DANIELE GIUBILEO - BORDERLINE Il termine inglese borderline significa letteralmente "linea di confine": con questo vocabolo si indica una patologia psichica in grado di generare instabilità dell'umore e nelle relazioni interpersonali ed un'alterata e distorta percezione di se stessi e/o della realtà esterna. Caratteristica frequente di questa patologia è il "disturbo bipolare", consistente in una continua alternanza fra eccitazione eccessiva e stati di profonda depressione; questo disturbo è noto anche come ciclotimia. Nell'intervallo fra questi continui e ripetuti sbalzi di umore solitamente sono presenti periodi più o meno lunghi di completa asintomaticità, durante i quali il comportamento del soggetto appare del tutto stabile e chi lo frequenta può avere l'impressione di avere a che fare con un individuo perfettamente normale. Di qui, evidentemente, tutta una serie di drammatici problemi. Il mio scopo, dunque, è quello di prendere in esame alcuni esempi che possano ricadere in questa casistica, cercando di chiarire i motivi per cui la cosiddetta normalità di alcuni soggetti afflitti da questa psicosi sconfini molto spesso in episodi di vera e propria follia, o, in alternativa, considerata l'impossibilità di definire i concetti di normalità e follia, di descrivere come questi atteggiamenti possano diventare gravemente lesivi sia per il soggetto stesso sia per gli altri. In particolare ho preso in esame quattro aspetti di questa patologia: il delirio di onnipotenza, che deriva da un'alterata percezione di sé e delle proprie reali forze; il mostro nascosto, ovvero la presenza di una parte di sé rimossa ed ignorata dal soggetto cosciente, che nei casi più gravi può dar luogo alla schizofrenia vera e propria; il fanatismo ideologico come causa scatenante di comportamenti aberranti e soprattutto come paravento per giustificare le proprie tendenze criminali; ed infine la malattia latente, cioè quella condizione di apparente sanità che però contiene in sé il germe della patologia, una sorta di malessere esistenziale con il quale il soggetto convive finché può, ma che spesso prende il sopravvento e porta a conseguenze autolesionistiche. La patologia borderline è da sempre oggetto di interesse per gli artisti, che trovano in essa alimento per la loro indagine della psiche umana: uno degli esempi recenti senza dubbio più famosi, sul versante del delirio di onnipotenza, è senz'altro il film di Stanley Kubrick Il dottor Stranamore, tratto dal romanzo Allarme rosso di Peter George, in cui è evidente l'intenzione di mostrare quanta follia covi al di sotto dei meccanismi di potere da cui dipende la vita di milioni di persone. Di questo disturbo, a parere di Seneca, soffriva anche Alessandro Magno, sul quale, all'interno del De ira, il filosofo esprime un giudizio estremamente pesante, paragonandolo addirittura a Caligola e classificandolo come un pazzo a causa di tutta una serie di disturbi legati alla percezione di sé, primo fra tutti appunto il delirio di onnipotenza, che a detta dello scrittore latino impediva ad Alessandro di rendersi conto della propria natura mortale. Il mostro nascosto è stato ampiamente analizzato in campo filosofico e psicoanalitico: a tale riguardo è inevitabile citare gli studi di Freud sulle devastanti conseguenze del conflitto fra es e super-io, o le indagini del suo allievo Otto Rank sul tema del doppio e della schizofrenia. Molti sono poi gli artisti che si sono cimentati con il tema del mostro nascosto: i più noti sono probabilmente R.L. Stevenson (Dr. Jekyll & Mr. Hyde) e Oscar Wilde (The portrait of Dorian Gray). Questa patologia può dare luogo a conseguenze catastrofiche se trova un supporto in ideali politici molto radicali, sconfinando nel fanatismo ideologico: la personalità bordeline, infatti, se trova una giustificazione in una ideologia, tende ad auto-assolversi e a deresponsabilizzarsi, arrivando a compiere azioni aberranti senza il minimo rimorso: tristemente noto il caso di Mengele, "l'angelo della morte", che, supportato dall'ideologia nazista, compì atroci esperimenti sugli internati dei campi di concentramento. Un altro esempio è Paul Tibbets, il pilora dell'Enola Gay, l'aereo che sganciò la bomba su Hiroshima, il quale ha sempre affermato di non provare il minimo pentimento per il male compiuto; totalmente opposta la reazione di Claude Eatherly, il ricognitore dell'equipaggio, che impazzì per il rimorso. Nel mondo antico il più feroce avversario del fanatismo ideologico e religioso è probabilmente Luciano di Samòsata: esemplare riguardo a questo fenomeno è senz'altro la sdegnata descrizione del suicidio di Peregrino Proteo, uno strano santone che si diede fuoco per protesta durante i giochi olimpici del 167 d.C. Altre volte invece il disturbo viene interiorizzato da persone che, in virtù della loro intelligenza e della loro sensibilità, non lo proiettano sul prossimo e non lo traducono in volontà/capacità di fare del male agli altri, ma al contrario lo trasformano in una malattia latente dalle conseguenze in genere autodistruttive: ne abbiamo numerosi esempi nella vita di alcuni famosi artisti come Edgar Allan Poe, Virginia Woolf o Cesare Pavese, la cui apparente normalità celava un disagio così profondo da indurli a sprofondare nel bratro della depressione e talora a togliersi la vita in maniera crudele. Non sempre, però, l'epilogo è così tragico: fortunatamente si danno anche casi in cui la patologia, in apparenza senza speranza perché ormai approdata alla psicosi conclamata, viene sconfitta in modo misterioso ed incomprensibile. Due casi molto significativi in tal senso ed in apparenza molto simili, anche se appartenenti a due epoche diverse, sono quelli di Elio Aristide, esponente della Seconda Sofistica, guarito per un "miracolo" di Asclepio da una malattia nervosa che gli aveva reso la vita impossibile per diciassette anni, e quello del grande matematico John Nash, "ritornato" senza motivo apparente da un viaggio nella follia durato più di vent'anni: sulla sua incredibile vicenda è stato realizzato di recente (2001) anche un film, A beautiful mind.