro, aventi entrambe lo stesso asse. Gli elementi cinematici sono costituiti da tronchi di cilindro retto a base circolare. Per i grado di vincolo nello spazio si ha 1.11) ๐=6 {๐ = 2 โน ๐๐ = 6 − 2 = 4 ๐ 1.3. Coppie cinematiche superiori. Un esempio classico di coppia superiore è quello rappresentato da due ruote dentate che ingranano fra loro. In questa coppia si realizza un caso di coppia a chiusura di forza: la forza di chiusura è costituita dalla coppia agente sulla ruota conduttrice. Nelle coppie superiori i profili di contatto sono detti profili coniugati. Essi sono definiti cinematicamente corretti se il punto di contatto risulta sempre punto di tangenza e se non si realizza interferenza meccanica fra i due corpi. 1.4. Meccanismi e loro rappresentazione. Un insieme di membri cinematici tale che ognuno di essi è collegato a uno almeno degli altri è detto catena cinematica. Una catena cinematica in cui un membro sia reso fisso si chiama meccanismo. Il membro fisso di un meccanismo è detto telaio. Per rappresentare una catena cinematica si possono usare diverse notazioni: le più comuni sono la poligonale, il grafo senza dimenticare una rappresentazione naturalistica in cui membri e coppie cinematiche sono rappresentati con icone che richiamano l’apparenza reale degli oggetti. Nella notazione grafica detta poligonale si conviene che ๏ท ๏ท ๏ท i membri con due elementi cinematici corrispondono a segmenti; i membri con ๐ > 2 elementi cinematici corrispondono a poligoni (tratteggiati) con ๐ lati; le coppie cinematiche corrispondono ai punti di incontro fra i vertici dei poligoni e/o tra gli estremi dei segmenti. Il meccanismo così rappresentato si intende piano. Inoltre le coppie cinematiche si intendono inferiori e dunque, poiché piane, prismatiche o rotoidali (cerniere). A sinistra in figura si ha la catena cinematica di Watt dove ๏ท sono presenti due membri con tre elementi cinematici ciascuno; 3 ๏ท ๏ท sono presenti quattro membri con due elementi cinematici ciascuno; i due membri con tre elementi cinematici sono collegati fra loro. A destra nella figura si ha la catena cinematica di Stephenson che differisce da quella di Watt perché i due membri a tre elementi cinematici sono collegati tra loro attraverso un membro con due elementi cinematici. Se invece si vuole indicare la presenza di una coppia superiore si deve introdurre un segmento discontinuo, come nel meccanismo in figura, dove si intende che il contatto fra l’elemento 3 e l’elemento 2 avviene esclusivamente lungo due rette. Nella notazione grafica detta grafo si conviene che ๏ท ๏ท le coppie cinematiche sono rappresentate da segmenti; i membri sono rappresentati dai punti di incontro dei segmenti. Nella figura abbiamo le catene cinematiche di Watt (a sinistra) e di Stephenson (a destra) rappresentate attraverso la notazione dei grafi. Nella rappresentazione naturalistica dei meccanismi si usano invece metodi meno astratti per indicare le coppie cinematiche. Nella figura sono riportate le rappresentazioni generalmente accettate per le coppie cinematiche piane inferiori. E’ riportata anche una coppia cinematica superiore. 4 1.5. Calcolo dei gradi di libertà dei meccanismi. Si definisce grado di libertà di un meccanismo il numero di parametri necessari e sufficienti a definire la configurazione del meccanismo stesso. Tale numero è dato dalla formula di Grübler secondo la quale ๐ 1.12) ๐น = ๐(๐ − 1) − ∑๐=1(๐ − ๐๐ ) dove ๐น è il numero di gradi di libertà del meccanismo, ๐ è il numero di membri del meccanismo, ๐ è il numero di coppie cinematiche. Il primo addendo fornisce i gradi di libertà che si avrebbero se non ci fossero i vincoli imposti dalle coppie cinematiche (il −1 è giustificato dal fatto che uno dei membri cinematici è riguardato come fisso); il secondo addendo rappresenta la somma dei gradi di vincolo imposti da ciascuna coppia cinematica. Nel caso di un sistema piano si ha ๐ = 3. Inoltre se le coppie sono inferiori allora sono o rotoidali o prismatiche e il grado di vincolo è comunque 2. Se sono superiori allora il grado di vincolo è 1 (si ha solo il vincolo alla traslazione lungo la normale alla superficie di contatto). Dunque si vede subito che la formula di Grübler nel piano si può scrivere nella forma 1.13) ๐น = 3(๐ − 1) − 2๐1 − ๐2 dove ๐1 indica le coppie inferiori e ๐2 quelle superiori. Vediamo adesso la utile formula di Eulero (che userò nel seguito, sempre per il calcolo dei gradi di libertà) secondo la quale in un grafo piano il numero di maglie indipendenti1 vale 1.14) ๐ฟ๐๐๐ = ๐ − ๐ฃ + 1 dove ๐ è il numero di lati e ๐ฃ il numero di vertici del grafo. Per dimostrare questa formula consideriamo il grafo a sinistra nella figura. La formula di Eulero ci dice correttamente che si ha solo una maglia indipendente (6 − 6 + 1 = 1). Con ciò la formula di Eulero risulta dimostrata per le spezzate chiuse. Ora aggiungiamo un lato al grafo congiungendo due vertici qualunque. La formula 1 Sono dette indipendenti le maglie non attraversate da lati del grafo. 5 di Eulero porge 7 − 6 + 1 = 2 e abbiamo ancora il risultato corretto. Procedendo in questo modo si prova la validità della formula di Eulero in ogni caso. E’ possibile ora dimostrare la formula di Kutzbach secondo la quale il numero di gradi di libertà di un meccanismo è dato da ๐ 1.15) ๐น = −๐๐ฟ๐๐๐ + ∑๐=1 ๐๐ dove ๐ฟ๐๐๐ è il numero di maglie indipendenti del grafo (vedi sopra) associato al meccanismo. Infatti la formula di Grübler 1.12 porge ๐ ๐ ๐ ๐ ๐น = ๐(๐ − 1) − ∑(๐ − ๐๐ ) = ๐(๐ − 1) − ∑(๐) − ∑(−๐๐ ) = ๐(๐ − 1) − ๐๐ + ∑(๐๐ ) = ๐=1 ๐ ๐=1 ๐=1 ๐ ๐=1 = ๐(๐ − 1 − ๐) + ∑(๐๐ ) = −๐[−(๐ − 1 − ๐)] + ∑(๐๐ ) ๐=1 ๐=1 D’altra parte per la formula di Eulero, considerando che ๐ (numero di membri cinematici) è il numero di vertici del grafo associato al meccanismo e che ๐ (numero delle coppie cinematiche) coincide con il numero di lati del grafo, si ha che il numero di maglie indipendenti del grafo stesso è ๐ฟ๐๐๐ = ๐ − ๐ + 1 = −(๐ − 1 − ๐) ๐ e dunque appunto ๐น = −๐๐ฟ๐๐๐ + ∑๐=1 ๐๐ . Come esempio di applicazione delle formule di Grübler e di Kutzbach consideriamo la catena cinematica di Watt. La formula di Grübler porge ๐ 7 ๐น = 3(๐ − 1) − ∑(3 − ๐๐ ) = 3(6 − 1) − ∑(3 − 1) = 15 − 14 = 1 ๐=1 ๐=1 Consideriamo ora invece la formula di Kutzbach. Per applicarla dobbiamo disegnare il grafo associato al meccanismo ricordando che in esso i membri rappresentano i vertici e le coppie cinematiche i lati. Si ha allora il grafo indicato in figura, per cui la formula di Eulero porge correttamente ๐ฟ๐ = ๐๐๐ก๐ − ๐ฃ๐๐๐ก๐๐๐ + 1 = 7 − 6 + 1 = 2 e dunque la formula di Kutzbach porge anch’essa 7 ๐น = −3 โ 2 + ∑ 1 = −6 + 7 = 1 ๐=1 6 Capitolo 2. Introduzione alla Cinematica 2.1. Richiami di cinematica dell’elemento. In un sistema di riferimento cartesiano ortogonale destro {๐; ๐ฅ, ๐ฆ, ๐ง} la posizione di un generico punto ๐ธ è individuata dal vettore 2.1) โโโโโ = ๐๐ธ โโโโโ (๐ก) ๐๐ธ la sua velocità dalla derivata prima 2.2) ๐ฃ๐ธ = โโโโโ (๐ก) ๐๐๐ธ ๐๐ก e la sua accelerazione dalla derivata seconda 2.3) ๐๐ธ = โ ๐ธ (๐ก) ๐๐ฃ ๐๐ก = โโโโโ (๐ก) ๐2 ๐๐ธ ๐๐ก 2 Se inoltre introduco un sistema di ascisse curvilinee ๐ = ๐ (๐ก) sulla traiettoria, se indico ๐ il versore tangente alla traiettoria con verso concorde con quello positivo della a scissa curvilinea, e ๐โ il versore diretto da ๐ธ verso il centro della circonferenza osculatrice la traiettoria in E , si trovano le relazioni 2.4) { ๐ฃ๐ธ = ๐ ฬ ๐ ๐๐ธ = ๐ ฬ ๐ + ๐ ฬ 2 ๐ ๐โ essendo ๐ il raggio della circonferenza osculatrice. 2.2. Richiami di cinematica del corpo rigido. Atto di moto. La velocità di un punto ๐ด appartenente al corpo rigido ๐ è data da 2.5) โโโโโ ๐ฃ๐ด = ๐ฃ๐ต + ๐ โ × ๐ต๐ด essendo ๐ต un altro punto (qualunque) del corpo rigido. Il โโโโโ è definito usualmente velocità di ๐จ termine ๐ โ × ๐ต๐ด rispetto a ๐ฉ e viene indicato ๐ฃ๐ด๐ต . Per cui si pone 2.5.bis) โโโโโ ๐ฃ๐ด๐ต โ ๐ โ × ๐ต๐ด Esso rappresenta la velocità di ๐ด rispetto a un sistema di riferimento con origine in ๐ต animato da moto traslatorio2. Considerando un moto piano si definisce centro di istantanea rotazione quel punto del piano il quale ha, istante per istante, velocità nulla. Indicando ๐ถ tale punto, in base alla 2.5 si ha 2.6) 2 ๐ฃ๐ด = ๐ฃ๐ถ + ๐ โ × โโโโโ ๐ถ๐ด = ๐ โ × โโโโโ ๐ถ๐ด La velocità di ๐ด rispetto a ๐ต è dunque la velocità di un moto circolare di centro in ๐ต. 7 Ora cerchiamo di individuare tale punto, dimostrandone l’esistenza. Premoltiplichiamo entrambi i membri della 2.6 per la velocità angolare ottenendo โโโโโ = (๐ ๐ โ × ๐ฃ๐ด = ๐ โ × (๐ โ × โโโโโ ๐ถ๐ด) = (๐ โ ⋅ โโโโโ ๐ถ๐ด)๐ โ − (๐ โ ⋅๐ โ )๐ถ๐ด โ ⋅ โโโโโ ๐ถ๐ด)๐ โ − ๐2 โโโโโ ๐ถ๐ด Se consideriamo un moto piano, essendo la velocità angolare ortogonale al piano del moto, si ha 1 ๐ โ × ๐ฃ๐ด ๐2 1 โโโโโ + โโโโโ ⇒ ๐ถ๐ ๐๐ด = − 2 ๐ โ × ๐ฃ๐ด ๐ ๐ โ × ๐ฃ๐ด = −๐2 โโโโโ ๐ถ๐ด ⇒ โโโโโ ๐ถ๐ด = − Dunque 2.7) 1 โโโโโ = โโโโโ ๐๐ถ ๐๐ด + ๐2 ๐ โ × ๐ฃ๐ด Si vede che se l’atto di moto è traslatorio il centro di istantanea rotazione va all’infinito, poiché il secondo addendo tende a un vettore infinitamente lungo al tendere della velocità angolare a zero. Per realizzare una rappresentazione grafica dell’atto di moto si consideri che ๏ท ๏ท ๏ท la velocità del punto ๐ด è ortogonale alla congiungente di ๐ถ con ๐ด; la velocità del punto ๐ด indica il verso antiorario di rotazione rispetto al vettore ๐ โ; โโโโโ . il modulo di ๐ฃ๐ด è dato da ๐๐ถ๐ด Se dunque prendo diversi punti del piano e ne traccio la velocità secondo quanto detto sopra si ottiene la figura qui riportata. Si vede allora che l’atto di moto è rotatorio con centro in ๐ถ. La curva descritta dal centro di istantanea rotazione sul piano fisso è detta polare fissa o base. La curva descritta dal centro di istantanea rotazione sul piano mobile (quello solidale al corpo) è detta polare mobile o rulletta. La polare mobile si muove (solidalmente al corpo) avendo istante per istante un punto in comune con la polare fissa (il punto in comune è il centro di istantanea 8 rotazione); la polare fissa è invece una curva immobile. Siccome questo punto è fermo, istante per istante, allora il moto della polare mobile rispetto alla polare fissa è un moto di puro rotolamento3. Considerando che la rulletta deve avere istante per istante un punto in comune con la base e tenendo presente che l’atto di moto della rulletta rispetto alla base è un campo circolare avente centro nel punto di contatto, si intuisce che base e rulletta hanno la stessa tangente nel loro punto istantaneo di contatto. 2.3. Richiami di cinematica del corpo rigido. Accelerazioni. Derivando il campo delle velocità 2.5 si ottiene il campo delle accelerazioni 2.8) โโโโโ − ๐2 ๐๐ด โโโโโ ๐๐ด = ๐๐ต + ๐ผ × ๐ต๐ด dove ๐ผ โ ๐ โ ฬ e il punto ๐ è la proiezione di ๐ด su una retta che passi per ๐ต e sia parallela alla velocità angolare (vedi figura). Questa formula si dimostra considerando che (vedi appunti di Meccanica Razionale) la distribuzione delle accelerazioni è ๐๐ด = ๐๐ต + ๐ผ × โโโโโ ๐ต๐ด + ๐ โ × (๐ โ × โโโโโ ๐ต๐ด) = โโโโโ โโโโโ = ๐๐ต + ๐ผ × ๐ต๐ด + ๐ โ โ ๐ต๐ด๐ โ −๐ โ ⋅๐ โ โโโโโ ๐ต๐ด = 2 2 โโโโโ + ๐ต๐ โโโโโ ๐ − ๐ ๐ต๐ด โโโโโ = = ๐๐ต + ๐ผ × ๐ต๐ด 2 โโโโโ + ๐ (๐ต๐ โโโโโ − ๐ต๐ด โโโโโ ) = = ๐๐ต + ๐ผ × ๐ต๐ด 2 โโโโโ + ๐ต๐ โโโโโ ) = ๐๐ต + ๐ผ × โโโโโ = ๐๐ต + ๐ผ × โโโโโ ๐ต๐ด + ๐ (๐ด๐ต ๐ต๐ด + ๐2 โโโโโ ๐ด๐ Si osservi che nel caso particolare di un moto piano il punto ๐ e il punto ๐ต coincidono; allora il campo delle accelerazioni per moto piano si scrive 2.9) ๐๐ด = ๐๐ต + ๐ผ × โโโโโ ๐ต๐ด − ๐2 โโโโโ ๐ต๐ด Definisco, nel moto piano, accelerazione di ๐จ rispetto a ๐ฉ4 il vettore 2.10) ๐๐ด๐ต โ ๐๐ด − ๐๐ต = ๐ผ × โโโโโ ๐ต๐ด − ๐2 โโโโโ ๐ต๐ด per cui il campo delle accelerazioni 2.9 si riscrive 2.11) ๐๐ด = ๐๐ต + ๐๐ด๐ต Si distingue poi la componente tangenziale ๐ก 2.12) ๐๐ด๐ต โ ๐ผ × โโโโโ ๐ต๐ด e la componente normale ๐ โโโโโ = ๐2 ๐ด๐ต โโโโโ 2.13) ๐๐ด๐ต โ −๐2 ๐ต๐ด della accelerazione di ๐ด rispetto a ๐ต. Dunque il campo delle accelerazioni si scrive anche 3 Si ricorda infatti che il moto relativo fra due corpi si dice di puro rotolamento quando essi mantengono sempre un punto di contatto in corrispondenza del quale l’atto di moto di uno dei due corpi rispetto l’altro vale zero. 4 E’ l’accelerazione del moto del punto ๐ด rispetto al punto ๐ต, il quale è un moto circolare di centro ๐ต. 9 ๐ก ๐ 2.14) ๐๐ด = ๐๐ต + ๐๐ด๐ต + ๐๐ด๐ต Si rileva che ๐๐ด๐ต è l’accelerazione di A nel sistema di riferimento il quale abbia centro in B e assi traslanti rispetto agli assi del sistema di riferimento principale. Si ha dunque la situazione indicata in figura. Per una rappresentazione delle accelerazioni che sia quantitativamente corretta si introduce un fattore di scala σa per il quale si abbia 2.15) [๐๐ ] = ๐ฟ๐ −2 ๐ฟ in modo che si possa avere 2.16) ๐๐ด = ๐๐ด ๐๐ ๐๐ด๐ต = ๐๐ด๐ต ๐๐ ๐ก ๐ก ๐๐ด๐ต = ๐๐ด๐ต ๐๐ ๐ ๐ ๐๐ด๐ต = ๐๐ด๐ต ๐๐ avendo introdotto i vettori ๐ i quali rappresentano in scala, sulla carta, le rispettive accelerazioni. 2.4. Centro delle accelerazioni. Si consideri l’angolo ๐พ indicato in figura, preso con il ๐ verso che porta ๐๐ด๐ต a sovrapporsi a ๐๐ด๐ต . Per esso si ha |๐โ๐ก | ๐ผ๐ด๐ต ๐ผ −1 2.17) ๐พ = tan−1 |๐โ๐ด๐ต = tan−1 ๐2 ๐ | = tan ๐ 2 ๐ด๐ต ๐ด๐ต Dunque l’angolo che ๐๐ด๐ต forma con il segmento ๐ด๐ต è invariabile comunque si scelgano i due punti ๐ด, ๐ต. Cosa davvero non scontata. Per quanto riguarda invece il modulo del vettore ๐๐ด๐ต dalle 2.12 e 2.13 si ha immediatamente 2.18) |๐๐ด๐ต | = ๐ด๐ต√๐ผ 2 + ๐ 4 Dunque si conclude che nota la funzione ๐ โ =๐ โ (๐ก), e dunque anche la funzione ๐ผ = ๐๐ โ (๐ก)⁄๐๐ก, abbiamo che risulta immediatamente determinato il vettore ๐๐ด๐ต , comunque si scelgano i punti ๐ด, ๐ต essendo ๏ท ๏ท la direzione di ๐๐ด๐ต definita dalla condizione di dover formare con il vettore โโโโโ ๐ด๐ต l’angolo ๐พ in 2.17, dovendo ๐๐ด๐ต trovarsi in uno o l’altro semipiano definito dalla retta per ๐ด๐ต, a seconda del verso di ๐ผ ; inoltre il verso di ๐๐ด๐ต sarà anch’esso definito da quello di ๐ผ ; il modulo di ๐๐ด๐ต resta definito dalla 2.18. Ora dimostriamo l’esistenza e unicità del centro delle accelerazioni ovvero di un punto il quale sia istante per istante ad accelerazione nulla. A tale scopo si segua la costruzione grafica indicata in figura (da sinistra a destra): ๏ท ๏ท ๏ท traccio per ๐ต la retta ๐ la cui direzione sia tale per cui il vettore ๐๐ต si sovrappone a essa ruotando di un angolo ๐พ (preso con il verso per esso definito più sopra); su ๐ si fissa il punto ๐ฟ (dalla parte indicata dal verso di ๐๐ต ) tale che ๐ต๐ฟ = ๐ต๐ด; considero l’accelerazione di ๐ฟ rispetto a ๐ต, ovvero il vettore ๐๐ฟ๐ต , la cui direzione risulta definita da ๐พ, il cui verso si desume da quello di ๐ผ e il cui modulo, per la 2.18, vale 10 |๐๐ฟ๐ต | = ๐ฟ๐ต √๐ผ 2 + ๐ 4 = ๐ด๐ต √๐ผ 2 + ๐ 4 = |๐๐ด๐ต | ๏ท traccio la retta ๐ come in figura e quindi la retta ๐ ad essa parallela, individuando ๐พ; ๏ท considero l’accelerazione ๐๐พ๐ต la quale deve essere parallela ai vettori ๐๐พ๐ต , ๐๐ต e deve avere estremo libero sulla retta ๐. Poiché i vettori ๐๐พ๐ต , ๐๐ต sono paralleli e tali sono anche le rette ๐, ๐ (per costruzione), con considerazioni geometriche basate sulla similitudine dei triangoli, si deduce che ๐๐พ๐ต = −๐๐ต . Dunque per l’accelerazione del punto ๐พ, in base alla 2.11, si scrive ๐๐พ = ๐๐ต + ๐๐พ๐ต = ๐๐ต − ๐๐ต = 0 Quindi il punto ๐พ risponde alla definizione di centro delle accelerazioni. Bisogna dimostrare ora l’unicità di tale centro, ovvero bisogna dimostrare che non esistono altri punti per i quali si annulli l’accelerazione. A tale scopo ammettiamo che esista un punto ๐พ tale che sia ๐๐ป = ๐๐ต + ๐๐ป๐ต = 0 Allora si può scrivere ๐ก ๐๐ป = ๐๐๐ก ๐๐ป = 0 โโโโโโ = ๐2 ๐พ๐ต โโโโโโ ๐2 ๐ป๐ต { โน ๐ ๐ป = ๐๐พ ⇒ { ๐ โบ โโโโโโ ๐ป๐ต = โโโโโโ ๐พ๐ต ๐ ⇒{ ๐๐พ = 0 โโโโโโ = ๐ผ × ๐พ๐ต โโโโโโ ๐๐ป = ๐๐ ๐ผ × ๐ป๐ต E quindi ๐พ ≡ ๐ป. ๐พ ๐พ ๐ผ ๐พ ๐ธ ๐พ ๐๐ธ ๐พ 11 Il centro delle accelerazioni permette una rappresentazione del campo delle accelerazioni analoga a quella del campo delle velocità. Si osservi infatti che l’accelerazione del generico punto ๐ธ per la 2.11 si può scrivere ๐ก ๐ ๐๐ธ = ๐๐พ + ๐๐ธ๐พ = ๐๐ธ๐พ = ๐๐ธ๐พ + ๐๐ธ๐พ = 2 โโโโโ โโโโโ = ๐ผ × ๐ธ๐พ + ๐ ๐พ๐ธ E dunque, prendendo diversi punti del piano otteniamo un grafico come quello in figura. Si ricorda che l’angolo ๏ง è in generale diverso da 90° e dunque non si ha, in generale, un campo circolare. 2.5. Costruzione della circonferenza dei flessi. Detto da qui in avanti ๐0 il centro di rotazione istantanea e, come prima, ๐พ il centro delle accelerazioni, consideriamo la seguente costruzione: ๏ท ๏ท ๏ท consideriamo assegnati i due vettori ๐ โ , ๐ผ; tracciamo la velocità ๐ฃ๐พ del centro delle accelerazioni ๐พ, tenendo presente che la direzione di tale vettore deve essere ortogonale a โโโโโโโ ๐0 ๐พ e deve avere verso definito da quello di ๐ โ; tracciamo l’accelerazione ๐๐0 = ๐๐0 ๐พ del centro di istantanea rotazione ๐0 , tenendo presente che essa deve avere modulo pari a ๐0 ๐พ√๐ผ 2 + ๐ 4 e che deve formare con la retta per ๐0 , ๐พ l’angolo ๐พ = tan−1 ๐ผ ๐2 il quale definisce due direzioni possibili, ovvero quattro vettori possibili, che si riducono a 2 considerando che la componente normale ๐๐๐0 ๐พ deve puntare ๐พ, e a 1 considerando il verso della componente tangenziale ๐๐๐ก 0 ๐พ , il quale è definito da ๐ผ ; ๏ท ๏ท tracciamo le rette ๐, ๐ indicate in figura, e la retta ๐, asse del segmento ๐0 ๐พ, indicando ๐ถ๐น l’intersezione fra ๐ e ๐, e ๐ผ l’intersezione fra ๐ e ๐; tracciamo la circonferenza di centro ๐ถ๐น passante per ๐0 . Tale circonferenza, che chiamiamo circonferenza dei flessi e che indichiamo โฑ, passerà anche per ฬ ๐ผ un triangolo rettangolo. Indicando ๐ฟ ๐ผ, essendo ๐ถ๐น ๐ผ = ๐ถ๐น ๐0 ; passerà poi anche per ๐ผ essendo ๐0 ๐พ il diametro di โฑ il modulo dell’accelerazione del centro di istantanea rotazione si scrive 12 2.16) ๐๐0 = ๐ฟ๐2 infatti la 2.18 porge ๐ผ2 2 2 4 √ √ |๐๐0 | = ๐พ๐0 ๐ผ + ๐ = ๐ฟ๐ cos ๐พ + 1 = ๐ฟ๐2 cos ๐พ √tan2 ๐พ + 1 = 4 ๐ = ๐ฟ๐2 cos ๐พ √ sin2 ๐พ + cos2 ๐พ = ๐ฟ๐2 √sin2 ๐พ + cos 2 ๐พ = ๐ฟ๐2 cos2 ๐พ Invece il modulo dell’accelerazione del punto ๐ผ vale 2.17) ๐๐ผ = ๐ฟ๐ผ infatti |๐๐ผ | = ๐พ๐ผ √๐ผ 2 + ๐ 4 = ๐ฟ๐2 sin γ √ ๐ผ2 + 1 = ๐ฟ๐2 sin γ √tan2 ๐พ + 1 = ๐4 sin2 ๐พ + cos2 ๐พ sin γ α 2 2 ๐พ + cos 2 ๐พ = ๐ฟ๐ 2 √sin = ๐ฟ๐2 sin γ √ = ๐ฟ๐ = ๐ฟ๐ผ cos2 ๐พ cos ๐พ ๐2 2.6. Proprietà della circonferenza dei flessi. Consideriamo adesso le proprietà della circonferenza dei flessi. Si verifica subito che ๏ท i punti del sistema mobile sovrapposti a quelli della circonferenza dei flessi hanno velocità parallela all’accelerazione. Prendiamo infatti il generico punto ๐| sulla circonferenza dei flessi e consideriamo la sua accelerazione. Si osservi che se essa puntasse verso ๐ผ allora formerebbe con ๐| ๐พ un angolo ฬ| ๐พ ฬ0 ๐พ, ๐ผ๐ pari a ๐พ, visto che i due angoli ๐ผ๐ insistono sullo stesso arco e devono dunque essere uguali. Ne segue che effettivamente ๐๐| punta ๐ผ. ฬ| ๐ผ è rettangolo (è Poiché poi il triangolo ๐0 ๐ inscritto in una circonferenza, con ipotenusa coincidente con il diametro) allora ๐๐| ⊥ โโโโโโโโโ ๐0 ๐| e dunque effettivamente ๐๐| โโ ๐ฃ๐| . I due vettori risultano fra l’altro anche concordi, ma questa non è una regola generale. In effetti se avessimo preso un punto fra ๐0 e ๐พ, in basso, avremmo avuto velocità e accelerazione discordi. Risulta facile dimostrare che ๏ท la circonferenza dei flessi è il luogo dei punti del sistema mobile le cui traiettorie presentano un flesso. 13 Infatti se si considera la prima proprietà della circonferenza dei flessi si deve ammettere che per i suoi punti la componente normale della accelerazione (si sta considerando la terna intrinseca della traiettoria del generico punto della circonferenza dei flessi) deve essere nulla. Ma essendo tale componente data da |๐๐ | = ๐ ฬ 2 ⁄๐, il suo annullamento implica un raggio di curvatura infinito e quindi un moto rettilineo (se ๐ = 0) o un flesso, da cui il nome della circonferenza. Si dimostra inoltre che ๏ท le tangenti dei flessi delle traiettorie di ciascuno dei punti della circonferenza dei flessi puntano tutte verso il punto ๐ผ che prende per questo il nome di polo dei flessi. Questo perché ๐ฃ๐| , come visto, è parallela a ๐๐| la quale risulta puntare ๐ผ. Ma poiché ๐ฃ๐| è a sua volta tangente alla traiettoria di ๐| , e dunque al suo flesso, ne segue la proprietà citata. ๐ผ polo dei flessi polare mobile ๐ถ๐น ๐ผ ๐0 ๐พ polare fissa ๐0 polare mobile polare fissa E’ possibile dimostrare inoltre, come è suggerito dalla figura, che ๏ท la retta per ๐0 , ๐ผ risulta ortogonale alle due polari in ๐0 . La dimostrazione sembra sia complessa. Comunque per considerare un caso particolare si pensi a un cerchio che rotoli senza strisciamento su un piano. Si ha che ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท il centro di istantanea rotazione è, istante per istante, il punto di contatto fra la ruota e la retta sulla quale rotola; infatti, per definizione stessa di rotolamento puro (cioè senza strisciamento) la velocità del punto di contatto è nulla rispetto alla retta, cioè l’atto di moto della ruota rispetto alla retta si annulla nel punto di contatto; la base coincide con la stessa retta; la rulletta coincide con la circonferenza della ruota; il polo dei flessi, se il moto del centro della ruota è uniforme, coincide con il centro della ruota, perché ogni punto dello spazio mobile è soggetto esclusivamente a una accelerazione normale che punta il centro della ruota. Dunque appunto la retta per P0 , I risulta ortogonale alle due polari in P0. Si rileva ancora che noti il centro di istantanea rotazione e il polo dei flessi, si ricava immediatamente la circonferenza dei flessi. 14 2.7. Curvatura: formula di Euler-Savary. In questa sede dimostro come sia possibile ricavare il raggio di curvatura della traiettoria del generico punto ๐ dello spazio mobile (di un moto piano) noti che siano il centro di istantanea rotazione ๐0 , il centro delle accelerazioni ๐พ, la velocità angolare e l’accelerazione angolare. Intanto si costruisce la circonferenza dei flessi. Si ๐ traccia poi la retta ๐ per ๐0 e ๐ alla quale si ๐๐ | attribuisce un verso positivo arbitrario. Resta così ๐ individuato il punto ๐| della circonferenza dei flessi, ๐๐๐| il quale prende il nome stravagante di punto di flesso della normale alla traiettoria di ๐ด in ๐ด ๐พ ๐๐๐| medesimo. Per la 2.11 possiamo scrivere ๐๐ ๐พ 2.19) ๐๐ = ๐๐| + ๐๐๐| โโ ω Proiettiamo ora la 2.19 sulla retta orientata ๐, considerando che le componenti saranno positive se concordi con ๐, negative altrimenti. Si ha ๐| ๐๐ | ๐ผ โα ๐พ ๐ ๐ ๐ ๐ 2.20) ๐๐ = ๐๐ | + ๐๐๐| = ๐๐๐| dove si è considerato che, per una delle proprietà della circonferenza dei flessi, risulta ๐๐ ortogonale a ๐. Considerando la 2.4 abbiamo poi ๐0 ๐พ 2 ๐ฃ๐ ๐ ๐๐ = ๐Ω dove Ω è il centro di curvatura della traiettoria di ๐. Mentre per la 2.13 si ha Ω ๐ 2 | ๐๐๐ | = ๐ ๐๐ ๐ ๐ I due segmenti ๐Ω e ๐๐| vanno considerate quantità algebriche, essendo le componenti ๐๐ , ๐๐๐ | delle quantità algebriche esse stesse: nel caso in figura risulta ๐Ω < 0 e ๐๐| < 0. Sostituendo nella 2.20 si ha 2.21) 2 ๐ฃ๐ ๐Ω = ๐2 ๐๐| โโโโโโโโ Poiché ๐ฃ๐ = |๐ 0 ๐ |๐ abbiamo poi ๐0 ๐2 ๐2 = ๐2 ๐๐| ๐Ω e dunque 2.22) ๐0 ๐2 = ๐Ω โ ๐๐| 15 che è appunto la seconda espressione della formula di Euler-Savary. Si osserva che, essendo il primo membro positivo, segue che ๐Ω e ๐๐| hanno lo stesso segno, ovvero che i punti Ω, ๐| si trovano dalla stessa parte rispetto al punto ๐. ๐ ๐ โ ๐ โα โโ ω โ ๐ ๐| ๐ ๐ผ polare fissa ๐0 C C| polare mobile Ω Ora fornisco una espressione alternativa della formula di Euler-Savary. Introduciamo un sistema di โ , passante per ๐ผ. L’asse delle riferimento che abbia origine in ๐0 e asse delle ascisse, di versore ๐ โ , abbia verso positivo concorde con quello del moto del centro di istantanea ordinate, di versore ๐ โโโโโโโโ rotazione. Il generico punto ๐ è allora individuato dalla distanza |๐ 0 ๐ | e dalla anomalia ๐ indicata in figura, la quale indica l’angolo che il semiasse positivo delle ascisse forma con il semiasse positivo di ๐. Allora riscrivendo la 2.22 nella forma ๐0 ๐2 ๐0 ๐2 ๐0 ๐2 = ๐๐| โบ = ๐| ๐ โบ = ๐| ๐0 + ๐0 ๐ ๐Ω Ω๐ Ω๐0 + ๐0 ๐ โโโโโ e considerando che ๐| ๐0 = −|๐ 0 ๐ผ | cos ๐ abbiamo ๐0 ๐2 ๐0 ๐2 โโโโโ โโโโโ = −|๐ ๐ผ | cos ๐ + ๐ ๐ โบ − ๐0 ๐ = −|๐ 0 0 0 ๐ผ | cos ๐ โบ Ω๐0 + ๐0 ๐ Ω๐0 + ๐0 ๐ ๐0 ๐2 − ๐0 ๐(Ω๐0 + ๐0 ๐) ๐0 ๐2 − ๐0 ๐ โ Ω๐0 − ๐0 ๐2 โโโโโ โโโโโ โบ = −|๐0 ๐ผ | cos ๐ โบ = −|๐ 0 ๐ผ | cos ๐ โบ Ω๐0 + ๐0 ๐ Ω๐0 + ๐0 ๐ ๐0 ๐ โ Ω๐0 โโโโโ โบ = |๐ 0 ๐ผ | cos ๐ Ω๐0 + ๐0 ๐ 16 Otteniamo dunque la formula 2.23) 1 โโโโโโ |๐ 0 ๐ผ| = (๐ 1 0๐ 1 + Ω๐ ) cos ๐ 0 che prende il nome di prima espressione della formula di Euler-Savary ed è equivalente, come visto, alla 2.22. Più in generale è possibile dimostrare che 2.24) (๐ 1 0๐ 1 + Ω๐ ) cos ๐ = ๐ 0 1 | 0๐ถ 1 −๐ 0๐ถ essendo ๐0 ๐ถ, ๐0 ๐ถ | i raggi di curvatura, rispettivamente, della polare fissa e della polare mobile. I segmenti si intendono sempre come quantità algebriche. La dimostrazione della 2.24 è complessa e non la presento. Però giustifico la formula ricorrendo nuovamente all’esempio della ruota che rotola senza strisciare su una retta. polare mobile ๐ผ polare fissa ๐0 In questo caso il raggio di curvatura della polare fissa ha lunghezza infinita mentre quello della polare mobile è pari al raggio della ruota. Dunque, detto ๐ tale raggio, la 2.24 porge correttamente 1 1 โโโโโ = โบ |๐ 0๐ผ| = ๐ โโโโโ ๐ |๐ 0๐ผ| 2.8. La circonferenza di stazionarietà. Definisco circonferenza di stazionarietà ๏ท il luogo dei punti del sistema mobile la cui accelerazione è tutta normale alla rispettiva traiettoria; ovvero il luogo dei punti la cui accelerazione punta il centro di istantanea rotazione. Dimostro ora che questo luogo geometrico è effettivamente una circonferenza. ๏ท ๏ท Consideriamo assegnati la velocità angolare ๐ โ , l’accelerazione angolare ๐ผ , il centro di istantanea rotazione ๐0 e il centro delle accelerazioni ๐พ e costruiamo, secondo il procedimento illustrato nel paragrafo 2.5, la circonferenza dei flessi. Tracciamo la circonferenza ๐ฎ passante per i due poli ๐0 , ๐พ e per il punto ๐ฟ, intersezione fra la tangente a โฑ in ๐0 , e la retta passante per ๐ผ e per ๐พ. Voglio dimostrare che ๐ฎ è la circonferenza di stazionarietà. Ecco i passaggi. ๏ท Tracciamo, secondo la procedura nota, le accelerazioni ๐๐ผ , ๐๐ฟ . La prima deve risultare โ (infatti le accelerazioni dei punti di โฑ devono puntare tutte ๐ผ e dunque, come parallela a ๐ posizione limite, l’accelerazione di ๐ผ deve avere la direzione della tangente a โฑ in ๐ผ), la 17 ๏ท seconda, per la proprietà degli angoli alterni interni, punta ๐0 . Dunque la proprietà di ๐ฎ è verificata intanto per il punto ๐ฟ. Preso comunque un punto ๐ della circonferenza, l’angolo ๐ฬ 0 ๐๐พ deve risultare pari a ๐พ ฬ poiché insiste sullo stesso arco sul quale insiste l’angolo ๐0 ๐ฟ๐พ . Ma allora ๐๐ è diretta verso ๐0 , e data la genericità del punto ๐ ๐ ๐ฎ, segue la tesi. โ ๐ โα โ ๐ โโ ω โฑ ๐ผ ๐๐ผ ๐พ ๐0 ๐พ ๐๐ ๐พ ๐พ ๐ฎ ๐๐ฟ ๐ ๐ฟ 2.9. Richiami di cinematica relativa. Consideriamo un sistema di riferimento fisso Σ e un sistema di riferimento mobile ๐, con ๐ che si muove di moto piano rispetto Σ. Consideriamo poi un punto ๐ธ che si muova rispetto entrambi i sistemi di riferimento. ๐ฬ3 ๐ฬ3 ≡ ๐ฬ | 3 ๐ง ๐ ๐ง| ≡ ๐ ๐ ๐ธ ๐ด ๐ ๐ฬ2 ๐ ๐ฆ ๐ฅ| ๐ฬ1 ๐ฬ 18 ๐ฆ| ๐| ≡ ๐บ ๐ฅ | 1 ๐ฬ2 ๐ฬ | 2 ๐ ๐ ๐ฬ1 Allora si dimostra che la velocità ๐ฃ๐๐ธ di ๐ธ rispetto a Σ (velocità assoluta) risulta data da 2.25) ฬ โโโโโ ๐ฃ๐๐ธ = ๐ฃ๐๐ธ + ๐ฃ๐บ + ๐ฬ๐ฬ3 × ๐บ๐ธ dove ๐ฃ๐๐ธ è la velocità di ๐ธ rispetto a ๐ (velocità relativa) e dove 2.26) ฬ โโโโโ ๐ฃ๐๐ธ โ ๐ฃ๐บ + ๐ฬ๐ฬ3 × ๐บ๐ธ è la velocità del punto ๐ธ immaginato come fisso rispetto a ๐ (velocità di trascinamento). Per cui si scrive sinteticamente 2.27) ๐ฃ๐๐ธ = ๐ฃ๐๐ธ + ๐ฃ๐๐ธ Si dimostra poi che l’accelerazione ๐๐๐ธ di ๐ธ rispetto a Σ (accelerazione assoluta) risulta data da 2.28) ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ 2 โโโโโ โโโโโโ ๐๐๐ธ = ๐๐บ + ๐ฬ ๐๐ธ + 2๐ ๐ฬ3 × ๐ฃ๐๐ธ + ๐ ๐ฬ3 × ΩΠ − ๐ QΠ dove ๐๐๐ธ è l’accelerazione di ๐ธ rispetto a ๐ (accelerazione relativa) e dove ฬ − ๐ฬ 2 โโโโโ ฬ 2.29) ๐๐๐ธ โ ๐๐บ + ๐ฬ๐ฬ3 × โโโโโโ ΩΠ QΠ è l’accelerazione del punto ๐ธ immaginato come fisso rispetto a ๐ (accelerazione di trascinamento); mentre 2.30) ๐๐๐ธ = 2๐ฬ๐ฬ3 × ๐ฃฬ๐๐ธ è un’ulteriore componente dell’accelerazione, detta accelerazione di Coriolis, la quale è legata alla velocità relativa e esiste anche nel caso in cui risulti nulla l’accelerazione relativa. 