A Guido Corallo Aspettando che Zarathustra discenda dalla montagna e si rechi alla città Prefazione di Maria Turchetto Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: gennaio In ricordo dei miei amatissimi Genitori Alla mia paziente moglie Anna Indice Prefazione di Maria Turchetto Introduzione Capitolo I Una straordinaria (e reticente) anticipazione Capitolo II La Morte di Dio. Con una digressione su certi pretesi “valori non negoziabili” e sull’etica laica Capitolo III La Volontà di Potenza e il Superuomo. Con qualche chiarimento terminologico Capitolo IV Sul concetto di tempo. Con un excursus cosmologico Capitolo V L’Eterno Ritorno all’Uguale. Un’interpretazione Bibliografia Prefazione di M T Intuizioni filosofiche, ipotesi scientifiche e. . . morte di Dio Nel panorama dell’editoria italiana non esiste ancora una buona divulgazione filosofica — detto per inciso, le cose sono invece decisamente migliorate, negli ultimi anni, nel campo della divulgazione scientifica. Esiste una vasta e spesso oscura manualistica filosofica. Esistono i “bignamini” ad uso degli studenti che devono passare un esame (e che hanno per lo più l’effetto di distoglierli per sempre dalle letture di prima mano). Ed esistono ovviamente gli studi specialistici, per lo più nel campo della storia e della storiografia filosofica, rivolti agli addetti ai lavori oppure — troppo spesso — pensati esclusivamente per superare concorsi accademici con la doverosa “monografia”, vale a dire con un congruo numero di erudite pagine a stampa. Questo breve scritto su Nietzsche di Guido Corallo rappresenta, in questo panorama, una felice eccezione: probabilmente proprio perché è stato concepito al di fuori delle regole accademiche, sulla spinta di una genuina passione intellettuale. Questa peculiare “genesi” potrebbe suscitare diffidenza, far pensare a un testo naïf che ha dribblato i controlli standard della comunità scientifica. Ma non è affatto il caso di riservargli questo atteggiamento: proprio perché in Italia la “filosofia da università” (per usare il termine spregiativo riservato da Arthur Schopenhauer allo hegelismo ai suoi tempi imperante ) oggi non sembra . Questo straordinario e ancora attualissimo pamphlet, pubblicato originariamente nel come parte dei Parerga e paralipomena, si trova oggi in moltissime edizioni e traduzioni sia con il titolo Sulla filosofia da università che La filosofia delle università. Prefazione in grado di controllare nessuno. Ben vengano perciò “frutti spontanei” come questo interessante e stimolante saggio. Si tratta, in un certo senso, del diario di una lettura di prima mano ed ha il pregio di mostrarci un Nietzsche ben diverso dai cliché scolastici — lo stereotipo del “nichilista” tetro, cinico e in odore di nazismo — ma anche da quel che ci restituiscono gli studi specialistici di storia della filosofia, sempre più filologici e “paratestuali” (intendo assai poco interessati al contenuto delle opere rispetto alle edizioni, riedizioni, annotazioni. . . ). Un Nietzsche liberatorio sul piano del pensiero sociale ed estremamente attuale sul piano del pensiero scientifico. Un Nietzsche dunque estremamente stimolante: chi leggerà il saggio di Guido Corallo — oltretutto assai scorrevole — e non conosca direttamente testi come Umano, troppo umano o Così parlò Zarathustra o Al di là del bene e del male, sarà certamente invogliato ad affrontarli. Corallo si concentra soprattutto sulle ultime opere di Nietzsche — le più controverse sul piano interpretativo ma anche quelle cui il filosofo tedesco, nelle pagine autobiografiche di Ecce homo, attribuisce grande importanza e valenza di “scoperta” — e in particolare sulle nozioni di “volontà di potenza”, Übermensch (molto giustamente l’autore preferirebbe il termine “oltreuomo” al “superuomo” ormai accreditato nelle traduzioni) e sull’idea dell’“eterno ritorno