2.4 Pacchetti d’onda Come abbiamo visto, la soluzione (2.16) per la particella libera non somiglia molto al moto di una particella libera classica, in quanto: 1. l’ampiezza della (2.16) è costante; 2. se la quantità di moto classica p deve corrispondere a h̄k, la velocità dell’onda sembra essere la metà di ciò che ci si aspetterebbe. Per poter ottenere un limite classico sensato, dobbiamo introdurre il concetto di pacchetto d’onde, e assumere che il moto classico si ottenga sommando fra loro molte onde piane del tipo (2.16), anzichè considerando un’onda sola. Proviamo a considerare per un momento la sola parte spaziale (non è una limitazione: è la soluzione della corrispondente equazione di Schrödinger indipendente dal tempo, e conosciamo il suo legame (2.13) con la soluzione completa), e ipotizziamo una soluzione oscillante come un’onda piana con un certo vettore d’onda k0 , ma localizzata nello spazio in una regione di lunghezza L: ψ(x) = eik0 x se |x| ≤ L/2 = 0 se |x| > L/2 (2.22) Ci chiediamo se la (2.22) è una soluzione dell’equazione (2.18). Per fare questo, appoggiamoci sulla teoria delle trasformate di Fourier, secondo cui qualunque ψ(x) può essere espressa in termini di uno sviluppo in onde: Z +∞ ψ(x) = F (k)eikx dk (2.23) −∞ dove le ampiezze F (k) si possono ottenere da una ψ(x) mediante una trasformata inversa, Z 1 +∞ F (k) = ψ(x)e−ikx dx (2.24) 2π −∞ Nel nostro caso, la forma particolare (2.22) che abbiamo ipotizzato dà F (k) = 1 2π Z L/2 e−i(k−k0 )x dx = −L/2 L sin[(k − k0 )L/2] 2π (k − k0 )L/2 (2.25) Come noto, la funzione sin y/y ha un picco di ampiezza 1 a y = 0, si annulla per y = ±π, e presenta altre oscillazioni di ampiezza molto inferiore al picco principale, che decadono come 1/y al crescere di y. Pertanto F (k) ha un picco di altezza massima L/2π e larghezza a metà altezza approssimativamente ∆k ∼ 2π/L. Abbiamo quindi trovato che è possibile costruire una soluzione localizzata e oscillante con numero d’onda k0 , ma per fare questo dobbiamo sovrapporre un insieme di onde piane con numero d’onda centrato attorno a k0 ma con una dispersione ∆k. La (2.22) descrive pertanto una particella quantistica la cui posizione è determinata con una incertezza ∆x ∼ L, e la cui quantità di moto è determinata con una incertezza ∆p = h̄∆k ∼ h/L. Abbiamo quindi ∆x∆p ∼ h, che è l’espressione del principio di indeterminazione. Il problema di una singola onda 16 piana è che la sua quantità di moto è determinata esattamente, e questo rende la posizione totalmente indefinita. Analoghe considerazioni possono essere effettuate per quanto riguarda la variabile temporale. In questo caso si effettuano trasformate di Fourier tra la variabile temporale e lo spazio delle frequenze. Se un treno d’onde ha una durata finita complessiva T (che sarà quindi il ∆t) ed effettua N oscillazioni, la precisione nella determinazione della sua frequenza è circa pari a 1 oscillazione, ossia ∆ω 1 2π/ω0 ∼ (2.26) = ω0 N T da cui ∆t∆ω ∼ 2π (2.27) ovvero l’indeterminazione nel tempo e quella nell’energia sono legate da ∆t∆E ∼ h. Il limite classico della meccanica quantistica passa quindi necessariamente attraverso i pacchetti d’onda per poter confinare la particella in una regione finita. Va notato che alla dispersione in k corrisponderà anche una dispersione in energia. Ogni componente k soddisfa all’equazione di Schrödinger indipendente dal tempo per l’energia E = h̄2 k 2 /2m. Le