2.10. Teorema di Aronhold-Kennedy. Consideriamo tre corpi piani ๐1, ๐2, ๐3 che si muovono sullo stesso piano. Allora si dimostra che ๏ท dati i tre corpi ๐1 , ๐2 , ๐3 , i centri di istantanea rotazione dei tre moti relativi (il moto di ๐1 rispetto a ๐2 , il moto di ๐1 rispetto a ๐3 , il moto di ๐2 rispetto a ๐3 ) risultano allineati fra loro. Se consideriamo fisso il corpo ๐3 ecco che otteniamo il corollario ๏ท dati i tre corpi ๐1 , ๐2 il centro di istantanea rotazione del moto relativo (il moto di ๐1 rispetto a ๐2 ) risulta allineato con i due centri di istantanea rotazione dei due moti assoluti (quelli di ๐1 e ๐2 rispetto al sistema di riferimento fisso). Diciamo ๐13 il c.d.i.r. del moto 1-3 (moto di ๐1 rispetto a ๐3 ), ๐23 il c.d.i.r. del moto 2-3, e ๐12 il c.d.i.r. del moto 1-2. Si consideri poi un punto ๐ธ di ๐1 . Considerando assoluto il moto di ๐ธ rispetto ๐3 e relativo quello rispetto ๐2 , la 2.27 porge 2.31) ๐ฃ๐๐ธ = ๐ฃ๐๐ธ + ๐ฃ๐๐ธ โบ ๐ฃ๐ธ1,3 = ๐ฃ๐ธ1,2 + ๐ฃ๐ธ2,3 19 dove si intende che ๐ฃ๐ธ1,3 è la velocità del punto ๐ธ, considerato appartenente a ๐1 , rispetto a ๐3 , e così via. Considerando poi la 2.6 abbiamo le relazioni ๐ฃ๐ธ1,3 = ๐ โ 13 × โโโโโโโโโ ๐13 ๐ธ {๐ฃ๐ธ1,2 = ๐ โ 12 × โโโโโโโโโ ๐12 ๐ธ ๐ฃ๐ธ2,3 = ๐ โ 23 × โโโโโโโโโ ๐23 ๐ธ che sostituite nella 2.31 porgono ๐ โ 13 × โโโโโโโโโ ๐13 ๐ธ = ๐ โ 12 × โโโโโโโโโ ๐12 ๐ธ + ๐ โ 23 × โโโโโโโโโ ๐23 ๐ธ Se poi scegliamo in particolare ๐ธ = ๐12 abbiamo 2.32) ๐ โ 13 × โโโโโโโโโโโโ ๐13 ๐12 = ๐ โ 23 × โโโโโโโโโโโโโ ๐23 ๐12 Dunque, essendo le velocità angolari parallele (i moti avvengono tutti nello stesso piano) devono risultare paralleli anche i due vettori โโโโโโโโโโโโ ๐13 ๐12 , โโโโโโโโโโโโโ ๐23 ๐12 e questo significa che i tre c.d.i.r. sono allineati. ๐13 ๐2 ๐12 ๐1 ๐23 ๐3 Come esempio di applicazione del teorema di Aronhold-Kennedy consideriamo la coppia cinematica in figura costituita dai corpi ๐1 , ๐2 collegati allo spazio fisso ๐3 attraverso due cerniere. Poiché la velocità del punto di contatto dell’atto ๐13 ๐ di moto di ๐1 rispetto a ๐2 non può che essere ๐3 ๐1 normale alla tangente ai ๐2 due corpi nel punto di ๐12 contatto, segue che ๐12 si ๐23 trova sulla retta ๐; d’altra ๐ฃ12 ๐ parte i c.d.i.r. ๐13 , ๐23 sono di immediata individua-zione. Dunque detta ๐ la retta per ๐13 , ๐23 , il teorema di Aronhold-Kennedy (o, se si vuole, il suo corollario) ci dice che ๐12 coincide con l’intersezione di ๐ con ๐. 20 Capitolo 3. Cinematica dei sistemi articolati 3.1. Sistemi articolati. Si definisce sistema articolato ogni meccanismo5 in cui le coppie cinematiche siano tutte inferiori6 e dunque, trovandoci nel piano, o cerniere (coppie rotoidali) oppure coppie prismatiche. I sistemi articolati sono in genere rappresentati da catene cinematiche con un limitato numero di membri, e in particolare dalle catene di Watt e Stephenson (vedi paragrafo 1.4) e dal quadrilatero articolato, che vado a descrivere. 3.2. Quadrilatero articolato. Si definisce quadrilatero articolato una catena cinematica costituita da quattro membri cinematici con due elementi cinematici ciascuno, ognuno dei quali collega due membri cinematici. Gli elementi cinematici sono quattro coppie rotoidali. La sua rappresentazione grafica nella notazione poligonale (a sinistra) è formalmente identica al grafo (al centro) anche se, lo si ricorda, nel primo caso i membri cinematici sono rappresentati dai lati e gli elementi cinematici dai vertici, mentre nel secondo caso i vertici stanno per i membri cinematici e i lati per gli elementi cinematici. A destra la rappresentazione naturalistica. 3 3 3 4 4 1 4 1 1 2 2 2 Si conviene di indicare con il numero 1 l’asta più corta e con il 4 quella più lunga. Le altre due aste sono contrassegnate con 2 e con 3, a prescindere dalla loro lunghezza. Si tenga presente che la lunghezza di un’asta si misura come la distanza fra i centri delle sue due cerniere, e questo vale anche per l’asta assunta fissa (detta ‘telaio’). Indichiamo ๐๐ la misura dell’asta i-ma. ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐ฃ๐๐๐๐ 3 1 ๐๐๐๐๐ฃ๐๐๐๐ − ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ 1 2 3 4 4 3 2 1 2 4 ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ I quadrilateri articolati sono classificati in tre categorie: 5 Si ricorda che un meccanismo è una catena cinematica in cui un membro è considerato fisso. Una catena cinematica poi è un insieme di membri cinematici collegati fra loro. Un membro cinematico è un corpo che possiede almeno un elemento cinematico. Un elemento cinematico è una superficie (eventualmente degenere a una curva o a un punto) in cui avviene il collegamento fra più corpi. Vedi in proposito il paragrafo 1.1. 6 Si ricorda che una coppia cinematica si dice inferiore quando gli elementi cinematici sono tutti delle superficie non degeneri in curve o punti (altrimenti si parla di coppie cinematiche superiori). Vedi il paragrafo 1.1. 21 ๏ท ๏ท ๏ท doppia manovella dove entrambe le aste adiacenti al telaio possono compiere una rotazione completa attorno a una delle loro cerniere; manovella-bilanciere dove solo una delle tre aste libere (che prende il nome di manovella) può compiere una rotazione di 360° attorno a una delle sue due cerniere; doppio bilanciere dove nessuna asta è libera di descrivere una rotazione completa. Per determinare a quale dei tre tipi appartenga un quadrilatero articolato è sufficiente seguire il diagramma di flusso qui riportato, il quale prende il nome di regola di Grashof. ๐๐ ๐1 + ๐4 ≤ ๐2 + ๐3 ๐ ๐ ๐ ′ ๐๐ ๐ก๐ 1 è ๐๐ ๐ก๐๐๐๐๐ ๐๐ ๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐ฃ๐๐๐๐ ๐๐ ๐ ′ ๐๐ ๐ก๐ 1 è ๐๐๐๐ก๐๐๐ข๐ ๐๐ ๐ก๐๐๐๐๐ ๐ ๐ ๐๐๐๐๐ฃ๐๐๐๐ − ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ Un caso particolare di quadrilatero articolato è il parallelogramma articolato nel quale le aste sono a due a due parallele e di stessa lunghezza (si pensi al sistema di aste che muove le ruote di una vecchia motrice a vapore). Per questo meccanismo la regola di Grashof non vale in quanto questa si basa (credo) sul presupposto che vi sia una leva più lunga di tutte le altre, e una più corta di tutte le altre. E in effetti questo quadrilatero è sempre a doppia manovella anche quando il telaio (vedi figura) non è l’asta più corta (più precisamente non è una delle due aste più corte). Il parallelogramma articolato presenta due applicazioni di particolare interesse: il tecnigrafo e il pantografo. ๏ท Tecnigrafo. E’ un dispositivo che permette di ottenere un moto piano esclusivamente traslatorio: il suo impiego è nei tavoli per il disegno tecnico dove è collegato in genere a due righe a squadra, attraverso una cerniera che permette poi di ruotarle a piacimento. Il tecnigrafo si ottiene collegando in serie due parallelogrammi articolati. Si vede che l’asta ๐ถ๐ท resta parallela all’asta ๐ถ0 ๐ท0 la quale è a sua volta solidale con l’asta ๐ด๐ต che resta ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐ก๐๐๐๐๐๐ก๐ ๐ท ๐ท0 ๐ถ ๐ด ๐ด0 ๐ต ๐ถ0 ๐ก๐๐๐๐๐๐๐๐๐ 22 ๐ต0 sempre parallela all’asta fissa ๐ด0 ๐ต0 : in conclusione dunque l’asta ๐ถ๐ท, alla quale è collegata la squadra, mantiene sempre invariato il proprio orientamento rispetto al telaio. ๏ท Pantografo. E’ un dispositivo utilizzato per riprodurre in una scala a piacere un profilo dato. In figura abbiamo la punta ๐ต che segue il profilo assegnato mentre la punta ๐ถ traccia un secondo profilo. Per dimostrare che i due profili sono in scala si deve dimostrare che sussista la relazione โโโโโ = ๐๐ด๐ต โโโโโ ๐ด๐ถ โโโโโ |/|๐ด๐ต โโโโโ | è costante. E questo ovvero che i tre punti ๐ด, ๐ต, ๐ถ restano allineati e che il rapporto |๐ด๐ถ considerando che il punto ๐ต è mobile (segue il profilo) e che muovendosi esso, si muove tutto il dispositivo, vincolato alla condizione che il segmento ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ท resta parallelo al segmento ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ป๐ต e che il ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ segmento ๐ต๐พ resta parallelo al segmento ๐ท๐ป . Ciò posto partiamo da una configurazione in cui i tre punti ๐ด, ๐ต, ๐ถ sono allineati (questa configurazione esiste perché la lunghezza dei vari segmenti può ฬ e ๐ต๐ป๐ถ ฬ : essi sono simili poiché essere scelta a piacimento). Consideriamo poi i due triangoli ๐ด๐ท๐ถ hanno due angoli in comune (gli angoli ๐ผ, ๐พ). Allo scorrere di ๐ต sul profilo dato, l’ampiezza di ๐ผ varia ma i due triangoli suddetti restano simili in quanto i lati ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ท, ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ท๐ถ dell’uno e i lati ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ต๐ป , ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ป๐ถ dell’altro restano uguali (sono aste dalla lunghezza invariabile) restando dunque invariati i rapporti ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ป๐ต ๐ป๐ถ = =๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ท ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ท๐ถ e inoltre. Pertanto, avendo due lati in proporzione e un angolo in comune, la similitudine è verificata. Ma allora anche l’angolo in ๐ถ è uguale nei due triangoli: ne segue che effettivamente i tre punti ๐ด, ๐ต, ๐ถ sono sempre allineati, qualunque configurazione assuma il sistema. Resta da dimo-strare che ๐ rimane costante. Si osservi allora che โโโโโ ๐ด๐ถ = โโโโโ ๐ด๐ต ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ถ ๐ด๐ต + ๐ต๐ถ ๐ต๐ถ ๐ต๐ถ = โโโโโ ๐ด๐ต = โโโโโ ๐ด๐ต (1 + ) = โโโโโ ๐ด๐ต (1 + )= ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ − ๐ต๐ถ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ต ๐ด๐ต ๐ด๐ต ๐ด๐ถ = โโโโโ ๐ด๐ต (1 + 1 1 ) = โโโโโ ๐ด๐ต (1 + ) ฬ ฬ ฬ ฬ ๐−1 ๐ด๐ถ ฬ ฬ ฬ ฬ − 1 ๐ต๐ถ essendo ๐, come detto, costante. ๐ท ๐พ ๐ผ ๐ป ๐ผ ๐ด ๐ต ๐พ ๐ถ ๐๐๐๐ก๐๐๐๐๐๐ 23 3.3. Inversore di Hart. Si tratta di un meccanismo in grado di far tracciare a un suo punto una traiettoria perfettamente rettilinea. ๐ท ๐ต ๐ ๐| ๐ ๐ ๐ด ๐ถ ๐ ๐ ๐ต ๐ท ๐ ๐ ๐ โ โ ๐ ๐ ๐ด ๐| ๐ ๐ ๐ผ0 ๐ ๐ป ๐ ๐พ ๐ ๐ต ๐ ๐ ๐ท ๐ ๐ด ๐| ๐ต ๐ถ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ด ๐ α ๐ท ๐ ๐ ๐ | ๐| ๐ ๐ ๐| ๐ถ 24 ๐ถ In figura abbiamo una configurazione del dispositivo, che chiamo configurazione iniziale, con sotto i principali aspetti geometrici. Più sotto una generica configurazione del dispositivo con, sotto, i suoi aspetti geometrici principali. Si fanno le seguenti posizioni: 1) nella configurazione di riferimento i punti ๐, ๐, ๐| sono presi allineati secondo una direzione che sia parallela ai segmenti ๐ด๐ถ, ๐ต๐ท; 2) le due cerniere fisse sono posizionate in modo che sia ๐๐ = ๐๐; ๐ด๐ ๐๐ 3) si proporzionano le parti di modo che sia ๐ โ ๐ด๐ต = ๐ Allora si dimostra che 1) i punti ๐, ๐, ๐| restano allineati qualunque configurazione assuma il meccanismo; 2) risulta ๐๐ ⋅ ๐๐| = ๐(1 − ๐)(๐2 − ๐ 2 ) qualunque sia la configurazione assunta; 3) il punto ๐| si muove secondo una direzione ortogonale al segmento ๐๐. Dimostro la tesi 1. Consideriamo la configurazione generica: essa mantiene sempre una simmetria assiale (dovuta al fatto che i lati dell’antiparallelogramma sono uguali a due a due) tale per cui la retta per ๐, ๐| è parallela alla retta per ๐ต, ๐ท. Allora i triangoli ๐ต๐ท๐ถ e ๐| ๐| ๐ถ sono simili avendo tre angoli in comune. Si può quindi scrivere ๐ถ๐| ๐ถ๐ท ๐ ๐ ๐ | | = = โน ๐ถ๐ = ๐ถ๐ = ๐ด๐ ๐ ๐ ๐ถ๐| ๐ถ๐ต ๐ dove si è sfruttata la simmetria, per la quale ๐ถ๐| = ๐ด๐. Considerando poi l’ipotesi 3 e la configurazione di riferimento abbiamo ๐ด๐ ๐ด๐ ๐ด๐ ๐ด๐ ๐ด๐ = = โน ๐ด๐ = ๐ด๐ท = ๐ ๐ด๐ท ๐ด๐ต ๐ ๐ ๐ e dunque ๐ถ๐| = ๐ ๐ด๐ ๐ = ๐ด๐ ๐ ๐ Ma allora il punto ๐| è il simmetrico del punto ๐ e dunque la retta che passa per ๐, ๐| , ๐| deve passare anche per ๐, per cui in conclusione i punti ๐, ๐, ๐| rimangono sempre allineati. Dimostro la tesi 2 per la configurazione di riferimento. In base alla ipotesi 3 si ha ๐ด๐ ๐ด๐ต 1 = ๐ โน ๐ด๐ = ๐๐ด๐ต โน ๐๐ต = ๐ด๐ต − ๐ด๐ = ๐ด๐ต(1 − ๐) = ๐(1 − ๐) โน = ๐ด๐ต ๐๐ต 1 − ๐ Ma i triangoli ๐ด๐ต๐ถ, ๐๐ต๐| sono simili e dunque si ha ๐๐| ๐๐ต = = 1 − ๐ โน ๐๐| = ๐ด๐ถ(1 − ๐) โน ๐๐ ⋅ ๐๐| = ๐๐๐ด๐ถ(1 − ๐) = ๐(1 − ๐)๐๐ด๐ถ ๐ด๐ถ ๐ด๐ต ฬ e che, per il teorema del coseno, risulta Si consideri ora che ๐ = ๐ด๐ถ − 2๐ cos ๐ต๐ด๐ถ 25 ฬ โน −2๐ cos ๐ต๐ด๐ถ ฬ= ๐2 = ๐ 2 + ๐ด๐ถ 2 − 2๐๐ด๐ถ cos ๐ต๐ด๐ถ ๐2 − ๐ 2 − ๐ด๐ถ 2 ๐ด๐ถ per cui si può scrivere ๐2 − ๐ 2 − ๐ด๐ถ 2 ๐2 − ๐ 2 ๐ = ๐ด๐ถ + = โน ๐๐ด๐ถ = ๐2 − ๐ 2 โน ๐๐ ⋅ ๐๐| = ๐(1 − ๐)(๐2 − ๐ 2 ) ๐ด๐ถ ๐ด๐ถ Consideriamo adesso la generica configurazione. Conoscendo l’angolo ๐ผ posso ricavare ๐๐, considerando il triangolo isoscele ๐๐๐. Si ha ๐ sin ๐ผ ๐๐ ๐ผ = โน ๐๐ = 2๐ sin 2 2 2 Consideriamo poi i triangoli simili ๐๐ด๐ท, ๐๐ด๐ (sono simili perché, come visto, ๐๐| e ๐ต๐ท sono paralleli e dunque i due triangoli gli angoli uguali a due a due). Abbiamo ๐ผ ๐ต๐ท ๐๐ 2๐ sin 2 2๐ ๐ผ 2๐ ๐ผ = = = sin โน ๐ต๐ท = sin ๐ด๐ต ๐ด๐ ๐๐ ๐๐ 2 ๐ 2 dove si è sfruttata anche l’ipotesi 3. Lo scopo ora è quello di ricavare ๐ด๐ถ per ottenere in fine ๐๐| . Allora riporto in figura il trapezio isoscele ๐ด๐ต๐ท๐ถ sul quale dobbiamo ragionare. ๐ ๐ต ๐ท ๐ ๐ ๐ ๐ด ๐ ๐ ๐ถ Considerando il triangolo rettangolo ๐๐ท๐ abbiamo ๐ท๐ cos ๐ = ๐ต๐ท ๐ต๐ท โน ๐ท๐ = 2 2 cos ๐ D’altra parte il teorema del coseno applicato al triangolo ๐ด๐ต๐ท porge ๐2 − ๐ 2 + ๐ต๐ท2 ๐2 − ๐ 2 + ๐ต๐ท2 ๐ = ๐ + ๐ต๐ท − 2๐๐ต๐ท cos ๐ โน ๐ต๐ท cos ๐ = โน cos ๐ = 2๐ 2๐๐ต๐ท 2 2 2 Dunque abbiamo trovato ๐๐ต๐ท2 ๐2 − ๐ 2 + ๐ต๐ท2 ๐2 − ๐ 2 ๐ด๐ = ๐ − ๐ท๐ = ๐ 2 ๐ − ๐ 2 + ๐ต๐ท2 ๐ท๐ = I triangoli ๐ด๐๐, ๐๐๐ท sono rettangoli e hanno un angolo in comune, dunque sono simili. Abbiamo allora 26 ๐2 − ๐ 2 2 2 2 2 ๐2 − ๐ 2 + ๐ต๐ท2 = 1 ๐ − ๐ โน ๐ด๐ถ = ๐ − ๐ ๐๐ต๐ท2 2 ๐ต๐ท ๐ต๐ท 2 ๐ − ๐ 2 + ๐ต๐ท2 ๐ต๐ท ๐ ๐ด๐ ๐ด๐ ๐ด๐ = โน ๐ด๐ = ๐๐ท = ๐๐ท ๐๐ท ๐๐ท 2 Ma i triangoli ๐ต๐ด๐ถ, ๐ต๐๐| sono simili e dunque si ha ๐๐| ๐๐ต ๐2 − ๐ 2 ๐(1 − ๐) ๐2 − ๐ 2 (1 − ๐) = โน ๐๐| = = 2๐ ๐ผ ๐ด๐ถ ๐ด๐ต ๐ต๐ท ๐ ๐ sin 2 Si ottiene in fine la tesi 2 ๐๐ โ ๐๐ | = 2๐ sin ๐ผ ๐2 − ๐ 2 ๐(1 − ๐) = ๐(๐2 − ๐ 2 )(1 − ๐) 2 2๐ sin ๐ผ ๐ ๐ 2 Dimostro la tesi 3. Consideriamo il triangolo ๐๐| ๐ ottenuto conducendo per ๐| una retta ortogonale alla retta per ๐๐. Calcolo ๐๐ e dimostro che tale segmento resta di lunghezza costante qualunque sia la configurazione del meccanismo. Si ha ๐−๐ผ ๐ ๐ผ ๐ผ ๐2 − ๐ 2 ๐ผ | | (1 − ๐) sin = ๐๐ = ๐๐ cos = ๐๐ cos ( − ) = ๐๐ sin = 2 2 2 2 2๐ sin ๐ผ 2 ๐ 2 ๐2 − ๐ 2 (1 − ๐) =๐ 2๐ | Dunque ๐๐ dipende solo dalla lunghezza delle aste e non dall’angolo ๐ผ, e questo dimostra che ๐| scorre lungo una retta immobile rispetto al telaio, la quale incide sulla retta per ๐๐ formando un angolo retto. Con ciò anche la tesi 3 è dimostrata. 3.3. Inversore di Peaucellier. Si tratta di un altro meccanismo in grado di far tracciare a un suo punto una traiettoria perfettamente rettilinea. Fatte le posizioni 1) nella configurazione di riferimento i punti ๐, ๐, ๐| sono presi allineati secondo una direzione che sia coincidente con quella dell’asse di simmetria del quadrilatero ๐ด๐๐ต๐| ; 2) le due cerniere fisse sono posizionate in modo che sia ๐๐ = ๐๐; ๐ด ๐ ๐ ๐| ๐ ๐ ๐ ๐ต si dimostra che 1) i punti ๐, ๐, ๐| restano allineati qualunque configurazione assuma il meccanismo; 2) risulta ๐๐ ⋅ ๐๐| = ๐ 2 − ๐2 qualunque sia la configurazione assunta; 3) il punto ๐| si muove secondo una direzione ortogonale al segmento ๐๐. 27 3.4. Manovellismo di spinta. Si tratta di un meccanismo il quale trasforma un moto rotatorio continuo in un moto rettilineo alternato e viceversa. È un meccanismo analogo al quadrilatero articolato, con la particolarità tuttavia di avere solo tre coppie rotoidali, mentre la terza è una coppia prismatica. In figura abbiamo la rappresentazione con la notazione poligonale e la rappresentazione con notazione naturalistica. Si osserva che la prima è identica a quella del quadrilatero articolato. ๐๐๐๐๐๐ 3 3 2 4 2 4 1 1 1 ๐๐๐๐๐ฃ๐๐๐๐ 3.4. Manovellismo a glifo oscillante. Si tratta di un meccanismo in grado di trasformare un moto rotatorio continuo in un moto rotatorio oscillante. È derivato anch’esso da una catena cinematica quadrilatera e presenta, come il manovellismo di spinta, tre coppie rotoidale e una coppia prismatica, ma con una diversa disposizione. Una particolarità interessante di questo meccanismo è che il moto rotatorio alternato avviene con velocità diversa nei due versi di rotazione. In effetti l’inversione del verso di rotazione della coppia 4-3 avviene quando ๐ธ raggiunge i punti ๐ป e ๐ฟ, i quali sono individuati portando le tangenti alla circonferenza, a partire dal punto ๐ด. Questi due punti dividono la circonferenza in due archi, uno maggiore dell’altro: dunque, supposta costante la velocità di rotazione di ๐ธ๐ต, segue che il punto ๐ธ impiegherà un tempo diverso nel percorrere i due archi. ๐ป 3 2 4 2 ๐ธ 3 4 ๐ต 1 ๐ด 1 1 ๐ฟ 28 Capitolo 4. Cinematica di sistemi con coppie superiori 4.1. Introduzione. Stiamo considerando il moto piano del corpo ๐2 rispetto al corpo fisso ๐1; lo spazio solidale7 al primo lo chiamo ๐, mentre indico con Σ lo spazio fisso. Al solito la rulletta, solidale con ๐, la indico ๐, mentre indico ๐ la base, solidale con Σ. Chiamo poi ๐ il profilo di ๐1 e ๐ ๐ ๐ ๐ ๐0 ๐ ๐2 ๐1 ๐ ๐ ๐ โ Σ quello di ๐2 , dando ai due profili il nome di profili coniugati. Detto ๐ il punto di contatto fra i profili coniugati, è possibile attribuire ad esso le seguenti tre velocità: 1) ๐ค โโ è la velocità di ๐ pensato come un punto di ๐2 , è cioè il valore dell’atto di moto di ๐ rispetto Σ, in ๐; 2) ๐ข โ ๐ è la velocità rispetto Σ di ๐ pensato come il punto che percorre il profilo ๐ restando, istante per istante, sovrapposto al punto di contatto; 3) ๐ข โ ๐ è la velocità rispetto ๐ di ๐ pensato come il punto che percorre il profilo ๐ restando, istante per istante, sovrapposto al punto di contatto. È evidente che queste tre velocità devono avere direzione tangente ai due profili, istante per istante. Questo perché altrimenti si avrebbe o compenetrazione di materia, oppure il distacco dei due corpi; evenienze che escludiamo a priori. Applicando questa considerazione in particolare a ๐ค โโ concludiamo immediatamente che il centro delle velocità deve trovarsi su una retta passante per ๐ e ortogonale alla tangente in ๐ ai due profili. Considerando il moto assoluto del punto ๐ considerato come il punto che percorre ๐ restando sovrapposto al punto di contatto, si osserva subito che, mentre ๐ค โโ rappresenta la velocità di I punti neri indicano delle ‘saldature’, cioè stanno a indicare che i due ‘pezzi’ che in essi si intersecano, sono solidali. I tratteggi inoltre indicano inoltre i corpi fissi, cioè il telaio. 7 29 trascinamento, ๐ข โ ๐ è la velocità assoluta e ๐ข โ ๐ è la velocità relativa. Dunque il teorema dei moti relativi (equazione 2.27) ci permette di scrivere che 4.1) ๐ข โ๐ =๐ข โ๐ +๐ค โโ 4.2. Meccanismi equivalenti. Siano Ωs , Ωσ i centri di curvatura dei profili ๐ , ๐ rispettivamente, e siano ๐ถ๐ , ๐ถ๐ le rispettive circonferenze osculatrici; il tutto relativo al punto ๐ di contatto fra i profili coniugati. Allora è possibile approssimare, in ogni dato istante, la coppia superiore data con quella costituita dalle due circonferenze osculatrici. La coppia superiore ottenuta è definita meccanismo equivalente della coppia superiore data. È molto importante osservare che questo meccanismo equivalente cambia istante per istante: infatti la posizione dei centri di curvatura dei due profili in ๐ è funzione del tempo, pur dovendo esse sempre restare sulla retta per ๐ ortogonale alla tangente ai profili in ๐ stesso. Dalla osservazione del meccanismo equivalente si ricava una proprietà delle coppie superiori: ๏ท istante per istante la traiettoria di Ωs risulta coincidere con la circonferenza di centro Ωσ ๐ ๐ ๐0 Ω๐ ๐ Ω๐ Σ ๐2 ๐ ๐ ๐ ๐1 ๐ ๐ ๐0 Ω๐ ๐ Ω๐ Σ ๐ ๐ 30 Stante questa proprietà è possibile identificare l’ulteriore meccanismo equivalente indicato in figura. Si osserva che ๏ท ๏ท ๏ท i gradi di libertà del nuovo meccanismo sono 6 − 2 − 2 = 2, cioè tanti quanti quelli di una coppia superiore piana; i due corpi possono essere rappresentati da forme qualunque (che non intereferiscano fra loro) visto che è il braccio mobile a garantire la posizione reciproca dei due corpi medesimi; questo meccanismo si dimensiona istante per istante, al variare della posizione dei centri di curvatura Ωs , Ωσ . ๐ ๐ ๐2 ๐0 Ω๐ Ω๐ Σ ๐ ๐1 ๐ 4.3. Costruzione dei profili: metodo dell’inviluppo. In questo paragrafo e nei seguenti si illustrano dei metodi che permettono di definire i profili coniugati a partire da alcune caratteristiche note del moto relativo fra essi. Nel metodo dell’inviluppo si suppongono note la base ๐ e la rulletta ๐, nonché il profilo mobile ๐ e si ricava il profilo fisso ๐. A tale scopo si procede come segue: 1) si fa rotolare (rotolamento senza strisciamento) la rulletta sulla base in uno dei due versi possibili; 2) si traccia via via la retta ๐ passante per ๐0 (centro delle velocità) e tangente al profilo ๐ . Ebbene, il punto di contatto ๐ fra ๐ e ๐ risulta descrivere il profilo incognito ๐ . ๐2 ๐ ๐2 ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐2 ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐0 ๐0 ๐ ๐0 Σ ๐ Σ Σ ๐ 31 ๐ 4.4. Costruzione dei profili: metodo delle normali. Il metodo dei profili coniugati si basa sul rotolamento della rulletta sulla base e è dunque di difficile applicazione, per via grafica, da un punto di vista pratico, essendo senz’altro complicato, salvo casi particolari, riprodurre su un foglio il moto rotatorio relativo delle due polari. Il metodo che illustro ora invece, pur essendo ๐ ๐| ๐ 0 ๐ ๐ | ๐ ๐0 ๐ ๐ ๐ | ๐0 ๐ ๐00 ๐0 ๐ meno intuitivo, si basa esclusivamente sulla posizione reciproca di ๐ , ๐, ๐ ad un istante assegnato. Illustro il procedimento passaggio per passaggio: 1) traccio la base; 2) traccio la rulletta e il profilo mobile a un istante dato ๐ก0 , nonché il relativo centro delle velocità ๐00 ; 3) traccio la retta ๐0 passante per ๐00 e ortogonale al profilo mobile ๐ , che interseca nel punto ๐0 , il quale indica la posizione, sulla rulletta, del punto di contatto fra i profili coniugati all’istante ๐ก0 ; 4) prendo sulla base il ๐0 , centro delle velocità relativo al generico istante ๐ก; | | 5) ricavo su ๐ il punto ๐0 considerando sulla rulletta un arco ๐0 ๐0 avente la stessa lunghezza dell’arco ๐00 ๐0 preso sulla base; | 6) traccio la retta ๐| passante per ๐0 e tangente alla rulletta, individuando così il punto ๐| il quale indica la posizione, sul profilo mobile, del punto di contatto fra i profili coniugati all’istante ๐ก; | 7) traccio la retta ortogonale alla tangente in ๐0 alla rulletta, individuando l’angolo ๐; 8) traccio la retta ortogonale alla tangente alla base in ๐0 e riporto a partire da esse l’angolo ๐, individuando in questo modo la retta ๐ e il punto8 ๐. A questo punto si consideri che ๐ deve passare per ๐0 e per ๐ e che deve avere tangente ortogonale a ๐0 in ๐0 e tangente ortogonale a ๐ in ๐. Considerando più punti della base è possibile tracciare il profilo mobile con la precisione che si desidera. 8 | Lo si ricava imponendo che sia ๐0 ๐| = ๐0 ๐. 32 4.5. Costruzione dei profili: metodo dell’epiciclo per traiettoria di punto. Con questo metodo è possibile tracciare due profili coniugati compatibili partendo dalla conoscenza della base e della rulletta. I profili che si ottengono avranno una forma dipendente, come si vedrà, dalla scelta di una curva ๐ e della posizione iniziale ๐0 del punto di contatto fra i due profili. ๐| ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐| ๐0 ๐ ๐ ๐0 || ๐0 | ๐0 ๐ ๐ ๐ ๐0 ๐00 Il procedimento è simile a quello visto nel caso del metodo delle normali e consta dei seguenti passaggi. 1) Si definisce la posizione della rulletta all’istante di riferimento ๐ก0 indicando ๐00 il centro delle velocità per quell’istante; 2) si traccia una terza polare ๐, che chiamiamo epiciclo, la quale passi per ๐00 e sia sufficientemente regolare da poter rotolare tanto su ๐ che su ๐; 3) si fissa la posizione ๐0 del punto di contatto fra i due profili all’istante ๐ก0 ; 4) si fissa sulla base la posizione ๐0 del centro delle velocità relativo all’istante ๐ก e si riporta || | tale punto su ๐ e su ๐ definendo i punti ๐0 , ๐0 rispettivamente, in modo che i tre archi || | ๐00 ๐0 , ๐00 ๐0 , ๐00 ๐0 abbiano la stessa lunghezza; || || 5) traccio la retta per ๐0 , ๐0 e definisco l’angolo ๐ che essa forma con la normale a ๐ in ๐0 ; | 6) traccio la normale a ๐ in ๐0 e ruotandola di un angolo ๐ individuo la posizione ๐| del punto | || di contatto all’istante ๐ก sul profilo mobile, in modo che sia ๐| ๐0 = ๐0 ๐0 ; 7) traccio la normale a ๐ in ๐0 e ruotandola di un angolo ๐ individuo la posizione ๐ del punto || di contatto all’istante ๐ก sul profilo fisso, in modo che sia ๐๐0 = ๐0 ๐0 . | Tenendo presente che ๐ deve avere tangenti ortogonali a ๐00 ๐0 e a ๐0 ๐| , e che ๐ deve avere tangenti ortogonali a ๐00 ๐0 e a ๐0 ๐, è possibile tracciare con qualche approssimazione i due profili coniugati; per aumentare la precisione basta ripetere il procedimento per ulteriori punti della base. In cnclusione in questo metodo si usa l’epiciclo, che è solidale con il punto di contatto fra i due profili, per far muovere lo stesso sul piano mobile (descrivendo ๐ ) e sul piano fisso (descrivendo ๐). 