5.8. Determinazione grafica della polare mobile

Capitolo 1. Coppie cinematiche e meccanismi
1.1. Coppie cinematiche.
Il moto relativo di un
corpo rispetto a un altro è consentito da delle regioni dei
due corpi, sagomate in modo opportuno. Ciascuna di tali
regioni è detta elemento cinematico e un corpo che
possieda almeno un elemento cinematico è detto membro
cinematico.
Si dice allora coppia cinematica l’insieme di due o più
corpi collegati da elementi cinematici. In particolare una
coppia cinematica è detta multipla se è costituita da un
insieme di tre o più corpi, ciascuno provvisto del proprio
elemento cinematico.
La molteplicità di una coppia è definita come il numero dei corpi dell’insieme meno uno. In figura
abbiamo ad esempio una coppia cinematica doppia. E’ evidenziato l’elemento cinematico di ciascun
membro.
Una coppia nella quale gli elementi cinematici determinino contatti superficiali è detta coppia
cinematica inferiore. Se i contatti in corrispondenza degli elementi cinematici sono lineari o
puntiformi allora si parla di coppie cinematiche superiori.
Il grado di libertà della coppia j-ma si indica ๐‘“๐‘— ed è pari al numero di parametri indipendenti
necessari e sufficienti a individuare il moto relativo fra i membri della coppia. Allora il grado di
vincolo della coppia j-ma si scrive
1.1)
๐‘๐‘— = ๐œ† − ๐‘“๐‘—
essendo ๐œ† l’ordine di mobilità del sistema il quale è pari a 6 nello spazio e a 3 nel piano.
Si dicono in chiusura di forma le coppie
nelle quali il grado di vincolo dipende
esclusivamente dalla forma geometrica degli
elementi cinematici.
Si dicono in chiusura di forza le coppie
nelle quali il grado di vincolo dipende anche
da una sollecitazione, detta di chiusura, che
contribuisce a mantenere il grado di vincolo.
Se considero per esempio il vincolo di
appoggio, questo mantiene la sua natura
(eliminazione di tre gradi di libertà) finché esiste una forza la quale preme il corpo mobile contro di
esso.
1.2. Coppie cinematiche inferiori. Vediamo adesso le coppie inferiori più diffuse.
1.2.1. Coppia prismatica. L’unico moto relativo concesso fra i due membri della coppia
cinematica prismatica è quello di traslazione lungo una direzione assegnata. Gli elementi cinematici
sono tronchi di cilindro retto a base non circolare. Nel piano si ha
1
1.2)
๐œ†=3
{๐‘“ = 1 โŸน ๐‘๐‘— = 3 − 1 = 2
๐‘—
Nello spazio si ha
1.3)
๐œ†=6
{๐‘“ = 1 โŸน ๐‘๐‘— = 6 − 1 = 5
๐‘—
Dunque ๐‘๐‘— fornisce i gradi di vincolo di uno dei due membri
cinematici rispetto all’altro, riguardato come fisso. In effetti nel
piano, avendosi solo la possibilità di scorrere lungo una
direzione, i gradi di vincolo devono essere 3 − 1 = 2. Nel secondo caso saranno invece 6 − 1 = 5.
1.2.2. Coppia elicoidale. Il moto ammesso è una rototraslazione rispetto a un asse fisso. Ma il moto
rotatorio e quello traslatorio non sono indipendenti fra loro. In particolare a una rotazione โˆ†๐œƒ
attorno all’asse corrisponde una traslazione Δ๐‘™ lungo l’asse stesso la quale deve soddisfare la
proporzione
Δ๐‘™
๐‘
=
Δ๐œƒ 2๐œ‹๐‘Ÿ
essendo ๐‘ (detto passo) l’avanzamento lungo l’asse corrispondente a un giro completo attorno
all’asse stesso. Se indico ๐›ผ l’inclinazione dell’elica ho che
tan ๐›ผ =
๐‘
โŸน ๐‘ = 2๐œ‹๐‘Ÿ tan ๐›ผ
2๐œ‹๐‘Ÿ
Dunque il legame tra Δ๐‘™ e โˆ†๐œƒ è dato da
1.6)
Δ๐‘™ = Δ๐œƒ tan ๐›ผ
Per il grado di vincolo nel piano si ha
1.7)
๐œ†=3
{๐‘“ = 1 โŸน ๐‘๐‘— = 3 − 1 = 2
๐‘—
Nello spazio si ha
1.8)
๐œ†=6
{๐‘“ = 1 โŸน ๐‘๐‘— = 6 − 1 = 5
๐‘—
dove il grado di libertà si considera unitario in virtù del fatto che il moto
rotatorio e quello traslatorio sono dipendenti l’uno dall’altro.
1.2.3. Coppia sferica. Il moto ammesso è definito da tre rotazioni
indipendenti. Gli elementi cinematici sono due porzioni di sfere concentriche.
Per il grado di vincolo si ha
1.9)
๐œ†=6
{๐‘“ = 3 โŸน ๐‘๐‘— = 6 − 3 = 3
๐‘—
2
Cioè è completamente impedita la traslazione. Nel piano il vincolo della coppia sferica diventa
quella che comunemente si definisce cerniera la quale impone due gradi di vincolo, cioè impedisce
appunto completamente la traslazione.
1.2.4. Coppia piana. In questo caso il moto relativo
ammesso è dato da due traslazioni e da una rotazione. Gli
elementi cinematici sono dati da piani paralleli. Per grado di
vincolo nello spazio si ha
1.10)
๐œ†=6
{๐‘“ = 3 โŸน ๐‘๐‘— = 6 − 3 = 3
๐‘—
Nel piano evidentemente la coppia piana non impone alcun grado di vincolo.
1.2.5. Coppia cilindrica. Il moto relativo fra i due membri
è una rotazione e una traslazione indipendenti fra loro,
aventi entrambe lo stesso asse. Gli elementi cinematici sono
costituiti da tronchi di cilindro retto a base circolare. Per i
grado di vincolo nello spazio si ha
1.11)
๐œ†=6
{๐‘“ = 2 โŸน ๐‘๐‘— = 6 − 2 = 4
๐‘—
1.3. Coppie cinematiche superiori.
Un esempio classico di coppia superiore è quello
rappresentato da due ruote dentate che ingranano fra loro. In questa coppia si realizza un caso di
coppia a chiusura di forza: la forza di chiusura è costituita dalla coppia agente sulla ruota
conduttrice. Nelle coppie superiori i profili di contatto sono detti profili coniugati. Essi sono
definiti cinematicamente corretti se il punto di contatto risulta sempre punto di tangenza e se non
si realizza interferenza meccanica fra i due corpi.
1.4. Meccanismi e loro rappresentazione.
Un insieme di membri cinematici tale
che ognuno di essi è collegato a uno almeno degli altri è detto catena cinematica. Una catena
cinematica in cui un membro sia reso fisso si chiama meccanismo. Il membro fisso di un
meccanismo è detto telaio. Per rappresentare una catena cinematica si possono usare diverse
notazioni: le più comuni sono la poligonale, il grafo senza dimenticare una rappresentazione
naturalistica in cui membri e coppie cinematiche sono rappresentati con icone che richiamano
l’apparenza reale degli oggetti.
Nella notazione grafica detta poligonale si conviene che
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
i membri con due elementi cinematici corrispondono a segmenti;
i membri con ๐‘– > 2 elementi cinematici corrispondono a poligoni (tratteggiati) con ๐‘– lati;
le coppie cinematiche corrispondono ai punti di incontro fra i vertici dei poligoni e/o tra gli
estremi dei segmenti.
Il meccanismo così rappresentato si intende piano. Inoltre le coppie cinematiche si intendono
inferiori e dunque, poiché piane, prismatiche o rotoidali (cerniere). A sinistra in figura si ha la
catena cinematica di Watt dove
๏‚ท
sono presenti due membri con tre elementi cinematici ciascuno;
3
๏‚ท
๏‚ท
sono presenti quattro membri con due elementi cinematici ciascuno;
i due membri con tre elementi cinematici sono collegati fra loro.
A destra nella figura si ha la catena cinematica di Stephenson che differisce da quella di Watt
perché i due membri a tre elementi cinematici sono collegati tra loro attraverso un membro con due
elementi cinematici.
Se invece si vuole indicare la presenza di una coppia superiore si deve introdurre un segmento
discontinuo, come nel meccanismo in figura, dove si intende che il contatto fra l’elemento 3 e
l’elemento 2 avviene esclusivamente lungo due rette.
Nella notazione grafica detta grafo si conviene che
๏‚ท
๏‚ท
le coppie cinematiche sono rappresentate da segmenti;
i membri sono rappresentati dai punti di incontro dei segmenti.
Nella figura abbiamo le catene cinematiche di Watt (a sinistra) e di Stephenson (a destra)
rappresentate attraverso la notazione dei grafi.
Nella rappresentazione naturalistica dei meccanismi si usano invece metodi meno astratti per
indicare le coppie cinematiche. Nella figura sono riportate le rappresentazioni generalmente
accettate per le coppie cinematiche piane inferiori. E’ riportata anche una coppia cinematica
superiore.
4
1.5. Calcolo dei gradi di libertà dei meccanismi. Si definisce grado di libertà di
un meccanismo il numero di parametri necessari e sufficienti a definire la configurazione del
meccanismo stesso. Tale numero è dato dalla formula di Grübler secondo la quale
๐‘—
1.12) ๐น = ๐œ†(๐‘™ − 1) − ∑๐‘–=1(๐œ† − ๐‘“๐‘– )
dove ๐น è il numero di gradi di libertà del meccanismo, ๐‘™ è il numero di membri del meccanismo, ๐‘— è
il numero di coppie cinematiche. Il primo addendo fornisce i gradi di libertà che si avrebbero se non
ci fossero i vincoli imposti dalle coppie cinematiche (il −1 è giustificato dal fatto che uno dei
membri cinematici è riguardato come fisso); il secondo addendo rappresenta la somma dei gradi di
vincolo imposti da ciascuna coppia cinematica.
Nel caso di un sistema piano si ha ๐œ† = 3. Inoltre se le coppie sono inferiori allora sono o rotoidali o
prismatiche e il grado di vincolo è comunque 2. Se sono superiori allora il grado di vincolo è 1 (si
ha solo il vincolo alla traslazione lungo la normale alla superficie di contatto). Dunque si vede
subito che la formula di Grübler nel piano si può scrivere nella forma
1.13) ๐น = 3(๐‘™ − 1) − 2๐‘—1 − ๐‘—2
dove ๐‘—1 indica le coppie inferiori e ๐‘—2 quelle superiori.
Vediamo adesso la utile formula di Eulero (che userò nel seguito, sempre per il calcolo dei gradi di
libertà) secondo la quale in un grafo piano il numero di maglie indipendenti1 vale
1.14) ๐ฟ๐‘–๐‘›๐‘‘ = ๐‘’ − ๐‘ฃ + 1
dove ๐‘’ è il numero di lati e ๐‘ฃ il numero di
vertici del grafo.
Per dimostrare questa formula consideriamo il
grafo a sinistra nella figura. La formula di
Eulero ci dice correttamente che si ha solo una
maglia indipendente (6 − 6 + 1 = 1). Con ciò la formula di Eulero risulta dimostrata per le
spezzate chiuse. Ora aggiungiamo un lato al grafo congiungendo due vertici qualunque. La formula
1
Sono dette indipendenti le maglie non attraversate da lati del grafo.
5
di Eulero porge 7 − 6 + 1 = 2 e abbiamo ancora il risultato corretto. Procedendo in questo modo si
prova la validità della formula di Eulero in ogni caso.
E’ possibile ora dimostrare la formula di Kutzbach secondo la quale il numero di gradi di libertà
di un meccanismo è dato da
๐‘—
1.15) ๐น = −๐œ†๐ฟ๐‘–๐‘›๐‘‘ + ∑๐‘–=1 ๐‘“๐‘–
dove ๐ฟ๐‘–๐‘›๐‘‘ è il numero di maglie indipendenti del grafo (vedi sopra) associato al meccanismo. Infatti
la formula di Grübler 1.12 porge
๐‘—
๐‘—
๐‘—
๐‘—
๐น = ๐œ†(๐‘™ − 1) − ∑(๐œ† − ๐‘“๐‘– ) = ๐œ†(๐‘™ − 1) − ∑(๐œ†) − ∑(−๐‘“๐‘– ) = ๐œ†(๐‘™ − 1) − ๐œ†๐‘— + ∑(๐‘“๐‘– ) =
๐‘–=1
๐‘—
๐‘–=1
๐‘–=1
๐‘—
๐‘–=1
= ๐œ†(๐‘™ − 1 − ๐‘—) + ∑(๐‘“๐‘– ) = −๐œ†[−(๐‘™ − 1 − ๐‘—)] + ∑(๐‘“๐‘– )
๐‘–=1
๐‘–=1
D’altra parte per la formula di Eulero, considerando che ๐‘™ (numero di membri cinematici) è il
numero di vertici del grafo associato al meccanismo e che ๐‘— (numero delle coppie cinematiche)
coincide con il numero di lati del grafo, si ha che il numero di maglie indipendenti del grafo stesso è
๐ฟ๐‘–๐‘›๐‘‘ = ๐‘— − ๐‘™ + 1 = −(๐‘™ − 1 − ๐‘—)
๐‘—
e dunque appunto ๐น = −๐œ†๐ฟ๐‘–๐‘›๐‘‘ + ∑๐‘–=1 ๐‘“๐‘– .
Come esempio di applicazione delle formule di Grübler e di Kutzbach consideriamo la catena
cinematica di Watt. La formula di Grübler porge
๐‘—
7
๐น = 3(๐‘™ − 1) − ∑(3 − ๐‘“๐‘– ) = 3(6 − 1) − ∑(3 − 1) = 15 − 14 = 1
๐‘–=1
๐‘–=1
Consideriamo ora invece la formula di Kutzbach. Per applicarla dobbiamo disegnare il grafo
associato al meccanismo ricordando che in esso i membri rappresentano i vertici e le coppie
cinematiche i lati. Si ha allora il grafo indicato in figura, per cui la formula di Eulero porge
correttamente
๐ฟ๐‘– = ๐‘™๐‘Ž๐‘ก๐‘– − ๐‘ฃ๐‘’๐‘Ÿ๐‘ก๐‘–๐‘๐‘– + 1 = 7 − 6 + 1 = 2
e dunque la formula di Kutzbach porge anch’essa
7
๐น = −3 โˆ™ 2 + ∑ 1 = −6 + 7 = 1
๐‘–=1
6
Capitolo 2. Introduzione alla Cinematica
2.1. Richiami di cinematica dell’elemento.
In un sistema di riferimento cartesiano
ortogonale destro {๐‘‚; ๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐‘ง} la posizione di un generico punto ๐ธ è individuata dal vettore
2.1)
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = ๐‘‚๐ธ
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— (๐‘ก)
๐‘‚๐ธ
la sua velocità dalla derivata prima
2.2)
๐‘ฃ๐ธ =
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— (๐‘ก)
๐‘‘๐‘‚๐ธ
๐‘‘๐‘ก
e la sua accelerazione dalla derivata seconda
2.3)
๐‘Ž๐ธ =
โƒ— ๐ธ (๐‘ก)
๐‘‘๐‘ฃ
๐‘‘๐‘ก
=
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— (๐‘ก)
๐‘‘2 ๐‘‚๐ธ
๐‘‘๐‘ก 2
Se inoltre introduco un sistema di ascisse curvilinee ๐‘  = ๐‘ (๐‘ก) sulla traiettoria, se indico ๐œ il versore
tangente alla traiettoria con verso concorde con quello positivo della a scissa curvilinea, e ๐‘›โƒ— il
versore diretto da ๐ธ verso il centro della circonferenza osculatrice la traiettoria in E , si trovano le
relazioni
2.4)
{
๐‘ฃ๐ธ = ๐‘ ฬ‡ ๐œ
๐‘Ž๐ธ = ๐‘ ฬˆ ๐œ +
๐‘ ฬ‡ 2
๐œŒ
๐‘›โƒ—
essendo ๐œŒ il raggio della circonferenza osculatrice.
2.2. Richiami di cinematica del corpo rigido. Atto di moto. La velocità di un
punto ๐ด appartenente al corpo rigido ๐‘… è data da
2.5)
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ฃ๐ด = ๐‘ฃ๐ต + ๐œ”
โƒ— × ๐ต๐ด
essendo ๐ต un altro punto (qualunque) del corpo rigido. Il
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— è definito usualmente velocità di ๐‘จ
termine ๐œ”
โƒ— × ๐ต๐ด
rispetto a ๐‘ฉ e viene indicato ๐‘ฃ๐ด๐ต . Per cui si pone
2.5.bis)
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ฃ๐ด๐ต โ‰œ ๐œ”
โƒ— × ๐ต๐ด
Esso rappresenta la velocità di ๐ด rispetto a un sistema di
riferimento con origine in ๐ต animato da moto traslatorio2.
Considerando un moto piano si definisce centro di istantanea rotazione quel punto del piano il
quale ha, istante per istante, velocità nulla. Indicando ๐ถ tale punto, in base alla 2.5 si ha
2.6)
2
๐‘ฃ๐ด = ๐‘ฃ๐ถ + ๐œ”
โƒ— × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด = ๐œ”
โƒ— × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด
La velocità di ๐ด rispetto a ๐ต è dunque la velocità di un moto circolare di centro in ๐ต.
7
Ora cerchiamo di individuare tale punto, dimostrandone l’esistenza. Premoltiplichiamo entrambi i
membri della 2.6 per la velocità angolare ottenendo
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = (๐œ”
๐œ”
โƒ— × ๐‘ฃ๐ด = ๐œ”
โƒ— × (๐œ”
โƒ— × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด) = (๐œ”
โƒ— ⋅ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด)๐œ”
โƒ— − (๐œ”
โƒ— ⋅๐œ”
โƒ— )๐ถ๐ด
โƒ— ⋅ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด)๐œ”
โƒ— − ๐œ”2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด
Se consideriamo un moto piano, essendo la velocità angolare ortogonale al piano del moto, si ha
1
๐œ”
โƒ— × ๐‘ฃ๐ด
๐œ”2
1
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— + โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
⇒ ๐ถ๐‘‚
๐‘‚๐ด = − 2 ๐œ”
โƒ— × ๐‘ฃ๐ด
๐œ”
๐œ”
โƒ— × ๐‘ฃ๐ด = −๐œ”2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด ⇒ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด = −
Dunque
2.7)
1
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘‚๐ถ
๐‘‚๐ด + ๐œ”2 ๐œ”
โƒ— × ๐‘ฃ๐ด
Si vede che se l’atto di moto è traslatorio il centro
di istantanea rotazione va all’infinito, poiché il
secondo addendo tende a un vettore infinitamente
lungo al tendere della velocità angolare a zero.
Per realizzare una rappresentazione grafica dell’atto di moto si consideri che
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
la velocità del punto ๐ด è ortogonale alla congiungente di ๐ถ con ๐ด;
la velocità del punto ๐ด indica il verso antiorario di rotazione rispetto al vettore ๐œ”
โƒ—;
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— .
il modulo di ๐‘ฃ๐ด è dato da ๐œ”๐ถ๐ด
Se dunque prendo diversi punti del piano e ne traccio la velocità secondo quanto detto sopra si
ottiene la figura qui riportata. Si vede allora che l’atto di moto è rotatorio con centro in ๐ถ.
La curva descritta dal centro di istantanea rotazione sul piano fisso è detta polare fissa o base. La
curva descritta dal centro di istantanea rotazione sul piano mobile (quello solidale al corpo) è detta
polare mobile o rulletta. La polare mobile si muove (solidalmente al corpo) avendo istante per
istante un punto in comune con la polare fissa (il punto in comune è il centro di istantanea
8
rotazione); la polare fissa è invece una curva immobile. Siccome questo punto è fermo, istante per
istante, allora il moto della polare mobile rispetto alla polare fissa è un moto di puro rotolamento3.
Considerando che la rulletta deve avere istante per istante un punto in comune con la base e tenendo
presente che l’atto di moto della rulletta rispetto alla base è un campo circolare avente centro nel
punto di contatto, si intuisce che base e rulletta hanno la stessa tangente nel loro punto istantaneo di
contatto.
2.3. Richiami di cinematica del corpo rigido. Accelerazioni.
Derivando il
campo delle velocità 2.5 si ottiene il campo delle accelerazioni
2.8)
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— − ๐œ”2 ๐‘„๐ด
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘Ž๐ด = ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × ๐ต๐ด
dove ๐›ผ โ‰œ ๐œ”
โƒ— ฬ‡ e il punto ๐‘„ è la proiezione di ๐ด su una retta che
passi per ๐ต e sia parallela alla velocità angolare (vedi figura).
Questa formula si dimostra considerando che (vedi appunti di
Meccanica Razionale) la distribuzione delle accelerazioni è
๐‘Ž๐ด = ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด + ๐œ”
โƒ— × (๐œ”
โƒ— × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด) =
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
= ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × ๐ต๐ด + ๐œ”
โƒ— โˆ™ ๐ต๐ด๐œ”
โƒ— −๐œ”
โƒ— ⋅๐œ”
โƒ— โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด =
2
2
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— + ๐ต๐‘„
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— ๐œ” − ๐œ” ๐ต๐ด
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— =
= ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × ๐ต๐ด
2
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— + ๐œ” (๐ต๐‘„
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— − ๐ต๐ด
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— ) =
= ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × ๐ต๐ด
2
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— + ๐ต๐‘„
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— ) = ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
= ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด + ๐œ” (๐ด๐ต
๐ต๐ด + ๐œ”2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐‘„
Si osservi che nel caso particolare di un moto piano il punto ๐‘„ e il punto ๐ต coincidono; allora il
campo delle accelerazioni per moto piano si scrive
2.9)
๐‘Ž๐ด = ๐‘Ž๐ต + ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด − ๐œ”2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด
Definisco, nel moto piano, accelerazione di ๐‘จ rispetto a ๐‘ฉ4 il vettore
2.10) ๐‘Ž๐ด๐ต โ‰œ ๐‘Ž๐ด − ๐‘Ž๐ต = ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด − ๐œ”2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด
per cui il campo delle accelerazioni 2.9 si riscrive
2.11) ๐‘Ž๐ด = ๐‘Ž๐ต + ๐‘Ž๐ด๐ต
Si distingue poi la componente tangenziale
๐‘ก
2.12) ๐‘Ž๐ด๐ต
โ‰œ ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด
e la componente normale
๐‘›
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = ๐œ”2 ๐ด๐ต
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
2.13) ๐‘Ž๐ด๐ต
โ‰œ −๐œ”2 ๐ต๐ด
della accelerazione di ๐ด rispetto a ๐ต. Dunque il campo delle accelerazioni si scrive anche
3
Si ricorda infatti che il moto relativo fra due corpi si dice di puro rotolamento quando essi mantengono sempre un
punto di contatto in corrispondenza del quale l’atto di moto di uno dei due corpi rispetto l’altro vale zero.
4
E’ l’accelerazione del moto del punto ๐ด rispetto al punto ๐ต, il quale è un moto circolare di centro ๐ต.
9
๐‘ก
๐‘›
2.14) ๐‘Ž๐ด = ๐‘Ž๐ต + ๐‘Ž๐ด๐ต
+ ๐‘Ž๐ด๐ต
Si rileva che ๐‘Ž๐ด๐ต è l’accelerazione di A nel sistema di riferimento il quale abbia centro in B e assi
traslanti rispetto agli assi del sistema di riferimento principale. Si ha dunque la situazione indicata in
figura.
Per una rappresentazione delle accelerazioni che sia quantitativamente corretta si introduce un
fattore di scala σa per il quale si abbia
2.15) [๐œŽ๐‘Ž ] =
๐ฟ๐‘‡ −2
๐ฟ
in modo che si possa avere
2.16) ๐‘Ž๐ด = ๐œ‡๐ด ๐œŽ๐‘Ž
๐‘Ž๐ด๐ต = ๐œ‡๐ด๐ต ๐œŽ๐‘Ž
๐‘ก
๐‘ก
๐‘Ž๐ด๐ต
= ๐œ‡๐ด๐ต
๐œŽ๐‘Ž
๐‘›
๐‘›
๐‘Ž๐ด๐ต
= ๐œ‡๐ด๐ต
๐œŽ๐‘Ž
avendo introdotto i vettori ๐œ‡ i quali rappresentano in scala, sulla carta, le rispettive accelerazioni.
2.4. Centro delle accelerazioni.
Si consideri l’angolo ๐›พ indicato in figura, preso con il
๐‘›
verso che porta ๐‘Ž๐ด๐ต a sovrapporsi a ๐‘Ž๐ด๐ต
. Per esso si ha
|๐‘Žโƒ—๐‘ก |
๐›ผ๐ด๐ต
๐›ผ
−1
2.17) ๐›พ = tan−1 |๐‘Žโƒ—๐ด๐ต
= tan−1 ๐œ”2
๐‘› | = tan
๐œ” 2 ๐ด๐ต
๐ด๐ต
Dunque l’angolo che ๐‘Ž๐ด๐ต forma con il segmento ๐ด๐ต è invariabile
comunque si scelgano i due punti ๐ด, ๐ต. Cosa davvero non
scontata. Per quanto riguarda invece il modulo del vettore ๐‘Ž๐ด๐ต
dalle 2.12 e 2.13 si ha immediatamente
2.18) |๐‘Ž๐ด๐ต | = ๐ด๐ต√๐›ผ 2 + ๐œ” 4
Dunque si conclude che nota la funzione ๐œ”
โƒ— =๐œ”
โƒ— (๐‘ก), e dunque anche la funzione ๐›ผ = ๐‘‘๐œ”
โƒ— (๐‘ก)⁄๐‘‘๐‘ก,
abbiamo che risulta immediatamente determinato il vettore ๐‘Ž๐ด๐ต , comunque si scelgano i punti ๐ด, ๐ต
essendo
๏‚ท
๏‚ท
la direzione di ๐‘Ž๐ด๐ต definita dalla condizione di dover formare con il vettore โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต l’angolo ๐›พ in
2.17, dovendo ๐‘Ž๐ด๐ต trovarsi in uno o l’altro semipiano definito dalla retta per ๐ด๐ต, a seconda
del verso di ๐›ผ ; inoltre il verso di ๐‘Ž๐ด๐ต sarà anch’esso definito da quello di ๐›ผ ;
il modulo di ๐‘Ž๐ด๐ต resta definito dalla 2.18.
Ora dimostriamo l’esistenza e unicità del centro delle accelerazioni ovvero di un punto il quale sia
istante per istante ad accelerazione nulla. A tale scopo si segua la costruzione grafica indicata in
figura (da sinistra a destra):
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
traccio per ๐ต la retta ๐‘Ÿ la cui direzione sia tale per cui il vettore ๐‘Ž๐ต si sovrappone a essa
ruotando di un angolo ๐›พ (preso con il verso per esso definito più sopra);
su ๐‘Ÿ si fissa il punto ๐ฟ (dalla parte indicata dal verso di ๐‘Ž๐ต ) tale che ๐ต๐ฟ = ๐ต๐ด;
considero l’accelerazione di ๐ฟ rispetto a ๐ต, ovvero il vettore ๐‘Ž๐ฟ๐ต , la cui direzione risulta
definita da ๐›พ, il cui verso si desume da quello di ๐›ผ e il cui modulo, per la 2.18, vale
10
|๐‘Ž๐ฟ๐ต | = ๐ฟ๐ต √๐›ผ 2 + ๐œ” 4 = ๐ด๐ต √๐›ผ 2 + ๐œ” 4 = |๐‘Ž๐ด๐ต |
๏‚ท
traccio la retta ๐‘ž come in figura e quindi la retta ๐‘ ad essa parallela, individuando ๐พ;
๏‚ท
considero l’accelerazione ๐‘Ž๐พ๐ต la quale deve essere parallela ai vettori ๐‘Ž๐พ๐ต , ๐‘Ž๐ต e deve avere
estremo libero sulla retta ๐‘ž.
Poiché i vettori ๐‘Ž๐พ๐ต , ๐‘Ž๐ต sono paralleli e tali sono anche le rette ๐‘, ๐‘ž (per costruzione), con
considerazioni geometriche basate sulla similitudine dei triangoli, si deduce che ๐‘Ž๐พ๐ต = −๐‘Ž๐ต .
Dunque per l’accelerazione del punto ๐พ, in base alla 2.11, si scrive
๐‘Ž๐พ = ๐‘Ž๐ต + ๐‘Ž๐พ๐ต = ๐‘Ž๐ต − ๐‘Ž๐ต = 0
Quindi il punto ๐พ risponde alla definizione di centro delle accelerazioni. Bisogna dimostrare ora
l’unicità di tale centro, ovvero bisogna dimostrare che non esistono altri punti per i quali si annulli
l’accelerazione. A tale scopo ammettiamo che esista un punto ๐พ tale che sia
๐‘Ž๐ป = ๐‘Ž๐ต + ๐‘Ž๐ป๐ต = 0
Allora si può scrivere
๐‘ก
๐‘Ž๐ป
= ๐‘Ž๐‘˜๐‘ก
๐‘Ž๐ป = 0
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = ๐œ”2 ๐พ๐ต
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐œ”2 ๐ป๐ต
{
โŸน ๐‘Ž ๐ป = ๐‘Ž๐พ ⇒ { ๐‘›
โŸบ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ป๐ต = โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐พ๐ต
๐‘› ⇒{
๐‘Ž๐พ = 0
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = ๐›ผ × ๐พ๐ต
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘Ž๐ป = ๐‘Ž๐‘˜
๐›ผ × ๐ป๐ต
E quindi ๐พ ≡ ๐ป.
๐›พ
๐›พ
๐›ผ
๐พ
๐ธ
๐›พ
๐‘Ž๐ธ
๐›พ
11
Il centro delle accelerazioni permette una rappresentazione del campo delle accelerazioni analoga a
quella del campo delle velocità. Si osservi infatti che l’accelerazione del generico punto ๐ธ per la
2.11 si può scrivere
๐‘ก
๐‘›
๐‘Ž๐ธ = ๐‘Ž๐พ + ๐‘Ž๐ธ๐พ = ๐‘Ž๐ธ๐พ = ๐‘Ž๐ธ๐พ
+ ๐‘Ž๐ธ๐พ
=
2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
= ๐›ผ × ๐ธ๐พ + ๐œ” ๐พ๐ธ
E dunque, prendendo diversi punti del piano otteniamo un grafico come quello in figura. Si ricorda
che l’angolo ๏ง è in generale diverso da 90° e dunque non si ha, in generale, un campo circolare.
2.5. Costruzione della circonferenza dei flessi. Detto da qui in avanti ๐‘ƒ0 il centro
di rotazione istantanea e, come prima, ๐พ il centro delle accelerazioni, consideriamo la seguente
costruzione:
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
consideriamo assegnati i due vettori ๐œ”
โƒ— , ๐›ผ;
tracciamo la velocità ๐‘ฃ๐พ del centro delle accelerazioni ๐พ, tenendo presente che la direzione
di tale vettore deve essere ortogonale a โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ0 ๐พ e deve avere verso definito da quello di ๐œ”
โƒ—;
tracciamo l’accelerazione ๐‘Ž๐‘ƒ0 = ๐‘Ž๐‘ƒ0 ๐พ del centro di istantanea rotazione ๐‘ƒ0 , tenendo
presente che essa deve avere modulo pari a ๐‘ƒ0 ๐พ√๐›ผ 2 + ๐œ” 4 e che deve formare con la retta
per ๐‘ƒ0 , ๐พ l’angolo
๐›พ = tan−1
๐›ผ
๐œ”2
il quale definisce due direzioni possibili, ovvero quattro vettori possibili, che si riducono a 2
considerando che la componente normale ๐‘Ž๐‘ƒ๐‘›0 ๐พ deve puntare ๐พ, e a 1 considerando il verso
della componente tangenziale ๐‘Ž๐‘ƒ๐‘ก 0 ๐พ , il quale è definito da ๐›ผ ;
๏‚ท
๏‚ท
tracciamo le rette ๐‘›, ๐‘– indicate in figura, e la retta ๐‘Ž, asse del segmento ๐‘ƒ0 ๐พ, indicando ๐ถ๐น
l’intersezione fra ๐‘Ž e ๐‘›, e ๐ผ l’intersezione fra ๐‘– e ๐‘›;
tracciamo la circonferenza di centro ๐ถ๐น passante per ๐‘ƒ0 .
Tale circonferenza, che chiamiamo circonferenza dei flessi e che indichiamo โ„ฑ, passerà anche per
ฬ‚ ๐ผ un triangolo rettangolo. Indicando ๐›ฟ
๐ผ, essendo ๐ถ๐น ๐ผ = ๐ถ๐น ๐‘ƒ0 ; passerà poi anche per ๐ผ essendo ๐‘ƒ0 ๐พ
il diametro di โ„ฑ il modulo dell’accelerazione del centro di istantanea rotazione si scrive
12
2.16) ๐‘Ž๐‘ƒ0 = ๐›ฟ๐œ”2
infatti la 2.18 porge
๐›ผ2
2
2
4
√
√
|๐‘Ž๐‘ƒ0 | = ๐พ๐‘ƒ0 ๐›ผ + ๐œ” = ๐›ฟ๐œ” cos ๐›พ
+ 1 = ๐›ฟ๐œ”2 cos ๐›พ √tan2 ๐›พ + 1 =
4
๐œ”
= ๐›ฟ๐œ”2 cos ๐›พ √
sin2 ๐›พ + cos2 ๐›พ
= ๐›ฟ๐œ”2 √sin2 ๐›พ + cos 2 ๐›พ = ๐›ฟ๐œ”2
cos2 ๐›พ
Invece il modulo dell’accelerazione del punto ๐ผ vale
2.17) ๐‘Ž๐ผ = ๐›ฟ๐›ผ
infatti
|๐‘Ž๐ผ | = ๐พ๐ผ √๐›ผ 2 + ๐œ” 4 = ๐›ฟ๐œ”2 sin γ √
๐›ผ2
+ 1 = ๐›ฟ๐œ”2 sin γ √tan2 ๐›พ + 1 =
๐œ”4
sin2 ๐›พ + cos2 ๐›พ
sin γ
α
2
2 ๐›พ + cos 2 ๐›พ = ๐›ฟ๐œ” 2
√sin
= ๐›ฟ๐œ”2 sin γ √
=
๐›ฟ๐œ”
= ๐›ฟ๐›ผ
cos2 ๐›พ
cos ๐›พ
๐œ”2
2.6. Proprietà della circonferenza dei flessi.
Consideriamo adesso le proprietà
della circonferenza dei flessi. Si verifica subito che
๏‚ท
i punti del sistema mobile sovrapposti a quelli della circonferenza dei flessi hanno velocità
parallela all’accelerazione.
Prendiamo infatti il generico punto ๐‘€| sulla
circonferenza dei flessi e consideriamo la sua
accelerazione. Si osservi che se essa puntasse
verso ๐ผ allora formerebbe con ๐‘€| ๐พ un angolo
ฬ‚| ๐พ
ฬ‚0 ๐พ, ๐ผ๐‘€
pari a ๐›พ, visto che i due angoli ๐ผ๐‘ƒ
insistono sullo stesso arco e devono dunque
essere uguali. Ne segue che effettivamente ๐‘Ž๐‘€|
punta ๐ผ.
ฬ‚| ๐ผ è rettangolo (è
Poiché poi il triangolo ๐‘ƒ0 ๐‘€
inscritto in una circonferenza, con ipotenusa
coincidente con il diametro) allora ๐‘Ž๐‘€| ⊥ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ0 ๐‘€|
e dunque effettivamente ๐‘Ž๐‘€| โˆ•โˆ• ๐‘ฃ๐‘€| .
I due vettori risultano fra l’altro anche concordi, ma questa non è una regola generale. In effetti se
avessimo preso un punto fra ๐‘ƒ0 e ๐พ, in basso, avremmo avuto velocità e accelerazione discordi.
Risulta facile dimostrare che
๏‚ท
la circonferenza dei flessi è il luogo dei punti del sistema mobile le cui traiettorie
presentano un flesso.
13
Infatti se si considera la prima proprietà della circonferenza dei flessi si deve ammettere che per i
suoi punti la componente normale della accelerazione (si sta considerando la terna intrinseca della
traiettoria del generico punto della circonferenza dei flessi) deve essere nulla. Ma essendo tale
componente data da |๐‘Ž๐‘› | = ๐‘ ฬ‡ 2 ⁄๐œŒ, il suo annullamento implica un raggio di curvatura infinito e
quindi un moto rettilineo (se ๐œ” = 0) o un flesso, da cui il nome della circonferenza. Si dimostra
inoltre che
๏‚ท
le tangenti dei flessi delle traiettorie di ciascuno dei punti della circonferenza dei flessi
puntano tutte verso il punto ๐ผ che prende per questo il nome di polo dei flessi.
Questo perché ๐‘ฃ๐‘€| , come visto, è parallela a ๐‘Ž๐‘€| la quale risulta puntare ๐ผ. Ma poiché ๐‘ฃ๐‘€| è a sua
volta tangente alla traiettoria di ๐‘€| , e dunque al suo flesso, ne segue la proprietà citata.
๐ผ polo dei flessi
polare mobile
๐ถ๐น
๐ผ
๐‘ƒ0
๐พ
polare fissa
๐‘ƒ0
polare mobile
polare fissa
E’ possibile dimostrare inoltre, come è suggerito dalla figura, che
๏‚ท
la retta per ๐‘ƒ0 , ๐ผ risulta ortogonale alle due polari in ๐‘ƒ0 .
La dimostrazione sembra sia complessa. Comunque per considerare un caso particolare si pensi a
un cerchio che rotoli senza strisciamento su un piano. Si ha che
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
il centro di istantanea rotazione è, istante per istante, il punto di contatto fra la ruota e la retta
sulla quale rotola; infatti, per definizione stessa di rotolamento puro (cioè senza
strisciamento) la velocità del punto di contatto è nulla rispetto alla retta, cioè l’atto di moto
della ruota rispetto alla retta si annulla nel punto di contatto;
la base coincide con la stessa retta;
la rulletta coincide con la circonferenza della ruota;
il polo dei flessi, se il moto del centro della ruota è uniforme, coincide con il centro della
ruota, perché ogni punto dello spazio mobile è soggetto esclusivamente a una accelerazione
normale che punta il centro della ruota.
Dunque appunto la retta per P0 , I risulta ortogonale alle due polari in P0. Si rileva ancora che noti il
centro di istantanea rotazione e il polo dei flessi, si ricava immediatamente la circonferenza dei
flessi.
14
2.7. Curvatura: formula di Euler-Savary.
In questa sede dimostro come sia
possibile ricavare il raggio di curvatura della traiettoria del generico punto ๐‘€ dello spazio mobile
(di un moto piano) noti che siano il centro di istantanea rotazione ๐‘ƒ0 , il centro delle accelerazioni ๐พ,
la velocità angolare e l’accelerazione angolare.
Intanto si costruisce la circonferenza dei flessi. Si
๐‘Ÿ
traccia poi la retta ๐‘Ÿ per ๐‘ƒ0 e ๐‘€ alla quale si
๐‘Ž๐‘€ |
attribuisce un verso positivo arbitrario. Resta così
๐‘€
individuato il punto ๐‘€| della circonferenza dei flessi,
๐‘Ž๐‘€๐‘€|
il quale prende il nome stravagante di punto di
flesso della normale alla traiettoria di ๐‘ด in ๐‘ด
๐›พ ๐‘Ž๐‘€๐‘€|
medesimo. Per la 2.11 possiamo scrivere
๐‘Ž๐‘€
๐›พ
2.19) ๐‘Ž๐‘€ = ๐‘Ž๐‘€| + ๐‘Ž๐‘€๐‘€|
โƒ—โƒ—
ω
Proiettiamo ora la 2.19 sulla retta orientata ๐‘Ÿ,
considerando che le componenti saranno positive se
concordi con ๐‘Ÿ, negative altrimenti. Si ha
๐‘€|
๐‘Ž๐‘€ |
๐ผ
โƒ—α
๐›พ
๐‘Ÿ
๐‘Ÿ
๐‘Ÿ
๐‘Ÿ
2.20) ๐‘Ž๐‘€
= ๐‘Ž๐‘€
| + ๐‘Ž๐‘€๐‘€| = ๐‘Ž๐‘€๐‘€|
dove si è considerato che, per una delle proprietà
della circonferenza dei flessi, risulta ๐‘Ž๐‘€ ortogonale a
๐‘Ÿ. Considerando la 2.4 abbiamo poi
๐‘ƒ0
๐พ
2
๐‘ฃ๐‘€
๐‘Ÿ
๐‘Ž๐‘€ =
๐‘€Ω
dove Ω è il centro di curvatura della traiettoria di ๐‘€.
Mentre per la 2.13 si ha
Ω
๐‘Ÿ
2
|
๐‘Ž๐‘€๐‘€
| = ๐œ” ๐‘€๐‘€
๐‘Ÿ
๐‘Ÿ
I due segmenti ๐‘€Ω e ๐‘€๐‘€| vanno considerate quantità algebriche, essendo le componenti ๐‘Ž๐‘€
, ๐‘Ž๐‘€๐‘€
|
delle quantità algebriche esse stesse: nel caso in figura risulta ๐‘€Ω < 0 e ๐‘€๐‘€| < 0. Sostituendo
nella 2.20 si ha
2.21)
2
๐‘ฃ๐‘€
๐‘€Ω
= ๐œ”2 ๐‘€๐‘€|
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
Poiché ๐‘ฃ๐‘€ = |๐‘ƒ
0 ๐‘€ |๐œ” abbiamo poi
๐‘ƒ0 ๐‘€2 ๐œ”2
= ๐œ”2 ๐‘€๐‘€|
๐‘€Ω
e dunque
2.22) ๐‘ƒ0 ๐‘€2 = ๐‘€Ω โˆ™ ๐‘€๐‘€|
15
che è appunto la seconda espressione della formula di Euler-Savary. Si osserva che, essendo il
primo membro positivo, segue che ๐‘€Ω e ๐‘€๐‘€| hanno lo stesso segno, ovvero che i punti Ω, ๐‘€| si
trovano dalla stessa parte rispetto al punto ๐‘€.
๐‘Ÿ
๐‘€
โƒ—
๐‘‡
โƒ—α
โƒ—โƒ—
ω
โƒ—
๐‘
๐‘€|
๐œ“
๐ผ
polare fissa
๐‘ƒ0
C
C|
polare mobile
Ω
Ora fornisco una espressione alternativa della formula di Euler-Savary. Introduciamo un sistema di
โƒ— , passante per ๐ผ. L’asse delle
riferimento che abbia origine in ๐‘ƒ0 e asse delle ascisse, di versore ๐‘
โƒ— , abbia verso positivo concorde con quello del moto del centro di istantanea
ordinate, di versore ๐‘‡
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
rotazione. Il generico punto ๐‘€ è allora individuato dalla distanza |๐‘ƒ
0 ๐‘€ | e dalla anomalia ๐œ“ indicata
in figura, la quale indica l’angolo che il semiasse positivo delle ascisse forma con il semiasse
positivo di ๐‘Ÿ. Allora riscrivendo la 2.22 nella forma
๐‘ƒ0 ๐‘€2
๐‘ƒ0 ๐‘€2
๐‘ƒ0 ๐‘€2
= ๐‘€๐‘€| โŸบ
= ๐‘€| ๐‘€ โŸบ
= ๐‘€| ๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘€Ω
Ω๐‘€
Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
e considerando che ๐‘€| ๐‘ƒ0 = −|๐‘ƒ
0 ๐ผ | cos ๐œ“ abbiamo
๐‘ƒ0 ๐‘€2
๐‘ƒ0 ๐‘€2
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
= −|๐‘ƒ
๐ผ
|
cos
๐œ“
+
๐‘ƒ
๐‘€
โŸบ
− ๐‘ƒ0 ๐‘€ = −|๐‘ƒ
0
0
0 ๐ผ | cos ๐œ“ โŸบ
Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘ƒ0 ๐‘€2 − ๐‘ƒ0 ๐‘€(Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€)
๐‘ƒ0 ๐‘€2 − ๐‘ƒ0 ๐‘€ โˆ™ Ω๐‘ƒ0 − ๐‘ƒ0 ๐‘€2
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โŸบ
= −|๐‘ƒ0 ๐ผ | cos ๐œ“ โŸบ
= −|๐‘ƒ
0 ๐ผ | cos ๐œ“ โŸบ
Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘ƒ0 ๐‘€ โˆ™ Ω๐‘ƒ0
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โŸบ
= |๐‘ƒ
0 ๐ผ | cos ๐œ“
Ω๐‘ƒ0 + ๐‘ƒ0 ๐‘€
16
Otteniamo dunque la formula
2.23)
1
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
|๐‘ƒ
0 ๐ผ|
= (๐‘ƒ
1
0๐‘€
1
+ Ω๐‘ƒ ) cos ๐œ“
0
che prende il nome di prima espressione della formula di Euler-Savary ed è equivalente, come
visto, alla 2.22. Più in generale è possibile dimostrare che
2.24)
(๐‘ƒ
1
0๐‘€
1
+ Ω๐‘ƒ ) cos ๐œ“ = ๐‘ƒ
0
1
|
0๐ถ
1
−๐‘ƒ
0๐ถ
essendo ๐‘ƒ0 ๐ถ, ๐‘ƒ0 ๐ถ | i raggi di curvatura, rispettivamente, della polare fissa e della polare mobile. I
segmenti si intendono sempre come quantità algebriche. La dimostrazione della 2.24 è complessa e
non la presento. Però giustifico la formula ricorrendo nuovamente all’esempio della ruota che rotola
senza strisciare su una retta.
polare mobile
๐ผ
polare fissa
๐‘ƒ0
In questo caso il raggio di curvatura della polare fissa ha lunghezza infinita mentre quello della
polare mobile è pari al raggio della ruota. Dunque, detto ๐‘… tale raggio, la 2.24 porge correttamente
1
1
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
= โŸบ |๐‘ƒ
0๐ผ| = ๐‘…
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘…
|๐‘ƒ
0๐ผ|
2.8. La circonferenza di stazionarietà. Definisco circonferenza di stazionarietà
๏‚ท
il luogo dei punti del sistema mobile la cui accelerazione è tutta normale alla rispettiva
traiettoria; ovvero il luogo dei punti la cui accelerazione punta il centro di istantanea
rotazione.