componenti si sommano solo dopo aver moltiplicato ciascuna di esse per il fattore di fase dipendente dal tempo, secondo la (2.20). Questo fa sı̀ che l’aspetto del pacchetto possa in generale variare nel tempo. Occupiamoci allora della seconda questione relativa alla velocità. Immaginiamo di costruire un semplice pacchetto costituito da due sole onde, una di numero d’onda k0 − δk e una di numero d’onda k0 + δk, dove δk è piccolo. Le frequenze angolari corrispondenti (attraverso la 2.17) saranno ω0 −δω e ω0 +δω. Ψ(x, t) = ei(k0 −δk)x e−i(ω0 −δω)t + ei(k0 +δk)x e−i(ω0 +δω)t = ei(k0 x−ω0 t) [2 cos(δkx − δωt)] (2.28) ossia un’onda piana di numero d’onda k0 modulata da un fattore oscillante con un numero d’onda assai più piccolo, ossia con una lunghezza d’onda molto più grande. Questo è un inviluppo analogo a quello che dà luogo ai battimenti in acustica. L’inviluppo si muove con una velocità diversa da quella dell’onda che contiene. Possiamo trovare la sua velocità seguendo ad esempio lo spostamento nel tempo del massimo corrispondente a un argomento nullo del coseno: δkx − δωt = 0 ossia (2.29) dω (2.30) dk La quantità vg è detta velocità di gruppo. Dato un pacchetto d’onde qualsiasi, per ogni coppia di componenti vicine si può pensare che valga la (2.30), che quindi rappresenta la velocità del pacchetto stesso. Nel limite classico, è la velocità di gruppo che diventa la velocità della particella classica. Dalla (2.17) si ha subito infatti h̄k vg = (2.31) m x = vg t , 17 vg = che è quanto ci si aspetta. Nel caso di una particella libera, la velocità del pacchetto è quindi doppia rispetto a quella dell’onda, e corrisponde al limite classico. Da notare infine che il pacchetto si delocalizza nel tempo perchè ciascuna delle sue componenti k si propaga con una velocità ω/k diversa da quella delle altre componenti. Affinchè il pacchetto non si degradi, occorrerebbe che ω/k fosse una costante. Questo è in effetti il caso delle onde elettromagnetiche nel vuoto, ma non delle onde associate a particelle con massa finita. 2.5 Potenziali modello Consideriamo qualche caso di potenziale semplice. I casi seguenti potranno sembrare artificiosi e di dubbio interesse, ma in realtà molti sistemi fisici sono descrivibili in modo approssimato con potenziali molto semplici. 2.5.1 Gradino di potentiale Consideriamo il seguente potenziale a gradino: V (x) = 0 per x < 0, V (x) = W per x > 0 (W > 0). Si presenta subito una difficoltà: cosa succede alla funzione d’onda nel punto di discontinuità, x = 0, del potenziale? La risposta è nota dalla teoria matematica, ma possiamo darne una ”fisica” considerando il potenziale discontinuo come limite di potenziali continui che passano da V (0) = 0 a V () = W per → 0. Riscriviamo l’equazione di Schrödinger come: ψ 00 (x) = 2m (V (x) − E) ψ(x) h̄2 (2.32) da cui si ricava l’ovvio risultato che la derivata seconda della funzione d’onda è discontinua in x = 0. Integriamo fra x = 0 e x = : ψ 0 () − ψ 0 (0) = 2m h̄2 Z (V (x) − E) ψ(x)dx. (2.33) 0 Siccome sia V (x) che ψ(x) sono finiti nell’intervallo (0, ), il secondo membro tende a 0 per → 0. Quindi ψ 0 () → ψ 0 (0). Analogamente si dimostra la continuità di ψ(x) intorno a x = 0. Queste sono le condizioni da imporre ovunque sia presente un gradino (finito) di potenziale. Per risolvere il problema, si devono distinguere tre intervalli di energia: 0) E < 0: non esistono soluzioni, o più esattamente, le sole soluzioni sono esponenziali reali, che divergono e quindi non sono fisiche. 