33 Un caso di interesse è quello in cui si abbiano due polari circolari e si scelga un epiciclo rettilineo. In figura abbiamo appunto due polari circolari, in generale di diverso raggio, e un epiciclo ๐ rettilineo il quale coinciderà, istante per istante, con la retta tangente a ๐, ๐ nel centro di istantanea rotazione ๐0 ; abbiamo inoltre il punto di contatto ๐ fra i due profili coniugati, scelto a piacere su ๐. ๏ท ๏ท ๏ท Facendo allora rotolare ๐ su ๐ descriviamo il profilo mobile ๐ il quale è dunque una evolvente costruita sulla circonferenza ๐; facendo rotolare ๐ su ๐ descriviamo il profilo ๐, che risulta essere una evolvente costruita sulla circonferenza ๐; in base alla natura stessa della evolvente di cerchio si ha necessariamente una intersezione dei due profili in ๐, cosa che deve essere tenuta in debito conto qualora si volesse utilizzare questa costruzione per applicazioni partiche. ๐ ๐ โฑ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐0 Ω๐ ๐ ๐0 ๐ ๐ ๐ ๐ Procediamo ora al calcolo della posizione del centro di curvatura Ω๐ della traiettoria di ๐ (e dunque del profilo coniugato fisso ๐). A tale scopo traccio la circonferenza dei flessi โฑ (la quale deve risultare tangente in ๐0 alle due polari, e dunque anche all’epiciclo) e applico la seconda espressione della formula di Euler-Savary (formula 2.22) la quale porge ๐0 ๐2 = ๐Ω๐ โ ๐๐0 โบ ๐0 ๐ = −๐Ω๐ โบ ๐0 ๐ = Ω๐ ๐ Dunque il centro di curvatura coincude con il centro delle velocità. Questa proprietà si generalizza al caso in cui le porali non siano circolari, pur restando l’epiciclo una retta, dicendo che ๏ท quando il punto ๐ di contatto fra i profili coniugati si trova sulla tangente alle polari, allora il centro di curvatura della su traiettoria (cioè del profilo coniugato fisso) coincide con il c.d.i.r. 4.5. Costruzione dei profili: metodo dell’epiciclo per inviluppo di curva ausiliaria. Questo metodo è simile al precedente ad eccezione del fatto che, anziché assegnare il punto di contatto ๐0 relativo all’istante di riferimento, si assegna una curva ๐ (detta curva ausiliaria) solidale all’epiciclo ๐. In estrema sintesi il metodo consiste nei seguenti passaggi: 34 ๏ท ๏ท si fa rotolare l’epiciclo sulla rulletta ottenendo il profilo mobile ๐ come inviluppo della famiglia di curve generate da ๐ in tale rotazione; si fa rotolare l’epiciclo sulla base ottenendo il profilo mobile ๐ come inviluppo della famiglia di curve generate da ๐ in tale rotazione. Più dettagliatamente questo procedimento può essere svolto adattando il metodo delle normali illustrato nel paragrafo 4.4. ๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ ๐ ๐ ๐0 ๐0๐ ๐0๐ ๐ ๐ ๐00 ๐0 ๐ 1) Si traccia la rulletta per un istante di riferimento ๐ก0 e si indica ๐00 il punto di contatto con la base; 2) si conduce per ๐00 la retta normale alla tangente di ๐, individuando il punto ๐0 il quale rappresenta la posizione, nell’istante di riferimento, del punto di contatto fra i profili coniugati; 3) si fissa sulla base la posizione ๐0 del c.d.i.r. per il generico istante ๐ก e si individuano i punti ๐0๐ , ๐0๐ in modo tale che glia archi ๐00 ๐0 , ๐00 ๐0๐ , ๐00 ๐0๐ abbiano stessa lunghezza; 4) si conduce per ๐0๐ la normale a ๐ individuando ๐๐ , ovvero la posizione del punto di contatto, sulla curva ausiliaria, nell’istante ๐ก, quindi si individua l’angolo ๐ fra ๐๐ e la normale all’epiciclo in ๐0๐ ; 5) noto ๐ si ricavano, col procedimento noto, i punti ๐๐ , ๐, i quali rappresentano la posizione del punto di contatto, all’istante ๐ก, rispettivamente su ๐ e su ๐. Considerando che i profili coniuati devono avere tangente comune con la curva ausiliaria in ๐0 , che ๐ deve avere in ๐๐ tangente ortogonale alla retta per ๐0๐ , ๐๐ , e che ๐ deve avere in ๐ tangente ortogonale alla retta per ๐0 , ๐, risulta possibile ottenere i due profili con precisione tanto maggiore quante più volte si reitera questo procedimento. 35 Capitolo 5. Complementi di cinematica 5.1. Metodo dei diagrammi polari. Illustro un metodo grafico per risolvere equazioni vettoriali del tipo 5.1) ๐ฃ + ∑๐๐=1 ๐ฃ๐ = ๐ค โโ + ∑๐ โโ ๐ ๐=1 ๐ค dove ๏ท ๏ท ๏ท i vettori si intendono appartenere alo stesso piano; gli ๐ vettori ๐ฃ๐ sono noti; gli ๐ vettori ๐ค โโ ๐ sono noti. Trovandoci nel piano l’equazione 5.1 si traduce in due equazioni scalari con due incognite ciascuna, ovvero in un sistema di due equazioni in quattro incognite il quale è risolvibile in uno dei seguenti casi 1) sono note le direzioni di ๐ฃ , ๐ค โโ (dunque sono incogniti solo i due moduli) 2) è nota la direzione di ๐ฃ e il modulo di ๐ค โโ (dunque sono incogniti il modulo di ๐ฃ e una delle componenti di ๐ค โโ 3) il caso simmetrico a quello in 2 4) è noto ๐ฃ (dunque sono incognite le due componenti di ๐ค โโ ) 5) il caso simmetrico a quallo in 4 6) sono noti i moduli di ๐ฃ , ๐ค โโ (dunque è incognita una componente per ciascuno dei due vettori) Ora dimostro come risolvere la 5.1 in ciascuno di questi casi. I primi passaggi sono comuni a ciscuno di essi e consistono nel fissare una scala ๐, nel fissare un polo ๐, nel riportare i vettori ๐ฃ๐ a partire dal polo e applicando ognuno all’estremo libero di quello precedente, nel fare la medesima cosa con i vettori ๐ค โโ ๐ . Nelle figure supponiamo di avere tre vettori ๐ฃ๐ e quattro vettori ๐ค โโ ๐ . Ecco poi i passaggi conclusivi per ciascun caso: 1) traccio la retta che passa per l’estremo libero di ๐ฃ3 , secondo la direzione nota di ๐ฃ; traccio la retta che passa per l’estremo libero di ๐ค โโ 4 , secondo la direzione nota di ๐ค โโ ; il punto di intersezione fra le due rette è l’estremo libero di ๐ฃ, pensato applicato all’estremo libero di ๐ฃ3 , ma è anche l’estremo libero di ๐ค โโ , pensato applicato all’estremo libero di ๐ค โโ 4 ; ๐ฃ3 ๐ฃ3 ๐ฃ2 ๐ฃ2 ๐ฃ ๐ค โโ ๐ฃ1 ๐ฃ1 ๐ค โโ 4 ๐ ๐ค โโ 4 ๐ ๐ค โโ 1 โโ 3 ๐ค โโ 2 ๐ค ๐ค โโ 1 36 โโ 3 ๐ค โโ 2 ๐ค 2) traccio la retta che passa per l’estremo libero di ๐ฃ3 , secondo la direzione nota di ๐ฃ; traccio la circonferenza avente centro nell’estremo libero di ๐ค โโ 4 e raggio pari a |๐ค โโ |; è l’estremo libero di ๐ฃ, pensato applicato all’estremo libero di ๐ฃ3 , ma è anche l’estremo libero di ๐ค โโ , pensato applicato all’estremo libero di ๐ค โโ 4 ; ๐ฃ3 ๐ฃ3 ๐ฃ2 ๐ฃ2 ๐ฃ ๐ค โโ ๐ฃ1 ๐ฃ1 ๐ค โโ 4 ๐ ๐ค โโ 4 ๐ ๐ค โโ 1 โโ 3 ๐ค โโ 2 ๐ค ๐ค โโ 1 โโ 3 ๐ค โโ 2 ๐ค 3) procedimento analogo a quello del punto 2; 4) ๐ค โโ è il vettore che, applicato nell’estremo libero di ๐ค โโ 4 , ha come estremo libero l’estremo libero di ๐ฃ; 5) procedimento analogo a quello del punto 4; 6) traccio la circonferenza avente centro nell’estremo libero di ๐ฃ3 e raggio pari a |๐ฃ|; traccio la circonferenza avente centro nell’estremo libero di ๐ค โโ 4 e raggio pari a |๐ค โโ |; il punto di intersezione fra le due circonferenze è l’estremo libero di ๐ฃ, pensato applicato all’estremo libero di ๐ฃ3 , ma è anche l’estremo libero di ๐ค โโ , pensato applicato all’estremo libero di ๐ค โโ 4 . ๐ฃ3 ๐ฃ3 ๐ฃ2 ๐ฃ2 ๐ฃ ๐ค โโ ๐ฃ1 ๐ฃ1 ๐ค โโ 4 ๐ ๐ค โโ 4 ๐ ๐ค โโ 1 โโ 3 ๐ค โโ 2 ๐ค ๐ค โโ 1 โโ 3 ๐ค โโ 2 ๐ค 5.2. Analisi cinematica di un manovellismo di spinta. Si consideri il meccanismo in figura (introdotto nel paragrafo 3.4) il quale consiste in un quadrilatero chiuso costituito da un telaio (membro 1) il quale è collegato in ๐ด0 con il membro 2 attraverso una cerniera, ed è collegato al membro 3 in ๐ต attraverso una coppia prismatica; a loro volta i membri 2 e 3 sono collegati fra loro attraverso una cerniera di centro ๐ด. Il punto ๐ธ è un punto dello spazio solidale alla biella9. I dati noti sul meccanismo sono i seguenti Ricordo che per biella si intende un’asta incernierata a un estremo, la quale non può compiere, nel meccanismo di cui fa parte, una rotazione completa; invece per manovella si intende un membro incernierato a un estremo, il quale compie rotazioni complete nell’ambito del meccanismo di appartenenza. 9 37 ๐ โ 2 = 1200 ๐๐๐ ๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด0 ๐ด = 4,83๐๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ต = 11,69๐๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ธ๐ด = 5,79๐๐ ๐ = 35° = 0.61๐๐๐ Per rappresentare il meccanismo sul foglio adotto una scala per le lunghezze ๐๐ tale da permettermi di rappresentare la manovella con un segmento di 2๐๐. Allora si ha ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด0 ๐ด๐๐ = 4,83๐๐๐๐ = 2๐๐ โน ๐๐ = 2๐๐ = 2,415 โน ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ต ๐๐ = 11,69๐๐2,415 = 4,84๐๐ 4,83๐๐ Per rsolvere poi il meccanismo dal punto di vista cinematico occorre introdurre una scala ๐๐ฃ per le velocità. Volendo ad esempio rappresentare sul foglio ๐ฃ๐ด con un vettore ๐๐ด di lungezza pari a 2cm, si ha ๐ฃ๐ด = ๐๐ฃ ๐๐ด โน ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ |๐ฃ๐ด | ๐๐ด0 ๐ด 1200๐๐๐ ⋅ 4,83๐๐ ๐ 1 ๐ ๐๐ฃ = = = = 57,96 = 28,96 |๐๐ด | 2๐๐ 2๐๐ ⋅ ๐ ๐ 2๐๐ ๐๐ ⋅ ๐ Per le accelerazioni vale un discorso analogo. Volendo rappresentare sul foglio il vettore ๐๐ด con un vettore ๐๐ด di lungezza pari a 2cm, si ha ๐๐ด = ๐๐ ๐๐ด โน |๐๐ด | = ๐22 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด0 ๐ด |๐๐ด | ๐22 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด0 ๐ด 12002 ๐๐๐ 2 ⋅ 4,83๐๐ 69,55 ⋅ 103 ๐ ๐ 3 ๐๐ = = = = = 34,77 ⋅ 10 |๐๐ด | 2๐๐ 2๐๐ ⋅ ๐ 2 2๐๐ ๐ 2 ๐๐ ⋅ ๐ 2 { โ ๐ฉ, ๐ โ ๐ฉ๐จ . A tale scopo ricordo che, in base alle 2.5, 2.5.bis, possiamo scrivere Calcolo delle velocità ๐ 5.2) ๐ฃ๐ต = ๐ฃ๐ด + ๐ฃ๐ต๐ด 38 In questa equazione vettoriale sono noti il vettore ๐ฃ๐ด = ๐ โ 2 × โโโโโโโ ๐ด0 ๐ด, la direzione di ๐ฃ๐ต (che identifico con la retta ๐), e la direzione di ๐ฃ๐ต๐ด ; dunque si hanno due incognite scalari e due equazioni scalari. L’equazione è pertanto risolvibile e a ben vedere si riconduce al caso 1 illustrato per l’equazione 5.1. Rilevando poi sul foglio la lunghezza dei vettori ๐๐ต๐ด , ๐๐ต così ottenuti, si ha 5.3) 5.4) ๐ |๐ฃ๐ต | = |๐๐ต |๐๐ฃ = 2,3๐๐ ⋅ 28,96 = 66,6 ๐๐⋅๐ ๐ ๐ ๐ |๐ฃ๐ต๐ด | = |๐๐ต๐ด |๐๐ฃ = 2,1๐๐ ⋅ 28,96 = 60,81 ๐๐⋅๐ ๐ ๐ ๏ท Calcolo della velocità del punto ๐ฌ. A tale scopo osservo che le 2.5, 2.5.bis porgono 5.5) 5.6) ๐ฃ๐ธ = ๐ฃ๐ด + ๐ฃ๐ธ๐ด ๐ฃ๐ธ = ๐ฃ๐ต + ๐ฃ๐ธ๐ต Essendo noti ๐ฃ๐ด , ๐ฃ๐ต oltre che la direzione di ๐ฃ๐ธ๐ด , ๐ฃ๐ธ๐ต , segue che le 5.5,5.6 costituiscono un sisitema di quattro equazioni scalari in quattro incognite (2 componenti di ๐ฃ๐ธ , modulo di ๐ฃ๐ธ๐ด e modulo di ๐ฃ๐ธ๐ต ). Riportando allora i vettori ๐๐ด , ๐๐ต , nonché le direzioni di ๐๐ธ๐ด , ๐๐ธ๐ต , è possibile ricavare l’estremo libero di ๐๐ธ come intersezione delle rette ๐ | , ๐ก | . Rilevando poi dal foglio la lunghezza del vettore ๐๐ธ , si ottiene 5.7) ๐ |๐ฃ๐ธ | = |๐๐ธ |๐๐ฃ = 1,4๐๐ ⋅ 28,96 = 40,54 ๐๐⋅๐ ๐ ๐ Allo stesso risultato si può pervenire sfruttando direttamente la 5.4. Infatti si ha ๐3 = |๐ฃ๐ต๐ด | 60,81 ๐ ๐๐๐ = = 520,18 ฬ ฬ ฬ ฬ 11,69 ⋅ 10−2 ๐ ๐ ๐ ๐ด๐ต e dunque |๐ฃ๐ธ๐ด | = ๐3 ⋅ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ธ๐ด = 520,18 ๐๐๐ ๐ ⋅ 5,79๐๐ = 30,14 ๐ ๐ Evidentemente la qualità del disegno è pessima perché la discordanza fra i risultatai trovati è elevata. ๏ท Calcolo della accelerazione del punto ๐ฉ. Intanto la 2.9 porge 5.8) โโโ 3 ๐๐ ๐ก ๐ ๐๐ต = ๐๐ด + ๐๐ต๐ด = ๐๐ด + ๐๐ต๐ด + ๐๐ต๐ด = (๐ผ2 × โโโโโโโ ๐ด0 ๐ด + ๐22โโโโโโโ ๐ด0 ๐ด) + ( ๐๐ก โโโโโ ) + (๐32 ๐ต๐ด โโโโโ ) × ๐ต๐ด Per noi la velocità anglare della manovella è costante, dunque 5.9) ๐ก ๐ ๐๐ต = ๐๐ด + ๐๐ต๐ด + ๐๐ต๐ด = (๐22 โโโโโโโ ๐ด0 ๐ด) + ( โโโ 3 ๐๐ ๐๐ก × โโโโโ ๐ต๐ด) + (๐32 โโโโโ ๐ต๐ด) Esaminiamo ora questa equazione vettoriale per vedere se è risolvibile e, se si, a quale caso di quelli visti per la 5.1 è riconducibile. Si costruisce il seguente schema: 39 ๐๐ต ๐๐ด ๐ก ๐๐ต๐ด ๐ ๐๐ต๐ด direzione โฅ๐ โโโโโ ⊥ ๐ด๐ต modulo ? โฅ โโโโโโโ ๐ด0 ๐ด ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐22 ๐ด 0๐ด โโโโโ โฅ ๐ต๐ด ฬ ฬ ฬ ฬ ๐32 ๐ต๐ด ? ๐ก Le incognite dunque sono i moduli di ๐๐ต , ๐๐ต๐ด , il che significa che ci troviamo nel caso 1 di quelli illustrati per l’equazione 5.1. Allora osservato che, in base alla scala introdotta per le accelerazioni, i due vettori noti sono rappresentati sul foglio dai seguenti vettori ๐ 69,55 ⋅ 103 2 |๐๐ด | ๐ |๐๐ด | = = ๐ = 2๐๐ 3 ๐๐ 34,77 ⋅ 10 ๐๐ ⋅ ๐ 2 2 ๐๐๐ ๐ | (520,18 ๐ ) 11,69๐๐ (520,18)2 11,69๐๐ |๐๐ต๐ด ๐ −2 |๐๐ต๐ด | = = = ๐ ๐ = 90,97 ⋅ 10 ๐๐ 3 3 ๐๐ 34,77 ⋅ 10 34,77 ⋅ 10 ๐๐ ๐๐ ⋅ ๐ 2 ๐ก Dalla misurazione dei vettori ๐๐ต๐ด , ๐๐ต così ottenuti si trova ๐ ๐ ๐ก | ๐ก | ๐ก | |๐๐ต๐ด = 0,65๐๐ โน |๐๐ต๐ด = ๐๐ |๐๐ต๐ด = 34,77 ⋅ 103 2 0,65 = 22,6 ⋅ 103 2 ๐ ๐ ๐ ๐ 3 3 |๐๐ต | = 2,1๐๐ โน |๐๐ต | = ๐๐ |๐๐ต | = 34,77 ⋅ 10 2 2,1 = 73,01 ⋅ 10 2 ๐ ๐ Calcolo della accelerazione del punto ๐ฌ. In questo caso la 2.9 porge โโโ 3 ๐๐ ๐ก ๐ 5.10) ๐๐ธ = ๐๐ด + ๐๐ธ๐ด = ๐๐ด + ๐๐ธ๐ด + ๐๐ธ๐ด = (๐22โโโโโโโ ๐ด0 ๐ด) + ( โโโ 3 ๐๐ ๐ก ๐ 5.11) ๐๐ธ = ๐๐ต + ๐๐ธ๐ต = ๐๐ด + ๐๐ธ๐ต + ๐๐ธ๐ต = ๐๐ต + ( ๐๐ก ๐๐ก × โโโโโ ๐ธ๐ด) + (๐32โโโโโ ๐ธ๐ด) × โโโโโ ๐ธ๐ต ) + (๐32 โโโโโ ๐ธ๐ต ) Abbiamo così un sistema di 4 equazioni in quattro incognite (le due componenti di ๐๐ธ , i moduli di ๐ก ๐ ๐๐ธ๐ด , ๐๐ธ๐ต ) che può essere risolto per via grafica come illustrato in figura, dove si è considerato che ๐ | |๐๐ธ๐ด = ๐ | |๐๐ธ๐ด ๐๐ ๐๐๐ 2 (520,18 ๐ ) 5,79๐๐ (520,18)2 5,79๐๐ −2 = = ๐ ๐ = 45,05 ⋅ 10 ๐๐ 3 3 34,77 ⋅ 10 34,77 ⋅ 10 ๐๐ ๐๐ ⋅ ๐ 2 40 ๐ | |๐๐ธ๐ต = ๐ | |๐๐ธ๐ต ๐๐ ๐๐๐ 2 ๐๐๐ 2 (520,18 ๐ ) 2,8๐๐ ⋅ ๐๐ (520,18 ๐ ) 2,8๐๐ ⋅ 2,415 = = = 52,62 ⋅ 10−2 ๐๐ ๐ ๐ 3 3 34,77 ⋅ 10 34,77 ⋅ 10 ๐๐ ⋅ ๐ 2 ๐๐ ⋅ ๐ 2 Si ottiene allora ๐ ๐ = 73,01 ⋅ 103 2 2 ๐๐ ⋅ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ 3 |๐๐ธ๐ด | = |๐๐ธ๐ด |๐๐ = 0,36๐๐ ⋅ 34,77 ⋅ 10 = 12,74 ⋅ 103 2 2 ๐๐ ⋅ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ก ๐ก 3 3 |๐๐ธ๐ด | = |๐๐ธ๐ด |๐๐ = 0,26๐๐ ⋅ 34,77 ⋅ 10 = 9,27 ⋅ 10 2 ๐๐ ⋅ ๐ 2 ๐ |๐๐ธ | = |๐๐ธ |๐๐ = 2,1๐๐ ⋅ 34,77 ⋅ 103 5.3. Come ricavare ๐ฒ nota ๐. Più precisamente vediamo come ricavare ๐พ noti che siano ๐0 , ๐ผ (e dunque โฑ) e l’accelerazione di un punto ๐. ๐ ๐ ๐๐ ๐ ๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ โฑ โฑ ๐ผ ๐ผ ๐0 ๐0 ๐พ ๐ก ๏ท Traccio la retta ๐, passante per ๐ผ e parallela a ๐๐ . Sia ๐ il punto individuato da tale retta sulla circonferenza dei flessi. Si osserva che la direzione della accelerazione di ๐ è quella della retta ๐. Inoltre il verso di ๐๐ deve essere concorde con quello di ๐๐ , perché altrimenti il centro delle accelerazioni non si troverebbe sulla circonferenza dei flessi, ma fuori. Quindi si ha la situazione indicata in figura (o quella opposta, con le accelerazioni che puntano a sinistra). ๏ท Traccio la retta ๐ก per ๐, ๐, la quale intersechi la circonferenza dei flessi in ๐พ, punto sulla cui natura non possiamo ancora dire nulla. Le due accelerazioni ๐๐ , ๐๐ formano con ๐ก lo stesso angolo, quindi quest’angolo deve esse il nostro ๐พ (si osservi l’aspetto del campo delle accelerazioni a pag 11) e il punto ๐พ sarà il centro delle accelerazioni. 41 5.4. Metodo dei poli. Si definisce così un metodo che permette di ricavare ๏ท ๏ท atto di moto campo delle accelerazioni noti che siano ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท il centro delle velocità il centro delle accelerazioni la velocità angolare l’accelerazione angolare del piano mobile rispetto al piano fisso. Il metodo è detto dei poli in quanto il c.d.i.r. è detto anche polo del primo ordine, mentre il centro delle accelerazioni prende anche il nome di polo del secondo ordine. Per illustare questo metodo riconsideriamo il meccanismo studiato nel paragrafo 5.2 e concentriamoci in particolare sul moto della biella rispetto al telaio, che è quello più complesso, visto che la manovella ha un moto rotatorio e lo stantuffo un moto rettilineo alternato. 1) Individuiamo il polo del primo ordine del moto della biella rispetto il telaio. Il c.d.i.r. del moto della manovella rispetto al telaio è ๐ด0 , quello della biella rispetto alla manovella è ๐ด; dunque, per il teorema di Aronhold-Kennedy applicato ai membri 1,2,3 segue che il c.d.i.r. della manovella rispetto al telaio deve trovarsi sulla retta ๐. Con considerazioni analoghe sui membri 1,4,3 si evince che il c.d.i.r. della manovella rispetto al telaio deve anche trovarsi sulla retta ๐ก: L’intersezione fra ๐ e ๐ก individua dunque ๐0 . 2) Si osserva che il punto ๐ต, avendo una traiettoria rettilinea, deve essere un punto di โฑ, inoltre il polo dei flessi ๐ผ dovrà trovarsi sulla retta che definisce la traiettoria del pistone. 3) Considerando che ๐ด0 è il centro di curvatura della traiettoria di ๐ด, se applico la seconda espressione della formula di Euler-Savary (equazione 2.22) al punto ๐ด posso ricavare un punto di flesso, ovvero un altro punto di โฑ; infatto detto ๐ด| tale punto, abbiamo ๐0 ๐ด2 = ๐ด๐ด0 ⋅ ๐ด๐ด| โน ๐ด๐ด| = ๐0 ๐ด2 ๐ด๐ด0 4) Ora abbiamo tre punti di โฑ, dunque la circonferenza è definita. Da un punto di vista pratico, per trovare il suo centro si tracciano gli assi dei segmenti ๐0 ๐ต, ๐0 ๐ด| : la loro intersezione è appunto ๐ถ๐น . 5) Il polo dei flessi è individuato su โฑ dalla retta che definsce la traiettoria del punto ๐ต, oppure dalla retta che passa per ๐0 ๐ถ๐น . 6) Per ipotesi conosciamo ๐ โ ,๐ผ e dunque siamo in grado di definire (equazione 2.17) l’angolo ๐พ = tan−1 ๐ผ ๐2 Preso comunque un punto ๐ | di โฑ, sappiamo che la direzione della sua accelerazione è quella secondo ๐ | ๐0 , e che il verso deve puntare ๐0 poiché la componente normale di ๐๐| deve puntare il centro delle accelerazioni. Ciò posto abbiamo due possibili candidati a essere centro delle accelerazioni, i punti ๐พ, ๐พ | . Ma se fosse ๐พ | il punto ad accelerazione nulla ๐๐| non sarebbe concorde con ๐ผ , dunque il centro delle accelerazioni è ๐พ. 42 ๐พ| ๐| โฑ ๐พ ๐ผ ๐๐ | ๐ฎ ๐0 ๐พ ๐ผ ๐ถ๐น ๐ด ๐ด0 ๐ต 1 ๐ก ๐ถ๐ ๐ ๐พ 7) Costruisco ๐ฎ, la circonferenza di stazionarietà (ovvero la circonferenza i cui punti hanno tutti accelerazione esclusivamente normale alla traiettoria) tramite la procedura illustrata nel paragrafo 2.8. ๐ โ ๐0 Tutto questo ci consente di ricavare la velocità e l’accelerazione di qualunque punto del piano solidale alla manovella, come dimostro qui di ๐ฃ๐ธ seguito. ๐ฃ๐ด ๐ด ๏ท La velocità ๐ฃ๐ด ha direzione ortogonale alla ๐ธ ๐ด0 retta per ๐0 , ๐ด, verso determinato da ๐ โ e ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ต modulo pari a ๐๐ 0 ๐ด. Il vettore resta così completamente definito e procedendo in ๐ฃ๐ต modo analogo posso ricavare le velocità di ๐ต e del generico punto ๐ธ solidale alla biella. 43 ๏ท La direzione di ๐๐ด , noto ๐พ e ๐พ (che può essere misurato direttamente sul foglio come ฬ l’angolo ๐ผ๐ 0 ๐พ ) presenta due possibilità: va scelta quella che permette di avere un vettore accelerazione (che forma sempre un angolo acuto con ๐ด๐พ, dovendo avere una accelerazione normale positiva) il quale sia concorde con ๐ผ . Per il modulo di ๐๐ด si sfrutta la 2.18 secondo la quale |๐๐ด | = ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐พ √๐ผ 2 + ๐ 2 . Discorso analogo vale per qualunque altro punto solidale alla manovella. ๐0 ๐ผ ๐ด ๐๐ด ๐ผ ๐๐ด0 ๐ด0 ๐พ ๐พ ๐ต ๐๐ต ๐พ ๐พ 5.5. Determinazione grafica del centro di curvatura della traiettoria di un punto, noti i centri di curvatura delle polari del primo ordine. Diciamo di conoscere la polare mobile ๐ e la polare fissa ๐; dunque conosciamo in particolare i loro centri di curvatura ๐ถ | , ๐ถ rispettivamente, relativi al centro delle velocità ๐0 . Sia allora ๐ un qualunque punto del piano mobile (solidale a ๐). Ebbene il centro di curvatura Ω๐ della sua traiettoria può essere individuato graficamente secondo il procedimento seguente: 1) 2) 3) 4) si traccia la retta ๐ per ๐, ๐0 ; si traccia la retta ๐ perpendicolare a ๐ in ๐0 ; si traccia la retta ๐ก per ๐, ๐ถ | intercettando su ๐ il punto ๐ฟ; si traccia la retta ๐ per ๐ฟ, ๐ถ intercettando su ๐ il punto cercato Ω๐ . Giustificherò questo procedimento dimostrando che il punto ottenuto soddisfa la formula di EulerSavary nella sua seconda espressione, ovvero la 2.24. Consideriamo un sistema di riferimento che abbia origine in ๐0 , asse delle ascisse coincidente con la retta ๐ e asse delle ordinate coincidente con la retta ๐. Introduciamo poi l’angolo ๐ il quale individua la direzione di ๐ risetto alla retta ๐ . In questo sistema di riferimento si ha ๐ถ ≡ (๐0 ๐ถ cos ๐ , ๐0 ๐ถ sin ๐) ๐ถ | ≡ (๐0 ๐ถ | cos ๐ , ๐0 ๐ถ | sin ๐) 44 avendo assunto la retta ๐ orientata concordemente con la retta ๐. Si ricorda che i segmenti sono intesi, in questo testo, come quantità algebriche, positive se il verso che va dal primo estremo indicato al secondo è concorde al verso della retta orientata di cui fanno parte, negativo altrimenti. In base al procedimento grafico seguito ๐ถ è un punto di ๐, mentre ๐ถ | è un punto di ๐ก. D’altra parte si riconosce subito che le equazioni di queste due rette sono ๐ฅ ๐ฆ + =1 ๐0 Ω๐ ๐0 ๐ฟ ๐ฅ ๐ฆ ๐ก: + =1 ๐0 ๐ ๐0 ๐ฟ ๐: Sostituendo le coordinete dei due centri di curvatura nelle rispettive rette di appartenenza si ha ๐0 ๐ถ cos ๐ ๐0 ๐ถ sin ๐ + =1 ๐0 Ω๐ ๐0 ๐ฟ ๐0 ๐ถ | cos ๐ ๐0 ๐ถ | sin ๐ + =1 ๐0 ๐ ๐0 ๐ฟ Riarrangiando abbiamo cos ๐ sin ๐ 1 + = ๐0 Ω๐ ๐0 ๐ฟ ๐0 ๐ถ cos ๐ sin ๐ 1 + = ๐0 ๐ ๐0 ๐ฟ ๐0 ๐ถ | Sottraendo membro a membro si ha cos ๐ cos ๐ 1 1 − = − โบ ๐0 Ω๐ ๐0 ๐ ๐0 ๐ถ ๐0 ๐ถ | 1 1 1 1 (− − ) cos ๐ = − โบ Ω๐ ๐0 ๐0 ๐ ๐0 ๐ถ ๐0 ๐ถ | 1 1 1 1 ( + ) cos ๐ = − ๐0 ๐ Ω๐ ๐0 ๐0 ๐ถ | ๐0 ๐ถ Che è appunto la 2.24. ๐ ๐ ๐ ๐ฟ ๐ ๐ ๐ถ| ๐ก ๐ P0 ๐ Ω๐ ๐ albero motore ๐ถ 45 5.6. Determinazione grafica dei centri di curvatura dei profili coniugati, noti i centri di curvatura delle polari. Il procedimento illustrato nel paragrafo precedente trova immediata applicazione nella determinazione grafica dei centri di curvatura dei profili coniugati in corrispondenza del punto di contatto ๐, noti che siano i centri di curvatura delle due polari ๐, ๐. La costruzione geometrica è illustrata nei seguenti passaggi. Ω๐ ๐ ๐ถ| ๐ ๐ถ || ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ก ๐ ๐ฟ ๐ P0 ๐ Ω๐ ๐ ๐ถ 1) Supponiamo che i due profili coniugati siano stati ottenuto col metodo dell’epiciclo per traiettoria di punto. Le due polari ๐, ๐ e l’epiciclo ๐ condividono in ๐0 la tangente, dunque i loro centri di curvatura in ๐0 si trovano tutti sulla stessa retta ortogonale a tale tangente. Siano ๐ถ, ๐ถ | , ๐ถ || i centri di curvatura di ๐, ๐, ๐. 2) Siano ๐ il profilo fisso e ๐ il profilo conigato mobile. Siano Ωσ , Ωs i rispettivi centri di curvatura. Sia ๐ il punto di contato fra i due profili. 3) Considerando che ๐ è un punto solidale all’epiciclo ๐ posso applicare il metodo illustrato nel paragrafo precedente in questo modo: ๏ท considero ๐ come rulletta e ๐ come polare fissa e, seguendo la costruzione suddetta, ricavo Ωσ ; ๏ท considero ๐ come rulletta e ๐ come polare fissa e, seguendo la costruzione suddetta, ricavo Ωs . 5.6. Giustificazione dei meccanismi equivalenti. Nel paragrafo 4.2 si è detto che una coppia superiore può essere sostituita, istante per istante, da un meccanismo equivalente costituito da un coppia superiore con due profili circolari coincidenti con le circonferenze osculatrici ai profili reali, nel punto di contatto. Questo ha come conseguenza che ๏ท ๐บ๐ , pensato come appartenente al piano mobile, presenta una traiettoria il cui centro di curvatura è ๐บ๐ ; viceversa ๐บ๐ , pensato come un punto solidale al piano fisso, presenta, nel moto inverso del piano fisso rispetto a quello mobile, una traiettoria con centro di curvatura ๐บ๐ . 46 In questo paragrafo dimostro come questa proprietà, ricavata in modo intuitivo ma non rigoroso, sia una conseguenza della prima espressione della formula di Euler-Savary (equazione 2.24). Ecco la dimostrazione. 1) Considero l’epiciclo come polare mobile e ๐ come polare fissa. Facendo rotolare l’epiciclo su ๐ ottengo che il moto di ๐, pensato appartenente al piano solidale all’epiciclo, descrive il profilo ๐. Dunque il centro di curvatura di ๐ relativo a questo moto, coincide proprio con il centro di curvatura del profilo ๐. Detto Ω๐ tale centro di curvatura e applicando la 2.24 si ha ( 1 1 1 1 + ) cos ๐ = − ๐0 ๐ Ω๐ ๐0 ๐0 ๐ถ || ๐0 ๐ถ 2) Considerando sempre l’epiciclo come polare mobile ma la polare ๐ come polare fissa, il moto di ๐, solidale al piano dell’epiciclo, descrive il profilo ๐ e dunque il centro di curvatura della su traiettoria coincide con quello del profilo ๐ stesso. Applicando allora la formula 2.24 a questo moto si ha 1 1 1 1 ( + ) cos ๐ = − || ๐0 ๐ Ω๐ ๐0 ๐0 ๐ถ ๐0 ๐ถ | 3) Sottraendo membro a membro le due relazioni ottenute si ha 1 1 1 1 ( + ) cos ๐ = − ๐0 Ω๐ Ω๐ ๐0 ๐0 ๐ถ | ๐0 ๐ถ E tale relazione, se confrontata con la 2.24, ci dice che, nel moto del profilo ๐ rispetto al profilo coniugato ๐, la traiettoria del centro di curvatura del profilo mobile risulta avere come centro di curvatura proprio il centro di curvatura del profilo fisso. Inoltre, moltiplicando ambo i membri per −1 abbiamo anche ( ๐0 ๐ 1 1 1 1 + ) cos ๐ = − ๐0 Ω๐ Ω๐ ๐0 ๐0 ๐ถ ๐0 ๐ถ | Confrontando sempre con la 2.24 scopriamo allora che nel moto del piano solidale a ๐, rispetto al piano solidale a ๐, si ha che il punto Ω๐ descrive una traiettoria il cui centro di curvatura è proprio Ω๐ . 5.7. Determinazione grafica della polare fissa. Per tracciare la polare fissa ๐ ci si avvale delle proprietà dell’atto di moto, il quale, lo si ricorda, è istante per istante un campo circolare. Ecco dunque il procedimento: 47 ๐ด ๐๐ด ๐ต ๐๐ต 1) A un dato istante prendo due punti ๐ด, ๐ต del piano mobile. Siano ๐๐ด , ๐๐ต le rispettive traiettorie. Allora l’intersezione delle normali alle traiettorie condotte per i rispettivi punti traccianti, individua la posizione sul piano fisso del c.d.i.r. ๐0 , per quel dato istante. 