1.5 – Stati di aggregazione
Generalità – Si è visto nella teoria cinetica dei gas, come una interpretazione
particellare della materia, sotto alcune ipotesi restrittive, sia in grado di spiegare
correttamente molti dei fenomeni macroscopici di un sistema gassoso e le leggi
empiriche che ne governano lo stato termodinamico.
L’idea che la materia tutta, fosse costituita di aggregati elementari, le molecole,
era già ampiamente accettata fin dagli inizi del 1800, poiché il modello permetteva
ottimi accordi con le leggi della chimica. La teoria cinetica dei gas con i suoi risultati
aggiunse importanti conferme a questa interpretazione.
Tuttavia una estensione del modello a tutti gli stati di aggregazione della materia,
ha incontrato negli anni successivi notevoli difficoltà, dovute principalmente alla
complessità dei calcoli relativi ad un così elevato numero di particelle ed al fatto che la
meccanica classica mostra dei limiti di applicabilità, quando riferita a strutture di le cui
dimensioni siano dell’ordine di 10-10 m.
Solo dopo l’avvento della teoria dei quanti e lo sviluppo della la meccanica
quantistica, il modello ha potuto essere esteso correttamente a tutti gli stati di
aggregazione con risultati in accordo con le evidenze sperimentali.
In base a questo modello, tutta la materia è formata da aggregati di particelle
piccolissime, le molecole, che a loro volta sono formate da aggregati di altre particelle,
gli atomi, con l’eccezione dei cosiddetti gas nobili la cui molecola è formata da un solo
atomo.
Aggregazioni omogenee di atomi (o molecole), costituiscono quello che si chiama
un elemento. In natura esistono, stabili, soltanto 92 atomi diversi e quindi solo 92
elementi diversi. Per uno stesso tipo di elemento possono esistere atomi con pesi
(masse) leggermente diversi, che però conservano le stesse proprietà chimiche: sono i
cosiddetti isotopi *.
Un composto è invece costituito da un insieme di molecole formate da più atomi
diversi, legati in una struttura stabile. Esistono molecole formate da pochi atomi e
molecole formate da centinaia di migliaia di atomi come nelle molecole biologiche. Ne
segue che la varietà di molecole possibili e quindi il numero di composti possibili è
enorme, dipendendo dal numero e dalla disposizione dei singoli atomi nella molecola.
Gli elementi hanno le caratteristiche fisico-chimiche degli atomi da cui sono
formati.
I composti hanno le caratteristiche fisico-chimiche delle molecole da cui sono
formati che sono diverse da quelle degli atomi che formano la molecola.
Fra molecole, così come fra atomi, si esercitano forze sia attrattive che repulsive
dovute alle cariche elettriche positive e negative presenti nelle loro strutture.
Lo studio di queste forze, viene sviluppato in quella parte della fisica chiamata
elettromagnetismo.
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* Gli isotopi di un elemento sono caratterizzati da un diverso numero di neutroni presenti nel nucleo
atomico.
Poiché l’interazione fra atomi e molecole, risente fortemente della distribuzione
geometrica delle cariche all’interno di queste strutture, il calcolo delle espressioni finali
della forza e dei potenziali risulta molto complesso.
Per poter descrivere gli stati di aggregazione della materia ed il loro cambiamento
al variare dello stato termodinamico di un sistema, è opportuno riassumere comunque
alcuni risultati di questi calcoli in modo qualitativo:
● a grandi distanze, cioè alla distanza di molti raggi molecolari, le forze di
interazione fra le molecole (e fra gli atomi) sono debolissime o assenti.
● a distanza di qualche raggio molecolare, esse sono attrattive, con intensità e
strutture che dipendono dal tipo e dal numero di atomi presenti che ne determinano la
disposizione geometrica all’interno della molecola.
● a distanze più ravvicinate queste forze sono altamente repulsive, sono
responsabili della incompressibilità dei liquidi e dei solidi e della impenetrabilità del
corpi.