Dimostro ora che questo luogo geometrico è effettivamente una circonferenza.
๏‚ท
๏‚ท
Consideriamo assegnati la velocità angolare ๐œ”
โƒ— , l’accelerazione angolare ๐›ผ , il centro di
istantanea rotazione ๐‘ƒ0 e il centro delle accelerazioni ๐พ e costruiamo, secondo il
procedimento illustrato nel paragrafo 2.5, la circonferenza dei flessi.
Tracciamo la circonferenza ๐’ฎ passante per i due poli ๐‘ƒ0 , ๐พ e per il punto ๐ฟ, intersezione fra
la tangente a โ„ฑ in ๐‘ƒ0 , e la retta passante per ๐ผ e per ๐พ.
Voglio dimostrare che ๐’ฎ è la circonferenza di stazionarietà. Ecco i passaggi.
๏‚ท
Tracciamo, secondo la procedura nota, le accelerazioni ๐‘Ž๐ผ , ๐‘Ž๐ฟ . La prima deve risultare
โƒ— (infatti le accelerazioni dei punti di โ„ฑ devono puntare tutte ๐ผ e dunque, come
parallela a ๐‘‡
posizione limite, l’accelerazione di ๐ผ deve avere la direzione della tangente a โ„ฑ in ๐ผ), la
17
๏‚ท
seconda, per la proprietà degli angoli alterni interni, punta ๐‘ƒ0 . Dunque la proprietà di ๐’ฎ è
verificata intanto per il punto ๐ฟ.
Preso comunque un punto ๐‘„ della circonferenza, l’angolo ๐‘ƒฬ‚
0 ๐‘„๐พ deve risultare pari a ๐›พ
ฬ‚
poiché insiste sullo stesso arco sul quale insiste l’angolo ๐‘ƒ0 ๐ฟ๐พ . Ma allora ๐‘Ž๐‘„ è diretta verso
๐‘ƒ0 , e data la genericità del punto ๐‘„ ๐œ– ๐’ฎ, segue la tesi.
โƒ—
๐‘‡
โƒ—α
โƒ—
๐‘
โƒ—โƒ—
ω
โ„ฑ
๐ผ
๐‘Ž๐ผ
๐›พ
๐‘ƒ0
๐พ
๐‘Ž๐‘„
๐›พ
๐›พ
๐’ฎ
๐‘Ž๐ฟ
๐‘„
๐ฟ
2.9. Richiami di cinematica relativa. Consideriamo un sistema di riferimento fisso Σ
e un sistema di riferimento mobile ๐‘†, con ๐‘† che si muove di moto piano rispetto Σ. Consideriamo
poi un punto ๐ธ che si muova rispetto entrambi i sistemi di riferimento.
๐‘’ฬ‚3
๐œ€ฬ‚3 ≡ ๐‘’ฬ‚ | 3
๐‘ง
๐‘†
๐‘ง| ≡ ๐œ
๐‘„
๐ธ
๐›ด
๐œ‚
๐‘’ฬ‚2
๐‘‚
๐‘ฆ
๐‘ฅ|
๐‘’ฬ‚1
๐‘’ฬ‚
18
๐‘ฆ|
๐‘‚| ≡ ๐›บ
๐‘ฅ
|
1
๐œ€ฬ‚2
๐‘’ฬ‚ | 2
๐œƒ
๐œ‰
๐œ€ฬ‚1
Allora si dimostra che la velocità ๐‘ฃ๐‘Ž๐ธ di ๐ธ rispetto a Σ (velocità assoluta) risulta data da
2.25)
ฬƒ
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ฃ๐‘Ž๐ธ = ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐ธ + ๐‘ฃ๐›บ + ๐œƒฬ‡๐‘’ฬ‚3 × ๐›บ๐ธ
dove ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐ธ è la velocità di ๐ธ rispetto a ๐‘† (velocità relativa) e dove
2.26)
ฬƒ
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ฃ๐œ๐ธ โ‰œ ๐‘ฃ๐›บ + ๐œƒฬ‡๐‘’ฬ‚3 × ๐›บ๐ธ
è la velocità del punto ๐ธ immaginato come fisso rispetto a ๐‘† (velocità di trascinamento). Per cui si
scrive sinteticamente
2.27)
๐‘ฃ๐‘Ž๐ธ = ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐ธ + ๐‘ฃ๐œ๐ธ
Si dimostra poi che l’accelerazione ๐‘Ž๐‘Ž๐ธ di ๐ธ rispetto a Σ (accelerazione assoluta) risulta data da
2.28)
ฬƒ
ฬƒ
ฬƒ
ฬ‡
ฬˆ
ฬ‡ 2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘Ž๐‘Ž๐ธ = ๐‘Ž๐›บ + ๐‘Žฬƒ
๐‘Ÿ๐ธ + 2๐œƒ ๐‘’ฬ‚3 × ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐ธ + ๐œƒ ๐‘’ฬ‚3 × ΩΠ − ๐œƒ QΠ
dove ๐‘Ž๐‘Ÿ๐ธ è l’accelerazione di ๐ธ rispetto a ๐‘† (accelerazione relativa) e dove
ฬƒ − ๐œƒฬ‡ 2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
ฬƒ
2.29) ๐‘Ž๐œ๐ธ โ‰œ ๐‘Ž๐›บ + ๐œƒฬˆ๐‘’ฬ‚3 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
ΩΠ
QΠ
è l’accelerazione del punto ๐ธ immaginato come fisso rispetto a ๐‘† (accelerazione di trascinamento); mentre
2.30)
๐‘Ž๐‘๐ธ = 2๐œƒฬ‡๐‘’ฬ‚3 × ๐‘ฃฬƒ๐‘Ÿ๐ธ
è un’ulteriore componente dell’accelerazione, detta accelerazione di Coriolis, la quale è legata alla
velocità relativa e esiste anche nel caso in cui risulti nulla l’accelerazione relativa.
2.10. Teorema di Aronhold-Kennedy. Consideriamo tre corpi piani ๐’ž1, ๐’ž2, ๐’ž3 che si
muovono sullo stesso piano. Allora si dimostra che
๏‚ท
dati i tre corpi ๐’ž1 , ๐’ž2 , ๐’ž3 , i centri di istantanea rotazione dei tre moti relativi (il moto di ๐’ž1
rispetto a ๐’ž2 , il moto di ๐’ž1 rispetto a ๐’ž3 , il moto di ๐’ž2 rispetto a ๐’ž3 ) risultano allineati fra
loro.
Se consideriamo fisso il corpo ๐’ž3 ecco che otteniamo il corollario
๏‚ท
dati i tre corpi ๐’ž1 , ๐’ž2 il centro di istantanea rotazione del moto relativo (il moto di ๐’ž1
rispetto a ๐’ž2 ) risulta allineato con i due centri di istantanea rotazione dei due moti assoluti
(quelli di ๐’ž1 e ๐’ž2 rispetto al sistema di riferimento fisso).
Diciamo ๐‘ƒ13 il c.d.i.r. del moto 1-3 (moto di ๐’ž1 rispetto a ๐’ž3 ), ๐‘ƒ23 il c.d.i.r. del moto 2-3, e ๐‘ƒ12 il
c.d.i.r. del moto 1-2. Si consideri poi un punto ๐ธ di ๐’ž1 . Considerando assoluto il moto di ๐ธ rispetto
๐’ž3 e relativo quello rispetto ๐’ž2 , la 2.27 porge
2.31)
๐‘ฃ๐‘Ž๐ธ = ๐‘ฃ๐‘Ÿ๐ธ + ๐‘ฃ๐œ๐ธ โŸบ ๐‘ฃ๐ธ1,3 = ๐‘ฃ๐ธ1,2 + ๐‘ฃ๐ธ2,3
19
dove si intende che ๐‘ฃ๐ธ1,3 è la velocità del punto ๐ธ, considerato appartenente a ๐’ž1 , rispetto a ๐’ž3 , e
così via. Considerando poi la 2.6 abbiamo le relazioni
๐‘ฃ๐ธ1,3 = ๐œ”
โƒ— 13 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ13 ๐ธ
{๐‘ฃ๐ธ1,2 = ๐œ”
โƒ— 12 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ12 ๐ธ
๐‘ฃ๐ธ2,3 = ๐œ”
โƒ— 23 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ23 ๐ธ
che sostituite nella 2.31 porgono
๐œ”
โƒ— 13 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ13 ๐ธ = ๐œ”
โƒ— 12 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ12 ๐ธ + ๐œ”
โƒ— 23 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ23 ๐ธ
Se poi scegliamo in particolare ๐ธ = ๐‘ƒ12 abbiamo
2.32)
๐œ”
โƒ— 13 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ13 ๐‘ƒ12 = ๐œ”
โƒ— 23 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ23 ๐‘ƒ12
Dunque, essendo le velocità angolari parallele (i moti avvengono tutti nello stesso piano) devono
risultare paralleli anche i due vettori โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ13 ๐‘ƒ12 , โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ23 ๐‘ƒ12 e questo significa che i tre c.d.i.r. sono allineati.
๐‘ƒ13
๐’ž2
๐‘ƒ12
๐’ž1
๐‘ƒ23
๐’ž3
Come esempio di applicazione del teorema di Aronhold-Kennedy consideriamo la coppia
cinematica in figura costituita dai corpi ๐’ž1 , ๐’ž2 collegati allo spazio fisso ๐’ž3 attraverso due cerniere.
Poiché la velocità del
punto di contatto dell’atto
๐‘ƒ13
๐‘›
di moto di ๐’ž1 rispetto a ๐’ž2
non può che essere
๐’ž3
๐’ž1
normale alla tangente ai
๐’ž2
due corpi nel punto di
๐‘ƒ12
contatto, segue che ๐‘ƒ12 si
๐‘ƒ23
trova sulla retta ๐‘›; d’altra
๐‘ฃ12
๐‘Ÿ
parte i c.d.i.r. ๐‘ƒ13 , ๐‘ƒ23
sono
di
immediata
individua-zione. Dunque
detta ๐‘Ÿ la retta per ๐‘ƒ13 , ๐‘ƒ23 , il teorema di Aronhold-Kennedy (o, se si vuole, il suo corollario) ci
dice che ๐‘ƒ12 coincide con l’intersezione di ๐‘Ÿ con ๐‘›.
20
Capitolo 3. Cinematica dei sistemi articolati
3.1. Sistemi articolati.
Si definisce sistema articolato ogni meccanismo5 in cui le coppie
cinematiche siano tutte inferiori6 e dunque, trovandoci nel piano, o cerniere (coppie rotoidali)
oppure coppie prismatiche. I sistemi articolati sono in genere rappresentati da catene cinematiche
con un limitato numero di membri, e in particolare dalle catene di Watt e Stephenson (vedi
paragrafo 1.4) e dal quadrilatero articolato, che vado a descrivere.
3.2. Quadrilatero articolato. Si definisce quadrilatero articolato una catena cinematica
costituita da quattro membri cinematici con due elementi cinematici ciascuno, ognuno dei quali
collega due membri cinematici. Gli elementi cinematici sono quattro coppie rotoidali.
La sua rappresentazione grafica nella notazione poligonale (a sinistra) è formalmente identica al
grafo (al centro) anche se, lo si ricorda, nel primo caso i membri cinematici sono rappresentati dai
lati e gli elementi cinematici dai vertici, mentre nel secondo caso i vertici stanno per i membri
cinematici e i lati per gli elementi cinematici. A destra la rappresentazione naturalistica.
3
3
3
4
4
1
4
1
1
2
2
2
Si conviene di indicare con il numero 1 l’asta più corta e con il 4 quella più lunga. Le altre due aste
sono contrassegnate con 2 e con 3, a prescindere dalla loro lunghezza. Si tenga presente che la
lunghezza di un’asta si misura come la distanza fra i centri delle sue due cerniere, e questo vale
anche per l’asta assunta fissa (detta ‘telaio’). Indichiamo ๐‘Ž๐‘– la misura dell’asta i-ma.
๐‘‘๐‘œ๐‘๐‘๐‘–๐‘Ž ๐‘š๐‘Ž๐‘›๐‘œ๐‘ฃ๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž
3
1
๐‘š๐‘Ž๐‘›๐‘œ๐‘ฃ๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž − ๐‘๐‘–๐‘™๐‘Ž๐‘›๐‘๐‘–๐‘’๐‘Ÿ๐‘’
1
2
3
4
4
3
2
1
2
4
๐‘‘๐‘œ๐‘๐‘๐‘–๐‘œ ๐‘๐‘–๐‘™๐‘Ž๐‘›๐‘๐‘–๐‘’๐‘Ÿ๐‘’
I quadrilateri articolati sono classificati in tre categorie:
5
Si ricorda che un meccanismo è una catena cinematica in cui un membro è considerato fisso. Una catena cinematica
poi è un insieme di membri cinematici collegati fra loro. Un membro cinematico è un corpo che possiede almeno un
elemento cinematico. Un elemento cinematico è una superficie (eventualmente degenere a una curva o a un punto) in
cui avviene il collegamento fra più corpi. Vedi in proposito il paragrafo 1.1.
6
Si ricorda che una coppia cinematica si dice inferiore quando gli elementi cinematici sono tutti delle superficie non
degeneri in curve o punti (altrimenti si parla di coppie cinematiche superiori). Vedi il paragrafo 1.1.
21
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
doppia manovella dove entrambe le aste adiacenti al telaio possono compiere una rotazione
completa attorno a una delle loro cerniere;
manovella-bilanciere dove solo una delle tre aste libere (che prende il nome di manovella)
può compiere una rotazione di 360° attorno a una delle sue due cerniere;
doppio bilanciere dove nessuna asta è libera di descrivere una rotazione completa.
Per determinare a quale dei tre tipi appartenga un quadrilatero articolato è sufficiente seguire il
diagramma di flusso qui riportato, il quale prende il nome di regola di Grashof.
๐‘›๐‘œ
๐‘Ž1 + ๐‘Ž4 ≤ ๐‘Ž2 + ๐‘Ž3
๐‘ ๐‘–
๐‘™ ′ ๐‘Ž๐‘ ๐‘ก๐‘Ž 1 è ๐‘–๐‘™ ๐‘ก๐‘’๐‘™๐‘Ž๐‘–๐‘œ
๐‘›๐‘œ
๐‘ ๐‘–
๐‘‘๐‘œ๐‘๐‘๐‘–๐‘Ž ๐‘š๐‘Ž๐‘›๐‘œ๐‘ฃ๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž
๐‘›๐‘œ
๐‘™ ′ ๐‘Ž๐‘ ๐‘ก๐‘Ž 1 è ๐‘๐‘œ๐‘›๐‘ก๐‘–๐‘”๐‘ข๐‘Ž
๐‘Ž๐‘™ ๐‘ก๐‘’๐‘™๐‘Ž๐‘–๐‘œ
๐‘ ๐‘–
๐‘š๐‘Ž๐‘›๐‘œ๐‘ฃ๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž − ๐‘๐‘–๐‘™๐‘Ž๐‘›๐‘๐‘–๐‘’๐‘Ÿ๐‘’
Un caso particolare di quadrilatero articolato è il
parallelogramma articolato nel quale le aste sono a due
a due parallele e di stessa lunghezza (si pensi al sistema di
aste che muove le ruote di una vecchia motrice a vapore).
Per questo meccanismo la regola di Grashof non vale in
quanto questa si basa (credo) sul presupposto che vi sia
una leva più lunga di tutte le altre, e una più corta di tutte
le altre. E in effetti questo quadrilatero è sempre a doppia
manovella anche quando il telaio (vedi figura) non è l’asta
più corta (più precisamente non è una delle
due aste più corte). Il parallelogramma
articolato presenta due applicazioni di
particolare interesse: il tecnigrafo e il
pantografo.
๏‚ท Tecnigrafo. E’ un dispositivo che permette
di ottenere un moto piano esclusivamente
traslatorio: il suo impiego è nei tavoli per il
disegno tecnico dove è collegato in genere a
due righe a squadra, attraverso una cerniera
che permette poi di ruotarle a piacimento. Il
tecnigrafo si ottiene collegando in serie due
parallelogrammi articolati. Si vede che l’asta
๐ถ๐ท resta parallela all’asta ๐ถ0 ๐ท0 la quale è a
sua volta solidale con l’asta ๐ด๐ต che resta
๐‘‘๐‘œ๐‘๐‘๐‘–๐‘œ ๐‘๐‘–๐‘™๐‘Ž๐‘›๐‘๐‘–๐‘’๐‘Ÿ๐‘’
๐‘๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘™๐‘™๐‘’๐‘™๐‘œ๐‘”๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘š๐‘š๐‘Ž ๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘ก๐‘–๐‘๐‘œ๐‘™๐‘Ž๐‘ก๐‘œ
๐ท
๐ท0
๐ถ
๐ด
๐ด0
๐ต
๐ถ0
๐‘ก๐‘’๐‘๐‘›๐‘–๐‘”๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘“๐‘œ
22
๐ต0
sempre parallela all’asta fissa ๐ด0 ๐ต0 : in conclusione dunque l’asta ๐ถ๐ท, alla quale è collegata la
squadra, mantiene sempre invariato il proprio orientamento rispetto al telaio.
๏‚ท Pantografo. E’ un dispositivo utilizzato per riprodurre in una scala a piacere un profilo dato. In
figura abbiamo la punta ๐ต che segue il profilo assegnato mentre la punta ๐ถ traccia un secondo
profilo. Per dimostrare che i due profili sono in scala si deve dimostrare che sussista la relazione
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— = ๐‘˜๐ด๐ต
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ถ
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— |/|๐ด๐ต
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— | è costante. E questo
ovvero che i tre punti ๐ด, ๐ต, ๐ถ restano allineati e che il rapporto |๐ด๐ถ
considerando che il punto ๐ต è mobile (segue il profilo) e che muovendosi esso, si muove tutto il
dispositivo, vincolato alla condizione che il segmento ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ท resta parallelo al segmento ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ป๐ต e che il
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
segmento ๐ต๐พ resta parallelo al segmento ๐ท๐ป . Ciò posto partiamo da una configurazione in cui i tre
punti ๐ด, ๐ต, ๐ถ sono allineati (questa configurazione esiste perché la lunghezza dei vari segmenti può
ฬ‚ e ๐ต๐ป๐ถ
ฬ‚ : essi sono simili poiché
essere scelta a piacimento). Consideriamo poi i due triangoli ๐ด๐ท๐ถ
hanno due angoli in comune (gli angoli ๐›ผ, ๐›พ). Allo scorrere di ๐ต sul profilo dato, l’ampiezza di ๐›ผ
varia ma i due triangoli suddetti restano simili in quanto i lati ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ท, ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ท๐ถ dell’uno e i lati ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ต๐ป , ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ป๐ถ
dell’altro restano uguali (sono aste dalla lunghezza invariabile) restando dunque invariati i rapporti
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ป๐ต
๐ป๐ถ
=
=๐‘Ÿ
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ท ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ท๐ถ
e inoltre. Pertanto, avendo due lati in proporzione e un angolo in comune, la similitudine è verificata. Ma allora anche l’angolo in ๐ถ è uguale nei due triangoli: ne segue che effettivamente i tre punti
๐ด, ๐ต, ๐ถ sono sempre allineati, qualunque configurazione assuma il sistema. Resta da dimo-strare che
๐‘˜ rimane costante. Si osservi allora che
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ถ = โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ถ
๐ด๐ต + ๐ต๐ถ
๐ต๐ถ
๐ต๐ถ
= โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต
= โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต (1 +
) = โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต (1 +
)=
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… − ๐ต๐ถ
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ต
๐ด๐ต
๐ด๐ต
๐ด๐ถ
= โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต (1 +
1
1
) = โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ต (1 +
)
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘Ÿ−1
๐ด๐ถ
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… − 1
๐ต๐ถ
essendo ๐‘Ÿ, come detto, costante.
๐ท
๐พ
๐›ผ
๐ป
๐›ผ
๐ด
๐ต
๐›พ
๐ถ
๐‘๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘œ๐‘”๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘“๐‘œ
23
3.3. Inversore di Hart. Si tratta di un meccanismo in grado di far tracciare a un suo punto
una traiettoria perfettamente rettilinea.
๐ท
๐ต
๐‘‚
๐‘€|
๐‘€
๐‘„
๐ด
๐ถ
๐‘…
๐‘™
๐ต
๐ท
๐‘Ž
๐‘
๐‘Ž
โ„Ž
โ„Ž
๐‘
๐‘‚
๐ด
๐‘€|
๐‘€
๐‘Ÿ
๐›ผ0
๐‘‘ ๐ป
๐‘™
๐พ
๐‘‘
๐ต
๐‘‚
๐‘„
๐ท
๐‘€
๐ด
๐‘€|
๐ต
๐ถ
๐‘
๐‘‚
๐‘Ÿ
๐‘„
๐ด
๐‘Ž
α
๐ท
๐‘Ž
๐‘…
๐‘€
|
๐‘€|
๐‘
๐‘…
๐‘‚|
๐ถ
24
๐ถ
In figura abbiamo una configurazione del dispositivo, che chiamo configurazione iniziale, con sotto
i principali aspetti geometrici. Più sotto una generica configurazione del dispositivo con, sotto, i
suoi aspetti geometrici principali. Si fanno le seguenti posizioni:
1) nella configurazione di riferimento i punti ๐‘‚, ๐‘€, ๐‘€| sono presi allineati secondo una
direzione che sia parallela ai segmenti ๐ด๐ถ, ๐ต๐ท;
2) le due cerniere fisse sono posizionate in modo che sia ๐‘„๐‘‚ = ๐‘„๐‘€;
๐ด๐‘‚
๐‘‚๐‘€
3) si proporzionano le parti di modo che sia ๐œŒ โ‰œ ๐ด๐ต = ๐‘™
Allora si dimostra che
1) i punti ๐‘‚, ๐‘€, ๐‘€| restano allineati qualunque configurazione assuma il meccanismo;
2) risulta ๐‘‚๐‘€ ⋅ ๐‘‚๐‘€| = ๐œŒ(1 − ๐œŒ)(๐‘Ž2 − ๐‘ 2 ) qualunque sia la configurazione assunta;
3) il punto ๐‘€| si muove secondo una direzione ortogonale al segmento ๐‘‚๐‘„.
Dimostro la tesi 1. Consideriamo la configurazione generica: essa mantiene sempre una simmetria
assiale (dovuta al fatto che i lati dell’antiparallelogramma sono uguali a due a due) tale per cui la
retta per ๐‘€, ๐‘€| è parallela alla retta per ๐ต, ๐ท. Allora i triangoli ๐ต๐ท๐ถ e ๐‘€| ๐‘‚| ๐ถ sono simili avendo tre
angoli in comune. Si può quindi scrivere
๐ถ๐‘‚| ๐ถ๐ท ๐‘
๐‘
๐‘
|
|
=
=
โŸน
๐ถ๐‘‚
=
๐ถ๐‘€
=
๐ด๐‘€
๐‘Ž
๐‘Ž
๐ถ๐‘€| ๐ถ๐ต ๐‘Ž
dove si è sfruttata la simmetria, per la quale ๐ถ๐‘€| = ๐ด๐‘€. Considerando poi l’ipotesi 3 e la
configurazione di riferimento abbiamo
๐ด๐‘€ ๐ด๐‘‚ ๐ด๐‘‚
๐ด๐‘‚
๐ด๐‘‚
=
=
โŸน ๐ด๐‘€ =
๐ด๐ท =
๐‘Ž
๐ด๐ท ๐ด๐ต
๐‘
๐‘
๐‘
e dunque
๐ถ๐‘‚| =
๐‘ ๐ด๐‘‚
๐‘Ž = ๐ด๐‘‚
๐‘Ž ๐‘
Ma allora il punto ๐‘‚| è il simmetrico del punto ๐‘‚ e dunque la retta che passa per ๐‘€, ๐‘€| , ๐‘‚| deve
passare anche per ๐‘‚, per cui in conclusione i punti ๐‘‚, ๐‘€, ๐‘€| rimangono sempre allineati.
Dimostro la tesi 2 per la configurazione di riferimento. In base alla ipotesi 3 si ha
๐ด๐‘‚
๐ด๐ต
1
= ๐œŒ โŸน ๐ด๐‘‚ = ๐œŒ๐ด๐ต โŸน ๐‘‚๐ต = ๐ด๐ต − ๐ด๐‘‚ = ๐ด๐ต(1 − ๐œŒ) = ๐‘(1 − ๐œŒ) โŸน
=
๐ด๐ต
๐‘‚๐ต 1 − ๐œŒ
Ma i triangoli ๐ด๐ต๐ถ, ๐‘‚๐ต๐‘€| sono simili e dunque si ha
๐‘‚๐‘€| ๐‘‚๐ต
=
= 1 − ๐œŒ โŸน ๐‘‚๐‘€| = ๐ด๐ถ(1 − ๐œŒ) โŸน ๐‘‚๐‘€ ⋅ ๐‘‚๐‘€| = ๐‘™๐œŒ๐ด๐ถ(1 − ๐œŒ) = ๐œŒ(1 − ๐œŒ)๐‘™๐ด๐ถ
๐ด๐ถ
๐ด๐ต
ฬ‚ e che, per il teorema del coseno, risulta
Si consideri ora che ๐‘™ = ๐ด๐ถ − 2๐‘ cos ๐ต๐ด๐ถ
25
ฬ‚ โŸน −2๐‘ cos ๐ต๐ด๐ถ
ฬ‚=
๐‘Ž2 = ๐‘ 2 + ๐ด๐ถ 2 − 2๐‘๐ด๐ถ cos ๐ต๐ด๐ถ
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 − ๐ด๐ถ 2
๐ด๐ถ
per cui si può scrivere
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 − ๐ด๐ถ 2 ๐‘Ž2 − ๐‘ 2
๐‘™ = ๐ด๐ถ +
=
โŸน ๐‘™๐ด๐ถ = ๐‘Ž2 − ๐‘ 2 โŸน ๐‘‚๐‘€ ⋅ ๐‘‚๐‘€| = ๐œŒ(1 − ๐œŒ)(๐‘Ž2 − ๐‘ 2 )
๐ด๐ถ
๐ด๐ถ
Consideriamo adesso la generica configurazione. Conoscendo l’angolo ๐›ผ posso ricavare ๐‘‚๐‘€,
considerando il triangolo isoscele ๐‘‚๐‘„๐‘€. Si ha
๐‘Ÿ sin
๐›ผ ๐‘‚๐‘€
๐›ผ
=
โŸน ๐‘‚๐‘€ = 2๐‘Ÿ sin
2
2
2
Consideriamo poi i triangoli simili ๐‘‚๐ด๐ท, ๐‘‚๐ด๐‘€ (sono simili perché, come visto, ๐‘‚๐‘‚| e ๐ต๐ท sono
paralleli e dunque i due triangoli gli angoli uguali a due a due). Abbiamo
๐›ผ
๐ต๐ท ๐‘‚๐‘€ 2๐‘Ÿ sin 2 2๐‘Ÿ
๐›ผ
2๐‘Ÿ
๐›ผ
=
=
=
sin โŸน ๐ต๐ท = sin
๐ด๐ต ๐ด๐‘‚
๐œŒ๐‘
๐œŒ๐‘
2
๐œŒ
2
dove si è sfruttata anche l’ipotesi 3. Lo scopo ora è quello di ricavare ๐ด๐ถ per ottenere in fine ๐‘‚๐‘€| .
Allora riporto in figura il trapezio isoscele ๐ด๐ต๐ท๐ถ sul quale dobbiamo ragionare.
๐‘ƒ
๐ต
๐ท
๐œƒ
๐‘
๐‘Ž
๐ด
๐‘†
๐‘‡
๐ถ
Considerando il triangolo rettangolo ๐‘ƒ๐ท๐‘† abbiamo
๐ท๐‘† cos ๐œƒ =
๐ต๐ท
๐ต๐ท
โŸน ๐ท๐‘† =
2
2 cos ๐œƒ
D’altra parte il teorema del coseno applicato al triangolo ๐ด๐ต๐ท porge
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 + ๐ต๐ท2
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 + ๐ต๐ท2
๐‘ = ๐‘Ž + ๐ต๐ท − 2๐‘Ž๐ต๐ท cos ๐œƒ โŸน ๐ต๐ท cos ๐œƒ =
โŸน cos ๐œƒ =
2๐‘Ž
2๐‘Ž๐ต๐ท
2
2
2
Dunque abbiamo trovato
๐‘Ž๐ต๐ท2
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 + ๐ต๐ท2
๐‘Ž2 − ๐‘ 2
๐ด๐‘† = ๐‘Ž − ๐ท๐‘† = ๐‘Ž 2
๐‘Ž − ๐‘ 2 + ๐ต๐ท2
๐ท๐‘† =
I triangoli ๐ด๐‘†๐‘‡, ๐‘ƒ๐‘†๐ท sono rettangoli e hanno un angolo in comune, dunque sono simili. Abbiamo
allora
26
๐‘Ž2 − ๐‘ 2
2
2
2
2
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 + ๐ต๐ท2 = 1 ๐‘Ž − ๐‘ โŸน ๐ด๐ถ = ๐‘Ž − ๐‘
๐‘Ž๐ต๐ท2
2 ๐ต๐ท
๐ต๐ท
2
๐‘Ž − ๐‘ 2 + ๐ต๐ท2
๐ต๐ท ๐‘Ž
๐ด๐‘‡ ๐ด๐‘†
๐ด๐‘†
=
โŸน ๐ด๐‘‡ = ๐‘ƒ๐ท
=
๐‘ƒ๐ท ๐‘†๐ท
๐‘†๐ท
2
Ma i triangoli ๐ต๐ด๐ถ, ๐ต๐‘‚๐‘€| sono simili e dunque si ha
๐‘‚๐‘€| ๐‘‚๐ต
๐‘Ž2 − ๐‘ 2 ๐‘(1 − ๐œŒ) ๐‘Ž2 − ๐‘ 2
(1 − ๐œŒ)
=
โŸน ๐‘‚๐‘€| =
=
2๐‘Ÿ
๐›ผ
๐ด๐ถ
๐ด๐ต
๐ต๐ท
๐‘
๐œŒ sin 2
Si ottiene in fine la tesi 2
๐‘‚๐‘€ โˆ™ ๐‘‚๐‘€ | = 2๐‘Ÿ sin
๐›ผ ๐‘Ž2 − ๐‘ 2 ๐‘(1 − ๐œŒ)
= ๐œŒ(๐‘Ž2 − ๐‘ 2 )(1 − ๐œŒ)
2 2๐‘Ÿ sin ๐›ผ
๐‘
๐œŒ
2
Dimostro la tesi 3. Consideriamo il triangolo ๐‘‚๐‘€| ๐‘… ottenuto conducendo per ๐‘€| una retta
ortogonale alla retta per ๐‘‚๐‘„. Calcolo ๐‘‚๐‘… e dimostro che tale segmento resta di lunghezza costante
qualunque sia la configurazione del meccanismo. Si ha
๐œ‹−๐›ผ
๐œ‹ ๐›ผ
๐›ผ ๐‘Ž2 − ๐‘ 2
๐›ผ
|
|
(1 − ๐œŒ) sin =
๐‘‚๐‘… = ๐‘‚๐‘€ cos
= ๐‘‚๐‘€ cos ( − ) = ๐‘‚๐‘€ sin =
2
2 2
2 2๐‘Ÿ sin ๐›ผ
2
๐œŒ
2
๐‘Ž2 − ๐‘ 2
(1 − ๐œŒ)
=๐œŒ
2๐‘Ÿ
|
Dunque ๐‘‚๐‘… dipende solo dalla lunghezza delle aste e non dall’angolo ๐›ผ, e questo dimostra che ๐‘€|
scorre lungo una retta immobile rispetto al telaio, la quale incide sulla retta per ๐‘‚๐‘„ formando un
angolo retto. Con ciò anche la tesi 3 è dimostrata.
3.3. Inversore di Peaucellier.
Si tratta di un
altro meccanismo in grado di far tracciare a un suo punto
una traiettoria perfettamente rettilinea. Fatte le posizioni
1) nella configurazione di riferimento i punti ๐‘‚, ๐‘€, ๐‘€|
sono presi allineati secondo una direzione che sia
coincidente con quella dell’asse di simmetria del
quadrilatero ๐ด๐‘€๐ต๐‘€| ;
2) le due cerniere fisse sono posizionate in modo che
sia ๐‘„๐‘‚ = ๐‘„๐‘€;
๐ด
๐‘
๐‘‚
๐‘€|
๐‘€
๐‘Ž
๐‘„
๐ต
si dimostra che
1) i punti ๐‘‚, ๐‘€, ๐‘€| restano allineati qualunque configurazione assuma il meccanismo;
2) risulta ๐‘‚๐‘€ ⋅ ๐‘‚๐‘€| = ๐‘ 2 − ๐‘Ž2 qualunque sia la configurazione assunta;
3) il punto ๐‘€| si muove secondo una direzione ortogonale al segmento ๐‘‚๐‘„.
27
3.4. Manovellismo di spinta.
Si tratta di un meccanismo il quale trasforma un moto
rotatorio continuo in un moto rettilineo alternato e viceversa. È un meccanismo analogo al
quadrilatero articolato, con la particolarità tuttavia di avere solo tre coppie rotoidali, mentre la terza
è una coppia prismatica. In figura abbiamo la rappresentazione con la notazione poligonale e la
rappresentazione con notazione naturalistica. Si osserva che la prima è identica a quella del
quadrilatero articolato.
๐‘๐‘–๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž
3
3
2
4
2
4
1
1
1
๐‘š๐‘Ž๐‘›๐‘œ๐‘ฃ๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž
3.4. Manovellismo a glifo oscillante.
Si tratta di un meccanismo in grado di trasformare un moto rotatorio continuo in un moto rotatorio oscillante. È derivato anch’esso da una catena
cinematica quadrilatera e presenta, come il manovellismo di spinta, tre coppie rotoidale e una
coppia prismatica, ma con una diversa disposizione.
Una particolarità interessante di questo meccanismo è che il moto rotatorio alternato avviene con
velocità diversa nei due versi di rotazione. In effetti l’inversione del verso di rotazione della coppia
4-3 avviene quando ๐ธ raggiunge i punti ๐ป e ๐ฟ, i quali sono individuati portando le tangenti alla
circonferenza, a partire dal punto ๐ด. Questi due punti dividono la circonferenza in due archi, uno
maggiore dell’altro: dunque, supposta costante la velocità di rotazione di ๐ธ๐ต, segue che il punto ๐ธ
impiegherà un tempo diverso nel percorrere i due archi.
๐ป
3
2
4
2
๐ธ
3
4
๐ต
1
๐ด
1
1
๐ฟ
28
Capitolo 4. Cinematica di sistemi con coppie superiori
4.1. Introduzione. Stiamo considerando il moto piano del corpo ๐’ž2 rispetto al corpo fisso ๐’ž1;
lo spazio solidale7 al primo lo chiamo ๐‘†, mentre indico con Σ lo spazio fisso. Al solito la rulletta,
solidale con ๐‘†, la indico ๐‘™, mentre indico ๐œ† la base, solidale con Σ. Chiamo poi ๐‘  il profilo di ๐’ž1 e ๐œŽ
๐‘†
๐‘ 
๐œŽ
๐‘ƒ0
๐‘€
๐’ž2
๐’ž1
๐‘™
๐œ†
๐œ”
โƒ—
Σ
quello di ๐’ž2 , dando ai due profili il nome di profili coniugati. Detto ๐‘€ il punto di contatto fra i profili coniugati, è possibile attribuire ad esso le seguenti tre velocità:
1) ๐‘ค
โƒ—โƒ— è la velocità di ๐‘€ pensato come un punto di ๐’ž2 , è cioè il valore dell’atto di moto di ๐‘†
rispetto Σ, in ๐‘€;
2) ๐‘ข
โƒ— ๐‘  è la velocità rispetto Σ di ๐‘€ pensato come il punto che percorre il profilo ๐‘  restando,
istante per istante, sovrapposto al punto di contatto;
3) ๐‘ข
โƒ— ๐œŽ è la velocità rispetto ๐‘† di ๐‘€ pensato come il punto che percorre il profilo ๐œŽ restando,
istante per istante, sovrapposto al punto di contatto.
È evidente che queste tre velocità devono avere direzione tangente ai due profili, istante per istante.
Questo perché altrimenti si avrebbe o compenetrazione di materia, oppure il distacco dei due corpi;
evenienze che escludiamo a priori. Applicando questa considerazione in particolare a ๐‘ค
โƒ—โƒ— concludiamo immediatamente che il centro delle velocità deve trovarsi su una retta passante per ๐‘€ e ortogonale alla tangente in ๐‘€ ai due profili.
Considerando il moto assoluto del punto ๐‘€ considerato come il punto che percorre ๐œŽ restando
sovrapposto al punto di contatto, si osserva subito che, mentre ๐‘ค
โƒ—โƒ— rappresenta la velocità di
I punti neri indicano delle ‘saldature’, cioè stanno a indicare che i due ‘pezzi’ che in essi si intersecano, sono solidali. I
tratteggi inoltre indicano inoltre i corpi fissi, cioè il telaio.
7
29
trascinamento, ๐‘ข
โƒ— ๐œŽ è la velocità assoluta e ๐‘ข
โƒ— ๐‘  è la velocità relativa. Dunque il teorema dei moti
relativi (equazione 2.27) ci permette di scrivere che
4.1)
๐‘ข
โƒ—๐œŽ =๐‘ข
โƒ—๐‘ +๐‘ค
โƒ—โƒ—
4.2. Meccanismi equivalenti.
Siano Ωs , Ωσ i centri di curvatura dei profili ๐‘ , ๐œŽ
rispettivamente, e siano ๐ถ๐‘  , ๐ถ๐œŽ le rispettive circonferenze osculatrici; il tutto relativo al punto ๐‘€ di
contatto fra i profili coniugati. Allora è possibile approssimare, in ogni dato istante, la coppia
superiore data con quella costituita dalle due circonferenze osculatrici. La coppia superiore ottenuta
è definita meccanismo equivalente della coppia superiore data. È molto importante osservare che
questo meccanismo equivalente cambia istante per istante: infatti la posizione dei centri di curvatura
dei due profili in ๐‘€ è funzione del tempo, pur dovendo esse sempre restare sulla retta per ๐‘€
ortogonale alla tangente ai profili in ๐‘€ stesso.
Dalla osservazione del meccanismo equivalente si ricava una proprietà delle coppie superiori:
๏‚ท
istante per istante la traiettoria di Ωs risulta coincidere con la circonferenza di centro Ωσ
๐‘†
๐‘ 
๐‘ƒ0
Ω๐‘ 
๐‘€
Ω๐œŽ
Σ
๐’ž2
๐œ†
๐œŽ
๐‘™
๐’ž1
๐‘†
๐œ‚
๐‘ƒ0
Ω๐‘ 
๐‘€
Ω๐œŽ
Σ
๐œ†
๐‘™
30
Stante questa proprietà è possibile identificare l’ulteriore meccanismo equivalente indicato in
figura. Si osserva che
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
i gradi di libertà del nuovo meccanismo sono 6 − 2 − 2 = 2, cioè tanti quanti quelli di una
coppia superiore piana;
i due corpi possono essere rappresentati da forme qualunque (che non intereferiscano fra
loro) visto che è il braccio mobile a garantire la posizione reciproca dei due corpi medesimi;
questo meccanismo si dimensiona istante per istante, al variare della posizione dei centri di
curvatura Ωs , Ωσ .
๐‘†
๐œ‚
๐’ž2
๐‘ƒ0
Ω๐œŽ
Ω๐‘ 
Σ
๐œ†
๐’ž1
๐‘™
4.3. Costruzione dei profili: metodo dell’inviluppo.
In questo paragrafo e nei
seguenti si illustrano dei metodi che permettono di definire i profili coniugati a partire da alcune
caratteristiche note del moto relativo fra essi.
Nel metodo dell’inviluppo si suppongono note la base ๐œ† e la rulletta ๐‘™, nonché il profilo mobile ๐‘  e
si ricava il profilo fisso ๐œŽ. A tale scopo si procede come segue:
1) si fa rotolare (rotolamento senza strisciamento) la rulletta sulla base in uno dei due versi
possibili;
2) si traccia via via la retta ๐‘› passante per ๐‘ƒ0 (centro delle velocità) e tangente al profilo ๐‘ .
Ebbene, il punto di contatto ๐‘€ fra ๐‘› e ๐‘  risulta descrivere il profilo incognito ๐œŽ .
๐’ž2
๐‘›
๐’ž2
๐‘ 
๐‘€
๐‘›
๐‘€
๐œŽ
๐‘™
๐’ž2
๐‘ 
๐‘›
๐œŽ
๐‘ 
๐‘€
๐‘™
๐‘ƒ0
๐‘ƒ0
๐œ†
๐‘ƒ0
Σ
๐œ†
Σ
Σ
๐œ†
31
๐‘™
4.4. Costruzione dei profili: metodo delle normali.
Il metodo dei profili coniugati si basa sul rotolamento della rulletta sulla base e è dunque di difficile applicazione, per via
grafica, da un punto di vista pratico, essendo senz’altro complicato, salvo casi particolari, riprodurre
su un foglio il moto rotatorio relativo delle due polari. Il metodo che illustro ora invece, pur essendo
๐‘›
๐‘›|
๐‘›
0
๐‘€
๐‘€
|
๐œŽ
๐‘€0
๐œ‰
๐‘ 
๐œ‰
|
๐‘ƒ0
๐‘™
๐‘ƒ00
๐‘ƒ0
๐œ†
meno intuitivo, si basa esclusivamente sulla posizione reciproca di ๐‘ , ๐‘™, ๐œ† ad un istante assegnato.
Illustro il procedimento passaggio per passaggio:
1) traccio la base;
2) traccio la rulletta e il profilo mobile a un istante dato ๐‘ก0 , nonché il relativo centro delle
velocità ๐‘ƒ00 ;
3) traccio la retta ๐‘›0 passante per ๐‘ƒ00 e ortogonale al profilo mobile ๐‘ , che interseca nel punto
๐‘€0 , il quale indica la posizione, sulla rulletta, del punto di contatto fra i profili coniugati
all’istante ๐‘ก0 ;
4) prendo sulla base il ๐‘ƒ0 , centro delle velocità relativo al generico istante ๐‘ก;
|
|
5) ricavo su ๐‘™ il punto ๐‘ƒ0 considerando sulla rulletta un arco ๐‘ƒ0 ๐‘ƒ0 avente la stessa lunghezza
dell’arco ๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0 preso sulla base;
|
6) traccio la retta ๐‘›| passante per ๐‘ƒ0 e tangente alla rulletta, individuando così il punto ๐‘€| il
quale indica la posizione, sul profilo mobile, del punto di contatto fra i profili coniugati
all’istante ๐‘ก;
|
7) traccio la retta ortogonale alla tangente in ๐‘ƒ0 alla rulletta, individuando l’angolo ๐œ‰;
8) traccio la retta ortogonale alla tangente alla base in ๐‘ƒ0 e riporto a partire da esse l’angolo ๐œ‰,
individuando in questo modo la retta ๐‘› e il punto8 ๐‘€.
A questo punto si consideri che ๐œŽ deve passare per ๐‘€0 e per ๐‘€ e che deve avere tangente
ortogonale a ๐‘›0 in ๐‘€0 e tangente ortogonale a ๐‘› in ๐‘€. Considerando più punti della base è possibile
tracciare il profilo mobile con la precisione che si desidera.
8
|
Lo si ricava imponendo che sia ๐‘ƒ0 ๐‘€| = ๐‘ƒ0 ๐‘€.
32
4.5. Costruzione dei profili: metodo dell’epiciclo per traiettoria di
punto. Con questo metodo è possibile tracciare due profili coniugati compatibili partendo dalla
conoscenza della base e della rulletta. I profili che si ottengono avranno una forma dipendente,
come si vedrà, dalla scelta di una curva ๐‘’ e della posizione iniziale ๐‘€0 del punto di contatto fra i
due profili.
๐‘›|
๐‘›
๐œ‰
๐œ‰
๐‘ 
๐‘€
๐‘€|
๐‘›0
๐œŽ
๐œ‰
๐‘€0
||
๐‘ƒ0
|
๐‘ƒ0
๐‘’
๐‘™
๐œ†
๐‘ƒ0
๐‘ƒ00
Il procedimento è simile a quello visto nel caso del metodo delle normali e consta dei seguenti
passaggi.