2) Ripetendo la procedura del punto precedente per più configurazioni si ottiene la polare fissa con precisione proporzionale alla densità di configurazioni prese. Si osservi in figura come in corrispondenza di tratti rettilinei delle due traiettorie il c.d.i.r. tenda a diventare un punto improprio. ๐0 ๐ 5.8. Determinazione grafica della polare mobile: metodo del trasporto. Questo metodo consiste nel riportare tutti i c.d.i.r. ricavati nel precedente paragrafo, sul piano mobile, nella posizione da esso assunta in un momento scelto a piacere. Per capire, riprendiamo il moto descritto nel precedente paragrafo. Abbiamo tre punti della polare fissa (vedi figura) ai quali corrispondono tre triangoli (tratteggiati in figura), uno ciascuno. Rototra-slando ciascuno di questi triangoli in modo che il segmento di cui abbiamo considerato il moto, venga a sovrapporsi alla ultima posizione a destra, otteniamo tre punti della rulletta, nella posizione da essa assunta quando il segmento considerato assume l’ultima posizione a destra. 5.9. Determinazione grafica della polare mobile: metodo del moto inverso. Questo metodo consiste nel considerare il moto inverso, ovvero il moto del piano fisso rispetto a quello mobile. Consideriamo ancora l’esempio trattato nei due precedenti paragrafi. Per applicare questo metodo considero fissa, sul foglio, l’ultima posizione a destra del segmento. Rototraslo poi il piano fisso (che ora è mobile) in modo da sovrapporre a tale segmento gli altri tre, uno per volta. In questo modo riporto sul foglio tre punti, le tre posizioni del c.d.i.r. rilevate sul piano fisso (ora mobile): questi sono tre punti della rulletta. 48 ๐ ๐ด ๐๐ด ๐๐ต ๐ต ๐ ๐ 5.10. Studio cinematico delle leve striscianti. Si consideri il meccanismo a tre membri indicato in figura: i profili 2,3 costituiscono una coppia superiore e sono collegato al telaio 1 attraverso una cerniera ciascuno; i punti ๐ต, ๐ถ sono i centri di curvatura, relativi al punto ๐, di 3 e di 2 rispettivamente; i dati del problema sono ๐2 = 1๐๐๐/๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ท = 0,546 ๐ ฬ ฬ ฬ ฬ = 0,190 ๐ ๐ด๐ต ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ถ๐ท = 0,380 ๐ ๐2 = 0,101 ๐ ๐3 = 0,170 ๐ Segue l’analisi cinematica. ๏ท Impongo un fattore di scala alle lunghezze in modo che ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ท abbia, sul foglio, una lunghezza di 5,46 ๐๐. Dunque 54,6๐๐ = ๐๐ 5,46๐๐ โน ๐๐ = 54,6๐๐ = 10 5,46๐๐ ๏ท Il centro delle velocità del moto di 2 rispetto al telaio è il punto ๐ด; quello del moto di 3 rispetto al telaio è il punto ๐ต; inoltre, poiché la velocità di ๐ rispetto a 2, pensato appartenente a 3, deve essere tangente ai profili coniugati, segue che il centro delle velocità del moto di 3 rispetto a 2 deve trovarsi sulla retta ๐. Allora, in base al teorema di AronholdKennedy, il centro ๐3−2 del moto di 2 rispetto 3 è l’intersezione delle rette ๐, ๐. Si rileva che non c’è dunque rotolamento fra i due profili coniugati, ma strisciamento. ๏ท Mi propongo di studiare il moto di ๐ถ rispetto al telaio, moto che definisco assoluto; definisco relativo invece il moto di ๐ถ rispetto a 2. ๏ท Studio la velocità di ๐ต. Per la 2.27 abbiamo ๐ฃ๐ = ๐ฃ๐ + ๐ฃ๐ Nella tabella seguente riporto gli elementi noti di questa equazione vettoriale, per applicare poi il metodo dei diagrammi polari. ๐ฃ๐ = โโโโโ ⊥ ๐ท๐ถ verso noto ๐ฃ๐ + ๐ฃ๐ ⊥ โโโโโโโโโ ๐32 ๐ถ verso noto |๐ฃ๐ | = ๐2 ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ถ โโโโโ ⊥ ๐ด๐ถ verso noto 49 Le incognite sono due e dunque l’equazione è risolvibile. Il valore di ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ถ dipende dalla configurazione del meccanismo. Riferendoci alla configurazione assegnata, leggiamo la lunghezza del segmento dal disegno: 4 ๐๐. Considerando il fattore di scala scelto abbiamo ฬ ฬ ฬ ฬ = ๐๐ 4๐๐ = 40๐๐ ๐ด๐ถ 40๐๐ ๐ Dunque |๐ฃ๐ | = ๐ = 0,4 ๐ . Impongo un fattore di scala alle accelerazioni che mi permetta di avere |๐ฃ๐ | = 3๐๐: 0,4 ๐ 0,4๐ 0,13 ๐ = ๐๐ฃ 3๐๐ โน ๐๐ฃ = = ๐ 3๐๐ ⋅ ๐ ๐๐ ⋅ ๐ Dalla lettura del diagramma polare si ricava |๐๐ | = 3,1 ๐๐ โน 0,13๐ 0,13๐ ๐ |๐ฃ๐ | = ๐๐ฃ 3,1 ๐๐ = 3,1 ๐๐ = 3,1 = 0,403 ๐๐ ⋅ ๐ ๐ ๐ |๐๐ | = 1,2 ๐๐ โน 0,13๐ 0,13๐ ๐ |๐ฃ๐ | = ๐๐ฃ 1,2 ๐๐ = 1,2 ๐๐ = 1,2 = 0,156 ๐๐ ⋅ ๐ ๐ ๐ Possiamo anche calcolare la velocità angolare di 3 intorno al perno ๐ท. Si ha ๐ |๐ฃ๐ | 0,156 ๐ ๐๐๐ ๐3 = = = 0,41 ฬ ฬ ฬ ฬ 0,38๐ ๐ ๐ถ๐ท Inoltre è possibile calcolare la velocità angolare relativa sapendo che per le velocità angolari, nel caso di moti relativi di spazi, vale una formula analoga alla 2.27. Per cui si ha ๐3 = ๐3−2 + ๐2 โบ ๐3−2 = ๐3 − ๐2 = 0,41 ๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐ −1 = −0,59 ๐ ๐ ๐ risultato che poteva anche essere ottenuto dalla espressione |๐ฃ๐ |⁄โโโโโโโโโ ๐32 ๐ถ , la quale però richiede una ulteriore misura di lunghezza. ๏ท Passo ora all’analisi delle accelerazioni. In base alla 2.28 l’accelerazione assoluta di ๐ถ è data da ๐๐ = ๐ ๐ + ๐๐ + ๐๐ dove l’accelerazione di trascinamento è tutta normale ed è nota in modulo, in base alle 2.17, 2.18. Per l’accelerazione relativa, in considerazione di quanto visto nei paragrafi 4.2 e 5.6, sappiamo che essa va calcolata come l’accelerazione dovuta a un moto circolare attorno a ๐ต; ne conosciamo dunque la componente normale in modulo, direzione e verso; discorso analogo per l’accelerazione assoluta. L’accelerazione di Coriolis, per la 2.30, è data poi da |๐๐ | = 2๐2 |๐ฃ๐ | = 2๐๐๐ ๐ ๐ 0,403 = 0,806 2 ๐ ๐ ๐ 50 La sua direzione è ortogonale a quella di ๐ฃ๐ e il suo verso è quello che da ๐ด va a ๐ถ. Costruiamo allora la tabella della equazione vettoriale allo scopo di risolverla con il metodo dei diagrammi polari. ๐๐๐ก + ๐๐๐ = ? ฬ ฬ ฬ ฬ = (๐3 )2 ๐ถ๐ท ๐ = 0,063 2 ๐ direzione ortogonale โโโโโ a ๐ถ๐ท direzione e verso di โโโโโ ๐ถ๐ท ๐๐๐ + (|๐ฃ๐ |)2 = ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ต๐ถ ๐ = 0,6 2 ๐ direzione e โโโโโ verso di ๐ถ๐ต ๐๐๐ก + ๐๐ + ๐๐ ? ฬ ฬ ฬ ฬ = (๐2 )2 ๐ถ๐ด ๐ = 0,42 2 ๐ 2๐2 |๐ฃ๐ | = ๐ = 0,806 2 ๐ direzione ortogonale a โโโโโ ๐ถ๐ด direzione e verso di โโโโโ ๐ถ๐ด direzione e verso di โโโโโ ๐ด๐ถ Abbiamo dunque due incognite, il che significa che effettivamente l’equazione vettoriale è risolvibile. Per applicare il metodo dei diagrammi polari devo però prima calcolare le lunghezze, sul foglio, dei vettori noti. Diciamo che desidero avere una accelerazione di Coriolis di 8๐๐, sul foglio. Allora si ha 0,806 ๐ 0,1๐ = ๐๐ 8,0๐๐ โน ๐๐ = 2 2 ๐ ๐ ๐๐ da cui ๐ 2 ๐ |๐๐๐ | = = 0,63๐๐ 0,1๐ ๐ 2 ๐๐ ๐ 0,6 2 ๐ |๐๐๐ | = = 6,0๐๐ 0,1๐ ๐ 2 ๐๐ ๐ 0,42 2 ๐ |๐๐ | = = 4,2๐๐ 0,1๐ ๐ 2 ๐๐ 0,063 Procedo ora al disegno dei diagrammi polari dai quali ricavo 0,1๐ ๐ = 0,24 ๐ 2 ๐๐ ๐ 2 0,1๐ ๐ |๐๐๐ก | = 0,4๐๐ โน |๐๐๐ก | = 0,4๐๐ 2 = 0,04 2 ๐ ๐๐ ๐ |๐๐๐ก | = 2,4๐๐ โน |๐๐๐ก | = 2,4๐๐ È possibile risalire ora anche alle accelerazioni angolari del moto assoluto: osservato infatti che ๐ท è centro delle accelerazioni per tale moto (perché è un punto immobile rispetto al telaio, e dunque è anche contro delle veloctà), la 2.12 ci permette di scrivere che |๐๐๐ก | = ๐ผ3 ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ถ๐ท = 0,4๐๐ โน ๐ผ3 = 0,63 5.10. Polari ellittiche nell’antiparallelogramma. ๐๐๐ ๐ 2 Consideriamo il quadrilatero articolato indicato in figura, il quel prende il nome di antiparallelogramma. Assumendo come telaio 51 l’asta corta ๐ด๐ท, abbiamo che le due aste lunghe fungono da manovelle, mentre l’altra asta corta è una biella. Segue una semplice analisi cinematica il cui scopo è quello di determinare le due polari del moto della manovella rispetto al telaio. ๐ต ๐ ๐ถ ๐ธ ๐ ๐ด ๏ท ๏ท ๐ท Considerando il moto del punto ๐ถ della manovella, essendo esso vincolato a ruotare attorno alla cerniera fissa ๐ท, dobbiamo concludere che la sua velocità sarà sempre ortogonale alla manovella ๐ถ๐ท; analogamente la velocità del punto ๐ต deve risultare ortogonale alla manovella ๐ด๐ต. Ne segue che il centro delle velocità del moto della manovella rispetto ala telaio deve coincidere con la intersezione ๐ธ delle due manovelle. I triangoli ๐ต๐ด๐ท, ๐ต๐ถ๐ท sono uguali avendo uguali i lati a due a due. Allora i triangoli ๐ท๐ด๐ธ, ๐ธ๐ต๐ถ sono simili avendo due angoli uguali (gli angoli in ๐ธ sono opposti al vertice, gli angoli in ๐ถ, ๐ด sono uguali perché appartenenti a triangoli uguali). Ma avendo anche un lato uguale, sono uguali. Risulta dunque ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ { ๐ด๐ธ = ๐ถ๐ธ โน ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ธ + ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ท๐ธ = ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ถ๐ธ + ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ต๐ธ = ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ถ๐ธ + ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ท๐ธ = ๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ท๐ธ = ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ต๐ธ essendo ๐ la lunghezza delle manovelle. ๏ท La dimostrazione del punto precedente porta a concludere che il punto ๐ธ descrive rispetto al lato fisso una ellisse10 di fuochi ๐ด, ๐ท e di asse maggiore ๐. Ma essendo ๐ธ il centro delle velocità, consegue che tale ellisse è proprio la polare fissa ๐. ๏ท Considerando il moto inverso, cioè assumendo fissa la manovella ๐ถ๐ต e mobile la manovella ๐ด๐ท, si dimostra allo stesso modo che la polare fissa è una ellisse di fuochi ๐ถ, ๐ต e di asse maggiore ๐; se invertiamo questo moto, tornando a quello di partenza, abbiamo così identificato la rulletta. ๐ถ 5.11. Analisi cinematica di leve rotolanti. Prendiamo come profili coniugati due ellissi identiche, di asse maggiore ๐ e di distanza fra i fuochi ๐; le incernieriamo ciascuna in uno dei fuochi e disponiamo le due cerniere a una distanza pari proprio a ๐. Si osserva allora che il moto della coppia superiore così ottenuta può essere descritto dal moto di un antiparallelogramma avente una biella incernierata ai fuochi fissi e le due manovelle disposte come in figura e solidali ciascuna a una ellisse. 10 2 3 ๐ ๐ด ๐ท ๐ 1 ๐๐ ๐ต ๐ Si ricorda che si definisce ellisse il luogo di punti per i quali la somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi, è costante. 52 Si capisce allora che il punto di contatto ๐ scorre sulla manovella fissa. Inoltre si capisce come la posizione di tale punto descriva completamente la configurazione dell’antiparallelogramma e dunque anche del meccanismo reale. Ci proponiamo allora di studiare il moto del profilo 3 rispetto al telaio 1 noto che sia il moto del profilo 2, completamente definito dal valore della sua velocità angolare. ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท Il centro delle velocità del moto di 2 rispetto 1 è ๐ด, quello del moto di 3 rispetto 1 è ๐ท; il centro delle velocità del moto di 3 rispetto 2 deve trovarsi su una retta per ๐ ivi tangente ai due profili. Per il teorema di Aronhold-Kennedy i tre c.d.i.r. devono essere allineati e dunque ๐ risulta il c.d.i.r. del moto di 3 rispetto a 2; moto che dunque è di puro rotolamento. Moto assoluto: quello di 3 rispetto a 1. Moto di trascinamento: quello di 2 rispetto a 1. Moto relativo: quello di 3 rispetto a 2. 1,0๐๐๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ = 0,223๐; ๐ท๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ = 0,486๐ Dati: ๐๐ = ๐ ๐๐๐ ๐ก๐๐๐ก๐; ๐ด๐ Con queste posizioni la velocità assoluta di ๐ è data da ๐ฃ๐ = ๐ฃ๐ + ๐ฃ๐ = ๐ฃ๐ โน |๐ฃ๐ | = ๐๐ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ = 0,223๐ ๐ essendo nullo l’atto di moto in ๐, nel moto relativo. Nota la velocità assoluta di ๐, ovvero la velocità di ๐ come punto di 3, rispetto a 1, possiamo calcolare la velocità angolare del moto assoluto, cioè del moto di 3 rispetto al telaio 1: ๐๐ = |๐ฃ๐ | 0,223 ๐๐๐ ๐๐๐ = = 0,45 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ 0,486 ๐ ๐ ๐ท๐ Risulta anche possibile calcolare la velocità angolare del moto relativo: ๐๐ = ๐๐ + ๐๐ โน ๐๐ = ๐๐ − ๐๐ = 1 − 0,45 = 0,55 ๏ท ๐๐๐ ๐ L’accelerazione assoluta di ๐ è data, in base alle 2.28, 2.29, 2.30, data da ๐๐ = ๐๐ + ๐๐ + 2๐ โ ๐ × ๐ฃ๐ = ๐๐ + ๐๐ dove si è considerato che la velocità relativa è nulla. ๏ท ๏ท ๏ท Si consideri che, in base a quanto visto nel paragrafo 2.5, l’accelerazione relativa deve avere direzione ortogonale alle polari in ๐ (che in questo caso coincidono con i profili coniugati, per quanto visto nel paragrafo precedente). L’accelerazione di trascinamento è tutta normale e il suo modulo è noto. L’accelerazione assoluta presenta una componente normale nota e una componente tangenziale incognita. Dunque la tabella della equazione vettoriale è la seguente: 53 ๐๐๐ก + ๐๐๐ = ๐๐ + ๐๐ + ? (๐๐ )2 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐๐ท = ๐ = 0,098 2 ๐ ? (๐๐ )2 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐๐ด = ๐ = 0,223 2 ๐ direzione ortogonale a โโโโโโ ๐๐ท direzione e verso di โโโโโโ ๐๐ท direzione ortogonale ai profili coniugati direzione e verso di โโโโโโ ๐๐ด Si hanno dunque due incognite scalari e l’equazione è risolvibile per via grafica con il metodo dei diagrammi polari. Poiché è difficile definire la direzione ortogonale ai profili coniugati, in questo caso mi astengo dal disegnare il diagramma polare delle accelerazioni. 54 Capitolo 6. Cinematica dei giunti di trasmissione 6.1. Giunto di Oldham. È un giunto articolato11 che permette di trasmettere un moto rotatorio tra due alberi i cui assi non siano coincidenti. ๐ ๐ albero motore noce ๐ถ1 ๐ ๐ถ3 ๐ถ2 ๐ albero cedente Dalle illustrazioni emerge subito che questo giunto garantisce la trasmissione di un moto circolare ๐ omocinetico, cioè tale per cui i due alberi ruotano alla stessa velocità. Il modo migliore per studiare la cinematica di questo giunto è quello di studiare il meccanismo equivalente indicato nella successiva figura, dove la noce è ๐ถ1 collegata a due membri attraverso due coppie prismatiche. Tale membri sono a loro volta collegati alle ๐ due estremità di un’asta che assumiamo come telaio. Tale meccanismo è detto sistema a doppio pattino. ๐ถ3 Il disco che si vede è appunto la noce (il disco ๐ถ2 intermedio del giunto di Oldham); i centri delle due cerniere coincidono con le tracce dei due alberi: essi sono pertanto fissi, e fissa deve essere anche l’asta che li collega. Al ruotare della noce i membri collegati alle due cerniere ruotano anch’essi e scorrono lungo le scala nature ricavate nel disco. Si ha inoltre una traslazione dell’asse del disco. Ma per un’analisi ancora più accurata del giunto di Oldham è consigliabile considerare il moto inverso del sistema a doppio pattino; ovvero conviene assumere la noce come telaio e la manovella 11 I giunti si classificano in rigidi, flessibili e articolati. Io mi occupo qui esclusivamente di giunti articolati. 55 noce noce ๐ถ1 ๐ถ1 ๐ถ2 ๐ถ2 ๐ถ3 ๐ถ3 sistema a doppio pattino ๐ come membro mobile. Questo ulteriore meccanismo è detto tornio ellittico e fu introdotto da Leonardo da Vinci. Seguiamo l’analisi cinematica passo, passo. ๐ 2 ๐ด ๐0 ๐ 3 ๐๐0 ๐ต ๐ผ ๐≡โฑ ๐ต ๐≡๐ผ ๐พ 4 1 ๐ด configurazione 1 ๐ ๐0 configurazione 2 1) Il centro delle velocità può essere individuato utilizzando il teorema Aronohld-Kennedy, ma più semplicemente si osserva che il punto ๐ด ha sempre velocità verticale, mentre il punto ๐ต ha sempre velocità orizzontale; ma allora, considerando che il campo delle velocità deve essere un campo circolare (nel piano), segue che il punto ๐0 è individuato dalla intersezione della retta orizzontale per ๐ด, con quella verticale per ๐ต. 56 2) Poiché il triangolo ๐ด๐0 ๐ต è rettangolo, segue che ๐ด๐ต è il diametro di una circonferenza alla quale appartiene ๐0 , in ogni configurazione. Segue che la rulletta ๐ è proprio tale circonferenza. 3) Considerando il triangolo rettangolo ๐๐ด๐0 abbiamo che esso è uguale, istante per istante, al triangolo ๐ด๐0 ๐ต. In particolare sono uguali le ipotenuse, che dunque sono entrambe costanti. Ne segue che ๐0 descrive, nel piano fisso, una circonferenza di centro ๐. Dunque la base ๐ ฬ ฬ ฬ ฬ . è una circonferenza di centro ๐ e di raggio ๐ด๐ต 4) Poiché la circonferenza dei flessi è il luogo dei punti del piano mobile la cui traiettoria presenta un flesso, ne segue che i punti ๐ด, ๐ต, avendo traiettoria rettilinea, appartengono alla circonferenza dei flessi โฑ; si deduce subito anche che, dovendo le traiettorie di tali punti indicare il polo ๐ผ dei flessi, allora questo coincide con il punto ๐. 5) Assegnata la velocità angolare ๐ = ๐ฬ e dunque l’accelerazione ๐ผ = ๐ฬ ricaviamo l’angolo ๐พ = tan−1 ๐ผ ⁄๐2 che ci permette di individuare su โฑ il centro delle accelerazioni ๐พ. 6) Il centro delle accelerazioni ha una posizione che dipende dall’entità della accelerazione tangenziale di ๐0 ; tuttavia possiamo dire senz’altro che quando questa accelerazione è nulla (cioè quando il moto rotatorio è a velocità costante) ๐พ si sovrappone al polo dei flessi, essendo ๐ผ = 0 โน ๐พ = 0. 7) La circonferenza di stazionarietà si ricava con il procedimento illustrato nel paragrafo 2.8. Mi pare tuttavia che quando la velocità angolare risulta costante tale circonferenza degeneri i due rette parallele, non so. Si definiscono moti cardanici quelli in cui la rulletta ha, istante per istante, un raggio di curvatura pari a metà di quello della base, essendo i raggi calcolati rispetto al c.d.i.r.. 6.2. Giunto di Cardano. È un giunto articolato che trasmette il moto rotatorio fra due alberi incidenti. È noto anche come universal joint e come Hooke joint. ๐ฬ2 ≡ ๐ฬ4 ๐ง2 ≡ ๐ง4 ๐ฬ ๐2 ๐ฬ ๐4 ๐2 2 3 ๐ albero motore ๐ฅ4 ๐ฆ2 ๐ผ 4 ๐ผ ๐ฬ4 albero cedente ๐ฆ4 ๐4 ๐ฅ2 1 ๐ฬ2 1 Il giunto di Cardano è un quadrilatero articolato chiuso, costituito da 57 ๐ฬ2 ๐ฬ4 ๏ท ๏ท ๏ท un telaio (membro 1); due alberi: l’albero movente (membro 2) e l’albero cedente (membro 4), collegati al telaio attraverso due coppie prismatiche; una crociera (membro 3) la quale è collegata a entrambi gli alberi attraverso due coppie cilindriche. Utilizzando la formula di Grüber 1.13 abbiamo per i gradi di libertà 4 ๐น = 6(4 − 1) − ∑(6 − 2) = 18 − 16 = 2 ๐=1 Questo risultato ci dice che, così come abbiamo imposto i vincoli, il meccanismo ha un grado di libertà in esubero: infatti ciò che ci interessa è che il giunto trasmetta la rotazione senza altre possibilità di movimento. Possiamo allora pensare di sostituire le coppi cilindriche con delle cerniere, ottenendo dalla formula di Grüber 4 ๐น = 6(4 − 1) − ∑(6 − 1) = 18 − 20 = −2 ๐=1 Troviamo dunque un sistema iperstatico, cioè immobile. Anche questa soluzione non è accettabile. La combinazione corretta di vincoli che permetta di trasmettere il moto rotatorio fra gli alberi è quella che vede l’utilizzo di una cerniera e di tre coppie cilindriche, comunque disposte. Infatti in questo caso si ha ๐น = 6(4 − 1) − (6 − 1) − (6 − 2) − (6 − 2) − (6 − 2) = 18 − 17 = 1 Definisco rapporto di trasmissione il rapporto 6.1) ๐ ๐ = ๐2 4 essendo ๐2 la velocità di rotazione dell’albero conducente (membro 2) e ๐4 quella dell’albero cedente. In un giunto omocinetico (come quello di Oldham) tale rapporto è unitario, e questa è una proprietà molto apprezzata in questo genere di meccanismi. Tuttavia nel caso di un giunto cardanico non si ha rapporto di trasmissione unitario, come vado a dimostrare. In figura ho introdotto due sistemi di riferimento, con relativi versori, e due versori solidali alla crociera e ciascuno parallelo a una delle coppie due cilindriche della crociera stessa. Poiché si assume che i due assi che costituiscono la crociera sono ortogonali fra loro , deve risultare ๐ฬ ⋅ ๐ฬ = 0. D’altra parte risulta { ๐ฬ = −๐ฬ2 sin ๐2 + ๐ฬ2 cos ๐2 ๐ฬ = ๐ฬ4 cos ๐4 + ๐ฬ4 sin ๐4 e dunque ๐ฬ ⋅ ๐ฬ = 0 โบ (−๐ฬ2 sin ๐2 + ๐ฬ2 cos ๐2 ) โ (๐ฬ4 cos ๐4 + ๐ฬ4 sin ๐4 ) = = −๐ฬ2 โ ๐ฬ4 sin ๐2 cos ๐4 − ๐ฬ2 โ ๐ฬ4 sin ๐2 sin ๐4 + ๐ฬ2 โ ๐ฬ4 cos ๐2 cos ๐4 + ๐ฬ2 โ ๐ฬ4 cos ๐2 sin ๐4 = 58 = − cos ๐ผ sin ๐2 cos ๐4 + cos ๐2 sin ๐4 = 0 โบ cos ๐ผ sin ๐2 sin ๐4 = cos ๐2 cos ๐4 Dunque la relazione fra gli angoli di rotazione dei due alberi si scrive 6.2) cos ๐ผ tan ๐2 = tan ๐4 Allo scopo di ottenere il rapporto di trasmissione 6.1 deriviamo la 6.2 rispetto al tempo, ottenendo cos ๐ผ 1 1 ๐ = ๐ 2 cos2 ๐2 cos 2 ๐4 4 e dunque 6.3) ๐2 ๐4 1 cos2 ๐ 1 1+tan2 ๐ = cos ๐ผ cos2 ๐2 = cos ๐ผ 1+tan2 ๐4 4 2 Sostituendo nella 6.3 la 6.2 si ha ๐2 1 1 + tan2 ๐4 1 + tan2 ๐4 = = cos ๐ผ tan2 ๐4 ๐4 cos ๐ผ cos 2 ๐ผ + tan2 ๐4 1+ 2 cos ๐ผ e dunque 6.4) ๐2 ๐4 cos ๐ผ = cos2 ๐ผ cos2 ๐ 4 +sin 2๐ 4 Si tratta di una funzione periodica, di periodo ๐ (per via dell’elevamento a potenza quadrata) la quale, fissato per l’angolo ๐ผ di incidenza fra gli assi dei due alberi il valore di 10°, presenta l’andamento mostrato ne grafico. È possibile fare le seguenti considerazioni: ๏ท ๏ท ๏ท la 6.2 permette di dedurre che quando ๐4 assume, col passare del tempo, i valori ๐, 2๐, 3๐ …, l’angolo ๐2 e l’angolo ๐4 sono uguali; la rappresentazione grafica della funzione 6.4 ci mostra come inizialmente sia più veloce l’albero condotto poi, raggiunti i 45° di rotazione per quest’ultimo, è l’albero motore ad avere la maggiore velocità, e così via12; la periodicità di ๐ del rapporto di trasmissione indica che in un giro completo dei due alberi (abbiamo visto che quando l’albero motore fa mezzo giro, anche l’albero cedente ha fatto mezzo giro; dunque questo vale anche per un giro completo) essi hanno già realizzato due cicli di quelli descritti per il rapporto delle loro velocità (albero condotto più veloce - albero motore più veloce - albero condotto più veloce - albero motore più veloce - albero condotto più veloce). 12 Si assume che la posizione iniziale si quella in cui il vettore ๐ฬ è verticale, e a questa posizione si attribuiscono angoli di rotazione entrambi nulli per i due alberi. 59 Questo comportamento del giunto tende a amplificare le sollecitazioni a cui sono sottoposti i componenti dei meccanismi. In genere in effetti giunti non omocinetici sono indesiderabili. Per ovviare a questo difetto del giunto di Cardano si possono collegare in serie due di questi giunti, come indicato in figura. ๐2 ๐ผ ๐4 ๐ผ| ๐6 Se consideriamo il secondo giunto (quello a destra) l’analisi precedente ci permette di affermare che L’analoga della 6.2 si scrive 6.5) cos ๐ผ | tan ๐4 = tan ๐6 Sostituendo la 6.2 nella 6.5 si ricava immediatamente 6.8) tan ๐6 = cos ๐ผ cos ๐ผ | tan ๐2 Dunque il giunto è omocinetico se e solo se cos ๐ผ cos ๐ผ | = 1, il che, per le formule di Werner, equivale a 1 (cos(๐ผ + ๐ผ | ) + cos(๐ผ − ๐ผ | )) = 1 2 che a sua volta equivale a richiedere i due angoli siano nulli, ovvero che i due alberi siano in asse. Dunque questo doppio giunto non va bene, è inutile. Si deve cercare un’altra configurazione, un altro modo di combinare due giunti di Cardano. Consideriamo allora la combinazione indicata in figura: l’analoga della 6.2 per il secondo giunto si scrive 6.9) tan ๐4 = cos ๐ผ | tan ๐6 tan ๐ Sostituendo poi la 6.2 nella 6.9 si ottiene tan ๐6 = |๐ผ| = |๐ผ | |. 2 cos ๐ผ| cos ๐ผ 60 . Quindi il giunto è omocinetico se e solo se Capitolo 7. Statica 7.1. Sistema fondamentale della statica. Ricordo che l’equilibrio meccanico di un corpo rigido si realizza se e solo se la risultante della sollecitazione agente su di esso è nulla e il momento totale di tale sollecitazione è nullo rispetto a ogni polo. Ma se la risultante è nulla allora è sufficiente che il momento totale sia nullo rispetto a un polo, perché lo sia rispetto a ogni altro polo; โโ ๐ด = 0 (con ๐ โโ ๐ด momento totale rispetto al generico polo ๐ด e ๐น risultante) infatti se risulta ๐น = 0 e ๐ allora la sollecitazione è equivalente alla forza nulla applicata in ๐ด (primo criterio di equivalenza) e dunque il suo momento rispetto a un qualunque altro punto è nullo. Quindi l’equilibrio meccanico di un corpo rigido si realizza se e solo se 7.1) { ๐น=0 โโ ๐๐ด = 0 essendo ๐ด il generico polo. Il sistema 7.1 prende il nome di sistema fondamentale della statica. 7.2. Casi elementari di equilibrio. In questo paragrafo indichiamo dei metodi grafici che consentono di studiare l’equilibrio meccanico per tre sollecitazioni elementari: la sollecitazione costituita da due forze, quella costituita da tre forze e quella costituita da quattro forze. I metodi che verranno illustrati permettono di evitare il metodo analitico, ovvero quello che consiste nella risoluzione del sistema fondamentale della statica 7.1. ๏ท Corpo soggetto soltanto a due forze. Per l’equilibrio alla traslazione le due forze devono essere uguali e contrarie, per quello alla rotazione le due rette d’azione devono coincidere; si deve cioè avere una coppia con braccio nullo. ๏ท Corpo soggetto a tre forze. In questo caso l’equilibrio si realizza se e solo se sono verificati contemporaneamente i tre requisiti seguenti 1) le tre rette d’azione devono appartenere allo stesso piano; 2) le tre rette d’azione devono convergere in un medesimo punto; 3) le tre forze devono costituire un triangolo chiuso in cui i loro versi indicano un senso di rotazione. In particolare le prime due condizioni sono equivalenti alla condizione di equilibrio alla rotazione, ovvero sono equivalenti alla condizione di annullamento del momento totale; la seconda condizione è equivalente alla condizione di equilibrio alla traslazione, ovvero alla condizione di annullamento della risultante. ๐ก ๐น2 ๐ด1 ๐น1 ๐ ๐ ๐ด3 ๐ต ๐น3 ๐ด2 61 Per quanto riguarda il primo requisito si consideri la figura sopra dove la retta ๐ passa per i punti di applicazione di due delle tre forze. Consideriamo allora la proiezione del momento totale, rispetto diciamo a ๐ต, sulla retta ๐: il contributo delle due forze aventi punto di applicazione su ๐ risulta nullo (i relativi momento sono ortogonali alla retta stessa); allora, se l’equilibrio alla rotazione è verificato, non può che essere nulla anche la proiezione del momento della forza ๐น3 ; ma questo comporta che tale momento sia ortogonale a ๐, ovvero che ๐น3 sia complanare con ๐. Considerando poi la retta ๐ si dimostra analogamente che ๐น1 deve essere complanare con essa, ma ๐ interseca ๐ e passa per ๐ด3 , punto di ๐, dunque ๐ giace su ๐, e conseguentemente ๐น1 giace su ๐. In modo analogo, considerando la retta ๐ก, si dimostra che la forza ๐น2 giace su ๐; dunque effettivamente le tre forze sono complanari se si ha equilibrio alla rotazione. ๐น2 ๐น1 ๐น3 ๐ผ Per quanto riguarda il secondo requisito in caso di equilibrio meccanico possiamo ragionare per assurdo: diciamo che solo due delle tre forze abbiano rette d’azione incidenti, e sia ๐ผ il punto di intersezione fra esse. Se allora calcolo il momento totale della sollecitazione rispetto al polo ๐ผ ottengo un momento diverso da zero perché è non nullo il momento della forza ๐น3 (i momenti delle altre due forze rispetto a ๐ผ è evidentemente nullo); ma questo è assurdo perché contraddice l’ipotesi di equilibrio meccanico, e dunque necessariamente la retta d’azione di ๐น3 deve passare per ๐ผ. Fin qui si è sfruttato l’equilibrio alla rotazione. L’equilibrio alla traslazione impone che le tre forze costituiscano un triangolo chiuso, e questa proprietà è utile a ricavare dei parametri incogniti della sollecitazione, come ad esempio il modulo o la direzione delle forze della sollecitazione, come esemplifico in quanto segue. ๐น2 ๐น3 ๐น1 ๏ท Esempio. Supponiamo di avere un corpo in condizione di equilibrio meccanico, che sia soggetto alle tre forze ๐น1 , ๐น2 , ๐น3 . Diciamo che la prima sia completamente nota, che della seconda si conosca la retta d’azione ๐2 e che della terza si conosca il punto di applicazione ๐3. Allora si riporta su un foglio ๐น1 (con una opportuna scala), il punto ๐3 e la retta ๐2 . Si fa scorrere la forza ๐น1 lungo la sua retta d’azione fino ad avere punto d’applicazione coincidente con l’intersezione di questa con ๐2 . ๐1 ๐น3 ๐3 ๐น1 ๐2 ๐3 ๐น2 62 ๏ท Corpo soggetto a quattro forze nel piano. ๐4 Lo studio di questo caso si conduce com๐1 ponendo le forze a due a due e riducendosi così a una sollecitazione costituita da due ๐น2 sole forze. Poiché le possibili coppie sono ๐น3 pari alle permutazioni non ordinate di classe 2 di 4 elementi dati, ovvero 6, si può procedere in altrettanti modi diversi. Per ๐๐ esempio possiamo comporre le forze ๐น1 , ๐น2 e ๐น1 le forze ๐น3 , ๐น4 ; si ottengono due forze uguali e contrarie aventi entrambe come retta ๐น4 d’azione la retta ๐๐ , la quel prende il nome di retta di compenso. Si può osservare che ๐3 essendo 6 le possibili coppie non ordinate di ๐2 forze, ed essendovi una retta di compenso per ciascuna coppia di coppie, le possibili rette di compenso sono 3. In modo analogo a quanto visto nel paragrafo sulla sollecitazione costituita da tre forze, la costruzione della retta di compenso permette di risolvere graficamente problemi in cui siano presenti 3 incognite scalari, senza dover risolvere il sistema fondamentale della statica. A tal proposito si provi a risolvere graficamente il caso in cui sia nota solo una delle quattro forze, mentre delle altre tre sia nota solo la direzione. 