TRA POLITICA E ORIZZONTI CULTURALI Ellenismo allo zenit con il re che sposò Oriente e Occidente Tradusse in azione e voglia di dominio gli insegnamenti del suo maestro Aristotele Luciano Canfora • LA VITA E IL REGNO • • MODI DI DIRE • • Dall'Egitto fino all'India Il «nodo» proverbiale AMSTERDAM • Idee per una visita Secondo Arnaldo Momigliano (Saggezza straniera), «i Greci non traducevano». Non è del tutto vero. Democrito tradusse il romanzo di Ahiqar e la filosofia popolare amava immaginare personaggi greci in conversari con saggi orientali. Aristosseno inventò l’incontro di Socrate con un saggio indiano. Clearco di Soli, scolaro di Aristotele, metteva in rapporto, nel dialogo «Sul sonno», Aristotele giovane e un saggio ebreo. Era un processo di comprensioni e di fraintendimenti che approdò, ad un certo punto, a un trattato «Sugli Ebrei», scritto da Ecateo di Abdera al tempo del primo Tolomeo, al principio del III secolo a.C.: una rilettura del mondo giudaico con categorie della politica greca. Di mezzo c’era stato Alessandro Magno, cioè colui che aveva programmaticamente perseguito un proposito di mescolanza fra i Greci e gli Iranici e che aveva anche accordato agli Ebrei di Alessandria una posizione di rilievo. E sotto il secondo dei Tolomei —narra una tradizione illustre (codificata nella cosiddetta Lettera di Aristea) —era stata realizzata, previa ambasceria a Gerusalemme e grazie all’importazione di traduttori ebraici competenti in greco, la traduzione greca della Torah. Esempio insigne di osmosi nelle due direzioni, secondo una felice espressione di Elias Bickermann. The immortal Alexander the Great Quella traduzione resta un episodio centrale, non a caso ben presente nelle fonti di parte greca. Centrale non solo nella vicenda del mondo giudaico-ellenistico ma della civiltà mondiale: «essa aprì la Bibbia al mondo. Senza questa traduzione Londra e Roma sarebbero ancora pagane e le Scritture non sarebbero note meglio del Libro dei morti egiziano » (Bickermann, The Jews in the Greek Age). Che la mescolanza orientale-occidentale incominciasse prima di Alessandro Magno intuì Niebuhr, anticipando la visione di Droysen dell’Ellenismo come mescolanza conseguente alla conquista macedone dell’Iran e dell’India. E del resto l’idea che il pensiero greco si fosse nutrito di sapienza orientale (e più specificamente mosaica) era un motivo di discussione ancora ai tempi di Diogene Laerzio e di Clemente di Alessandria. E Platone aveva mandato Solone in Egitto. La storia è mescolanza. Lo stoicismo è presente nel buddismo del re indiano Asoka allo stesso modo che giudaismo e pensiero greco sono nel cristianesimo e il cristianesimo è ben piantato dentro il pensiero laico e il liberalismo dentro il marxismo, e il marxismo nel pensiero a noi contemporaneo, anche se lontano da Marx. Per questo si può dire che l’«ellenismo» è un simbolo del divenire storico come tale. Nonostante abbia avuto predecessori (nulla nella storia nasce dal nulla), Alessandro diede all’«ellenismo», a questa «osmosi nelle due direzioni», un impulso immenso. Si può dire che la sua politica di conquista, certamente messa in moto dallo spirito di conquista e dal carattere eminentemente militare dell’élite dominante macedone, abbia però avuto anche fonti di ispirazione che in lui divennero azione. In AL CINEMA. Colin Farrell in «Alexander» di Oliver Stone (2004) primo luogo, il pensiero del suo maestro Aristotele, che doveva tutto ad Atene e però non era un Ateniese. Ma ebbe il suo peso anche il contrasto— in cui il sovrano, come già suo padre, venne a trovarsi— con l’angustia semirazzistica delle città greche. Nel discorso che già gli antichi definivano «il suo più grande», la Filippica terza, Demostene si spinge ad affermare che Filippo «non solo non è un greco ma proviene da un paese dal quale noi Ateniesi non compreremmo nemmeno uno schiavo!». In pochi anni questa mentalità angusta era cancellata. Alessandro aveva allargato l’orizzonte dei Greci e unificato il mondo dalla penisola balcanica all’Afghanistan favorendo un processo di ellenizzazione che fu sempre e dovunque uno scambio di dare e avere. La rigogliosa e gigantistica arte dei templi indiana—osservò Droysen, in una delle pagine sue più durevoli e suggestive —è una originale sintesi greco-orientale: ed è uno dei prodotti più alti dell’ellenismo. Quale immane differenza tra una siffatta «conquista» e la brutale sottomissione dell’Occidente da parte di Roma. (Corrierere della Sera)