Un andamento qualitativo delle forze che si esercitano fra queste particelle e delle
energie di legame ad esse associate è rappresentato nelle figg.1.5.1).
Fig.1.5.1) a) – Andamento delle forze interatomiche in funzione della distanza fra i singoli atomi. A
grande distanza le forze sono virtualmente nulle, quando gli atomi sono molto vicini le
forze di repulsione sono grandissime.
b) –L’energia di legame presenta un minimo in corrispondenza del passaggio delle forze da
attrattive a repulsive. A questa distanza in media si posizionano due atomi quando
formano una molecola.
Stati di aggregazione – I principali stati di aggregazione sotto cui la materia si
presenta sono: solido, liquido, aeriforme e lo stato in cui una qualsiasi sostanza si trova
è dipendente dalla sua temperatura e dalla sua pressione. Al variare di questi due
parametri termodinamici lo stato di aggregazione può cambiare passando dall’uno
all’altro. Prima però di analizzare questi cambiamenti è opportuno definire gli stati di
aggregazione in modo più preciso secondo la schematizzazione mostrata in fig.1.5.2).
Fig.1.5.2) – I diversi stati di aggregazione della materia.
I solidi, sono quelle sostanze nelle quali, alla temperatura in cui si trovano,
l’energia di legame U fra le singole molecole o fra i singoli atomi è maggiore
dell’energia disordinata dovuta alla temperatura Ec .
In conseguenza di ciò, le singole particelle non si allontanano l’una dalle altre ma
si limitano ad oscillazioni più o meno ampie in funzione della temperatura e questo è il
motivo per cui il solido presenta forma propria e volume proprio.
I solidi si dividono in solidi cristallini e solidi amorfi.
Nei solidi cristallini, le molecole sono costituite da atomi che occupano i vertici
di un reticolo, la cui forma e struttura nello spazio dipende dalla sostanza stessa.
L'energia cinetica disordinata dovuta alla temperatura è presente come energia di
oscillazione intorno alla posizione di riposo occupata dagli atomi. Un esempio classico
è il sale marino (NaCl) che presenta una struttura cristallina cubica poiché i suoi atomi
occupano i vertici di un cubo: fig.1.5.3)a.
Nei solidi amorfi, gli atomi che costituiscono il solido non occupano posizioni
definite nello spazio, ma sono aggregati in modo disordinato e casuale, pur conservando
una buona omogeneità anche su piccola scala. Esempi tipici sono le cere, i catrami ed i
vetri: fig.1.5.3)b.
Nei liquidi, le singole molecole non occupano posizioni specifiche all’interno
della sostanza, ma a differenza dei solidi amorfi, possono scorrere l’una sull’altra senza
potersi però allontanare dalla massa del liquido restante, fatto questo che determina il
fatto che i liquidi hanno volume proprio, ma forma determinata dal recipiente
contenitore.
Nei liquidi, la possibilità di scorrimento delle molecole, determina una grandezza
fisica che si chiama viscosità.
Fig.1.5.3) a) – Il reticolo cristallino cubico del cloruro di sodio. In rosso gli atomi di cloro, in blu gli
atomi di sodio.
b) – Struttura amorfa di un vetro al biossido di silicio. In verde gli atomi di ossigeno, in viola
gli atomi di silicio.
Un liquido a bassa viscosità è un liquido in cui le molecole possono scorrere
facilmente le une sulle altre, al contrario in un liquido ad alta viscosità, le forze
intermolecolari sono più forti ed il liquido appare più denso ed appunto più viscoso.
Per questo motivo a volte gli stessi solidi amorfi vengono considerati liquidi ad
altissima viscosità.
Se si considera una molecola all’interno di un liquido, le forze di attrazione
dovute alla molecole circostanti, che vengono chiamate anche forze di coesione, si
manifestano per l’intero angolo solido 4π , per cui la singola molecola è mediamente in
equilibrio è può muoversi rispetto alle altre all’interno della massa.