1) E > W : le soluzioni sono onde piane, ψ(x) = Aeikl x + Be−ikl x , √ x < 0, kl = ψ(x) = Ceikr x + De−ikr x , x > 0, kr = 2mE/h̄; (2.34) q 2m(E − W )/h̄.(2.35) Le condizioni di continuità a x = 0 ci danno A+B = C +D (2.36) kr (A − B) = kl (C − D). (2.37) 18 Abbiamo quindi quattro incognite e due condizioni, più la normalizzazione (nel nostro caso, arbitraria). Rimane quindi una costante indeterminata. In effetti, ci sono due soluzioni per ogni valore di energia e quindi ogni combinazione lineare delle due è una soluzione accettabile. Possiamo per esempio selezionale la soluzione corrispondente ad un’onda incidente da sinistra e trasmessa a destra (D = 0). In questo caso, si trova √ √ B C E− E−W B √ , =√ =1+ . (2.38) A A A E+ E−W 2) 0 < E < W : le soluzioni sono onde piane per x < 0, onde evanescenti per x > 0: √ ψ(x) = Aeikl x + Be−ikl x , x < 0, kl = 2mE/h̄; (2.39) ψ(x) = Ce−kr x , x > 0, kr = q 2m(W − E)/h̄. (2.40) L’esponenziale con il segno opposto per x > 0 è ovviamente non accettabile! Le condizioni di continuità a x = 0 ci danno kr (A − B) = −kl C A + B = C, da cui √ √ E−i W −E B √ = √ , A E+i W −e B C =1+ . A A (2.41) (2.42) In questo caso c’è una sola soluzione per ogni valore di E: l’autovalore è non degenere (cosa prevista dal teorema di non degenerazione, valido in sistemi unidimensionali). Da notare come nell’intervallo 2 la funzione d’onda nella regione x > 0, classicamente inaccessibile, è evanescente e rapidamente tendente a zero, ma comunque non nulla: esiste una probabilità piccola ma finita di trovare la particella in una zona dove ”non dovrebbe stare”. E’ un fenomeno intrinsecamente quantomeccanico, di grande rilevanza. 2.5.2 Barriera di potenziale Consideriamo ora una barriera di potenziale: V (x) = W per |x| < a/2, V (x) = 0 per x < −a/2 e x > a/2. In questo caso si richiedono due operazioni di ”matching” della funzione d’onda, a x = −a/2 e x = a/2. Per gli intervalli di energie 0 e 1 sopra introdotti, i risultati sono del tutto analoghi al caso del gradino: nessuna soluzione e due soluzioni degeneri per ogni E, rispettivamente. Più interessante il caso dell’intervallo 2. Consideriamo una soluzione che si propaga verso destra nella regione x < −a/2. Tale soluzione diventerà un’onda evanescente nella regione classicamente proibita |x| < a/2. Tuttavia in x = a/2 sopravviverà una componente piccola di onda evanescente che avrà come corrispettivo un’onda propagantesi nella regione x > a/2. Esistono quindi soluzioni che ”scavalcano” la barriera: è il cosiddetto effetto tunnel. 19 Scriviamo la funzione d’onda per il caso come quello descritto sopra, assumendo per semplicità il coefficiente dell’onda incidente uguale a 1: √ (2.43) ψ(x) = eikx + Ae−ikx , x < −a/2, k = 2mE/h̄; 0 0 ψ(x) = Be−k x + B 0 e−k x , ikx ψ(x) = Ce , |x| < a/2, k0 = q 2m(W − E)/h̄; (2.44) x > a/2. (2.45) Notare la presenza di una componente di onda crescente nella funzione d’onda per |x| < a/2: in effetti, non abbiamo il diritto di escluderlo a priori! Il calcolo, relativamente semplice ma un po’ laborioso, dà il seguente risultato: 4E(W − E) 4E(W − E) + W 2 sinh2 (k 0 a) W 2 sinh(k 0 a) . = 1 − |C|2 = 4E(W − E) + W 2 sinh2 (k 0 a) |C|2 = (2.46) |A|2 (2.47) Il caso E > W si può ottenere con la sostituzione 0 p k −→ ik1 = i 2m(E − W ) h̄ (2.48) e dà il seguente risultato: 4E(E − W ) 4E(E − W ) + W 2 sin2 (k1 a) W 2 sin(k1 a) . = 1 − |C|2 = 4E(E − W ) + W 2 sin2 (k1 a) |C|2 = (2.49) |A|2 (2.50) |C|2 è detto coefficiente di trasmissione, mentre |A|2 è il coefficiente di riflessione. In generale, essi dipendono dall’energia e dalla forma del potenziale. 