Lezione III. DALL`UOMO VECCHIO ALL`UOMO NUOVO

L’UOMO NEL NUOVO TESTAMENTO
DALL’UOMO VECCHIO ALL’UOMO NUOVO
TERZA LEZIONE
Dall’uomo vecchio all’uomo nuovo
Tra le Lettere paoline
Abbiamo già visto che il Nuovo Testamento ha questa idea di fondo: quando
si parla di «uomo» si parla di Gesù, perché è lui la realizzazione del progetto
di Dio sull’essere umano; lui è l’uomo autentico, l’uomo vero, secondo il
criterio creativo di Dio.
Abbiano anche accennato un piccolo quadro dell’umanesimo di Gesù,
attraverso alcune pagine dei Vangeli. Gesù è un uomo che apprezza l’umanità:
un uomo che sa stare in compagnia, che si rende conto dei bisogni degli altri e
interviene sia in ambito materiale, sia in ambito spirituale. Quando Gesù
racconta le parabole, specialmente nei Sinottici, non mette in scena né animali
né alberi che parlano e si muovono, non narra di draghi, ma sempre di realtà
che toccano direttamente l’uomo. Gesù fa riferimento alle azioni quotidiane
semplici, comuni del suo ambiente: i contadini, i pescatori, le massaie, i pastori,
uomini d’affare, questioni di famiglia, questioni di lavoro. Gesù, il vero uomo,
ha una metodologia dialogica e una pedagogia che ci aiuta a valorizzare il suo
sguardo positivo sull’umanità, sulle piccole realtà di tutti i giorni.
Allo stesso tempo Gesù non aggiunge discorsi circa l’essenza dell’uomo, non ne
delinea cioè un’immagine ideale e non dà definizioni, né parla dell’uomo
astratto. Gesù non idealizza l’uomo! La posizione centrale di Gesù è quella di
mettere l’uomo concreto che incontra in una posizione di crisi, di giudizio, di
scelta. E Gesù offre un’alternativa: la salvezza e la rovina, e ricorda che c’è da
operare una scelta. Si tratta di scegliere se accogliere oppure no l’umanità di
Gesù, se vogliamo metterci in relazione con lui a partire dalla sua parola.
Questo l’abbiamo visto in particolare attraverso le pagine del Vangelo secondo
Giovanni, verificando che l’uomo può accogliere Gesù, la Parola di Dio
incarnata, ed essere libero e salvo; oppure può rifiutarlo, perché schiavo dei
propri interessi limitati e limitanti, a immagine di numerosi racconti dell’Antico
Testamento, soprattutto della Genesi.
Nel Nuovo Testamento abbiamo poi la riflessione teologica paolina su chi è
Gesù e su chi è l’uomo in confronto a Gesù, ed è su questa che centreremo
l’interesse di questa lezione.
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L’UOMO NEL NUOVO TESTAMENTO
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L’antropologia soteriologica di Paolo
Paolo esprime in forma più esplicita l’antropologia teologica latente nella
predicazione di Gesù, nella sua esperienza storica. L’interesse centrale di Paolo
è infatti l’uomo che ha bisogno di salvezza, in linea con l’Antico Testamento che
presenta l’uomo come creatura segnata dal peccato. È probabile che la sua
formazione di fariseo legato alla legge e desideroso di trovare il metodo per
realizzare pienamente il progetto di Dio, lo abbia reso sensibile a questo aspetto
e, divenuto cristiano, ha scoperto che non la legge, ma l’umanità di Gesù è
determinante.