1) Si definisce la posizione della rulletta all’istante di riferimento ๐‘ก0 indicando ๐‘ƒ00 il centro
delle velocità per quell’istante;
2) si traccia una terza polare ๐‘’, che chiamiamo epiciclo, la quale passi per ๐‘ƒ00 e sia
sufficientemente regolare da poter rotolare tanto su ๐‘™ che su ๐œ†;
3) si fissa la posizione ๐‘€0 del punto di contatto fra i due profili all’istante ๐‘ก0 ;
4) si fissa sulla base la posizione ๐‘ƒ0 del centro delle velocità relativo all’istante ๐‘ก e si riporta
|| |
tale punto su ๐‘’ e su ๐‘™ definendo i punti ๐‘ƒ0 , ๐‘ƒ0 rispettivamente, in modo che i tre archi
||
|
๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0 , ๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0 , ๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0 abbiano la stessa lunghezza;
||
||
5) traccio la retta per ๐‘€0 , ๐‘ƒ0 e definisco l’angolo ๐œ‰ che essa forma con la normale a ๐‘’ in ๐‘ƒ0 ;
|
6) traccio la normale a ๐‘™ in ๐‘ƒ0 e ruotandola di un angolo ๐œ‰ individuo la posizione ๐‘€| del punto
|
||
di contatto all’istante ๐‘ก sul profilo mobile, in modo che sia ๐‘€| ๐‘ƒ0 = ๐‘€0 ๐‘ƒ0 ;
7) traccio la normale a ๐œ† in ๐‘ƒ0 e ruotandola di un angolo ๐œ‰ individuo la posizione ๐‘€ del punto
||
di contatto all’istante ๐‘ก sul profilo fisso, in modo che sia ๐‘€๐‘ƒ0 = ๐‘€0 ๐‘ƒ0 .
|
Tenendo presente che ๐‘  deve avere tangenti ortogonali a ๐‘ƒ00 ๐‘€0 e a ๐‘ƒ0 ๐‘€| , e che ๐œŽ deve avere
tangenti ortogonali a ๐‘ƒ00 ๐‘€0 e a ๐‘ƒ0 ๐‘€, è possibile tracciare con qualche approssimazione i due profili
coniugati; per aumentare la precisione basta ripetere il procedimento per ulteriori punti della base.
In cnclusione in questo metodo si usa l’epiciclo, che è solidale con il punto di contatto fra i due
profili, per far muovere lo stesso sul piano mobile (descrivendo ๐‘ ) e sul piano fisso (descrivendo ๐œŽ).
33
Un caso di interesse è quello in cui si abbiano due polari circolari e si scelga un epiciclo rettilineo.
In figura abbiamo appunto due polari circolari, in generale di diverso raggio, e un epiciclo ๐‘’
rettilineo il quale coinciderà, istante per istante, con la retta tangente a ๐‘™, ๐œ† nel centro di istantanea
rotazione ๐‘ƒ0 ; abbiamo inoltre il punto di contatto ๐‘€ fra i due profili coniugati, scelto a piacere su ๐‘’.
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
Facendo allora rotolare ๐‘’ su ๐‘™ descriviamo il profilo mobile ๐‘  il quale è dunque una
evolvente costruita sulla circonferenza ๐‘™;
facendo rotolare ๐‘’ su ๐œ† descriviamo il profilo ๐œŽ, che risulta essere una evolvente costruita
sulla circonferenza ๐œ†;
in base alla natura stessa della evolvente di cerchio si ha necessariamente una intersezione
dei due profili in ๐‘€, cosa che deve essere tenuta in debito conto qualora si volesse utilizzare
questa costruzione per applicazioni partiche.
๐œŽ
๐œŽ
โ„ฑ
๐‘™
๐‘™
๐‘€
๐‘’
๐‘’
๐‘ƒ0
Ω๐‘€
๐‘€
๐‘ƒ0
๐œ†
๐œ†
๐‘ 
๐‘ 
Procediamo ora al calcolo della posizione del centro di curvatura Ω๐‘€ della traiettoria di ๐‘€ (e
dunque del profilo coniugato fisso ๐œŽ). A tale scopo traccio la circonferenza dei flessi โ„ฑ (la quale
deve risultare tangente in ๐‘ƒ0 alle due polari, e dunque anche all’epiciclo) e applico la seconda
espressione della formula di Euler-Savary (formula 2.22) la quale porge
๐‘ƒ0 ๐‘€2 = ๐‘€Ω๐‘€ โˆ™ ๐‘€๐‘ƒ0 โŸบ ๐‘ƒ0 ๐‘€ = −๐‘€Ω๐‘€ โŸบ ๐‘ƒ0 ๐‘€ = Ω๐‘€ ๐‘€
Dunque il centro di curvatura coincude con il centro delle velocità. Questa proprietà si generalizza
al caso in cui le porali non siano circolari, pur restando l’epiciclo una retta, dicendo che
๏‚ท
quando il punto ๐‘€ di contatto fra i profili coniugati si trova sulla tangente alle polari,
allora il centro di curvatura della su traiettoria (cioè del profilo coniugato fisso) coincide
con il c.d.i.r.
4.5. Costruzione dei profili: metodo dell’epiciclo per inviluppo di curva ausiliaria. Questo metodo è simile al precedente ad eccezione del fatto che, anziché
assegnare il punto di contatto ๐‘€0 relativo all’istante di riferimento, si assegna una curva ๐œ‚ (detta
curva ausiliaria) solidale all’epiciclo ๐‘’. In estrema sintesi il metodo consiste nei seguenti passaggi:
34
๏‚ท
๏‚ท
si fa rotolare l’epiciclo sulla rulletta ottenendo il profilo mobile ๐‘  come inviluppo della
famiglia di curve generate da ๐œ‚ in tale rotazione;
si fa rotolare l’epiciclo sulla base ottenendo il profilo mobile ๐œŽ come inviluppo della
famiglia di curve generate da ๐œ‚ in tale rotazione.
Più dettagliatamente questo procedimento può essere svolto adattando il metodo delle normali
illustrato nel paragrafo 4.4.
๐‘›๐‘™
๐œ‚
๐œ‰
๐œ‰
๐‘›
๐‘ 
๐‘›๐œ‚
๐œ‰
๐‘€
๐œ‚
๐‘€๐‘™
๐‘€
๐œŽ
๐‘€0
๐‘ƒ0๐‘’
๐‘ƒ0๐‘™
๐‘’
๐‘™
๐‘ƒ00
๐‘ƒ0
๐œ†
1) Si traccia la rulletta per un istante di riferimento ๐‘ก0 e si indica ๐‘ƒ00 il punto di contatto con la
base;
2) si conduce per ๐‘ƒ00 la retta normale alla tangente di ๐œ‚, individuando il punto ๐‘€0 il quale
rappresenta la posizione, nell’istante di riferimento, del punto di contatto fra i profili
coniugati;
3) si fissa sulla base la posizione ๐‘ƒ0 del c.d.i.r. per il generico istante ๐‘ก e si individuano i punti
๐‘ƒ0๐‘’ , ๐‘ƒ0๐‘™ in modo tale che glia archi ๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0 , ๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0๐‘™ , ๐‘ƒ00 ๐‘ƒ0๐‘’ abbiano stessa lunghezza;
4) si conduce per ๐‘ƒ0๐‘’ la normale a ๐œ‚ individuando ๐‘€๐œ‚ , ovvero la posizione del punto di
contatto, sulla curva ausiliaria, nell’istante ๐‘ก, quindi si individua l’angolo ๐œ‰ fra ๐‘›๐œ‚ e la
normale all’epiciclo in ๐‘ƒ0๐‘’ ;
5) noto ๐œ‰ si ricavano, col procedimento noto, i punti ๐‘€๐‘™ , ๐‘€, i quali rappresentano la posizione
del punto di contatto, all’istante ๐‘ก, rispettivamente su ๐‘  e su ๐œŽ.
Considerando che i profili coniuati devono avere tangente comune con la curva ausiliaria in ๐‘€0 , che
๐‘  deve avere in ๐‘€๐‘™ tangente ortogonale alla retta per ๐‘ƒ0๐‘™ , ๐‘€๐‘™ , e che ๐œŽ deve avere in ๐‘€ tangente
ortogonale alla retta per ๐‘ƒ0 , ๐‘€, risulta possibile ottenere i due profili con precisione tanto maggiore
quante più volte si reitera questo procedimento.
35
Capitolo 5. Complementi di cinematica
5.1. Metodo dei diagrammi polari.
Illustro un metodo grafico per risolvere equazioni
vettoriali del tipo
5.1)
๐‘ฃ + ∑๐‘›๐‘–=1 ๐‘ฃ๐‘– = ๐‘ค
โƒ—โƒ— + ∑๐‘š
โƒ—โƒ— ๐‘–
๐‘–=1 ๐‘ค
dove
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
i vettori si intendono appartenere alo stesso piano;
gli ๐‘› vettori ๐‘ฃ๐‘– sono noti;
gli ๐‘š vettori ๐‘ค
โƒ—โƒ— ๐‘– sono noti.
Trovandoci nel piano l’equazione 5.1 si traduce in due equazioni scalari con due incognite ciascuna,
ovvero in un sistema di due equazioni in quattro incognite il quale è risolvibile in uno dei seguenti
casi
1) sono note le direzioni di ๐‘ฃ , ๐‘ค
โƒ—โƒ— (dunque sono incogniti solo i due moduli)
2) è nota la direzione di ๐‘ฃ e il modulo di ๐‘ค
โƒ—โƒ— (dunque sono incogniti il modulo di ๐‘ฃ e una delle
componenti di ๐‘ค
โƒ—โƒ—
3) il caso simmetrico a quello in 2
4) è noto ๐‘ฃ (dunque sono incognite le due componenti di ๐‘ค
โƒ—โƒ— )
5) il caso simmetrico a quallo in 4
6) sono noti i moduli di ๐‘ฃ , ๐‘ค
โƒ—โƒ— (dunque è incognita una componente per ciascuno dei due vettori)
Ora dimostro come risolvere la 5.1 in ciascuno di questi casi. I primi passaggi sono comuni a
ciscuno di essi e consistono nel fissare una scala ๐œŽ, nel fissare un polo ๐‘‚, nel riportare i vettori ๐‘ฃ๐‘– a
partire dal polo e applicando ognuno all’estremo libero di quello precedente, nel fare la medesima
cosa con i vettori ๐‘ค
โƒ—โƒ— ๐‘– . Nelle figure supponiamo di avere tre vettori ๐‘ฃ๐‘– e quattro vettori ๐‘ค
โƒ—โƒ— ๐‘– . Ecco poi i
passaggi conclusivi per ciascun caso:
1) traccio la retta che passa per l’estremo libero di ๐‘ฃ3 , secondo la direzione nota di ๐‘ฃ; traccio
la retta che passa per l’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 , secondo la direzione nota di ๐‘ค
โƒ—โƒ— ; il punto di
intersezione fra le due rette è l’estremo libero di ๐‘ฃ, pensato applicato all’estremo libero di
๐‘ฃ3 , ma è anche l’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— , pensato applicato all’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 ;
๐‘ฃ3
๐‘ฃ3
๐‘ฃ2
๐‘ฃ2
๐‘ฃ
๐‘ค
โƒ—โƒ—
๐‘ฃ1
๐‘ฃ1
๐‘ค
โƒ—โƒ— 4
๐‘‚
๐‘ค
โƒ—โƒ— 4
๐‘‚
๐‘ค
โƒ—โƒ— 1
โƒ—โƒ— 3
๐‘ค
โƒ—โƒ— 2 ๐‘ค
๐‘ค
โƒ—โƒ— 1
36
โƒ—โƒ— 3
๐‘ค
โƒ—โƒ— 2 ๐‘ค
2) traccio la retta che passa per l’estremo libero di ๐‘ฃ3 , secondo la direzione nota di ๐‘ฃ; traccio
la circonferenza avente centro nell’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 e raggio pari a |๐‘ค
โƒ—โƒ— |; è l’estremo
libero di ๐‘ฃ, pensato applicato all’estremo libero di ๐‘ฃ3 , ma è anche l’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— ,
pensato applicato all’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 ;
๐‘ฃ3
๐‘ฃ3
๐‘ฃ2
๐‘ฃ2
๐‘ฃ
๐‘ค
โƒ—โƒ—
๐‘ฃ1
๐‘ฃ1
๐‘ค
โƒ—โƒ— 4
๐‘‚
๐‘ค
โƒ—โƒ— 4
๐‘‚
๐‘ค
โƒ—โƒ— 1
โƒ—โƒ— 3
๐‘ค
โƒ—โƒ— 2 ๐‘ค
๐‘ค
โƒ—โƒ— 1
โƒ—โƒ— 3
๐‘ค
โƒ—โƒ— 2 ๐‘ค
3) procedimento analogo a quello del punto 2;
4) ๐‘ค
โƒ—โƒ— è il vettore che, applicato nell’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 , ha come estremo libero l’estremo
libero di ๐‘ฃ;
5) procedimento analogo a quello del punto 4;
6) traccio la circonferenza avente centro nell’estremo libero di ๐‘ฃ3 e raggio pari a |๐‘ฃ|; traccio la
circonferenza avente centro nell’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 e raggio pari a |๐‘ค
โƒ—โƒ— |; il punto di
intersezione fra le due circonferenze è l’estremo libero di ๐‘ฃ, pensato applicato all’estremo
libero di ๐‘ฃ3 , ma è anche l’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— , pensato applicato all’estremo libero di ๐‘ค
โƒ—โƒ— 4 .
๐‘ฃ3
๐‘ฃ3
๐‘ฃ2
๐‘ฃ2
๐‘ฃ
๐‘ค
โƒ—โƒ—
๐‘ฃ1
๐‘ฃ1
๐‘ค
โƒ—โƒ— 4
๐‘‚
๐‘ค
โƒ—โƒ— 4
๐‘‚
๐‘ค
โƒ—โƒ— 1
โƒ—โƒ— 3
๐‘ค
โƒ—โƒ— 2 ๐‘ค
๐‘ค
โƒ—โƒ— 1
โƒ—โƒ— 3
๐‘ค
โƒ—โƒ— 2 ๐‘ค
5.2. Analisi cinematica di un manovellismo di spinta.
Si consideri il meccanismo in figura (introdotto nel paragrafo 3.4) il quale consiste in un quadrilatero chiuso costituito
da un telaio (membro 1) il quale è collegato in ๐ด0 con il membro 2 attraverso una cerniera, ed è
collegato al membro 3 in ๐ต attraverso una coppia prismatica; a loro volta i membri 2 e 3 sono
collegati fra loro attraverso una cerniera di centro ๐ด. Il punto ๐ธ è un punto dello spazio solidale alla
biella9.
I dati noti sul meccanismo sono i seguenti
Ricordo che per biella si intende un’asta incernierata a un estremo, la quale non può compiere, nel meccanismo di cui
fa parte, una rotazione completa; invece per manovella si intende un membro incernierato a un estremo, il quale
compie rotazioni complete nell’ambito del meccanismo di appartenenza.
9
37
๐œ”
โƒ— 2 = 1200
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘ 
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด0 ๐ด = 4,83๐‘๐‘š
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ต = 11,69๐‘๐‘š
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ธ๐ด = 5,79๐‘๐‘š
๐œƒ = 35° = 0.61๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
Per rappresentare il meccanismo sul foglio adotto una scala per le lunghezze ๐œŽ๐‘™ tale da permettermi
di rappresentare la manovella con un segmento di 2๐‘๐‘š. Allora si ha
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด0 ๐ด๐œŽ๐‘™ = 4,83๐‘๐‘š๐œŽ๐‘™ = 2๐‘๐‘š โŸน ๐œŽ๐‘™ =
2๐‘๐‘š
= 2,415 โŸน ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ต ๐œŽ๐‘™ = 11,69๐‘๐‘š2,415 = 4,84๐‘๐‘š
4,83๐‘๐‘š
Per rsolvere poi il meccanismo dal punto di vista cinematico occorre introdurre una scala ๐œŽ๐‘ฃ per le
velocità. Volendo ad esempio rappresentare sul foglio ๐‘ฃ๐ด con un vettore ๐œ‚๐ด di lungezza pari a 2cm,
si ha
๐‘ฃ๐ด = ๐œŽ๐‘ฃ ๐œ‚๐ด โŸน
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
|๐‘ฃ๐ด | ๐œ”๐ด0 ๐ด 1200๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘ ⋅ 4,83๐‘๐‘š
๐‘š 1
๐‘š
๐œŽ๐‘ฃ =
=
=
= 57,96
= 28,96
|๐œ‚๐ด |
2๐‘๐‘š
2๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
๐‘  2๐‘๐‘š
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
Per le accelerazioni vale un discorso analogo. Volendo rappresentare sul foglio il vettore ๐‘Ž๐ด con un
vettore ๐œ‡๐ด di lungezza pari a 2cm, si ha
๐‘Ž๐ด = ๐œŽ๐‘Ž ๐œ‡๐ด
โŸน
|๐‘Ž๐ด | = ๐œ”22 ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด0 ๐ด
|๐‘Ž๐ด | ๐œ”22 ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด0 ๐ด 12002 ๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘ 2 ⋅ 4,83๐‘๐‘š 69,55 ⋅ 103 ๐‘š
๐‘š
3
๐œŽ๐‘Ž =
=
=
=
=
34,77
⋅
10
|๐œ‡๐ด |
2๐‘๐‘š
2๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
2๐‘๐‘š
๐‘ 2
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
{
โƒ— ๐‘ฉ, ๐’—
โƒ— ๐‘ฉ๐‘จ . A tale scopo ricordo che, in base alle 2.5, 2.5.bis, possiamo scrivere
Calcolo delle velocità ๐’—
5.2)
๐‘ฃ๐ต = ๐‘ฃ๐ด + ๐‘ฃ๐ต๐ด
38
In questa equazione vettoriale sono noti il vettore ๐‘ฃ๐ด = ๐œ”
โƒ— 2 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด0 ๐ด, la direzione di ๐‘ฃ๐ต (che identifico
con la retta ๐‘), e la direzione di ๐‘ฃ๐ต๐ด ; dunque si hanno due incognite scalari e due equazioni scalari.
L’equazione è pertanto risolvibile e a ben vedere si riconduce al caso 1 illustrato per l’equazione
5.1. Rilevando poi sul foglio la lunghezza dei vettori ๐œ‚๐ต๐ด , ๐œ‚๐ต così ottenuti, si ha
5.3)
5.4)
๐‘š
|๐‘ฃ๐ต | = |๐œ‚๐ต |๐œŽ๐‘ฃ = 2,3๐‘๐‘š ⋅ 28,96
= 66,6
๐‘๐‘š⋅๐‘ 
๐‘š
๐‘š
๐‘ 
|๐‘ฃ๐ต๐ด | = |๐œ‚๐ต๐ด |๐œŽ๐‘ฃ = 2,1๐‘๐‘š ⋅ 28,96
= 60,81
๐‘๐‘š⋅๐‘ 
๐‘š
๐‘ 
๏‚ท Calcolo della velocità del punto ๐‘ฌ. A tale scopo osservo che le 2.5, 2.5.bis porgono
5.5)
5.6)
๐‘ฃ๐ธ = ๐‘ฃ๐ด + ๐‘ฃ๐ธ๐ด
๐‘ฃ๐ธ = ๐‘ฃ๐ต + ๐‘ฃ๐ธ๐ต
Essendo noti ๐‘ฃ๐ด , ๐‘ฃ๐ต oltre che la direzione di ๐‘ฃ๐ธ๐ด , ๐‘ฃ๐ธ๐ต , segue che le 5.5,5.6 costituiscono un sisitema
di quattro equazioni scalari in quattro incognite (2 componenti di ๐‘ฃ๐ธ , modulo di ๐‘ฃ๐ธ๐ด e modulo di
๐‘ฃ๐ธ๐ต ). Riportando allora i vettori ๐œ‚๐ด , ๐œ‚๐ต , nonché le direzioni di ๐œ‚๐ธ๐ด , ๐œ‚๐ธ๐ต , è possibile ricavare
l’estremo libero di ๐œ‚๐ธ come intersezione delle rette ๐‘  | , ๐‘ก | . Rilevando poi dal foglio la lunghezza del
vettore ๐œ‚๐ธ , si ottiene
5.7)
๐‘š
|๐‘ฃ๐ธ | = |๐œ‚๐ธ |๐œŽ๐‘ฃ = 1,4๐‘๐‘š ⋅ 28,96
= 40,54
๐‘๐‘š⋅๐‘ 
๐‘š
๐‘ 
Allo stesso risultato si può pervenire sfruttando direttamente la 5.4. Infatti si ha
๐œ”3 =
|๐‘ฃ๐ต๐ด |
60,81
๐‘š
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
=
=
520,18
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
11,69 ⋅ 10−2 ๐‘š ๐‘ 
๐‘ 
๐ด๐ต
e dunque
|๐‘ฃ๐ธ๐ด | = ๐œ”3 ⋅ ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ธ๐ด = 520,18
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘š
⋅ 5,79๐‘๐‘š = 30,14
๐‘ 
๐‘ 
Evidentemente la qualità del disegno è pessima perché la discordanza fra i risultatai trovati è
elevata.
๏‚ท Calcolo della accelerazione del punto ๐‘ฉ. Intanto la 2.9 porge
5.8)
โƒ—โƒ—โƒ— 3
๐‘‘๐œ”
๐‘ก
๐‘›
๐‘Ž๐ต = ๐‘Ž๐ด + ๐‘Ž๐ต๐ด = ๐‘Ž๐ด + ๐‘Ž๐ต๐ด
+ ๐‘Ž๐ต๐ด
= (๐›ผ2 × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด0 ๐ด + ๐œ”22โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด0 ๐ด) + (
๐‘‘๐‘ก
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— ) + (๐œ”32 ๐ต๐ด
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— )
× ๐ต๐ด
Per noi la velocità anglare della manovella è costante, dunque
5.9)
๐‘ก
๐‘›
๐‘Ž๐ต = ๐‘Ž๐ด + ๐‘Ž๐ต๐ด
+ ๐‘Ž๐ต๐ด
= (๐œ”22 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด0 ๐ด) + (
โƒ—โƒ—โƒ— 3
๐‘‘๐œ”
๐‘‘๐‘ก
× โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด) + (๐œ”32 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ต๐ด)
Esaminiamo ora questa equazione vettoriale per vedere se è risolvibile e, se si, a quale caso di quelli
visti per la 5.1 è riconducibile. Si costruisce il seguente schema:
39
๐‘Ž๐ต
๐‘Ž๐ด
๐‘ก
๐‘Ž๐ต๐ด
๐‘›
๐‘Ž๐ต๐ด
direzione
โˆฅ๐‘
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
⊥ ๐ด๐ต
modulo
?
โˆฅ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด0 ๐ด
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐œ”22 ๐ด
0๐ด
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โˆฅ ๐ต๐ด
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐œ”32 ๐ต๐ด
?
๐‘ก
Le incognite dunque sono i moduli di ๐‘Ž๐ต , ๐‘Ž๐ต๐ด
, il che significa che ci troviamo nel caso 1 di quelli
illustrati per l’equazione 5.1. Allora osservato che, in base alla scala introdotta per le accelerazioni,
i due vettori noti sono rappresentati sul foglio dai seguenti vettori
๐‘š
69,55 ⋅ 103 2
|๐‘Ž๐ด |
๐‘ 
|๐œ‡๐ด | =
=
๐‘š = 2๐‘๐‘š
3
๐œŽ๐‘Ž
34,77 ⋅ 10
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
2
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘› |
(520,18 ๐‘  ) 11,69๐‘๐‘š (520,18)2 11,69๐‘๐‘š
|๐‘Ž๐ต๐ด
๐‘›
−2
|๐œ‡๐ต๐ด | =
=
=
๐‘š
๐‘š = 90,97 ⋅ 10 ๐‘๐‘š
3
3
๐œŽ๐‘Ž
34,77 ⋅ 10
34,77 ⋅ 10 ๐‘๐‘š
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
๐‘ก
Dalla misurazione dei vettori ๐œ‡๐ต๐ด
, ๐œ‡๐ต così ottenuti si trova
๐‘š
๐‘š
๐‘ก |
๐‘ก |
๐‘ก |
|๐œ‡๐ต๐ด
= 0,65๐‘๐‘š โŸน |๐‘Ž๐ต๐ด
= ๐œŽ๐‘Ž |๐œ‡๐ต๐ด
= 34,77 ⋅ 103 2 0,65 = 22,6 ⋅ 103 2
๐‘ 
๐‘ 
๐‘š
๐‘š
3
3
|๐œ‡๐ต | = 2,1๐‘๐‘š โŸน |๐‘Ž๐ต | = ๐œŽ๐‘Ž |๐œ‡๐ต | = 34,77 ⋅ 10 2 2,1 = 73,01 ⋅ 10 2
๐‘ 
๐‘ 
Calcolo della accelerazione del punto ๐‘ฌ. In questo caso la 2.9 porge
โƒ—โƒ—โƒ— 3
๐‘‘๐œ”
๐‘ก
๐‘›
5.10) ๐‘Ž๐ธ = ๐‘Ž๐ด + ๐‘Ž๐ธ๐ด = ๐‘Ž๐ด + ๐‘Ž๐ธ๐ด
+ ๐‘Ž๐ธ๐ด
= (๐œ”22โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด0 ๐ด) + (
โƒ—โƒ—โƒ— 3
๐‘‘๐œ”
๐‘ก
๐‘›
5.11) ๐‘Ž๐ธ = ๐‘Ž๐ต + ๐‘Ž๐ธ๐ต = ๐‘Ž๐ด + ๐‘Ž๐ธ๐ต
+ ๐‘Ž๐ธ๐ต
= ๐‘Ž๐ต + (
๐‘‘๐‘ก
๐‘‘๐‘ก
× โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ธ๐ด) + (๐œ”32โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ธ๐ด)
× โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ธ๐ต ) + (๐œ”32 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ธ๐ต )
Abbiamo così un sistema di 4 equazioni in quattro incognite (le due componenti di ๐‘Ž๐ธ , i moduli di
๐‘ก
๐‘›
๐‘Ž๐ธ๐ด
, ๐‘Ž๐ธ๐ต
) che può essere risolto per via grafica come illustrato in figura, dove si è considerato che
๐‘› |
|๐œ‡๐ธ๐ด
=
๐‘› |
|๐‘Ž๐ธ๐ด
๐œŽ๐‘Ž
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘ 2
(520,18 ๐‘  ) 5,79๐‘๐‘š (520,18)2 5,79๐‘๐‘š
−2
=
=
๐‘š
๐‘š = 45,05 ⋅ 10 ๐‘๐‘š
3
3
34,77 ⋅ 10
34,77 ⋅ 10 ๐‘๐‘š
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
40
๐‘› |
|๐œ‡๐ธ๐ต
=
๐‘› |
|๐‘Ž๐ธ๐ต
๐œŽ๐‘Ž
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘ 2
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘ 2
(520,18 ๐‘  ) 2,8๐‘๐‘š ⋅ ๐œŽ๐‘™ (520,18 ๐‘  ) 2,8๐‘๐‘š ⋅ 2,415
=
=
= 52,62 ⋅ 10−2 ๐‘๐‘š
๐‘š
๐‘š
3
3
34,77 ⋅ 10
34,77 ⋅ 10
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
Si ottiene allora
๐‘š
๐‘š
= 73,01 ⋅ 103 2
2
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
๐‘ 
๐‘š
๐‘š
๐‘›
๐‘›
3
|๐‘Ž๐ธ๐ด | = |๐œ‡๐ธ๐ด |๐œŽ๐‘Ž = 0,36๐‘๐‘š ⋅ 34,77 ⋅ 10
= 12,74 ⋅ 103 2
2
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
๐‘ 
๐‘š
๐‘š
๐‘ก
๐‘ก
3
3
|๐‘Ž๐ธ๐ด | = |๐œ‡๐ธ๐ด |๐œŽ๐‘Ž = 0,26๐‘๐‘š ⋅ 34,77 ⋅ 10
= 9,27 ⋅ 10 2
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘  2
๐‘ 
|๐‘Ž๐ธ | = |๐œ‡๐ธ |๐œŽ๐‘Ž = 2,1๐‘๐‘š ⋅ 34,77 ⋅ 103
5.3. Come ricavare ๐‘ฒ nota ๐“•.
Più precisamente vediamo come ricavare ๐พ noti che
siano ๐‘ƒ0 , ๐ผ (e dunque โ„ฑ) e l’accelerazione di un punto ๐‘€.
๐‘€
๐‘€
๐‘Ž๐‘€
๐‘Ÿ
๐‘Ž๐‘€
๐‘Ÿ
๐‘
๐‘
๐‘Ž๐‘
โ„ฑ
โ„ฑ
๐ผ
๐ผ
๐‘ƒ0
๐‘ƒ0
๐พ
๐‘ก
๏‚ท
Traccio la retta ๐‘Ÿ, passante per ๐ผ e parallela a ๐‘Ž๐‘€ . Sia ๐‘ il punto individuato da tale retta
sulla circonferenza dei flessi.
Si osserva che la direzione della accelerazione di ๐‘ è quella della retta ๐‘Ÿ. Inoltre il verso di ๐‘Ž๐‘ deve
essere concorde con quello di ๐‘Ž๐‘€ , perché altrimenti il centro delle accelerazioni non si troverebbe
sulla circonferenza dei flessi, ma fuori. Quindi si ha la situazione indicata in figura (o quella
opposta, con le accelerazioni che puntano a sinistra).
๏‚ท
Traccio la retta ๐‘ก per ๐‘€, ๐‘, la quale intersechi la circonferenza dei flessi in ๐พ, punto
sulla cui natura non possiamo ancora dire nulla.
Le due accelerazioni ๐‘Ž๐‘€ , ๐‘Ž๐‘ formano con ๐‘ก lo stesso angolo, quindi quest’angolo deve esse il nostro
๐›พ (si osservi l’aspetto del campo delle accelerazioni a pag 11) e il punto ๐พ sarà il centro delle
accelerazioni.
41
5.4. Metodo dei poli. Si definisce così un metodo che permette di ricavare
๏‚ท
๏‚ท
atto di moto
campo delle accelerazioni
noti che siano
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
il centro delle velocità
il centro delle accelerazioni
la velocità angolare
l’accelerazione angolare
del piano mobile rispetto al piano fisso. Il metodo è detto dei poli in quanto il c.d.i.r. è detto anche
polo del primo ordine, mentre il centro delle accelerazioni prende anche il nome di polo del
secondo ordine.
Per illustare questo metodo riconsideriamo il meccanismo studiato nel paragrafo 5.2 e concentriamoci in particolare sul moto della biella rispetto al telaio, che è quello più complesso, visto che la
manovella ha un moto rotatorio e lo stantuffo un moto rettilineo alternato.
1) Individuiamo il polo del primo ordine del moto della biella rispetto il telaio. Il c.d.i.r. del
moto della manovella rispetto al telaio è ๐ด0 , quello della biella rispetto alla manovella è ๐ด;
dunque, per il teorema di Aronhold-Kennedy applicato ai membri 1,2,3 segue che il c.d.i.r.
della manovella rispetto al telaio deve trovarsi sulla retta ๐‘Ÿ. Con considerazioni analoghe sui
membri 1,4,3 si evince che il c.d.i.r. della manovella rispetto al telaio deve anche trovarsi
sulla retta ๐‘ก: L’intersezione fra ๐‘Ÿ e ๐‘ก individua dunque ๐‘ƒ0 .
2) Si osserva che il punto ๐ต, avendo una traiettoria rettilinea, deve essere un punto di โ„ฑ, inoltre
il polo dei flessi ๐ผ dovrà trovarsi sulla retta che definisce la traiettoria del pistone.
3) Considerando che ๐ด0 è il centro di curvatura della traiettoria di ๐ด, se applico la seconda
espressione della formula di Euler-Savary (equazione 2.22) al punto ๐ด posso ricavare un
punto di flesso, ovvero un altro punto di โ„ฑ; infatto detto ๐ด| tale punto, abbiamo
๐‘ƒ0 ๐ด2 = ๐ด๐ด0 ⋅ ๐ด๐ด| โŸน ๐ด๐ด| =
๐‘ƒ0 ๐ด2
๐ด๐ด0
4) Ora abbiamo tre punti di โ„ฑ, dunque la circonferenza è definita. Da un punto di vista pratico,
per trovare il suo centro si tracciano gli assi dei segmenti ๐‘ƒ0 ๐ต, ๐‘ƒ0 ๐ด| : la loro intersezione è
appunto ๐ถ๐น .
5) Il polo dei flessi è individuato su โ„ฑ dalla retta che definsce la traiettoria del punto ๐ต, oppure
dalla retta che passa per ๐‘ƒ0 ๐ถ๐น .
6) Per ipotesi conosciamo ๐œ”
โƒ— ,๐›ผ e dunque siamo in grado di definire (equazione 2.17) l’angolo
๐›พ = tan−1
๐›ผ
๐œ”2
Preso comunque un punto ๐‘ | di โ„ฑ, sappiamo che la direzione della sua accelerazione è
quella secondo ๐‘ | ๐‘ƒ0 , e che il verso deve puntare ๐‘ƒ0 poiché la componente normale di ๐‘Ž๐‘|
deve puntare il centro delle accelerazioni. Ciò posto abbiamo due possibili candidati a essere
centro delle accelerazioni, i punti ๐พ, ๐พ | . Ma se fosse ๐พ | il punto ad accelerazione nulla ๐‘Ž๐‘|
non sarebbe concorde con ๐›ผ , dunque il centro delle accelerazioni è ๐พ.
42
๐พ|
๐‘|
โ„ฑ
๐›พ
๐›ผ
๐‘Ž๐‘ |
๐’ฎ
๐‘ƒ0
๐›พ
๐ผ
๐ถ๐น
๐ด
๐ด0
๐ต
1
๐‘ก
๐ถ๐‘†
๐‘Ÿ
๐พ
7) Costruisco ๐’ฎ, la circonferenza di stazionarietà (ovvero la circonferenza i cui punti hanno
tutti accelerazione esclusivamente normale alla traiettoria) tramite la procedura illustrata nel
paragrafo 2.8.
๐œ”
โƒ—
๐‘ƒ0
Tutto questo ci consente di ricavare la velocità e
l’accelerazione di qualunque punto del piano
solidale alla manovella, come dimostro qui di
๐‘ฃ๐ธ
seguito.
๐‘ฃ๐ด
๐ด
๏‚ท La velocità ๐‘ฃ๐ด ha direzione ortogonale alla
๐ธ
๐ด0
retta per ๐‘ƒ0 , ๐ด, verso determinato da ๐œ”
โƒ— e
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ต
modulo pari a ๐œ”๐‘ƒ
0 ๐ด. Il vettore resta così
completamente definito e procedendo in
๐‘ฃ๐ต
modo analogo posso ricavare le velocità di
๐ต e del generico punto ๐ธ solidale alla biella.
43
๏‚ท
La direzione di ๐‘Ž๐ด , noto ๐พ e ๐›พ (che può essere misurato direttamente sul foglio come
ฬ‚
l’angolo ๐ผ๐‘ƒ
0 ๐พ ) presenta due possibilità: va scelta quella che permette di avere un vettore
accelerazione (che forma sempre un angolo acuto con ๐ด๐พ, dovendo avere una accelerazione
normale positiva) il quale sia concorde con ๐›ผ . Per il modulo di ๐‘Ž๐ด si sfrutta la 2.18 secondo
la quale |๐‘Ž๐ด | = ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐พ √๐›ผ 2 + ๐œ” 2 . Discorso analogo vale per qualunque altro punto solidale alla
manovella.
๐‘ƒ0
๐›ผ
๐ด
๐‘Ž๐ด
๐ผ
๐‘Ž๐ด0
๐ด0
๐›พ
๐›พ
๐ต
๐‘Ž๐ต
๐›พ
๐พ
5.5. Determinazione grafica del centro di curvatura della traiettoria di
un punto, noti i centri di curvatura delle polari del primo ordine.
Diciamo di conoscere la polare mobile ๐‘™ e la polare fissa ๐œ†; dunque conosciamo in particolare i loro
centri di curvatura ๐ถ | , ๐ถ rispettivamente, relativi al centro delle velocità ๐‘ƒ0 . Sia allora ๐‘€ un
qualunque punto del piano mobile (solidale a ๐‘™). Ebbene il centro di curvatura Ω๐‘€ della sua
traiettoria può essere individuato graficamente secondo il procedimento seguente:
1)
2)
3)
4)
si traccia la retta ๐‘Ÿ per ๐‘€, ๐‘ƒ0 ;
si traccia la retta ๐‘ž perpendicolare a ๐‘Ÿ in ๐‘ƒ0 ;
si traccia la retta ๐‘ก per ๐‘€, ๐ถ | intercettando su ๐‘ž il punto ๐ฟ;
si traccia la retta ๐‘ per ๐ฟ, ๐ถ intercettando su ๐‘Ÿ il punto cercato Ω๐‘€ .
Giustificherò questo procedimento dimostrando che il punto ottenuto soddisfa la formula di EulerSavary nella sua seconda espressione, ovvero la 2.24.
Consideriamo un sistema di riferimento che abbia origine in ๐‘ƒ0 , asse delle ascisse coincidente con
la retta ๐‘Ÿ e asse delle ordinate coincidente con la retta ๐‘ž. Introduciamo poi l’angolo ๐œ“ il quale
individua la direzione di ๐‘Ÿ risetto alla retta ๐‘ . In questo sistema di riferimento si ha
๐ถ ≡ (๐‘ƒ0 ๐ถ cos ๐œ“ , ๐‘ƒ0 ๐ถ sin ๐œ“)
๐ถ | ≡ (๐‘ƒ0 ๐ถ | cos ๐œ“ , ๐‘ƒ0 ๐ถ | sin ๐œ“)
44
avendo assunto la retta ๐‘  orientata concordemente con la retta ๐‘Ÿ. Si ricorda che i segmenti sono
intesi, in questo testo, come quantità algebriche, positive se il verso che va dal primo estremo
indicato al secondo è concorde al verso della retta orientata di cui fanno parte, negativo altrimenti.
In base al procedimento grafico seguito ๐ถ è un punto di ๐‘, mentre ๐ถ | è un punto di ๐‘ก. D’altra parte si
riconosce subito che le equazioni di queste due rette sono
๐‘ฅ
๐‘ฆ
+
=1
๐‘ƒ0 Ω๐‘€ ๐‘ƒ0 ๐ฟ
๐‘ฅ
๐‘ฆ
๐‘ก:
+
=1
๐‘ƒ0 ๐‘€ ๐‘ƒ0 ๐ฟ
๐‘:
Sostituendo le coordinete dei due centri di curvatura nelle rispettive rette di appartenenza si ha
๐‘ƒ0 ๐ถ cos ๐œ“ ๐‘ƒ0 ๐ถ sin ๐œ“
+
=1
๐‘ƒ0 Ω๐‘€
๐‘ƒ0 ๐ฟ
๐‘ƒ0 ๐ถ | cos ๐œ“ ๐‘ƒ0 ๐ถ | sin ๐œ“
+
=1
๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘ƒ0 ๐ฟ
Riarrangiando abbiamo
cos ๐œ“ sin ๐œ“
1
+
=
๐‘ƒ0 Ω๐‘€
๐‘ƒ0 ๐ฟ
๐‘ƒ0 ๐ถ
cos ๐œ“ sin ๐œ“
1
+
=
๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘ƒ0 ๐ฟ
๐‘ƒ0 ๐ถ |
Sottraendo membro a membro si ha
cos ๐œ“ cos ๐œ“
1
1
−
=
−
โŸบ
๐‘ƒ0 Ω๐‘€ ๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘ƒ0 ๐ถ ๐‘ƒ0 ๐ถ |
1
1
1
1
(−
−
) cos ๐œ“ =
−
โŸบ
Ω๐‘€ ๐‘ƒ0 ๐‘ƒ0 ๐‘€
๐‘ƒ0 ๐ถ ๐‘ƒ0 ๐ถ |
1
1
1
1
(
+
) cos ๐œ“ =
−
๐‘ƒ0 ๐‘€ Ω๐‘€ ๐‘ƒ0
๐‘ƒ0 ๐ถ | ๐‘ƒ0 ๐ถ
Che è appunto la 2.24.
๐‘ 
๐‘™
๐‘€
๐ฟ
๐‘ž
๐‘Ÿ
๐ถ|
๐‘ก
๐œ“
P0
๐œ†
Ω๐‘€
๐‘
albero motore
๐ถ
45
5.6. Determinazione grafica dei centri di curvatura dei profili
coniugati, noti i centri di curvatura delle polari. Il procedimento illustrato nel
paragrafo precedente trova immediata applicazione nella determinazione grafica dei centri di
curvatura dei profili coniugati in corrispondenza del punto di contatto ๐‘€, noti che siano i centri di
curvatura delle due polari ๐‘™, ๐œ†. La costruzione geometrica è illustrata nei seguenti passaggi.
Ω๐‘ 
๐‘Ÿ
๐ถ|
๐œŽ
๐ถ ||
๐‘ž
๐‘’
๐‘™
๐‘€
๐‘ก
๐‘ 
๐ฟ
๐œ“
P0
๐œ†
Ω๐œŽ
๐‘
๐ถ
1) Supponiamo che i due profili coniugati siano stati ottenuto col metodo dell’epiciclo per
traiettoria di punto. Le due polari ๐‘™, ๐œ† e l’epiciclo ๐‘’ condividono in ๐‘ƒ0 la tangente, dunque i
loro centri di curvatura in ๐‘ƒ0 si trovano tutti sulla stessa retta ortogonale a tale tangente.
Siano ๐ถ, ๐ถ | , ๐ถ || i centri di curvatura di ๐œ†, ๐‘™, ๐‘’.
2) Siano ๐œŽ il profilo fisso e ๐‘  il profilo conigato mobile. Siano Ωσ , Ωs i rispettivi centri di
curvatura. Sia ๐‘€ il punto di contato fra i due profili.
3) Considerando che ๐‘€ è un punto solidale all’epiciclo ๐‘’ posso applicare il metodo illustrato
nel paragrafo precedente in questo modo:
๏‚ท considero ๐‘’ come rulletta e ๐œ† come polare fissa e, seguendo la costruzione
suddetta, ricavo Ωσ ;
๏‚ท considero ๐‘’ come rulletta e ๐‘™ come polare fissa e, seguendo la costruzione
suddetta, ricavo Ωs .
5.6. Giustificazione dei meccanismi equivalenti. Nel paragrafo 4.2 si è detto che
una coppia superiore può essere sostituita, istante per istante, da un meccanismo equivalente
costituito da un coppia superiore con due profili circolari coincidenti con le circonferenze
osculatrici ai profili reali, nel punto di contatto. Questo ha come conseguenza che
๏‚ท
๐›บ๐‘  , pensato come appartenente al piano mobile, presenta una traiettoria il cui centro di
curvatura è ๐›บ๐œŽ ; viceversa ๐›บ๐œŽ , pensato come un punto solidale al piano fisso, presenta, nel
moto inverso del piano fisso rispetto a quello mobile, una traiettoria con centro di
curvatura ๐›บ๐‘  .
46
In questo paragrafo dimostro come questa proprietà, ricavata in modo intuitivo ma non rigoroso, sia
una conseguenza della prima espressione della formula di Euler-Savary (equazione 2.24). Ecco la
dimostrazione.
1) Considero l’epiciclo come polare mobile e ๐œ† come polare fissa. Facendo rotolare l’epiciclo
su ๐œ† ottengo che il moto di ๐‘€, pensato appartenente al piano solidale all’epiciclo, descrive il
profilo ๐œŽ. Dunque il centro di curvatura di ๐‘€ relativo a questo moto, coincide proprio con il
centro di curvatura del profilo ๐œŽ. Detto Ω๐œŽ tale centro di curvatura e applicando la 2.24 si
ha
(
1
1
1
1
+
) cos ๐œ“ =
−
๐‘ƒ0 ๐‘€ Ω๐œŽ ๐‘ƒ0
๐‘ƒ0 ๐ถ || ๐‘ƒ0 ๐ถ
2) Considerando sempre l’epiciclo come polare mobile ma la polare ๐‘™ come polare fissa, il
moto di ๐‘€, solidale al piano dell’epiciclo, descrive il profilo ๐‘  e dunque il centro di
curvatura della su traiettoria coincide con quello del profilo ๐‘  stesso. Applicando allora la
formula 2.24 a questo moto si ha
1
1
1
1
(
+
) cos ๐œ“ =
−
||
๐‘ƒ0 ๐‘€ Ω๐‘  ๐‘ƒ0
๐‘ƒ0 ๐ถ
๐‘ƒ0 ๐ถ |
3) Sottraendo membro a membro le due relazioni ottenute si ha
1
1
1
1
(
+
) cos ๐œ“ =
−
๐‘ƒ0 Ω๐‘  Ω๐œŽ ๐‘ƒ0
๐‘ƒ0 ๐ถ | ๐‘ƒ0 ๐ถ
E tale relazione, se confrontata con la 2.24, ci dice
che, nel moto del profilo ๐‘  rispetto al profilo
coniugato ๐œŽ, la traiettoria del centro di curvatura del
profilo mobile risulta avere come centro di
curvatura proprio il centro di curvatura del profilo
fisso. Inoltre, moltiplicando ambo i membri per −1
abbiamo anche
(
๐‘ƒ0
๐œ†
1
1
1
1
+
) cos ๐œ“ =
−
๐‘ƒ0 Ω๐œŽ Ω๐‘  ๐‘ƒ0
๐‘ƒ0 ๐ถ ๐‘ƒ0 ๐ถ |
Confrontando sempre con la 2.24 scopriamo allora
che nel moto del piano solidale a ๐œ†, rispetto al piano
solidale a ๐‘™, si ha che il punto Ω๐œŽ descrive una
traiettoria il cui centro di curvatura è proprio Ω๐‘  .
5.7. Determinazione grafica della polare
fissa. Per tracciare la polare fissa ๐œ† ci si avvale delle
proprietà dell’atto di moto, il quale, lo si ricorda, è istante
per istante un campo circolare. Ecco dunque il procedimento:
47
๐ด
๐œ๐ด
๐ต
๐œ๐ต
1) A un dato istante prendo due punti ๐ด, ๐ต del piano mobile. Siano ๐œ๐ด , ๐œ๐ต le rispettive
traiettorie. Allora l’intersezione delle normali alle traiettorie condotte per i rispettivi punti
traccianti, individua la posizione sul piano fisso del c.d.i.r. ๐‘ƒ0 , per quel dato istante.
2) Ripetendo la procedura del punto precedente per più configurazioni si ottiene la polare fissa
con precisione proporzionale alla densità di configurazioni prese.
Si osservi in figura come in corrispondenza di tratti
rettilinei delle due traiettorie il c.d.i.r. tenda a diventare un
punto improprio.
