Dal trapano alla tavolozza: e il dentista si scopre pittore

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Lunedì 31 gennaio 2005
La cultura
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IL PERSONAGGIO ■ Scultore e musicista, Silvano Battistotti si divide fra lo studio e le amate montagne dell’Ossola
L
o statuto sociale di un
artista conta poco:
Rimbaud faceva il
mercante d'armi in Africa,
Henry Rousseau l'impiegato alle dogane e Sbarbaro
metteva insieme erbari per
le università americane. Ma
fa un certo effetto dire che il
milanese Silvano Battistotti, 65 anni - dei cui meriti di
pittore, scultore e musicista
qui si vuole parlare - quando
non si dedica all'arte (in questi anni con crescente passione) esercita nella centrale
via Melchiorre Gioia la professione di odontoiatra. Perchè la cosa un po' sorprende
non saprei: in fin dei conti
una bella protesi dentaria
può essere un'opera d'arte come una bottiglia di Morandi.
Diciamo allora che, forse assuefatti a un'idea bohèmienne dell'artista, per inveterata
abitudine stentiamo a immaginare che nella sua casa
riempita da cima a fondo di
quadri, pittosculture, rottamazioni alla Cesar, plastiche
e ferraglie trasformate in fantasie picassiane, legni riciclati alla Ceroli, astratti ideogrammi alla Dubuffet, elaborazioni grafiche al computer
e via dicendo, il dottor Battistotti conduca da una vita, in
camice bianco, il da noi temuto mestiere del dentista.
Con una coscienza professionale - è giusto aggiungere che lo porta ad aggiornare costantemente le tecniche dentarie: proprio come se un molare fosse importante, giustappunto, come una bottiglia di Morandi.
Specialista in odontoiatria e
stomatologia, volontariamente al di fuori dei circuiti non
sempre virtuosi del mercato
dell'arte (come tiene a precisare), dopo quarant'anni di
manualità artistica non limitata alla cavità orale è diventato uno che conta, e sul serio, come pittore, scultore e
grafico. Guardando al suo
museo domestico e viaggiante (perchè s'infittiscono le
esposizioni dei duemila quadri, delle quattrocento sculture, delle novemila elaborazioni al computer usciti dalla sua officina d'arte) Battistotti misura il cammino percorso? Risponderei: sì e no.
Metodico, ricercatore rigoroso, attento all'evoluzione delle arti figurative più di tanti
pittori che, trovato un modu-
PROTAGONISTA Un primo piano di Silvano Battistotti, 65 anni, artista che spazia dalla pittura alla musica
(Cdg)
Dal trapano alla tavolozza:
e il dentista si scopre pittore
lo espressivo, continuano a
ripeterlo all'infinito, egli non
può non essere cosciente di
avere affrontato e risolto in
quarant'anni, da quando frequentava l'Accademia di Brera, serie questioni di linguaggio e di contenuti. Ma poco
tiene in conto gli alti e bassi
delle mode, le dittature del
mercato dell'arte, i capricci
del marketing: la sua tavola
dei valori conta sugli assoluti, non all'effimero, ed è proprio l'indipendenza che gli
offre la sua professione a
metterlo in una condizione
di invidiabile libertà davanti
alle cose dell'arte. Battistotti
sa fin troppo bene che oggi,
in arte, molte fame sono
usurpate, che tra la miseria
di Van Gogh e le stravaganze miliardarie di Dalì occorre avere il senso della misura, che non sono le aste e i
mercanti a garantire la posterità. Quello che per lui conta- mi dice - è continuare a
dipingere: la condizione per
essere felice.
Quando chiude il suo studio
di Ugo Ronfani
odontoiatrico,
Battistotti
scappa a Santa Maria Maggiore, Val Vigezzo. La valle
dei pittori, così chiamata nel
ricordo dell'onesta scuola naturalista di Fornara e Ferraris; e qui sono scarpinate
nell'Ossola con il suo cane,
lavori di giardinaggio, ritempranti corpo-a-corpo a spaccare legna, il tonificante spaesamento nella pittura.
«Queste fughe - mi dice - sono supplementi di giovinez-
za. Gli si risveglia una natura montanara; ritrova il senso di quella vita piena che lo
ha spinto - vedete la sua gagliarda biografia - a laurearsi in chirurgia, a frequentare
l'accademia di Brera, a diplomarsi al Conservatorio in
composizione, jazz e musica
elettronica. E a trasformarsi
in critico d'arte assiduo come eloquente conferenziere.
L'ambiente medico milanese
gli ha chiesto di aiutarlo a ca-
pire come si legge un quadro, a orientarsi nella "selva
oscura" delle scuole e delle
tendenze artistiche, a mettere d'accordo spirito scientifico ed emozione estetica».
«Questo lavoro divulgativo
basato sul dialogo mi piace.
Sono incline per natura agli
approcci multidisciplinari,
credo che la civiltà cammini
anche con l'integrazione della logica e delle emozioni,
dell'esprit de geometrie e
dell'esprit de finesse. E poi
discorrere di queste cose mi
aiuta a tenermi al corrente, a
non fossilizzarmi: l'arte è
una invenzione quotidiana».