all’eguale”. Quest’ultima — è la tesi centrale ed originale del saggio — viene messa in relazione con il pensiero della fisica contemporanea, ossia con “le più recenti teorie cosmologiche”. Si tratta di un’operazione che risulta assai convincente. L’idea dell’“eterno ritorno all’eguale” rappresenta infatti un tentativo di rivedere radicalmente la concezione della temporalità pensandola al di fuori della prospettiva lineare ereditata dalla tradizione escatologica giudaico-cristiana e coniugata nell’ ’ in senso teleologico attraverso il canone del progresso. La difficoltà di uscire da coordinate temporali che prevedono “origine”, “senso” (direzione e significato) e “fine” (termine e scopo) è testimoniata dalla reticenza con cui Nietzsche propone la pro- Prefazione pria teoria. Come scrive Corallo, Nietzsche mostra “riluttanza ad offrire al lettore la propria teoria come dissezionata nei suoi elementi costitutivi e poi passata al microscopio”. Non ne abbiamo, in altre parole, un’esposizione analitica ma piuttosto un “annuncio” in termini di intuizione. In effetti, soltanto nella seconda metà del ’ il pensiero filosofico affronterà di petto il problema, soprattutto in area francese — penso ad autori come Georges Canguilhem , Michel Foucault , Louis Althusser , con riferimento soprattutto alla storia sociale e alla storia dei saperi . Ma anche il pensiero scientifico del ’ avvertirà con forza la necessità di questo ripensamento della temporalità — penso, ad esempio, al campo della teoria dell’evoluzione riformulata al di fuori della vecchie idee di progresso e di gradualismo da un grandissimo autore come Stephen J. Gould che esplicitamente — cosa assai notevole per un biologo — si richiama in questo senso a Nietzsche. Cogliendo i nessi tra l’idea dell’“eterno ritorno all’eguale” e la concezione del tempo rintracciabile nella fisica contemporanea, Corallo fa svolgere a Nietzsche il ruolo che Alexandre Koyré — il grande storico della scienza francese — attribuisce relativamente alla concezione dello spazio a Giordano Bruno : un “cattivo scienziato”, forse, ma un grande filosofo la cui intui. Canguilhem è noto in Italia soprattutto per gli scritti sulla medicina ed è poco tradotto; sull’importanza di una ricostruzione non lineare della storia dei saperi si veda G. Canguilhem, Scritti filosofici, Mimesis, Milano . . Non a caso nel suo principale scritto dedicato alla metodologia della storia Foucault riprende da Nietzche il termine “genealogia”, cfr. M. Foucault, Il sapere e la storia, Ombre Corte, Verona . . Gli ultimi scritti di Althusser, noto soprattutto come interprete di Marx, riformulano il “materialismo storico” in termini di “materialismo aleatorio”, in aperta polemica con la teleologia hegeliana; cfr. L. Althusser, Sul materialismo aleatorio, Unicopli, Milano . . Sugli autori qui citati si veda l’ottimo lavoro di Antonella Cutro, Il valore dei concetti, Mimesis, Milano . . Tale riformulazione è esposta nel monumentale volume S. J. Gould, La struttura della teoria dell’evoluzione, Codice, Torino . . Si vedano i saggi contenuti in A. Koyré, Filosofia e storia delle scienze, Mimesis, Milano . Prefazione zione dell’universo infinito e privo di centro permetteva, da una parte, l’applicazione della geometria euclidea all’astronomia e dunque gettava le premesse della rivoluzione copernicana; dall’altra, apriva un percorso che, attraverso la distruzione del Cosmos aristotelico, la negazione di un privilegio della Terra e di una speciale destinazione affidata da Dio all’uomo, poteva concludersi con l’esclusione di Dio da un mondo divenuto immanente a se stesso. Giordano Bruno è un notevole esempio di come una forte intuizione filosofica possa non solo anticipare nuove ipotesi fisico–cosmologiche, ma anche mostrare le conseguenze — estreme, troppo estreme per il potere costituito — di un diverso pensare, di una nuova “visione del mondo”. Maria Turchetto Università Ca’ Foscari di Venezia Introduzione Già da diverso tempo mi sono immerso nella lettura integrale delle opere di Friedrich Nietzsche. Le ragioni che mi hanno indotto ad intraprendere questo impegnativo approfondimento filosofico sono molteplici. Una di queste risiede nell’aver voluto mettermi un po’ alla prova, cercando di rendere conto a me stesso della mia capacità o meno di riuscire a comprendere il pensiero di una tra le menti più profonde che siano mai esistite. Una mente — quella di Nietzsche — che non a caso più di un critico ha paragonato, per la sua complessità, ad un intricato labirinto. Ero curioso di vedere quale esito avrebbe sortito questa sfida a me stesso, ossia di poter verificare se avrei finito con lo smarrirmi, in quel labirinto, perdendo ogni senso di orientamento, o se — quanto meno — sarei riuscito ad intravedere lo spiraglio di una qualche via d’uscita. Un’altra ragione è consistita nel desiderio di poter valutare personalmente, per mezzo della mia libera capacità di giudizio, e dunque al di fuori di qualunque filtro e di qualsiasi mediazione, se davvero alla figura di Nietzsche corrispondesse quel cliché “scolastico” che ce ne è stato trasmesso, e del quale avevo sempre intimamente dubitato fin da giovane: l’archetipo, cioè, del personaggio cupo, tetro, reso ancor più fosco dal suo essere chiuso ad ogni speranza, inguaribile pessimista, convinto nichilista, propugnatore di un’ideologia che — in seguito — sarebbe addirittura stata additata quale colpevole di avere ispirato quell’orrore che fu il nazismo. Volevo — detto in altri termini — valutare di persona se, e fino a qual punto, il pensiero–cattolico–dominante proprio di un Paese che reputo, di fatto, confessionale (e — almeno in talune circostanze — finanche sottilmente e subdolamente teocratico, soggetto com’è alle pressioni di quel potere parallelo, il quale ora lo af Introduzione fianca, ora lo prevarica, ben celando la sua invadenza dietro il suo mostrarsi indulgente nei confronti di tanta dissolutezza dei costumi che ci scorre in abbondanza sotto gli occhi, permissività che peraltro immediatamente esso controbilancia con i molti, severi divieti, che a tutt’oggi limitano importanti diritti civili e legittime libertà individuali), fosse riuscito a mistificare, a profanare, a misinterpretare con dolo il pensiero di un filosofo che si è sempre mostrato, nei suoi scritti, vigorosamente ostile alla dottrina cristiana, e nel quale molti hanno perciò individuato un diabolico nemico da combattere. La risposta che ho trovato è quella che — date queste mie premesse — si può facilmente intuire. La terza ragione che mi ha stimolato a leggere Nietzsche non ha nulla di intellettuale e di investigativo. Si tratta più che altro di quella che definirei una suggestione romantica. La mia vita si spartisce tra Genova e Chiavari, ed a pochissimi chilometri da quest’ultima località sorge Rapallo, rinomata cittadina della Riviera ligure di levante nella quale Nietzsche soggiornò per un certo periodo della sua vita. Tale periodo — pur tutto sommato breve — fu tuttavia alquanto significativo ed intenso, stando a quanto egli stesso riferisce nel suo “Ecce homo”: La mattina andavo verso sud, salendo per la splendida strada di Zoagli, in mezzo ai pini, con l’ampia distesa del mare sotto di me; il pomeriggio, tutte le volte che me lo consentiva la salute, facevo il giro di tutta la baia di Santa Margherita, arrivando fin dietro Portofino. Questo luogo e questo paesaggio sono diventati ancora più vicini al mio cuore per il grande amore che l’indimenticabile imperatore tedesco Federico III ha avuto per essi; per caso mi trovavo di nuovo su questa costa nell’autunno , quando egli visitò per la prima volta questo piccolo dimenticato mondo di felicità. Su queste due strade mi venne incontro tutto il primo