๐‘ƒ0
๐œ†
5.8. Determinazione grafica della polare
mobile: metodo del trasporto. Questo metodo
consiste nel riportare tutti i c.d.i.r. ricavati nel precedente
paragrafo, sul piano mobile, nella posizione da esso
assunta in un momento scelto a piacere. Per capire,
riprendiamo il moto descritto nel precedente paragrafo.
Abbiamo tre punti della polare fissa (vedi figura) ai quali
corrispondono tre triangoli (tratteggiati in figura), uno
ciascuno. Rototra-slando ciascuno di questi triangoli in
modo che il segmento di cui abbiamo considerato il moto,
venga a sovrapporsi alla ultima posizione a destra,
otteniamo tre punti della rulletta, nella posizione da essa
assunta quando il segmento considerato assume l’ultima
posizione a destra.
5.9. Determinazione grafica della polare
mobile: metodo del moto inverso. Questo
metodo consiste nel considerare il moto inverso,
ovvero il moto del piano fisso rispetto a quello
mobile. Consideriamo ancora l’esempio trattato
nei due precedenti paragrafi. Per applicare questo
metodo considero fissa, sul foglio, l’ultima
posizione a destra del segmento. Rototraslo poi il
piano fisso (che ora è mobile) in modo da
sovrapporre a tale segmento gli altri tre, uno per
volta. In questo modo riporto sul foglio tre punti,
le tre posizioni del c.d.i.r. rilevate sul piano fisso
(ora mobile): questi sono tre punti della rulletta.
48
๐‘™
๐ด
๐œ๐ด
๐œ๐ต
๐ต
๐‘™
๐œ†
5.10. Studio cinematico delle leve striscianti.
Si consideri il meccanismo a tre
membri indicato in figura: i profili 2,3 costituiscono una coppia superiore e sono collegato al telaio
1 attraverso una cerniera ciascuno; i punti ๐ต, ๐ถ sono i centri di curvatura, relativi al punto ๐‘€, di 3 e
di 2 rispettivamente; i dati del problema sono
๐œ”2 = 1๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘/๐‘ 
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ท = 0,546 ๐‘š
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… = 0,190 ๐‘š
๐ด๐ต
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ถ๐ท = 0,380 ๐‘š
๐‘Ÿ2 = 0,101 ๐‘š
๐‘Ÿ3 = 0,170 ๐‘š
Segue l’analisi cinematica.
๏‚ท
Impongo un fattore di scala alle lunghezze in modo che ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ท abbia, sul foglio, una lunghezza
di 5,46 ๐‘๐‘š. Dunque
54,6๐‘๐‘š = ๐œŽ๐‘™ 5,46๐‘๐‘š โŸน ๐œŽ๐‘™ =
54,6๐‘๐‘š
= 10
5,46๐‘๐‘š
๏‚ท
Il centro delle velocità del moto di 2 rispetto al telaio è il punto ๐ด; quello del moto di 3
rispetto al telaio è il punto ๐ต; inoltre, poiché la velocità di ๐‘€ rispetto a 2, pensato appartenente a 3, deve essere tangente ai profili coniugati, segue che il centro delle velocità del
moto di 3 rispetto a 2 deve trovarsi sulla retta ๐‘Ÿ. Allora, in base al teorema di AronholdKennedy, il centro ๐‘ƒ3−2 del moto di 2 rispetto 3 è l’intersezione delle rette ๐‘Ÿ, ๐‘. Si rileva che
non c’è dunque rotolamento fra i due profili coniugati, ma strisciamento.
๏‚ท
Mi propongo di studiare il moto di ๐ถ rispetto al telaio, moto che definisco assoluto;
definisco relativo invece il moto di ๐ถ rispetto a 2.
๏‚ท
Studio la velocità di ๐ต. Per la 2.27 abbiamo
๐‘ฃ๐‘Ž = ๐‘ฃ๐‘Ÿ + ๐‘ฃ๐œ
Nella tabella seguente riporto gli elementi noti di questa equazione vettoriale, per applicare
poi il metodo dei diagrammi polari.
๐‘ฃ๐‘Ž =
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
⊥ ๐ท๐ถ
verso noto
๐‘ฃ๐‘Ÿ +
๐‘ฃ๐œ
⊥ โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ32 ๐ถ
verso noto
|๐‘ฃ๐œ | = ๐œ”2 ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ถ
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
⊥ ๐ด๐ถ
verso noto
49
Le incognite sono due e dunque l’equazione è risolvibile. Il valore di ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ถ dipende dalla
configurazione del meccanismo. Riferendoci alla configurazione assegnata, leggiamo la
lunghezza del segmento dal disegno: 4 ๐‘๐‘š. Considerando il fattore di scala scelto abbiamo
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… = ๐œŽ๐‘™ 4๐‘๐‘š = 40๐‘๐‘š
๐ด๐ถ
40๐‘๐‘š
๐‘š
Dunque |๐‘ฃ๐œ | = ๐‘  = 0,4 ๐‘  . Impongo un fattore di scala alle accelerazioni che mi permetta
di avere |๐‘ฃ๐œ | = 3๐‘๐‘š:
0,4
๐‘š
0,4๐‘š
0,13 ๐‘š
= ๐œŽ๐‘ฃ 3๐‘๐‘š โŸน ๐œŽ๐‘ฃ =
=
๐‘ 
3๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
Dalla lettura del diagramma polare si ricava
|๐œ‚๐‘Ÿ | = 3,1 ๐‘๐‘š โŸน
0,13๐‘š
0,13๐‘š
๐‘š
|๐‘ฃ๐‘Ÿ | = ๐œŽ๐‘ฃ 3,1 ๐‘๐‘š =
3,1 ๐‘๐‘š =
3,1 = 0,403
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
๐‘ 
๐‘ 
|๐œ‚๐‘Ž | = 1,2 ๐‘๐‘š โŸน
0,13๐‘š
0,13๐‘š
๐‘š
|๐‘ฃ๐‘Ž | = ๐œŽ๐‘ฃ 1,2 ๐‘๐‘š =
1,2 ๐‘๐‘š =
1,2 = 0,156
๐‘๐‘š ⋅ ๐‘ 
๐‘ 
๐‘ 
Possiamo anche calcolare la velocità angolare di 3 intorno al perno ๐ท. Si ha
๐‘š
|๐‘ฃ๐‘Ž | 0,156 ๐‘ 
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐œ”3 =
=
= 0,41
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
0,38๐‘š
๐‘ 
๐ถ๐ท
Inoltre è possibile calcolare la velocità angolare relativa sapendo che per le velocità
angolari, nel caso di moti relativi di spazi, vale una formula analoga alla 2.27. Per cui si ha
๐œ”3 = ๐œ”3−2 + ๐œ”2 โŸบ ๐œ”3−2 = ๐œ”3 − ๐œ”2 = 0,41
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
−1
= −0,59
๐‘ 
๐‘ 
๐‘ 
risultato che poteva anche essere ottenuto dalla espressione |๐‘ฃ๐‘Ÿ |⁄โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘ƒ32 ๐ถ , la quale però
richiede una ulteriore misura di lunghezza.
๏‚ท
Passo ora all’analisi delle accelerazioni. In base alla 2.28 l’accelerazione assoluta di ๐ถ è
data da
๐‘Ž๐‘Ž = ๐‘Ž ๐œ + ๐‘Ž๐‘Ÿ + ๐‘Ž๐‘
dove l’accelerazione di trascinamento è tutta normale ed è nota in modulo, in base alle 2.17,
2.18. Per l’accelerazione relativa, in considerazione di quanto visto nei paragrafi 4.2 e 5.6,
sappiamo che essa va calcolata come l’accelerazione dovuta a un moto circolare attorno a ๐ต;
ne conosciamo dunque la componente normale in modulo, direzione e verso; discorso
analogo per l’accelerazione assoluta. L’accelerazione di Coriolis, per la 2.30, è data poi da
|๐‘Ž๐‘ | = 2๐œ”2 |๐‘ฃ๐‘Ÿ | =
2๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘š
๐‘š
0,403 = 0,806 2
๐‘ 
๐‘ 
๐‘ 
50
La sua direzione è ortogonale a quella di ๐‘ฃ๐‘Ÿ e il suo verso è quello che da ๐ด va a ๐ถ.
Costruiamo allora la tabella della equazione vettoriale allo scopo di risolverla con il metodo
dei diagrammi polari.
๐‘Ž๐‘Ž๐‘ก +
๐‘Ž๐‘Ž๐‘› =
?
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… =
(๐œ”3 )2 ๐ถ๐ท
๐‘š
= 0,063 2
๐‘ 
direzione
ortogonale
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
a ๐ถ๐ท
direzione e
verso di โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ท
๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘› +
(|๐‘ฃ๐‘Ÿ |)2
=
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ต๐ถ
๐‘š
= 0,6 2
๐‘ 
direzione e
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
verso di ๐ถ๐ต
๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘ก +
๐‘Ž๐œ +
๐‘Ž๐‘
?
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… =
(๐œ”2 )2 ๐ถ๐ด
๐‘š
= 0,42 2
๐‘ 
2๐œ”2 |๐‘ฃ๐‘Ÿ | =
๐‘š
= 0,806 2
๐‘ 
direzione
ortogonale a
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด
direzione e
verso di โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ถ๐ด
direzione e
verso di โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐ด๐ถ
Abbiamo dunque due incognite, il che significa che effettivamente l’equazione vettoriale è
risolvibile. Per applicare il metodo dei diagrammi polari devo però prima calcolare le
lunghezze, sul foglio, dei vettori noti. Diciamo che desidero avere una accelerazione di
Coriolis di 8๐‘๐‘š, sul foglio. Allora si ha
0,806
๐‘š
0,1๐‘š
= ๐œŽ๐‘Ž 8,0๐‘๐‘š โŸน ๐œŽ๐‘Ž = 2
2
๐‘ 
๐‘  ๐‘๐‘š
da cui
๐‘š
2
๐‘ 
|๐œ‡๐‘Ž๐‘› | =
= 0,63๐‘๐‘š
0,1๐‘š
๐‘  2 ๐‘๐‘š
๐‘š
0,6 2
๐‘ 
|๐œ‡๐‘Ÿ๐‘› | =
= 6,0๐‘๐‘š
0,1๐‘š
๐‘  2 ๐‘๐‘š
๐‘š
0,42 2
๐‘ 
|๐œ‡๐œ | =
= 4,2๐‘๐‘š
0,1๐‘š
๐‘  2 ๐‘๐‘š
0,063
Procedo ora al disegno dei diagrammi polari dai quali ricavo
0,1๐‘š
๐‘š
=
0,24
๐‘  2 ๐‘๐‘š
๐‘ 2
0,1๐‘š
๐‘š
|๐œ‡๐‘Ÿ๐‘ก | = 0,4๐‘๐‘š โŸน |๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘ก | = 0,4๐‘๐‘š 2
= 0,04 2
๐‘  ๐‘๐‘š
๐‘ 
|๐œ‡๐‘Ž๐‘ก | = 2,4๐‘๐‘š โŸน |๐‘Ž๐‘Ž๐‘ก | = 2,4๐‘๐‘š
È possibile risalire ora anche alle accelerazioni angolari del moto assoluto: osservato infatti
che ๐ท è centro delle accelerazioni per tale moto (perché è un punto immobile rispetto al
telaio, e dunque è anche contro delle veloctà), la 2.12 ci permette di scrivere che
|๐‘Ž๐‘Ž๐‘ก | = ๐›ผ3 ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ถ๐ท = 0,4๐‘๐‘š โŸน ๐›ผ3 = 0,63
5.10. Polari ellittiche nell’antiparallelogramma.
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘ 2
Consideriamo il quadrilatero
articolato indicato in figura, il quel prende il nome di antiparallelogramma. Assumendo come telaio
51
l’asta corta ๐ด๐ท, abbiamo che le due aste lunghe fungono da manovelle, mentre l’altra asta corta è
una biella. Segue una semplice analisi cinematica il cui scopo è quello di determinare le due polari
del moto della manovella rispetto al telaio.
๐ต
๐‘™
๐ถ
๐ธ
๐œ†
๐ด
๏‚ท
๏‚ท
๐ท
Considerando il moto del punto ๐ถ della manovella, essendo esso vincolato a ruotare attorno
alla cerniera fissa ๐ท, dobbiamo concludere che la sua velocità sarà sempre ortogonale alla
manovella ๐ถ๐ท; analogamente la velocità del punto ๐ต deve risultare ortogonale alla manovella ๐ด๐ต. Ne segue che il centro delle velocità del moto della manovella rispetto ala telaio
deve coincidere con la intersezione ๐ธ delle due manovelle.
I triangoli ๐ต๐ด๐ท, ๐ต๐ถ๐ท sono uguali avendo uguali i lati a due a due. Allora i triangoli
๐ท๐ด๐ธ, ๐ธ๐ต๐ถ sono simili avendo due angoli uguali (gli angoli in ๐ธ sono opposti al vertice, gli
angoli in ๐ถ, ๐ด sono uguali perché appartenenti a triangoli uguali). Ma avendo anche un lato
uguale, sono uguali. Risulta dunque
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
{ ๐ด๐ธ = ๐ถ๐ธ โŸน ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ธ + ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ท๐ธ = ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ถ๐ธ + ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ต๐ธ = ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ถ๐ธ + ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ท๐ธ = ๐‘
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ท๐ธ = ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ต๐ธ
essendo ๐‘ la lunghezza delle manovelle.
๏‚ท La dimostrazione del punto precedente porta a concludere che il punto ๐ธ descrive rispetto al
lato fisso una ellisse10 di fuochi ๐ด, ๐ท e di asse maggiore ๐‘. Ma essendo ๐ธ il centro delle
velocità, consegue che tale ellisse è proprio la polare fissa ๐œ†.
๏‚ท Considerando il moto inverso, cioè assumendo fissa la manovella ๐ถ๐ต e mobile la manovella
๐ด๐ท, si dimostra allo stesso modo che la polare fissa è una ellisse di fuochi ๐ถ, ๐ต e di asse
maggiore ๐‘; se invertiamo questo moto, tornando a quello di partenza, abbiamo così
identificato la rulletta.
๐ถ
5.11. Analisi cinematica di leve rotolanti.
Prendiamo come profili coniugati due ellissi identiche, di
asse maggiore ๐‘ e di distanza fra i fuochi ๐‘Ž; le incernieriamo ciascuna in uno dei fuochi e disponiamo le due cerniere
a una distanza pari proprio a ๐‘. Si osserva allora che il moto della coppia superiore così ottenuta può essere descritto
dal moto di un antiparallelogramma avente una biella
incernierata ai fuochi fissi e le due manovelle disposte
come in figura e solidali ciascuna a una ellisse.
10
2
3
๐‘™
๐ด
๐ท
๐‘€
1
๐œ”๐œ
๐ต
๐œ†
Si ricorda che si definisce ellisse il luogo di punti per i quali la somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi, è
costante.
52
Si capisce allora che il punto di contatto ๐‘€ scorre sulla manovella fissa. Inoltre si capisce come la
posizione di tale punto descriva completamente la configurazione dell’antiparallelogramma e
dunque anche del meccanismo reale. Ci proponiamo allora di studiare il moto del profilo 3 rispetto
al telaio 1 noto che sia il moto del profilo 2, completamente definito dal valore della sua velocità
angolare.
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
Il centro delle velocità del moto di 2 rispetto 1 è ๐ด, quello del moto di 3 rispetto 1 è ๐ท; il
centro delle velocità del moto di 3 rispetto 2 deve trovarsi su una retta per ๐‘€ ivi tangente ai
due profili. Per il teorema di Aronhold-Kennedy i tre c.d.i.r. devono essere allineati e
dunque ๐‘€ risulta il c.d.i.r. del moto di 3 rispetto a 2; moto che dunque è di puro
rotolamento.
Moto assoluto: quello di 3 rispetto a 1.
Moto di trascinamento: quello di 2 rispetto a 1.
Moto relativo: quello di 3 rispetto a 2.
1,0๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… = 0,223๐‘š; ๐ท๐‘€
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… = 0,486๐‘š
Dati: ๐œ”๐œ = ๐‘  ๐‘๐‘œ๐‘ ๐‘ก๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘’; ๐ด๐‘€
Con queste posizioni la velocità assoluta di ๐‘€ è data da
๐‘ฃ๐‘Ž = ๐‘ฃ๐‘Ÿ + ๐‘ฃ๐œ = ๐‘ฃ๐œ โŸน |๐‘ฃ๐‘Ž | = ๐œ”๐œ ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐‘€ =
0,223๐‘š
๐‘ 
essendo nullo l’atto di moto in ๐‘€, nel moto relativo. Nota la velocità assoluta di ๐‘€, ovvero
la velocità di ๐‘€ come punto di 3, rispetto a 1, possiamo calcolare la velocità angolare del
moto assoluto, cioè del moto di 3 rispetto al telaio 1:
๐œ”๐‘Ž =
|๐‘ฃ๐‘Ž | 0,223 ๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
=
= 0,45
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… 0,486 ๐‘ 
๐‘ 
๐ท๐‘€
Risulta anche possibile calcolare la velocità angolare del moto relativo:
๐œ”๐‘Ž = ๐œ”๐‘Ÿ + ๐œ”๐œ โŸน ๐œ”๐‘Ÿ = ๐œ”๐‘Ž − ๐œ”๐œ = 1 − 0,45 = 0,55
๏‚ท
๐‘Ÿ๐‘Ž๐‘‘
๐‘ 
L’accelerazione assoluta di ๐‘€ è data, in base alle 2.28, 2.29, 2.30, data da
๐‘Ž๐‘Ž = ๐‘Ž๐‘Ÿ + ๐‘Ž๐œ + 2๐œ”
โƒ— ๐œ × ๐‘ฃ๐‘Ÿ = ๐‘Ž๐‘Ÿ + ๐‘Ž๐œ
dove si è considerato che la velocità relativa è nulla.
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
Si consideri che, in base a quanto visto nel paragrafo 2.5, l’accelerazione relativa
deve avere direzione ortogonale alle polari in ๐‘€ (che in questo caso coincidono con i
profili coniugati, per quanto visto nel paragrafo precedente).
L’accelerazione di trascinamento è tutta normale e il suo modulo è noto.
L’accelerazione assoluta presenta una componente normale nota e una componente
tangenziale incognita.
Dunque la tabella della equazione vettoriale è la seguente:
53
๐‘Ž๐‘Ž๐‘ก +
๐‘Ž๐‘Ž๐‘› =
๐‘Ž๐‘Ÿ +
๐‘Ž๐œ +
?
(๐œ”๐‘Ž )2 ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘€๐ท =
๐‘š
= 0,098 2
๐‘ 
?
(๐œ”๐œ )2 ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘€๐ด =
๐‘š
= 0,223 2
๐‘ 
direzione
ortogonale
a โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘€๐ท
direzione e
verso di โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘€๐ท
direzione
ortogonale ai
profili
coniugati
direzione e
verso di โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘€๐ด
Si hanno dunque due incognite scalari e l’equazione è risolvibile per via grafica con il metodo dei
diagrammi polari. Poiché è difficile definire la direzione ortogonale ai profili coniugati, in questo
caso mi astengo dal disegnare il diagramma polare delle accelerazioni.
54
Capitolo 6. Cinematica dei giunti di trasmissione
6.1. Giunto di Oldham.
È un giunto articolato11 che permette di trasmettere un moto
rotatorio tra due alberi i cui assi non siano coincidenti.
๐œƒ
๐œƒ
albero motore
noce
๐ถ1
๐œƒ
๐ถ3
๐ถ2
๐œƒ
albero cedente
Dalle illustrazioni emerge subito che questo giunto
garantisce la trasmissione di un moto circolare
๐œƒ
omocinetico, cioè tale per cui i due alberi ruotano alla
stessa velocità.
Il modo migliore per studiare la cinematica di questo
giunto è quello di studiare il meccanismo equivalente
indicato nella successiva figura, dove la noce è
๐ถ1
collegata a due membri attraverso due coppie prismatiche. Tale membri sono a loro volta collegati alle
๐œƒ
due estremità di un’asta che assumiamo come telaio.
Tale meccanismo è detto sistema a doppio pattino.
๐ถ3
Il disco che si vede è appunto la noce (il disco
๐ถ2
intermedio del giunto di Oldham); i centri delle due
cerniere coincidono con le tracce dei due alberi: essi
sono pertanto fissi, e fissa deve essere anche l’asta che li collega. Al ruotare della noce i membri
collegati alle due cerniere ruotano anch’essi e scorrono lungo le scala nature ricavate nel disco. Si
ha inoltre una traslazione dell’asse del disco.
Ma per un’analisi ancora più accurata del giunto di Oldham è consigliabile considerare il moto
inverso del sistema a doppio pattino; ovvero conviene assumere la noce come telaio e la manovella
11
I giunti si classificano in rigidi, flessibili e articolati. Io mi occupo qui esclusivamente di giunti articolati.
55
noce
noce
๐ถ1
๐ถ1
๐ถ2
๐ถ2
๐ถ3
๐ถ3
sistema a doppio pattino
๐œƒ
come membro mobile. Questo ulteriore meccanismo è detto tornio ellittico e fu introdotto da
Leonardo da Vinci. Seguiamo l’analisi cinematica passo, passo.
๐œ”
2
๐ด
๐‘ƒ0
๐œ†
3
๐‘Ž๐‘ƒ0
๐ต
๐›ผ
๐‘™≡โ„ฑ
๐ต
๐‘‚≡๐ผ
๐พ
4
1
๐ด
configurazione 1
๐œƒ
๐‘ƒ0
configurazione 2
1) Il centro delle velocità può essere individuato utilizzando il teorema Aronohld-Kennedy, ma
più semplicemente si osserva che il punto ๐ด ha sempre velocità verticale, mentre il punto ๐ต
ha sempre velocità orizzontale; ma allora, considerando che il campo delle velocità deve
essere un campo circolare (nel piano), segue che il punto ๐‘ƒ0 è individuato dalla intersezione
della retta orizzontale per ๐ด, con quella verticale per ๐ต.
56
2) Poiché il triangolo ๐ด๐‘ƒ0 ๐ต è rettangolo, segue che ๐ด๐ต è il diametro di una circonferenza alla
quale appartiene ๐‘ƒ0 , in ogni configurazione. Segue che la rulletta ๐‘™ è proprio tale circonferenza.
3) Considerando il triangolo rettangolo ๐‘‚๐ด๐‘ƒ0 abbiamo che esso è uguale, istante per istante, al
triangolo ๐ด๐‘ƒ0 ๐ต. In particolare sono uguali le ipotenuse, che dunque sono entrambe costanti.
Ne segue che ๐‘ƒ0 descrive, nel piano fisso, una circonferenza di centro ๐‘‚. Dunque la base ๐œ†
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… .
è una circonferenza di centro ๐‘‚ e di raggio ๐ด๐ต
4) Poiché la circonferenza dei flessi è il luogo dei punti del piano mobile la cui traiettoria
presenta un flesso, ne segue che i punti ๐ด, ๐ต, avendo traiettoria rettilinea, appartengono alla
circonferenza dei flessi โ„ฑ; si deduce subito anche che, dovendo le traiettorie di tali punti
indicare il polo ๐ผ dei flessi, allora questo coincide con il punto ๐‘‚.
5) Assegnata la velocità angolare ๐œ” = ๐œƒฬ‡ e dunque l’accelerazione ๐›ผ = ๐œƒฬˆ ricaviamo l’angolo
๐›พ = tan−1 ๐›ผ ⁄๐œ”2 che ci permette di individuare su โ„ฑ il centro delle accelerazioni ๐พ.
6) Il centro delle accelerazioni ha una posizione che dipende dall’entità della accelerazione
tangenziale di ๐‘ƒ0 ; tuttavia possiamo dire senz’altro che quando questa accelerazione è nulla
(cioè quando il moto rotatorio è a velocità costante) ๐พ si sovrappone al polo dei flessi,
essendo ๐›ผ = 0 โŸน ๐›พ = 0.
7) La circonferenza di stazionarietà si ricava con il procedimento illustrato nel paragrafo 2.8.
Mi pare tuttavia che quando la velocità angolare risulta costante tale circonferenza degeneri
i due rette parallele, non so.
Si definiscono moti cardanici quelli in cui la rulletta ha, istante per istante, un raggio di curvatura
pari a metà di quello della base, essendo i raggi calcolati rispetto al c.d.i.r..
6.2. Giunto di Cardano.
È un giunto articolato che trasmette il moto rotatorio fra due
alberi incidenti. È noto anche come universal joint e come Hooke joint.
๐‘˜ฬ‚2 ≡ ๐‘˜ฬ‚4
๐‘ง2 ≡ ๐‘ง4
๐œˆฬ‚
๐œƒ2
๐œ‡ฬ‚
๐œƒ4
๐œƒ2
2
3
๐‘‚
albero
motore
๐‘ฅ4
๐‘ฆ2
๐›ผ
4
๐›ผ
๐‘–ฬ‚4
albero
cedente
๐‘ฆ4
๐œƒ4
๐‘ฅ2
1
๐‘–ฬ‚2
1
Il giunto di Cardano è un quadrilatero articolato chiuso, costituito da
57
๐‘—ฬ‚2
๐‘—ฬ‚4
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
un telaio (membro 1);
due alberi: l’albero movente (membro 2) e l’albero cedente (membro 4), collegati al telaio
attraverso due coppie prismatiche;
una crociera (membro 3) la quale è collegata a entrambi gli alberi attraverso due coppie
cilindriche.
Utilizzando la formula di Grüber 1.13 abbiamo per i gradi di libertà
4
๐น = 6(4 − 1) − ∑(6 − 2) = 18 − 16 = 2
๐‘–=1
Questo risultato ci dice che, così come abbiamo imposto i vincoli, il meccanismo ha un grado di
libertà in esubero: infatti ciò che ci interessa è che il giunto trasmetta la rotazione senza altre
possibilità di movimento. Possiamo allora pensare di sostituire le coppi cilindriche con delle
cerniere, ottenendo dalla formula di Grüber
4
๐น = 6(4 − 1) − ∑(6 − 1) = 18 − 20 = −2
๐‘–=1
Troviamo dunque un sistema iperstatico, cioè immobile. Anche questa soluzione non è accettabile.
La combinazione corretta di vincoli che permetta di trasmettere il moto rotatorio fra gli alberi è
quella che vede l’utilizzo di una cerniera e di tre coppie cilindriche, comunque disposte. Infatti in
questo caso si ha
๐น = 6(4 − 1) − (6 − 1) − (6 − 2) − (6 − 2) − (6 − 2) = 18 − 17 = 1
Definisco rapporto di trasmissione il rapporto
6.1)
๐œ”
๐œ = ๐œ”2
4
essendo ๐œ”2 la velocità di rotazione dell’albero conducente (membro 2) e ๐œ”4 quella dell’albero
cedente. In un giunto omocinetico (come quello di Oldham) tale rapporto è unitario, e questa è una
proprietà molto apprezzata in questo genere di meccanismi. Tuttavia nel caso di un giunto cardanico
non si ha rapporto di trasmissione unitario, come vado a dimostrare.
In figura ho introdotto due sistemi di riferimento, con relativi versori, e due versori solidali alla
crociera e ciascuno parallelo a una delle coppie due cilindriche della crociera stessa. Poiché si
assume che i due assi che costituiscono la crociera sono ortogonali fra loro , deve risultare ๐œ‡ฬ‚ ⋅ ๐œˆฬ‚ =
0. D’altra parte risulta
{
๐œ‡ฬ‚ = −๐‘–ฬ‚2 sin ๐œƒ2 + ๐‘˜ฬ‚2 cos ๐œƒ2
๐œˆฬ‚ = ๐‘–ฬ‚4 cos ๐œƒ4 + ๐‘˜ฬ‚4 sin ๐œƒ4
e dunque
๐œ‡ฬ‚ ⋅ ๐œˆฬ‚ = 0 โŸบ (−๐‘–ฬ‚2 sin ๐œƒ2 + ๐‘˜ฬ‚2 cos ๐œƒ2 ) โˆ™ (๐‘–ฬ‚4 cos ๐œƒ4 + ๐‘˜ฬ‚4 sin ๐œƒ4 ) =
= −๐‘–ฬ‚2 โˆ™ ๐‘–ฬ‚4 sin ๐œƒ2 cos ๐œƒ4 − ๐‘–ฬ‚2 โˆ™ ๐‘˜ฬ‚4 sin ๐œƒ2 sin ๐œƒ4 + ๐‘˜ฬ‚2 โˆ™ ๐‘–ฬ‚4 cos ๐œƒ2 cos ๐œƒ4 + ๐‘˜ฬ‚2 โˆ™ ๐‘˜ฬ‚4 cos ๐œƒ2 sin ๐œƒ4 =
58
= − cos ๐›ผ sin ๐œƒ2 cos ๐œƒ4 + cos ๐œƒ2 sin ๐œƒ4 = 0 โŸบ cos ๐›ผ
sin ๐œƒ2 sin ๐œƒ4
=
cos ๐œƒ2 cos ๐œƒ4
Dunque la relazione fra gli angoli di rotazione dei due alberi si scrive
6.2)
cos ๐›ผ tan ๐œƒ2 = tan ๐œƒ4
Allo scopo di ottenere il rapporto di trasmissione 6.1 deriviamo la 6.2 rispetto al tempo, ottenendo
cos ๐›ผ
1
1
๐œ”
=
๐œ”
2
cos2 ๐œƒ2
cos 2 ๐œƒ4 4
e dunque
6.3)
๐œ”2
๐œ”4
1
cos2 ๐œƒ
1
1+tan2 ๐œƒ
= cos ๐›ผ cos2 ๐œƒ2 = cos ๐›ผ 1+tan2 ๐œƒ4
4
2
Sostituendo nella 6.3 la 6.2 si ha
๐œ”2
1 1 + tan2 ๐œƒ4
1 + tan2 ๐œƒ4
=
=
cos
๐›ผ
tan2 ๐œƒ4
๐œ”4 cos ๐›ผ
cos 2 ๐›ผ + tan2 ๐œƒ4
1+
2
cos ๐›ผ
e dunque
6.4)
๐œ”2
๐œ”4
cos ๐›ผ
= cos2 ๐›ผ cos2 ๐œƒ
4 +sin
2๐œƒ
4
Si tratta di una funzione periodica, di periodo ๐œ‹
(per via dell’elevamento a potenza quadrata) la
quale, fissato per l’angolo ๐›ผ di incidenza fra gli
assi dei due alberi il valore di 10°, presenta
l’andamento mostrato ne grafico. È possibile fare
le seguenti considerazioni:
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
la 6.2 permette di dedurre che quando ๐œƒ4 assume, col passare del tempo, i valori ๐œ‹, 2๐œ‹,
3๐œ‹ …, l’angolo ๐œƒ2 e l’angolo ๐œƒ4 sono uguali;
la rappresentazione grafica della funzione 6.4 ci mostra come inizialmente sia più veloce
l’albero condotto poi, raggiunti i 45° di rotazione per quest’ultimo, è l’albero motore ad
avere la maggiore velocità, e così via12;
la periodicità di ๐œ‹ del rapporto di trasmissione indica che in un giro completo dei due alberi
(abbiamo visto che quando l’albero motore fa mezzo giro, anche l’albero cedente ha fatto
mezzo giro; dunque questo vale anche per un giro completo) essi hanno già realizzato due
cicli di quelli descritti per il rapporto delle loro velocità (albero condotto più veloce - albero
motore più veloce - albero condotto più veloce - albero motore più veloce - albero condotto
più veloce).
12
Si assume che la posizione iniziale si quella in cui il vettore ๐œ‡ฬ‚ è verticale, e a questa posizione si attribuiscono angoli
di rotazione entrambi nulli per i due alberi.
59
Questo comportamento del giunto tende a amplificare le sollecitazioni a cui sono sottoposti i
componenti dei meccanismi. In genere in effetti giunti non omocinetici sono indesiderabili. Per
ovviare a questo difetto del giunto di Cardano si possono collegare in serie due di questi giunti,
come indicato in figura.
๐œƒ2
๐›ผ
๐œƒ4
๐›ผ|
๐œƒ6
Se consideriamo il secondo giunto (quello a destra) l’analisi precedente ci permette di affermare che
L’analoga della 6.2 si scrive
6.5)
cos ๐›ผ | tan ๐œƒ4 = tan ๐œƒ6
Sostituendo la 6.2 nella 6.5 si ricava
immediatamente
6.8)
tan ๐œƒ6 = cos ๐›ผ cos ๐›ผ | tan ๐œƒ2
Dunque il giunto è omocinetico se e
solo se cos ๐›ผ cos ๐›ผ | = 1, il che, per le
formule di Werner, equivale a
1
(cos(๐›ผ + ๐›ผ | ) + cos(๐›ผ − ๐›ผ | )) = 1
2
che a sua volta equivale a richiedere i due angoli siano nulli, ovvero che i due alberi siano in asse.
Dunque questo doppio giunto non va bene, è inutile. Si deve cercare un’altra configurazione, un
altro modo di combinare due giunti di Cardano.
Consideriamo allora la combinazione indicata in figura: l’analoga della 6.2 per il secondo giunto si
scrive
6.9)
tan ๐œƒ4 = cos ๐›ผ | tan ๐œƒ6
tan ๐œƒ
Sostituendo poi la 6.2 nella 6.9 si ottiene tan ๐œƒ6 =
|๐›ผ| = |๐›ผ | |.
2
cos ๐›ผ|
cos ๐›ผ
60
. Quindi il giunto è omocinetico se e solo se
Capitolo 7. Statica
7.1. Sistema fondamentale della statica.
Ricordo che l’equilibrio meccanico di un
corpo rigido si realizza se e solo se la risultante della sollecitazione agente su di esso è nulla e il
momento totale di tale sollecitazione è nullo rispetto a ogni polo. Ma se la risultante è nulla allora è
sufficiente che il momento totale sia nullo rispetto a un polo, perché lo sia rispetto a ogni altro polo;
โƒ—โƒ— ๐ด = 0 (con ๐‘€
โƒ—โƒ— ๐ด momento totale rispetto al generico polo ๐ด e ๐น risultante)
infatti se risulta ๐น = 0 e ๐‘€
allora la sollecitazione è equivalente alla forza nulla applicata in ๐ด (primo criterio di equivalenza) e
dunque il suo momento rispetto a un qualunque altro punto è nullo. Quindi l’equilibrio meccanico
di un corpo rigido si realizza se e solo se
7.1)
{
๐น=0
โƒ—โƒ—
๐‘€๐ด = 0
essendo ๐ด il generico polo. Il sistema 7.1 prende il nome di sistema fondamentale della statica.
7.2. Casi elementari di equilibrio.
In questo paragrafo indichiamo dei metodi grafici
che consentono di studiare l’equilibrio meccanico per tre sollecitazioni elementari: la sollecitazione
costituita da due forze, quella costituita da tre forze e quella costituita da quattro forze. I metodi che
verranno illustrati permettono di evitare il metodo analitico, ovvero quello che consiste nella
risoluzione del sistema fondamentale della statica 7.1.
๏‚ท Corpo soggetto soltanto a due forze. Per l’equilibrio alla traslazione le due forze devono essere
uguali e contrarie, per quello alla rotazione le due rette d’azione devono coincidere; si deve cioè
avere una coppia con braccio nullo.
๏‚ท Corpo soggetto a tre forze. In questo caso l’equilibrio si realizza se e solo se sono verificati
contemporaneamente i tre requisiti seguenti
1) le tre rette d’azione devono appartenere allo stesso piano;
2) le tre rette d’azione devono convergere in un medesimo punto;
3) le tre forze devono costituire un triangolo chiuso in cui i loro versi indicano un senso
di rotazione.
In particolare le prime due condizioni sono equivalenti alla condizione di equilibrio alla rotazione,
ovvero sono equivalenti alla condizione di annullamento del momento totale; la seconda condizione
è equivalente alla condizione di equilibrio alla traslazione, ovvero alla condizione di annullamento
della risultante.
๐‘ก
๐น2
๐ด1
๐น1
๐‘Ÿ
๐‘ 
๐ด3
๐ต
๐น3
๐ด2
61
Per quanto riguarda il primo requisito si consideri la figura sopra dove la retta ๐‘Ÿ passa per i punti di
applicazione di due delle tre forze. Consideriamo allora la proiezione del momento totale, rispetto
diciamo a ๐ต, sulla retta ๐‘Ÿ: il contributo delle due forze aventi punto di applicazione su ๐‘Ÿ risulta nullo
(i relativi momento sono ortogonali alla retta stessa); allora, se l’equilibrio alla rotazione è
verificato, non può che essere nulla anche la proiezione del momento della forza ๐น3 ; ma questo
comporta che tale momento sia ortogonale a ๐‘Ÿ, ovvero che ๐น3 sia complanare con ๐‘Ÿ. Considerando
poi la retta ๐‘  si dimostra analogamente che ๐น1 deve essere complanare con essa, ma ๐‘  interseca ๐‘Ÿ e
passa per ๐ด3 , punto di ๐œ‹, dunque ๐‘  giace su ๐œ‹, e conseguentemente ๐น1 giace su ๐œ‹. In modo analogo,
considerando la retta ๐‘ก, si dimostra che la forza ๐น2 giace su ๐œ‹; dunque effettivamente le tre forze
sono complanari se si ha equilibrio alla rotazione.
๐น2
๐น1
๐น3
๐ผ
Per quanto riguarda il secondo requisito in caso di equilibrio meccanico possiamo ragionare per
assurdo: diciamo che solo due delle tre forze abbiano rette d’azione incidenti, e sia ๐ผ il punto di
intersezione fra esse. Se allora calcolo il momento totale della sollecitazione rispetto al polo ๐ผ
ottengo un momento diverso da zero perché è non nullo il momento della forza ๐น3 (i momenti delle
altre due forze rispetto a ๐ผ è evidentemente nullo); ma questo è assurdo perché contraddice l’ipotesi
di equilibrio meccanico, e dunque necessariamente la retta d’azione di ๐น3 deve passare per ๐ผ.
Fin qui si è sfruttato l’equilibrio alla rotazione. L’equilibrio alla traslazione
impone che le tre forze costituiscano un triangolo chiuso, e questa proprietà è
utile a ricavare dei parametri incogniti della sollecitazione, come ad esempio il
modulo o la direzione delle forze della sollecitazione, come esemplifico in
quanto segue.
๐น2
๐น3
๐น1
๏‚ท Esempio. Supponiamo di avere un corpo in condizione di equilibrio
meccanico, che sia soggetto alle tre forze ๐น1 , ๐น2 , ๐น3 . Diciamo che la prima
sia completamente nota, che della seconda si conosca la retta d’azione ๐‘Ÿ2
e che della terza si conosca il punto di applicazione ๐‘‚3. Allora si riporta su un foglio ๐น1 (con
una opportuna scala), il punto ๐‘‚3 e la retta ๐‘Ÿ2 . Si fa scorrere la forza ๐น1 lungo la sua retta
d’azione fino ad avere punto d’applicazione coincidente con l’intersezione di questa con ๐‘Ÿ2 .
๐‘Ÿ1
๐น3
๐‘‚3
๐น1
๐‘Ÿ2
๐‘Ÿ3
๐น2
62
๏‚ท Corpo soggetto a quattro forze nel piano.
๐‘Ÿ4
Lo studio di questo caso si conduce com๐‘Ÿ1
ponendo le forze a due a due e riducendosi
così a una sollecitazione costituita da due
๐น2
sole forze. Poiché le possibili coppie sono
๐น3
pari alle permutazioni non ordinate di classe
2 di 4 elementi dati, ovvero 6, si può
procedere in altrettanti modi diversi. Per
๐‘Ÿ๐‘
esempio possiamo comporre le forze ๐น1 , ๐น2 e
๐น1
le forze ๐น3 , ๐น4 ; si ottengono due forze uguali
e contrarie aventi entrambe come retta
๐น4
d’azione la retta ๐‘Ÿ๐‘ , la quel prende il nome di
retta di compenso. Si può osservare che
๐‘Ÿ3
essendo 6 le possibili coppie non ordinate di
๐‘Ÿ2
forze, ed essendovi una retta di compenso per
ciascuna coppia di coppie, le possibili rette di
compenso sono 3. In modo analogo a quanto visto nel paragrafo sulla sollecitazione costituita da tre
forze, la costruzione della retta di compenso permette di risolvere graficamente problemi in cui
siano presenti 3 incognite scalari, senza dover risolvere il sistema fondamentale della statica. A tal
proposito si provi a risolvere graficamente il caso in cui sia nota solo una delle quattro forze, mentre
delle altre tre sia nota solo la direzione.
7.3. Principio di disgregazione. Si intende con questo nome la considerazione che
nel caso di un sistema in equilibrio meccanico, comunque se ne prenda una parte,
questa deve risultare in equilibrio.
La parte isolata dal resto del corpo si definisce parte disgregata. È necessario precisare però che
la parte disgregata risulta in equilibrio purché si consideri non solo quella porzione di
sollecitazione esterna eventualmente agente su di essa, ma anche la sollecitazione che il
resto del corpo esercita su di essa.
Si deve rilevare in fine che
la parte disgregata esercita sul resto del corpo una sollecitazione uguale e contraria a
quella che il resto del corpo esercita su essa.
7.4. Analisi statica del manovellismo.
Vediamo come il principio di disgre-gazione
possa essere applicato allo studio del manovellismo considerato in una configurazione di equilibrio
meccanico. La sollecitazione esterna si costituita da
๏‚ท
๏‚ท
โƒ—โƒ— applicata alla manovella;
una coppia incognita ๐‘€
una forza nota ๐น applicata alla biella.
Disgreghiamo il meccanismo nel modo più immediato: nella biella, nella manovella e nello
stantuffo; introduciamo le forze incognite che ciascuna parte esercita su quella adiacente.
63
๐ต
3
2
โƒ—โƒ—
๐‘€
๐ด
๐น
4
๐ถ
1
๐ต
๐ต
๐‘‘
๐น
โƒ—โƒ—
๐‘€
๐ถ
๐น
๐ด
−๐น๐ต
๐น๐ถ
๐น๐ต
๐ถ
๐‘‘
−๐น๐ถ
๐น๐ต
๐น๐ถ
Considero la biella. Abbiamo la retta d’azione della forza ๐น ; abbiamo anche la retta d’azione della
forza che lo stantuffo esercita sulla biella stessa, infatti tale forza non può che essere verticale; è
possibile allora risalire alla forza che la manovella esercita sulla biella in ๐ต, dovendo essere le tre
rette d’azione convergenti in un medesimo punto. In definitiva, costruendo il triangolo delle forze,
si risale ai due moduli incogniti. Abbiamo così anche la forza agente sulla manovella in ๐ต e dunque,
per l’equilibrio alla traslazione, la forza in ๐ด. A questo punto abbiamo il modulo della coppia
incognita il quale è dato da ๐น๐ต ๐‘‘. Risulta poi evidentemente definita anche la sollecitazione agente
sullo stantuffo.
7.5. Principio dei lavori virtuali. Enuncio il principio dei lavori virtuali rimandando al
mio testo di Meccanica dei Solidi per la dimostrazione del caso generale di corpi deformabili. Prima
però ecco alcune definizioni:
64
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
vincoli perfetti: quando non vi è attrito fra le superfici di contatto, cioè quando i vincoli
esplicano solo le reazioni corrispondenti ai gradi di libertà che sottraggono;
vincoli stazionari: se sono indipendenti dalla velocità e dal tempo;
forze interne: quelle che si scambiano i componenti del sistema;
forze esterne: tutte le altre.
spostamento virtuale: ogni spostamento infinitesimo il quale sia compatibile con i vincoli
presenti;
lavoro virtuale: il lavoro che una sollecitazione fa in corrispondenza a un sistema di
spostamenti virtuali.
Allora il PLV afferma che
condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema di corpi rigidi, soggetto a vincoli
stazionari, bilaterali e perfetti, sia in equilibrio meccanico, è che sia nullo il lavoro
delle forze esterne in corrispondenza a ogni spostamento virtuale (lavoro che indico
๐›ฟ๐ฟ).
7.8. Applicazione al manovellismo.
Un manovellismo è sottoposto all’azione di una
forza ๐น agente sullo stantuffo come indicato in figura. La manovella sia sottoposta all’azione di una
coppia ๐‘€ di cui si chiede di calcolare l’intensità affinché si realizzi l’equilibrio meccanico.
Volendo applicare il PLV assegniamo alla spoletta uno spostamento virtuale ๐›ฟ๐‘  a cui corrisponde
una rotazione virtuale ๐›ฟ๐œ‘ della manovella. Dunque il lavoro virtuale delle forze esterne si scrive
๐›ฟ๐ฟ = −๐‘€๐›ฟ๐œ‘ + ๐น๐›ฟ๐‘ 
e dunque si ha equilibrio in corrispondenza della coppia ๐‘€ = ๐น๐›ฟ๐‘ ⁄๐›ฟ๐œ‘. Il difficile è ora esprimere la
rotazione virtuale in funzione dello spostamento virtuale della spoletta. Per fare ciò è necessario
ricorrere al sistema delle catene cinematiche, per il quale rimando al testo Viola vol. I.