7.3. Principio di disgregazione. Si intende con questo nome la considerazione che nel caso di un sistema in equilibrio meccanico, comunque se ne prenda una parte, questa deve risultare in equilibrio. La parte isolata dal resto del corpo si definisce parte disgregata. È necessario precisare però che la parte disgregata risulta in equilibrio purché si consideri non solo quella porzione di sollecitazione esterna eventualmente agente su di essa, ma anche la sollecitazione che il resto del corpo esercita su di essa. Si deve rilevare in fine che la parte disgregata esercita sul resto del corpo una sollecitazione uguale e contraria a quella che il resto del corpo esercita su essa. 7.4. Analisi statica del manovellismo. Vediamo come il principio di disgre-gazione possa essere applicato allo studio del manovellismo considerato in una configurazione di equilibrio meccanico. La sollecitazione esterna si costituita da ๏ท ๏ท โโ applicata alla manovella; una coppia incognita ๐ una forza nota ๐น applicata alla biella. Disgreghiamo il meccanismo nel modo più immediato: nella biella, nella manovella e nello stantuffo; introduciamo le forze incognite che ciascuna parte esercita su quella adiacente. 63 ๐ต 3 2 โโ ๐ ๐ด ๐น 4 ๐ถ 1 ๐ต ๐ต ๐ ๐น โโ ๐ ๐ถ ๐น ๐ด −๐น๐ต ๐น๐ถ ๐น๐ต ๐ถ ๐ −๐น๐ถ ๐น๐ต ๐น๐ถ Considero la biella. Abbiamo la retta d’azione della forza ๐น ; abbiamo anche la retta d’azione della forza che lo stantuffo esercita sulla biella stessa, infatti tale forza non può che essere verticale; è possibile allora risalire alla forza che la manovella esercita sulla biella in ๐ต, dovendo essere le tre rette d’azione convergenti in un medesimo punto. In definitiva, costruendo il triangolo delle forze, si risale ai due moduli incogniti. Abbiamo così anche la forza agente sulla manovella in ๐ต e dunque, per l’equilibrio alla traslazione, la forza in ๐ด. A questo punto abbiamo il modulo della coppia incognita il quale è dato da ๐น๐ต ๐. Risulta poi evidentemente definita anche la sollecitazione agente sullo stantuffo. 7.5. Principio dei lavori virtuali. Enuncio il principio dei lavori virtuali rimandando al mio testo di Meccanica dei Solidi per la dimostrazione del caso generale di corpi deformabili. Prima però ecco alcune definizioni: 64 ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท vincoli perfetti: quando non vi è attrito fra le superfici di contatto, cioè quando i vincoli esplicano solo le reazioni corrispondenti ai gradi di libertà che sottraggono; vincoli stazionari: se sono indipendenti dalla velocità e dal tempo; forze interne: quelle che si scambiano i componenti del sistema; forze esterne: tutte le altre. spostamento virtuale: ogni spostamento infinitesimo il quale sia compatibile con i vincoli presenti; lavoro virtuale: il lavoro che una sollecitazione fa in corrispondenza a un sistema di spostamenti virtuali. Allora il PLV afferma che condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema di corpi rigidi, soggetto a vincoli stazionari, bilaterali e perfetti, sia in equilibrio meccanico, è che sia nullo il lavoro delle forze esterne in corrispondenza a ogni spostamento virtuale (lavoro che indico ๐ฟ๐ฟ). 7.8. Applicazione al manovellismo. Un manovellismo è sottoposto all’azione di una forza ๐น agente sullo stantuffo come indicato in figura. La manovella sia sottoposta all’azione di una coppia ๐ di cui si chiede di calcolare l’intensità affinché si realizzi l’equilibrio meccanico. Volendo applicare il PLV assegniamo alla spoletta uno spostamento virtuale ๐ฟ๐ a cui corrisponde una rotazione virtuale ๐ฟ๐ della manovella. Dunque il lavoro virtuale delle forze esterne si scrive ๐ฟ๐ฟ = −๐๐ฟ๐ + ๐น๐ฟ๐ e dunque si ha equilibrio in corrispondenza della coppia ๐ = ๐น๐ฟ๐ ⁄๐ฟ๐. Il difficile è ora esprimere la rotazione virtuale in funzione dello spostamento virtuale della spoletta. Per fare ciò è necessario ricorrere al sistema delle catene cinematiche, per il quale rimando al testo Viola vol. I. Consideriamo allora i membri 1,2,3: il centro di istantanea rotazione della manovella rispetto al telaio è evidentemente il centro della cerniera fissa; quello della biella rispetto alla manovella si trova al centro della cerniera mobile; dunque in base al teorema di Aronhold-Kennedy il centro di 65 istantanea rotazione del moto della biella rispetto al telaio deve trovarsi sulla retta che congiunge i centri 21 e 32. Ragionando in modo analogo con i membri 3,4,1 è possibile individuare in fine il centro 31. Fatto questo si riportano sull’asse verticale e su quello orizzontale gli spostamenti virtuali associati allo spostamento ๐ฟ๐ . Considerando in particolare gli spostamenti sull’asse verticale e tenendo presente che la tangente può essere in questo caso approssimata con l’angolo, osservando la figura si ha ๐= ๐ฟ๐ ๐พ๐ต ๐ฟ๐ ๐ฟ๐ ๐พ๐ต ๐ฟ๐ ๐ต๐ถ โน = โน ๐พ๐ต = ๐ต๐ถ โน ๐ฟ๐ = = ๐ด๐ถ ๐ต๐ถ ๐ด๐ถ ๐ด๐ถ ๐ด๐ต ๐ด๐ถ ๐ด๐ต Dunque la coppia cercata è data da ๐= ๐น๐ฟ๐ ๐ด๐ถ ๐ด๐ต ๐ด๐ต ๐ = ๐น๐ฟ๐ =๐น ๐ด๐ถ = ๐น ๐ ๐ฟ๐ ๐ฟ๐ ๐ต๐ถ ๐ต๐ถ ๐ 7.8. Applicazione al meccanismo scotch-yoke. Si consideri il meccanismo in figura: si vuole calcolare, data la forza ๐น, quale sia il valore della coppia ๐ per il quale si realizza l’equilibrio se l’angolo che la manovella forma con l’asse orizzontale è ๐. Nei passaggi qui sopra è ricavato il legame fra lo spostamento virtuale del corpo cilindrico e la rotazione virtuale della manovella. Dunque l’equilibrio si realizza se e solo se ๐๐ฟ๐ = ๐น๐ฟ๐ฅ โน ๐๐ฟ๐ = ๐น๐ sin ๐ ๐ฟ๐ โน ๐ = ๐น๐ sin ๐ 66 Capitolo 8. Superfici: contatti, attrito e usura 8.1. Rugosità. Le superfici reali non sono rappresentabili da superfici regolari intese in senso matematico. Senza considerare il livello atomico, ma restando a pochi ingrandimenti, ogni superficie, anche quella apparentemente più liscia, presenta un insieme di valli e creste più o meno spigolose. Consideriamo allora una superficie piana e sezioniamola con un paiano ortogonale ad essa. Si ottiene così un profilo del tipo indicato in figura. Definiamo allora profilo ideale (o profilo nominale) quello descritto dall’asse ๐ฅ il quale soddisfi la condizione 8.1) ๐ฟ ∫0 ๐ง(๐ฅ)๐๐ฅ = 0 essendo ๐ง = ๐ง(๐ฅ) la funzione che descrive il profilo ideale rispetto al sistema di riferimento avente come asse delle ascisse l’asse ๐ฅ. Si definisce allora rugosità media di un profilo l’integrale 8.2) ๐ฟ 1 ๐ ๐ โ ๐ฟ ∫0 |๐ง(๐ฅ)|๐๐ฅ il quale, come si intuisce, fornisce una misura di quanto il profilo reale si discosti da quello ideale, considerando sia i picchi che le valli. Tuttavia questa grandezza nulla permette di dedurre sulla spigolosità delle irregolarità: due profili possono avere la stessa rugosità pur essendo uno molto ‘dolce’ e l’altro molto spigoloso. Per avere dunque indicazioni in questo senso, si esaltano i picchi elevando al quadrato la funzione che definisce il profilo e calcolando il parametro di rugosità 8.3) ๐ฟ 1 ๐ ๐ โ √๐ฟ ∫0 ๐ง 2 (๐ฅ)๐๐ฅ Altra grandezza di interesse nella descrizione di un profilo è la massima asperità superficiale ๐ ๐ก , la quale è la misura della massima altezza fra i fondi valle e i picchi. Si definisce poi funzione di autocorrelazione la 8.4) 1 ๐ฟ 1 ๐ผ(๐) = ๐ 2 lim (๐ฟ ∫0 ๐ง(๐ฅ)๐ง(๐ฅ + ๐)๐๐ฅ) ๐ ๐ฟโถ∞ la quale ricorda l’integrale di convoluzione studiato in Automatica. Si osserva che per ๐ = 0 il valore della funzione è 1; i discostamenti dall’unità al variare di ๐ sono un indice di irregolarità del profilo; ma la cosa importante è che se la funzione di autocorrelazione risulta avere una periodicità, ne consegue che le irregolarità del profilo sono anch’esse periodiche; e questa è l’importanza della funzione di autocorrelazione. Un’altra grandezza di interesse nel caso di profili con irregolarità periodiche è la lunghezza d’onda media ๐๐ per calcolare la quale si approssima il profilo a una sinusoide avente lunghezza d’onda (cioè periodo) ๐๐ , ovvero (la verifica è immediata) alla funzione 8.5) ๐ฅ ๐ง(๐ฅ) = ๐ sin (2๐ ๐ ) ๐ Si deve poi imporre che la rugosità media di questo profilo sia uguale a quella nota ๐ ๐ . Dunque, in base alla 8.2 si impone 67 ๐ฟ ๐ ๐ฅ ∫ |sin (2๐ )| ๐๐ฅ = ๐ ๐ ๐ฟ ๐๐ 0 Per facilitare il calcolo consideriamo il primo semiperiodo, quello in cui la funzione è positiva: ๐๐ ⁄2 ๐๐ ⁄2 2๐ ๐ฅ 2๐ ๐ฅ ∫ sin (2๐ ) ๐๐ฅ = ๐ ๐ โบ ∫ sin (2๐ ) ๐๐ฅ = ๐ ๐ โบ ๐๐ ๐๐ ๐๐ ๐๐ 0 ๐๐ ⁄2 โบ 0 ๐๐๐ ๐ฅ ๐ฅ ๐ ๐ฅ ๐๐ ⁄2 ∫ sin (2๐ ) ๐ (2๐ ) = ๐ ๐ โบ − (cos (2๐ )) = ๐ ๐ โบ ๐๐๐ ๐๐ ๐๐ ๐ ๐๐ 0 0 ๐ 2๐ ๐ ๐ โบ − (cos(๐) − cos(0)) = ๐ ๐ โบ = ๐ ๐ โบ ๐ = ๐ ๐ ๐ 2 Dunque la sinusoide che approssima il profilo è data da 8.6) ๐ง(๐ฅ) = ๐๐ ๐ 2 ๐ฅ sin (2๐ ๐ ) ๐ Ora consideriamo la funzione ๐งฬ = ๐งฬ (๐ฅ) ottenuta dalla 8.6 ribaltando verticalmente gli archi di curva aventi pendenza negativa. Se indico โ l’incremento di altezza di ๐งฬ (๐ฅ) relativo a un periodo e con ๐ป quello relativo all’intero tratto ๐ฟ posso scrivere ๐๐ ๐๐ 4 ๐๐ง(๐ฅ) ๐๐ง(๐ฅ) โ = ๐งฬ (๐๐ ) = ∫ | | ๐๐ฅ = 4 ∫ | | ๐๐ฅ = 2๐๐ ๐ ๐๐ฅ ๐๐ฅ 0 0 ๐ฟ ๐๐ง(๐ฅ) ๐ป = ๐งฬ (๐ฟ) = ∫ | | ๐๐ฅ ๐๐ฅ 0 Se ora indico ๐ il numero di periodi contenuto in ๐ฟ ottengo ๐= ๐ฟ ๐ป โ = โบ ๐๐ = ๐ฟ ๐๐ โ ๐ป 68 e dunque in conclusione abbiamo ๐ฟ 8.7) ๐๐ = 2๐ ∫0 |๐ง(๐ฅ)|๐๐ฅ ๐ฟ ๐๐ง(๐ฅ) ∫0 | ๐๐ฅ |๐๐ฅ 8.2. Coppie superiori. Nel caso di coppie superiori, come noto, il contatto fra le superfici che costituiscono gli elementi cinematici è o puntuale o lineare. Il contatto puntuale fra due superfici viene trattato come un contatto fra due sfere; il contatto lineare fra due superfici viene trattato invece come il contatto fra due cilindri lungo una generatrice comune. Effettuando una sezione piana con un opportuno piano, entrambi questi casi si riconducono al contatto fra due circonferenze. Detti allora ๐1 , ๐2 i raggi di esse si definisce raggio di curvatura medio ๐ฬ quello individuato dalla relazione 8.8) 1 ๐ฬ 1 1 1 1 2 = 2 (๐ ± ๐ ) dove il segno meno vale nel caso in cui uno dei due solidi a contatto sia cavo. Per mezzo del raggio di curvatura medio è possibile ricondurre il contatto fra due circonferenze al contatto fra una circonferenza e un piano. Il raggio della circonferenza è fornito dalla 8.8 imponendo che il raggio di curvatura medio non vari e sostituendo i raggi di curvatura delle due circonferenze con il raggio di curvatura incognito e con quello del piano, che ricordo essere infinito. Per cui, detto ๐ il raggio di curvatura incognito, si ha 1 1 1 1 1 1 ๐ฬ = ( + )โบ = โบ๐= ๐ฬ 2 ๐ ∞ ๐ฬ 2๐ 2 ovvero 8.9) ๐ฬ ๐=2 Considerando allora per esempio il caso in cui ๐2 = 2๐1, si ha ๐= ๐ฬ 1 1 1 2๐1 = = = = 2 ( 1 + 1 ) ( 1 + 1 ) 1 (1 + 1) 3 ๐1 ๐2 ๐1 2๐1 ๐1 2 per cui il contatto fra le due circonferenze di raggi ๐1 , ๐2 = 2๐1 si riconduce al contatto fra una 2๐ circonferenza di raggio 31 e un piano. In modo analogo si definisce il modulo di contatto ๐ธฬ attraverso la formula 8.10) 1 ๐ธฬ = 1−๐12 ๐ธ1 + 1−๐22 ๐ธ2 dove si sono introdotti i moduli di Young e i coefficienti di Poisson delle due superficie. Quando si riduce il contatto fra due circonferenze al contatto fra una circonferenza e un piano, analogamente a quanto visto nel caso dei raggi di curvatura, si attribuisce al piano modulo di Young infinito (cioè si 69 considera il piano come un corpo indeformabile) e si ricava il modulo di Young della superficie rappresentata dalla circonferenza in funzione del modulo di contatto ๐ธฬ . 8.3. Formule di Hertz per contatti puntiformi. Date le semplificazioni introdotte nel paragrafo precedente riguardo al contatto fra due superfici, possiamo ora introdurre un metodo quantitativo per l’analisi delle tensioni e delle deformazioni relative alle superfici in contatto. In particolare analizzo qui il caso dei contatti puntiformi, mentre per il caso dei contatti lineari rimando al libro di testo. Ricordo che il caso di contatto puntiforme è ricondotto al contatto fra due sfere, il quale è ricondotto al contatto fra una sfera e un piano, secondo i parametri geometrici e fisici definiti nelle 8.8 e 8.10. Facciamo le seguenti ipotesi: 1) i due solidi a contatto hanno dimensioni molto maggiori rispetto a quelle che descrivono le deformazioni di contatto; 2) i due solidi sono due sfere; 3) i materiali sono omogenei e isotropi; 4) i materiali sono elastici; 5) le forze di chiusura della coppia superiore sono due forze uguali e contrarie, di modulo ๐, che costituiscono una coppia di braccio nullo; 6) le due forze di chiusura hanno retta d’azione passante per il punto di contatto e ortogonale al piano tangente alle due sfere nel punto di contatto. Come visto nel paragrafo precedente il contatto puntuale si riconduce al contatto fra due sfere di raggi opportuni ๐1 , ๐2, dai quali si ricava il raggio medio 8.8; quindi il contatto fra due sfere si riconduce al contatto fra un piano e una sfera di raggio ๐ = ๐ฬ ⁄2. Si ricorda poi che il piano viene considerato indeformabile, mentre alla sfera viene attribuito un modulo di Young definito dalla relazione 8.10, funzione delle costanti meccaniche dei due materiali di partenza. Ora, stanti le ipotesi di cui sopra, le forze di chiusura determinano la deformazione della sfera nella regione di contatto con il piano, regione che non sarà dunque puntuale, ma coinciderà con un’area ๐ด. Per l’ipotesi di isotropia, quest’area deve essere circolare; sia allora ๐ il suo raggio. Per tale raggio immaginiamo una proporzionalità diretta con il modulo delle forze di chiusura e con il raggio della sfera, ovvero con il raggio medio (essendo ๐ = ๐ฬ ⁄2); la proporzionalità sarà invece inversa rispetto al modulo di contatto ๐ธฬ . Volendo introdurre un coefficiente di proporzionalità ๐๐ adimensionale, la propor-zionalità, per questioni dimensionali, non potrà essere lineare, ma cubica. Si ha in definitiva 3 ๐๐ฬ 8.11) ๐ = ๐๐ √ ๐ธฬ In base a dati sperimentali si ricava per il coefficiente di proporzionalità il valore 70 3 3 8.12) ๐๐ = √8 ≅ 0.721 Per quanto riguarda la distribuzione degli sforzi normali sulla superficie ๐ด, ai quali il libro di testo si riferisce con il nome di pressioni, questa risulta essere semi ellissoidale, come indicato in figura. Per calcolare la pressione media ๐ฬ si ricorre al teorema della media integrale il quale porge ๐ = โฌ ๐๐๐ด = ๐ฬ ๐ด = ๐ฬ ๐๐2 ๐ด Dunque ๐ 8.13) ๐ฬ = ๐๐2 Per quanto riguarda invece l’andamento puntuale della pressione in ๐ด, visto l’andamento ellittico della stessa si ha 2 ๐2 ๐ 2 ๐2 ๐2 ๐2 √ + 2 = 1 โบ 2 = 1 − 2 โบ ๐ = ๐๐ 1 − 2 ๐2 ๐๐ ๐ ๐ ๐๐ Per ricavare la pressione massima ๐๐ si ricorre all’equazione usata per ricavare quella media: 71 โฌ ๐๐๐ด = ๐ฬ ๐๐2 ๐ด Calcoliamo allora l’integrale a primo membro 2๐ ๐ ๐ ๐ 2 2 ๐2 ๐2 ๐2 ∫ ∫ (๐๐ √1 − 2 ) ๐๐๐๐๐ = ๐๐ 2๐ ∫ ( √1 − 2 ) ๐๐๐ = ๐๐ ๐ ∫ ( √1 − 2 ) ๐๐2 = ๐ ๐ ๐ 2 0 0 0 ๐ 0 ๐ 1 2 ๐2 ๐2 ๐2 2 = ๐๐ ๐ ∫ √1 − 2 ๐๐2 = ๐๐ ๐๐2 ∫ √1 − 2 ๐ 2 = ๐๐ ๐๐2 ∫ √1 − ๐ก๐๐ก ๐ ๐ ๐ 2 0 0 0 Operiamo ora la sostituzione 1 − ๐ก = ๐ 2 โบ ๐ก = 1 − ๐ 2 โบ ๐๐ก = −2๐ ๐๐ ottenendo 0 1 0 ๐ 3 2 โฌ ๐๐๐ด = ๐๐ ๐๐ ∫ √1 − ๐ก๐๐ก = −2๐๐ ๐๐ ∫ ๐ ๐๐ = −2๐๐ ๐๐ | = ๐๐ ๐๐2 3 1 3 ๐ด 2 2 2 0 2 2 1 Dunque in definitiva 3 8.14) ๐๐ = 2 ๐ฬ Sostituendo allora nella 8.14 le 8.11, 8.13 abbiamo 3 ๐ 3 ๐ธฬ 2 3 ๐๐ธฬ 2 8.15) ๐๐ = 2 ๐๐ 2 √๐2 ๐ฬ 2 = ๐๐ √ ๐ ๐ฬ 2 dove si consideri che il coefficiente di proporzionalità, in base alla 8.12 vale 8.16) ๐๐ = 0.9185 Il senso di tutto questa argomentazione dovrebbe essere che le 8.13, 8.15 possono applicarsi al contatto reale, cioè quello fra due sfere, ovvero quello di partenza. Tuttavia non saprei come dimostrarlo in modo rigoroso partendo dalle posizioni 8.8, 8.10. Con questa impostazione del problema si riesce a calcolare anche l’avvicinamento Δ dei centri delle due sfere determinato dalla deformazione della zona di contatto. Al solito i calcoli si fanno per la 72 situazione semplificata, ovvero per il contatto fra sfera e piano, e poi si assumono validi per la situazione reale, ovvero per il contatto fra due sfere. Si consideri allora il triangolo rettangolo ๐ด๐ต๐ถ a destra nella figura. In base a uno dei teoremi di Euclide (non mi ricordo quale dei due) risulta che ๐ต๐ท 2 = ๐ด๐ท โ ๐ท๐ถ โน ๐ท๐ถ = ๐ต๐ท2 ๐2 ๐2 = ≈ ๐ด๐ท 2๐ − ๐ท๐ถ 2๐ Δ Ricordando poi la 8.9 e indicando ๐ท๐ถ = 2, si ha Δ ๐2 ๐2 = = 2 2๐ ๐ฬ Per ottenere l’avvicinamento fra i centri delle due sfere dobbiamo moltiplicare per due il risultato ottenuto. Considerando allora anche la 8.11 abbiamo 3 ๐2 8.17) Δ = 2๐๐2 √ ๐ฬ ๐ธฬ 2 3 ๐2 = 1.040 √ ๐ฬ ๐ธฬ 2 formula che risulta in buon accordo con le misure sperimentali. 8.3. Attrito. Mettendo da parte la natura dei fenomeni di attrito, ovvero di dissipazione di energia durante il moto relativo di due superficie a contatto, riporto una classificazione dei fenomeni di attrito basata sul tipo di moto relativo fra le due superfici. ๏ท ๏ท ๏ท Attrito radente. L’attrito che si verifica nel moto di strisciamento fra due superfici. Nei calcoli se ne tiene conto considerando una forza tangente alle due superfici nella zona di contatto, diretta come il moto, ma con verso opposto, proporzionale alla forza di chiusura attraverso un fattore di proporzionalità ๐. Attrito statico. È l’attrito che si avverte quando le due superfici sono in quiete l’una rispetto l’altra, e si tenta di avviare il moto di strisciamento. Per tenere in conto l’effetto di questo attrito si considera una forza tangenziale, proporzionale alla forza di chiusura secondo un fattore ๐๐ > ๐. Attrito volvente. È la dissipazione di energia che si verifica nel caso di moto di puro rotolamento, cioè in assenza di moto di strisciamento fra le due superfici. Per tenere conto di questa dissipazione si introduce il coefficiente di attrito volvente ๐๐ฃ il quale, moltiplicato per il peso del corpo rotolante, fornisce l’intensità della forza necessaria a mantenere il moto uniforme di rotolamento. Se la superficie su cui avviene il rotolamento è molto irregolare, allora si avranno una serie di urti i quali, non essendo i materiali perfettamente elastici, assorbiranno energia e dunque rallenteranno il moto. In questo caso si può definire un coefficiente di attrito ๐๐ข che tenga conto anche degli urti. 73 ๏ท ๏ท ๏ท Attrito di prillamento. Nel moto di prilla mento una superficie presenta, nel suo moto rispetto all’altra, una componente della velocità angolare ortogonale ad entrambe, nella regione di contatto. Vi sarà dunque, ad una scala molto ridotta, un moto di strisciamento tanto più accentuato quanto più ci si allontana dal punto teorico di contatto. Attrito mediato. Nel caso in cui fra le due superfici sia presente un lubrificante il quale ne eviti il contatto diretto, la dissipazione di energia avviene comunque, ed è dovuta alle tensioni tangenziali che si sviluppano nel lubrificante. Questo tipo di dissipazione è trattata come quella relativa all’attrito radente, ma si considererà un opportuno coefficiente di proporzionalità ๐๐ , detto coefficiente di attrito mediato. Attrito untuoso. Se fra le due superfici non è presente uno spessore di lubrificante tale da separarle del tutto, ma è comunque presente una certa quantità di lubrificante, si ha un altro caso particolare di attrito radente caratterizzato dal suo proprio coefficiente di attrito ๐๐ข , detto appunto coefficiente di attrito untuoso. La trattazione quantitativa dei fenomeni di attrito si deve a Coulomb e si basa sul presupposto che il modulo della forza di attrito dipende solo dal modulo della forza di chiusura, ed è ad essa linearmente proporzionale. La proporzionalità è determinata dai coefficienti di attrito menzionati nei punti precedenti. Consideriamo allora i seguenti casi. ๏ท Elemento materiale in quiete su una superficie. La teoria di Coulomb vuole che la risultante ๐ โ della forza di attrito e della forza di chiusura, ortogonale alla superficie, sia all’interno del cono di semi apertura ๐๐ , essendo ๐๐ l’angolo per il quale si ha ๐ 8.18) tan ๐๐ = ๐ = ๐๐ dove ๐ è il modulo della forza di attrito e ๐ è quello della forza di chiusura; i due sono legati, in base al presupposto della teoria di Coulomb, dalla relazione ๐ = ๐๐ ๐. ๏ท Elemento materiale in quiete su una curva. In questo caso la risultante ๐ โ della forza di attrito e della forza di chiusura deve trovarsi all’esterno dei due coni indicati in figura, aventi ๐ come asse la tangente alla curva nel punto considerato e come semi apertura l’angolo 2 − ๐๐ . ๏ท Elemento materiale in moto su una superficie. In questo caso la reazione ๐ โ presenta come retta d’azione una generatrice del cono di semi apertura ๐๐ essendo tale angolo definito dalla relazione ๐ 8.19) tan ๐๐ = ๐ = ๐๐ ๏ท Elemento materiale in moto su una curva. La reazione ๐ โ ha retta di azione coincidente con una generatrice del doppio cono avente asse coincidente con la tangente alla curva nel ๐ punto considerato e semi apertura data da 2 − ๐๐ , essendo ๐๐ definito dalla relazione 8.19. 74 Le considerazione fatte qui per il punto materiale si estendono poi inalterate ai corpi rigidi ove la forza ๐ โ assumerà il significato di risultante, somma della risultante della sollecitazione di chiusura e della risultante della sollecitazione di attrito che si esplica su ciascuno dei punti che costituiscono la superficie di contatto. 8.4. Coefficiente di attrito nel caso di usura adesiva. Per usura adesiva si intende quella che si verifica nel caso in cui le due superfici a contatto abbiano una natura chimica tale da costituire, a causa della forza di chiusura, delle microsaldature. In questo caso dunque la sollecitazione che determina il moto romperà via via le microsaldature, causando perdita di materiale per entrambe le superfici, causando cioè appunto usura delle stesse. Se indico ๐ด๐ l’area in cui si verificano le microsaldature in regime di deformazione plastica, che chiamo area effettiva, e se ๐ è la risultante della sollecitazione di chiusura, allora definisco durezza specifica โ il rapporto 8.20) โ โ ๐/๐ด๐ Se inoltre indico ๐๐ la tensione tangenziale di snervamento del materiale meno resistente (i.e. che si snerva prima) allora la forza resistente dovuta all’attrito è data da 8.21) ๐ = ๐๐ ๐ด๐ 75 poiché il presupposto teorico di questa trattazione è quello di ammettere che la resistenza al moto è pari alla forza necessaria a rompere le microsaldature, ovvero a deformare il materiale delle microsaldature fino a portarlo a rottura; se infatti la deformazione fosse elastica, non si avrebbe rottura delle microsaldature e neanche dunque un moto relativo macroscopico fra le due superfici. Dunque il coefficiente di attrito dinamico si esprimerà come ๐ ๐ 8.22) ๐๐ = ๐ = โ๐ 8.5. Modelli di calcolo dell’usura. Un modello di calcolo di usura è una espressione matematica che consenta di ricavare il volume di materiale perso per usura, a partire da misure sperimentali di facile realizzazione. In questo paragrafo tratto due modelli che partano da presupposti diversi ma giungono a una medesima conclusione. ๏ท Modello di Reye. Si assume che il volume di materiale asportato per usura sia proporzionale al lavoro delle forze di attrito durante il moto relativo delle superfici. Tale modello, definito energetico, porge la formula 8.23) ๐ด๐๐ฟ = (๐๐ ๐๐ด)(๐ค๐๐ก) ๐๐ dove ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๐ด è la superficie apparente di contatto ๐๐ฟ è lo spessore di materiale asportato per usura ๐๐ è il coefficiente di attrito dinamico ๐ è la pressione media dovuta alle forze di chiusura ๐ค è la velocità del moto relativo fra le superfici ๐๐ è una costante empirica, avente dimensioni di sforzo Pertanto risulta che ๏ท ๏ท ๏ท ๐ด๐๐ฟ è il volume complessivamente perso per usura ๐๐ ๐๐ด è la forza resistente dovuta all’attrito ๐ค๐๐ก è lo spazio percorso in un tempo infinitesimo Semplificando la 8.23 si ottiene la equazione differenziale 8.24) ๐๐ฟ ๐๐ก = ๐๐ ๐๐ค ๐๐ dove particolare importanza ha il prodotto ๐๐ ๐๐ค, il quale rappresenta l’energia dissipata per attrito nell’unità di tempo e per unità di superficie di contatto. ๏ท Modello di Archard. Il volume di materiale perso per usura si assume proporzionale alla forza di chiusura e allo spazio percorso; inversamente proporzionale alla durezza specifica. Questo assunto si traduce nella formula 8.25) ๐ด๐๐ฟ = ๐ (๐๐ ๐ฬ ๐ด)(๐ค๐๐ก) โ 76 dove vale la simbologia introdotta nel punto precedente e dove โ è la durezza specifica introdotta nella 8.20. La costante adimensionale ๐ è un parametro empirico. Arrangiando la 8.25 si ricava la relazione differenziale 8.26) ๐๐ฟ ๐๐ก = ๐๐๐ โ ๐ฬ ๐ค = ๐๐ฬ ๐ค dove si è introdotto il tasso di usura specifica 8.27) ๐ โ ๐๐๐ โ Si noti che anche la 8.26, come la 8.24, contempla il prodotto ๐ฬ ๐ค , ovvero l’energia dissipata per unità di tempo e di superfice, a causa dell’attrito. Nel caso di usura adesiva, trattato nel paragrafo precedente, possiamo sostituire nella 8.24 la 8.22 ottenendo 8.28) ๐๐ฟ ๐๐ก =๐ ๐๐ ๐โ ๐๐ค che è proprio la 8.26. Resta provata dunque l’equivalenza fra il modello di Reye e quello di Archard nel caso di usura adesiva. Un’ulteriore considerazione può essere fatta manipolando la 8.28 nel seguente modo ๐๐ฟ ๐๐ ๐๐ ๐๐ ๐ด๐ = ๐๐ค โบ ๐ด๐๐ฟ = ๐๐ด๐ค๐๐ก โบ ๐ด๐๐ฟ = ๐๐ ๐๐ก ๐๐ โ ๐๐ โ ๐๐ ๐ per cui, detto ๐ il volume perso per attrito, si ha ๐ 8.29) ๐ = ๐ ๐ ๐ด๐ ๐ ๐ Per cui tale volume è proporzionale al volume virtuale avente come base l’area effettiva e come altezza lo spazio percorso. Ma essendo per i metalli di nostro interesse 8.30) ๐๐ = 105 ๐บ๐๐ risulta che il volume per attrito è solo una minima parte del volume virtuale anzidetto (essendo le tensioni di snervamento dell’ordine di dieci o cento mega pascal). 