4. L’INVIDIA «L'invidia è il cruccio degli stolti»; «L'erba del vicino è sempre più verde»; «All'occhio dell'invidioso un cespuglio si trasforma in bosco»; «Se l'invidia fosse una malattia, il mondo sarebbe un ospedale»; «Se l'invidia fosse febbre, tutto il mondo l'avrebbe»; «L'invidia è un animale che, in assenza di altre gambe, rode le proprie»; «L'invidia apre il fuoco sugli altri e ferisce se stessa»; «L'altrui fortuna è una corda al collo dell'invidioso»; «Se l'invidia si guardasse allo specchio, arrossirebbe»; «Invidia e gelosia si danno la mano per la vita». Come una vecchia è l'invidia, dal volto pallido e dal corpo magro. Ha l'occhio torvo e i denti rugginosi. Al posto dei capelli ha delle serpi. Attorno a sé sparge veleno. E sghignazza per i mali altrui. Sono questi alcuni canoni proposti per raffigurare l’invidia. L’etimologia lega l’invidia al verbo latino videre (vedere): invidere è “vedere male”, ovvero avere occhio cattivo, guardare l’altro con occhio cattivo. Perciò l’altro risulta “invisi”, cioè odioso. L’invidia è guardare di mal occhio (cioè guardare ai pregi e all’affermazione altrui come a propria disgrazia). È avere un occhio talmente cattivo da non vedere più l’altro come persona degna di rispetto, e volerne addirittura la sparizione e la distruzione. L’invidia è una cecità morale. Lo sguardo invidioso è obliquo, rancoroso, sofferente. Figlia della superbia, l’invidia impedisce di essere contenti di ciò che si ha e si rallegra per il male altrui. Il Siracide afferma che è malvagio l’uomo dall’occhio invidioso (Sir 14,8); Tu sei invidioso perché io sono buono (Mt 20,15). Gesù precisa che l’invidia ha le sue radici dentro l’uomo, perché dal cuore degli uomini escono i propositi di male (Mt 7,22). L’invidia disgrega la convivenza pacifica e uccide l’amore. L’invidioso non sente ragioni e mette in croce la sua vittima. L’invidia può nutrirsi solo della distruzione dell’altro. L’invidia è un vizio che non procura vantaggio a chi lo coltiva, ma genera un’acuta e costante sofferenza. È un sentimento triste e infelice. Macera e tormenta interiormente, isola dalla realtà e falsifica le relazioni, insidia ogni espressione del vivere personale e comunitario. Mentre pecca, l’invidioso già subisce il castigo del proprio peccato, infatti l’invidioso conosce l’amarezza che improvvisamente lo assale, il sentimento che lo rode e gli chiude il cuore, lo logora, mina e contamina il contesto di cui fa parte. E così diventa incapace di misurarsi con le prop0rie potenzialità e far fruttare i propri talenti. L’invidia si manifesta nell’uomo più di altri vizi, ed è il più insidioso dei vizi capitali. L’invidia inquina la vita. La espone alla putrefazione e al ristagno. (Caino e Abele; Sara e Agar; Esaù e Giacobbe; i fratelli di Giuseppe; Saul e Davide). L’invidia diventa più forte quanto più i rapporti tra le persone son vicini, stretti, quando si cominciano a fare confronti rammaricandosi di eventuali predilezioni accordate ad altri”. L’invidioso non può sopportare chi è migliore. Prova dispiacere vedendo gli altri gioire dei beni e dei vantaggi che lui non possiede. Però l’invidia non si limita solo a desiderare fortemente di possedere una cosa altrui. Può giungere fino a impedire all’altro di possedere quella cosa. L’invida diventa peccato quando in esso ci si compiace. L’errore consiste nel fatto di acconsentire alla passione, favorendola con pensieri, parole o atti che sembrano innocui, ma sono malefici. L’invidia e il risentimento diventano vizio allorché danno origine ad atti intenzionali, distruttivi dell’altro, ma anche di se stessi. L’invidia provoca infelicità e depressione, aumento di cattiveria e falsità, incapacità di riconoscere il bene ricevuto. L’invidia è vizio capitale L’invidia è un vizio estremamente pericoloso, uno dei più grandi inganni, vera e propria ‘carie delle ossa’ (Pr 14,30). L’invidia è antica quanto l’uomo, ed è diffusa dappertutto. È una specie di mostro che si aggira per il mondo, alla ricerca di chi poter distruggere. Gregorio Magno a introdurre l’invidia nel settenario dei vizi, assegnandole il secondo posto dopo la superbia. San Tommaso d’Aquino precisa: l’invidia è tipica degli arroganti. L’invidioso è una persona delusa nella propria volontà di eccellere, frustrata dall’eccesso di gloria altrui. San Cipriano: L’invidia è veleno mortale, tarlo dell’anima, putrefazione del pensiero, ruggine interiore. Essa è radice di ogni male, fonte di sventura, vivaio di delitti, materia delle colpe. L’invidia è senz’altro il vizio peggiore che esiste. L’invidia non conosce distinzioni di età e di condizione. Forme di invidia Invidia e tristezza sono strettamente legate. L’invidia si nutre di tristezza, e provoca tristezza, dolore, rabbia, irritazione. L’oggetto della tristezza è il male proprio, per l’invidia è sentire il bene altrui come male proprio. L’invidioso è un superbo frustrato, offuscato nel proprio giudizio da uno smisurato amore di sé, ferito dal bene altrui nella propria brama di gloria e di riconoscimento. L’invidioso non si rattrista solo né principalmente per quello che l’altro ha, ma per ciò che l’altro è, perché l’altro è felice. Non è capace di provare gioia per la felicità altrui. E prova anche il bisogno di ridurgliela. Il bene altrui è visceralmente detestato, dal momento che lo percepisce come sconfitta, giudizio, fallimento del proprio io. L’unica via di uscita, per l’invidioso, appare essere la distruzione dell’altro. L’invidioso è soprattutto un sofferente. Cova nel cuore un amaro risentimento. Patisce della propria mancanza, si angoscia e sta male. L’invidioso non vuole venire allo scoperto. Si nasconde tanto quanto il superbo si mostra. Conseguenze dell’invidia Purtroppo l’invidia brucia il cuore, inaridisce la carne, spossa l’intelletto, toglie la pace alla coscienza, rattrista i giorni della vita. Nel punto di massima espansione diventa furia cieca, perseguimento sistematico del male dell’altro, violenza distruttiva e anche omicida. Rimedi all’invidia Come combattere, sconfiggere e fronteggiare. Una sana competitività può essere un’alternativa all’invidia. La differenza sta nel modo di guardare all’altro, non considerandolo come un nemico. Se c’è un confronto aperto e leale, allora c’è agonismo più che antagonismo. Soltanto con uno sguardo limpido si può guarire dall’invidia. Soltanto abbandonandosi liberamente alla provvidenza, l’uomo impara: a vedersi con gli occhi di Dio, a prendere in mano la propria storia, a valorizzare il positivo di sé, a rinascere all’autostima, ad avere misericordia di sé. È proprio vero che, se i nostri sguardi fossero abbastanza puri, “ogni felicità che sopraggiungesse per qualcuno accrescerebbe la nostra”. Forse è impossibile estirpare l’invidia. Comunque è necessario e possibile controllarla. Deve esercitarsi a credere l’amore. Deve ammettere con gratitudine i doni dei quali ciascuno è dotato. E dovrebbe esercitarsi a “gioire con chi gioisce e a piangere con chi piange” (Cf. Rm 12,15): le gioie e le capacità dell’altro sono dono per l’utilità comune. L’invidia nasce dalla prigionia del proprio io e dell’agape. Se siamo persone capaci di pieta, di riconoscenza e di gratitudine verso l’altro, siamo meno esposti all’infezione dell’invidia. E solo con l’amore che si può sconfiggere l’invidia. La via più efficace è pregare per coloro che ci invidiano e per coloro che invidiamo. È la via alta dell’amore. Domande Come reagisco di fronte al bene di un amico? Provo invidia per le qualità ed i beni di un altro? Ti rendi conto che il bene degli altri è un dono anche per te? Come può questo aiutarti nella crescita? Quando competo con gli altri ho intenzione di umiliarli?