Il nostro odontoiatra artista
non cerca - questo lo si è capito - la gloria, il successo
mondano e finanziario o i riconoscimenti che peraltro giustamente - si infittiscono.
Cerca soltanto uno spazio di
libertà attraverso l'arte, di
cui ha bisogno come dell'
aria dell'Ossola. Mi fa venire
in mente ciò che l'amico
Treccani ebbe a dirmi in un
momento di confidenze a Pa-
rigi, che credeva di essere nato per essere felice, e che
questa felicità per lui era dipingere. Qualcosa di simile
ha detto Camus: scrivere,
nel sole del Mediterraneo,
per lui era il massimo della
felicità permessa a un uomo.
Credo che il nostro odontoiatra pittore la pensi nello stesso modo: non si spiegherebbe altrimenti perchè, rubando quarant'anni della sua vita alla professione, abbia
mantenuto ferma la sua vocazione di artista.
Gli chiedo di parlarmi anche
di cose concrete, come il
mercato delle sue opere. E
m'accorgo che è quasi stupito perchè, dopo essersi divertito e appassionato a mettere
insieme il suo "museo", gallerie, mercanti, critici si siano decisi a parlare di lui.
Che i suoi lavori abbiano delle quotazioni non gliene importa più di tanto. Sul mercato dell'arte dice a voce alta
quello che molti si limitano
a sussurrare.
«C'è una pletora di artisti. La
riproducibilità tecnica dell'
immagine ha perduto, come
diceva Walter Benjamin,
l'aura mitico-rituale delle origini. Il pittore che non si mostra nella società di massa,
che non si offre al consumo
non può esistere. Le gallerie
sono sempre meno luoghi di
selezione, troppi galleristi
fanno gli affittacamere. Bene, poichè posso farlo, non
voglio stare al gioco. Il senso, il piacere di quello che
faccio è nell'esprimermi e
nel comunicare, il resto mi
interessa meno». L'avere attraversato, assumendole in
proprio, le esperienze di fondo dell'arte del Novecento,
l'essere passato dall'espressionismo degli esordi al costruttivismo concettuale, avere cercato nell'abbraccio visivo del quadro o della scultura le equivalenze ritmiche e
timbriche della musica, l'essersi misurato con i materiali e le tecniche più vari fino
al computer e l'avere tentato,
da artista del nostro tempo,
una sintesi dell'estetica, del
filosofico e del sociale (di
tutto questo parliamo a lungo, non di gallerie e di mercanti) è quanto per lui conta
sopra ogni altra cosa.
Lo studio odontotecnico di
via Melchiorre Gioia è insomma - l'avreste immaginato? - il museo non immaginario, il sogno realizzato di un
uomo libero.
IL RAPPORTO CON LA MUSICA ■ Una storia particolare UN CAMMINO INSOLITO ■ Anni di lavoro per cambiare tecnica
Se la geometria diventa suono O pastelli o computer graphic
ltre ad esercitare dalla fiO
ne degli anni Sessanta la
professione di odontoiatra il
dottor Silvano Battistotti, nato e residente a Milano, ha
portato avanti una intensa
carriera artistica interdisciplinare che col tempo ha attirato l'attenzione del pubblico e
della critica. Laureatosi in
Medicina e Chirurgia e specializzatosi in Clinica odontoiatrica e Stomatologia, dal
'70 in poi, attirato fin da ragazzo dal disegno e dalla pittura, segue all'Accademia di
Brera i corsi di nudo del
prof. Gino Moro e, allo
Iulm, i corsi di storia dell'arte moderna del prof. Marco
Valsecchi, che del "Giorno"
fu critico d'arte nei primi
tempi di vita del giornale.
Contemporaneamente prosegue lo studio del pianoforte,
coltivando sia la musica classica che il jazz, si iscrive al
Conservatorio Giuseppe Verdi e nell'81 ottiene il diploma di compositore di musica
elettronica con il maestro
Angelo Paccagnini, allievo
di Luciano Berio.
La sua prima opera, di oggettività geometrica, è del '71,
cui altre seguono di taglio
espressionista. Successivamente, pur senza trascurare
la professione Battistotti,
con un' assiduità di cui fa fede una quantità imponente
di lavori, si applica a realizzare pitture, sculture, pittosculture e opere grafiche che
evolvono nell'ambito dell'
Battistotti con una sua opera geometrizzante
astrazione geometrica, e frequenta in modo autonomo le
avanguardie del secondo Novecento. Con queste opere
egli ha inteso approfondire
interrelazioni e analogie fra
la pittura e la musica.