8.6. Usura nella coppia rotoidale spingente. Applichiamo la 8.25 al caso illustrato in figura. Se ๐ indica la distanza dal centro della coppia, allora l’applicazione a una corona elementare di raggio ๐ è data da (2๐๐๐๐)๐๐ฟ(๐) = ๐ (๐๐ ๐(๐)2๐๐๐๐)(๐๐) โ dove si è sostituita la pressione media con la pressione in funzione del raggio della corona stessa, dove lo spessore della pellicola consumata per usura è anch’esso funzione del raggio, e dove ๐ indica l’angolo di cui è ruotata la coppia nell’intervallo di tempo considerato. Semplificando si ricava 77 8.31) ๐๐ฟ = ๐ ๐๐ ๐(๐)๐๐ โ che rappresenta l’altezza della pellicola di materia consumata per usura, in corrispondenza del raggio ๐. Dalla 8.31 si evince che il prodotto ๐(๐)๐ è costante e dunque l’andamento della pressione in funzione del raggio è iperbolico, per cui i valori minimi di pressione si hanno in prossimità del bordo della coppia. Questo suggerisce fra l’altro di non usare dischi pieni per realizzare queste coppie cinematiche, quanto piuttosto delle corone. 8.7. Usura nella coppia rotoidale portante. Abbiamo un perno che ruota dentro un cuscinetto. A causa di tolleranze di lavorazione la differenza di raggio fra il perno e il cuscinetto sarà più o meno grande; comunque in figura ho enfatizzato tale differenza in modo da rendere più chiara la seguente trattazione. Diciamo, tanto per fissare le idee, che la forza di chiusura sia verticale (ad esempio la forza peso); allora in condizioni di quiete relativa la configurazione della coppia sarà quella indicata a sinistra. Quando il perno comincia a ruotare (diciamo in senso orario), si determina una forza di attrito ๐ la quale ha direzione tangente alle due circonferenze nel punto di contatto e verso tale da opporsi al 78 moto relativo del perno rispetto al cuscinetto. Raggiunto il regime la sollecitazione agente sul perno deve essere equilibrata: questo ci permette di asserire che la reazione ๐ (somma della forza di attrito ๐ e della reazione ๐) ha direzione verticale, in modo da bilanciare la forza di chiusura ๐. Dovendo poi essere, in base al modello colombiano di attrito, vero che ๐๐ = tan ๐ = ๐/๐, resta determinata la posizione assunta dal perno a regime (vedi figura a destra). La distanza ๐ indicata in figura prende il nome di circonferenza di attrito, dove tale circonferenza è quella che ha centro sull’asse del perno e risulta tangente alla retta di azione della forza ๐ . 8.8. Attrito volvente dovuto a isteresi. Consideriamo un disco su un piano: il disco sia deformabile, il piano sia rigido. Allora, per quanto visto nel paragrafo 8.3, la distribuzione degli sforzi normali agenti sul disco in corrispondenza della superficie di contatto. Nel momento in cui il disco comincia a rotolare sul piano, la distribuzione degli sforzi normali sulla superficie di contatto cambia come indicato in figura: cresce nella metà posta dalla parte del moto, decresce nell’altra metà. La giustificazione di questa fenomenologia si trova immediatamente nel diagramma deformazioni-sforzi del ciclo di isteresi a cui è sottoposto il materiale del disco. Se infatti si considera la deformazione negativa che accomuna sia il punto ๐ต, che rappresenta la zona della superficie di contatto che si sta decomprimendo, che il punto ๐ด, che rappresenta la zona della superficie di contatto che va in contro a ulteriore compressione (il tutto per via del moto di rotolamento), si vede come nel primo caso il materiale presenti uno sforzo minore rispetto al secondo caso. Ma se la distribuzione degli sforzi è quella indicata, la sua risultante ๐ presenterà una retta d’azione traslata nel verso del moto. Si ha così una coppia di braccio ๐ข, detto parametro di attrito volvente. Questo comporta che il rotolamento potrà continuare solo in presenza di una coppia motrice, anche se il moto è stazionario. Ciò significa che della energia va dissipata pur non essendovi attrito radente. Si parla allora in questo caso, e in altri analoghi, di attrito volvente. Esaminiamo ora alcuni casi elementari di attrito volvente. ๏ท Ruota trainata. Consideriamo il caso di una ruota su cui agisca una risultante ๐ con direzione e verso del moto di rotolamento. In questo caso, oltre alla reazione ๐, che costituisce con la forza di chiusura ๐ una coppia di braccio ๐ข (esattamente come nella discussione generale), si avrà anche il fenomeno di attrito statico il quale determina la forza radente ๐. In condizioni stazionarie la sollecitazione complessiva deve essere in equilibrio meccanico, per cui deve aversi ๐ = ๐, ๐ = ๐ e 79 inoltre le due coppie devono bilanciarsi per cui deve essere ๐๐ข = ๐๐. Ma dovendo anche essere tan ๐๐ฃ = ๐/๐ abbiamo 8.32) ๐๐ฃ๐ = tan ๐๐ฃ = ๐ข ๐ essendo ๐๐ฃ๐ il coefficiente di attrito volvente per isteresi. È opportuno considerare comunque che ๏ท ๏ท la forza ๐ può essere compensata dalla forza di attrito statico ๐ solo nel caso in cui l’angolo ๐๐ฃ sia tale per cui ๐ข è minore di ๐, essendo ๐ la semi ampiezza della superficie di contatto; se questo non accade, non si ha equilibrio meccanico alla traslazione orizzontale e dunque si ha una accelerazione; se ๐๐ฃ è maggiore dell’angolo del cono di attrito statico, allora si avrà strisciamento e dunque, oltre alla usura per attrito volvente, si dovrà considerare anche quella per attrito radente. ๏ท Ruota trainante. Valgono le considerazioni fatte nel caso precedente, tenendo presente che qui il bilancio meccanico alla rotazione avviene grazie a una coppia motrice ๐, e che anziché avere una forza trainante ๐, si ha una forza resistente ๐๐ . Anche qui dunque si determina una forza radente ๐ dovuta ad attrito statico e vale la seconda osservazione del punto precedente. Il bilancio meccanico alla rotazione si scrive 8.33) ๐ = ๐๐ + ๐๐ข 8.9. Attrito volvente dovuto a urti. Un disco rotola su un piano che presenta delle asperità di altezza media โ e a distanza media ๐ una dall’altra. Quello che mi interessa è capire quale coppia motrice debba essere applicata al disco per mantenere il suo centro a velocità costante. A questo scopo conviene procedere calcolando l’energia ๐ธ๐ persa in ogni urto, considerando che gli urti non sono perfettamente elastici e che dunque parte dell’energia cinetica del disco sarà assorbita dalle due superfici in questione (piano e disco). Volendo studiare l’urto fra il disco e lo scalino si deve valutare l’energia cinetica d’urto, che non è quella del disco, ma va valutata considerando la 80 componente normale alla superficie dell’urto, della velocità del punto ๐ in cui avviene l’urto, e la massa โณ del disco. Allora, ammettendo che il disco realizzi un moto di puro rotolamento, si ha ๐ธ๐ = 1 1 ๐ผ 1 ๐ผ ′2 2 2 2 2 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ โณ๐ฃ๐ = โณ (๐ฃ๐ ๐๐๐ 2 ) = โณ (๐ ) 0 ๐ ๐ ๐๐๐ 2 2 2 2 2 Si consideri ora che, assumendo โ molto piccolo rispetto al raggio del disco, l’angolo ๐ผ sarà piccolo anch’esso e dunque possiamo approssimativamente scrivere ๐ธ๐ = 1 1 ๐ผ 1 ′2 2 2 2 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ โณ๐ฃ๐ = โณ (๐ฃ๐ ๐๐๐ 2 ) = โณ๐ 0๐ ๐ 2 2 2 2 2 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ Applicando poi uno dei due teoremi di Euclide abbiamo 2๐โ = ๐ 0 ๐ e dunque fin qui 8.34) ๐ธ๐ = โณ๐โ๐2 Adesso si deve considerare che di questa energia quella dissipata nell’urto è una porzione la cui entità è legata al grado di elasticità dei due materiali, grado che viene definito da un parametro adimensionale minore di uno, che indichiamo ๐, e che prende il nome di grado di elasticità. Allora l’energia perduta nell’urto, che produce deformazioni plastiche, è data da ๐ 8.35) ๐ธ๐ = (1 − ๐)๐ธ๐ = (1 − ๐) ๐ ๐โ๐2 dove ho anche considerato che essendo l’accelerazione gravitazionale la sola accelerazione a cui è soggetto il disco, deve risultare โณ๐ = ๐. Considerando allora un tragitto unitario, in cui saranno presenti ๐ = 1/๐ scalini, l’energia perduta per unità di lunghezza del tragitto sarà 8.36) ๐ธ๐๐ก๐๐ก = ๐๐ธ๐ = (1 − ๐) ๐๐โ๐ 2 ๐๐ Volendo definire un coefficiente di attrito volvente per urti si può porre ๐๐ = ๐ธ๐ , dove ๐ = ๐๐ฃ๐ข ๐, ottenendo 8.37) ๐๐ฃ๐ข = ๐ธ๐ ๐ = (1 − ๐) ๐โ๐ 2 ๐ Se poi, in analogia con il caso del disco su piano liscio, si vuole definire un parametri fittizio di attrito ๐ข′ , si deve considerare che questo parametro deve essere tale che sia ๐ = ๐๐ข′ , essendo ๐ la coppia motrice necessaria a compensare la perdita di energia cinetica dovuta agli urti. Il lavoro ๐๐ che questa coppia realizza nella unità di tempo deve essere pari allora all’energia cinetica dissipata nell’unità di tempo. Ma essendo ๐๐ = ๐ โบ Δ๐ก = ๐/๐๐ Δ๐ก abbiamo ๐๐ = ๐ธ๐ ๐ธ๐ ๐๐ โณ๐ 2 โ๐3 ๐๐ 2 โ๐2 = = (1 − ๐) โบ ๐ = (1 − ๐) = ๐๐ข′ Δ๐ก ๐ ๐ ๐๐ 81 Dunque si conclude che 8.38) ๐ข′ = (1 − ๐) ๐ 2 โ๐ 2 ๐๐ Naturalmente tutta questa discussione non ha considerato la dissipazione di energia per attrito volvente imputabile a isteresi del ciclo di deformazione la quale, in sede di progetto, può semplicemente essere sommata, in base a quanto visto nel precedente paragrafo, a quella qui discussa. In particolare, considerando isteresi e urti, la coppia motrice necessaria a mantenere uniforme il moto del disco sarà data da 8.39) ๐๐ก๐๐ก = ๐(๐ข + ๐ข′ ) 8.10. Cuscinetti volventi. Lo scopo di questi dispositivi è quello di avere un moto di rotolamento, piuttosto che un moto di strisciamento, ovvero un attrito volvente anziché un attrito radente. Per una discussione sui vari tipi di cuscinetti volventi ti rimando ai tuoi appunti di Disegno di Macchine, oppure al libro di testo di Meccanica Applicata. Qui ci occupiamo di cuscinetti radiali il cui aspetto è sommariamente indicato in figura (a sinistra), dove si riporta anche la rappresentazione convenzionale, nel linguaggio del disegno tecnico. In figura manca un elemento: la gabbia, la quale ha il ruolo di mantenere separate le sfere. Facendo riferimento alla figura successiva si ricava la velocità angolare della gabbia in funzione di quella dell’anello esterno e di quella dell’anello interno: 8.40) ๐๐ (๐ ๐ + ๐) = (๐ ๐ +2๐)๐๐ +๐ ๐ ๐๐ 2 Questa formula discende dall’analisi dell’atto di moto della sfera che rotola con centro delle velocità in ๐ด. Se infatti considerassimo fisso l’anello esterno avremmo ๐ฃ๐ต ๐ฃ๐ถ = 2๐ ๐ 82 Considerando poi il moto dell’anello esterno abbiamo ๐๐ (๐ ๐ + ๐) = ๐๐ (๐ ๐ + 2๐) ๐ฃ๐ต + ๐ฃ๐ด ๐ฃ๐ถ + ๐ฃ๐ด ๐ฃ๐ด = = โบ ๐๐ ๐ ๐ = ๐๐ (๐ ๐ + ๐) = ๐๐ (๐ ๐ + 2๐) โบ { ๐๐ (๐ ๐ + ๐) = ๐๐ ๐ ๐ 2๐ + ๐ ๐+๐ ๐ dove ๐ rappresenta l’allontanamento del centro di istantanea rotazione dal punto ๐ด, una volta che si sia aggiunta la velocità di trascinamento dell’anello esterno. Sommando poi membro a membro si ottiene appunto la 8.40. 8.11. Cuscinetti volventi portanti. Adesso diciamo che l’anello esterno sia fisso e tentiamo un confronto fra la coppia rotoidale portante del paragrafo 8.7 e il cuscinetto volvente portante; tenendo presente che la coppia rotoidale altro non è che un cuscinetto a strisciamento. In particolare voglio dimostrare che la circonferenza d’attrito, a parità del resto, è più piccola nel caso del cuscinetto volvente, cosa che ha particolare rilevanza in quanto sta a significare che la reazione di contatto, durante il moto a regime, è più prossima alla normale il che, a sua volta dimostra che con i cuscinetti volventi si ha una minore dissipazione di energia (almeno credo) poiché in effetti in questo modo è minore il valore della coppia necessaria a mantenere un moto uniforme. Nel disegno ho considerato solo la sfera che equilibra ๐, ma non so come si debba estendere la discussione alle altre sfere. A sinistra il cuscinetto a strisciamento, a destra quello volvente. Nel primo caso si ha ๐ = ๐ ๐ ๐๐ ๐ ≈ ๐ ๐ก๐๐ ๐ = ๐๐๐ Nel secondo caso si ha ๐ = (๐ ๐ + ๐) sin ๐ผ ≈ (๐ ๐ + ๐) tan ๐ผ = (๐ ๐ + ๐)๐๐ฃ๐ Per la comparazione del braccio ๐ della coppia che la coppia motrice deve bilanciare per mantenere il moto uniforme, si tenga presente che il raggio ๐ del perno della coppia rotoidale equivale al raggio della gabbia più quella della sfera, per il cuscinetto volvente. Detto questo, considerando che per un dato materiale il coefficiente di attrito volvente è di uno o due ordini di grandezza inferiore a quello di attrito radente 83 si evince che la coppia motrice nel cuscinetto volvente è di uno o due ordini di grandezza inferiore a quella necessaria per il cuscinetto a strisciamento. Per questo motivo si usa dire che l’invenzione del cuscinetto volvente sia equiparabile, per importanza, a quella della stessa ruota. 8.12. Criterio di scelta del cuscinetto volvente. Si stabilisce il numero di milioni di rotazioni che deve garantire il cuscinetto. Questo numero si indica ๐ฟ è si calcola così: 8.41) ๐ฟ = 60๐โ 106 essendo ๐ il numero di rotazioni al minuto. Nei cataloghi sono riportati, per ogni cuscinetto, due parametri ๐ถ, ๐ i quali permettono di scegliere il cuscinetto che soddisfi la condizione ๐ถ ๐ 8.42) ๐ฟ = ๐ ( ) ๐ 10 dove ๐ = 3 per i cuscinetti a sfera, vale invece 3 per i cuscinetti a rullo. Inoltre ๐ rappresenta il carico a cui risulta soggetto il cuscinetto durante il periodo di esercizio. 84 Capitolo 9. Lubrificazione 9.1. Viscosità. La proprietà meccanica di maggiore interesse nel caso di lubrificanti liquidi (quelli cioè più usati) è la viscosità ๐ per introdurre la quale è utilissima la cosiddetta esperienza di Maxwell. ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท due piani paralleli di ampiezza indefinita sono posti a distanza โ l’uno dall’altro; il paino inferiore sia fermo; il piano superiore abbia velocità ๐; tra i due piani sia presente un fluido. Si fa l’ipotesi che il fluido si muova formando delle lamine parallele ai due piani le quali scorrono l’una sull’altra. ๏ท ๏ท La lamina contigua alla lastra inferiore sia ferma; quella contigua alla lamina superiore abbia velocità ๐; Ciò posto si afferma che il fluido presenta una viscosità ๐ quando per mantenere costante la velocità della piastra superiore è necessario applicare alla stessa una forza radente per unità di superficie 9.1) ๐ ๐๐ง๐ฅ = ๐ โ da cui discende che la viscosità si misura in ๐๐ โ ๐ . In termini differenziali la 9.1 si ottiene la formula di Petroff 9.2) ๐๐ง๐ฅ = ๐ ๐๐๐ฅ ๐๐ง Si può dunque sottolineare l’importante osservazione che la resistenza allo scorrimento relativo fra due lamine di fluido è linearmente dipendente dalla differenza di velocità fra le stesse. Il primo a evidenziare questa proprietà di alcuni fu Newton e dunque i fluidi per i quali vale la 9.2 sono detti fluidi newtoniani. È utile rilevare l’equivalenza fra la viscosità dei fluidi e il modulo di elasticità tangenziale ๐บ usato nella teoria dell’elasticità: infatti, in una situazione analoga a quella della esperienza di Maxwell dove però al posto del fluido vi sia un solido elastico in condizioni di equilibrio meccanico, si ha 85 9.3) ๐๐ง๐ฅ = ๐บ ๐๐๐ฅ ๐๐ง essendo ๐๐ฅ lo spostamento lungo l’asse ๐ฅ. La temperatura e la pressione presentano una certa influenza sulla viscosità; tuttavia la dipendenza della viscosità da questi due parametri è di difficile espressione attraverso delle funzioni elementari. Comunque per la dipendenza dalla temperatura in genere si fa riferimento alla formula di Reynolds 9.4) ๐ = ๐ ๐ −๐ฝ๐ dove ๐ , ๐ฝ sono due costanti empiriche e ๐ è la temperatura. Per la dipendenza dalla pressione si fa invece riferimento alla formula di Barus 9.5) ๐ = ๐0 ๐ ๐ผ(๐−๐0 ) dove ๐ผ è un coefficiente empirico, ๐0 è la viscosità alla pressione di riferimento ๐0 , ๐ è la pressione. Spesso ci si riferisce alla viscosità cinematica 9.6) ๐ ๐=๐ essendo ๐ la densità del fluido. Per viscosity index si intende una misura dello scadimento della viscosità di un fluido all’aumentare della temperatura: più è elevato e minore è la diminuzione della viscosità con la temperatura. Nel caso di oli lubrificanti è auspicabile un V.I. molto elevato. Si tenga presente che tale indice si assume maggiore o uguale a zero e che i migliori oli lubrificanti posseggono un V.I. pari a 150. 9.2. Meato con facce piane parallele. Consideriamo il meato introdotto nella esperienza di Maxwell, descritta nel paragrafo precedente. Si consideri allora la porzione di fluido indicata in figura avente dimensioni ๐๐ฅ โ ๐๐ง โ ๐. Assumendo che la pressione sia definita da una funzione ๐ = ๐(๐ฅ), le forze indicate in figura hanno le seguenti espressioni: ๐น๐ (๐ฅ) = ๐(๐ฅ)๐๐๐ง ๐น๐ (๐ฅ + ๐๐ฅ) = ๐(๐ฅ + ๐๐ฅ)๐๐๐ง = (๐(๐ฅ) + ๐๐(๐๐ฅ) ) ๐๐๐ง ๐๐ฅ ๐น๐ (๐ง) = ๐๐ง๐ฅ (๐ง)๐๐๐ฅ ๐น๐ (๐ง + ๐๐ง) = ๐๐ง๐ฅ (๐ง + ๐๐ง)๐๐๐ฅ = (๐๐ง๐ฅ (๐ง) + ๐๐๐ง๐ฅ (๐ง) ) ๐๐๐ฅ ๐๐ง Se consideriamo condizioni stazionarie le forze agenti sul parallelepipedo considerato devono bilanciarsi, ovvero deve essere ๐น๐ (๐ฅ) + ๐น๐ (๐ง + ๐๐ง) − ๐น๐ (๐ฅ + ๐๐ฅ) − ๐น๐ (๐ง) = 0 โบ ๐๐๐ง๐ฅ (๐ง) ๐๐(๐ฅ) โบ ๐(๐ฅ)๐๐๐ง + (๐๐ง๐ฅ (๐ง) + ๐๐ง) ๐๐๐ฅ − ๐๐ง๐ฅ (๐ง)๐๐๐ฅ − (๐(๐ฅ) + ๐๐ฅ) ๐๐๐ง = 0 ๐๐ง ๐๐ฅ Semplificando abbiamo 86 ๐๐๐ง๐ฅ (๐ง) ๐๐(๐ฅ) ๐๐ฅ๐๐ง − ๐๐ฅ๐๐ง = 0 ๐๐ง ๐๐ฅ Dovendo poi valere la legge di Petroff 9.2, si ha 9.7) ๐ ๐2 ๐๐ฅ ๐๐ง 2 − ๐๐(๐ฅ) ๐๐ฅ =0โบ ๐2 ๐๐ฅ ๐๐ง 2 1 ๐๐(๐ฅ) =๐ ๐๐ฅ dove abbiamo supposto che la viscosità non ha dipendenza spaziale. Integrando due volte rispetto a ๐ง abbiamo 9.8) 1 ๐๐(๐ฅ) 2 ๐ง ๐๐ฅ ๐๐ฅ (๐ง) = 2๐ + ๐ด๐ง + ๐ต con le condizioni al contorno ๐๐ฅ (๐ง = 0) = 0, ๐๐ฅ (๐ง = โ) = ๐ dalle quali si ricava ๐ต=0 ๐ 1 ๐๐(๐ฅ) 2 { ๐ด= − โ โ 2๐ ๐๐ฅ Per cui la 9.8 porge 9.9) 1 ๐๐(๐ฅ) ๐๐ฅ (๐ง) = 2๐ ๐๐ฅ ๐ (๐ง − โ)๐ง + ๐ง โ Dunque l’andamento delle velocità in funzione di ๐ง è la somma di un andamento lineare e di un andamento parabolico condizionato dal segno della derivata della pressione. Procediamo adesso al calcolo della portata volumica, ovvero del volume che attraversa un piano ortogonale alla velocità, nell’unità di tempo. Poiché il meato è infinito lungo ๐ฆ, cerchiamo la portata relativa a una larghezza unitaria lungo tale dimensione. Detta ๐ allora la portata volumica si ha โ โ โ 1 ๐๐(๐ฅ) ๐ 1 ๐๐(๐ฅ) ๐ง 3 ๐ง2 ๐ 2 (๐ง − โ)๐ง + ๐ง) ๐๐ง = ( ๐ = ∫ ๐๐ฅ ๐๐ง = ∫ ( ( −โ )+ ๐ง ) = 2๐ ๐๐ฅ โ 2๐ ๐๐ฅ 3 2 2โ 0 0 0 87 = 1 ๐๐(๐ฅ) โ3 โ2 ๐ 2 ( −โ )+ โ 2๐ ๐๐ฅ 3 2 2โ E dunque ๐ 1 ๐๐(๐ฅ) 9.10) ๐ = 2 โ − 12๐ ๐๐ฅ โ3 Se il fluido è incomprimibile (per gli oli lubrificanti questa condizione si può pensare verificata), si deve ammettere che la portata sia costante in ๐ฅ. Dunque il gradiente della pressione è costante, ovvero la pressione varia linearmente. Nella pratica della lubrificazione i componenti meccanici sono a bagno d’olio, ciò che significa che la pressione a un estremo del meato è uguale a quella all’altro estremo. Per avere dunque una misura del sostentamento che offre il lubrificante alla parete superiore, si deve considerare la sovrapressione, ovvero la differenza fra la pressione effettiva e quella esterna. Allora stabilisco di indicare con la funzione ๐ = ๐(๐ฅ) proprio la sovrapressione. Nel caso dunque di bagno d’olio la sovrapressione nel meato è nulla e il sostentamento è nullo essendo esso dato, considerando una larghezza unitaria del meato, dalla forza ๐ 9.11) ๐ = ∫0 ๐(๐ฅ)๐๐ฅ dove ๐ è la lunghezza del meato stesso. Queste considerazioni suggeriscono la conclusione che per avere un sostentamento della parete mobile da parte del lubrificante, il meato deve avere altezza variabile. 9.3. Meato a spessore decrescente. Se il meato ha un’altezza variabile si può constatare che valgono ancora le 9.9, 9.10 non appena si sostituisca la costante โ con la generica funzione โ = โ(๐ฅ). Le riscrivo dunque 1 ๐๐(๐ฅ) 9.12) ๐๐ฅ (๐ง) = 2๐ ๐ ๐๐ฅ ๐ (๐ง − โ(๐ฅ))๐ง + โ(๐ฅ) ๐ง 1 ๐๐(๐ฅ) 9.13) ๐ = 2 โ(๐ฅ) − 12๐ ๐๐ฅ โ3 (๐ฅ) La portata resta comunque costante, se si prende per buona l’incomprimibilità del fluido. Esplicitando la 9.13 rispetto al gradiente della pressione si ha 9.14) ๐๐(๐ฅ) ๐๐ฅ = 12๐ ๐ โ(๐ฅ)−๐ 2 โ3 (๐ฅ) Per studiare l’andamento della pressione in ๐ฅ, avvalendoci della 9.14, facciamo l’ipotesi che la funzione ๐ = ๐(๐ฅ) abbia un massimo lungo il meato. Allora esiste un punto ๐ฅฬ in corrispondenza del quale si annulla il gradiente della pressione. Posto allora โฬ = โ(๐ฅ), la 9.14 porge 9.15) 12๐ ๐ฬ โ−๐ 2 ฬ 3 โ ๐ = 0 โบ ๐ = 2 โฬ Sostituendo la 9.15 nella 9.14, si ha 88 9.16) ๐๐(๐ฅ) ๐๐ฅ = 6๐๐ ฬ โ(๐ฅ)−โ 3 โ (๐ฅ) Allora, volendo qui trattare il caso di un meato a spessore decrescente, risultando โ(๐ฅ = 0) ≥ โฬ , la 9.16 ci dice che ๐๐(๐ฅ) ๐๐ฅ ๐๐(๐ฅ) 9.17) ๐๐ฅ ๐๐(๐ฅ) { ๐๐ฅ ≥ 0 โต ๐ฅ < ๐ฅฬ ≤ 0 โต ๐ฅ > ๐ฅฬ = 0 โต ๐ฅ = ๐ฅฬ Si osserva che la 9.16 consente di ricavare il valore โฬ imponendo le condizioni al contorno ๐(๐ฅ = 0) = ๐(๐ฅ = ๐). Infatti si ha ๐ ๐๐(๐ฅ) โ(๐ฅ) − โฬ ๐๐ฅ = 6๐๐ ∫ ๐๐ฅ โบ 3 ๐๐ฅ 0 0 โ (๐ฅ) ๐ ๐ โ(๐ฅ) ๐๐ฅ ฬ โบ∫ 3 ๐๐ฅ − โ ∫ 3 =0 0 โ (๐ฅ) 0 โ (๐ฅ) ๐ 0 = ๐(๐ฅ = ๐) − ๐(๐ฅ = 0) = ∫ Dunque ๐ ๐๐ฅ 9.18) โฬ = ∫0 2 (๐ฅ) โ ๐ ๐๐ฅ ∫0 3 (๐ฅ) โ Conoscendo la funzione โ = โ(๐ฅ) e ricavando โฬ dalla 9.18, si ottiene l’andamento della pressione integrando la 9.16 e imponendo che la pressione sia la stessa ai due estremi del meato. Poi la 9.11 fornirà la forza di sostentamento esplicata dal lubrificante. Ciò detto vediamo come applicare tutto questo a due casi concreti. Volendo poi che la forza di sostentamento ๐ determini una sollecitazione equivalente a quella costituita dalle forze di pressione, si deve calcolare il punto ๐ฅ๐ di applicazione di ๐ imponendo l’eguaglianza del momento rispetto, ad esempio, all’imbocco del meato; ovvero si deve imporre ๐ 9.19) ๐๐ฅ๐ = ∫0 ๐(๐ฅ)๐ฅ๐๐ฅ ๏ท Meato convergente con altezza ad andamento parabolico. Diciamo che l’altezza del meato abbia l’andamento parabolico decrescente descritto dalla funzione 9.20) โ(๐ฅ) = − โ1 −โ2 ๐2 ๐ฅ 2 + โ1 Sostituendo la 9.20 nella 9.18 abbiamo allora ๐ ∫0 9.21) โฬ = ๐๐ฅ 2 โ −โ (− 1 2 2 ๐ฅ2 +โ1 ) ๐ ๐ ๐๐ฅ ∫0 3 โ1 −โ2 2 (− ๐ฅ +โ1 ) ๐2 89 Si tratta ora di calcolare i due integrali. Si procede con lo sviluppo di Heaviside (per il quale ti rimando alla appendice 4 del tuo trattato di Automatica). Accenno il procedimento per l’integrale a numeratore. Per l’integrando scrivo 1 ๐น(๐ฅ) = (− = 2 โ1 − โ2 2 ๐ฅ + โ ) 1 ๐2 1 ๐11 ๐12 ๐11 ๐12 = + + + (๐ฅ − ๐1 )2 (๐ฅ − ๐2 )2 ๐ฅ − ๐1 (๐ฅ − ๐1 )2 ๐ฅ − ๐2 (๐ฅ − ๐2 )2 essendo ๐1 = ๐√ โ1 โ1 + โ2 ๐2 = −๐√ โ1 โ1 + โ2 Per i coefficienti dello sviluppo di Heaviside si ha 1 2 ๐ท2−1 ((๐ฅ − ๐1 )2 ๐น(๐ฅ))|๐ฅ=๐ = − 1 (2 − 1)! (๐1 − ๐2 )3 1 1 = ๐ท2−2 ((๐ฅ − ๐1 )2 ๐น(๐ฅ))|๐ฅ=๐ = 1 (2 − 2)! (๐1 − ๐2 )2 2 ๐21 = − (๐2 − ๐1 )3 1 ๐22 = (๐2 − ๐1 )2 ๐11 = ๐12 Dunque si ha ๐ ๐ ๐๐ฅ ∫ = ∫ ๐น(๐ฅ)๐๐ฅ = 2 โ1 − โ2 2 0 ๐ฅ + โ ) 1 ๐2 ๐ ๐11 ๐12 ๐11 ๐12 =∫ ( + + + ) ๐๐ฅ = 2 (๐ฅ − ๐1 ) ๐ฅ − ๐2 (๐ฅ − ๐2 )2 0 ๐ฅ − ๐1 0 (− โ1 ๐11 ๐๐ (๐√ − ๐ฅ) + โ1 + โ2 = ( = −2 ๐12 โ1 ๐ฅ − ๐√ โ1 + โ2 โ1 ๐๐ (๐√ − ๐ฅ) โ1 + โ2 (๐1 − ๐2 )3 + ๐21 ๐๐ (๐√ + โ1 ๐๐ (๐√ + ๐ฅ) โ1 + โ2 (๐2 − ๐1 )3 ๐22 โ1 ๐ฅ + ๐√ โ1 + โ2 )0 โ 1 (๐1 − ๐2 )2 ( + −2 โ1 + ๐ฅ) + โ1 + โ2 โ + 1 โ1 ๐ฅ − ๐√ โ1 + โ2 1 (๐2 − ๐1 )2 ( 90 + )0 โ 1 โ1 โ1 + โ2 ๐ฅ + ๐√ )0 = In modo analogo si calcola l’integrale a denominatore nella 9.21 ottenendo โฬ . Sostituendo tale risultato nella 9.16 è possibile ricavare la pressione lungo il meato. Si ha ๐ฅ ๐๐(๐ฅ) โ(๐ฅ) − โฬ โ(๐ก) − โฬ = 6๐๐ 3 โบ ๐(๐ฅ) − ๐(๐ฅ = 0) = 6๐๐ ∫ ๐๐ก ๐๐ฅ โ (๐ฅ) โ3 (๐ก) 0 Anche qui si ha un integrale da calcolare ricorrendo allo sviluppo di Heaviside. Il risultato qualitativo di questo caso è indicato in figura. ๏ท Meato convergente con altezza ad andamento lineare. In questo caso la trattazione quantitativa è più semplice che nel caso precedente e può essere condotta fino in fondo. L’altezza del meato è descritta dalla funzione 9.22) โ(๐ฅ) = โ1 + โ2 −โ1 ๐ ๐ฅ Procedo al calcolo della pressione attraverso l’integrazione della 9.16, ma per semplificare la trattazione integro rispetto a โ, piuttosto che rispetto a ๐ฅ. ๐๐(๐ฅ) โ(๐ฅ) − โฬ ๐๐(โ) ๐โ(๐ฅ) โ − โฬ ๐๐(โ) โ2 − โ1 โ − โฬ = 6๐๐ 3 โบ = 6๐๐ 3 โบ = 6๐๐ 3 โบ ๐๐ฅ โ (๐ฅ) ๐โ ๐๐ฅ โ ๐โ ๐ โ โ โ ฬ ฬ โ2 − โ1 1 โ โ2 − โ1 1 โ โบ ๐(โ) = 6๐๐ ∫ ( 2 − 3 ) ๐๐ฅ โบ ๐(โ) = 6๐๐ (− + 2 ) ๐ ๐ฅ ๐ ๐ฅ 2๐ฅ โ โ1 ๐ฅ 1 โ2 − โ1 1 โฬ 1 โฬ โบ ๐(โ) = 6๐๐ (− + 2 + − 2 ) ๐ โ 2โ โ1 2โ1 Dunque abbiamo 6๐๐๐ 9.23) ๐(โ) = โ 2 −โ1 1 ฬ โ 1 ฬ โ 6๐๐๐ (− โ + 2โ2 + โ − 2โ2 ) = โ 1 1 1 −โ2 91 1 1 ฬ โ 1 1 (โ − โ + 2 (โ2 − โ2 )) 1 1 Procedo ora al calcolo di โฬ in base alla 9.18. Ecco il calcolo dei due integrali: ๐ ๐ ๐๐ฅ ∫ 2 =∫ 0 โ (๐ฅ) 0 ๐ ๐ ๐๐ก ๐ 1 โ2 = ∫ =− | = โ2 − โ1 0 ๐ก 2 โ2 − โ1 ๐ก โ1 ๐๐ฅ โ − โ1 2 (โ1 + 2 ๐ฅ) ๐ ๐ 1 1 ๐ โ1 − โ2 1 =− ( − )= = โ2 − โ1 โ2 โ1 โ1 − โ2 โ2 โ1 โ2 โ1 ๐ ๐ ๐๐ฅ ∫ 3 =∫ 0 โ (๐ฅ) 0 ๐ ๐ ๐๐ก 1 ๐ 1 โ2 = ∫ =− | = โ2 − โ1 0 ๐ก 3 2 โ2 − โ1 ๐ก 2 โ1 ๐๐ฅ โ − โ1 3 (โ1 + 2 ๐ฅ) ๐ 1 ๐ 1 1 1 ๐ โ12 − โ22 1 โ1 + โ2 =− ( 2 − 2) = = 2 โ2 − โ1 โ2 โ1 2 โ1 − โ2 โ22 โ12 2 โ22 โ12 Dunque si ha โ โ 1 1 1 1 9.24) โฬ = 2 โ 2+โ1 โบ โฬ = 2 (โ + โ ) 1 2 2 1 Si vede dunque che l’inverso dell’altezza in corrispondenza della quale si annulla il gradiente della pressione è dato dalla media aritmetica degli inversi delle altezze ai due estremi del meato. Passiamo ora al calcolo dell’a pressione lungo il meato. Sostituendo la 9.24 nella 9.23 si ha 6๐๐๐ 9.25) ๐(โ) = โ 1 −โ2 1 1 โ โ 1 1 (โ − โ + โ 2+โ1 (โ2 − โ2 )) 1 1 2 1 Volendo poi la pressione in funzione di ๐ฅ basta sostituire la 9.22, ottenendo però una funzione un po’ più complessa. Calcolo la forza di sostentamento ๐ relativa alla larghezza unitaria ๐= = ๐ 6๐๐๐ 1 1 โ2 โ1 1 1 ∫ ( − + ( 2 − 2 )) ๐๐ฅ = โ1 − โ2 0 โ โ1 โ1 + โ2 โ โ1 โ2 ๐ 6๐๐๐ 1 1 โ2 โ1 1 1 ∫ ( − + ( 2 − 2 )) ๐โ = โ2 − โ1 โ1 − โ2 โ1 โ โ1 โ1 + โ2 โ โ1 6๐๐๐ 2 โ โ2 โ1 1 โ =− (ln โ − + (− − 2 )) 2 (โ1 − โ2 ) โ1 โ1 + โ2 โ โ1 โ2 = โ1 6๐๐๐ 2 โ2 โ2 โ1 1 โ2 โ1 โ2 โ1 1 โ1 =− (ln โ − + (− − ) − (ln โ − + (− − ))) = 2 1 (โ1 − โ2 )2 โ1 โ1 + โ2 โ2 โ12 โ1 โ1 + โ2 โ1 โ12 =− 6๐๐๐ 2 โ2 โ1 − โ2 โ2 โ1 1 1 โ2 โ1 (ln + + ( − − 2 + 2 )) = 2 (โ1 − โ2 ) โ1 โ1 โ1 + โ2 โ1 โ2 โ1 โ1 6๐๐๐ 2 โ2 โ1 − โ2 โ2 โ1 โ1 − โ2 โ1 − โ2 =− (ln + + (− + )) = (โ1 − โ2 )2 โ1 โ1 โ1 + โ2 โ1 โ2 โ12 6๐๐๐ 2 โ2 โ1 − โ2 โ2 โ1 1 1 (โ1 − โ2 ) ( 2 − =− (ln + + )) 2 (โ1 − โ2 ) โ1 โ1 โ1 + โ2 โ1 โ1 โ2 92 Definito poi il coefficiente caratteristico del meato a spessore variabile linearmente il parametro adimensionale โ 9.26) ๐ โ โ1 2 il quel definisce, stante la linearità con cui varia l’altezza, completamente la geometria del meato, la forza di spinta per unità di larghezza del meato si scrive 6๐๐๐2 ๐−1 9.27) ๐ = โ2 (๐−1)2 (ln ๐ − 2 ๐(๐+1)) 2 La 9.27 permette di trarre le seguenti conclusioni: a parità della pendenza della parete inclinata del meato si rileva che ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท la spinta è direttamente proporzionale alla velocità della parete mobile è proporzionale anche alla viscosità è proporzionale in fine al quadrato della lunghezza del meato la spinta è inversamente proporzionale al quadrato dello spessore del meato Dunque la necessità di un lubrificante che sia molto viscoso (e che mantenga la viscosità elevata anche a temperature elevate); la necessità di avere dei meati sottili, compatibilmente però con la necessità che non siano tanto sottili da far toccare le due superfici quando sia abbia una diminuzione della velocità della parete mobile. In particolare se ci si trova nella condizione di avere parecchi arresti del moto (per esempio nel caso di inversioni del moto) si deve rinunciare alla lubrificazione idrodinamica13 e adottare quella idrostatica14. Il calcolo del punto nel quale si realizza l’annullamento del gradiente di pressione, in base alla 9.22 e alla 9.24, porge ฬ −โ1 โ 9.28) ๐ฅฬ = โ 2 −โ1 ๐= โ โ 2 2 1 −โ1 โ1 +โ2 โ2 −โ1 ๐= โ2 โ1 −โ12 โ22 −โ12 ๐= ๐−๐2 1−๐2 ๐ Dunque la posizione di ๐ฅฬ dipende, a parità di ๐, solo dalla lunghezza del meato, secondo una proporzionalità lineare. Calcolo ora, attraverso la 9.19, il punto di applicazione ๐ฅ๐ della risultante delle forze di pressione tale per cui la sollecitazione ridotta sia equivalente a quella data. ๐ โ2 ๐๐ฅ๐ = ∫ ๐(๐ฅ)๐ฅ๐๐ฅ ⇔ ๐๐ฅ๐ = ∫ ๐(โ) 0 โ1 3 ⇔ ๐๐ฅ๐ = โ − โ1 ๐ ๐ ๐โ โบ โ2 − โ1 โ2 − โ1 โ2 6๐๐๐ 1 1 โ2 โ1 1 1 ∫ ( − + ( 2 − 2 )) (โ − โ1 )๐โ โบ 3 (โ1 − โ2 ) โ1 โ โ1 โ1 + โ2 โ โ1 โ2 6๐๐๐ 3 โ − โ1 โ − โ1 โ2 โ1 โ − โ1 โ − โ1 ⇔ ๐๐ฅ๐ = ∫ ( − + ( 2 − )) ๐โ โบ (โ1 − โ2 )3 โ1 โ โ1 โ1 + โ2 โ โ12 โ2 6๐๐๐ 3 โ1 โ โ2 โ1 1 โ1 โ 1 ⇔ ๐๐ฅ๐ = ∫ (1 − − + 1 + ( − 2 − 2 + )) ๐โ โบ 3 (โ1 − โ2 ) โ1 โ โ1 โ1 + โ2 โ โ โ1 โ1 13 È la lubrificazione che crea sostentamento sfruttando solo il moto relativo fra le due superfici; la lubrificazione descritta fin qui è dunque di tipo idrodinamico. 