Consideriamo allora i membri 1,2,3: il centro di istantanea rotazione della manovella rispetto al
telaio è evidentemente il centro della cerniera fissa; quello della biella rispetto alla manovella si
trova al centro della cerniera mobile; dunque in base al teorema di Aronhold-Kennedy il centro di
65
istantanea rotazione del moto della biella rispetto al telaio deve trovarsi sulla retta che congiunge i
centri 21 e 32. Ragionando in modo analogo con i membri 3,4,1 è possibile individuare in fine il
centro 31. Fatto questo si riportano sull’asse verticale e su quello orizzontale gli spostamenti
virtuali associati allo spostamento ๐›ฟ๐‘ . Considerando in particolare gli spostamenti sull’asse
verticale e tenendo presente che la tangente può essere in questo caso approssimata con l’angolo,
osservando la figura si ha
๐œƒ=
๐›ฟ๐‘ 
๐พ๐ต ๐›ฟ๐‘ 
๐›ฟ๐‘ 
๐พ๐ต ๐›ฟ๐‘  ๐ต๐ถ
โŸน
=
โŸน ๐พ๐ต =
๐ต๐ถ โŸน ๐›ฟ๐œ‘ =
=
๐ด๐ถ
๐ต๐ถ ๐ด๐ถ
๐ด๐ถ
๐ด๐ต ๐ด๐ถ ๐ด๐ต
Dunque la coppia cercata è data da
๐‘€=
๐น๐›ฟ๐‘ 
๐ด๐ถ ๐ด๐ต
๐ด๐ต
๐‘Ž
= ๐น๐›ฟ๐‘ 
=๐น
๐ด๐ถ = ๐น ๐‘
๐›ฟ๐œ‘
๐›ฟ๐‘  ๐ต๐ถ
๐ต๐ถ
๐‘‘
7.8. Applicazione al meccanismo scotch-yoke.
Si consideri il meccanismo in
figura: si vuole calcolare, data la forza ๐น, quale sia il valore della coppia ๐‘€ per il quale si realizza
l’equilibrio se l’angolo che la manovella forma con l’asse orizzontale è ๐œƒ.
Nei passaggi qui sopra è ricavato il legame fra lo spostamento virtuale del corpo cilindrico e la
rotazione virtuale della manovella. Dunque l’equilibrio si realizza se e solo se
๐‘€๐›ฟ๐œƒ = ๐น๐›ฟ๐‘ฅ โŸน ๐‘€๐›ฟ๐œƒ = ๐น๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐œƒ โŸน ๐‘€ = ๐น๐‘Ÿ sin ๐œƒ
66
Capitolo 8. Superfici: contatti, attrito e usura
8.1. Rugosità.
Le superfici reali non sono rappresentabili da superfici regolari intese in senso
matematico. Senza considerare il livello atomico, ma restando a pochi ingrandimenti, ogni
superficie, anche quella apparentemente più liscia, presenta un insieme di valli e creste più o meno
spigolose. Consideriamo allora una superficie piana e sezioniamola con un paiano ortogonale ad
essa. Si ottiene così un profilo del tipo indicato in figura. Definiamo allora profilo ideale (o profilo
nominale) quello descritto dall’asse ๐‘ฅ il quale soddisfi la condizione
8.1)
๐ฟ
∫0 ๐‘ง(๐‘ฅ)๐‘‘๐‘ฅ = 0
essendo ๐‘ง = ๐‘ง(๐‘ฅ) la funzione che descrive il
profilo ideale rispetto al sistema di riferimento
avente come asse delle ascisse l’asse ๐‘ฅ. Si definisce allora rugosità media di un profilo l’integrale
8.2)
๐ฟ
1
๐‘…๐‘Ž โ‰œ ๐ฟ ∫0 |๐‘ง(๐‘ฅ)|๐‘‘๐‘ฅ
il quale, come si intuisce, fornisce una misura di quanto il profilo reale si discosti da quello ideale,
considerando sia i picchi che le valli. Tuttavia questa grandezza nulla permette di dedurre sulla
spigolosità delle irregolarità: due profili possono avere la stessa rugosità pur essendo uno molto
‘dolce’ e l’altro molto spigoloso. Per avere dunque indicazioni in questo senso, si esaltano i picchi
elevando al quadrato la funzione che definisce il profilo e calcolando il parametro di rugosità
8.3)
๐ฟ
1
๐‘…๐‘ž โ‰œ √๐ฟ ∫0 ๐‘ง 2 (๐‘ฅ)๐‘‘๐‘ฅ
Altra grandezza di interesse nella descrizione di un profilo è la massima asperità superficiale ๐‘…๐‘ก ,
la quale è la misura della massima altezza fra i fondi valle e i picchi. Si definisce poi funzione di
autocorrelazione la
8.4)
1
๐ฟ
1
๐›ผ(๐œ‰) = ๐‘…2 lim (๐ฟ ∫0 ๐‘ง(๐‘ฅ)๐‘ง(๐‘ฅ + ๐œ‰)๐‘‘๐‘ฅ)
๐‘ž ๐ฟโŸถ∞
la quale ricorda l’integrale di convoluzione studiato in Automatica. Si osserva che per ๐œ‰ = 0 il
valore della funzione è 1; i discostamenti dall’unità al variare di ๐œ‰ sono un indice di irregolarità del
profilo; ma la cosa importante è che se la funzione di autocorrelazione risulta avere una periodicità,
ne consegue che le irregolarità del profilo sono anch’esse periodiche; e questa è l’importanza della
funzione di autocorrelazione. Un’altra grandezza di interesse nel caso di profili con irregolarità
periodiche è la lunghezza d’onda media ๐œ†๐‘Ž per calcolare la quale si approssima il profilo a una
sinusoide avente lunghezza d’onda (cioè periodo) ๐œ†๐‘Ž , ovvero (la verifica è immediata) alla funzione
8.5)
๐‘ฅ
๐‘ง(๐‘ฅ) = ๐‘ sin (2๐œ‹ ๐œ† )
๐‘Ž
Si deve poi imporre che la rugosità media di questo profilo sia uguale a quella nota ๐‘…๐‘Ž . Dunque, in
base alla 8.2 si impone
67
๐ฟ
๐‘
๐‘ฅ
∫ |sin (2๐œ‹ )| ๐‘‘๐‘ฅ = ๐‘…๐‘Ž
๐ฟ
๐œ†๐‘Ž
0
Per facilitare il calcolo consideriamo il primo semiperiodo, quello in cui la funzione è positiva:
๐œ†๐‘Ž ⁄2
๐œ†๐‘Ž ⁄2
2๐‘
๐‘ฅ
2๐‘
๐‘ฅ
∫ sin (2๐œ‹ ) ๐‘‘๐‘ฅ = ๐‘…๐‘Ž โŸบ
∫ sin (2๐œ‹ ) ๐‘‘๐‘ฅ = ๐‘…๐‘Ž โŸบ
๐œ†๐‘Ž
๐œ†๐‘Ž
๐œ†๐‘Ž
๐œ†๐‘Ž
0
๐œ†๐‘Ž ⁄2
โŸบ
0
๐‘๐œ†๐‘Ž
๐‘ฅ
๐‘ฅ
๐‘
๐‘ฅ ๐œ†๐‘Ž ⁄2
∫ sin (2๐œ‹ ) ๐‘‘ (2๐œ‹ ) = ๐‘…๐‘Ž โŸบ − (cos (2๐œ‹ ))
= ๐‘…๐‘Ž โŸบ
๐œ‹๐œ†๐‘Ž
๐œ†๐‘Ž
๐œ†๐‘Ž
๐œ‹
๐œ†๐‘Ž 0
0
๐‘
2๐‘
๐‘…๐‘Ž
โŸบ − (cos(๐œ‹) − cos(0)) = ๐‘…๐‘Ž โŸบ
= ๐‘…๐‘Ž โŸบ ๐‘ =
๐œ‹
๐œ‹
๐œ‹
2
Dunque la sinusoide che approssima il profilo è data da
8.6)
๐‘ง(๐‘ฅ) =
๐œ‹๐‘…๐‘Ž
2
๐‘ฅ
sin (2๐œ‹ ๐œ† )
๐‘Ž
Ora consideriamo la funzione ๐‘งฬƒ = ๐‘งฬƒ (๐‘ฅ) ottenuta dalla 8.6 ribaltando verticalmente gli archi di curva
aventi pendenza negativa. Se indico โ„Ž l’incremento di altezza di ๐‘งฬƒ (๐‘ฅ) relativo a un periodo e con ๐ป
quello relativo all’intero tratto ๐ฟ posso scrivere
๐œ†๐‘Ž
๐œ†๐‘Ž
4 ๐‘‘๐‘ง(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ง(๐‘ฅ)
โ„Ž = ๐‘งฬƒ (๐œ†๐‘Ž ) = ∫ |
| ๐‘‘๐‘ฅ = 4 ∫ |
| ๐‘‘๐‘ฅ = 2๐œ‹๐‘…๐‘Ž
๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‘๐‘ฅ
0
0
๐ฟ
๐‘‘๐‘ง(๐‘ฅ)
๐ป = ๐‘งฬƒ (๐ฟ) = ∫ |
| ๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‘๐‘ฅ
0
Se ora indico ๐œˆ il numero di periodi contenuto in ๐ฟ ottengo
๐œˆ=
๐ฟ
๐ป
โ„Ž
= โŸบ ๐œ†๐‘Ž = ๐ฟ
๐œ†๐‘Ž โ„Ž
๐ป
68
e dunque in conclusione abbiamo
๐ฟ
8.7)
๐œ†๐‘Ž = 2๐œ‹
∫0 |๐‘ง(๐‘ฅ)|๐‘‘๐‘ฅ
๐ฟ ๐‘‘๐‘ง(๐‘ฅ)
∫0 | ๐‘‘๐‘ฅ |๐‘‘๐‘ฅ
8.2. Coppie superiori.
Nel caso di coppie superiori, come noto, il contatto fra le superfici
che costituiscono gli elementi cinematici è o puntuale o lineare. Il contatto puntuale fra due
superfici viene trattato come un contatto fra due sfere; il contatto lineare fra due superfici viene
trattato invece come il contatto fra due cilindri lungo una generatrice comune. Effettuando una
sezione piana con un opportuno piano,
entrambi questi casi si riconducono al contatto
fra due circonferenze. Detti allora ๐‘Ÿ1 , ๐‘Ÿ2 i raggi
di esse si definisce raggio di curvatura medio
๐‘Ÿฬ… quello individuato dalla relazione
8.8)
1
๐‘Ÿฬ…
1
1
1
1
2
= 2 (๐‘Ÿ ± ๐‘Ÿ )
dove il segno meno vale nel caso in cui uno dei
due solidi a contatto sia cavo. Per mezzo del
raggio di curvatura medio è possibile
ricondurre il contatto fra due circonferenze al
contatto fra una circonferenza e un piano. Il
raggio della circonferenza è fornito dalla 8.8 imponendo che il raggio di curvatura medio non vari e
sostituendo i raggi di curvatura delle due circonferenze con il raggio di curvatura incognito e con
quello del piano, che ricordo essere infinito. Per cui, detto ๐‘Ÿ il raggio di curvatura incognito, si ha
1 1 1 1
1
1
๐‘Ÿฬ…
= ( + )โŸบ =
โŸบ๐‘Ÿ=
๐‘Ÿฬ… 2 ๐‘Ÿ ∞
๐‘Ÿฬ… 2๐‘Ÿ
2
ovvero
8.9)
๐‘Ÿฬ…
๐‘Ÿ=2
Considerando allora per esempio il caso in cui ๐‘Ÿ2 = 2๐‘Ÿ1, si ha
๐‘Ÿ=
๐‘Ÿฬ…
1
1
1
2๐‘Ÿ1
=
=
=
=
2 ( 1 + 1 ) ( 1 + 1 ) 1 (1 + 1)
3
๐‘Ÿ1 ๐‘Ÿ2
๐‘Ÿ1 2๐‘Ÿ1
๐‘Ÿ1
2
per cui il contatto fra le due circonferenze di raggi ๐‘Ÿ1 , ๐‘Ÿ2 = 2๐‘Ÿ1 si riconduce al contatto fra una
2๐‘Ÿ
circonferenza di raggio 31 e un piano. In modo analogo si definisce il modulo di contatto ๐ธฬ…
attraverso la formula
8.10)
1
๐ธฬ…
=
1−๐œˆ12
๐ธ1
+
1−๐œˆ22
๐ธ2
dove si sono introdotti i moduli di Young e i coefficienti di Poisson delle due superficie. Quando si
riduce il contatto fra due circonferenze al contatto fra una circonferenza e un piano, analogamente a
quanto visto nel caso dei raggi di curvatura, si attribuisce al piano modulo di Young infinito (cioè si
69
considera il piano come un corpo indeformabile) e si ricava il modulo di Young della superficie
rappresentata dalla circonferenza in funzione del modulo di contatto ๐ธฬ… .
8.3. Formule di Hertz per contatti puntiformi. Date le semplificazioni introdotte
nel paragrafo precedente riguardo al contatto fra due superfici, possiamo ora introdurre un metodo
quantitativo per l’analisi delle tensioni e delle deformazioni relative alle superfici in contatto. In
particolare analizzo qui il caso dei contatti puntiformi, mentre per il caso dei contatti lineari
rimando al libro di testo. Ricordo che il caso di contatto puntiforme è ricondotto al contatto fra due
sfere, il quale è ricondotto al contatto fra una sfera e un piano, secondo i parametri geometrici e
fisici definiti nelle 8.8 e 8.10. Facciamo le seguenti ipotesi:
1) i due solidi a contatto hanno dimensioni molto maggiori rispetto a quelle che descrivono le
deformazioni di contatto;
2) i due solidi sono due sfere;
3) i materiali sono omogenei e isotropi;
4) i materiali sono elastici;
5) le forze di chiusura della coppia superiore sono due forze uguali e contrarie, di modulo ๐‘„,
che costituiscono una coppia di braccio nullo;
6) le due forze di chiusura hanno retta d’azione passante per il punto di contatto e ortogonale al
piano tangente alle due sfere nel punto di contatto.
Come visto nel paragrafo precedente il contatto puntuale si riconduce al contatto fra due sfere di
raggi opportuni ๐‘Ÿ1 , ๐‘Ÿ2, dai quali si ricava il raggio medio 8.8; quindi il contatto fra due sfere si
riconduce al contatto fra un piano e una sfera di raggio ๐‘Ÿ = ๐‘Ÿฬ… ⁄2. Si ricorda poi che il piano viene
considerato indeformabile, mentre alla sfera viene attribuito un modulo di Young definito dalla
relazione 8.10, funzione delle costanti meccaniche dei due materiali di partenza. Ora, stanti le
ipotesi di cui sopra, le forze di chiusura determinano la deformazione della sfera nella regione di
contatto con il piano, regione che non sarà dunque puntuale, ma coinciderà con un’area ๐ด. Per
l’ipotesi di isotropia, quest’area deve essere circolare; sia allora ๐‘Ž il suo raggio. Per tale raggio
immaginiamo una proporzionalità diretta con il modulo delle forze di chiusura e con il raggio della
sfera, ovvero con il raggio medio (essendo ๐‘Ÿ = ๐‘Ÿฬ… ⁄2); la proporzionalità sarà invece inversa rispetto
al modulo di contatto ๐ธฬ… . Volendo introdurre un coefficiente di proporzionalità ๐‘˜๐‘Ž adimensionale, la
propor-zionalità, per questioni dimensionali, non potrà essere lineare, ma cubica. Si ha in definitiva
3
๐‘„๐‘Ÿฬ…
8.11) ๐‘Ž = ๐‘˜๐‘Ž √ ๐ธฬ…
In base a dati sperimentali si ricava per il coefficiente di proporzionalità il valore
70
3
3
8.12) ๐‘˜๐‘Ž = √8 ≅ 0.721
Per quanto riguarda la distribuzione degli sforzi normali sulla superficie ๐ด, ai quali il libro di testo
si riferisce con il nome di pressioni, questa risulta essere semi ellissoidale, come indicato in figura.
Per calcolare la pressione media ๐‘ฬ… si ricorre al teorema della media integrale il quale porge
๐‘„ = โˆฌ ๐‘๐‘‘๐ด = ๐‘ฬ… ๐ด = ๐‘ฬ… ๐œ‹๐‘Ž2
๐ด
Dunque
๐‘„
8.13) ๐‘ฬ… = ๐œ‹๐‘Ž2
Per quanto riguarda invece l’andamento puntuale della pressione in ๐ด, visto l’andamento ellittico
della stessa si ha
2
๐œŒ2 ๐‘ 2
๐‘2
๐œŒ2
๐œŒ2
√
+ 2 = 1 โŸบ 2 = 1 − 2 โŸบ ๐‘ = ๐‘๐‘€ 1 − 2
๐‘Ž2 ๐‘๐‘€
๐‘Ž
๐‘Ž
๐‘๐‘€
Per ricavare la pressione massima ๐‘๐‘€ si ricorre all’equazione usata per ricavare quella media:
71
โˆฌ ๐‘๐‘‘๐ด = ๐‘ฬ…๐œ‹๐‘Ž2
๐ด
Calcoliamo allora l’integrale a primo membro
2๐œ‹ ๐‘Ž
๐‘Ž
๐‘Ž
2
2
๐œŒ2
๐œŒ2
๐œŒ2
∫ ∫ (๐‘๐‘€ √1 − 2 ) ๐œŒ๐‘‘๐œŒ๐‘‘๐œƒ = ๐‘๐‘€ 2๐œ‹ ∫ ( √1 − 2 ) ๐œŒ๐‘‘๐œŒ = ๐‘๐‘€ ๐œ‹ ∫ ( √1 − 2 ) ๐‘‘๐œŒ2 =
๐‘Ž
๐‘Ž
๐‘Ž
2
0
0
0
๐‘Ž
0
๐‘Ž
1
2
๐œŒ2
๐œŒ2 ๐œŒ2
2
= ๐‘๐‘€ ๐œ‹ ∫ √1 − 2 ๐‘‘๐œŒ2 = ๐‘๐‘€ ๐œ‹๐‘Ž2 ∫ √1 − 2 ๐‘‘ 2 = ๐‘๐‘€ ๐œ‹๐‘Ž2 ∫ √1 − ๐‘ก๐‘‘๐‘ก
๐‘Ž
๐‘Ž ๐‘Ž
2
0
0
0
Operiamo ora la sostituzione 1 − ๐‘ก = ๐‘  2 โŸบ ๐‘ก = 1 − ๐‘  2 โŸบ ๐‘‘๐‘ก = −2๐‘ ๐‘‘๐‘  ottenendo
0
1
0
๐‘ 3
2
โˆฌ ๐‘๐‘‘๐ด = ๐‘๐‘€ ๐œ‹๐‘Ž ∫ √1 − ๐‘ก๐‘‘๐‘ก = −2๐‘๐‘€ ๐œ‹๐‘Ž ∫ ๐‘  ๐‘‘๐‘  = −2๐‘๐‘€ ๐œ‹๐‘Ž
| = ๐‘๐‘€ ๐œ‹๐‘Ž2
3 1 3
๐ด
2
2
2
0
2
2
1
Dunque in definitiva
3
8.14) ๐‘๐‘€ = 2 ๐‘ฬ…
Sostituendo allora nella 8.14 le 8.11, 8.13 abbiamo
3 ๐‘„ 3
๐ธฬ… 2
3
๐‘„๐ธฬ… 2
8.15) ๐‘๐‘€ = 2 ๐œ‹๐‘˜ 2 √๐‘„2 ๐‘Ÿฬ… 2 = ๐‘˜๐‘ √
๐‘Ž
๐‘Ÿฬ… 2
dove si consideri che il coefficiente di proporzionalità, in base alla 8.12 vale
8.16) ๐‘˜๐‘ = 0.9185
Il senso di tutto questa argomentazione dovrebbe essere che le 8.13, 8.15 possono applicarsi al
contatto reale, cioè quello fra due sfere, ovvero quello di partenza. Tuttavia non saprei come
dimostrarlo in modo rigoroso partendo dalle posizioni 8.8, 8.10.
Con questa impostazione del problema si riesce a calcolare anche l’avvicinamento Δ dei centri delle
due sfere determinato dalla deformazione della zona di contatto. Al solito i calcoli si fanno per la
72
situazione semplificata, ovvero per il contatto fra sfera e piano, e poi si assumono validi per la
situazione reale, ovvero per il contatto fra due sfere. Si consideri allora il triangolo rettangolo ๐ด๐ต๐ถ
a destra nella figura. In base a uno dei teoremi di Euclide (non mi ricordo quale dei due) risulta che
๐ต๐ท 2 = ๐ด๐ท โˆ™ ๐ท๐ถ โŸน ๐ท๐ถ =
๐ต๐ท2
๐‘Ž2
๐‘Ž2
=
≈
๐ด๐ท
2๐‘Ÿ − ๐ท๐ถ 2๐‘Ÿ
Δ
Ricordando poi la 8.9 e indicando ๐ท๐ถ = 2, si ha
Δ ๐‘Ž2 ๐‘Ž2
=
=
2 2๐‘Ÿ
๐‘Ÿฬ…
Per ottenere l’avvicinamento fra i centri delle due sfere dobbiamo moltiplicare per due il risultato
ottenuto. Considerando allora anche la 8.11 abbiamo
3
๐‘„2
8.17) Δ = 2๐‘˜๐‘Ž2 √
๐‘Ÿฬ… ๐ธฬ… 2
3
๐‘„2
= 1.040 √
๐‘Ÿฬ… ๐ธฬ… 2
formula che risulta in buon accordo con le misure sperimentali.
8.3. Attrito.
Mettendo da parte la natura dei fenomeni di attrito, ovvero di dissipazione di
energia durante il moto relativo di due superficie a contatto, riporto una classificazione dei
fenomeni di attrito basata sul tipo di moto relativo fra le due superfici.
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
Attrito radente. L’attrito che si verifica nel moto di strisciamento fra due superfici. Nei
calcoli se ne tiene conto considerando una forza tangente alle due superfici nella zona di
contatto, diretta come il moto, ma con verso opposto, proporzionale alla forza di chiusura
attraverso un fattore di proporzionalità ๐‘“.
Attrito statico. È l’attrito che si avverte quando le due superfici sono in quiete l’una rispetto
l’altra, e si tenta di avviare il moto di strisciamento. Per tenere in conto l’effetto di questo
attrito si considera una forza tangenziale, proporzionale alla forza di chiusura secondo un
fattore ๐‘“๐‘  > ๐‘“.
Attrito volvente. È la dissipazione di energia che si verifica nel caso di moto di puro
rotolamento, cioè in assenza di moto di strisciamento fra le due superfici. Per tenere conto di
questa dissipazione si introduce il coefficiente di attrito volvente ๐‘“๐‘ฃ il quale, moltiplicato per
il peso del corpo rotolante, fornisce l’intensità della forza necessaria a mantenere il moto
uniforme di rotolamento. Se la superficie su cui avviene il rotolamento è molto irregolare,
allora si avranno una serie di urti i quali, non essendo i materiali perfettamente elastici,
assorbiranno energia e dunque rallenteranno il moto. In questo caso si può definire un
coefficiente di attrito ๐‘“๐‘ข che tenga conto anche degli urti.
73
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
Attrito di prillamento. Nel moto di prilla mento una superficie presenta, nel suo moto
rispetto all’altra, una componente della velocità angolare ortogonale ad entrambe, nella
regione di contatto. Vi sarà dunque, ad una scala molto ridotta, un moto di strisciamento
tanto più accentuato quanto più ci si allontana dal punto teorico di contatto.
Attrito mediato. Nel caso in cui fra le due superfici sia presente un lubrificante il quale ne
eviti il contatto diretto, la dissipazione di energia avviene comunque, ed è dovuta alle
tensioni tangenziali che si sviluppano nel lubrificante. Questo tipo di dissipazione è trattata
come quella relativa all’attrito radente, ma si considererà un opportuno coefficiente di
proporzionalità ๐‘“๐‘š , detto coefficiente di attrito mediato.
Attrito untuoso. Se fra le due superfici non è presente uno spessore di lubrificante tale da
separarle del tutto, ma è comunque presente una certa quantità di lubrificante, si ha un altro
caso particolare di attrito radente caratterizzato dal suo proprio coefficiente di attrito ๐‘“๐‘ข ,
detto appunto coefficiente di attrito untuoso.
La trattazione quantitativa dei fenomeni di attrito si deve a Coulomb e si basa sul presupposto che
il modulo della forza di attrito dipende solo dal modulo della forza di chiusura, ed è ad
essa linearmente proporzionale.
La proporzionalità è determinata dai coefficienti di attrito menzionati nei punti precedenti.
Consideriamo allora i seguenti casi.
๏‚ท
Elemento materiale in quiete su una superficie. La teoria di Coulomb vuole che la
risultante ๐‘…โƒ— della forza di attrito e della forza di chiusura, ortogonale alla superficie, sia
all’interno del cono di semi apertura ๐œ‘๐‘  , essendo ๐œ‘๐‘  l’angolo per il quale si ha
๐‘‡
8.18) tan ๐œ‘๐‘  = ๐‘ = ๐‘“๐‘ 
dove ๐‘‡ è il modulo della forza di attrito e ๐‘ è quello della forza di chiusura; i due sono
legati, in base al presupposto della teoria di Coulomb, dalla relazione ๐‘‡ = ๐‘“๐‘  ๐‘.
๏‚ท
Elemento materiale in quiete su una curva. In questo caso la risultante ๐‘…โƒ— della forza di
attrito e della forza di chiusura deve trovarsi all’esterno dei due coni indicati in figura, aventi
๐œ‹
come asse la tangente alla curva nel punto considerato e come semi apertura l’angolo 2 −
๐œ‘๐‘  .
๏‚ท
Elemento materiale in moto su una superficie. In questo caso la reazione ๐‘…โƒ— presenta come
retta d’azione una generatrice del cono di semi apertura ๐œ‘๐‘‘ essendo tale angolo definito
dalla relazione
๐‘‡
8.19) tan ๐œ‘๐‘‘ = ๐‘ = ๐‘“๐‘‘
๏‚ท
Elemento materiale in moto su una curva. La reazione ๐‘…โƒ— ha retta di azione coincidente
con una generatrice del doppio cono avente asse coincidente con la tangente alla curva nel
๐œ‹
punto considerato e semi apertura data da 2 − ๐œ‘๐‘‘ , essendo ๐œ‘๐‘‘ definito dalla relazione 8.19.
74
Le considerazione fatte qui per il punto materiale si estendono poi inalterate ai corpi rigidi ove la
forza ๐‘…โƒ— assumerà il significato di risultante, somma della risultante della sollecitazione di chiusura
e della risultante della sollecitazione di attrito che si esplica su ciascuno dei punti che costituiscono
la superficie di contatto.
8.4. Coefficiente di attrito nel caso di usura adesiva.
Per usura adesiva si
intende quella che si verifica nel caso in cui le due superfici a contatto abbiano una natura chimica
tale da costituire, a causa della forza di chiusura, delle microsaldature. In questo caso dunque la
sollecitazione che determina il moto romperà via via le microsaldature, causando perdita di
materiale per entrambe le superfici, causando cioè appunto usura delle stesse.
Se indico ๐ด๐‘’ l’area in cui si verificano le microsaldature in regime di deformazione plastica, che
chiamo area effettiva, e se ๐‘ è la risultante della sollecitazione di chiusura, allora definisco
durezza specifica โ„‹ il rapporto
8.20) โ„‹ โ‰œ ๐‘/๐ด๐‘’
Se inoltre indico ๐œ๐‘  la tensione tangenziale di snervamento del materiale meno resistente (i.e. che si
snerva prima) allora la forza resistente dovuta all’attrito è data da
8.21) ๐‘‡ = ๐œ๐‘  ๐ด๐‘’
75
poiché il presupposto teorico di questa trattazione è quello di ammettere che la resistenza al moto è
pari alla forza necessaria a rompere le microsaldature, ovvero a deformare il materiale delle
microsaldature fino a portarlo a rottura; se infatti la deformazione fosse elastica, non si avrebbe
rottura delle microsaldature e neanche dunque un moto relativo macroscopico fra le due superfici.
Dunque il coefficiente di attrito dinamico si esprimerà come
๐‘‡
๐œ
8.22) ๐‘“๐‘‘ = ๐‘ = โ„‹๐‘ 
8.5. Modelli di calcolo dell’usura.
Un modello di calcolo di usura è una espressione
matematica che consenta di ricavare il volume di materiale perso per usura, a partire da misure
sperimentali di facile realizzazione. In questo paragrafo tratto due modelli che partano da
presupposti diversi ma giungono a una medesima conclusione.
๏‚ท Modello di Reye. Si assume che il volume di materiale asportato per usura sia proporzionale al
lavoro delle forze di attrito durante il moto relativo delle superfici. Tale modello, definito
energetico, porge la formula
8.23) ๐ด๐‘‘๐›ฟ =
(๐‘“๐‘‘ ๐‘๐ด)(๐‘ค๐‘‘๐‘ก)
๐œ๐‘˜
dove
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๐ด è la superficie apparente di contatto
๐‘‘๐›ฟ è lo spessore di materiale asportato per usura
๐‘“๐‘‘ è il coefficiente di attrito dinamico
๐‘ è la pressione media dovuta alle forze di chiusura
๐‘ค è la velocità del moto relativo fra le superfici
๐œ๐‘˜ è una costante empirica, avente dimensioni di sforzo
Pertanto risulta che
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๐ด๐‘‘๐›ฟ è il volume complessivamente perso per usura
๐‘“๐‘‘ ๐‘๐ด è la forza resistente dovuta all’attrito
๐‘ค๐‘‘๐‘ก è lo spazio percorso in un tempo infinitesimo
Semplificando la 8.23 si ottiene la equazione differenziale
8.24)
๐‘‘๐›ฟ
๐‘‘๐‘ก
=
๐‘“๐‘‘ ๐‘๐‘ค
๐œ๐‘˜
dove particolare importanza ha il prodotto ๐‘“๐‘‘ ๐‘๐‘ค, il quale rappresenta l’energia dissipata per attrito
nell’unità di tempo e per unità di superficie di contatto.
๏‚ท Modello di Archard. Il volume di materiale perso per usura si assume proporzionale alla forza di
chiusura e allo spazio percorso; inversamente proporzionale alla durezza specifica. Questo assunto
si traduce nella formula
8.25) ๐ด๐‘‘๐›ฟ = ๐‘˜
(๐‘“๐‘‘ ๐‘ฬ… ๐ด)(๐‘ค๐‘‘๐‘ก)
โ„‹
76
dove vale la simbologia introdotta nel punto precedente e dove โ„‹ è la durezza specifica introdotta
nella 8.20. La costante adimensionale ๐‘˜ è un parametro empirico. Arrangiando la 8.25 si ricava la
relazione differenziale
8.26)
๐‘‘๐›ฟ
๐‘‘๐‘ก
=
๐‘˜๐‘“๐‘‘
โ„‹
๐‘ฬ…๐‘ค = ๐œ’๐‘ฬ…๐‘ค
dove si è introdotto il tasso di usura specifica
8.27) ๐œ’ โ‰œ
๐‘˜๐‘“๐‘‘
โ„‹
Si noti che anche la 8.26, come la 8.24, contempla il prodotto ๐‘ฬ… ๐‘ค , ovvero l’energia dissipata per
unità di tempo e di superfice, a causa dell’attrito.
Nel caso di usura adesiva, trattato nel paragrafo precedente, possiamo sostituire nella 8.24 la 8.22
ottenendo
8.28)
๐‘‘๐›ฟ
๐‘‘๐‘ก
=๐œ
๐œ๐‘ 
๐‘˜โ„‹
๐‘๐‘ค
che è proprio la 8.26. Resta provata dunque l’equivalenza fra il modello di Reye e quello di Archard
nel caso di usura adesiva. Un’ulteriore considerazione può essere fatta manipolando la 8.28 nel
seguente modo
๐‘‘๐›ฟ
๐œ๐‘ 
๐œ๐‘ 
๐œ๐‘  ๐ด๐‘’
=
๐‘๐‘ค โŸบ ๐ด๐‘‘๐›ฟ =
๐‘๐ด๐‘ค๐‘‘๐‘ก โŸบ ๐ด๐‘‘๐›ฟ =
๐‘๐‘ 
๐‘‘๐‘ก ๐œ๐‘˜ โ„‹
๐œ๐‘˜ โ„‹
๐œ๐‘˜ ๐‘
per cui, detto ๐‘‰ il volume perso per attrito, si ha
๐œ
8.29) ๐‘‰ = ๐œ ๐‘  ๐ด๐‘’ ๐‘ 
๐‘˜
Per cui tale volume è proporzionale al volume virtuale avente come base l’area effettiva e come
altezza lo spazio percorso. Ma essendo per i metalli di nostro interesse
8.30) ๐œ๐‘˜ = 105 ๐บ๐‘ƒ๐‘Ž
risulta che il volume per attrito è solo una minima parte del volume virtuale anzidetto (essendo le
tensioni di snervamento dell’ordine di dieci o cento mega pascal).
8.6. Usura nella coppia rotoidale spingente. Applichiamo la 8.25 al caso illustrato
in figura. Se ๐‘Ÿ indica la distanza dal centro della coppia, allora l’applicazione a una corona
elementare di raggio ๐‘Ÿ è data da
(2๐œ‹๐‘Ÿ๐‘‘๐‘Ÿ)๐‘‘๐›ฟ(๐‘Ÿ) = ๐‘˜
(๐‘“๐‘‘ ๐‘(๐‘Ÿ)2๐œ‹๐‘Ÿ๐‘‘๐‘Ÿ)(๐‘Ÿ๐œƒ)
โ„‹
dove si è sostituita la pressione media con la pressione in funzione del raggio della corona stessa,
dove lo spessore della pellicola consumata per usura è anch’esso funzione del raggio, e dove ๐œƒ
indica l’angolo di cui è ruotata la coppia nell’intervallo di tempo considerato. Semplificando si
ricava
77
8.31) ๐‘‘๐›ฟ = ๐‘˜
๐‘“๐‘‘ ๐‘(๐‘Ÿ)๐‘Ÿ๐œƒ
โ„‹
che rappresenta l’altezza della pellicola di materia consumata per usura, in corrispondenza del
raggio ๐‘Ÿ. Dalla 8.31 si evince che il prodotto ๐‘(๐‘Ÿ)๐‘Ÿ è costante e dunque l’andamento della pressione
in funzione del raggio è iperbolico, per cui i valori minimi di pressione si hanno in prossimità del
bordo della coppia. Questo suggerisce fra l’altro di non usare dischi pieni per realizzare queste
coppie cinematiche, quanto piuttosto delle corone.
8.7. Usura nella coppia rotoidale portante. Abbiamo un perno che ruota dentro un
cuscinetto. A causa di tolleranze di lavorazione la differenza di raggio fra il perno e il cuscinetto
sarà più o meno grande; comunque in figura ho enfatizzato tale differenza in modo da rendere più
chiara la seguente trattazione.
Diciamo, tanto per fissare le idee, che la forza di chiusura sia verticale (ad esempio la forza peso);
allora in condizioni di quiete relativa la configurazione della coppia sarà quella indicata a sinistra.
Quando il perno comincia a ruotare (diciamo in senso orario), si determina una forza di attrito ๐‘‡ la
quale ha direzione tangente alle due circonferenze nel punto di contatto e verso tale da opporsi al
78
moto relativo del perno rispetto al cuscinetto. Raggiunto il regime la sollecitazione agente sul perno
deve essere equilibrata: questo ci permette di asserire che la reazione ๐‘… (somma della forza di attrito
๐‘‡ e della reazione ๐‘) ha direzione verticale, in modo da bilanciare la forza di chiusura ๐‘„. Dovendo
poi essere, in base al modello colombiano di attrito, vero che ๐‘“๐‘‘ = tan ๐œ‘ = ๐‘‡/๐‘, resta determinata
la posizione assunta dal perno a regime (vedi figura a destra). La distanza ๐‘‘ indicata in figura
prende il nome di circonferenza di attrito, dove tale circonferenza è quella che ha centro sull’asse
del perno e risulta tangente alla retta di azione della forza ๐‘….
8.8. Attrito volvente dovuto a isteresi.
Consideriamo un disco su un piano: il disco
sia deformabile, il piano sia rigido. Allora, per quanto visto nel paragrafo 8.3, la distribuzione degli
sforzi normali agenti sul disco in corrispondenza della superficie di contatto.
Nel momento in cui il disco comincia a rotolare sul piano, la distribuzione degli sforzi normali sulla
superficie di contatto cambia come indicato in figura: cresce nella metà posta dalla parte del moto,
decresce nell’altra metà. La giustificazione di questa fenomenologia si trova immediatamente nel
diagramma deformazioni-sforzi del ciclo di isteresi a cui è sottoposto il materiale del disco. Se
infatti si considera la deformazione negativa che accomuna sia il punto ๐ต, che rappresenta la zona
della superficie di contatto che si sta decomprimendo, che il punto ๐ด, che rappresenta la zona della
superficie di contatto che va in contro a ulteriore compressione (il tutto per via del moto di
rotolamento), si vede come nel primo caso il materiale presenti uno sforzo minore rispetto al
secondo caso.
Ma se la distribuzione degli sforzi è quella indicata, la sua risultante ๐‘ presenterà una retta d’azione
traslata nel verso del moto. Si ha così una coppia di braccio ๐‘ข, detto parametro di attrito volvente.
Questo comporta che il rotolamento potrà continuare solo in presenza di una coppia motrice, anche
se il moto è stazionario. Ciò significa che della energia va dissipata pur non essendovi attrito
radente. Si parla allora in questo caso, e in altri analoghi, di attrito volvente. Esaminiamo ora
alcuni casi elementari di attrito volvente.
๏‚ท Ruota trainata. Consideriamo il caso di una ruota su cui agisca una risultante ๐‘ƒ con direzione e
verso del moto di rotolamento. In questo caso, oltre alla reazione ๐‘, che costituisce con la forza di
chiusura ๐‘„ una coppia di braccio ๐‘ข (esattamente come nella discussione generale), si avrà anche il
fenomeno di attrito statico il quale determina la forza radente ๐‘‡. In condizioni stazionarie la
sollecitazione complessiva deve essere in equilibrio meccanico, per cui deve aversi ๐‘ = ๐‘„, ๐‘‡ = ๐‘ƒ e
79
inoltre le due coppie devono bilanciarsi per cui deve essere
๐‘๐‘ข = ๐‘‡๐‘Ÿ. Ma dovendo anche essere
tan ๐œ‘๐‘ฃ = ๐‘‡/๐‘
abbiamo
8.32) ๐‘“๐‘ฃ๐‘– = tan ๐œ‘๐‘ฃ =
๐‘ข
๐‘Ÿ
essendo ๐‘“๐‘ฃ๐‘– il coefficiente di attrito volvente per isteresi.
È opportuno considerare comunque che
๏‚ท
๏‚ท
la forza ๐‘ƒ può essere compensata dalla forza di
attrito statico ๐‘‡ solo nel caso in cui l’angolo ๐œ‘๐‘ฃ sia
tale per cui ๐‘ข è minore di ๐‘Ž, essendo ๐‘Ž la semi ampiezza della superficie di contatto; se
questo non accade, non si ha equilibrio meccanico alla traslazione orizzontale e dunque si ha
una accelerazione;
se ๐œ‘๐‘ฃ è maggiore dell’angolo del cono di attrito statico, allora si avrà strisciamento e
dunque, oltre alla usura per attrito volvente, si dovrà considerare anche quella per attrito
radente.
๏‚ท Ruota trainante. Valgono le considerazioni fatte nel caso precedente,
tenendo presente che qui il bilancio meccanico alla rotazione avviene
grazie a una coppia motrice ๐‘€, e che anziché avere una forza trainante ๐‘ƒ,
si ha una forza resistente ๐‘„๐‘‡ . Anche qui dunque si determina una forza
radente ๐‘‡ dovuta ad attrito statico e vale la seconda osservazione del punto
precedente. Il bilancio meccanico alla rotazione si scrive
8.33) ๐‘€ = ๐‘‡๐‘Ÿ + ๐‘๐‘ข
8.9. Attrito volvente dovuto a urti.
Un disco rotola su un piano che presenta delle
asperità di altezza media โ„Ž e a distanza media ๐‘™ una dall’altra. Quello che mi interessa è capire quale
coppia motrice debba essere applicata al disco per mantenere il suo centro a velocità costante.
A questo scopo conviene procedere calcolando l’energia ๐ธ๐‘ persa in ogni urto, considerando che gli
urti non sono perfettamente elastici e che dunque parte dell’energia cinetica del disco sarà assorbita
dalle due superfici in questione (piano e disco). Volendo studiare l’urto fra il disco e lo scalino si
deve valutare l’energia cinetica d’urto, che non è quella del disco, ma va valutata considerando la
80
componente normale alla superficie dell’urto, della velocità del punto ๐‘€ in cui avviene l’urto, e la
massa โ„ณ del disco. Allora, ammettendo che il disco realizzi un moto di puro rotolamento, si ha
๐ธ๐‘ =
1
1
๐›ผ
1
๐›ผ
′2
2
2 2
2
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
โ„ณ๐‘ฃ๐‘€
= โ„ณ (๐‘ฃ๐‘€
๐‘๐‘œ๐‘  2 ) = โ„ณ (๐‘ƒ
)
0 ๐‘€ ๐œ” ๐‘๐‘œ๐‘ 
2
2
2
2
2
Si consideri ora che, assumendo โ„Ž molto piccolo rispetto al raggio del disco, l’angolo ๐›ผ sarà piccolo
anch’esso e dunque possiamo approssimativamente scrivere
๐ธ๐‘ =
1
1
๐›ผ
1
′2
2
2 2
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
โ„ณ๐‘ฃ๐‘€
= โ„ณ (๐‘ฃ๐‘€
๐‘๐‘œ๐‘  2 ) = โ„ณ๐‘ƒ
0๐‘€ ๐œ”
2
2
2
2
2
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
Applicando poi uno dei due teoremi di Euclide abbiamo 2๐‘Ÿโ„Ž = ๐‘ƒ
0 ๐‘€ e dunque fin qui
8.34) ๐ธ๐‘ = โ„ณ๐‘Ÿโ„Ž๐œ”2
Adesso si deve considerare che di questa energia quella dissipata nell’urto è una porzione la cui
entità è legata al grado di elasticità dei due materiali, grado che viene definito da un parametro
adimensionale minore di uno, che indichiamo ๐œ€, e che prende il nome di grado di elasticità. Allora
l’energia perduta nell’urto, che produce deformazioni plastiche, è data da
๐‘„
8.35) ๐ธ๐‘ = (1 − ๐œ€)๐ธ๐‘ = (1 − ๐œ€) ๐‘” ๐‘Ÿโ„Ž๐œ”2
dove ho anche considerato che essendo l’accelerazione gravitazionale la sola accelerazione a cui è
soggetto il disco, deve risultare โ„ณ๐‘” = ๐‘„. Considerando allora un tragitto unitario, in cui saranno
presenti ๐‘› = 1/๐‘™ scalini, l’energia perduta per unità di lunghezza del tragitto sarà
8.36) ๐ธ๐‘๐‘ก๐‘œ๐‘ก = ๐‘›๐ธ๐‘ = (1 − ๐œ€)
๐‘„๐‘Ÿโ„Ž๐œ” 2
๐‘”๐‘™
Volendo definire un coefficiente di attrito volvente per urti si può porre ๐‘‡๐‘™ = ๐ธ๐‘ , dove ๐‘‡ = ๐‘“๐‘ฃ๐‘ข ๐‘„,
ottenendo
8.37) ๐‘“๐‘ฃ๐‘ข =
๐ธ๐‘
๐‘„
= (1 − ๐œ€)
๐‘Ÿโ„Ž๐œ” 2
๐‘”
Se poi, in analogia con il caso del disco su piano liscio, si vuole definire un parametri fittizio di
attrito ๐‘ข′ , si deve considerare che questo parametro deve essere tale che sia ๐‘€ = ๐‘„๐‘ข′ , essendo ๐‘€ la
coppia motrice necessaria a compensare la perdita di energia cinetica dovuta agli urti. Il lavoro ๐‘€๐œ”
che questa coppia realizza nella unità di tempo deve essere pari allora all’energia cinetica dissipata
nell’unità di tempo. Ma essendo
๐‘Ÿ๐œ” =
๐‘™
โŸบ Δ๐‘ก = ๐‘™/๐‘Ÿ๐œ”
Δ๐‘ก
abbiamo
๐‘€๐œ” =
๐ธ๐‘ ๐ธ๐‘ ๐‘Ÿ๐œ”
โ„ณ๐‘Ÿ 2 โ„Ž๐œ”3
๐‘„๐‘Ÿ 2 โ„Ž๐œ”2
=
= (1 − ๐œ€)
โŸบ ๐‘€ = (1 − ๐œ€)
= ๐‘„๐‘ข′
Δ๐‘ก
๐‘™
๐‘™
๐‘”๐‘™
81
Dunque si conclude che
8.38) ๐‘ข′ = (1 − ๐œ€)
๐‘Ÿ 2 โ„Ž๐œ” 2
๐‘”๐‘™
Naturalmente tutta questa discussione non ha considerato la dissipazione di energia per attrito
volvente imputabile a isteresi del ciclo di deformazione la quale, in sede di progetto, può
semplicemente essere sommata, in base a quanto visto nel precedente paragrafo, a quella qui
discussa. In particolare, considerando isteresi e urti, la coppia motrice necessaria a mantenere
uniforme il moto del disco sarà data da
8.39) ๐‘€๐‘ก๐‘œ๐‘ก = ๐‘„(๐‘ข + ๐‘ข′ )
8.10. Cuscinetti volventi.
Lo scopo di questi dispositivi è quello di avere un moto di
rotolamento, piuttosto che un moto di strisciamento, ovvero un attrito volvente anziché un attrito
radente. Per una discussione sui vari tipi di cuscinetti volventi ti rimando ai tuoi appunti di Disegno
di Macchine, oppure al libro di testo di Meccanica Applicata. Qui ci occupiamo di cuscinetti radiali
il cui aspetto è sommariamente indicato in figura (a sinistra), dove si riporta anche la
rappresentazione convenzionale, nel linguaggio del disegno tecnico.