Per una molecola che si trovi invece alla superficie, le forze di attrazione
intermolecolari, agiscono solo verso l’interno della massa del liquido e si manifestano
come tensioni superficiali che impediscono alla particella di allontanarsi dalla massa
liquida restante: fig.1.5.4)a.
In assenza di gravità, che costringe il liquido nel suo recipiente, le forze di
coesione ed le tensioni superficiali, fanno assumere alla massa di un qualsiasi liquido
una forma sferica, in quanto questa è l’unica configurazione di equilibrio che a parità di
volume presenta una superficie esterna minore rispetto a tutti gli altri solidi.
In fig. 1.5.4)b, la foto mostra la struttura sferica di una goccia d’olio di oliva in un
miscuglio di acqua ed alcool etilico. Questo miscuglio nel rapporto 1:1,5 presenta la
stessa densità ρ dell’olio, per cui la spinta di Archimede ed il peso dell’olio si
equivalgono mantenendo la goccia in virtuale assenza di gravità. Le forze di coesione e
le tensioni superficiali agiscono di conseguenza.
Fig.1.5.4) a) – La struttura amorfa di un liquido. Le molecole di acqua contenuta in un recipiente come
sarebbero viste con un ipotetico microscopio.
b)– Foto di una goccia di olio, in equilibrio idrostatico in una miscela di acqua ed alcool
etilico. Le forze di coesione e di tensione superficiale impongono una forma sferica.
Le forze di coesione interne e le tensioni superficiali di un liquido, in presenza
delle pareti del recipiente danno luogo al fenomeno chiamato capillarità.
La capillarità è dovuta all’attrazione fra le molecole del liquido e le molecole delle
pareti del recipiente con cui queste vengono in contatto.
Fig.1.5.5) a) – L’acqua bagna la parete del contenitore e forma un menisco concavo, mentre il
mercurio non bagna la parete e forma un menisco convesso.
b) – Nei tubi capillari l’acqua può salire molto rispetto al livello dettato dalla legge dei vasi
comunicanti.
Se le forze di coesione del liquido e le sue tensioni superficiali sono minori delle
forze esercitate dalle molecole delle pareti si dice che il liquido bagna la parete e la
parte di liquido immediatamente adiacente alla parete salirà lungo la parete formando un
menisco concavo come nel caso dell’acqua: fig. 1.5.5)a.
Se le forze di coesione del liquido e le sue tensioni superficiali sono maggiori
delle forze esercitate dalle molecole delle pareti si dice che il liquido non bagna la
parete e la parte di liquido immediatamente adiacente alla parete scenderà lungo la
parete formando un menisco convesso come nel caso del mercurio: fig. 1.5.5)a.
Nel caso di vasi comunicanti, se uno dei vasi è un piccolo tubo (capillare), un
liquido che bagna, salirà nel tubo capillare fino a quando il peso del liquido non
equilibri l’attrazione delle pareti. Come conseguenza, la salita del liquido nel tubo
capillare è tanto maggiore quanto più piccola è la sezione del capillare.
Questo fenomeno riveste una importanza fondamentale nell’ecosistema terrestre
in quanto responsabile della salita della linfa lungo i capillari delle piante e degli alberi.
Negli aeriformi, le molecole hanno una energia cinetica disordinata dovuta alla
temperatura Ec , superiore alla energia di legame U e questo fa sì che esse si muovano
liberamente (o quasi) nel volume determinato dal contenitore: fig.1.5.6).
Se le energie cinetiche disordinate dovute alla temperatura Ec , sono di poco
superiori alle energie di legame delle molecole U, gli aeriformi vengono definiti vapori.
Se le energie cinetiche disordinate dovute alla temperatura Ec , sono molto
superiori alle energie di legame delle molecole U, gli aeriformi vengono definiti gas.
Fig.1.5.6) – Molecole di azoto libere (o quasi) in
un
contenitore.
La
molecolare in questo
biatomica (N2 ).
struttura
caso è