14 È la lubrificazione in cui la forza di sostentamento è fornita da un impianto che mantiene a pressione il lubrificante contenuto nel meato. 93 6๐๐๐ 3 โ2 โ2 โ1 โ1 โ2 โ ⇔ ๐๐ฅ๐ = (โ − โ ln โ − + โ + (ln โ + − + )) 1 (โ1 − โ2 )3 2โ1 โ1 + โ2 โ 2โ12 โ1 โ22 3 6๐๐๐ โ2 โ1 โ1 (โ2 − โ1 ln โ2 − + โ2 + (ln โ2 + − 3 (โ1 − โ2 ) 2โ1 โ1 + โ2 โ2 ⇔ ๐๐ฅ๐ = − โ22 2โ12 + โ2 โบ โ1 โ2 )) − โ1 6๐๐๐ 3 โ12 โ2 โ1 โ1 โ12 โ1 (โ − โ ln โ − + โ + (ln โ + − + )) โบ 1 1 1 1 1 2 3 (โ1 − โ2 ) 2โ1 โ1 + โ2 โ1 2โ1 โ1 ⇔ ๐๐ฅ๐ = 6๐๐๐ 3 โ1 โ12 − โ22 โ2 โ1 โ2 โ12 − โ1 โ2 โ2 − โ1 โ12 − โ22 (2(โ2 − โ1 ) + โ1 ln + + (ln + + + )) 3 (โ1 − โ2 ) โ2 2โ1 โ1 + โ2 โ1 โ1 โ2 โ1 2โ12 Introducendo poi ๐ abbiamo ๐๐ฅ๐ = 6๐๐๐ 3 ๐2 − 1 โ1 1 1 − ๐ ๐2 − 1 (1 (๐ (2โ − ๐) + โ ln ๐ + โ + (ln + − 1) + + )) = 2 1 2 (โ1 − โ2 )3 2๐ ๐+1 ๐ ๐ 2๐2 = 6๐๐๐ 3 ๐2 − 1 ๐ 2๐2 − ๐ + 1 (2(1 − ๐) + ๐ ln ๐ + + (− ln ๐ + (๐ − 1) )) 2 3 (๐ − 1) โ2 2๐ ๐+1 2๐2 Sostituendo la 9.27 si ha allora ๐ฅ๐ = 6๐๐๐ 3 ๐2 − 1 ๐ 2๐2 − ๐ + 1 (2(1 − ๐) + ๐ ln ๐ + + (− ln ๐ + (๐ − 1) )) 2 3 2๐ ๐ + 1 2๐2 (๐ − 1) โ2 2 6๐๐๐ ๐−1 ) (ln ๐ − 2 2 ( ๐ ๐ + 1) โ2 (๐ − 1)2 = = ๐ ๐2 − 1 ๐ 2๐2 − ๐ + 1 (2(1 − ๐) + ๐ ln ๐ + + (− ln ๐ + (๐ − 1) )) ๐−1 2๐ ๐+1 2๐2 ln ๐ − 2 (๐ − 1 ) ๐ ๐+1 Dunque si è trovato ๐2 −1 (2(1−๐)+๐ ln ๐+ 9.29) ๐ฅ๐ = (๐ + 1) 2๐ + ๐ ๐+1 2๐2 −๐+1 )) 2๐2 (− ln ๐+(๐−1) ๐(๐2 −1) ln ๐−2(๐−1)2 ๐ Dunque secondo questa formula la posizione del punto di applicazione della risultante ๐ è proporzionale alla lunghezza del meato. Procedo ora al calcolo della forza di taglio che il lubrificante, in virtù della sua viscosità, esplica sul piano mobile, determinando una resistenza al suo moto e una dispersione di energia cinetica in calore. A tale scopo considero la formula di Petroff 9.2 nella quale sostituisco la 9.12: ๐๐ง๐ฅ 1 ๐๐(๐ฅ) ๐ ๐ (2๐ (๐ง − โ(๐ฅ))๐ง + ๐ง) ๐๐๐ฅ 1 ๐๐(๐ฅ) ๐ ๐๐ฅ โ(๐ฅ) =๐ =๐ = ๐( (2๐ง − โ(๐ฅ)) + ) ๐๐ง ๐๐ง 2๐ ๐๐ฅ โ(๐ฅ) Sostituendo poi l’espressione 9.16 del gradiente della pressione otteniamo ๐๐ง๐ฅ = ๐ ( 1 โ(๐ฅ) − โฬ ๐ 6๐๐ 3 (2๐ง − โ(๐ฅ)) + ) 2๐ โ (๐ฅ) โ(๐ฅ) 94 Assumendo allora l’altezza come variabile si conclude 9.30) ๐๐ง๐ฅ (โ, ๐ง) = ๐๐ (3 ฬ โ−โ โ3 1 (2๐ง − โ) + ) โ D’altra parte a noi interessano gli sforzi normali che il fluido scambia con la parete mobile, dunque poniamo ๐ง = โ ottenendo 9.31) ๐๐ง๐ฅ (โ) = ๐๐ (3 ฬ โ−โ โ2 1 + โ) Per ricavare la forza ๐ che complessivamente il fluido esercita sulla parete mobile, per unità di larghezza, dobbiamo integrare sulla lunghezza del meato: โ โ2 โ − โฬ 1 ๐๐๐ โ − โฬ 1 ๐๐๐ 3โฬ 2 ๐ = ๐๐ ∫ (3 2 + ) ๐๐ฅ = ∫ (3 2 + ) ๐โ = (4 ln โ + ) = โ โ โ2 − โ1 โ1 โ โ โ2 − โ1 โ โ 0 ๐ 1 โ2 ๐๐๐ 4 3โฬ ๐๐๐ โ2 1 1 = ∫ ( − 2 ) ๐โ = (4 ln + 3โฬ ( − )) = โ2 − โ1 โ1 โ โ โ2 − โ1 โ1 โ2 โ1 = ๐๐๐ โ2 โ1 − โ2 (4 ln + 3โฬ ( )) โ2 − โ1 โ1 โ1 โ2 Sostituendo poi il valore 9.24 si conclude 9.32) ๐ = −4 โ ๐๐๐ โ 1 −โ2 3 โ −โ (ln โ2 + 2 โ1 +โ2 ) 1 1 2 Introducendo poi il parametro caratteristico ๐ abbiamo ๐๐ ๐ 3 ๐−1 9.33) ๐ = −4 ๐−1 โ (ln ๐ − 2 ๐+1) 2 È immediato allora il calcolo del coefficiente di attrito mediato, che indichiamo ๐๐ , come rapporto ๐/๐. In realtà però ๐๐ ๐ 3๐ − 1 4 ๐ − 1 (ln ๐ − 2 ๐ + 1) โ2 = 6๐๐๐ 2 ๐−1 (ln ๐ − 2 ) ๐(๐ + 1) โ22 (๐ − 1)2 3๐ − 1 2โ2 (๐ − 1) (ln ๐ − 2 ๐ + 1) = ๐−1 3๐ (ln ๐ − 2 ) ๐(๐ + 1) |๐| ๐๐ = = ๐ Dunque 9.34) ๐๐ = 3๐−1 ) 2๐+1 ๐−1 3๐(ln ๐−2 ) ๐(๐+1) 2โ2 (๐−1)(ln ๐− Posso tuttavia scrivere anche 95 ๐๐ = 4 |๐| √๐√๐ = ๐๐ ๐ 3๐ − 1 (ln ๐ − ) ๐ − 1 โ2 2๐ + 1 6๐๐๐ 2 ๐−1 (ln ๐ − 2 ) √ 2 2 ๐(๐ + 1) (๐ โ2 − 1) 3๐ − 1 4 (ln ๐ − 2 ๐ + 1) = √6 (ln ๐ − 2 ๐−1 ) ๐(๐ + 1) ๐๐ 8 √ =√ ๐ 3 1 √๐ = 3๐ − 1 ln ๐ − 2 ๐ + 1 √ln ๐ − 2 ๐−1 ๐(๐ + 1) √ ๐๐ ๐ Per cui si ha ๐๐ 9.35) ๐๐ = ๐(๐)√ ๐ avendo posto 8 9.36) ๐(๐) โ √3 3๐−1 2๐+1 ๐−1 √ln ๐−2๐(๐+1) ln ๐− L’andamento del coefficiente di attrito in funzione del parametro adimensionale √๐๐/๐ è descritto dal diagramma di Stribeck riportato in figura in scala logaritmica. 6 ๐−1 9.37) ๐ด(๐) โ (๐−1)2 (ln ๐ − 2 ๐(๐+1)) (2(1−๐)+๐ ln ๐+ 9.38) ๐(๐) โ (๐ + 1) ๐2 −1 ๐ 2๐2 −๐+1 (− ln ๐+(๐−1) )) + 2๐ ๐+1 2๐2 ๐(๐2 −1) ln ๐−2(๐−1)2 si ha 9.39) ๐ = ๐๐๐2 โ22 ๐ด(๐) 9.40) ๐ฅ๐ = ๐๐(๐) L’andamento di ๐(๐), ๐ด(๐), ๐(๐) è riportato in figura. ๏ท Meato a gradino. Anche un meato che presenti un gradino permette di avere una forza di sostentamento. Infatti deve continuare a valere la 9.17, tuttavia in questo caso, almeno da un punto di vista puramente matematico, le pressioni presentano in ๐ฅฬ un punto di cuspide, anziché un punto in cui si annulla il gradiente: questo a causa della brusca variazione dell’altezza del meato. In realtà naturalmente la pressione varierà con maggiore dolcezza. Comunque sia, come indicato in figura, risulta non nulla l’area sottesa dal diagramma delle pressioni, dunque sarà non nulla la forza di sostentamento fornita dal lubrificante. Questo andamento della pressione spiega anche la distribuzione delle velocità indicata in figura: prima dello scalino c’è un riflusso (pressione crescente), dopo c’è una spinta (pressione decrescente). 96 Capitolo 10. Lubrificazione della coppia rotoidale 10.1. Lubrificazione idrostatica nella coppia spingente. Ricordo che per lubrificazione idrostatica si intende quella che si realizza inviando olio pressurizzato nei meati interposti fra le superfici delle coppie cinematiche. Questo genere di lubrificazione si preferisce a quella idrodinamica qualora le velocità relative delle superfici in questione siano basse oppure nel caso in cui si abbiano frequenti arresti del moto: nel primo caso infatti la spinta fornita dal fluido (che ricordo essere proporzionale alla velocità relativa della coppia cinematica) può non essere sufficiente a mantenere a distanza i due membri; nel secondo caso le due superfici entrano in contatto ad ogni interruzione del moto che non sia istantanea. Consideriamo la coppia rotoidale indicata in figura: il lubrificante è spinto, a una pressione ๐๐ , attraverso un condotto coassiale con l’albero; quando raggiunge l’elemento cinematico effluisce in direzione radiale fuoriuscendo dai bordi della coppia, a una pressione che diciamo ๐๐ . Possiamo allora utilizzare i risultati del paragrafo 9.2 limitandoci a sostituire ๐ฅ con la coordinata cilindrica ๐ e tenendo presente che in questo caso si ha ๐ = 0, perché la velocità relativa fra i due elementi cinematici è esclusivamente rotatoria. Dunque la 9.9 e la 9.10 si scrivono rispettivamente 1 ๐๐(๐) 10.1) ๐๐ (๐ง) = 2๐ ๐๐ 2๐๐ ๐๐(๐) 10.2) ๐ = − 12๐ ๐๐ (๐ง − โ)๐ง โ3 Si osservi che la portata in 9.10 è stata moltiplicata per 2๐๐ in modo da avere la portata totale di lubrificante che entra nella coppia (e che esce, vista l’incomprimibilità del fluido); infatti la 9.10 fornisca la portata per unità di larghezza del meato a facce parallele. Vediamo ora come ricavare la distribuzione delle pressioni integrando la 10.2: 6๐โ3 ๐ 1 ๐๐(๐) 6๐โ3 ๐ ๐ 1 6๐โ3 ๐ ๐ − = โบ ๐(๐) − ๐๐ = − ∫ ๐๐ = − ln ๐ ๐ ๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ Dunque abbiamo trovato 10.3) ๐(๐) = ๐๐ − 6๐โ3 ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ avendo indicato ๐ ๐ il raggio interno della coppia cinematica, se si vuole il raggio esterno del condotto da cui effluisce il lubrificante. Dalla 10.3 è possibile poi ricavare la portata in funzione dei valori ๐๐ , ๐๐ , infatti ๐๐ = ๐๐ − 6๐โ3 ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ Dunque 10.4) ๐ = ๐๐ −๐๐ ๐ ๐ 6๐โ3 ln ๐ ๐ ๐ Sostituendo la 10.4 nella 10.3 abbiamo allora 97 10.5) ๐(๐) = ๐๐ − ๐๐ −๐๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ Abbiamo dunque l’andamento logaritmico della pressione indicato in figura. Adesso invece vediamo a quanto ammonta la spinta verticale ๐ che il lubrificante in pressione esercita sulla coppia spingente: ๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ − ๐๐ ๐ ln ) 2๐๐๐๐ = ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ − ๐ ๐ ๐๐ − ๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ = ๐๐ ๐(๐ ๐2 − ๐ ๐2 ) − 2๐ ∫ ln ๐๐๐ = ๐๐ ๐(๐ ๐2 − ๐ ๐2 ) − ๐ ∫ ln ๐๐ 2 = ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ln ๐ ln ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ − ๐๐ ๐ ๐ ๐ 2 ๐๐ − ๐๐ ๐ ๐ 2 1 2 2 = ๐๐ ๐(๐ ๐ − ๐ ๐ ) − ๐ ∫ ๐ (ln ๐ ) + ๐ ∫ ๐ ๐๐ = ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ − ๐๐ ๐ ๐ ๐2 − ๐ ๐2 = ๐๐ ๐(๐ ๐2 − ๐ ๐2 ) − ๐ ((ln ๐ 2 ) − )= ๐ ๐ ๐ 2 ๐ ๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐๐ − ๐๐ ๐ ๐ 2 ๐ ๐ 2 ๐ ๐2 − ๐ ๐2 2 2 = ๐๐ ๐(๐ ๐ − ๐ ๐ ) − ๐ ((ln ๐ ๐ ) − (ln ๐ ๐ ) − ) ๐ ๐ ๐ ๐ ๐ 2 ln ๐ ๐ ๐ ๐ = ∫ ๐(๐) 2๐๐๐๐ = ∫ (๐๐ − Dunque abbiamo trovato una spinta 10.6) ๐ = ๐๐ ๐(๐ ๐2 − ๐ ๐2 ) − ๐ ๐๐ −๐๐ ๐ ln ๐ ๐ ๐ ๐ (๐ ๐ 2 ln ๐ ๐ − ๐ ๐2 −๐ ๐2 ๐ 2 ) L’altezza โ del meato, ovvero la distanza fra gli elementi cinematici è data, nella lubrificazione idrostatica, dalla portata: nel nostro caso โ si ricava dalla 10.4. 10.2. Lubrificazione idrodinamica nella coppia spingente. Cuscinetti Michell. Sotto questo nome vanno diversi tipi di coppie rotoidali spingenti (che cioè sono sottoposte a carico assiale) le quali sono accomunate dalla capacità di sfruttare la proprietà dei meati d altezza decrescente di generare sostentamento. In figura sono rappresentati tre tipi di cuscinetti Michell: ๏ท ๏ท ๏ท cuscinetti a gradino per i quali valgono le considerazioni fatte riguardo al meato a gradino; il verso di rotazione tale per cui si ottiene un sostentamento è solo uno; cuscinetti a pattini auto-orientabili in cui la pendenza dei pattini è determinata dalla distribuzione delle pressioni sui pattini stessi: a regime infatti l’inclinazione sarà quella per cui la sollecitazione delle pressioni determina un momento totale nullo rispetto alla sezione passante per la cerniera del pattino; in teoria questo tipo di cuscinetto può funzionare in entrambi i versi di rotazione; cuscinetti a pattini a pendenza fissa in cui, in base a considerazioni sofisticate di fluidodinamica, risultano attivi solo i tratti ad altezza decrescente, nei quali il fluido offre sostentamento; i tratti ad altezza crescente invece non determinano una pressione negativa; questo genere di cuscinetti evidentemente funziona in entrambi i versi di rotazione. 98 La discussione dei cuscinetti Michell può orientarsi su due ordini di problemi ๏ท il problema diretto consiste nel ricavare o l’altezza del meato o il coefficiente di attrito mediato noti che siano o o o o ๏ท il carico assiale l’inclinazione e la lunghezza dei pattini la velocità di rotazione la viscosità il problema inverso consiste nel ricavare o la forza di sostentamento ๐ e il suo punto di applicazione noti che siano o l’andamento dell’altezza del meato o la lunghezza del meato Il problema inverso è stato trattato nel paragrafo 9.3 per meati lineari, ma si estende immediatamente ai cuscinetti spingenti. Consideriamo allora il problema diretto nel caso dei cuscinetti a pattini auto-orientabili e in quello dei cuscinetti con pattini a pendenza fissa. ๏ท Pattini auto-orientabili. Per risolvere il problema diretto si può seguire questo algoritmo: 1) preso un singolo pattino, il punto ๐ฅ๐ di applicazione della risultante ๐ delle pressioni agenti su di esso è noto: non può che essere il punto individuato dalla cerniera; dunque la 9.29, nota che sia la lunghezza del pattino, fornisce il coefficiente caratteristico ๐; 2) assumendo dato il carico agente sul cuscinetto è nota anche la spinta fornita da ciascun pattino (si divide il carico totale, che poi è uguale alla spinta totale, per il numero di pattini); allora, dato il valore ๐ ricavato nel precedente punto, la 9.27 permette di calcolare โ2 ; 3) si calcola il coefficiente di attrito mediato attraverso la 9.35. ๏ท Pattini a orientamento fisso. A differenza del caso precedente ora conosciamo l’inclinazione ๐ผ del tatto crescente, ma non conosciamo l’ascissa ๐ฅ๐ del punto di applicazione della forza di spinta ๐. Dunque l’algoritmo risolutivo deve essere diverso: 1) con la consueta simbologia si ha tan ๐ผ = โ1 − โ2 โ2 โ2 tan ๐ผ = (๐ − 1) โน = ๐ ๐ ๐ ๐−1 99 e sostituendo tale risultato nella 9.27 si ricava ๐; 2) noto ๐ si ricava โ2 attraverso la formula indicata nel punto precedente; 3) si ricava il coefficiente di attrito mediato attraverso la 9.35. 10.3. Lubrificazione idrodinamica nella coppia portante. Abbiamo un perno che ruota in un cuscinetto e fra le due superfici è presente un olio lubrificante. Questa coppia, detta coppia portante, si classifica in tre categorie a seconda delle sue caratteristiche geometriche. ๏ท ๏ท ๏ท Cuscinetto a lunghezza infinita quando il diametro è molto piccolo rispetto alla lunghezza del cuscinetto. Cuscinetto quadrato quando il diametro è dello stesso ordine di grandezza della lunghezza del cuscinetto. Cuscinetto corto quando il diametro è molto più grande della lunghezza del cuscinetto. Con riferimento alla figura intendo ora esprimere l’altezza โ del meato in funzione dell’angolo ๐ avendo posto ๏ท ๏ท ๏ท ๐ la distanza fra i centri delle due circonferenze ๐ ๐ raggio del perno ๐ ๐ raggio del cuscinetto Dalla figura si deduce che √ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐′ ๐ด2 − ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐′ ๐ท 2 = ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ด๐ท โน ′ 2 ′ 2 ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ + โ โน ๐ cos ๐ + √๐ ๐ด − ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐ ๐ท = ๐๐ต โน ๐ cos ๐ + √๐ ๐ 2 − ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐′ ๐ท2 = ๐ ๐ + โ Poiché si ammette che ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ๐′ ๐ท โช ๐ ๐ , segue โ = ๐ cos ๐ + ๐ ๐ − ๐ ๐ Ponendo poi 10.7) ๐ฟ โ ๐ ๐ − ๐ ๐ abbiamo 10.8) โ(๐) = ๐ cos ๐ + ๐ฟ Esistono fondamentalmente due diversi approcci allo studio del cuscinetto portante lubrificato, esposti in quanto segue. ฬ ฬ ฬ ฬ ฬ ′ si disponga ortogonalmente ๏ท Cuscinetto completo di Sommerfeld. Si assume che il segmento ๐๐ alla direzione del carico radiale. Dopodiché s’immagina di rettificare il meato e si applicano i risultati esposti nella parte iniziale del paragrafo 9.3, considerando che l’altezza è data dalla 10.8. Per il gradiente della pressione sostituisco la 10.8 nella 9.16 e ottengo 100 10.9) ๐๐ ๐๐ฅ = 6๐๐ ฬ โ(๐ฅ)−โ 3 โ (๐ฅ) ฬ ๐ cos ๐+๐ฟ−โ = 6๐๐ (๐ cos ๐+๐ฟ)3 Per ottenere la pressione integro: ๐ฅ ๐ฅ ๐๐ โ(๐) − โฬ ๐ cos ๐ผ + ๐ฟ − โฬ ๐(๐ฅ = ๐ ๐ ๐) − ๐0 = ∫ ๐๐ = 6๐๐ ∫ ๐๐ = 6๐๐ ∫ ๐๐ = 3 โ3 (๐) 0 ๐๐ 0 0 (๐ cos ๐ผ + ๐ฟ) ๐ ๐ ๐ ๐ cos ๐ผ + ๐ฟ − โฬ 1 1 ฬ = 6๐๐๐ ๐ ∫ ๐๐ผ = 6๐๐๐ ๐ (∫ ๐๐ผ − โ ∫ ๐๐ผ) = 3 2 3 0 (๐ cos ๐ผ + ๐ฟ) 0 (๐ cos ๐ผ + ๐ฟ) 0 (๐ cos ๐ผ + ๐ฟ) = 6๐๐๐ ๐ (๐ผ1 − โฬ ๐ผ2 ) ๐ฅ dove ๐0 è il valore della pressione per ๐ = 0. Consideriamo il primo integrale: ๐ ๐ผ1 = ๐1 |๐0 ๐ cos ๐+๐ฟ 1 1 =∫ ๐๐ผ = − ∫ 2 ๐ง2 0 (๐ cos ๐ผ + ๐ฟ) ๐+๐ฟ 1 ๐ง−๐ฟ 2 √ ๐ 1−( ๐ ) ๐๐ง dove ho effettuato la sostituzione ๐ง−๐ฟ ๐ง−๐ฟ โน ๐ผ = cos −1 โน ๐๐ผ = − ๐ ๐ ๐ง = ๐ cos ๐ผ + ๐ฟ โน cos ๐ผ = ๐ผ =0โน๐ง =๐+๐ฟ { ๐ผ = ๐ โน ๐ง = ๐ cos ๐ + ๐ฟ ๐๐ง ๐ง−๐ฟ 2 ๐√1 − ( ๐ ) Effettuando ora l’ulteriore sostituzione (๐ฟ + ๐) − (๐ฟ − ๐)๐ก 2 ๐ง= โน 1 − ๐ก2 ๐ง − (๐ฟ + ๐) ๐ก = โน ๐ง − (๐ฟ − ๐) 2 ๐๐ง = 4๐๐ก ๐๐ก (1 − ๐ก 2 )2 e considerando la primitiva (gli estremi di integrazione li riconsideriamo alla fine) si ha ๐1 = − ∫ 1 ๐ง2 1 ๐๐ง = ๐ง − ๐ฟ ๐ง − ๐ฟ ๐√(1 − ๐ ) (1 + ๐ ) 1 ๐๐ง 1 ๐๐ง = −∫ 2 = −∫ 2 = ๐ง √(๐ − ๐ง + ๐ฟ)(๐ + ๐ง − ๐ฟ) ๐ง √−(๐ง − (๐ฟ + ๐))(๐ง − (๐ฟ − ๐)) = −∫ 1 ๐ง2 ๐๐ง = ๐ง − (๐ฟ + ๐) (๐ง − (๐ฟ − ๐))√− ๐ง − (๐ฟ − ๐) 1 1 1 4๐๐ก =− ∫ ๐๐ก = 2 2 2๐ (๐ฟ − ๐) (1 − ๐ก 2 )2 ๐ฟ+๐ 2 2 ( − ๐ก ) 1 − ๐ก 2 √−๐ก ๐ฟ−๐ (1 − ๐ก 2 )2 2 1 − ๐ก2 =− ∫ 2 ๐๐ก = ๐(๐ฟ − ๐)2 ๐ฟ+๐ ( − ๐ก2 ) ๐ฟ−๐ 101 =− 2 ∫ ๐(๐ฟ − ๐)2 1 − ๐ก2 2 ๐๐ก 2 = ๐ฟ+๐ ๐ฟ+๐ − ๐ก) (√ + ๐ก) ๐ฟ−๐ ๐ฟ−๐ 2๐ 1 − ๐ก2 = ∫ 2 2 ๐๐ก = (๐ฟ − ๐)2 ๐ฟ + ๐ ๐ฟ + ๐ (√ − ๐ก) (√ + ๐ก) ๐ฟ−๐ ๐ฟ−๐ = 2๐ ∫ (๐ฟ − ๐)2 ๐ถ11 √๐ฟ + ๐ − ๐ก ( ๐ฟ−๐ (√ + ๐ถ12 2 + ๐ถ21 √๐ฟ + ๐ + ๐ก ๐ฟ−๐ + ๐ถ22 2 ๐๐ก = ๐ฟ+๐ ๐ฟ+๐ (√ − ๐ก) (√ + ๐ก) ๐ฟ−๐ ๐ฟ−๐ ) ฬ 2๐ ๐ถ12 ๐ ๐ถ22 ๐ = (−๐ถ11 ln ๐ฬ + + ๐ถ21 ln ๐ − ) 2 (๐ฟ − ๐) |๐| |๐| dove si è posto ๐(๐) = √ ๐ฟ+๐ 1 − cos ๐ ๐ฟ+๐ 1 − cos ๐ ๐ฟ + ๐ 1 − cos ๐ + ๐√ โน ๐ฬ (๐) = √ − ๐√ โน |๐(๐)| = √ + ๐ฟ−๐ 1 + cos ๐ ๐ฟ−๐ 1 + cos ๐ ๐ฟ − ๐ 1 + cos ๐ ๐ฟ+๐ Per i coefficienti dello sviluppo di Heaviside, ponendo ๐ = √๐ฟ−๐, si trova 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 −2๐ก 1 − ๐ก2 | = ๐ท | = − 2 | (๐ − ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 (๐ + ๐ก)3 ๐ก=๐ ๐ก=๐ ๐ก=๐ −2๐ 1 − ๐ 2 −2๐ 2 − 1 + ๐ 2 ๐2 + 1 = 2− = =− 4๐ 4๐ 3 4๐ 3 4๐ 3 ๐ถ11 = ๐ท (๐ − ๐ก)2 ๐ถ12 = (๐ − ๐ก)2 ๐ถ21 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 1 − ๐2 | = | = (๐ − ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 4๐ 2 ๐ก=๐ ๐ก=๐ 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 −2๐ก 1 − ๐ก2 | =๐ท | = −2 | (๐ − ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 (๐ก − ๐)2 (๐ก − ๐)2 (๐ก − ๐)3 ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ 2๐ 1 − ๐ 2 2๐ 2 + 1 − ๐ 2 ๐ 2 + 1 = 2+ = = 4๐ 4๐ 3 4๐ 3 4๐ 3 = ๐ท (๐ + ๐ก)2 ๐ถ22 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 1 − ๐2 = (๐ + ๐ก) | = | = (๐ − ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 (๐ − ๐ก)2 4๐ 2 ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ 2 Analogamente si trova per l’altra primitiva 2๐ ๐ถ12 ′ ๐ ๐ถ13 ′ ๐ 2 ๐ถ22 ′ ๐ฬ ๐ถ23 ′ ๐ฬ 2 ′ ′ ฬ ๐2 = (−๐ถ11 ln ๐ + + + ๐ถ21 ln ๐ − − ) (๐ฟ − ๐)3 |๐| |๐|2 |๐| |๐|2 Per i coefficienti dello sviluppo di Heaviside si ha 102 1 1 − ๐ก2 1 2๐ก๐ − ๐ก 2 + 3 ๐2 + 3 ๐ถ11 ′ = ๐ท2 (๐ − ๐ก)3 | = − ๐ท | = (๐ − ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ + ๐ก)4 2 2 16๐ 5 ๐ก=๐ ๐ก=๐ 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 −2๐ก 1 − ๐ก2 | = ๐ท | = − 3 | (๐ − ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ + ๐ก)4 ๐ก=๐ ๐ก=๐ ๐ก=๐ −2๐ 1 − ๐ 2 −4๐ 2 − 3 + 3๐ 2 ๐2 + 3 = 3 −3 = =− 8๐ 16๐ 4 16๐ 4 16๐ 4 ๐ถ12 ′ = ๐ท (๐ − ๐ก)3 ๐ถ13 ๐ถ21 ๐ถ22 ′ ′ ′ = (๐ − ๐ก)3 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 1 − ๐2 | = | = (๐ − ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 8๐ 3 ๐ก=๐ ๐ก=๐ 1 2 1 − ๐ก2 1 −2๐ก๐ − ๐ก 2 + 3 ๐2 + 3 3 (๐ = ๐ท + ๐ก) | = ๐ท | = (๐ − ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ − ๐ก)4 2 2 16๐ 5 ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 −2๐ก 1 − ๐ก2 | =๐ท | = +3 | (๐ − ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ − ๐ก)3 (๐ − ๐ก)3 (๐ − ๐ก)4 ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ 2๐ 1 − ๐ 2 4๐ 2 + 3 − 3๐ 2 ๐ 2 + 3 = 3+3 = = 8๐ 16๐ 4 16๐ 4 16๐ 4 = ๐ท (๐ + ๐ก)3 ๐ถ23 ′ 1 − ๐ก2 1 − ๐ก2 1 − ๐2 = (๐ + ๐ก) | = | = (๐ − ๐ก)3 (๐ + ๐ก)3 (๐ − ๐ก)3 8๐ 3 ๐ก=−๐ ๐ก=−๐ 3 In conclusione l’andamento della pressione ′ 10.10) ๐(๐) = ๐ถ11 = − ๐ถ11 ′ = 12๐๐๐๐ ๐ (๐ฟ−๐)2 (−๐ถ11 ln ๐ฬ ๐2 + 1 4๐ 3 ๐2 + 3 16๐ 5 ๐ถ12 ๐ + |๐| ๐ถ12 = ๐ถ12 ′ = − ๐2 + 3 16๐ 4 + ๐ถ21 ln ๐ − 1 − ๐2 4๐ 2 ๐ถ13 ′ = ๐ถ22 ๐ฬ |๐| − โฬ ๐ถ21 ′ = ′ ′ |๐| |๐| ๐ฟ−๐ ๐ถ21 = 1 − ๐2 8๐ 3 ′ ฬ ๐ถ23 ๐ ฬ 2 ๐ถ ๐ ๐ถ13 ๐2 ๐ถ22 ๐ ′ −๐ถ11 ′ ln ๐ฬ + 12 + 2 +๐ถ21 ln ๐− |๐| − 2 |๐| ๐2 + 1 4๐ 3 ๐2 + 3 16๐ 5 ๐ถ22 = ๐ถ22 ′ = ๐2 + 3 16๐ 4 ) 1 − ๐2 4๐ 2 ๐ถ23 ′ = 1 − ๐2 8๐ 3 ๐ฟ+๐ 1 − cos ๐ ๐ฟ+๐ 1 − cos ๐ ๐ฟ + ๐ 1 − cos ๐ ๐(๐) = √ + ๐√ โน ๐ฬ (๐) = √ − ๐√ โน |๐(๐)| = √ + ๐ฟ−๐ 1 + cos ๐ ๐ฟ−๐ 1 + cos ๐ ๐ฟ − ๐ 1 + cos ๐ avendo assunto ๐(๐ = 0) = ๐0 = 0. Considerando che i coefficienti hanno stesso modulo a due a due la funzione può essere scritta in modo più compatto: 10.11) ๐(๐) = 12๐๐๐๐ ๐ (๐ฟ−๐)2 2 (๐ถ21 ln|๐| + ๐−๐ฬ ๐ถ12 |๐| ฬ ๐+๐ − ฬ 2 ๐2 −๐ ๐ถ21 ′ ln|๐|2 +๐ถ12 ′ |๐| +๐ถ13 ′ |๐|2 โฬ ๐ฟ−๐ ) Si osservi che la funzione presenta periodo 2๐ essendo la parte immaginaria di ๐ una funzione periodica di periodo 2๐. Avendo assunto che la pressione sia nulla in ๐ = 0 dobbiamo tuttavia imporre che questa assunzione sia realmente verificata dalla funzione 10.11. Tale imposizione permette di ricavare l’altezza โฬ in corrispondenza della quale si annulla il gradiente della pressione 103 e la pressione assume il suo massimo valore. Tuttavia ottengo una altezza negativa, dunque ci devono essere degli errori. D’altra parte la pressione risulta espressa come funzione complessa, e non sembra che si possa ridurre a una funzione reale, quindi il risultato pare poco attendibile. Sopra ho posto ๐ = √(๐ฟ + ๐)⁄(๐ฟ − ๐) quantità positiva essendo, con riferimento alla figura, ๐ด๐ต + ๐ ๐ + ๐ + ๐ ๐ = 2๐ ๐ โบ ๐ด๐ต = ๐ ๐ − ๐ ๐ − ๐ = ๐ฟ − ๐. 104 Integrando la 10.11 sull’angolo giro si ottiene la risultante della spinta fornita dal lubrificante, per unità di profondità del cuscinetto. Imponendo che tale spinta bilanci il carico è possibile ricavare l’eccentricità. In figura sono riportati gli andamenti della pressione e del suo gradiente, oltre che la spinta idrodinamica, distinguendo la forza dovuta alle pressioni positive da quella dovuta alle pressioni negative. Per la velocità del lubrificante vale ancora la 9.9 la quale in questo caso si scrive 1 ๐๐(๐) 1 10.12) ๐๐ฅ (๐, ๐ง) = 2๐ ๐๐ ๐ ๐ ๐๐ ๐ (๐ง − โ(๐))๐ง + โ(๐) essendo ๐ la velocità angolare del perno. Sostituendo nella 10.12 l’altezza 10.8 e il gradiente 10.9 si ottiene in definitiva ฬ ๐ cos ๐+๐ฟ−โ ๐๐ ๐ 10.13) ๐๐ฅ (๐, ๐ง) = 3๐๐ ๐ (๐ cos ๐+๐ฟ)3 (๐ง − ๐ cos ๐ − ๐ฟ)๐ง + ๐ cos ๐+๐ฟ Per avere gli sforzi tangenziali che il lubrificante esercita sul perno, all’interfaccia, si ricorre alla formula di Petroff 9.2 la quale porge ๐๐ง๐ฅ = ๐ ๐๐๐ฅ ๐ cos ๐ + ๐ฟ − โฬ (2๐ง − ๐ cos ๐ − ๐ฟ) = 3๐๐ ๐ ๐ (๐ cos ๐ + ๐ฟ)3 ๐๐ง e si pone ๐ง = โ(๐) ottenendo ฬ ๐ cos ๐+๐ฟ−โ 10.14) ๐๐ง๐ฅ (๐) = 3๐๐ ๐ ๐ (๐ cos ๐+๐ฟ)2 Ora, data la geometria del sistema e la sua simmetria, la sollecitazione resistente esercitata dal lubrificante sul perno sarà equivalente a una coppia e a una risultante nulla15. Per valutare la coppia, se ๐ฟ è la profondità del cuscinetto cioè la sua lunghezza in direzione assiale, si deve calcolare ฬ 2๐ ๐ cos ๐+๐ฟ−โ 2๐ 10.15) ๐ = ๐ ๐ ๐ = ๐ ๐ ∫0 ๐๐ง๐ฅ (๐)๐ฟ๐ ๐ ๐๐ = 3๐๐๐ฟ๐ ๐3 ∫0 (๐ cos ๐+๐ฟ)2 ๐๐ Questo calcolo segue il procedimento già visto per l’integrazione del gradiente della pressione. Effettuando la sostituzione ๐ง = ๐ cos ๐ผ + ๐ฟ โน cos ๐ผ = ๐ง−๐ฟ ๐ง−๐ฟ โน ๐ผ = cos −1 โน ๐๐ผ = − ๐ ๐ 1 ๐ง−๐ฟ 2 ๐√1 − ( ) ๐ si ha ๐=2๐ ๐ = −3๐๐๐ฟ๐ ๐3 ∫ ๐=0 ๐ง − โฬ ๐ง2 15 1 2 √ 1 − (๐ง − ๐ฟ ) ๐ ๐๐ง = La risultante è nulla vista la simmetria della funzione 10.14 rispetto a ๐ = ๐; per cui, se ci si pensa un attimo, la risultante della forza di taglio deve annullarsi. 105 ๐=2๐ 3๐๐๐ฟ๐ ๐2 =− ๐ ∫ ( ๐=0 ๐=2๐ ๐๐ง ๐ง−๐ฟ 2 ๐ง√1 − ( ๐ ) − โฬ ∫ ๐=0 ๐๐ง ๐ง−๐ฟ 2 ๐ง 2 √1 − ( ๐ ) ) Effettuando ora l’ulteriore sostituzione ๐ก2 = ๐ง − (๐ฟ + ๐) โน ๐ง − (๐ฟ − ๐) ๐ง= (๐ฟ + ๐) − (๐ฟ − ๐)๐ก 2 โน 1 − ๐ก2 ๐๐ง = 4๐๐ก ๐๐ก (1 − ๐ก 2 )2 si trova ๐=2๐ ๐ = −3๐๐๐ฟ๐ ๐3 ∫ ( 1 ๐ง ๐๐ง ๐ง − (๐ฟ + ๐) (๐ง − (๐ฟ − ๐))√− ๐ง − (๐ฟ − ๐) − โฬ ∫ 1 ๐ง2 ๐๐ง ๐ง − (๐ฟ + ๐) (๐ง − (๐ฟ − ๐))√− ๐ง − (๐ฟ − ๐))๐=0 = ๐=2๐ ฬ 6๐๐๐๐ฟ๐ ๐2 1 โ 1 − ๐ก2 = (∫ ๐๐ก − ∫ ๐๐ก) (๐ − ๐ก)(๐ + ๐ก) ๐ฟ−๐ ๐ฟ − ๐ (๐ − ๐ก)2 (๐ + ๐ก)2 ๐=0 Consideriamo il primo integrale: ∫ 1 ๐ด ๐ต ๐๐ก = ∫ ( + ) ๐๐ก = −๐ด ln(๐ − ๐ก) + ๐ต ln(๐ + ๐ก) = (๐ − ๐ก)(๐ + ๐ก) ๐−๐ก ๐+๐ก ln(๐ − ๐ก) ln(๐ + ๐ก) =− + 2๐ 2๐ Il secondo integrale è stato calcolato quando ho integrato il gradiente di pressione. Dunque si ha ฬ ln ๐ ฬ 6๐๐๐๐ฟ๐ 3๐ ln ๐ โฬ ๐ถ ๐ ๐ถ ๐ ฬ + 12 + ๐ถ21 ln ๐ − 22 )) ๐= ( + − (−๐ถ11 ln ๐ |๐| |๐| ๐ฟ−๐ 2๐ 2๐ ๐ฟ − ๐ ๐=2๐ =0 ๐=0 Si ottiene una coppia resistente nulla: mi pare che questo modello matematico sia del tutto inadeguato, o forse l’ho sviluppato male io. ๏ท Semicuscinetto. Il modello del cuscinetto completo di Sommerfeld prevede valori negativi della pressione sulla parte superiore della superficie del perno (si assume che il carico sia verticale e che l’eccentricità sia orizzontale). Tuttavia questa circostanza trova scarso riscontro nella realtà. Esiste un modello appena più complesso, quello del semicuscinetto, il quale elimina l’ipotesi che l’eccentricità sia orizzontale (assunto sempre verticale il carico) e introduce un angolo ๐ฝ a definire appunto l’orientamento dell’eccentricità rispetto all’orizzontale. In tali ipotesi l’altezza del meato è descritta dalla funzione 10.16) โ(๐) = ๐ฟ + ๐ cos(๐ − ๐ฝ) 106 Inoltre si fa l’ipotesi che ๐(๐ = 0) = ๐(๐ = ๐). Ciò posto si procede esattamente come nel caso del cuscinetto completo. Si ricorda che i parametri da determinare sono ๏ท ๏ท ๏ท l’eccentricità ๐ lo sfasamento ๐ฝ l’altezza โฬ in cui la pressione raggiunge il suo massimo Le condizioni da imporre sono invece ๏ท ๏ท ๏ท ๐(๐ = 0) = ๐(๐ = ๐) che la risultante delle pressioni abbia componente orizzontale nulla che la risultante delle pressioni abbia componente verticale pari al carico ๐ che grava sul perno Comunque anche questo modello, come indicato in figura, prevede delle regioni a pressione negativa, e dunque non risulta del tutto aderente alla realtà. Esistono modelli ancora più sofisticati per il cuscinetto a lubrificazione idrodinamica quali quello del Gümble e quello del Reynolds, che un giorno esaminerò, se potrò. 