In figura manca un elemento: la gabbia, la quale ha il ruolo
di mantenere separate le sfere. Facendo riferimento alla
figura successiva si ricava la velocità angolare della gabbia
in funzione di quella dell’anello esterno e di quella
dell’anello interno:
8.40) ๐œ”๐‘” (๐‘…๐‘– + ๐‘Ÿ) =
(๐‘…๐‘– +2๐‘Ÿ)๐œ”๐‘’ +๐‘…๐‘– ๐œ”๐‘–
2
Questa formula discende dall’analisi dell’atto di moto della
sfera che rotola con centro delle velocità in ๐ด. Se infatti
considerassimo fisso l’anello esterno avremmo
๐‘ฃ๐ต ๐‘ฃ๐ถ
=
2๐‘Ÿ
๐‘Ÿ
82
Considerando poi il moto dell’anello esterno abbiamo
๐œ”๐‘” (๐‘…๐‘– + ๐‘Ÿ) = ๐œ”๐‘’ (๐‘…๐‘– + 2๐‘Ÿ)
๐‘ฃ๐ต + ๐‘ฃ๐ด ๐‘ฃ๐ถ + ๐‘ฃ๐ด ๐‘ฃ๐ด
=
=
โŸบ ๐œ”๐‘– ๐‘…๐‘– = ๐œ”๐‘” (๐‘…๐‘– + ๐‘Ÿ) = ๐œ”๐‘’ (๐‘…๐‘– + 2๐‘Ÿ) โŸบ {
๐œ”๐‘” (๐‘…๐‘– + ๐‘Ÿ) = ๐œ”๐‘– ๐‘…๐‘–
2๐‘Ÿ + ๐‘‘
๐‘Ÿ+๐‘‘
๐‘‘
dove ๐‘‘ rappresenta l’allontanamento del centro di istantanea rotazione dal punto ๐ด, una volta che si
sia aggiunta la velocità di trascinamento dell’anello esterno. Sommando poi membro a membro si
ottiene appunto la 8.40.
8.11. Cuscinetti volventi portanti.
Adesso diciamo che l’anello esterno sia fisso e
tentiamo un confronto fra la coppia rotoidale portante del paragrafo 8.7 e il cuscinetto volvente
portante; tenendo presente che la coppia rotoidale altro non è che un cuscinetto a strisciamento. In
particolare voglio dimostrare che la circonferenza d’attrito, a parità del resto, è più piccola nel caso
del cuscinetto volvente, cosa che ha particolare rilevanza in quanto sta a significare che la reazione
di contatto, durante il moto a regime, è più prossima alla normale il che, a sua volta dimostra che
con i cuscinetti volventi si ha una minore dissipazione di energia (almeno credo) poiché in effetti in
questo modo è minore il valore della coppia necessaria a mantenere un moto uniforme. Nel disegno
ho considerato solo la sfera che equilibra ๐‘„, ma non so come si debba estendere la discussione alle
altre sfere.
A sinistra il cuscinetto a strisciamento, a destra quello
volvente. Nel primo caso si ha
๐‘‘ = ๐‘Ÿ ๐‘ ๐‘–๐‘› ๐œ‘ ≈ ๐‘Ÿ ๐‘ก๐‘Ž๐‘› ๐œ‘ = ๐‘Ÿ๐‘“๐‘‘
Nel secondo caso si ha
๐‘‘ = (๐‘…๐‘” + ๐‘Ÿ) sin ๐›ผ ≈ (๐‘…๐‘” + ๐‘Ÿ) tan ๐›ผ = (๐‘…๐‘” + ๐‘Ÿ)๐‘“๐‘ฃ๐‘–
Per la comparazione del braccio ๐‘‘ della coppia che la coppia motrice deve bilanciare per mantenere
il moto uniforme, si tenga presente che il raggio ๐‘Ÿ del perno della coppia rotoidale equivale al
raggio della gabbia più quella della sfera, per il cuscinetto volvente. Detto questo, considerando che
per un dato materiale il coefficiente di attrito volvente è di uno o due ordini di
grandezza inferiore a quello di attrito radente
83
si evince che la coppia motrice nel cuscinetto volvente è di uno o due ordini di grandezza inferiore a
quella necessaria per il cuscinetto a strisciamento. Per questo motivo si usa dire che l’invenzione del
cuscinetto volvente sia equiparabile, per importanza, a quella della stessa ruota.
8.12. Criterio di scelta del cuscinetto volvente. Si stabilisce il numero di milioni
di rotazioni che deve garantire il cuscinetto. Questo numero si indica ๐ฟ è si calcola così:
8.41) ๐ฟ =
60๐‘›โ„Ž
106
essendo ๐‘› il numero di rotazioni al minuto. Nei cataloghi sono riportati, per ogni cuscinetto, due
parametri ๐ถ, ๐‘˜ i quali permettono di scegliere il cuscinetto che soddisfi la condizione
๐ถ ๐‘
8.42) ๐ฟ = ๐‘˜ ( )
๐‘ƒ
10
dove ๐‘ = 3 per i cuscinetti a sfera, vale invece 3 per i cuscinetti a rullo. Inoltre ๐‘ƒ rappresenta il
carico a cui risulta soggetto il cuscinetto durante il periodo di esercizio.
84
Capitolo 9. Lubrificazione
9.1. Viscosità.
La proprietà meccanica di maggiore interesse nel caso di lubrificanti liquidi
(quelli cioè più usati) è la viscosità ๐œ‡ per introdurre la quale è utilissima la cosiddetta esperienza di
Maxwell.
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
due piani paralleli di ampiezza indefinita sono posti a distanza โ„Ž l’uno dall’altro;
il paino inferiore sia fermo;
il piano superiore abbia velocità ๐‘‰;
tra i due piani sia presente un fluido.
Si fa l’ipotesi che il fluido si muova formando delle lamine parallele ai due piani le quali scorrono
l’una sull’altra.
๏‚ท
๏‚ท
La lamina contigua alla lastra inferiore sia ferma;
quella contigua alla lamina superiore abbia velocità ๐‘‰;
Ciò posto si afferma che il fluido presenta una viscosità ๐œ‡ quando per mantenere costante la velocità
della piastra superiore è necessario applicare alla stessa una forza radente per unità di superficie
9.1)
๐‘‰
๐œ๐‘ง๐‘ฅ = ๐œ‡ โ„Ž
da cui discende che la viscosità si misura in ๐‘ƒ๐‘Ž โˆ™ ๐‘ . In termini differenziali la 9.1 si ottiene la
formula di Petroff
9.2)
๐œ๐‘ง๐‘ฅ = ๐œ‡
๐œ•๐‘‰๐‘ฅ
๐œ•๐‘ง
Si può dunque sottolineare l’importante osservazione che
la resistenza allo scorrimento relativo fra due lamine di fluido è linearmente dipendente
dalla differenza di velocità fra le stesse.
Il primo a evidenziare questa proprietà di alcuni fu Newton e dunque i fluidi per i quali vale la 9.2
sono detti fluidi newtoniani. È utile rilevare l’equivalenza fra la viscosità dei fluidi e il modulo di
elasticità tangenziale ๐บ usato nella teoria dell’elasticità: infatti, in una situazione analoga a quella
della esperienza di Maxwell dove però al posto del fluido vi sia un solido elastico in condizioni di
equilibrio meccanico, si ha
85
9.3)
๐œ๐‘ง๐‘ฅ = ๐บ
๐œ•๐‘†๐‘ฅ
๐œ•๐‘ง
essendo ๐‘†๐‘ฅ lo spostamento lungo l’asse ๐‘ฅ.
La temperatura e la pressione presentano una certa influenza sulla viscosità; tuttavia la dipendenza
della viscosità da questi due parametri è di difficile espressione attraverso delle funzioni elementari.
Comunque per la dipendenza dalla temperatura in genere si fa riferimento alla formula di
Reynolds
9.4)
๐œ‡ = ๐‘…๐‘’ −๐›ฝ๐‘‡
dove ๐‘…, ๐›ฝ sono due costanti empiriche e ๐‘‡ è la temperatura. Per la dipendenza dalla pressione si fa
invece riferimento alla formula di Barus
9.5)
๐œ‡ = ๐œ‡0 ๐‘’ ๐›ผ(๐‘−๐‘0 )
dove ๐›ผ è un coefficiente empirico, ๐œ‡0 è la viscosità alla pressione di riferimento ๐‘0 , ๐‘ è la
pressione.
Spesso ci si riferisce alla viscosità cinematica
9.6)
๐œ‡
๐œ=๐œŒ
essendo ๐œŒ la densità del fluido.
Per viscosity index si intende una misura dello scadimento della viscosità di un fluido
all’aumentare della temperatura: più è elevato e minore è la diminuzione della viscosità con la
temperatura. Nel caso di oli lubrificanti è auspicabile un V.I. molto elevato. Si tenga presente che
tale indice si assume maggiore o uguale a zero e che i migliori oli lubrificanti posseggono un V.I.
pari a 150.
9.2. Meato con facce piane parallele.
Consideriamo il meato introdotto nella
esperienza di Maxwell, descritta nel paragrafo precedente. Si consideri allora la porzione di fluido
indicata in figura avente dimensioni ๐‘‘๐‘ฅ โˆ™ ๐‘‘๐‘ง โˆ™ ๐‘™. Assumendo che la pressione sia definita da una
funzione ๐‘ = ๐‘(๐‘ฅ), le forze indicate in figura hanno le seguenti espressioni:
๐น๐‘ (๐‘ฅ) = ๐‘(๐‘ฅ)๐‘™๐‘‘๐‘ง
๐น๐‘ (๐‘ฅ + ๐‘‘๐‘ฅ) = ๐‘(๐‘ฅ + ๐‘‘๐‘ฅ)๐‘™๐‘‘๐‘ง = (๐‘(๐‘ฅ) +
๐‘‘๐‘(๐‘‘๐‘ฅ)
) ๐‘™๐‘‘๐‘ง
๐‘‘๐‘ฅ
๐น๐œ (๐‘ง) = ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง)๐‘™๐‘‘๐‘ฅ
๐น๐œ (๐‘ง + ๐‘‘๐‘ง) = ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง + ๐‘‘๐‘ง)๐‘™๐‘‘๐‘ฅ = (๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง) +
๐‘‘๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง)
) ๐‘™๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‘๐‘ง
Se consideriamo condizioni stazionarie le forze agenti sul parallelepipedo considerato devono
bilanciarsi, ovvero deve essere
๐น๐‘ (๐‘ฅ) + ๐น๐œ (๐‘ง + ๐‘‘๐‘ง) − ๐น๐‘ (๐‘ฅ + ๐‘‘๐‘ฅ) − ๐น๐œ (๐‘ง) = 0 โŸบ
๐‘‘๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง)
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
โŸบ ๐‘(๐‘ฅ)๐‘™๐‘‘๐‘ง + (๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง) +
๐‘‘๐‘ง) ๐‘™๐‘‘๐‘ฅ − ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง)๐‘™๐‘‘๐‘ฅ − (๐‘(๐‘ฅ) +
๐‘‘๐‘ฅ) ๐‘™๐‘‘๐‘ง = 0
๐‘‘๐‘ง
๐‘‘๐‘ฅ
Semplificando abbiamo
86
๐‘‘๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐‘ง)
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ง −
๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ง = 0
๐‘‘๐‘ง
๐‘‘๐‘ฅ
Dovendo poi valere la legge di Petroff 9.2, si ha
9.7)
๐œ‡
๐‘‘2 ๐‘‰๐‘ฅ
๐‘‘๐‘ง 2
−
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ฅ
=0โŸบ
๐‘‘2 ๐‘‰๐‘ฅ
๐‘‘๐‘ง 2
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
=๐œ‡
๐‘‘๐‘ฅ
dove abbiamo supposto che la viscosità non ha dipendenza spaziale. Integrando due volte rispetto a
๐‘ง abbiamo
9.8)
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ) 2
๐‘ง
๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‰๐‘ฅ (๐‘ง) = 2๐œ‡
+ ๐ด๐‘ง + ๐ต
con le condizioni al contorno ๐‘‰๐‘ฅ (๐‘ง = 0) = 0, ๐‘‰๐‘ฅ (๐‘ง = โ„Ž) = ๐‘‰ dalle quali si ricava
๐ต=0
๐‘‰
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ) 2
{
๐ด= −
โ„Ž
โ„Ž 2๐œ‡ ๐‘‘๐‘ฅ
Per cui la 9.8 porge
9.9)
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‰๐‘ฅ (๐‘ง) = 2๐œ‡
๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‰
(๐‘ง − โ„Ž)๐‘ง + ๐‘ง
โ„Ž
Dunque l’andamento delle velocità in funzione di ๐‘ง è la somma di un andamento lineare e di un
andamento parabolico condizionato dal segno della derivata della pressione.
Procediamo adesso al calcolo della portata volumica, ovvero del volume che attraversa un piano
ortogonale alla velocità, nell’unità di tempo. Poiché il meato è infinito lungo ๐‘ฆ, cerchiamo la portata
relativa a una larghezza unitaria lungo tale dimensione. Detta ๐‘„ allora la portata volumica si ha
โ„Ž
โ„Ž
โ„Ž
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‰
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ) ๐‘ง 3
๐‘ง2
๐‘‰ 2
(๐‘ง − โ„Ž)๐‘ง + ๐‘ง) ๐‘‘๐‘ง = (
๐‘„ = ∫ ๐‘‰๐‘ฅ ๐‘‘๐‘ง = ∫ (
( −โ„Ž )+
๐‘ง ) =
2๐œ‡ ๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž
2๐œ‡ ๐‘‘๐‘ฅ
3
2
2โ„Ž
0
0
0
87
=
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ) โ„Ž3
โ„Ž2
๐‘‰ 2
( −โ„Ž )+
โ„Ž
2๐œ‡ ๐‘‘๐‘ฅ
3
2
2โ„Ž
E dunque
๐‘‰
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
9.10) ๐‘„ = 2 โ„Ž − 12๐œ‡
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž3
Se il fluido è incomprimibile (per gli oli lubrificanti questa condizione si può pensare verificata), si
deve ammettere che la portata sia costante in ๐‘ฅ. Dunque il gradiente della pressione è costante,
ovvero la pressione varia linearmente.
Nella pratica della lubrificazione i componenti meccanici sono a bagno d’olio, ciò che significa che
la pressione a un estremo del meato è uguale a quella all’altro estremo. Per avere dunque una
misura del sostentamento che offre il lubrificante alla parete superiore, si deve considerare la
sovrapressione, ovvero la differenza fra la pressione effettiva e quella esterna. Allora stabilisco di
indicare con la funzione ๐‘ = ๐‘(๐‘ฅ) proprio la sovrapressione. Nel caso dunque di bagno d’olio la
sovrapressione nel meato è nulla e il sostentamento è nullo essendo esso dato, considerando una
larghezza unitaria del meato, dalla forza
๐‘™
9.11) ๐‘ = ∫0 ๐‘(๐‘ฅ)๐‘‘๐‘ฅ
dove ๐‘™ è la lunghezza del meato stesso. Queste considerazioni suggeriscono la conclusione che
per avere un sostentamento della parete mobile da parte del lubrificante, il meato deve
avere altezza variabile.
9.3. Meato a spessore decrescente.
Se il meato ha un’altezza variabile si può
constatare che valgono ancora le 9.9, 9.10 non appena si sostituisca la costante โ„Ž con la generica
funzione โ„Ž = โ„Ž(๐‘ฅ). Le riscrivo dunque
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
9.12) ๐‘‰๐‘ฅ (๐‘ง) = 2๐œ‡
๐‘‰
๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‰
(๐‘ง − โ„Ž(๐‘ฅ))๐‘ง + โ„Ž(๐‘ฅ) ๐‘ง
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
9.13) ๐‘„ = 2 โ„Ž(๐‘ฅ) − 12๐œ‡
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž3 (๐‘ฅ)
La portata resta comunque costante, se si prende per buona l’incomprimibilità del fluido.
Esplicitando la 9.13 rispetto al gradiente della pressione si ha
9.14)
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ฅ
= 12๐œ‡
๐‘‰
โ„Ž(๐‘ฅ)−๐‘„
2
โ„Ž3 (๐‘ฅ)
Per studiare l’andamento della pressione in ๐‘ฅ, avvalendoci della 9.14, facciamo l’ipotesi che la
funzione ๐‘ = ๐‘(๐‘ฅ) abbia un massimo lungo il meato. Allora esiste un punto ๐‘ฅฬ… in corrispondenza del
quale si annulla il gradiente della pressione. Posto allora โ„Žฬ… = โ„Ž(๐‘ฅ), la 9.14 porge
9.15) 12๐œ‡
๐‘‰ฬ…
โ„Ž−๐‘„
2
ฬ…3
โ„Ž
๐‘‰
= 0 โŸบ ๐‘„ = 2 โ„Žฬ…
Sostituendo la 9.15 nella 9.14, si ha
88
9.16)
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ฅ
= 6๐œ‡๐‘‰
ฬ…
โ„Ž(๐‘ฅ)−โ„Ž
3
โ„Ž (๐‘ฅ)
Allora, volendo qui trattare il caso di un meato a spessore decrescente, risultando โ„Ž(๐‘ฅ = 0) ≥ โ„Žฬ…, la
9.16 ci dice che
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
9.17)
๐‘‘๐‘ฅ
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
{
๐‘‘๐‘ฅ
≥ 0 โŸต ๐‘ฅ < ๐‘ฅฬ…
≤ 0 โŸต ๐‘ฅ > ๐‘ฅฬ…
= 0 โŸต ๐‘ฅ = ๐‘ฅฬ…
Si osserva che la 9.16 consente di ricavare il valore โ„Žฬ… imponendo le condizioni al contorno ๐‘(๐‘ฅ =
0) = ๐‘(๐‘ฅ = ๐‘™). Infatti si ha
๐‘™
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
โ„Ž(๐‘ฅ) − โ„Žฬ…
๐‘‘๐‘ฅ = 6๐œ‡๐‘‰ ∫
๐‘‘๐‘ฅ โŸบ
3
๐‘‘๐‘ฅ
0
0 โ„Ž (๐‘ฅ)
๐‘™
๐‘™
โ„Ž(๐‘ฅ)
๐‘‘๐‘ฅ
ฬ…
โŸบ∫ 3
๐‘‘๐‘ฅ − โ„Ž ∫ 3
=0
0 โ„Ž (๐‘ฅ)
0 โ„Ž (๐‘ฅ)
๐‘™
0 = ๐‘(๐‘ฅ = ๐‘™) − ๐‘(๐‘ฅ = 0) = ∫
Dunque
๐‘™ ๐‘‘๐‘ฅ
9.18) โ„Žฬ… =
∫0 2 (๐‘ฅ)
โ„Ž
๐‘™ ๐‘‘๐‘ฅ
∫0 3 (๐‘ฅ)
โ„Ž
Conoscendo la funzione โ„Ž = โ„Ž(๐‘ฅ) e ricavando โ„Žฬ… dalla 9.18, si ottiene l’andamento della pressione
integrando la 9.16 e imponendo che la pressione sia la stessa ai due estremi del meato. Poi la 9.11
fornirà la forza di sostentamento esplicata dal lubrificante. Ciò detto vediamo come applicare tutto
questo a due casi concreti. Volendo poi che la forza di sostentamento ๐‘ determini una
sollecitazione equivalente a quella costituita dalle forze di pressione, si deve calcolare il punto ๐‘ฅ๐‘ di
applicazione di ๐‘ imponendo l’eguaglianza del momento rispetto, ad esempio, all’imbocco del
meato; ovvero si deve imporre
๐‘™
9.19) ๐‘๐‘ฅ๐‘ = ∫0 ๐‘(๐‘ฅ)๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฅ
๏‚ท Meato convergente con altezza ad andamento parabolico. Diciamo che l’altezza del meato
abbia l’andamento parabolico decrescente descritto dalla funzione
9.20) โ„Ž(๐‘ฅ) = −
โ„Ž1 −โ„Ž2
๐‘™2
๐‘ฅ 2 + โ„Ž1
Sostituendo la 9.20 nella 9.18 abbiamo allora
๐‘™
∫0
9.21) โ„Žฬ… =
๐‘‘๐‘ฅ
2
โ„Ž −โ„Ž
(− 1 2 2 ๐‘ฅ2 +โ„Ž1 )
๐‘™
๐‘™
๐‘‘๐‘ฅ
∫0
3
โ„Ž1 −โ„Ž2 2
(−
๐‘ฅ +โ„Ž1 )
๐‘™2
89
Si tratta ora di calcolare i due integrali. Si procede con lo sviluppo di Heaviside (per il quale ti
rimando alla appendice 4 del tuo trattato di Automatica). Accenno il procedimento per l’integrale a
numeratore. Per l’integrando scrivo
1
๐น(๐‘ฅ) =
(−
=
2
โ„Ž1 − โ„Ž2 2
๐‘ฅ
+
โ„Ž
)
1
๐‘™2
1
๐‘ƒ11
๐‘ƒ12
๐‘ƒ11
๐‘ƒ12
=
+
+
+
(๐‘ฅ − ๐‘1 )2 (๐‘ฅ − ๐‘2 )2 ๐‘ฅ − ๐‘1 (๐‘ฅ − ๐‘1 )2 ๐‘ฅ − ๐‘2 (๐‘ฅ − ๐‘2 )2
essendo
๐‘1 = ๐‘™√
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
๐‘2 = −๐‘™√
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
Per i coefficienti dello sviluppo di Heaviside si ha
1
2
๐ท2−1 ((๐‘ฅ − ๐‘1 )2 ๐น(๐‘ฅ))|๐‘ฅ=๐‘ = −
1
(2 − 1)!
(๐‘1 − ๐‘2 )3
1
1
=
๐ท2−2 ((๐‘ฅ − ๐‘1 )2 ๐น(๐‘ฅ))|๐‘ฅ=๐‘ =
1
(2 − 2)!
(๐‘1 − ๐‘2 )2
2
๐‘ƒ21 = −
(๐‘2 − ๐‘1 )3
1
๐‘ƒ22 =
(๐‘2 − ๐‘1 )2
๐‘ƒ11 =
๐‘ƒ12
Dunque si ha
๐‘™
๐‘™
๐‘‘๐‘ฅ
∫
= ∫ ๐น(๐‘ฅ)๐‘‘๐‘ฅ =
2
โ„Ž1 − โ„Ž2 2
0
๐‘ฅ
+
โ„Ž
)
1
๐‘™2
๐‘™
๐‘ƒ11
๐‘ƒ12
๐‘ƒ11
๐‘ƒ12
=∫ (
+
+
+
) ๐‘‘๐‘ฅ =
2
(๐‘ฅ − ๐‘1 )
๐‘ฅ − ๐‘2 (๐‘ฅ − ๐‘2 )2
0 ๐‘ฅ − ๐‘1
0
(−
โ„Ž1
๐‘ƒ11 ๐‘™๐‘› (๐‘™√
− ๐‘ฅ) +
โ„Ž1 + โ„Ž2
=
(
=
−2
๐‘ƒ12
โ„Ž1
๐‘ฅ − ๐‘™√
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž1
๐‘™๐‘› (๐‘™√
− ๐‘ฅ)
โ„Ž1 + โ„Ž2
(๐‘1 − ๐‘2
)3
+ ๐‘ƒ21 ๐‘™๐‘› (๐‘™√
+
โ„Ž1
๐‘™๐‘› (๐‘™√
+ ๐‘ฅ)
โ„Ž1 + โ„Ž2
(๐‘2 − ๐‘1 )3
๐‘ƒ22
โ„Ž1
๐‘ฅ + ๐‘™√
โ„Ž1 + โ„Ž2 )0
โ„Ž
1
(๐‘1 − ๐‘2 )2
(
+ −2
โ„Ž1
+ ๐‘ฅ) +
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž
+
1
โ„Ž1
๐‘ฅ − ๐‘™√
โ„Ž1 + โ„Ž2
1
(๐‘2 − ๐‘1 )2
(
90
+
)0
โ„Ž
1
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
๐‘ฅ + ๐‘™√
)0
=
In modo analogo si calcola l’integrale a denominatore nella 9.21 ottenendo โ„Žฬ…. Sostituendo tale
risultato nella 9.16 è possibile ricavare la pressione lungo il meato. Si ha
๐‘ฅ
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
โ„Ž(๐‘ฅ) − โ„Žฬ…
โ„Ž(๐‘ก) − โ„Žฬ…
= 6๐œ‡๐‘‰ 3
โŸบ ๐‘(๐‘ฅ) − ๐‘(๐‘ฅ = 0) = 6๐œ‡๐‘‰ ∫
๐‘‘๐‘ก
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž (๐‘ฅ)
โ„Ž3 (๐‘ก)
0
Anche qui si ha un integrale da calcolare ricorrendo allo sviluppo di Heaviside. Il risultato
qualitativo di questo caso è indicato in figura.
๏‚ท Meato convergente con altezza ad andamento lineare. In questo caso la trattazione quantitativa
è più semplice che nel caso precedente e può essere condotta fino in fondo. L’altezza del meato è
descritta dalla funzione
9.22) โ„Ž(๐‘ฅ) = โ„Ž1 +
โ„Ž2 −โ„Ž1
๐‘™
๐‘ฅ
Procedo al calcolo della pressione attraverso l’integrazione della 9.16, ma per semplificare la
trattazione integro rispetto a โ„Ž, piuttosto che rispetto a ๐‘ฅ.
๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
โ„Ž(๐‘ฅ) − โ„Žฬ…
๐‘‘๐‘(โ„Ž) ๐‘‘โ„Ž(๐‘ฅ)
โ„Ž − โ„Žฬ…
๐‘‘๐‘(โ„Ž) โ„Ž2 − โ„Ž1
โ„Ž − โ„Žฬ…
= 6๐œ‡๐‘‰ 3
โŸบ
= 6๐œ‡๐‘‰ 3 โŸบ
= 6๐œ‡๐‘‰ 3 โŸบ
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž (๐‘ฅ)
๐‘‘โ„Ž
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž
๐‘‘โ„Ž
๐‘™
โ„Ž
โ„Ž
โ„Ž
ฬ…
ฬ…
โ„Ž2 − โ„Ž1
1
โ„Ž
โ„Ž2 − โ„Ž1
1
โ„Ž
โŸบ ๐‘(โ„Ž)
= 6๐œ‡๐‘‰ ∫ ( 2 − 3 ) ๐‘‘๐‘ฅ โŸบ ๐‘(โ„Ž)
= 6๐œ‡๐‘‰ (− + 2 )
๐‘™
๐‘ฅ
๐‘™
๐‘ฅ 2๐‘ฅ โ„Ž
โ„Ž1 ๐‘ฅ
1
โ„Ž2 − โ„Ž1
1
โ„Žฬ…
1
โ„Žฬ…
โŸบ ๐‘(โ„Ž)
= 6๐œ‡๐‘‰ (− + 2 + − 2 )
๐‘™
โ„Ž 2โ„Ž
โ„Ž1 2โ„Ž1
Dunque abbiamo
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
9.23) ๐‘(โ„Ž) = โ„Ž
2 −โ„Ž1
1
ฬ…
โ„Ž
1
ฬ…
โ„Ž
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
(− โ„Ž + 2โ„Ž2 + โ„Ž − 2โ„Ž2 ) = โ„Ž
1
1
1 −โ„Ž2
91
1
1
ฬ…
โ„Ž
1
1
(โ„Ž − โ„Ž + 2 (โ„Ž2 − โ„Ž2 ))
1
1
Procedo ora al calcolo di โ„Žฬ… in base alla 9.18. Ecco il calcolo dei due integrali:
๐‘™
๐‘™
๐‘‘๐‘ฅ
∫ 2
=∫
0 โ„Ž (๐‘ฅ)
0
๐‘™
๐‘™
๐‘‘๐‘ก
๐‘™
1 โ„Ž2
=
∫
=−
| =
โ„Ž2 − โ„Ž1 0 ๐‘ก 2
โ„Ž2 − โ„Ž1 ๐‘ก โ„Ž1
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž − โ„Ž1 2
(โ„Ž1 + 2
๐‘ฅ)
๐‘™
๐‘™
1
1
๐‘™
โ„Ž1 − โ„Ž2
1
=−
( − )=
=
โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž1 − โ„Ž2 โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž2 โ„Ž1
๐‘™
๐‘™
๐‘‘๐‘ฅ
∫ 3
=∫
0 โ„Ž (๐‘ฅ)
0
๐‘™
๐‘™
๐‘‘๐‘ก
1
๐‘™
1 โ„Ž2
=
∫
=−
| =
โ„Ž2 − โ„Ž1 0 ๐‘ก 3
2 โ„Ž2 − โ„Ž1 ๐‘ก 2 โ„Ž1
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž − โ„Ž1 3
(โ„Ž1 + 2
๐‘ฅ)
๐‘™
1
๐‘™
1
1
1
๐‘™
โ„Ž12 − โ„Ž22 1 โ„Ž1 + โ„Ž2
=−
( 2 − 2) =
=
2 โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž2 โ„Ž1
2 โ„Ž1 − โ„Ž2 โ„Ž22 โ„Ž12
2 โ„Ž22 โ„Ž12
Dunque si ha
โ„Ž โ„Ž
1
1 1
1
9.24) โ„Žฬ… = 2 โ„Ž 2+โ„Ž1 โŸบ โ„Žฬ… = 2 (โ„Ž + โ„Ž )
1
2
2
1
Si vede dunque che l’inverso dell’altezza in corrispondenza della quale si annulla il gradiente della
pressione è dato dalla media aritmetica degli inversi delle altezze ai due estremi del meato.
Passiamo ora al calcolo dell’a pressione lungo il meato. Sostituendo la 9.24 nella 9.23 si ha
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
9.25) ๐‘(โ„Ž) = โ„Ž
1 −โ„Ž2
1
1
โ„Ž โ„Ž
1
1
(โ„Ž − โ„Ž + โ„Ž 2+โ„Ž1 (โ„Ž2 − โ„Ž2 ))
1
1
2
1
Volendo poi la pressione in funzione di ๐‘ฅ basta sostituire la 9.22, ottenendo però una funzione un
po’ più complessa. Calcolo la forza di sostentamento ๐‘ relativa alla larghezza unitaria
๐‘=
=
๐‘™
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
1 1
โ„Ž2 โ„Ž1
1
1
∫ ( − +
( 2 − 2 )) ๐‘‘๐‘ฅ =
โ„Ž1 − โ„Ž2 0 โ„Ž โ„Ž1 โ„Ž1 + โ„Ž2 โ„Ž
โ„Ž1
โ„Ž2
๐‘™
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
1 1
โ„Ž2 โ„Ž1
1
1
∫ ( − +
( 2 − 2 )) ๐‘‘โ„Ž =
โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž1 − โ„Ž2 โ„Ž1 โ„Ž โ„Ž1 โ„Ž1 + โ„Ž2 โ„Ž
โ„Ž1
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
โ„Ž
โ„Ž2 โ„Ž1
1 โ„Ž
=−
(ln โ„Ž − +
(− − 2 ))
2
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )
โ„Ž1 โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž โ„Ž1
โ„Ž2
=
โ„Ž1
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
โ„Ž2
โ„Ž2 โ„Ž1
1 โ„Ž2
โ„Ž1
โ„Ž2 โ„Ž1
1 โ„Ž1
=−
(ln
โ„Ž
−
+
(−
−
)
−
(ln
โ„Ž
−
+
(−
− ))) =
2
1
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )2
โ„Ž1 โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž2 โ„Ž12
โ„Ž1 โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž1 โ„Ž12
=−
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
โ„Ž2 โ„Ž1 − โ„Ž2
โ„Ž2 โ„Ž1
1
1 โ„Ž2 โ„Ž1
(ln +
+
( − − 2 + 2 )) =
2
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )
โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2 โ„Ž1 โ„Ž2 โ„Ž1 โ„Ž1
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
โ„Ž2 โ„Ž1 − โ„Ž2
โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž1 − โ„Ž2 โ„Ž1 − โ„Ž2
=−
(ln
+
+
(−
+
)) =
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )2
โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž1 โ„Ž2
โ„Ž12
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
โ„Ž2 โ„Ž1 − โ„Ž2
โ„Ž2 โ„Ž1
1
1
(โ„Ž1 − โ„Ž2 ) ( 2 −
=−
(ln +
+
))
2
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )
โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž1 โ„Ž1 โ„Ž2
92
Definito poi il coefficiente caratteristico del meato a spessore variabile linearmente il parametro
adimensionale
โ„Ž
9.26) ๐‘› โ‰œ โ„Ž1
2
il quel definisce, stante la linearità con cui varia l’altezza, completamente la geometria del meato, la
forza di spinta per unità di larghezza del meato si scrive
6๐œ‡๐‘‰๐‘™2
๐‘›−1
9.27) ๐‘ = โ„Ž2 (๐‘›−1)2 (ln ๐‘› − 2 ๐‘›(๐‘›+1))
2
La 9.27 permette di trarre le seguenti conclusioni: a parità della pendenza della parete inclinata del
meato si rileva che
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
la spinta è direttamente proporzionale alla velocità della parete mobile
è proporzionale anche alla viscosità
è proporzionale in fine al quadrato della lunghezza del meato
la spinta è inversamente proporzionale al quadrato dello spessore del meato
Dunque la necessità di un lubrificante che sia molto viscoso (e che mantenga la viscosità elevata
anche a temperature elevate); la necessità di avere dei meati sottili, compatibilmente però con la
necessità che non siano tanto sottili da far toccare le due superfici quando sia abbia una diminuzione
della velocità della parete mobile. In particolare se ci si trova nella condizione di avere parecchi
arresti del moto (per esempio nel caso di inversioni del moto) si deve rinunciare alla lubrificazione
idrodinamica13 e adottare quella idrostatica14.
Il calcolo del punto nel quale si realizza l’annullamento del gradiente di pressione, in base alla 9.22
e alla 9.24, porge
ฬ…−โ„Ž1
โ„Ž
9.28) ๐‘ฅฬ… = โ„Ž
2 −โ„Ž1
๐‘™=
โ„Ž โ„Ž
2 2 1 −โ„Ž1
โ„Ž1 +โ„Ž2
โ„Ž2 −โ„Ž1
๐‘™=
โ„Ž2 โ„Ž1 −โ„Ž12
โ„Ž22 −โ„Ž12
๐‘™=
๐‘›−๐‘›2
1−๐‘›2
๐‘™
Dunque la posizione di ๐‘ฅฬ… dipende, a parità di ๐‘›, solo dalla lunghezza del meato, secondo una
proporzionalità lineare. Calcolo ora, attraverso la 9.19, il punto di applicazione ๐‘ฅ๐‘ della risultante
delle forze di pressione tale per cui la sollecitazione ridotta sia equivalente a quella data.
๐‘™
โ„Ž2
๐‘๐‘ฅ๐‘ = ∫ ๐‘(๐‘ฅ)๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฅ ⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ = ∫ ๐‘(โ„Ž)
0
โ„Ž1
3
⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ =
โ„Ž − โ„Ž1
๐‘™
๐‘™
๐‘‘โ„Ž โŸบ
โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž2 − โ„Ž1
โ„Ž2
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
1 1
โ„Ž2 โ„Ž1
1
1
∫ ( − +
( 2 − 2 )) (โ„Ž − โ„Ž1 )๐‘‘โ„Ž โŸบ
3
(โ„Ž1 − โ„Ž2 ) โ„Ž1 โ„Ž โ„Ž1 โ„Ž1 + โ„Ž2 โ„Ž
โ„Ž1
โ„Ž2
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
โ„Ž − โ„Ž1 โ„Ž − โ„Ž1
โ„Ž2 โ„Ž1 โ„Ž − โ„Ž1 โ„Ž − โ„Ž1
⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ =
∫
(
−
+
( 2 −
)) ๐‘‘โ„Ž โŸบ
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )3 โ„Ž1
โ„Ž
โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž
โ„Ž12
โ„Ž2
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
โ„Ž1 โ„Ž
โ„Ž2 โ„Ž1 1 โ„Ž1 โ„Ž
1
⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ =
∫ (1 − − + 1 +
( − 2 − 2 + )) ๐‘‘โ„Ž โŸบ
3
(โ„Ž1 − โ„Ž2 ) โ„Ž1
โ„Ž โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2 โ„Ž โ„Ž
โ„Ž1 โ„Ž1
13
È la lubrificazione che crea sostentamento sfruttando solo il moto relativo fra le due superfici; la lubrificazione
descritta fin qui è dunque di tipo idrodinamico.
14
È la lubrificazione in cui la forza di sostentamento è fornita da un impianto che mantiene a pressione il lubrificante
contenuto nel meato.
93
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
โ„Ž2
โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž2
โ„Ž
⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ =
(โ„Ž
−
โ„Ž
ln
โ„Ž
−
+
โ„Ž
+
(ln
โ„Ž
+
−
+
))
1
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )3
2โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž 2โ„Ž12 โ„Ž1
โ„Ž22
3
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž1
(โ„Ž2 − โ„Ž1 ln โ„Ž2 −
+ โ„Ž2 +
(ln โ„Ž2 + −
3
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )
2โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž2
⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ =
−
โ„Ž22
2โ„Ž12
+
โ„Ž2
โŸบ
โ„Ž1
โ„Ž2
)) −
โ„Ž1
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
โ„Ž12
โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž12
โ„Ž1
(โ„Ž
−
โ„Ž
ln
โ„Ž
−
+
โ„Ž
+
(ln
โ„Ž
+
−
+ )) โŸบ
1
1
1
1
1
2
3
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )
2โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž1 2โ„Ž1 โ„Ž1
⇔ ๐‘๐‘ฅ๐‘ =
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
โ„Ž1 โ„Ž12 − โ„Ž22
โ„Ž2 โ„Ž1
โ„Ž2 โ„Ž12 − โ„Ž1 โ„Ž2 โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž12 − โ„Ž22
(2(โ„Ž2 − โ„Ž1 ) + โ„Ž1 ln +
+
(ln +
+
+
))
3
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )
โ„Ž2
2โ„Ž1
โ„Ž1 + โ„Ž2
โ„Ž1
โ„Ž1 โ„Ž2
โ„Ž1
2โ„Ž12
Introducendo poi ๐‘› abbiamo
๐‘๐‘ฅ๐‘ =
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
๐‘›2 − 1
โ„Ž1
1
1 − ๐‘› ๐‘›2 − 1
(1
(๐‘›
(2โ„Ž
−
๐‘›)
+
โ„Ž
ln
๐‘›
+
โ„Ž
+
(ln
+
−
1)
+
+
)) =
2
1
2
(โ„Ž1 − โ„Ž2 )3
2๐‘›
๐‘›+1
๐‘›
๐‘›
2๐‘›2
=
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
๐‘›2 − 1
๐‘›
2๐‘›2 − ๐‘› + 1
(2(1 − ๐‘›) + ๐‘› ln ๐‘› +
+
(− ln ๐‘› + (๐‘› − 1)
))
2
3
(๐‘› − 1) โ„Ž2
2๐‘›
๐‘›+1
2๐‘›2
Sostituendo la 9.27 si ha allora
๐‘ฅ๐‘ =
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 3
๐‘›2 − 1
๐‘›
2๐‘›2 − ๐‘› + 1
(2(1 − ๐‘›) + ๐‘› ln ๐‘› +
+
(− ln ๐‘› + (๐‘› − 1)
))
2
3
2๐‘›
๐‘›
+
1
2๐‘›2
(๐‘› − 1) โ„Ž2
2
6๐œ‡๐‘‰๐‘™
๐‘›−1 )
(ln ๐‘› − 2
2
(
๐‘›
๐‘› + 1)
โ„Ž2 (๐‘› − 1)2
=
=
๐‘™
๐‘›2 − 1
๐‘›
2๐‘›2 − ๐‘› + 1
(2(1 − ๐‘›) + ๐‘› ln ๐‘› +
+
(− ln ๐‘› + (๐‘› − 1)
))
๐‘›−1
2๐‘›
๐‘›+1
2๐‘›2
ln ๐‘› − 2 (๐‘› − 1 )
๐‘› ๐‘›+1
Dunque si è trovato
๐‘›2 −1
(2(1−๐‘›)+๐‘› ln ๐‘›+
9.29) ๐‘ฅ๐‘ = (๐‘› + 1)
2๐‘›
+
๐‘›
๐‘›+1
2๐‘›2 −๐‘›+1
))
2๐‘›2
(− ln ๐‘›+(๐‘›−1)
๐‘›(๐‘›2 −1) ln ๐‘›−2(๐‘›−1)2
๐‘™
Dunque secondo questa formula la posizione del punto di applicazione della risultante ๐‘ è
proporzionale alla lunghezza del meato.
Procedo ora al calcolo della forza di taglio che il lubrificante, in virtù della sua viscosità, esplica sul
piano mobile, determinando una resistenza al suo moto e una dispersione di energia cinetica in
calore. A tale scopo considero la formula di Petroff 9.2 nella quale sostituisco la 9.12:
๐œ๐‘ง๐‘ฅ
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‰
๐œ• (2๐œ‡
(๐‘ง − โ„Ž(๐‘ฅ))๐‘ง +
๐‘ง)
๐œ•๐‘‰๐‘ฅ
1 ๐‘‘๐‘(๐‘ฅ)
๐‘‰
๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž(๐‘ฅ)
=๐œ‡
=๐œ‡
= ๐œ‡(
(2๐‘ง − โ„Ž(๐‘ฅ)) +
)
๐œ•๐‘ง
๐œ•๐‘ง
2๐œ‡ ๐‘‘๐‘ฅ
โ„Ž(๐‘ฅ)
Sostituendo poi l’espressione 9.16 del gradiente della pressione otteniamo
๐œ๐‘ง๐‘ฅ = ๐œ‡ (
1
โ„Ž(๐‘ฅ) − โ„Žฬ…
๐‘‰
6๐œ‡๐‘‰ 3
(2๐‘ง − โ„Ž(๐‘ฅ)) +
)
2๐œ‡
โ„Ž (๐‘ฅ)
โ„Ž(๐‘ฅ)
94
Assumendo allora l’altezza come variabile si conclude
9.30) ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (โ„Ž, ๐‘ง) = ๐œ‡๐‘‰ (3
ฬ…
โ„Ž−โ„Ž
โ„Ž3
1
(2๐‘ง − โ„Ž) + )
โ„Ž
D’altra parte a noi interessano gli sforzi normali che il fluido scambia con la parete mobile, dunque
poniamo ๐‘ง = โ„Ž ottenendo
9.31) ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (โ„Ž) = ๐œ‡๐‘‰ (3
ฬ…
โ„Ž−โ„Ž
โ„Ž2
1
+ โ„Ž)
Per ricavare la forza ๐‘‡ che complessivamente il fluido esercita sulla parete mobile, per unità di
larghezza, dobbiamo integrare sulla lunghezza del meato:
โ„Ž
โ„Ž2
โ„Ž − โ„Žฬ… 1
๐œ‡๐‘‰๐‘™
โ„Ž − โ„Žฬ… 1
๐œ‡๐‘‰๐‘™
3โ„Žฬ… 2
๐‘‡ = ๐œ‡๐‘‰ ∫ (3 2 + ) ๐‘‘๐‘ฅ =
∫ (3 2 + ) ๐‘‘โ„Ž =
(4 ln โ„Ž + ) =
โ„Ž
โ„Ž
โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž1
โ„Ž
โ„Ž
โ„Ž2 − โ„Ž1
โ„Ž โ„Ž
0
๐‘™
1
โ„Ž2
๐œ‡๐‘‰๐‘™
4 3โ„Žฬ…
๐œ‡๐‘‰๐‘™
โ„Ž2
1
1
=
∫ ( − 2 ) ๐‘‘โ„Ž =
(4 ln + 3โ„Žฬ… ( − )) =
โ„Ž2 − โ„Ž1 โ„Ž1 โ„Ž โ„Ž
โ„Ž2 − โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž2 โ„Ž1
=
๐œ‡๐‘‰๐‘™
โ„Ž2
โ„Ž1 − โ„Ž2
(4 ln + 3โ„Žฬ… (
))
โ„Ž2 − โ„Ž1
โ„Ž1
โ„Ž1 โ„Ž2
Sostituendo poi il valore 9.24 si conclude
9.32) ๐‘‡ = −4 โ„Ž
๐œ‡๐‘‰๐‘™
โ„Ž
1 −โ„Ž2
3 โ„Ž −โ„Ž
(ln โ„Ž2 + 2 โ„Ž1 +โ„Ž2 )
1
1
2
Introducendo poi il parametro caratteristico ๐‘› abbiamo
๐œ‡๐‘‰ ๐‘™
3 ๐‘›−1
9.33) ๐‘‡ = −4 ๐‘›−1 โ„Ž (ln ๐‘› − 2 ๐‘›+1)
2
È immediato allora il calcolo del coefficiente di attrito mediato, che indichiamo ๐‘“๐‘š , come rapporto
๐‘‡/๐‘. In realtà però
๐œ‡๐‘‰ ๐‘™
3๐‘› − 1
4 ๐‘› − 1 (ln ๐‘› − 2 ๐‘› + 1)
โ„Ž2
=
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
๐‘›−1
(ln ๐‘› − 2
)
๐‘›(๐‘› + 1)
โ„Ž22 (๐‘› − 1)2
3๐‘› − 1
2โ„Ž2 (๐‘› − 1) (ln ๐‘› − 2 ๐‘› + 1)
=
๐‘›−1
3๐‘™ (ln ๐‘› − 2
)
๐‘›(๐‘› + 1)
|๐‘‡|
๐‘“๐‘š =
=
๐‘
Dunque
9.34) ๐‘“๐‘š =
3๐‘›−1
)
2๐‘›+1
๐‘›−1
3๐‘™(ln ๐‘›−2
)
๐‘›(๐‘›+1)
2โ„Ž2 (๐‘›−1)(ln ๐‘›−
Posso tuttavia scrivere anche
95
๐‘“๐‘š =
4
|๐‘‡|
√๐‘√๐‘
=
๐œ‡๐‘‰ ๐‘™
3๐‘› − 1
(ln ๐‘› −
)
๐‘› − 1 โ„Ž2
2๐‘› + 1
6๐œ‡๐‘‰๐‘™ 2
๐‘›−1
(ln ๐‘› − 2
)
√ 2
2
๐‘›(๐‘›
+ 1)
(๐‘›
โ„Ž2 − 1)
3๐‘› − 1
4 (ln ๐‘› − 2 ๐‘› + 1)
=
√6 (ln ๐‘› − 2
๐‘›−1
)
๐‘›(๐‘› + 1)
๐œ‡๐‘‰
8
√ =√
๐‘
3
1
√๐‘
=
3๐‘› − 1
ln ๐‘› − 2 ๐‘› + 1
√ln ๐‘› − 2
๐‘›−1
๐‘›(๐‘› + 1)
√
๐œ‡๐‘‰
๐‘
Per cui si ha
๐œ‡๐‘‰
9.35) ๐‘“๐‘š = ๐‘˜(๐‘›)√ ๐‘
avendo posto
8
9.36) ๐‘˜(๐‘›) โ‰œ √3
3๐‘›−1
2๐‘›+1
๐‘›−1
√ln ๐‘›−2๐‘›(๐‘›+1)
ln ๐‘›−
L’andamento del coefficiente di attrito in funzione del parametro adimensionale √๐œ‡๐‘‰/๐‘ è descritto
dal diagramma di Stribeck riportato in figura in scala logaritmica.