Infatti attraverso l’uomo venne la morte,
e attraverso l’uomo venne la risurrezione dei morti. (1Cor 15,21)
Paolo ripete due volte la stessa formula: attraverso l’uomo. Vita e morte, tutto
dipende dall’uomo. Sarebbe stato logico, in una impostazione del genere, dire:
dall’uomo viene la morte, da Dio viene la vita, in contrapposizione. Invece i due
opposti – morte e risurrezione dei morti – passano attraverso l’uomo. Paolo
però lo intende in due forme diverse: il primo uomo e il secondo uomo, cioè
Adamo e Cristo. Noi sappiamo che il termine adàm per l’ebraico è il nome
collettivo dell’umanità, quindi in qualche modo Paolo contrappone una
umanità ad un’altra umanità: Adamo e Cristo non sono due individui, ma sono
due umanità. C’è un’umanità caratterizzata da Adamo e c’è una umanità
caratterizzata da Gesù. Sempre nello stesso capitolo, infatti, Paolo scrive:
Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, porteremo anche
l’immagine dell’uomo che viene dal cielo. (1Cor 15,49)
Abbiamo portato l’icona di Adamo, porteremo l’icona di Cristo. Qui è chiaro il
riferimento alla creazione secondo l’immagine di Dio. Adamo è secondo una
immagine, non pienamente realizzata! Gesù è l’autentica e perfetta immagine di
Dio. Questa è la riflessione paolina che emerge dalle sue lettere che, pur
utilizzando una terminologia ellenista, non cade nella dualità tipica del
mondo ellenista e sottolinea con decisione come l’uomo sia corpo, cioè
persona unitaria. Vediamo di seguito in che modo.
L’inscindibile unità della persona umana
Il termine sòma designa in Paolo non una parte, ma l’uomo nella sua
connotazione di realtà concreta, un corpo animato, un’anima incarnata.
L’uomo è sòma in quanto può presentarsi a se stesso nell’azione e nella
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passione, può prendere atteggiamenti verso se stesso, in unione o in
contrapposizione con gli altri e con Dio.
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire «i vostri
corpi» come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto
spirituale. (Rm 12,1)
Il sacrifico gradito a Dio non è di animali sacrificati, ma di uomini intelligenti.
Cosa intende con l’offrire i vostri corpi?
Intende di non offrire semplicemente le buone intenzioni, i sentimenti, o i
pensieri, ma l’uomo nella sua totalità, nell’esperienza quotidiana del vivere,
come è stato per Gesù. C’è quindi l’idea di una umanità corporea e chiaramente
Paolo sta pensando al pensiero gnostico che ben ha conosciuto a Corinto, a
Efeso e negli ambienti del grande pensiero e della filosofia greca, di ascendenza
platonica. Esiste il pericolo, mai del tutto superato, di pensare ad un uomo
astratto; di avere l’idea di una mente prigioniera, di un’anima incarcerata nel
corpo che deve liberarsi dal peso del corpo. Paolo, invece, mostra di avere la
concezione fortemente semitica in linea con tutta la Rivelazione biblica,
dell’uomo come corpo.
Un grave errore ancora presente nella predicazione anche catechistica, è che si
divida l’uomo secondo una schema ellenista, non biblico, fra anima e corpo,
dando l’idea che l’anima è buona e il corpo è cattivo. In realtà, i peccati li fa tutti
l’anima! Infatti è l’intenzione che determina la malizia dell’opera, se non c’è
l’intenzione l’atto è colposo, non è peccato. Quindi il corpo è peccatore solo se
l’anima sa e vuole.1
Il problema della «carne» e la presenza dello «spirito»
Per indicare l’aspetto negativo Paolo adopera il termine sarx, cioè «carne».
L’uomo, in quanto peccatore, si ritrova in balia di forze estranee, nella sfera
della sarx: la carne non è la corporeità, ma è l’egoismo, l’istinto primordiale che
possiamo vedere ricollegato ai cosiddetti peccati originali dipinti nei racconti
biblici della Genesi.
L’elemento positivo che si contrappone alla carne è il pneuma: lo «spirito». Paolo
presenta quindi l’immagine dell’uomo unitaria: l’uomo è soma, corpo, cioè
persona storica con due principi che lo muovono: la carne e lo spirito. Sono
queste due realtà che concorrono a determinare la vita e la morte dell’uomo. Ci
Per compiere infatti un peccato grave sono necessari tre requisiti: materia grave, piena
avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà (cf. Catechismo della Chiesa cattolica,
nn. 1846-1876).