107 Capitolo 11. Dinamica dei meccanismi 11.1. Classificazione delle forze e principio di d’Alembert. Le forze vengono classificate in 8 categorie le quali tuttavia possono avere delle intersezioni. ๏ท Forze esterne. Tutte le forze che agiscono su un corpo. ๏ท Forze interne. Quelle forze che agiscono sulle parti disgregate di un corpo. La distinzione fra forze esterne e forze interne è arbitraria, nel senso che se esamino la slitta di un manovellismo, le forze agenti su di essa sono forze esterne; ma se esamino tutto il manovellismo, la forza che la biella esercita su esse diventa una forza interna. ๏ท Forze motrici. Tutte quelle che realizzano un lavoro positivo durante il moto del corpo. ๏ท Forze resistenti. Sono quelle che realizzano un lavoro negativo durante il moto. Si distinguono a loro volta in due classi: ๏ท utili sono quelle che si oppongono al moto senza determinare dissipazione di energia, come ad esempio pesi e carichi in genere; ๏ท passive sono quelle che risultano da attriti, isteresi e altro, le quali dunque determinano una perdita di energia in calore, in deformazioni plastiche. ๏ท Forze vincolari. Sono quelle scambiate fra i membri cinematici in corrispondenza degli elementi cinematici. Escludiamo da questa categoria le forze dovute alla non idealità dei vincoli, le quali rientrano invece fra le forze resistenti passive. ๏ท Forze attive. Sono tutte le forze non vincolari. Le forze motrici, così come le forze resistenti sono forze attive. Esempi di forze attive sono le forze dissipative, i carichi, le forze di campo (forze elettromagnetiche e forze gravitazionali). ๏ท Forze effettive. Sono tutte quelle che contribuiscono alla accelerazione del corpo rispetto a un sistema di riferimento inerziale. Le forze vincolari sono sempre effettive; le forze motrici possono non esserlo (si pensi al caso in cui il moto sia dovuto alle forze centrifughe le quali sono forze d’inerzia) così come le forze attive. ๏ท Forze d’inerzia o forze apparenti. Sono le forze che devono essere introdotte per giustificare la quiete di un corpo rispetto a un sistema di riferimento solidale al corpo stesso e non inerziale. Queste forze fittizie sono dovute alla resistenza che la massa offre all’accelerazione. Se allora indico con ๐น ๐ la risultante delle forze effettive agenti su un elemento materiale, e con ๐น ๐ la risultante delle forze di inerzia agenti sullo stesso elemento, in un sistema di riferimento solidale all’elemento deve verificarsi la relazione 11.1) โโโโ ๐น ๐ + โโโ ๐น๐ = 0 Questa relazione prende il nome di principio di d’Alembert e può essere estesa, come verrà indicato dopo, ai meccanismi. La rilevanza di tale principio consiste nella possibilità di applicare il PLV anche nel caso di non equilibrio meccanico, dato che, in un sistema di riferimento solidale all’elemento si ha equilibrio purché si mettano in conto le forze d’inerzia. Detto allora ๐ฟ๐ il lavoro virtuale e ๐ฟ๐ lo spostamento virtuale, il principio di d’Alembert insieme al PLV permettono di scrivere la relazione โโโโ๐ + โโโ 11.2) ๐ฟ๐ = (๐น ๐น ๐ ) โ ๐ฟ๐ = 0 Se indico ๐ l’accelerazione dell’elemento rispetto a un sistema di riferimento inerziale, deve risultare 108 11.3) โโโ ๐น ๐ = −๐๐ Infatti il secondo principio della dinamica porge โโโโ ๐น ๐ = ๐๐ e dunque dalla 11.1 segue la 11.3. Ma allora la 11.2 si scrive โโโโ๐ − ๐๐ ) โ ๐ฟ๐ = 0 11.4) ๐ฟ๐ = (๐น L’utilità di questa formula sarà illustrata nel seguito. 11.2. Forze di inerzia per moto rotatorio. Il moto rispetto a un sistema di riferimento inerziale sia una rotazione rispetto intorno a un punto fisso ๐. Mi propongo di ricavare la sollecitazione ridotta della sollecitazione dovuta alle forze di inerzia, che in questo caso coincide con la sollecitazione centrifuga. Ci mettiamo nel caso generale di una rotazione accelerata, caso non trattato nel corso di Meccanica Razionale, dove ci siamo limitati alla rotazione uniforme. Il sistema di riferimento sia scelto con origine in ๐ e con asse ๐ฅ passante per il baricentro ๐บ del corpo. Allora la forza di inerzia agente sulla massa elementare ๐๐ di posizione ๐ ≡ (๐ฅ, ๐ฆ) ≡ (๐ cos ๐ , ๐ sin ๐) è data, in base alla 11.3 da โโโ๐ = −๐๐๐ = (๐2 ๐๐ฬ − ๐ผ๐๐ฬ )๐๐ 11.5) ๐๐น Ma essendo 11.6) { ๐๐ฬ = ๐ฅ๐ฬ + ๐ฆ๐ฬ ๐๐ฬ = −๐(๐ฬ sin ๐ − ๐ฬ cos ๐) = −๐ฆ๐ฬ + ๐ฅ๐ฬ risulta โโโ๐ = (๐2 (๐ฅ๐ฬ + ๐ฆ๐ฬ) + ๐ผ(๐ฆ๐ฬ − ๐ฅ๐ฬ))๐๐ = ((๐2 ๐ฅ + ๐ผ๐ฆ)๐ฬ + (๐2 ๐ฆ − ๐ผ๐ฅ)๐ฬ)๐๐ 11.7) ๐๐น Dunque le componenti della risultante della sollecitazione centrifuga, sono date da 109 ๐น๐ฅ๐ = โฌ(๐2 ๐ฅ + ๐ผ๐ฆ)๐๐ฅ๐๐ฆ = โฌ ๐2 ๐ฅ๐๐ฅ๐๐ฆ + โฌ ๐ผ๐ฆ๐๐ฅ๐๐ฆ = ๐2 ๐๐ฅ๐บ + ๐ผ๐๐ฆ๐บ = ๐2 ๐๐ฅ๐บ โ โ โ ๐น๐ฆ๐ = โฌ(๐2 ๐ฆ − ๐ผ๐ฅ)๐๐ฅ๐๐ฆ = โฌ ๐2 ๐ฆ๐๐ฅ๐๐ฆ − โฌ ๐ผ๐ฅ๐๐ฅ๐๐ฆ = ๐2 ๐๐ฆ๐บ − ๐ผ๐๐ฆ๐บ = −๐ผ๐๐ฅ๐บ โ โ โ Dunque abbiamo trovato la risultante 11.8) โโโ ๐น ๐ = ๐2 ๐๐ฅ๐บ ๐ฬ − ๐ผ๐๐ฅ๐บ ๐ฬ Come si vede la forza di inerzia presenta una componente radiale la quale si oppone all’accelerazione centripeta, e una componente tangenziale la quale si oppone alla accelerazione angolare. Per ottenere la sollecitazione ridotta dobbiamo ora calcolare il momento totale della sollecitazione centrifuga rispetto a un dato punto e applicare la risultante in un punto tale per cui il suo momento rispetto a quello stesso polo sia uguale a quello della sollecitazione centrifuga. Consideriamo allora il momento totale rispetto a ๐. Considerando la 11.7 ottengo ๐ฬ ๐ฬ ๐ ๐ 2 2 โโ โโโ ๐๐ = − โฌโ ๐๐น × (๐ฅ๐ฬ + ๐ฆ๐ฬ)๐๐ฅ๐๐ฆ = − โฌโ ๐๐๐ก ((๐ ๐ฅ + ๐ผ๐ฆ) (๐ ๐ฆ − ๐ผ๐ฅ) ๐ฅ ๐ฆ 2 2 = − โฌโ ((๐ ๐ฅ + ๐ผ๐ฆ)๐ฆ − (๐ ๐ฆ − ๐ผ๐ฅ)๐ฅ)๐๐ฅ๐๐ฆ= ๐ฬ 0) ๐๐ฅ๐๐ฆ= 0 = โฌ(−(๐2 ๐ฅ๐ฆ + ๐ผ๐ฆ 2 ) + (๐2 ๐ฅ๐ฆ − ๐ผ๐ฅ 2 ))๐๐ฅ๐๐ฆ = −๐2 ๐ผ๐ฅ๐ฆ − ๐ผ๐ผ๐ฅ + ๐2 ๐ผ๐ฅ๐ฆ − ๐ผ๐ผ๐ฆ = −๐ผ๐ผ๐ง โ dove ๐ผ๐ง indica il momento di inerzia rispetto all’asse ortogonale al piano e passante per ๐. Volendo poi far comparire ๐ผ๐บ , momento di inerzia rispetto all’asse bari centrale parallelo all’asse di rotazione ๐ง, si può ricorrere al teorema di Huygens e scrivere โโ ๐๐ = −๐ผ(๐๐ฅ๐บ2 + ๐ผ๐บ ) 11.9) ๐ โโโ๐ e l’asse ๐ฅ. In tal caso il momento Ora sia ๐ถ il punto di intersezione fra la retta di azione di ๐น appena calcolato si deve poter scrivere โโ ๐๐ = ๐น๐ฆ๐ ๐ฅ๐ถ ๐ฬ = −๐ผ๐๐ฅ๐บ ๐ฅ๐ถ ๐ฬ 11.10) ๐ Uguagliando allora le 11.9, 11.10 si conclude ๐ผ 11.11) ๐ฅ๐ถ = ๐ฅ๐บ + ๐๐ฅ๐บ ๐บ Il punto ๐ถ prende il nome di centro di percussione. Si vuole osservare che nel caso particolare in cui la rotazione avvenisse intorno al baricentro la sollecitazione equivalente sarebbe costituita dalla sola coppia ๐๐ = −๐ผ๐ผ๐บ , come si deduce dalle 11.8, 11.9. 11.3. Forze di inerzia per moto piano generico. Passiamo ora a considerare il generico moto piano. Per fare questo introduciamo il sistema di riferimento mobile ๐ Γ(๐บ; ๐, ๐, ๐) il quale abbia origine nel baricentro e abbia assi ad orientamento fisso rispetto al sistema di 110 riferimento inerziale ๐ ๐ถ(๐; ๐ฅ, ๐ฆ, ๐ง). Preso allora una porzione del corpo di massa ๐๐ occupante la posizione ๐, in base alla teoria dei moti relativi, la sua accelerazione assoluta è data da ๐(๐) = ๐๐ + ๐๐ (๐) + ๐๐ (๐) dove compaiono, nell’ordine, l’accelerazione di trascinamento dovuta al moto del sistema di riferimento bari centrale rispetto a quello fisso, l’accelerazione relativa della massa elementare rispetto al sistema di riferimento mobile, e l’accelerazione di Coriolis. Di queste la prima coincide con l’accelerazione del baricentro (o di qualunque altro punto solidale al sistema di riferimento mobile), la terza è nulla (essendo nulla la velocità angolare di trascinamento) e la seconda è data da ๐๐ (๐) = −๐2 ๐๐ฬ + ๐ผ × ๐๐ฬ Dunque la forza elementare di inerzia è data da โโโ๐ (๐) = −(๐๐บ + ๐๐ (๐))๐๐ = −๐๐บ ๐๐ + ๐2 ๐๐ฬ ๐๐ − ๐ผ × ๐๐ฬ ๐๐ ๐๐น Integrando su tutto il corpo si ha la risultante โโโ ๐น ๐ = −๐๐บ โฌ ๐๐ + ๐2 โฌ ๐๐ฬ ๐๐ − ๐ผ × โฌ ๐๐ฬ ๐๐ = −๐๐บ ๐ + ๐2 โโโโโ ๐บ๐บ ๐ − ๐ผ × โโโโโ ๐บ๐บ ๐ โ โ โ Dunque abbiamo la risultante 11.12) โโโ ๐น ๐ = −๐๐บ ๐ Ma dove va applicata la risultante per ottenere la sollecitazione ridotta della sollecitazione delle forze di inerzia? Dobbiamo valutare il momento totale della sollecitazione di inerzia rispetto a un punto qualsiasi, ad esempio rispetto al baricentro. Si ha โโ ๐บ๐ = − โฌ ๐๐น โโโ๐ × ๐๐ฬ = โฌ ๐๐บ ๐๐ × ๐๐ฬ − โฌ ๐2 ๐๐ฬ ๐๐ × ๐๐ฬ + โฌ(๐ผ × ๐๐ฬ ๐๐) × ๐๐ฬ = ๐ โ โ โ โ = โฌ(๐ผ × ๐๐ฬ ) × ๐๐ฬ ๐๐ = โฌ(๐ผ โ ๐๐ฬ )๐๐ฬ ๐๐ − โฌ(๐๐ฬ โ ๐๐ฬ )๐ผ ๐๐ = − โฌ ๐ 2 ๐ผ ๐๐ = โ โ โ โ = − โฌ ๐ 2 ๐ผ๐๐ = −๐ผ๐บ ๐ผ โ Dunque la sollecitazione ridotta della sollecitazione di inerzia è data da 11.13) { โโโ ๐น ๐ , ๐บ = −๐๐บ ๐ โโ ๐ = −๐ผ ๐ผ๐บ ๐ โโ ๐ = −๐ผ ๐ผ๐บ . ovvero dalla forza โโโ ๐น ๐ = −๐๐บ ๐ applicata al baricentro e alla coppia ๐ 111 11.4. Riduzione della sollecitazione di inerzia. Ricordo che il sistema globale della dinamica per un corpo rigido si scrive 11.14) {๐๐พโ๐ด ๐๐ก ๐๐๐บ = ๐ โ โโ ๐ด + ๐๐ฃ๐บ × ๐ฃ๐ด =๐ dove ๏ท ๏ท ๏ท ๏ท ๐ โ è la risultante della sollecitazione esterna agente sul corpo; โ × โโโโโ โ๐ด = ๐ ๐พ ๐บ๐ด = ๐๐ฃ๐บ × โโโโโ ๐บ๐ด è il momento della quantità di moto rispetto al generico polo ๐ด; ๐ฃ๐ด è la velocità del polo ๐ด ๐ è la massa complessiva del corpo. Assumendo poi come polo del momento totale il baricentro ๐บ del corpo il sistema si semplifica: ๐๐๐บ = ๐ โ 11.15) {๐๐พโ๐บ โโ ๐บ =๐ ๐๐ก Si ricorda poi che l’espressione della derivata del momento, rispetto al baricentro, della quantità di moto è data da 11.16) โ๐บ ๐๐พ ๐๐ก = (๐ฝ๐ ๐ฬ ๐ − (๐ฝ๐ − ๐ฝ๐ )๐๐ ๐๐ )๐ฬ1 + (๐ฝ๐ ๐ฬ ๐ − (๐ฝ๐ − ๐ฝ๐ )๐๐ ๐๐ )๐ฬ2 + (๐ฝ๐ ๐ฬ ๐ − (๐ฝ๐ − ๐ฝ๐ )๐๐ ๐๐ )๐ฬ3 dove si intende che il sistema di riferimento è la terna centrale di inerzia. Se in particolare consideriamo allora un moto piano la 11.16 si scrive โ๐บ ๐๐พ = ๐ฝ๐ ๐ฬ ๐ ๐ฬ3 ๐๐ก Con la simbologia adottata nei precedenti paragrafi si scriverà 1.17) โ๐บ ๐๐พ ๐๐ก = ๐ผ๐บ ๐ผ Dunque nel caso particolare di moto piano il sistema globale della dinamica si scrive 11.15) { ๐๐๐บ = ๐ โ โโ ๐บ ๐ผ๐บ ๐ผ โ =๐ Se confrontiamo il sistema 11.15 con la sollecitazione ridotta della sollecitazione di inerzia scopriamo allora che il sistema globale della dinamica può scriversi 11.16) { ๐ โ + โโโ ๐น๐ = 0 โโ ๐บ + ๐ โโ ๐ = 0 ๐ 112 Questo risultato si estende poi al generico moto spaziale, e la dimostrazione di questo risiede nella definizione 11.3 di forza di inerzia per punto materiale, e nel procedimento con il quale si perviene al sistema 11.14, procedimento per il quale si rimanda al trattato di Meccanica Razionale. Supponendo di conoscere il momento totale della sollecitazione esterna rispetto al generico polo ๐, piuttosto che rispetto al baricentro, allora poiché โโโโโ โโ ๐ = ๐ โโ ๐บ + ๐ โ × ๐บ๐ ๐ il sistema 11.16 può scriversi 11.17) { ๐ โ + โโโ ๐น๐ = 0 โโ ๐ + โโโ โโ ๐ = 0 ๐ ๐น ๐ × โโโโโ ๐บ๐ + ๐ 11.5. Principio dei lavori virtuali. Abbiamo visto che la sollecitazione complessivamente agente su un corpo, rispetto a un sistema di riferimento a esso solidale è data dalla somma della sollecitazione effettiva { ๐ โ , ๐บ โโ ๐บ ๐ e della sollecitazione inerziale { โโโ ๐น ๐ , ๐บ = −๐๐บ ๐ โโ ๐ = −๐ผ ๐ผ๐บ ๐ le quali devono essere in equilibrio fra loro, data la quiete del corpo rispetto al sistema di riferimento a esso solidale. Ma allora deve essere nullo, in base al PLV, il lavoro virtuale della sollecitazione complessiva; deve cioè aversi โโ ๐ โ ๐ โโ ๐บ โ ๐ 11.18) ๐ฟ๐ = โโโ ๐น ๐ โ ๐ฃ๐บ ๐๐ก + ๐ โ ๐๐ก + ๐ โ โ ๐ฃ๐บ ๐๐ก + ๐ โ ๐๐ก = 0 ovvero โโ ๐ โ ๐ 11.19) ๐ฟ๐ = โโโ ๐น ๐ โ ๐ฃ๐บ ๐๐ก + ๐ โ ๐๐ก + ∑๐1 โโโโ ๐โ๐ โ ๐ฃโ ๐๐ก = 0 dove la sollecitazione effettiva è espressa in maniera esplicita e non attraverso la sua riduzione. Si sottolinea che il sistema di spostamenti virtuali è valutato rispetto al sistema di riferimento solidale al corpo, cioè quello in cui sussistono le forze di inerzia, immaginando di “scollare” da esso il corpo in modo da imprimere lo spostamento virtuale. Nel caso dei meccanismi, cioè di sistemi costituiti da più corpi rigidi, devono risultare nulli i lavori virtuali relativi a ciascun membro; in tali lavori virtuali andranno considerate nella sollecitazione effettiva anche le forze che i vari membri si scambiano fra loro. La condizione di annullamento di ciascuno dei lavori virtuali comporta evidentemente l’annullamento della somma dei lavori virtuali; d’altra parte, poiché il moto è uno e uno solo, data la sollecitazione esterna, 113 la soluzione16 che si ottiene uguagliando a zero la somma dei lavori virtuali è esattamente quella che si ottiene uguagliando a zero ciascuno dei lavori virtuali. Tuttavia la somma dei lavori virtuali può essere calcolata senza dovere calcolare ciascuno dei lavori virtuali, questo perché è possibile dimostrare17 che la somma dei lavori virtuali di ciascun membro di un meccanismo risulta data dal lavoro effettuato dalla sollecitazione esterna effettiva e dalle forze di inerzia, in corrispondenza del generico sistema di spostamenti virtuali, calcolati rispetto al sistema di riferimento inerziale. Si sottolinea che questo lavoro virtuale non ha un preciso significato fisico: questo perché contempla nella sollecitazione esterna le forze di inerzia di ciascuno dei membri, forze che non possono sussistere tutte insieme, a meno che non si pensi il meccanismo con un unico pezzo rigido. Dunque questo lavoro non è il lavoro virtuale relativo a un corpo in equilibrio, come è giusto che sia poiché se così fosse il suo annullamento comporterebbe l’assenza di moto relativo fra i membri del meccanismo. 11.6. Problema diretto e problema inverso della dinamica. La dinamica studia le relazioni fra forze e movimento; è dunque evidente che i possibili approcci a un problema dinamico sono due. ๏ท Problema diretto. Note le forze agenti sul meccanismo si cercano le funzioni cinematiche che ne descrivono il moto. Se le coordinate lagrangiane del moto sono ๐, allora la condizione di annullamento dei lavori virtuali di ciascun membro si traduce in altrettante equazioni differenziali del secondo ordine le cui incognite sono le leggi orarie delle coordinate lagrangiane. Si deve infatti imporre l’annullamento dei coefficienti di ciascuno degli spostamenti virtuali (in modo tale che i lavori virtuali siano nulli in corrispondenza a ogni sistema di spostamenti virtuali, come richiede appunto il PLV). Volendo invece risolvere il sistema globale della dinamica si devono affrontare sei equazioni scalari per ciascun membro. ๏ท Problema inverso. Noto il moto si risale alle forze che lo determinano. Anche qui si può ricorrere al sistema globale della dinamica oppure al PLV. 11.7. Meccanismo scoth-yoke, problema diretto. Riprendiamo il meccanismo studiato, in condizioni statiche, nel paragrafo 7.8 e estendiamo l’analisi al caso in cui non si verifichi equilibrio meccanico. A sinistra abbiamo il meccanismo, a destra esso è disgregato nelle 16 Si intende il legame fra forze e leggi orarie del moto. La dimostrazione sembra poco intellegibile, dunque mi limito a provare che ciò risulta vero negli esempi discussi nei successivi paragrafi. In realtà potrebbe anche non essere vera in generale questa proprietà; infatti nel libro di testo non se ne fa menzione. 17 114 sue due componenti: la manovella è il glifo. Sono indicate poi le relative forze di inerzia e le forze effettive, che sono l’insieme delle forze esterne e delle forze interne, ovvero le reazioni che si scambiano i due membri. Per il lavoro virtuale della manovella abbiamo โโโโ + ๐น โ ๐ฟ๐ โโโโ − ๐๐ sin ๐ ๐ฟ๐ − ๐ผ๐ฬ๐ฟ๐ = โโ โ ๐ฟ๐ ๐ฟ๐๐ = ๐ = −๐๐ฟ๐ − ๐น๐ฟ๐ − ๐๐ sin ๐ ๐ฟ๐ − ๐ผ๐ฬ๐ฟ๐ Per il lavoro virtuale del glifo si ha ๐ฟ๐๐ = −๐น๐ฟ๐ + ๐น๐ฟ๐ + ๐๐ sin ๐ ๐ฟ๐ − ๐๐ ฬ ๐ฟ๐ = ๐๐ sin ๐ ๐ฟ๐ − ๐๐ ฬ ๐ฟ๐ Risultando poi ๐ฟ๐ = −๐ sin ๐ ๐ฟ๐ ๐ ฬ = −๐ sin ๐ ๐ฬ ๐ ฬ = −๐ cos ๐ ๐ฬ + ๐ sin ๐ ๐ฬ i due lavori virtuali si riscrivono ๐ฟ๐๐ = (−๐ + ๐น๐ sin ๐ + ๐๐ 2 sin2 ๐ − ๐ผ๐ฬ )๐ฟ๐ sin 2๐ ๐ฟ๐๐ = (−๐๐ 2 sin2 ๐ − ๐๐ 2 ๐ฬ + ๐๐ 2 sin2 ๐ ๐ฬ) ๐ฟ๐ 2 Sommando i due lavori virtuali e uguagliando a zero si ha l’equazione differenziale che governa il moto del meccanismo 11.20) −๐ + ๐น๐ sin ๐ − ๐๐ 2 sin 2๐ 2 ๐ฬ + (๐๐ 2 sin2 ๐ − ๐ผ)๐ฬ = 0 Ora dimostro come il problema possa essere risolto molto più semplicemente considerando un lavoro virtuale fittizio il quale contempli come forze le forze effettive esterne e le forze di inerzia dei due membri, e come spostamenti un sistema di spostamenti virtuali. Detto ๐ฟ๐ tale lavoro si ha ๐ฟ๐ = −๐๐ฟ๐ − ๐น๐ฟ๐ − ๐ผ๐ฬ๐ฟ๐ − ๐๐ ฬ ๐ฟ๐ = = −๐๐ฟ๐ + ๐น๐ sin ๐ ๐ฟ๐ − ๐ผ๐ฬ๐ฟ๐ − ๐๐ cos ๐ ๐ฬ๐ sin ๐ ๐ฟ๐ + ๐๐ sin ๐ ๐ฬ๐ sin ๐ ๐ฟ๐ = sin 2๐ = −๐๐ฟ๐ + ๐น๐ sin ๐ ๐ฟ๐ − ๐ผ๐ฬ๐ฟ๐ − ๐๐ 2 ๐ฬ๐ฟ๐ + ๐๐ 2 sin2 ๐ ๐ฬ๐ฟ๐ 2 Uguagliando a zero questo lavoro si ritrova la legge oraria 11.20. 11.8. Pendolo composto, problema diretto. Consideriamo il meccanismo in figura. Vogliamo ricavare il suo moto nel tempo a partire dalla conoscenza delle forze agenti su esso (problema diretto). A sinistra il meccanismo è assemblato, è disgregato a destra. Scrivo il lavoro virtuale dell’asta superiore ๐ฟ๐1 = [ ๐ฟ๐ฅ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ 0 ] โ [ 1] − [ 1 1] โ [ 1] − [ 2 2] โ [ 1] −๐(๐1 + ๐2 ) ๐ฟ๐ฆ1 ๐1 ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ1 ๐2 ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ1 115 Per l’asta inferiore si ha invece il lavoro virtuale ๐ฟ๐2 = [ ๐ฟ๐ฅ ′ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ ′ 0 ] โ [ 1′] − [ 2 2] โ [ 2 ′] −๐๐2 ๐ฟ๐ฆ1 ๐2 ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ2 Si osservi come, nel secondo lavoro, le accelerazioni siano quelle rispetto al sistema di riferimento inerziale18, mentre gli spostamenti sono rispetto a un sistema di riferimento solidale alla seconda asta, dal quale l’asta stessa si “scolla” solo per gli spostamenti virtuali. La sommo dei due lavori virtuali si scrive ๐ฟ๐ = ๐ฟ๐1 + ๐ฟ๐2 = ๐ฟ๐ฅ ๐ฟ๐ฅ + ๐ฟ๐ฅ2 ′ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ + ๐ฟ๐ฅ2 ′ 0 0 =[ ] โ [ 1] + [ ]โ[ 1 ] − [ 1 1] โ [ 1] − [ 2 2] โ [ 1 ]= ′ −๐๐1 ๐ฟ๐ฆ1 −๐๐2 ๐ฟ๐ฆ1 + ๐ฟ๐ฆ2 ๐1 ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ1 ๐2 ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ1 + ๐ฟ๐ฆ2 ′ ๐ฟ๐ฅ ๐ฟ๐ฅ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ ๐ ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ 0 0 =[ ] โ [ 1] + [ ] โ [ 2] − [ 1 1] โ [ 1] − [ 2 2] โ [ 2] −๐๐1 ๐ฟ๐ฆ1 −๐๐2 ๐ฟ๐ฆ2 ๐1 ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ1 ๐2 ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ2 dove si è posto ๐ฟ๐ฅ + ๐ฟ๐ฅ2 ′ = ๐ฟ๐ฅ2 { 1 ๐ฟ๐ฆ1 + ๐ฟ๐ฆ2 ′ = ๐ฟ๐ฆ2 18 Le accelerazioni servono infatti a definire le forze inerziali, le quali vanno appunto valutate rispetto a un sistema di riferimento inerziale. 116 Si osserva che la somma dei due lavori virtuali coincide anche in questo caso con il lavoro fittizio che si ottiene considerando la sollecitazione esterna e le forze di inerzia, per il generico sistema di spostamenti virtuali del meccanismo. Ora esprimo tutto in funzione delle due coordinate lagrangiane ๐1 , ๐2 . Osservato che ๐ฅ1ฬ = −๐ฟ1 ๐1ฬ sin ๐1 2 ฬ cos ๐1 ๐ฅ1 = ๐ฟ1 cos ๐1 ๐ฅ1ฬ = −๐ฟ1 ๐1ฬ sin ๐1 − ๐ฟ1 ๐1ฬ cos ๐1 ๐ฆ ฬ = ๐ฟ ๐ 1 1 1 { โน โน{ 2 ๐ฆ1 = ๐ฟ1 sin ๐1 ๐ฟ๐ฅ1 = −๐ฟ1 sin ๐1 ๐ฟ๐1 ๐ฆ1ฬ = ๐ฟ1 ๐1ฬ cos ๐1 − ๐ฟ1 ๐1ฬ sin ๐1 { ๐ฟ๐ฆ1 = ๐ฟ1 cos ๐1 ๐ฟ๐1 ๐ฅ2ฬ = ๐ฅ1ฬ − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 ๐ฅ = ๐ฅ1 + ๐ฟ2 cos ๐2 ๐ฆ2ฬ = ๐ฆ1ฬ + ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 { 2 โน โน ๐ฆ2 = ๐ฆ1 + ๐ฟ2 sin ๐2 ๐ฟ๐ฅ2 = ๐ฟ๐ฅ1 + ๐ฟ๐ฅ2 ′ = ๐ฟ๐ฅ1 − ๐ฟ2 sin ๐2 ๐ฟ๐2 ′ {๐ฟ๐ฆ2 = ๐ฟ๐ฆ1 + ๐ฟ๐ฆ2 = ๐ฟ๐ฆ1 + ๐ฟ2 cos ๐2 ๐ฟ๐2 2 ๐ฅ2ฬ = ๐ฅ1ฬ − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 โน{ 2 ๐ฆ2ฬ = ๐ฆ1ฬ + ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 otteniamo ๐ฅฬ 1 ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ ๐ฟ๐ฅ ] โ [ 1 ] + ๐2 [ 2 ] โ [ 2 ] = ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ1 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ2 ๐ฅฬ 1 ๐ฅฬ 2 ๐ฟ๐ฅ1 ๐ฟ๐ฅ ๐ฟ๐ฅ ′ = ๐1 [ ]โ[ ] + ๐2 [ ] โ ([ 1 ] + [ 2 ′ ]) = ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ1 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ1 ๐ฟ๐ฆ2 ๐ฅฬ 1 ๐ฅฬ 2 ๐ฅฬ 2 ๐ฟ๐ฅ1 ๐ฟ๐ฅ1 ๐ฟ๐ฅ ′ = ๐1 [ ]โ[ ] + ๐2 ([ ]โ[ ]+[ ] โ [ 2 ′ ]) = ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ1 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ1 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ2 ๐ฅฬ 1 ๐ฅฬ 2 ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ1 ๐ฟ๐ฅ ′ = (๐1 [ ] + ๐2 [ ]) โ [ ] + ๐2 [ 2 ] โ [ 2 ′ ] ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ2 ๐ฟ๐ฆ1 −๐ฟ๐ = ๐1 [ I due addendi isolati devono annullarsi entrambi, quindi possiamo considerarli separatamente: ๐ฅฬ 1 ๐ฅฬ ๐ฟ๐ฅ ] + ๐2 [ 2 ]) โ [ 1 ] = ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ1 2 ๐ฅฬ 1 ๐ฅ1ฬ − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 ๐ฟ๐ฅ = (๐1 [ ] + ๐2 [ ]) โ [ 1 ] = 2 ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ฟ๐ฆ 1 ๐ + ๐ฆ1ฬ + ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 2 ๐ฅฬ ๐ฅฬ −๐ฟ ๐ ฬ sin ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 ๐ฟ๐ฅ = (๐1 [ 1 ] + ๐2 [ 1 ] + ๐2 [ 2 2 ]) โ [ 1 ] = 2 ๐ + ๐ฆฬ 1 ๐ + ๐ฆ1ฬ ๐ฟ๐ฆ1 ๐ฟ ๐ ฬ cos ๐ − ๐ฟ ๐ ฬ sin ๐ (๐1 [ 2 2 2 2 2 2 2 2 −๐1ฬ sin ๐1 − ๐1ฬ cos ๐1 −๐2ฬ sin ๐2 − ๐2ฬ cos ๐2 ๐ฟ๐ฅ = ((๐1 + ๐2 )๐ฟ1 [ ๐ ] + ๐ ๐ฟ [ ]) โ [ 1 ] = 2 2 2 2 ๐ฟ๐ฆ1 + ๐1ฬ cos ๐1 − ๐1ฬ sin ๐1 ๐2ฬ cos ๐2 − ๐2ฬ sin ๐2 ๐ฟ1 2 −๐1ฬ sin ๐1 − ๐1ฬ cos ๐1 −๐ฟ sin ๐1 ๐ฟ๐1 = (๐1 + ๐2 )๐ฟ1 [ ๐ ]โ[ 1 ]+ 2 ๐ฟ1 cos ๐1 ๐ฟ๐1 + ๐1ฬ cos ๐1 − ๐1ฬ sin ๐1 ๐ฟ1 2 −๐2ฬ sin ๐2 − ๐2ฬ cos ๐2 −๐ฟ sin ๐1 ๐ฟ๐1 +๐2 ๐ฟ2 [ ]โ[ 1 ]=0โบ 2 ๐ฟ1 cos ๐1 ๐ฟ๐1 ๐2ฬ cos ๐2 − ๐2ฬ sin ๐2 ๐ cos ๐1 2 sin 2๐1 2 sin 2๐1 (๐1 + ๐2 )๐ฟ1 2 (๐1ฬ sin2 ๐1 + ๐1ฬ + + ๐1ฬ cos 2 ๐1 − ๐1ฬ )+ 2 ๐ฟ1 2 117 2 2 +๐2 ๐ฟ1 ๐ฟ2 (๐2ฬ sin ๐1 sin ๐2 + ๐2ฬ sin ๐1 cos ๐2 + ๐2ฬ cos ๐1 cos ๐2 − ๐2ฬ cos ๐1 sin ๐2 ) = 0 โบ ๐ cos ๐1 2 (๐1 + ๐2 )๐ฟ1 (๐1ฬ + ) + ๐2 ๐ฟ2 (๐2ฬ sin(๐1 − ๐2 ) + ๐2ฬ cos(๐1 − ๐2 )) = 0 ๐ฟ1 Dobbiamo ora imporre l’annullamento del secondo addendo di ๐ฟ๐: 2 ๐ฅฬ ๐ฅ ฬ − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 ๐ฟ๐ฅ ′ −๐ฟ sin ๐2 ๐ฟ๐2 ๐2 [ 2 ] โ [ 2 ′ ] = 0 โบ [ 1 ]โ[ 2 ]=0โบ 2 ๐ + ๐ฆฬ 2 ๐ฟ๐ฆ2 ๐ฟ2 cos ๐2 ๐ฟ๐2 ๐ + ๐ฆ ฬ + ๐ฟ ๐ ฬ cos ๐ − ๐ฟ ๐ ฬ sin ๐ 1 2 2 2 2 2 2 2 ๐ฅ1ฬ − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 − sin ๐2 โบ[ ]โ[ ]=0โบ 2 cos ๐2 ๐ + ๐ฆ1ฬ + ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 2 2 −๐ฟ1 ๐1ฬ sin ๐1 − ๐ฟ1 ๐1ฬ cos ๐1 − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 − sin ๐2 โบ[ ]โ[ ]=0โบ 2 2 cos ๐2 ๐ + ๐ฟ ๐ ฬ cos ๐ − ๐ฟ ๐ ฬ sin ๐ + ๐ฟ ๐ ฬ cos ๐ − ๐ฟ ๐ ฬ sin ๐ 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 2 2 โบ sin ๐2 ๐ฟ1 ๐1ฬ sin ๐1 + sin ๐2 ๐ฟ1 ๐1ฬ cos ๐1 + sin ๐2 ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 + sin ๐2 ๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 + 2 +๐ cos ๐2 + ๐ฟ1 ๐1ฬ cos ๐2 cos ๐1 − ๐ฟ1 ๐1ฬ sin ๐1 cos ๐2 + 2 +๐ฟ2 ๐2ฬ cos ๐2 cos ๐2 − ๐ฟ2 ๐2ฬ sin ๐2 cos ๐2 = 0 โบ 2 โบ ๐ฟ1 ๐1ฬ cos(๐1 − ๐2 ) − ๐ฟ1 ๐1ฬ sin(๐1 − ๐2 ) + ๐ฟ2 ๐2ฬ + ๐ cos ๐2 = 0 Concludiamo dunque affermando che le leggi orarie dei due angoli ๐1 , ๐2 sono la soluzione del sistema di equazioni differenziali ๐ cos ๐1 2 (๐1 + ๐2 )๐ฟ1 (๐1ฬ + ) + ๐2 ๐ฟ2 (๐2ฬ sin(๐1 − ๐2 ) + ๐2ฬ cos(๐1 − ๐2 )) = 0 ๐ฟ1 { 2 ๐ฟ1 ๐1ฬ cos(๐1 − ๐2 ) − ๐ฟ1 ๐1ฬ sin(๐1 − ๐2 ) + ๐ฟ2 ๐2ฬ + ๐ cos ๐2 = 0 11.9. Quadrilatero articolato, problema inverso. Quattro corpi costituiscono un meccanismo chiuso, essendo collegati con coppie rotoidali. Il corpo 1 sia il telaio. Per ciascuno degli altri corpi ho indicato il baricentro e tre vettori, di cui si vedrà l’utilizzo a breve. Ho indicato poi la forza risultante agente su ciascun corpo, con retta d’azione, e la coppia eventualmente agente 118 su ciascun corpo. Ciò posto scrivo il sistema globale della dinamica, nella forma 11.16, per ciascuno dei membri: { ๐2 ๐๐บ2 = ๐น2 + ๐น12 + ๐น32 โโ ๐ + ๐ โโ 2 + ๐น2 × ๐2 + ๐น12 × ๐2 + ๐น32 × ๐2 ๐ผ2 ๐ผ2 = ๐ { ๐3 ๐๐บ3 = ๐น3 + ๐น23 + ๐น43 โโ 3 + ๐น3 × ๐3 + ๐น23 × ๐3 + ๐น43 × ๐3 ๐ผ3 ๐ผ3 = ๐ { ๐4 ๐๐บ4 = ๐น4 + ๐น34 + ๐น14 โโ 4 + ๐น4 × ๐4 + ๐น34 × ๐4 + ๐น14 × ๐4 ๐ผ4 ๐ผ4 = ๐ โโ ๐ è la coppia motrice, incognita, mentre ๐น12 è la forza che il membro uno dove si intende che ๐ esercita sul membro due, ๐น32 è la forza che il membro tre esercita sul membro due, e così via. Poiché si assume che il sistema sia piano, le forze apparterranno tutte a tale piano mentre i momenti e le accelerazioni angolari saranno tutti ortogonali a tale piano. Ne segue che le sei equazioni vettoriali indicate corrispondono a 6+3 equazioni scalari. Tenendo presente che ๐น2 × ๐2 = (๐น2๐ฅ ๐2๐ฆ − ๐น2๐ฆ ๐2๐ฅ )๐ฬ ๐น12 × ๐2 = (๐น12๐ฅ ๐2๐ฆ − ๐น12๐ฆ ๐2๐ฅ )๐ฬ … abbiamo il sistema 1 0 1 0 1 0 ๐2๐ฆ −๐2๐ฅ ๐2๐ฆ 0 0 −1 0 0 0 0 0 −๐3๐ฆ 0 0 0 0 0 0 [ 0 0 0 0 0 0 1 0 0 −๐2๐ฅ 0 0 0 1 0 −1 0 1 ๐3๐ฅ ๐3๐ฆ −๐3๐ฅ 0 −1 0 0 0 −1 0 −๐4๐ฆ ๐4๐ฅ 0 0 0 0 0 0 1 0 ๐4๐ฆ ๐2 ๐๐บ2๐ฅ − ๐น2๐ฅ ๐น12๐ฅ 0 0 ๐2 ๐๐บ2๐ฆ − ๐น2๐ฆ ๐น12๐ฆ 0 0 ๐ผ2 ๐ผ2 − ๐น2๐ฅ ๐2๐ฆ + ๐น2๐ฆ ๐2๐ฅ − ๐2 ๐น32๐ฅ 0 1 ๐3 ๐๐บ3๐ฅ − ๐น3๐ฅ ๐น32๐ฆ 0 0 ๐3 ๐๐บ3๐ฆ − ๐น3๐ฆ ๐น43๐ฅ = 0 0 ๐น43๐ฆ ๐ผ3 ๐ผ3 − ๐น3๐ฅ ๐3๐ฆ + ๐น3๐ฆ ๐3๐ฅ − ๐3 0 0 0 0 ๐น14๐ฅ ๐4 ๐๐บ4๐ฅ − ๐น4๐ฅ 1 0 ๐น14๐ฆ ๐4 ๐๐บ4๐ฆ − ๐น4๐ฆ −๐4๐ฅ 0] [ ๐๐ ] [ ๐ผ4 ๐ผ4 − ๐น4๐ฅ ๐4๐ฆ + ๐น4๐ฆ ๐4๐ฅ − ๐4 ] In base a quanto visto sin qui dunque l’algoritmo di risoluzione del problema inverso per un quadrilatero articolato consta dei passaggi seguenti: 1) si riducono le sollecitazioni esterne agenti su ciascun membro, sollecitazioni che si assumono note; 2) si individua il baricentro e il momento di inerzia (rispetto all’asse centrale ortogonale al piano del meccanismo) di ciascun membro; 3) date le caratteristiche cinematiche del membro movente si effettua l’analisi cinematica allo scopo di ricavare le accelerazioni dei baricentri di ciascun membro nonché le relative accelerazioni angolari; 4) si ricava la coppia motrice e le reazioni interne utilizzando il sistema 9x9 ricavato più sopra. 119