6
๐‘›−1
9.37) ๐ด(๐‘›) โ‰œ (๐‘›−1)2 (ln ๐‘› − 2 ๐‘›(๐‘›+1))
(2(1−๐‘›)+๐‘› ln ๐‘›+
9.38) ๐‘“(๐‘›) โ‰œ (๐‘› + 1)
๐‘›2 −1
๐‘›
2๐‘›2 −๐‘›+1
(− ln ๐‘›+(๐‘›−1)
))
+
2๐‘›
๐‘›+1
2๐‘›2
๐‘›(๐‘›2 −1) ln ๐‘›−2(๐‘›−1)2
si ha
9.39) ๐‘ =
๐œ‡๐‘‰๐‘™2
โ„Ž22
๐ด(๐‘›)
9.40) ๐‘ฅ๐‘ = ๐‘™๐‘“(๐‘›)
L’andamento di ๐‘˜(๐‘›), ๐ด(๐‘›), ๐‘“(๐‘›) è riportato in figura.
๏‚ท Meato a gradino. Anche un meato che presenti un
gradino permette di avere una forza di sostentamento.
Infatti deve continuare a valere la 9.17, tuttavia in
questo caso, almeno da un punto di vista puramente
matematico, le pressioni presentano in ๐‘ฅฬ… un punto di
cuspide, anziché un punto in cui si annulla il gradiente: questo a causa
della brusca variazione dell’altezza del meato. In realtà naturalmente la
pressione varierà con maggiore dolcezza. Comunque sia, come indicato
in figura, risulta non nulla l’area sottesa dal diagramma delle pressioni,
dunque sarà non nulla la forza di sostentamento fornita dal lubrificante.
Questo andamento della pressione spiega anche la distribuzione delle
velocità indicata in figura: prima dello scalino c’è un riflusso (pressione
crescente), dopo c’è una spinta (pressione decrescente).
96
Capitolo 10. Lubrificazione della coppia rotoidale
10.1. Lubrificazione idrostatica nella coppia spingente.
Ricordo che per
lubrificazione idrostatica si intende quella che si realizza inviando olio pressurizzato nei meati
interposti fra le superfici delle coppie cinematiche. Questo genere di lubrificazione si preferisce a
quella idrodinamica qualora le velocità relative delle superfici in questione siano basse oppure nel
caso in cui si abbiano frequenti arresti del moto: nel primo caso infatti la spinta fornita dal fluido
(che ricordo essere proporzionale alla velocità relativa della coppia cinematica) può non essere
sufficiente a mantenere a distanza i due membri; nel secondo caso le due superfici entrano in
contatto ad ogni interruzione del moto che non sia istantanea.
Consideriamo la coppia rotoidale indicata in figura: il lubrificante è spinto, a una pressione ๐‘๐‘– ,
attraverso un condotto coassiale con l’albero; quando raggiunge l’elemento cinematico effluisce in
direzione radiale fuoriuscendo dai bordi della coppia, a una pressione che diciamo ๐‘๐‘’ . Possiamo
allora utilizzare i risultati del paragrafo 9.2 limitandoci a sostituire ๐‘ฅ con la coordinata cilindrica ๐‘Ÿ e
tenendo presente che in questo caso si ha ๐‘‰ = 0, perché la velocità relativa fra i due elementi
cinematici è esclusivamente rotatoria. Dunque la 9.9 e la 9.10 si scrivono rispettivamente
1 ๐‘‘๐‘(๐‘Ÿ)
10.1) ๐‘‰๐‘Ÿ (๐‘ง) = 2๐œ‡
๐‘‘๐‘Ÿ
2๐œ‹๐‘Ÿ ๐‘‘๐‘(๐‘Ÿ)
10.2) ๐‘„ = − 12๐œ‡
๐‘‘๐‘Ÿ
(๐‘ง − โ„Ž)๐‘ง
โ„Ž3
Si osservi che la portata in 9.10 è stata moltiplicata per 2๐œ‹๐‘Ÿ in modo da avere la portata totale di
lubrificante che entra nella coppia (e che esce, vista l’incomprimibilità del fluido); infatti la 9.10
fornisca la portata per unità di larghezza del meato a facce parallele. Vediamo ora come ricavare la
distribuzione delle pressioni integrando la 10.2:
6๐œ‡โ„Ž3 ๐‘„ 1 ๐‘‘๐‘(๐‘Ÿ)
6๐œ‡โ„Ž3 ๐‘„ ๐‘Ÿ 1
6๐œ‡โ„Ž3 ๐‘„ ๐‘Ÿ
−
=
โŸบ ๐‘(๐‘Ÿ) − ๐‘๐‘– = −
∫ ๐‘‘๐œŒ = −
ln
๐œ‹ ๐‘Ÿ
๐‘‘๐‘Ÿ
๐œ‹
๐œ‹
๐‘…๐‘–
๐‘…๐‘– ๐œŒ
Dunque abbiamo trovato
10.3) ๐‘(๐‘Ÿ) = ๐‘๐‘– −
6๐œ‡โ„Ž3 ๐‘„
๐œ‹
๐‘Ÿ
ln ๐‘…
๐‘–
avendo indicato ๐‘…๐‘– il raggio interno della coppia cinematica, se si vuole il raggio esterno del
condotto da cui effluisce il lubrificante. Dalla 10.3 è possibile poi ricavare la portata in funzione dei
valori ๐‘๐‘– , ๐‘๐‘’ , infatti
๐‘๐‘’ = ๐‘๐‘– −
6๐œ‡โ„Ž3 ๐‘„ ๐‘…๐‘’
ln
๐œ‹
๐‘…๐‘–
Dunque
10.4) ๐‘„ =
๐‘๐‘– −๐‘๐‘’
๐‘… ๐œ‹
6๐œ‡โ„Ž3 ln ๐‘’
๐‘…๐‘–
Sostituendo la 10.4 nella 10.3 abbiamo allora
97
10.5) ๐‘(๐‘Ÿ) = ๐‘๐‘– −
๐‘๐‘– −๐‘๐‘’
๐‘…
ln ๐‘’
๐‘…๐‘–
ln
๐‘Ÿ
๐‘…๐‘–
Abbiamo dunque l’andamento logaritmico della pressione indicato in figura. Adesso invece
vediamo a quanto ammonta la spinta verticale ๐‘ che il lubrificante in pressione esercita sulla coppia
spingente:
๐‘…๐‘’
๐‘…๐‘’
๐‘๐‘– − ๐‘๐‘’ ๐‘Ÿ
ln ) 2๐œ‹๐‘Ÿ๐‘‘๐‘Ÿ =
๐‘…๐‘’
๐‘…๐‘–
๐‘…๐‘–
๐‘…๐‘–
ln ๐‘…
๐‘–
๐‘…๐‘’
๐‘
−
๐‘
๐‘Ÿ
๐‘๐‘– − ๐‘๐‘’ ๐‘…๐‘’ ๐‘Ÿ
๐‘–
๐‘’
= ๐‘๐‘– ๐œ‹(๐‘…๐‘’2 − ๐‘…๐‘–2 ) − 2๐œ‹
∫ ln ๐‘Ÿ๐‘‘๐‘Ÿ = ๐‘๐‘– ๐œ‹(๐‘…๐‘’2 − ๐‘…๐‘–2 ) − ๐œ‹
∫ ln ๐‘‘๐‘Ÿ 2 =
๐‘…๐‘’ ๐‘…
๐‘…
๐‘…
๐‘…๐‘–
๐‘’
๐‘–
๐‘–
ln ๐‘…
ln ๐‘… ๐‘…๐‘–
๐‘–
๐‘–
๐‘๐‘– − ๐‘๐‘’ ๐‘…๐‘’
๐‘Ÿ 2
๐‘๐‘– − ๐‘๐‘’ ๐‘…๐‘’ 2 1
2
2
= ๐‘๐‘– ๐œ‹(๐‘…๐‘’ − ๐‘…๐‘– ) − ๐œ‹
∫ ๐‘‘ (ln ๐‘Ÿ ) + ๐œ‹
∫ ๐‘Ÿ ๐‘‘๐‘Ÿ =
๐‘…
๐‘…
๐‘…๐‘–
๐‘Ÿ
ln ๐‘…๐‘’ ๐‘…๐‘–
ln ๐‘…๐‘’ ๐‘…๐‘–
๐‘–
๐‘–
๐‘…๐‘’
๐‘๐‘– − ๐‘๐‘’
๐‘Ÿ
๐‘…๐‘’2 − ๐‘…๐‘–2
= ๐‘๐‘– ๐œ‹(๐‘…๐‘’2 − ๐‘…๐‘–2 ) − ๐œ‹
((ln ๐‘Ÿ 2 ) −
)=
๐‘…๐‘’
๐‘…
2
๐‘–
๐‘…๐‘–
ln ๐‘…
๐‘–
๐‘๐‘– − ๐‘๐‘’
๐‘…๐‘’ 2
๐‘…๐‘– 2
๐‘…๐‘’2 − ๐‘…๐‘–2
2
2
= ๐‘๐‘– ๐œ‹(๐‘…๐‘’ − ๐‘…๐‘– ) − ๐œ‹
((ln ๐‘…๐‘’ ) − (ln ๐‘…๐‘– ) −
)
๐‘…
๐‘…๐‘–
๐‘…๐‘–
2
ln ๐‘…๐‘’
๐‘–
๐‘ = ∫ ๐‘(๐‘Ÿ) 2๐œ‹๐‘Ÿ๐‘‘๐‘Ÿ = ∫ (๐‘๐‘– −
Dunque abbiamo trovato una spinta
10.6) ๐‘ = ๐‘๐‘– ๐œ‹(๐‘…๐‘’2 − ๐‘…๐‘–2 ) − ๐œ‹
๐‘๐‘– −๐‘๐‘’
๐‘…
ln ๐‘’
๐‘…๐‘–
๐‘…
(๐‘…๐‘’ 2 ln ๐‘…๐‘’ −
๐‘…๐‘’2 −๐‘…๐‘–2
๐‘–
2
)
L’altezza โ„Ž del meato, ovvero la distanza fra gli elementi cinematici è data, nella lubrificazione
idrostatica, dalla portata: nel nostro caso โ„Ž si ricava dalla 10.4.
10.2. Lubrificazione idrodinamica nella coppia spingente. Cuscinetti
Michell. Sotto questo nome vanno diversi tipi di coppie rotoidali spingenti (che cioè sono
sottoposte a carico assiale) le quali sono accomunate dalla capacità di sfruttare la proprietà dei
meati d altezza decrescente di generare sostentamento. In figura sono rappresentati tre tipi di
cuscinetti Michell:
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
cuscinetti a gradino per i quali valgono le considerazioni fatte riguardo al meato a gradino;
il verso di rotazione tale per cui si ottiene un sostentamento è solo uno;
cuscinetti a pattini auto-orientabili in cui la pendenza dei pattini è determinata dalla
distribuzione delle pressioni sui pattini stessi: a regime infatti l’inclinazione sarà quella per
cui la sollecitazione delle pressioni determina un momento totale nullo rispetto alla sezione
passante per la cerniera del pattino; in teoria questo tipo di cuscinetto può funzionare in
entrambi i versi di rotazione;
cuscinetti a pattini a pendenza fissa in cui, in base a considerazioni sofisticate di
fluidodinamica, risultano attivi solo i tratti ad altezza decrescente, nei quali il fluido offre
sostentamento; i tratti ad altezza crescente invece non determinano una pressione negativa;
questo genere di cuscinetti evidentemente funziona in entrambi i versi di rotazione.
98
La discussione dei cuscinetti Michell può orientarsi su due ordini di problemi
๏‚ท il problema diretto consiste nel ricavare
o l’altezza del meato
o il coefficiente di attrito mediato
noti che siano
o
o
o
o
๏‚ท
il carico assiale
l’inclinazione e la lunghezza dei pattini
la velocità di rotazione
la viscosità
il problema inverso consiste nel ricavare
o la forza di sostentamento ๐‘ e il suo punto di
applicazione
noti che siano
o l’andamento dell’altezza del meato
o la lunghezza del meato
Il problema inverso è stato trattato nel paragrafo 9.3 per meati
lineari, ma si estende immediatamente ai cuscinetti spingenti.
Consideriamo allora il problema diretto nel caso dei cuscinetti a
pattini auto-orientabili e in quello dei cuscinetti con pattini a
pendenza fissa.
๏‚ท Pattini auto-orientabili. Per risolvere il problema diretto si
può seguire questo algoritmo:
1) preso un singolo pattino, il punto ๐‘ฅ๐‘ di applicazione della risultante ๐‘ delle pressioni agenti
su di esso è noto: non può che essere il punto individuato dalla cerniera; dunque la 9.29,
nota che sia la lunghezza del pattino, fornisce il coefficiente caratteristico ๐‘›;
2) assumendo dato il carico agente sul cuscinetto è nota anche la spinta fornita da ciascun
pattino (si divide il carico totale, che poi è uguale alla spinta totale, per il numero di pattini);
allora, dato il valore ๐‘› ricavato nel precedente punto, la 9.27 permette di calcolare โ„Ž2 ;
3) si calcola il coefficiente di attrito mediato attraverso la 9.35.
๏‚ท Pattini a orientamento fisso. A differenza del caso precedente ora conosciamo l’inclinazione ๐›ผ
del tatto crescente, ma non conosciamo l’ascissa ๐‘ฅ๐‘ del punto di applicazione della forza di spinta
๐‘. Dunque l’algoritmo risolutivo deve essere diverso:
1) con la consueta simbologia si ha
tan ๐›ผ =
โ„Ž1 − โ„Ž2 โ„Ž2
โ„Ž2 tan ๐›ผ
= (๐‘› − 1) โŸน
=
๐‘™
๐‘™
๐‘™
๐‘›−1
99
e sostituendo tale risultato nella 9.27 si ricava ๐‘›;
2) noto ๐‘› si ricava โ„Ž2 attraverso la formula indicata nel punto precedente;
3) si ricava il coefficiente di attrito mediato attraverso la 9.35.
10.3. Lubrificazione idrodinamica nella coppia portante. Abbiamo un perno
che ruota in un cuscinetto e fra le due superfici è presente un olio lubrificante. Questa coppia, detta
coppia portante, si classifica in tre categorie a seconda delle sue caratteristiche geometriche.
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
Cuscinetto a lunghezza infinita quando il diametro è molto piccolo rispetto alla lunghezza
del cuscinetto.
Cuscinetto quadrato quando il diametro è dello stesso ordine di grandezza della lunghezza
del cuscinetto.
Cuscinetto corto quando il diametro è molto più grande della lunghezza del cuscinetto.
Con riferimento alla figura intendo ora esprimere l’altezza โ„Ž del meato in funzione dell’angolo ๐œƒ
avendo posto
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๐‘’ la distanza fra i centri delle due circonferenze
๐‘…๐‘ raggio del perno
๐‘…๐‘ raggio del cuscinetto
Dalla figura si deduce che
√ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘‚′ ๐ด2 − ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘‚′ ๐ท 2 = ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐ด๐ท โŸน
′
2
′
2
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ… + โ„Ž โŸน
๐‘’ cos ๐œƒ + √๐‘‚
๐ด − ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘‚ ๐ท = ๐‘‚๐ต
โŸน ๐‘’ cos ๐œƒ + √๐‘…๐‘ 2 − ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘‚′ ๐ท2 = ๐‘…๐‘ + โ„Ž
Poiché si ammette che ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…
๐‘‚′ ๐ท โ‰ช ๐‘…๐‘ , segue
โ„Ž = ๐‘’ cos ๐œƒ + ๐‘…๐‘ − ๐‘…๐‘
Ponendo poi
10.7) ๐›ฟ โ‰œ ๐‘…๐‘ − ๐‘…๐‘
abbiamo
10.8) โ„Ž(๐œƒ) = ๐‘’ cos ๐œƒ + ๐›ฟ
Esistono fondamentalmente due diversi approcci allo studio del cuscinetto portante lubrificato,
esposti in quanto segue.
ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…ฬ…′ si disponga ortogonalmente
๏‚ท Cuscinetto completo di Sommerfeld. Si assume che il segmento ๐‘‚๐‘‚
alla direzione del carico radiale. Dopodiché s’immagina di rettificare il meato e si applicano i
risultati esposti nella parte iniziale del paragrafo 9.3, considerando che l’altezza è data dalla 10.8.
Per il gradiente della pressione sostituisco la 10.8 nella 9.16 e ottengo
100
10.9)
๐‘‘๐‘
๐‘‘๐‘ฅ
= 6๐œ‡๐‘‰
ฬ…
โ„Ž(๐‘ฅ)−โ„Ž
3
โ„Ž (๐‘ฅ)
ฬ…
๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ−โ„Ž
= 6๐œ‡๐‘‰ (๐‘’
cos ๐œƒ+๐›ฟ)3
Per ottenere la pressione integro:
๐‘ฅ
๐‘ฅ
๐‘‘๐‘
โ„Ž(๐œ‰) − โ„Žฬ…
๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ − โ„Žฬ…
๐‘(๐‘ฅ = ๐‘…๐‘ ๐œƒ) − ๐‘0 = ∫
๐‘‘๐œ‰ = 6๐œ‡๐‘‰ ∫
๐‘‘๐œ‰
=
6๐œ‡๐‘‰
∫
๐‘‘๐œ‰ =
3
โ„Ž3 (๐œ‰)
0 ๐‘‘๐œ‰
0
0 (๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ)
๐œƒ
๐œƒ
๐œƒ
๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ − โ„Žฬ…
1
1
ฬ…
= 6๐œ‡๐‘‰๐‘…๐‘ ∫
๐‘‘๐›ผ = 6๐œ‡๐‘‰๐‘…๐‘ (∫
๐‘‘๐›ผ − โ„Ž ∫
๐‘‘๐›ผ) =
3
2
3
0 (๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ)
0 (๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ)
0 (๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ)
= 6๐œ‡๐‘‰๐‘…๐‘ (๐ผ1 − โ„Žฬ…๐ผ2 )
๐‘ฅ
dove ๐‘0 è il valore della pressione per ๐œƒ = 0. Consideriamo il primo integrale:
๐œƒ
๐ผ1 =
๐‘ƒ1 |๐œƒ0
๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ
1
1
=∫
๐‘‘๐›ผ
=
−
∫
2
๐‘ง2
0 (๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ)
๐‘’+๐›ฟ
1
๐‘ง−๐›ฟ 2
√
๐‘’ 1−( ๐‘’ )
๐‘‘๐‘ง
dove ho effettuato la sostituzione
๐‘ง−๐›ฟ
๐‘ง−๐›ฟ
โŸน ๐›ผ = cos −1
โŸน ๐‘‘๐›ผ = −
๐‘’
๐‘’
๐‘ง = ๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ โŸน cos ๐›ผ =
๐›ผ =0โŸน๐‘ง =๐‘’+๐›ฟ
{
๐›ผ = ๐œƒ โŸน ๐‘ง = ๐‘’ cos ๐œƒ + ๐›ฟ
๐‘‘๐‘ง
๐‘ง−๐›ฟ 2
๐‘’√1 − ( ๐‘’ )
Effettuando ora l’ulteriore sostituzione
(๐›ฟ + ๐‘’) − (๐›ฟ − ๐‘’)๐‘ก 2
๐‘ง=
โŸน
1 − ๐‘ก2
๐‘ง − (๐›ฟ + ๐‘’)
๐‘ก =
โŸน
๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’)
2
๐‘‘๐‘ง =
4๐‘’๐‘ก
๐‘‘๐‘ก
(1 − ๐‘ก 2 )2
e considerando la primitiva (gli estremi di integrazione li riconsideriamo alla fine) si ha
๐‘ƒ1 = − ∫
1
๐‘ง2
1
๐‘‘๐‘ง =
๐‘ง
−
๐›ฟ
๐‘ง
−
๐›ฟ
๐‘’√(1 − ๐‘’ ) (1 + ๐‘’ )
1
๐‘‘๐‘ง
1
๐‘‘๐‘ง
= −∫ 2
= −∫ 2
=
๐‘ง √(๐‘’ − ๐‘ง + ๐›ฟ)(๐‘’ + ๐‘ง − ๐›ฟ)
๐‘ง
√−(๐‘ง − (๐›ฟ + ๐‘’))(๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’))
= −∫
1
๐‘ง2
๐‘‘๐‘ง
=
๐‘ง − (๐›ฟ + ๐‘’)
(๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’))√−
๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’)
1
1
1
4๐‘’๐‘ก
=−
∫
๐‘‘๐‘ก =
2
2
2๐‘’
(๐›ฟ − ๐‘’)
(1 − ๐‘ก 2 )2
๐›ฟ+๐‘’
2
2
(
− ๐‘ก ) 1 − ๐‘ก 2 √−๐‘ก
๐›ฟ−๐‘’
(1 − ๐‘ก 2 )2
2
1 − ๐‘ก2
=−
∫
2 ๐‘‘๐‘ก =
๐‘–(๐›ฟ − ๐‘’)2
๐›ฟ+๐‘’
(
− ๐‘ก2 )
๐›ฟ−๐‘’
101
=−
2
∫
๐‘–(๐›ฟ − ๐‘’)2
1 − ๐‘ก2
2 ๐‘‘๐‘ก
2
=
๐›ฟ+๐‘’
๐›ฟ+๐‘’
− ๐‘ก) (√
+ ๐‘ก)
๐›ฟ−๐‘’
๐›ฟ−๐‘’
2๐‘–
1 − ๐‘ก2
=
∫
2
2 ๐‘‘๐‘ก =
(๐›ฟ − ๐‘’)2
๐›ฟ
+
๐‘’
๐›ฟ
+
๐‘’
(√
− ๐‘ก) (√
+ ๐‘ก)
๐›ฟ−๐‘’
๐›ฟ−๐‘’
=
2๐‘–
∫
(๐›ฟ − ๐‘’)2
๐ถ11
√๐›ฟ + ๐‘’ − ๐‘ก
( ๐›ฟ−๐‘’
(√
+
๐ถ12
2
+
๐ถ21
√๐›ฟ + ๐‘’ + ๐‘ก
๐›ฟ−๐‘’
+
๐ถ22
2
๐‘‘๐‘ก =
๐›ฟ+๐‘’
๐›ฟ+๐‘’
(√
− ๐‘ก)
(√
+ ๐‘ก)
๐›ฟ−๐‘’
๐›ฟ−๐‘’
)
ฬ…
2๐‘–
๐ถ12 ๐‘
๐ถ22 ๐‘
=
(−๐ถ11 ln ๐‘ฬ… +
+ ๐ถ21 ln ๐‘ −
)
2
(๐›ฟ − ๐‘’)
|๐‘|
|๐‘|
dove si è posto
๐‘(๐œƒ) = √
๐›ฟ+๐‘’
1 − cos ๐œƒ
๐›ฟ+๐‘’
1 − cos ๐œƒ
๐›ฟ + ๐‘’ 1 − cos ๐œƒ
+ ๐‘–√
โŸน ๐‘ฬ…(๐œƒ) = √
− ๐‘–√
โŸน |๐‘(๐œƒ)| = √
+
๐›ฟ−๐‘’
1 + cos ๐œƒ
๐›ฟ−๐‘’
1 + cos ๐œƒ
๐›ฟ − ๐‘’ 1 + cos ๐œƒ
๐›ฟ+๐‘’
Per i coefficienti dello sviluppo di Heaviside, ponendo ๐œ€ = √๐›ฟ−๐‘’, si trova
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
−2๐‘ก
1 − ๐‘ก2
|
=
๐ท
|
=
−
2
|
(๐œ€ − ๐‘ก)2 (๐œ€ + ๐‘ก)2
(๐œ€ + ๐‘ก)2
(๐œ€ + ๐‘ก)2
(๐œ€ + ๐‘ก)3
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
−2๐œ€ 1 − ๐œ€ 2 −2๐œ€ 2 − 1 + ๐œ€ 2
๐œ€2 + 1
= 2−
=
=−
4๐œ€
4๐œ€ 3
4๐œ€ 3
4๐œ€ 3
๐ถ11 = ๐ท (๐œ€ − ๐‘ก)2
๐ถ12 = (๐œ€ − ๐‘ก)2
๐ถ21
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
1 − ๐œ€2
|
=
|
=
(๐œ€ − ๐‘ก)2 (๐œ€ + ๐‘ก)2
(๐œ€ + ๐‘ก)2
4๐œ€ 2
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
−2๐‘ก
1 − ๐‘ก2
|
=๐ท
|
=
−2
|
(๐œ€ − ๐‘ก)2 (๐œ€ + ๐‘ก)2
(๐‘ก − ๐œ€)2
(๐‘ก − ๐œ€)2
(๐‘ก − ๐œ€)3
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
2๐œ€ 1 − ๐œ€ 2 2๐œ€ 2 + 1 − ๐œ€ 2 ๐œ€ 2 + 1
= 2+
=
=
4๐œ€
4๐œ€ 3
4๐œ€ 3
4๐œ€ 3
= ๐ท (๐œ€ + ๐‘ก)2
๐ถ22
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
1 − ๐œ€2
= (๐œ€ + ๐‘ก)
|
=
|
=
(๐œ€ − ๐‘ก)2 (๐œ€ + ๐‘ก)2
(๐œ€ − ๐‘ก)2
4๐œ€ 2
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
2
Analogamente si trova per l’altra primitiva
2๐‘–
๐ถ12 ′ ๐‘ ๐ถ13 ′ ๐‘ 2
๐ถ22 ′ ๐‘ฬ… ๐ถ23 ′ ๐‘ฬ… 2
′
′
ฬ…
๐‘ƒ2 =
(−๐ถ11 ln ๐‘ +
+
+ ๐ถ21 ln ๐‘ −
−
)
(๐›ฟ − ๐‘’)3
|๐‘|
|๐‘|2
|๐‘|
|๐‘|2
Per i coefficienti dello sviluppo di Heaviside si ha
102
1
1 − ๐‘ก2
1 2๐‘ก๐œ€ − ๐‘ก 2 + 3
๐œ€2 + 3
๐ถ11 ′ = ๐ท2 (๐œ€ − ๐‘ก)3
|
=
−
๐ท
|
=
(๐œ€ − ๐‘ก)3 (๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ + ๐‘ก)4
2
2
16๐œ€ 5
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
−2๐‘ก
1 − ๐‘ก2
|
=
๐ท
|
=
−
3
|
(๐œ€ − ๐‘ก)3 (๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ + ๐‘ก)4
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
−2๐œ€
1 − ๐œ€ 2 −4๐œ€ 2 − 3 + 3๐œ€ 2
๐œ€2 + 3
= 3 −3
=
=−
8๐œ€
16๐œ€ 4
16๐œ€ 4
16๐œ€ 4
๐ถ12 ′ = ๐ท (๐œ€ − ๐‘ก)3
๐ถ13
๐ถ21
๐ถ22
′
′
′
= (๐œ€ − ๐‘ก)3
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
1 − ๐œ€2
|
=
|
=
(๐œ€ − ๐‘ก)3 (๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ + ๐‘ก)3
8๐œ€ 3
๐‘ก=๐œ€
๐‘ก=๐œ€
1 2
1 − ๐‘ก2
1 −2๐‘ก๐œ€ − ๐‘ก 2 + 3
๐œ€2 + 3
3
(๐œ€
= ๐ท
+ ๐‘ก)
|
= ๐ท
|
=
(๐œ€ − ๐‘ก)3 (๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ − ๐‘ก)4
2
2
16๐œ€ 5
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
−2๐‘ก
1 − ๐‘ก2
|
=๐ท
|
=
+3
|
(๐œ€ − ๐‘ก)3 (๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ − ๐‘ก)3
(๐œ€ − ๐‘ก)3
(๐œ€ − ๐‘ก)4
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
2๐œ€
1 − ๐œ€ 2 4๐œ€ 2 + 3 − 3๐œ€ 2 ๐œ€ 2 + 3
= 3+3
=
=
8๐œ€
16๐œ€ 4
16๐œ€ 4
16๐œ€ 4
= ๐ท (๐œ€ + ๐‘ก)3
๐ถ23
′
1 − ๐‘ก2
1 − ๐‘ก2
1 − ๐œ€2
= (๐œ€ + ๐‘ก)
|
=
|
=
(๐œ€ − ๐‘ก)3 (๐œ€ + ๐‘ก)3
(๐œ€ − ๐‘ก)3
8๐œ€ 3
๐‘ก=−๐œ€
๐‘ก=−๐œ€
3
In conclusione l’andamento della pressione
′
10.10) ๐‘(๐œƒ) =
๐ถ11 = −
๐ถ11 ′ =
12๐‘–๐œ‡๐‘‰๐‘…๐‘
(๐›ฟ−๐‘’)2
(−๐ถ11 ln ๐‘ฬ…
๐œ€2 + 1
4๐œ€ 3
๐œ€2 + 3
16๐œ€ 5
๐ถ12 ๐‘
+ |๐‘|
๐ถ12 =
๐ถ12 ′ = −
๐œ€2 + 3
16๐œ€ 4
+ ๐ถ21 ln ๐‘ −
1 − ๐œ€2
4๐œ€ 2
๐ถ13 ′ =
๐ถ22 ๐‘ฬ…
|๐‘|
− โ„Žฬ…
๐ถ21 ′ =
′
′
|๐‘|
|๐‘|
๐›ฟ−๐‘’
๐ถ21 =
1 − ๐œ€2
8๐œ€ 3
′
ฬ… ๐ถ23 ๐‘
ฬ…2
๐ถ
๐‘ ๐ถ13 ๐‘2
๐ถ22 ๐‘
′
−๐ถ11 ′ ln ๐‘ฬ…+ 12
+
2 +๐ถ21 ln ๐‘− |๐‘| −
2
|๐‘|
๐œ€2 + 1
4๐œ€ 3
๐œ€2 + 3
16๐œ€ 5
๐ถ22 =
๐ถ22 ′ =
๐œ€2 + 3
16๐œ€ 4
)
1 − ๐œ€2
4๐œ€ 2
๐ถ23 ′ =
1 − ๐œ€2
8๐œ€ 3
๐›ฟ+๐‘’
1 − cos ๐œƒ
๐›ฟ+๐‘’
1 − cos ๐œƒ
๐›ฟ + ๐‘’ 1 − cos ๐œƒ
๐‘(๐œƒ) = √
+ ๐‘–√
โŸน ๐‘ฬ…(๐œƒ) = √
− ๐‘–√
โŸน |๐‘(๐œƒ)| = √
+
๐›ฟ−๐‘’
1 + cos ๐œƒ
๐›ฟ−๐‘’
1 + cos ๐œƒ
๐›ฟ − ๐‘’ 1 + cos ๐œƒ
avendo assunto ๐‘(๐œƒ = 0) = ๐‘0 = 0. Considerando che i coefficienti hanno stesso modulo a due a
due la funzione può essere scritta in modo più compatto:
10.11) ๐‘(๐œƒ) =
12๐‘–๐œ‡๐‘‰๐‘…๐‘
(๐›ฟ−๐‘’)2
2
(๐ถ21 ln|๐‘| +
๐‘−๐‘ฬ…
๐ถ12 |๐‘|
ฬ…
๐‘+๐‘
−
ฬ…2
๐‘2 −๐‘
๐ถ21 ′ ln|๐‘|2 +๐ถ12 ′ |๐‘| +๐ถ13 ′
|๐‘|2
โ„Žฬ…
๐›ฟ−๐‘’
)
Si osservi che la funzione presenta periodo 2๐œ‹ essendo la parte immaginaria di ๐‘ una funzione
periodica di periodo 2๐œ‹. Avendo assunto che la pressione sia nulla in ๐œƒ = 0 dobbiamo tuttavia
imporre che questa assunzione sia realmente verificata dalla funzione 10.11. Tale imposizione
permette di ricavare l’altezza โ„Žฬ… in corrispondenza della quale si annulla il gradiente della pressione
103
e la pressione assume il suo massimo valore. Tuttavia ottengo una altezza negativa, dunque ci
devono essere degli errori. D’altra parte la pressione risulta espressa come funzione complessa, e
non sembra che si possa ridurre a una funzione reale, quindi il risultato pare poco attendibile.
Sopra ho posto ๐œ€ = √(๐›ฟ + ๐‘’)⁄(๐›ฟ − ๐‘’) quantità positiva essendo, con riferimento alla figura, ๐ด๐ต +
๐‘…๐‘ + ๐‘’ + ๐‘…๐‘ = 2๐‘…๐‘ โŸบ ๐ด๐ต = ๐‘…๐‘ − ๐‘…๐‘ − ๐‘’ = ๐›ฟ − ๐‘’.
104
Integrando la 10.11 sull’angolo giro si ottiene la risultante della spinta fornita dal lubrificante, per
unità di profondità del cuscinetto. Imponendo che tale spinta bilanci il carico è possibile ricavare
l’eccentricità. In figura sono riportati gli andamenti della pressione e del suo gradiente, oltre che la
spinta idrodinamica, distinguendo la forza dovuta alle pressioni positive da quella dovuta alle
pressioni negative.
Per la velocità del lubrificante vale ancora la 9.9 la quale in questo caso si scrive
1 ๐‘‘๐‘(๐œƒ) 1
10.12) ๐‘‰๐‘ฅ (๐œƒ, ๐‘ง) = 2๐œ‡
๐‘‘๐œƒ
๐‘…๐‘
๐œ”๐‘…๐‘
(๐‘ง − โ„Ž(๐œƒ))๐‘ง + โ„Ž(๐œƒ)
essendo ๐œ” la velocità angolare del perno. Sostituendo nella 10.12 l’altezza 10.8 e il gradiente 10.9
si ottiene in definitiva
ฬ…
๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ−โ„Ž
๐œ”๐‘…๐‘
10.13) ๐‘‰๐‘ฅ (๐œƒ, ๐‘ง) = 3๐œ”๐‘…๐‘ (๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ)3 (๐‘ง − ๐‘’ cos ๐œƒ − ๐›ฟ)๐‘ง + ๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ
Per avere gli sforzi tangenziali che il lubrificante esercita sul perno, all’interfaccia, si ricorre alla
formula di Petroff 9.2 la quale porge
๐œ๐‘ง๐‘ฅ = ๐œ‡
๐œ•๐‘‰๐‘ฅ
๐‘’ cos ๐œƒ + ๐›ฟ − โ„Žฬ…
(2๐‘ง − ๐‘’ cos ๐œƒ − ๐›ฟ)
= 3๐œ”๐‘…๐‘ ๐œ‡
(๐‘’ cos ๐œƒ + ๐›ฟ)3
๐œ•๐‘ง
e si pone ๐‘ง = โ„Ž(๐œƒ) ottenendo
ฬ…
๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ−โ„Ž
10.14) ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐œƒ) = 3๐œ”๐‘…๐‘ ๐œ‡ (๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ)2
Ora, data la geometria del sistema e la sua simmetria, la sollecitazione resistente esercitata dal
lubrificante sul perno sarà equivalente a una coppia e a una risultante nulla15. Per valutare la coppia,
se ๐ฟ è la profondità del cuscinetto cioè la sua lunghezza in direzione assiale, si deve calcolare
ฬ…
2๐œ‹ ๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ−โ„Ž
2๐œ‹
10.15) ๐‘€ = ๐‘…๐‘ ๐‘‡ = ๐‘…๐‘ ∫0 ๐œ๐‘ง๐‘ฅ (๐œƒ)๐ฟ๐‘…๐‘ ๐‘‘๐œƒ = 3๐œ”๐œ‡๐ฟ๐‘…๐‘3 ∫0
(๐‘’ cos ๐œƒ+๐›ฟ)2
๐‘‘๐œƒ
Questo calcolo segue il procedimento già visto per l’integrazione del gradiente della pressione.
Effettuando la sostituzione
๐‘ง = ๐‘’ cos ๐›ผ + ๐›ฟ โŸน cos ๐›ผ =
๐‘ง−๐›ฟ
๐‘ง−๐›ฟ
โŸน ๐›ผ = cos −1
โŸน ๐‘‘๐›ผ = −
๐‘’
๐‘’
1
๐‘ง−๐›ฟ 2
๐‘’√1 − (
)
๐‘’
si ha
๐œƒ=2๐œ‹
๐‘€ = −3๐œ”๐œ‡๐ฟ๐‘…๐‘3 ∫
๐œƒ=0
๐‘ง − โ„Žฬ…
๐‘ง2
15
1
2
√ 1 − (๐‘ง − ๐›ฟ )
๐‘’
๐‘‘๐‘ง =
La risultante è nulla vista la simmetria della funzione 10.14 rispetto a ๐œƒ = ๐œ‹; per cui, se ci si pensa un attimo, la
risultante della forza di taglio deve annullarsi.
105
๐œƒ=2๐œ‹
3๐œ”๐œ‡๐ฟ๐‘…๐‘2
=−
๐‘’
∫
(
๐œƒ=0
๐œƒ=2๐œ‹
๐‘‘๐‘ง
๐‘ง−๐›ฟ 2
๐‘ง√1 − ( ๐‘’ )
− โ„Žฬ… ∫
๐œƒ=0
๐‘‘๐‘ง
๐‘ง−๐›ฟ 2
๐‘ง 2 √1 − ( ๐‘’ ) )
Effettuando ora l’ulteriore sostituzione
๐‘ก2 =
๐‘ง − (๐›ฟ + ๐‘’)
โŸน
๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’)
๐‘ง=
(๐›ฟ + ๐‘’) − (๐›ฟ − ๐‘’)๐‘ก 2
โŸน
1 − ๐‘ก2
๐‘‘๐‘ง =
4๐‘’๐‘ก
๐‘‘๐‘ก
(1 − ๐‘ก 2 )2
si trova
๐œƒ=2๐œ‹
๐‘€ = −3๐œ”๐œ‡๐ฟ๐‘…๐‘3 ∫
(
1
๐‘ง
๐‘‘๐‘ง
๐‘ง − (๐›ฟ + ๐‘’)
(๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’))√−
๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’)
− โ„Žฬ… ∫
1
๐‘ง2
๐‘‘๐‘ง
๐‘ง − (๐›ฟ + ๐‘’)
(๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’))√−
๐‘ง − (๐›ฟ − ๐‘’))๐œƒ=0
=
๐œƒ=2๐œ‹
ฬ…
6๐‘–๐œ”๐œ‡๐ฟ๐‘…๐‘2
1
โ„Ž
1 − ๐‘ก2
=
(∫
๐‘‘๐‘ก −
∫
๐‘‘๐‘ก)
(๐œ€ − ๐‘ก)(๐œ€ + ๐‘ก)
๐›ฟ−๐‘’
๐›ฟ − ๐‘’ (๐œ€ − ๐‘ก)2 (๐œ€ + ๐‘ก)2
๐œƒ=0
Consideriamo il primo integrale:
∫
1
๐ด
๐ต
๐‘‘๐‘ก = ∫ (
+
) ๐‘‘๐‘ก = −๐ด ln(๐œ€ − ๐‘ก) + ๐ต ln(๐œ€ + ๐‘ก) =
(๐œ€ − ๐‘ก)(๐œ€ + ๐‘ก)
๐œ€−๐‘ก ๐œ€+๐‘ก
ln(๐œ€ − ๐‘ก) ln(๐œ€ + ๐‘ก)
=−
+
2๐œ€
2๐œ€
Il secondo integrale è stato calcolato quando ho integrato il gradiente di pressione. Dunque si ha
ฬ… ln ๐‘
ฬ…
6๐‘–๐œ”๐œ‡๐ฟ๐‘…3๐‘ ln ๐‘
โ„Žฬ…
๐ถ ๐‘
๐ถ ๐‘
ฬ… + 12 + ๐ถ21 ln ๐‘ − 22 ))
๐‘€=
(
+
−
(−๐ถ11 ln ๐‘
|๐‘|
|๐‘|
๐›ฟ−๐‘’
2๐œ€
2๐œ€ ๐›ฟ − ๐‘’
๐œƒ=2๐œ‹
=0
๐œƒ=0
Si ottiene una coppia resistente nulla: mi pare che questo modello matematico sia del tutto
inadeguato, o forse l’ho sviluppato male io.
๏‚ท Semicuscinetto. Il modello del cuscinetto completo di
Sommerfeld prevede valori negativi della pressione sulla
parte superiore della superficie del perno (si assume che il
carico sia verticale e che l’eccentricità sia orizzontale).
Tuttavia questa circostanza trova scarso riscontro nella
realtà. Esiste un modello appena più complesso, quello del
semicuscinetto, il quale elimina l’ipotesi che l’eccentricità
sia orizzontale (assunto sempre verticale il carico) e
introduce un angolo ๐›ฝ a definire appunto l’orientamento
dell’eccentricità rispetto all’orizzontale. In tali ipotesi
l’altezza del meato è descritta dalla funzione
10.16) โ„Ž(๐œƒ) = ๐›ฟ + ๐‘’ cos(๐œƒ − ๐›ฝ)
106
Inoltre si fa l’ipotesi che ๐‘(๐œƒ = 0) = ๐‘(๐œƒ = ๐œ‹). Ciò posto si procede esattamente come nel caso
del cuscinetto completo. Si ricorda che i parametri da determinare sono
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
l’eccentricità ๐‘’
lo sfasamento ๐›ฝ
l’altezza โ„Žฬ… in cui la pressione raggiunge il suo massimo
Le condizioni da imporre sono invece
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๐‘(๐œƒ = 0) = ๐‘(๐œƒ = ๐œ‹)
che la risultante delle pressioni abbia componente orizzontale nulla
che la risultante delle pressioni abbia componente verticale pari al carico ๐‘ƒ che grava sul
perno
Comunque anche questo modello, come indicato in figura, prevede delle regioni a pressione
negativa, e dunque non risulta del tutto aderente alla realtà. Esistono modelli ancora più sofisticati
per il cuscinetto a lubrificazione idrodinamica quali quello del Gümble e quello del Reynolds, che
un giorno esaminerò, se potrò.
107
Capitolo 11. Dinamica dei meccanismi
11.1. Classificazione delle forze e principio di d’Alembert.
Le forze
vengono classificate in 8 categorie le quali tuttavia possono avere delle intersezioni.
๏‚ท Forze esterne. Tutte le forze che agiscono su un corpo.
๏‚ท Forze interne. Quelle forze che agiscono sulle parti disgregate di un corpo. La distinzione fra
forze esterne e forze interne è arbitraria, nel senso che se esamino la slitta di un manovellismo, le
forze agenti su di essa sono forze esterne; ma se esamino tutto il manovellismo, la forza che la
biella esercita su esse diventa una forza interna.
๏‚ท Forze motrici. Tutte quelle che realizzano un lavoro positivo durante il moto del corpo.
๏‚ท Forze resistenti. Sono quelle che realizzano un lavoro negativo durante il moto. Si distinguono a
loro volta in due classi:
๏‚ท utili sono quelle che si oppongono al moto senza determinare dissipazione di energia, come
ad esempio pesi e carichi in genere;
๏‚ท passive sono quelle che risultano da attriti, isteresi e altro, le quali dunque determinano una
perdita di energia in calore, in deformazioni plastiche.
๏‚ท Forze vincolari. Sono quelle scambiate fra i membri cinematici in corrispondenza degli elementi
cinematici. Escludiamo da questa categoria le forze dovute alla non idealità dei vincoli, le quali
rientrano invece fra le forze resistenti passive.
๏‚ท Forze attive. Sono tutte le forze non vincolari. Le forze motrici, così come le forze resistenti sono
forze attive. Esempi di forze attive sono le forze dissipative, i carichi, le forze di campo (forze
elettromagnetiche e forze gravitazionali).
๏‚ท Forze effettive. Sono tutte quelle che contribuiscono alla accelerazione del corpo rispetto a un
sistema di riferimento inerziale. Le forze vincolari sono sempre effettive; le forze motrici possono
non esserlo (si pensi al caso in cui il moto sia dovuto alle forze centrifughe le quali sono forze
d’inerzia) così come le forze attive.
๏‚ท Forze d’inerzia o forze apparenti. Sono le forze che devono essere introdotte per giustificare la
quiete di un corpo rispetto a un sistema di riferimento solidale al corpo stesso e non inerziale.