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troviamo dunque in una situazione di crisi, dove l’uomo è posto in una
situazione intermedia tra la carne e lo spirito.
Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne;
quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello spirito. Ma i
desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito
portano alla vita e alla pace. (Rm 8,5)
Qui c’è una definizione dell’umanità: uno può esser secondo carne o può essere
secondo spirito. In quanto portiamo il segno di Adamo siamo sotto la carne, in
quanto portiamo il segno di Cristo siamo sotto lo spirito. Questa è una realtà
che coincide in ogni persona: ognuno è contemporaneamente mosso dalla carne
e dallo spirito; c’è l’influsso dell’istinto negativo primordiale che domina e ha
pensieri di morte, e c’è l’influsso positivo dello spirito che ha pensieri di vita e
di pace.
Secondo la visione di Paolo, la sarx viene eliminata nel battesimo, anche se resta
una pulsione in questo senso, e il soma viene trasformato nella risurrezione.
Gesù è l’uomo sul piano della esemplarità
Secondo la lettera ai Romani:
Piacque a Dio di predestinare gli uomini ad essere conformi all’immagine
del figlio suo, affinché egli fosse il primogenito di una moltitudine di fratelli.
(Rm 8,2-30)
Gesù è il prototipo dell’umanità, è il tipo che gli uomini sono chiamati a
realizzare, è l’immagine che noi siamo chiamati a ricopiare sul piano della
esemplarità. Non uomini non sono, ma sono chiamati ad essere. Gesù è l’uomo
riuscito di Dio nella storia e che chiama tutti gli uomini sulla strada della sua
realizzazione. Il modo in cui Gesù ha realizzato pienamente se stesso è stata la
Pasqua: egli si è realizzato nella sua morte e risurrezione.
Che cosa rappresenta la resurrezione per Gesù?
Significa una esistenza umana spesa totalmente per amore, per dedizione agli
altri, che come tale non poteva avere termine. Di fronte alla vita pienamente
riuscita di Gesù, Dio Padre ha risposto con la risurrezione. E la risurrezione è il
far continuare in modo potenziato questa vita per gli altri. È il sigillo di Dio
Padre.
Tutti siamo chiamati ad essere imitatori di questa vita donata!
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Gesù è il prototipo sul piano della partecipazione
Come è possibile camminare sulla strada di Gesù?
Come è possibile la sua imitazione?
Non si tratta di una pura imitazione. La risurrezione di Gesù, l’uomo perfetto, è
anche la sorgente che ci rende possibile essere fratelli suoi. In altre parole, Gesù
risorto è colui che è presente come energia traente della storia. Noi non abbiamo
tanto l’idea dello spirito come energia che viene da Dio, la potenza dell’amore.
Eppure lo spirito è la caratteristica fondamentale perché l’uomo vecchio diventi
l’uomo nuovo. A questo proposito nella prima lettera ai Corinzi si legge:
Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che
il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo
divenne spirito datore di vita. (1Cor 15,44-46ss.)
Gesù nella sua risurrezione è diventato spirito vivificante, cioè la
concentrazione della potenza creatrice sulla storia, che permette a noi di
camminare verso gli altri, verso il nostro vero essere, verso Dio. Lo spirito del
risorto è la forza traente del cammino dell’uomo alla ricerca e alla creazione
della sua vera identità, del suo vero volto che è apparso nella storia in Gesù,
l’uomo, non un uomo: l’uomo per cui ogni uomo può diventare uomo!
L’essere umano è dunque in divenire, il suo corpo inscindibilmente unito alla
sua anima è soggetto alle pulsione della carne e dello spirito. Assecondando lo
spirito con la grazia battesimale e la volontà, esso diventa un vero uomo:
Tutti quelli che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.
(Gal 3,27)
Rivestite il Signore Gesù Cristo e non seguite la mentalità della carne.
(Rm 13,14)
Tutto questo, però, non si realizza solamente per imitazione, ma appunto per
partecipazione alla vita dello spirito.
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