Nelle successive fasi di una
ricerca che l'artista considera fondata su principi logici,
alle note delle partiture musicali egli è andato sostituendo strutture della geometria
euclidea, lavorando a composizioni in tre o quattro tempi
analoghe a quelli delle sonate classiche, o nei due tempi
del "preludio e fuga" come
in Bach, fino a giungere a costruzioni concertistiche più
complesse partendo da un accordo base. Queste "traslazioni" hanno riguardato anche il jazz: nel '71 un grande
quadro intitolato "Omaggio
a Louis Armstrong" e realizzato in occasione della
sua morte, era articolato in
tre parti: una introduttiva nello stile ritmico dixieland,
una centrale con la solennità
dei blues e un finale giocato
sullo swing. Nel '72 un'altra
grande composizione suggerita dai "Venti leader" di
Franz Schubert, dove s'incontravano varianti ritmiche
e coordinazione cromatica,
concludeva negli aspetti programmatici la fase della trasposizione in pittura della
musica. Dopo di che conclusa questa fase, Battistotti realizza successive opere in cui
l'elemento "ritmico" è prevalente su quello "melodico",
con risultati di più diretta e
immediata comunicazione e
diffusione nello spazio. Questo periodo coincide con l'interesse per l'oggettistica; è
l'epoca in cui nascono pittosculture informali da rottami
metallici, piastre di alluminio, ottone, legni grezzi o
smaltati,perspex, residuati
plastici. Così, di passaggio
in passaggio, a partire dal
2000 Battistotti arriva all'attuale fase della fruizione artistica del computer, usando il
quale persegue, in migliaia
di composizioni, la rapidità
e la precisione di intervento
proprie del mezzo ed elabora - come ci dice egli stesso spazi di libertà espressiva
prima impensati.
La sua notorietà di doppia
origine lo ha portato ad
esporre a più riprese a Milano, in Lombardia e altrove,
anche insieme a artisti argentini a cura della Galleria Arte-Struktur.
U.R.
l linguaggio della 'compuIBattistotti
ter grapich' - dice Silvano
in uno scritto teorico ripreso nelle conferenze
che tiene periodicamente per
l'Ordine dei Medici, e di cui
qui si pubblica un estratto - è
l'ultima tappa del percorso
ormai quarantennale nelle arti figurative. A questa tappa
sono pervenuto gradualmente, dopo avere praticato per
anni la grafica con pennarelli, inchiostri, pastelli a cera e
ad olio. Mi ha conquistato la
rapidità di intervento che il
computer consente per la soluzione dei vari problemi manuali (non più il mai finito
del 'tocca e ritocca', il rimescolìo continuo dei colori, la
possibilità di elaborare un'
opera nel suo divenire dinamico partendo da connotazioni iniziali, etc.).
La docilità espressiva del
computer sotto lo stimolo
della creazione artistica consente di produrre e trasformare immagini con una possibilità infinita di variazioni. Rifacendomi alle analogie che mi interessano molto fra la pittura e la musica, mi
pare incontestabile che le variazioni di un tema grafico al
computer siano affini ai sistemi delle variazioni di Mozart, Beethoven o Brahms:
nell'uno e nell'altro caso sono alcune 'parcelle' compositive, e archetipiche, ad ampliare, ripetendola, l'invenzione dell'artista.
Voglio dire in concreto che
da un disegno originale, co-
Una singolare scultura dall’ispirazione musicale
struito con i mezzi più elementari quali linee rette e
curve, poligoni e campiture,
con il computer si possono
ottenere figurazioni geometriche, plastiche o informali
le più diverse. Dove deduzioni logiche possono coniugarsi con invenzioni fantastiche
in sequenze espressive in
continua metamorfosi. Il 'feed back' continuo con la macchina ci consente di sperimentare molti modelli stilistici; se e quando la struttura
di base si deforma in nuove
figurazioni e in variazioni
cromatiche possiamo sconfinare nelle dimensioni surreale o metafisica. E applicando
la regola della clonazione,
com'è possibile, approderemo al multiplo, come in certa arte concreta, dove la ripetizione diventa elemento costitutivo dell'opera.
L'arte non è imitazione, è deformazione. L'artista del nostro tempo prova e riprova,
deforma, deforma la deformazione, spezza i ritmi, ri-
compone l'immagine, omogeneizza la luce, diffonde il
colore e racchiude il tutto in
una sintesi creativa. Vengono in mente gli esercizi di
chi compone pezzi di musica elettronica: con il computer possiamo esercitarli in
tutta libertà. Accostandoci al
computer noi artisti siamo
un po' come gli automobilisti, che vorrebbero un'auto
più sicura, con più ripresa,
più silenziosa, di consumi
bassi. Nello stesso modo,
con il computer tendiamo ad
eliminare indugi e lentezze
nei passaggi intermedi della
creazione, aspiriamo a nuove funzioni trasformative,
avvertiamo che figure geometriche liberamente sperimentate per clonazione , grazie al mezzo tecnologico
non tardano ad ampliare il
campo della creazione.
Che dire, poi, delle numerose possibilità di spostare le
luci, con il computer, sui colori e sulle forme, in tutte le
direzioni, o di concentrarle
come fa un riflettore sulla
scena teatrale? Anche il colore, orchestrato col computer,
può assumere un ruolo fondamentale; giocando su varianti cromatiche, messe a
fuoco e sovrapposizioni si
possono ottenere effetti decisamente impensabili.
Tutto questo, e altro ancora,
per dire la convinzione e l'entusiasmo con cui mi sto dedicando
alla
'computer
graphic'. Ricavandone preziosi supplementi di libertà
espressiva.
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