Queste forze fittizie sono dovute alla resistenza che la massa offre all’accelerazione. Se allora
indico con ๐น ๐‘’ la risultante delle forze effettive agenti su un elemento materiale, e con ๐น ๐‘– la
risultante delle forze di inerzia agenti sullo stesso elemento, in un sistema di riferimento solidale
all’elemento deve verificarsi la relazione
11.1) โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘’ + โƒ—โƒ—โƒ—
๐น๐‘– = 0
Questa relazione prende il nome di principio di d’Alembert e può essere estesa, come verrà
indicato dopo, ai meccanismi. La rilevanza di tale principio consiste nella possibilità di applicare il
PLV anche nel caso di non equilibrio meccanico, dato che, in un sistema di riferimento solidale
all’elemento si ha equilibrio purché si mettano in conto le forze d’inerzia. Detto allora ๐›ฟ๐‘Š il lavoro
virtuale e ๐›ฟ๐‘Ÿ lo spostamento virtuale, il principio di d’Alembert insieme al PLV permettono di
scrivere la relazione
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—๐‘’ + โƒ—โƒ—โƒ—
11.2) ๐›ฟ๐‘Š = (๐น
๐น ๐‘– ) โˆ™ ๐›ฟ๐‘Ÿ = 0
Se indico ๐‘Ž l’accelerazione dell’elemento rispetto a un sistema di riferimento inerziale, deve
risultare
108
11.3) โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– = −๐‘š๐‘Ž
Infatti il secondo principio della dinamica porge โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘’ = ๐‘š๐‘Ž e dunque dalla 11.1 segue la 11.3. Ma
allora la 11.2 si scrive
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—๐‘’ − ๐‘š๐‘Ž ) โˆ™ ๐›ฟ๐‘Ÿ = 0
11.4) ๐›ฟ๐‘Š = (๐น
L’utilità di questa formula sarà illustrata nel seguito.
11.2. Forze di inerzia per moto rotatorio.
Il moto rispetto a un sistema di
riferimento inerziale sia una rotazione rispetto intorno a un punto fisso ๐‘‚. Mi propongo di ricavare
la sollecitazione ridotta della sollecitazione dovuta alle forze di inerzia, che in questo caso coincide
con la sollecitazione centrifuga. Ci mettiamo nel caso generale di una rotazione accelerata, caso non
trattato nel corso di Meccanica Razionale, dove ci siamo limitati alla rotazione uniforme.
Il sistema di riferimento sia scelto con origine in ๐‘‚ e con asse ๐‘ฅ passante per il baricentro ๐บ del
corpo. Allora la forza di inerzia agente sulla massa elementare ๐‘‘๐‘š di posizione ๐‘ƒ ≡ (๐‘ฅ, ๐‘ฆ) ≡
(๐‘Ÿ cos ๐œƒ , ๐‘Ÿ sin ๐œƒ) è data, in base alla 11.3 da
โƒ—โƒ—โƒ—๐‘– = −๐‘Ž๐‘‘๐‘š = (๐œ”2 ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ − ๐›ผ๐‘Ÿ๐œฬ‚ )๐‘‘๐‘š
11.5) ๐‘‘๐น
Ma essendo
11.6) {
๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ = ๐‘ฅ๐‘–ฬ‚ + ๐‘ฆ๐‘—ฬ‚
๐‘Ÿ๐œฬ‚ = −๐‘Ÿ(๐‘–ฬ‚ sin ๐œƒ − ๐‘—ฬ‚ cos ๐œƒ) = −๐‘ฆ๐‘–ฬ‚ + ๐‘ฅ๐‘—ฬ‚
risulta
โƒ—โƒ—โƒ—๐‘– = (๐œ”2 (๐‘ฅ๐‘–ฬ‚ + ๐‘ฆ๐‘—ฬ‚) + ๐›ผ(๐‘ฆ๐‘–ฬ‚ − ๐‘ฅ๐‘—ฬ‚))๐‘‘๐‘š = ((๐œ”2 ๐‘ฅ + ๐›ผ๐‘ฆ)๐‘–ฬ‚ + (๐œ”2 ๐‘ฆ − ๐›ผ๐‘ฅ)๐‘—ฬ‚)๐‘‘๐‘š
11.7) ๐‘‘๐น
Dunque le componenti della risultante della sollecitazione centrifuga, sono date da
109
๐น๐‘ฅ๐‘– = โˆฌ(๐œ”2 ๐‘ฅ + ๐›ผ๐‘ฆ)๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ = โˆฌ ๐œ”2 ๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ + โˆฌ ๐›ผ๐‘ฆ๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ = ๐œ”2 ๐‘š๐‘ฅ๐บ + ๐›ผ๐‘š๐‘ฆ๐บ = ๐œ”2 ๐‘š๐‘ฅ๐บ
โ„’
โ„’
โ„’
๐น๐‘ฆ๐‘– = โˆฌ(๐œ”2 ๐‘ฆ − ๐›ผ๐‘ฅ)๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ = โˆฌ ๐œ”2 ๐‘ฆ๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ − โˆฌ ๐›ผ๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ = ๐œ”2 ๐‘š๐‘ฆ๐บ − ๐›ผ๐‘š๐‘ฆ๐บ = −๐›ผ๐‘š๐‘ฅ๐บ
โ„’
โ„’
โ„’
Dunque abbiamo trovato la risultante
11.8) โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– = ๐œ”2 ๐‘š๐‘ฅ๐บ ๐‘–ฬ‚ − ๐›ผ๐‘š๐‘ฅ๐บ ๐‘—ฬ‚
Come si vede la forza di inerzia presenta una componente radiale la quale si oppone
all’accelerazione centripeta, e una componente tangenziale la quale si oppone alla accelerazione
angolare. Per ottenere la sollecitazione ridotta dobbiamo ora calcolare il momento totale della
sollecitazione centrifuga rispetto a un dato punto e applicare la risultante in un punto tale per cui il
suo momento rispetto a quello stesso polo sia uguale a quello della sollecitazione centrifuga.
Consideriamo allora il momento totale rispetto a ๐‘‚. Considerando la 11.7 ottengo
๐‘–ฬ‚
๐‘—ฬ‚
๐‘–
๐‘–
2
2
โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘€๐‘‚ = − โˆฌโ„’ ๐‘‘๐น × (๐‘ฅ๐‘–ฬ‚ + ๐‘ฆ๐‘—ฬ‚)๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ = − โˆฌโ„’ ๐‘‘๐‘’๐‘ก ((๐œ” ๐‘ฅ + ๐›ผ๐‘ฆ) (๐œ” ๐‘ฆ − ๐›ผ๐‘ฅ)
๐‘ฅ
๐‘ฆ
2
2
= − โˆฌโ„’ ((๐œ” ๐‘ฅ + ๐›ผ๐‘ฆ)๐‘ฆ − (๐œ” ๐‘ฆ − ๐›ผ๐‘ฅ)๐‘ฅ)๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ=
๐‘˜ฬ‚
0) ๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ=
0
= โˆฌ(−(๐œ”2 ๐‘ฅ๐‘ฆ + ๐›ผ๐‘ฆ 2 ) + (๐œ”2 ๐‘ฅ๐‘ฆ − ๐›ผ๐‘ฅ 2 ))๐‘‘๐‘ฅ๐‘‘๐‘ฆ = −๐œ”2 ๐ผ๐‘ฅ๐‘ฆ − ๐›ผ๐ผ๐‘ฅ + ๐œ”2 ๐ผ๐‘ฅ๐‘ฆ − ๐›ผ๐ผ๐‘ฆ = −๐›ผ๐ผ๐‘ง
โ„’
dove ๐ผ๐‘ง indica il momento di inerzia rispetto all’asse ortogonale al piano e passante per ๐‘‚. Volendo
poi far comparire ๐ผ๐บ , momento di inerzia rispetto all’asse bari centrale parallelo all’asse di rotazione
๐‘ง, si può ricorrere al teorema di Huygens e scrivere
โƒ—โƒ— ๐‘‚๐‘– = −๐›ผ(๐‘š๐‘ฅ๐บ2 + ๐ผ๐บ )
11.9) ๐‘€
โƒ—โƒ—โƒ—๐‘– e l’asse ๐‘ฅ. In tal caso il momento
Ora sia ๐ถ il punto di intersezione fra la retta di azione di ๐น
appena calcolato si deve poter scrivere
โƒ—โƒ— ๐‘‚๐‘– = ๐น๐‘ฆ๐‘– ๐‘ฅ๐ถ ๐‘˜ฬ‚ = −๐›ผ๐‘š๐‘ฅ๐บ ๐‘ฅ๐ถ ๐‘˜ฬ‚
11.10) ๐‘€
Uguagliando allora le 11.9, 11.10 si conclude
๐ผ
11.11) ๐‘ฅ๐ถ = ๐‘ฅ๐บ + ๐‘š๐‘ฅ๐บ
๐บ
Il punto ๐ถ prende il nome di centro di percussione. Si vuole osservare che nel caso particolare in
cui la rotazione avvenisse intorno al baricentro la sollecitazione equivalente sarebbe costituita dalla
sola coppia ๐‘€๐‘– = −๐›ผ๐ผ๐บ , come si deduce dalle 11.8, 11.9.
11.3. Forze di inerzia per moto piano generico.
Passiamo ora a considerare il
generico moto piano. Per fare questo introduciamo il sistema di riferimento mobile ๐‘…Γ(๐บ; ๐œ‰, ๐œ‚, ๐œ) il
quale abbia origine nel baricentro e abbia assi ad orientamento fisso rispetto al sistema di
110
riferimento inerziale ๐‘…๐ถ(๐‘‚; ๐‘ฅ, ๐‘ฆ, ๐‘ง). Preso allora una porzione del corpo di massa ๐‘‘๐‘š occupante la
posizione ๐‘ƒ, in base alla teoria dei moti relativi, la sua accelerazione assoluta è data da
๐‘Ž(๐‘ƒ) = ๐‘Ž๐œ + ๐‘Ž๐‘Ÿ (๐‘ƒ) + ๐‘Ž๐‘ (๐‘ƒ)
dove compaiono, nell’ordine, l’accelerazione di trascinamento dovuta al moto del sistema di
riferimento bari centrale rispetto a quello fisso, l’accelerazione relativa della massa elementare
rispetto al sistema di riferimento mobile, e l’accelerazione di Coriolis. Di queste la prima coincide
con l’accelerazione del baricentro (o di qualunque altro punto solidale al sistema di riferimento
mobile), la terza è nulla (essendo nulla la velocità angolare di trascinamento) e la seconda è data da
๐‘Ž๐‘Ÿ (๐‘ƒ) = −๐œ”2 ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ + ๐›ผ × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚
Dunque la forza elementare di inerzia è data da
โƒ—โƒ—โƒ—๐‘– (๐‘ƒ) = −(๐‘Ž๐บ + ๐‘Ž๐‘Ÿ (๐‘ƒ))๐‘‘๐‘š = −๐‘Ž๐บ ๐‘‘๐‘š + ๐œ”2 ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š − ๐›ผ × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š
๐‘‘๐น
Integrando su tutto il corpo si ha la risultante
โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– = −๐‘Ž๐บ โˆฌ ๐‘‘๐‘š + ๐œ”2 โˆฌ ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š − ๐›ผ × โˆฌ ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š = −๐‘Ž๐บ ๐‘š + ๐œ”2 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐บ๐บ ๐‘š − ๐›ผ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐บ๐บ ๐‘š
โ„’
โ„’
โ„’
Dunque abbiamo la risultante
11.12) โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– = −๐‘Ž๐บ ๐‘š
Ma dove va applicata la risultante per ottenere la
sollecitazione ridotta della sollecitazione delle forze di
inerzia? Dobbiamo valutare il momento totale della
sollecitazione di inerzia rispetto a un punto qualsiasi, ad
esempio rispetto al baricentro. Si ha
โƒ—โƒ— ๐บ๐‘– = − โˆฌ ๐‘‘๐น
โƒ—โƒ—โƒ—๐‘– × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ = โˆฌ ๐‘Ž๐บ ๐‘‘๐‘š × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ − โˆฌ ๐œ”2 ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ + โˆฌ(๐›ผ × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š) × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ =
๐‘€
โ„’
โ„’
โ„’
โ„’
= โˆฌ(๐›ผ × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ) × ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š = โˆฌ(๐›ผ โˆ™ ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ )๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ ๐‘‘๐‘š − โˆฌ(๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ โˆ™ ๐‘Ÿ๐‘Ÿฬ‚ )๐›ผ ๐‘‘๐‘š = − โˆฌ ๐‘Ÿ 2 ๐›ผ ๐‘‘๐‘š =
โ„’
โ„’
โ„’
โ„’
= − โˆฌ ๐‘Ÿ 2 ๐›ผ๐‘‘๐‘š = −๐ผ๐บ ๐›ผ
โ„’
Dunque la sollecitazione ridotta della sollecitazione di inerzia è data da
11.13) {
โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– , ๐บ = −๐‘Ž๐บ ๐‘š
โƒ—โƒ— ๐‘– = −๐›ผ ๐ผ๐บ
๐‘€
โƒ—โƒ— ๐‘– = −๐›ผ ๐ผ๐บ .
ovvero dalla forza โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– = −๐‘Ž๐บ ๐‘š applicata al baricentro e alla coppia ๐‘€
111
11.4. Riduzione della sollecitazione di inerzia.
Ricordo che il sistema globale
della dinamica per un corpo rigido si scrive
11.14) {๐‘‘๐พโƒ—๐ด
๐‘‘๐‘ก
๐‘š๐‘Ž๐บ = ๐‘…โƒ—
โƒ—โƒ— ๐ด + ๐‘š๐‘ฃ๐บ × ๐‘ฃ๐ด
=๐‘€
dove
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๏‚ท
๐‘…โƒ— è la risultante della sollecitazione esterna agente sul corpo;
โƒ— × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—๐ด = ๐‘„
๐พ
๐บ๐ด = ๐‘š๐‘ฃ๐บ × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐บ๐ด è il momento della quantità di moto rispetto al generico polo ๐ด;
๐‘ฃ๐ด è la velocità del polo ๐ด
๐‘š è la massa complessiva del corpo.
Assumendo poi come polo del momento totale il baricentro ๐บ del corpo il sistema si semplifica:
๐‘š๐‘Ž๐บ = ๐‘…โƒ—
11.15) {๐‘‘๐พโƒ—๐บ
โƒ—โƒ— ๐บ
=๐‘€
๐‘‘๐‘ก
Si ricorda poi che l’espressione della derivata del momento, rispetto al baricentro, della quantità di
moto è data da
11.16)
โƒ—๐บ
๐‘‘๐พ
๐‘‘๐‘ก
= (๐ฝ๐œ‰ ๐œ”ฬ‡ ๐œ‰ − (๐ฝ๐œ‚ − ๐ฝ๐œ )๐œ”๐œ‚ ๐œ”๐œ )๐œ€ฬ‚1 + (๐ฝ๐œ‚ ๐œ”ฬ‡ ๐œ‚ − (๐ฝ๐œ − ๐ฝ๐œ‰ )๐œ”๐œ‰ ๐œ”๐œ )๐œ€ฬ‚2 + (๐ฝ๐œ ๐œ”ฬ‡ ๐œ − (๐ฝ๐œ‰ − ๐ฝ๐œ‚ )๐œ”๐œ‰ ๐œ”๐œ‚ )๐œ€ฬ‚3
dove si intende che il sistema di riferimento è la terna centrale di inerzia. Se in particolare
consideriamo allora un moto piano la 11.16 si scrive
โƒ—๐บ
๐‘‘๐พ
= ๐ฝ๐œ ๐œ”ฬ‡ ๐œ ๐œ€ฬ‚3
๐‘‘๐‘ก
Con la simbologia adottata nei precedenti paragrafi si scriverà
1.17)
โƒ—๐บ
๐‘‘๐พ
๐‘‘๐‘ก
= ๐ผ๐บ ๐›ผ
Dunque nel caso particolare di moto piano il sistema globale della dinamica si scrive
11.15) {
๐‘š๐‘Ž๐บ = ๐‘…โƒ—
โƒ—โƒ— ๐บ
๐ผ๐บ ๐›ผ
โƒ— =๐‘€
Se confrontiamo il sistema 11.15 con la sollecitazione ridotta della sollecitazione di inerzia
scopriamo allora che il sistema globale della dinamica può scriversi
11.16) {
๐‘…โƒ— + โƒ—โƒ—โƒ—
๐น๐‘– = 0
โƒ—โƒ— ๐บ + ๐‘€
โƒ—โƒ— ๐‘– = 0
๐‘€
112
Questo risultato si estende poi al generico moto spaziale, e la dimostrazione di questo risiede nella
definizione 11.3 di forza di inerzia per punto materiale, e nel procedimento con il quale si perviene
al sistema 11.14, procedimento per il quale si rimanda al trattato di Meccanica Razionale.
Supponendo di conoscere il momento totale della sollecitazione esterna rispetto al generico polo ๐‘‚,
piuttosto che rispetto al baricentro, allora poiché
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ— ๐‘‚ = ๐‘€
โƒ—โƒ— ๐บ + ๐‘…โƒ— × ๐บ๐‘‚
๐‘€
il sistema 11.16 può scriversi
11.17) {
๐‘…โƒ— + โƒ—โƒ—โƒ—
๐น๐‘– = 0
โƒ—โƒ— ๐‘‚ + โƒ—โƒ—โƒ—
โƒ—โƒ— ๐‘– = 0
๐‘€
๐น ๐‘– × โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐บ๐‘‚ + ๐‘€
11.5. Principio dei lavori virtuali.
Abbiamo visto che la sollecitazione
complessivamente agente su un corpo, rispetto a un sistema di riferimento a esso solidale è data
dalla somma della sollecitazione effettiva
{
๐‘…โƒ— , ๐บ
โƒ—โƒ— ๐บ
๐‘€
e della sollecitazione inerziale
{
โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– , ๐บ = −๐‘Ž๐บ ๐‘š
โƒ—โƒ— ๐‘– = −๐›ผ ๐ผ๐บ
๐‘€
le quali devono essere in equilibrio fra loro, data la quiete del corpo rispetto al sistema di
riferimento a esso solidale. Ma allora deve essere nullo, in base al PLV, il lavoro virtuale della
sollecitazione complessiva; deve cioè aversi
โƒ—โƒ— ๐‘– โˆ™ ๐œ”
โƒ—โƒ— ๐บ โˆ™ ๐œ”
11.18) ๐›ฟ๐‘Š = โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– โˆ™ ๐‘ฃ๐บ ๐‘‘๐‘ก + ๐‘€
โƒ— ๐‘‘๐‘ก + ๐‘…โƒ— โˆ™ ๐‘ฃ๐บ ๐‘‘๐‘ก + ๐‘€
โƒ— ๐‘‘๐‘ก = 0
ovvero
โƒ—โƒ— ๐‘– โˆ™ ๐œ”
11.19) ๐›ฟ๐‘Š = โƒ—โƒ—โƒ—
๐น ๐‘– โˆ™ ๐‘ฃ๐บ ๐‘‘๐‘ก + ๐‘€
โƒ— ๐‘‘๐‘ก + ∑๐‘›1 โƒ—โƒ—โƒ—โƒ—
๐‘“โ„Ž๐‘’ โˆ™ ๐‘ฃโ„Ž ๐‘‘๐‘ก = 0
dove la sollecitazione effettiva è espressa in maniera esplicita e non attraverso la sua riduzione. Si
sottolinea che
il sistema di spostamenti virtuali è valutato rispetto al sistema di riferimento solidale al
corpo, cioè quello in cui sussistono le forze di inerzia, immaginando di “scollare” da
esso il corpo in modo da imprimere lo spostamento virtuale.
Nel caso dei meccanismi, cioè di sistemi costituiti da più corpi rigidi, devono risultare nulli i lavori
virtuali relativi a ciascun membro; in tali lavori virtuali andranno considerate nella sollecitazione
effettiva anche le forze che i vari membri si scambiano fra loro. La condizione di annullamento di
ciascuno dei lavori virtuali comporta evidentemente l’annullamento della somma dei lavori virtuali;
d’altra parte, poiché il moto è uno e uno solo, data la sollecitazione esterna,
113
la soluzione16 che si ottiene uguagliando a zero la somma dei lavori virtuali è
esattamente quella che si ottiene uguagliando a zero ciascuno dei lavori virtuali.
Tuttavia la somma dei lavori virtuali può essere calcolata senza dovere calcolare ciascuno dei lavori
virtuali, questo perché è possibile dimostrare17 che
la somma dei lavori virtuali di ciascun membro di un meccanismo risulta data dal
lavoro effettuato dalla sollecitazione esterna effettiva e dalle forze di inerzia, in
corrispondenza del generico sistema di spostamenti virtuali, calcolati rispetto al
sistema di riferimento inerziale.
Si sottolinea che questo lavoro virtuale non ha un preciso significato fisico: questo perché
contempla nella sollecitazione esterna le forze di inerzia di ciascuno dei membri, forze che non
possono sussistere tutte insieme, a meno che non si pensi il meccanismo con un unico pezzo rigido.
Dunque questo lavoro non è il lavoro virtuale relativo a un corpo in equilibrio, come è giusto che
sia poiché se così fosse il suo annullamento comporterebbe l’assenza di moto relativo fra i membri
del meccanismo.
11.6. Problema diretto e problema inverso della dinamica.
La dinamica
studia le relazioni fra forze e movimento; è dunque evidente che i possibili approcci a un problema
dinamico sono due.
๏‚ท Problema diretto. Note le forze agenti sul meccanismo si cercano le funzioni cinematiche che ne
descrivono il moto. Se le coordinate lagrangiane del moto sono ๐‘›, allora la condizione di
annullamento dei lavori virtuali di ciascun membro si traduce in altrettante equazioni differenziali
del secondo ordine le cui incognite sono le leggi orarie delle coordinate lagrangiane. Si deve infatti
imporre l’annullamento dei coefficienti di ciascuno degli spostamenti virtuali (in modo tale che i
lavori virtuali siano nulli in corrispondenza a ogni sistema di spostamenti virtuali, come richiede
appunto il PLV). Volendo invece risolvere il sistema globale della dinamica si devono affrontare sei
equazioni scalari per ciascun membro.
๏‚ท Problema inverso. Noto il moto si risale alle forze che lo determinano. Anche qui si può ricorrere
al sistema globale della dinamica oppure al PLV.
11.7. Meccanismo scoth-yoke, problema diretto.
Riprendiamo il meccanismo
studiato, in condizioni statiche, nel paragrafo 7.8 e estendiamo l’analisi al caso in cui non si
verifichi equilibrio meccanico. A sinistra abbiamo il meccanismo, a destra esso è disgregato nelle
16
Si intende il legame fra forze e leggi orarie del moto.
La dimostrazione sembra poco intellegibile, dunque mi limito a provare che ciò risulta vero negli esempi discussi nei
successivi paragrafi. In realtà potrebbe anche non essere vera in generale questa proprietà; infatti nel libro di testo non
se ne fa menzione.
17
114
sue due componenti: la manovella è il glifo. Sono indicate poi le relative forze di inerzia e le forze
effettive, che sono l’insieme delle forze esterne e delle forze interne, ovvero le reazioni che si
scambiano i due membri. Per il lavoro virtuale della manovella abbiamo
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— + ๐น โˆ™ ๐›ฟ๐‘ 
โƒ—โƒ—โƒ—โƒ— − ๐‘€๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐‘  − ๐ผ๐œƒฬˆ๐›ฟ๐œƒ =
โƒ—โƒ— โˆ™ ๐›ฟ๐œƒ
๐›ฟ๐‘Š๐‘š = ๐‘€
= −๐‘€๐›ฟ๐œƒ − ๐น๐›ฟ๐‘  − ๐‘€๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐‘  − ๐ผ๐œƒฬˆ๐›ฟ๐œƒ
Per il lavoro virtuale del glifo si ha
๐›ฟ๐‘Š๐‘” = −๐น๐›ฟ๐‘  + ๐น๐›ฟ๐‘  + ๐‘€๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐‘  − ๐‘š๐‘ ฬˆ ๐›ฟ๐‘  = ๐‘€๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐‘  − ๐‘š๐‘ ฬˆ ๐›ฟ๐‘ 
Risultando poi
๐›ฟ๐‘  = −๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐œƒ
๐‘ ฬ‡ = −๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐œƒฬ‡
๐‘ ฬˆ = −๐‘Ÿ cos ๐œƒ ๐œƒฬ‡ + ๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐œƒฬˆ
i due lavori virtuali si riscrivono
๐›ฟ๐‘Š๐‘š = (−๐‘€ + ๐น๐‘Ÿ sin ๐œƒ + ๐‘€๐‘Ÿ 2 sin2 ๐œƒ − ๐ผ๐œƒฬˆ )๐›ฟ๐œƒ
sin 2๐œƒ
๐›ฟ๐‘Š๐‘” = (−๐‘€๐‘Ÿ 2 sin2 ๐œƒ − ๐‘š๐‘Ÿ 2
๐œƒฬ‡ + ๐‘š๐‘Ÿ 2 sin2 ๐œƒ ๐œƒฬˆ) ๐›ฟ๐œƒ
2
Sommando i due lavori virtuali e uguagliando a zero si ha l’equazione differenziale che governa il
moto del meccanismo
11.20) −๐‘€ + ๐น๐‘Ÿ sin ๐œƒ − ๐‘š๐‘Ÿ 2
sin 2๐œƒ
2
๐œƒฬ‡ + (๐‘š๐‘Ÿ 2 sin2 ๐œƒ − ๐ผ)๐œƒฬˆ = 0
Ora dimostro come il problema possa essere risolto molto più semplicemente considerando un
lavoro virtuale fittizio il quale contempli come forze le forze effettive esterne e le forze di inerzia
dei due membri, e come spostamenti un sistema di spostamenti virtuali. Detto ๐›ฟ๐‘Š tale lavoro si ha
๐›ฟ๐‘Š = −๐‘€๐›ฟ๐œƒ − ๐น๐›ฟ๐‘  − ๐ผ๐œƒฬˆ๐›ฟ๐œƒ − ๐‘š๐‘ ฬˆ ๐›ฟ๐‘  =
= −๐‘€๐›ฟ๐œƒ + ๐น๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐œƒ − ๐ผ๐œƒฬˆ๐›ฟ๐œƒ − ๐‘š๐‘Ÿ cos ๐œƒ ๐œƒฬ‡๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐œƒ + ๐‘š๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐œƒฬˆ๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐œƒ =
sin 2๐œƒ
= −๐‘€๐›ฟ๐œƒ + ๐น๐‘Ÿ sin ๐œƒ ๐›ฟ๐œƒ − ๐ผ๐œƒฬˆ๐›ฟ๐œƒ − ๐‘š๐‘Ÿ 2
๐œƒฬ‡๐›ฟ๐œƒ + ๐‘š๐‘Ÿ 2 sin2 ๐œƒ ๐œƒฬˆ๐›ฟ๐œƒ
2
Uguagliando a zero questo lavoro si ritrova la legge oraria 11.20.
11.8. Pendolo composto, problema diretto. Consideriamo il meccanismo in figura.
Vogliamo ricavare il suo moto nel tempo a partire dalla conoscenza delle forze agenti su esso
(problema diretto). A sinistra il meccanismo è assemblato, è disgregato a destra. Scrivo il lavoro
virtuale dell’asta superiore
๐›ฟ๐‘Š1 = [
๐›ฟ๐‘ฅ
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
0
] โˆ™ [ 1] − [ 1 1] โˆ™ [ 1] − [ 2 2] โˆ™ [ 1]
−๐‘”(๐‘š1 + ๐‘š2 ) ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘š1 ๐‘ฆฬˆ 1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘š2 ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ1
115
Per l’asta inferiore si ha invece il lavoro virtuale
๐›ฟ๐‘Š2 = [
๐›ฟ๐‘ฅ ′
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ ′
0
] โˆ™ [ 1′] − [ 2 2] โˆ™ [ 2 ′]
−๐‘”๐‘š2 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘š2 ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
Si osservi come, nel secondo lavoro, le accelerazioni siano quelle rispetto al sistema di riferimento
inerziale18, mentre gli spostamenti sono rispetto a un sistema di riferimento solidale alla seconda
asta, dal quale l’asta stessa si “scolla” solo per gli spostamenti virtuali. La sommo dei due lavori
virtuali si scrive
๐›ฟ๐‘Š = ๐›ฟ๐‘Š1 + ๐›ฟ๐‘Š2 =
๐›ฟ๐‘ฅ
๐›ฟ๐‘ฅ + ๐›ฟ๐‘ฅ2 ′
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ + ๐›ฟ๐‘ฅ2 ′
0
0
=[
] โˆ™ [ 1] + [
]โˆ™[ 1
] − [ 1 1] โˆ™ [ 1] − [ 2 2] โˆ™ [ 1
]=
′
−๐‘”๐‘š1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
−๐‘”๐‘š2 ๐›ฟ๐‘ฆ1 + ๐›ฟ๐‘ฆ2
๐‘š1 ๐‘ฆฬˆ 1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘š2 ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ1 + ๐›ฟ๐‘ฆ2 ′
๐›ฟ๐‘ฅ
๐›ฟ๐‘ฅ
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
๐‘š ๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
0
0
=[
] โˆ™ [ 1] + [
] โˆ™ [ 2] − [ 1 1] โˆ™ [ 1] − [ 2 2] โˆ™ [ 2]
−๐‘”๐‘š1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
−๐‘”๐‘š2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
๐‘š1 ๐‘ฆฬˆ 1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘š2 ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
dove si è posto
๐›ฟ๐‘ฅ + ๐›ฟ๐‘ฅ2 ′ = ๐›ฟ๐‘ฅ2
{ 1
๐›ฟ๐‘ฆ1 + ๐›ฟ๐‘ฆ2 ′ = ๐›ฟ๐‘ฆ2
18
Le accelerazioni servono infatti a definire le forze inerziali, le quali vanno appunto valutate rispetto a un sistema di
riferimento inerziale.
116
Si osserva che la somma dei due lavori virtuali coincide anche in questo caso con il lavoro fittizio
che si ottiene considerando la sollecitazione esterna e le forze di inerzia, per il generico sistema di
spostamenti virtuali del meccanismo.
Ora esprimo tutto in funzione delle due coordinate lagrangiane ๐œƒ1 , ๐œƒ2 . Osservato che
๐‘ฅ1ฬ‡ = −๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ sin ๐œƒ1
2
ฬ‡ cos ๐œƒ1
๐‘ฅ1 = ๐ฟ1 cos ๐œƒ1
๐‘ฅ1ฬˆ = −๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ sin ๐œƒ1 − ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ cos ๐œƒ1
๐‘ฆ
ฬ‡
=
๐ฟ
๐œƒ
1
1
1
{
โŸน
โŸน{
2
๐‘ฆ1 = ๐ฟ1 sin ๐œƒ1
๐›ฟ๐‘ฅ1 = −๐ฟ1 sin ๐œƒ1 ๐›ฟ๐œƒ1
๐‘ฆ1ฬˆ = ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ cos ๐œƒ1 − ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ sin ๐œƒ1
{ ๐›ฟ๐‘ฆ1 = ๐ฟ1 cos ๐œƒ1 ๐›ฟ๐œƒ1
๐‘ฅ2ฬ‡ = ๐‘ฅ1ฬ‡ − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2
๐‘ฅ = ๐‘ฅ1 + ๐ฟ2 cos ๐œƒ2
๐‘ฆ2ฬ‡ = ๐‘ฆ1ฬ‡ + ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
{ 2
โŸน
โŸน
๐‘ฆ2 = ๐‘ฆ1 + ๐ฟ2 sin ๐œƒ2
๐›ฟ๐‘ฅ2 = ๐›ฟ๐‘ฅ1 + ๐›ฟ๐‘ฅ2 ′ = ๐›ฟ๐‘ฅ1 − ๐ฟ2 sin ๐œƒ2 ๐›ฟ๐œƒ2
′
{๐›ฟ๐‘ฆ2 = ๐›ฟ๐‘ฆ1 + ๐›ฟ๐‘ฆ2 = ๐›ฟ๐‘ฆ1 + ๐ฟ2 cos ๐œƒ2 ๐›ฟ๐œƒ2
2
๐‘ฅ2ฬˆ = ๐‘ฅ1ฬˆ − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
โŸน{
2
๐‘ฆ2ฬˆ = ๐‘ฆ1ฬˆ + ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2
otteniamo
๐‘ฅฬˆ 1
๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
๐›ฟ๐‘ฅ
] โˆ™ [ 1 ] + ๐‘š2 [ 2 ] โˆ™ [ 2 ] =
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
๐‘ฅฬˆ 1
๐‘ฅฬˆ 2
๐›ฟ๐‘ฅ1
๐›ฟ๐‘ฅ
๐›ฟ๐‘ฅ ′
= ๐‘š1 [
]โˆ™[
] + ๐‘š2 [
] โˆ™ ([ 1 ] + [ 2 ′ ]) =
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2
๐›ฟ๐‘ฆ1
๐›ฟ๐‘ฆ2
๐‘ฅฬˆ 1
๐‘ฅฬˆ 2
๐‘ฅฬˆ 2
๐›ฟ๐‘ฅ1
๐›ฟ๐‘ฅ1
๐›ฟ๐‘ฅ ′
= ๐‘š1 [
]โˆ™[
] + ๐‘š2 ([
]โˆ™[
]+[
] โˆ™ [ 2 ′ ]) =
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ1
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
๐‘ฅฬˆ 1
๐‘ฅฬˆ 2
๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ1
๐›ฟ๐‘ฅ ′
= (๐‘š1 [
] + ๐‘š2 [
]) โˆ™ [
] + ๐‘š2 [ 2 ] โˆ™ [ 2 ′ ]
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
๐›ฟ๐‘ฆ1
−๐›ฟ๐‘Š = ๐‘š1 [
I due addendi isolati devono annullarsi entrambi, quindi possiamo considerarli separatamente:
๐‘ฅฬˆ 1
๐‘ฅฬˆ
๐›ฟ๐‘ฅ
] + ๐‘š2 [ 2 ]) โˆ™ [ 1 ] =
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2
๐›ฟ๐‘ฆ1
2
๐‘ฅฬˆ 1
๐‘ฅ1ฬˆ − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
๐›ฟ๐‘ฅ
= (๐‘š1 [
] + ๐‘š2 [
]) โˆ™ [ 1 ] =
2
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1
๐›ฟ๐‘ฆ
1
๐‘” + ๐‘ฆ1ฬˆ + ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2
2
๐‘ฅฬˆ
๐‘ฅฬˆ
−๐ฟ ๐œƒ ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
๐›ฟ๐‘ฅ
= (๐‘š1 [ 1 ] + ๐‘š2 [ 1 ] + ๐‘š2 [ 2 2
]) โˆ™ [ 1 ] =
2
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 1
๐‘” + ๐‘ฆ1ฬˆ
๐›ฟ๐‘ฆ1
๐ฟ ๐œƒ ฬˆ cos ๐œƒ − ๐ฟ ๐œƒ ฬ‡ sin ๐œƒ
(๐‘š1 [
2 2
2
2 2
2
2
2
−๐œƒ1ฬˆ sin ๐œƒ1 − ๐œƒ1ฬ‡ cos ๐œƒ1
−๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
๐›ฟ๐‘ฅ
= ((๐‘š1 + ๐‘š2 )๐ฟ1 [ ๐‘”
]
+
๐‘š
๐ฟ
[
]) โˆ™ [ 1 ] =
2
2
2
2
๐›ฟ๐‘ฆ1
+ ๐œƒ1ฬˆ cos ๐œƒ1 − ๐œƒ1ฬ‡ sin ๐œƒ1
๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ2 − ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2
๐ฟ1
2
−๐œƒ1ฬˆ sin ๐œƒ1 − ๐œƒ1ฬ‡ cos ๐œƒ1
−๐ฟ sin ๐œƒ1 ๐›ฟ๐œƒ1
= (๐‘š1 + ๐‘š2 )๐ฟ1 [ ๐‘”
]โˆ™[ 1
]+
2
๐ฟ1 cos ๐œƒ1 ๐›ฟ๐œƒ1
+ ๐œƒ1ฬˆ cos ๐œƒ1 − ๐œƒ1ฬ‡ sin ๐œƒ1
๐ฟ1
2
−๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
−๐ฟ sin ๐œƒ1 ๐›ฟ๐œƒ1
+๐‘š2 ๐ฟ2 [
]โˆ™[ 1
]=0โŸบ
2
๐ฟ1 cos ๐œƒ1 ๐›ฟ๐œƒ1
๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ2 − ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2
๐‘” cos ๐œƒ1
2 sin 2๐œƒ1
2 sin 2๐œƒ1
(๐‘š1 + ๐‘š2 )๐ฟ1 2 (๐œƒ1ฬˆ sin2 ๐œƒ1 + ๐œƒ1ฬ‡
+
+ ๐œƒ1ฬˆ cos 2 ๐œƒ1 − ๐œƒ1ฬ‡
)+
2
๐ฟ1
2
117
2
2
+๐‘š2 ๐ฟ1 ๐ฟ2 (๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ1 sin ๐œƒ2 + ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ1 cos ๐œƒ2 + ๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ1 cos ๐œƒ2 − ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ1 sin ๐œƒ2 ) = 0 โŸบ
๐‘” cos ๐œƒ1
2
(๐‘š1 + ๐‘š2 )๐ฟ1 (๐œƒ1ฬˆ +
) + ๐‘š2 ๐ฟ2 (๐œƒ2ฬ‡ sin(๐œƒ1 − ๐œƒ2 ) + ๐œƒ2ฬ‡ cos(๐œƒ1 − ๐œƒ2 )) = 0
๐ฟ1
Dobbiamo ora imporre l’annullamento del secondo addendo di ๐›ฟ๐‘Š:
2
๐‘ฅฬˆ
๐‘ฅ ฬˆ − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
๐›ฟ๐‘ฅ ′
−๐ฟ sin ๐œƒ2 ๐›ฟ๐œƒ2
๐‘š2 [ 2 ] โˆ™ [ 2 ′ ] = 0 โŸบ [ 1
]โˆ™[ 2
]=0โŸบ
2
๐‘” + ๐‘ฆฬˆ 2 ๐›ฟ๐‘ฆ2
๐ฟ2 cos ๐œƒ2 ๐›ฟ๐œƒ2
๐‘” + ๐‘ฆ ฬˆ + ๐ฟ ๐œƒ ฬˆ cos ๐œƒ − ๐ฟ ๐œƒ ฬ‡ sin ๐œƒ
1
2 2
2
2 2
2
2
๐‘ฅ1ฬˆ − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
− sin ๐œƒ2
โŸบ[
]โˆ™[
]=0โŸบ
2
cos ๐œƒ2
๐‘” + ๐‘ฆ1ฬˆ + ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2
2
2
−๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ sin ๐œƒ1 − ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ cos ๐œƒ1 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2
− sin ๐œƒ2
โŸบ[
]โˆ™[
]=0โŸบ
2
2
cos ๐œƒ2
๐‘” + ๐ฟ ๐œƒ ฬˆ cos ๐œƒ − ๐ฟ ๐œƒ ฬ‡ sin ๐œƒ + ๐ฟ ๐œƒ ฬˆ cos ๐œƒ − ๐ฟ ๐œƒ ฬ‡ sin ๐œƒ
1 1
1
1 1
1
2 2
2
2 2
2
2
2
โŸบ sin ๐œƒ2 ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ sin ๐œƒ1 + sin ๐œƒ2 ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ cos ๐œƒ1 + sin ๐œƒ2 ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ sin ๐œƒ2 + sin ๐œƒ2 ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ cos ๐œƒ2 +
2
+๐‘” cos ๐œƒ2 + ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ cos ๐œƒ2 cos ๐œƒ1 − ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ sin ๐œƒ1 cos ๐œƒ2 +
2
+๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ cos ๐œƒ2 cos ๐œƒ2 − ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬ‡ sin ๐œƒ2 cos ๐œƒ2 = 0 โŸบ
2
โŸบ ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ cos(๐œƒ1 − ๐œƒ2 ) − ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ sin(๐œƒ1 − ๐œƒ2 ) + ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ + ๐‘” cos ๐œƒ2 = 0
Concludiamo dunque affermando che le leggi orarie dei due angoli ๐œƒ1 , ๐œƒ2 sono la soluzione del
sistema di equazioni differenziali
๐‘” cos ๐œƒ1
2
(๐‘š1 + ๐‘š2 )๐ฟ1 (๐œƒ1ฬˆ +
) + ๐‘š2 ๐ฟ2 (๐œƒ2ฬ‡ sin(๐œƒ1 − ๐œƒ2 ) + ๐œƒ2ฬˆ cos(๐œƒ1 − ๐œƒ2 )) = 0
๐ฟ1
{
2
๐ฟ1 ๐œƒ1ฬˆ cos(๐œƒ1 − ๐œƒ2 ) − ๐ฟ1 ๐œƒ1ฬ‡ sin(๐œƒ1 − ๐œƒ2 ) + ๐ฟ2 ๐œƒ2ฬˆ + ๐‘” cos ๐œƒ2 = 0
11.9. Quadrilatero articolato, problema inverso.
Quattro corpi costituiscono un
meccanismo chiuso, essendo collegati con coppie rotoidali. Il corpo 1 sia il telaio. Per ciascuno
degli altri corpi ho indicato il baricentro e tre vettori, di cui si vedrà l’utilizzo a breve. Ho indicato
poi la forza risultante agente su ciascun corpo, con retta d’azione, e la coppia eventualmente agente
118
su ciascun corpo. Ciò posto scrivo il sistema globale della dinamica, nella forma 11.16, per
ciascuno dei membri:
{
๐‘š2 ๐‘Ž๐บ2 = ๐น2 + ๐น12 + ๐น32
โƒ—โƒ— ๐‘š + ๐‘€
โƒ—โƒ— 2 + ๐น2 × ๐‘‘2 + ๐น12 × ๐‘ž2 + ๐น32 × ๐‘2
๐ผ2 ๐›ผ2 = ๐‘€
{
๐‘š3 ๐‘Ž๐บ3 = ๐น3 + ๐น23 + ๐น43
โƒ—โƒ— 3 + ๐น3 × ๐‘‘3 + ๐น23 × ๐‘ž3 + ๐น43 × ๐‘3
๐ผ3 ๐›ผ3 = ๐‘€
{
๐‘š4 ๐‘Ž๐บ4 = ๐น4 + ๐น34 + ๐น14
โƒ—โƒ— 4 + ๐น4 × ๐‘‘4 + ๐น34 × ๐‘ž4 + ๐น14 × ๐‘4
๐ผ4 ๐›ผ4 = ๐‘€
โƒ—โƒ— ๐‘š è la coppia motrice, incognita, mentre ๐น12 è la forza che il membro uno
dove si intende che ๐‘€
esercita sul membro due, ๐น32 è la forza che il membro tre esercita sul membro due, e così via.
Poiché si assume che il sistema sia piano, le forze apparterranno tutte a tale piano mentre i momenti
e le accelerazioni angolari saranno tutti ortogonali a tale piano. Ne segue che le sei equazioni
vettoriali indicate corrispondono a 6+3 equazioni scalari. Tenendo presente che
๐น2 × ๐‘‘2 = (๐น2๐‘ฅ ๐‘‘2๐‘ฆ − ๐น2๐‘ฆ ๐‘‘2๐‘ฅ )๐‘˜ฬ‚
๐น12 × ๐‘ž2 = (๐น12๐‘ฅ ๐‘ž2๐‘ฆ − ๐น12๐‘ฆ ๐‘ž2๐‘ฅ )๐‘˜ฬ‚
…
abbiamo il sistema
1
0
1
0
1
0
๐‘ž2๐‘ฆ −๐‘ž2๐‘ฅ ๐‘2๐‘ฆ
0 0 −1
0 0
0
0 0 −๐‘ž3๐‘ฆ
0 0 0
0 0 0
[
0 0 0
0
0 0
1
0 0
−๐‘2๐‘ฅ 0 0
0
1
0
−1 0
1
๐‘ž3๐‘ฅ ๐‘3๐‘ฆ −๐‘3๐‘ฅ
0 −1
0
0
0
−1
0 −๐‘ž4๐‘ฆ ๐‘ž4๐‘ฅ
0
0
0
0
0
0
1
0
๐‘4๐‘ฆ
๐‘š2 ๐‘Ž๐บ2๐‘ฅ − ๐น2๐‘ฅ
๐น12๐‘ฅ
0 0
๐‘š2 ๐‘Ž๐บ2๐‘ฆ − ๐น2๐‘ฆ
๐น12๐‘ฆ
0 0
๐ผ2 ๐›ผ2 − ๐น2๐‘ฅ ๐‘‘2๐‘ฆ + ๐น2๐‘ฆ ๐‘‘2๐‘ฅ − ๐‘€2
๐น32๐‘ฅ
0 1
๐‘š3 ๐‘Ž๐บ3๐‘ฅ − ๐น3๐‘ฅ
๐น32๐‘ฆ
0 0
๐‘š3 ๐‘Ž๐บ3๐‘ฆ − ๐น3๐‘ฆ
๐น43๐‘ฅ =
0 0
๐น43๐‘ฆ
๐ผ3 ๐›ผ3 − ๐น3๐‘ฅ ๐‘‘3๐‘ฆ + ๐น3๐‘ฆ ๐‘‘3๐‘ฅ − ๐‘€3
0 0
0
0 ๐น14๐‘ฅ
๐‘š4 ๐‘Ž๐บ4๐‘ฅ − ๐น4๐‘ฅ
1
0 ๐น14๐‘ฆ
๐‘š4 ๐‘Ž๐บ4๐‘ฆ − ๐น4๐‘ฆ
−๐‘4๐‘ฅ 0] [ ๐‘€๐‘š ] [ ๐ผ4 ๐›ผ4 − ๐น4๐‘ฅ ๐‘‘4๐‘ฆ + ๐น4๐‘ฆ ๐‘‘4๐‘ฅ − ๐‘€4 ]
In base a quanto visto sin qui dunque l’algoritmo di risoluzione del problema inverso per un
quadrilatero articolato consta dei passaggi seguenti:
1) si riducono le sollecitazioni esterne agenti su ciascun membro, sollecitazioni che si
assumono note;
2) si individua il baricentro e il momento di inerzia (rispetto all’asse centrale ortogonale al
piano del meccanismo) di ciascun membro;
3) date le caratteristiche cinematiche del membro movente si effettua l’analisi cinematica allo
scopo di ricavare le accelerazioni dei baricentri di ciascun membro nonché le relative
accelerazioni angolari;
4) si ricava la coppia motrice e le reazioni interne utilizzando il sistema 9x9 ricavato più sopra.
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