Zarathustra, e soprattutto il tipo di Zarathustra stesso: più esattamente, mi assalì [. . . ] Ed egli ancora riferisce, a proposito di quei luoghi, in una lettera inviata nel all’amico Peter Gast: Ho avuto freddo come mai ne ho sentito in vita mia. Finalmente mi sono rifugiato in un albergo vicino al mare e nella mia camera c’è Introduzione un camino. Il mio regno attuale si stende da Portofino a Zoagli; abito fra i due paesi, cioè a Rapallo, ma le mie quotidiane passeggiate mi portano fino ai limiti sunnominati del mio regno. La montagna più alta della regione, dietro il mio albergo, si chiama Monte Allegro: un buon auspicio [. . . ] E — infine — mi piace riportare un altro ancora tra i diversi, efficaci ritratti poetico–paesaggistici che Nietzsche ci ha lasciato di quest’angolo di Liguria. In questo caso egli esterna le sue sensazioni mentre, dal colle della Ruta, contempla il promontorio di Portofino. A tale colle esso appare un po’ come fosse attraccato, proprio come una nave lo è alla sua banchina, trovandovi il suo saldo ancoraggio per poi protendersi maestosamente verso il mare. Sembra quasi che quel promontorio sia — proprio come asserito da Nietzsche qui sotto — un’ isola alla deriva, che dopo tanto errare è approdata alla terraferma e non se ne può più distaccare: Stupendo angolo di mondo. Un’isola dell’arcipelago greco con delle foreste e dei monti, arbitrariamente sparpagliato, che il caso ha portato fino alla terraferma e che non riesce più a distaccarsene. Ebbene, quei luoghi che Nietzsche descrive in modo così affettuoso e dei quali parla come di un qualcosa che ormai gli appartiene, quei luoghi che gli sono entrati dentro e che egli porta costantemente con sé, ovunque egli si trovi, sono anche i miei luoghi. Li frequento da sempre, fin da quando ero bambino, ed ormai già mi avvio ad essere anziano. Sono luoghi che fanno parte di me. Luoghi dei quali mi porto dentro — da buon “sommelier delle atmosfere” dei luoghi, come mi piace definirmi — colori di paesaggi e di case, profumi di pini e di pitosfori, stupefacente varietà di scorci, sibili di venti, sussurri e ruggiti del mare, concerti di campane. Sul lungomare di Rapallo sorge la casa in cui Nietzsche soggiornò. Si tratta di quella casa cui Nietzsche fa cenno nel passo sopra riportato, e che all’epoca, evidentemente, era un albergo. Sul fianco di essa, un po’ nascosta — come a volersi giustamente sottrarre Introduzione alla vista di quelle orde barbariche che sono armai divenute le moltitudini di turisti, che la assediano affollando chiassose le gelaterie ed i ristoranti che vi sorgono sotto e subito attorno — si può individuare un’iscrizione in marmo che celebra la sosta a Rapallo del grande pensatore tedesco. Nietzsche sarebbe stato contento di quella collocazione discreta assegnata all’iscrizione a lui dedicata, quasi che essa fosse stata pensata come riservata alla vista di pochi. Se ne sarebbe compiaciuto, lui che si rivolgeva ad una élite (quella dell’intelletto, intendo ovviamente dire, perché ciò che quello stesso termine è solito indicare oggi sono solo supponenti caste e volgari consorterie), lui che nutriva un sovrano disprezzo per la rozza plebe, intesa come massa che vive lasciandosi vivere, che si abbandona alla corrente lasciandosene trasportare senza muovere un dito, che non è capace di perseguire alcuna meta, che non è neppure sfiorata dall’idea di poter influire sul proprio destino, limitandosi a subirlo e rinunciando a priori a rendersene protagonista. Quella plebe che non pone, né si pone, domande. Quella massa grigia, amorfa, ai cui singoli componenti manca addirittura la più elementare percezione di sé, il che li costringe a vivere senza sapere neppure che cosa ci stanno a fare a questo mondo, e tanto meno sapendo dove sono diretti. Una massa amorfa, grigia ed opaca, un immenso gregge, capace solo di condurre un’esistenza monotona e priva di ogni slancio, e che procede costantemente a capo chino. Un po’ per via del mio sentirmi particolarmente consonante con il pensiero di Nietzsche, ed un po’ per questa casuale condivisione di luoghi ed atmosfere, che è fonte per me di forti suggestioni, sta di fatto che ogni volta che passo davanti alla casa in cui Nietzsche dimorò, o che percorro le stesse strade da lui percorse, potendone gustare gli stessi sapori ed i medesimi paesaggi che poté gustare lui (cosa che in una certa misura è possibile, se si è minimamente capaci di separare, come ricorrendo ad un setaccio virtuale, quanto di immutabile vi è nel paesaggio da quella che è l’invadenza degli elementi imposti dalla modernità) provo una sempre nuova e viva emozione ed un senso di coinvolgimento assai particolare. Introduzione Dicevo del mio essermi letteralmente immerso nella lettura delle opere di Nietzsche. Certo, il criterio più logico cui ispirarsi per affrontare l’impresa sarebbe stato quello di leggere gli scritti nel loro ordine cronologico di stesura. Confesso però di avere rispettato solo in parte questo che sarebbe stato un criterio semplicemente razionale. Il fatto è che smaniavo di addentrarmi subito nelle opere più significative di Nietzsche, ossia in quelle nelle quali è formulato il nucleo essenziale della sua filosofia. Ero ansioso di vedere se sarei stato in grado di comprendere appieno il significato di quella sequenza fondamentale di temi secondo la quale si sviluppa il pensiero del filosofo tedesco, ossia l’annuncio della Morte di Dio, l’individuazione della Volontà di Potenza quale atteggiamento creativo, fortemente sostenuto dalla volontà, che una nuova specie umana sarà chiamata ad esprimere, e che troverà la sua sublimazione nell’avvento del Superuomo, ed infine la teoria dell’Eterno Ritorno all’Uguale. È accaduto così che, sull’onda di una tale insopprimibile smania, ho “saltato” — per ora — “La nascita della tragedia”, il primo scritto di Nietzsche (almeno in forma di opera filosofico–letteraria) nel quale peraltro egli sviluppa — a quanto ne ho appreso dalle fonti critiche — un pensiero romantico che in seguito giungerà quasi a sconfessare: era il periodo dell’idillio tra Nietzsche e la filosofia greca classica (anche se in seguito egli avrebbe differenziato le sue preferenze tra Eraclito, che prediligeva, e Platone e Socrate, nei confronti dei quali si sarebbe mostrato pungentemente critico); era anche il periodo della condivisione intellettuale con Wagner e Schopenauer, per i quali ebbe una vera e propria venerazione, successivamente trasformatasi in aperto contrasto. È così successo — dicevo — che mi sono subito tuffato allora in “Umano, troppo umano” prima ed in “Così parlò Zarathustra” poi. Successivamente ho proseguito la mia lettura con “La gaia scienza” (che in realtà si colloca, cronologicamente, tra le due opere appena citate) ed ancora con “Al di là del bene e del male”, “Genealogia della morale”, “Il crepuscolo degli idoli”, “L’anticristo”, “Ecce homo”. Asserivo in precedenza che tra le ragioni che mi hanno Introduzione indotto ad intraprendere questa impegnativa lettura vi era un voler mettere alla prova me stesso, sotto il profilo della mia capacità di comprensione del pensiero del filosofo tedesco. Ma — nel corso della lettura — mi si è fatto strada un dubbio, e mi sono chiesto: beh, sì, forse tutto sommato l’essenziale — almeno quello — l’hai compreso; ma sei proprio sicuro che la tua interpretazione sia poi quella corretta? sei proprio certo che quello che ti pare di aver compreso corrisponda giusto a ciò che Nietzsche intendeva comunicare? sei riuscito — detto in altri termini — ad esplorare a sufficienza la profondità del pensiero di Nietzsche, oppure ti sei limitato a navigare in superficie? per fugare questi dubbi ho inframmezzato, alle mie letture, quella di un bellissimo saggio di Eugen Fink, allievo di Husserl, intitolato “La filosofia di Nietzsche”, che certamente mi ha aiutato moltissimo a mantenere la giusta rotta, pur senza costringermi, fortunatamente, a drastiche o comunque significative correzioni di quella che avevo già per mio conto tracciata. Ad un certo punto, ancora prima di completare la lettura di Nietzsche, ho voluto fissare alcune suggestioni trasmessemi da quanto fino a quel momento letto, quasi per timore che, rinviando la cosa, certe mie intuizioni potessero sfuggirmi di mano e volatilizzarsi. Ed è appunto per questo che mi sono quasi affrettato a scrivere questo breve saggio, ispiratomi da un’idea che mi si è palesata in una notte d’estate e che poi è stato redatto in modo che definirei addirittura affannoso e concitato, tale era l’ansia di liberare le idee che mi affollavano la mente, ed anche di liberarmi dal loro ingombro (non che trovassi sgradevole convivere con esse, beninteso, ma finché non ho avuto modo di metterle giù in bell’ordine — così almeno spero, più o meno, d’aver fatto — nero su bianco, continuavano a ronzarmi in testa in modo un po’ fastidioso). In quanto sensibile alle tematiche che la moderna cosmologia ci propone, sono stato particolarmente colpito dalla teoria dell’Eterno Ritorno all’Uguale, che Nietzsche formula in modo tutto suo particolare, facendone un qualcosa che è a metà tra teoria filosofica e visione cosmologica e lasciandovi attorno come dei puntini di Introduzione sospensione, che sembrano invitare a non limitarsi a constatare, bensì a continuare ad indagare. Ebbene, il mio intendimento è stato allora quello di ricercare gli eventuali punti di contatto tra la Teoria dell’Eterno Ritorno all’Uguale e le più recenti teorie cosmologiche. Anticipo di aver avuto addirittura — alla fine — l’ardire di proporre una modifica alla teoria stessa, suggerendone una sorta di riformulazione. Non essendo possibile un approccio diretto alla teoria dell’Eterno Ritorno all’Uguale — un approccio che cioè prescinda dal prendere in considerazione l’intero impianto strutturale della filosofia di Nietzsche, nel quale poi tale teoria si va ad inserire trovando la sua appropriata collocazione logica — di tale corpo strutturale verrà fatta, nel saggio che segue, una concisa sintesi. Ciò costituirà per me un’occasione per inserire — strada facendo — alcune mie personali osservazioni e riflessioni su varie questioni, così come esse verranno occasionalmente presentandosi, e sarà anche un’occasione per sottolineare quella che è l’attualità del pensiero di Nietzsche in rapporto al momento storico che viviamo, a poco più di un secolo dalla sua morte. Per attualità del pensiero di Nietzsche non intendo (lo affermo con grande rammarico) il fatto che si sia non dico realizzato, ma che almeno abbia avuto anche soltanto un inizio, quel processo di trasformazione della specie umana che il pensatore tedesco auspicava. Zarathustra appare ancora molto lungi dall’avere intenzione di discendere dalla montagna per recarsi alla città. Egli è tuttora solo. Nessuno finora ha raccolto degnamente il suo messaggio ed egli continua a starsene rintanato nella sua caverna. È giunto il momento di dargli finalmente ascolto. È giunto il momento di cercare di uscire dal buio Medio Evo — camuffato da era ipertecnologica — nel quale tuttora siamo immersi. Io desidero — nei limiti delle mie possibilità — contribuire a diffondere la sua parola. Chiavari, agosto Introduzione Figura . La casa di Rapallo (ex “hotel della posta”), nella quale Nietzsche dimorò nell’inverno -. Figura . Le foto mostrano il fianco della casa, sul quale è apposta un’iscrizione commemorativa del soggiorno che vi ebbe Nietzsche. Introduzione Figura . L’iscrizione marmorea commemorativa apposta sul fianco della casa che fu abitata da Nietzsche a Rapallo. Figura . Il promontorio di Portofino.