2.5.3 Buca di potenziale La buca di potenziale è una schematizzazione molto semplice di un potenziale attrattivo o vincolante: V (x) = −W per |x| < a/2, V (x) = 0 per x < −a/2 e x > a/2. Consideriamo l’intervallo di energia interessante: −W < E < 0. Scriviamo la soluzione sotto la forma 0 k0 = ψ(x) = Aek x , ψ(x) = B cos(kx − α), −k0 x ψ(x) = Ce , k= q 2m|E|/h̄, q 2m(W + E)/h̄, x ≥ a/2, x ≤ a/2 |x| ≤ a/2 (2.51) (2.52) (2.53) più conveniente per i calcoli (scrivere la soluzione come coseno + fase è del tutto equivalente a scrivere come somma di esponenziali complessi: possiamo sempre ricondurci a soluzioni reali). Le condizioni di continuità a x = −a/2 e x = a/2 sono: 0 Ae−k a/2 = B cos(−ka/2 − α), 0 k 0 Ae−k a/2 = −kB sin(−ka/2 − α), (2.54) 20 0 0 Ce−k a/2 = B cos(ka/2 − α), −k 0 Ce−k a/2 = −kB sin(ka/2 − α), (2.55) ovvero, dividendo membro a membro, k tan(ka/2 + α) = k 0 , k tan(ka/2 − α) = k 0 . (2.56) Queste due condizioni possono essere soddisfatte contemporaneamente solo se α = 0 o se α = π/2. Distinguiamo i due casi: • Soluzioni pari (α = 0): esistono solo a energie per cui k tan(ka/2) = k 0 . Introduciamo le variabili ausiliarie ζ = ka/2 e η = k 0 a/2. Le soluzioni si possono trovare graficamente dall’intersezione delle due curve: η2 + ζ 2 = 2m W a2 , h̄2 4 η = ζ tan ζ (2.57) • Soluzioni dispari (α = π/2), per le quali k/ tan(ka/2) = −k 0 . Si procede come sopra, cercando le intersezioni delle curve η2 + ζ 2 = 2m W a2 , h̄2 4 10 η = −ζ/ tan ζ (2.58) x tan x -x/tan x sqrt(1-x^2) sqrt(9-x^2) sqrt(36-x^2) 8 6 4 2 0 0 1.5708 3.1416 4.7124 6.2832 Si trova uno spettro (ovverosia l’insieme delle soluzioni) discreto, ovvero formato da valori isolati di E. C’e’ sempre almeno una soluzione (è una caratteristica del potenziale considerato che non vale per altre forme di potenziale). Lo spettro discreto è una caratteristica degli stati legati, ovvero confinati in una zona di spazio. Notiamo anche che: • Le soluzioni sono non degeneri; Questa è una caratteristica dello spettro discreto nei sistemi unidimensionali (teorema di non degenerazione). • Le soluzioni sono o pari: ψ(x) = ψ(−x), o dispari: ψ(x) = −ψ(−x), rispetto all’operazione di inversione, x → −x. Questa è una conseguenza della simmetria del potenziale, V (x) = V (−x). • La soluzione di più bassa energia (lo stato fondamentale) è pari, quella di energia subito sopra è dispari, e cosı̀ via. Questa è una proprietà generale dei potenziali unidimensionali simmetrici per inversione. 21 • Lo stato fondamentale non ha nodi (ovverosia non passa mai per lo zero: per nessun x, ψ(x) = 0); le soluzioni di energia crescente hanno un numero crescente di nodi (1,2,3,...). Anche questa è una proprietà generale dei potenziali unidimensionali. Ovviamente non dobbiamo dimenticare che esiste anche uno spettro continuo di soluzioni non legate e due volte degeneri per E > 0. E‘ utile il confronto con il caso della buca infinita, le cui soluzioni si ottengono banalmente imponendo che la funzione d’onda sia nulla cove il potenziale diventa infinito. Si tratta di condizioni diverse da quelle imposte per discontinuità finite del potenziale; ci se ne può convincere con una procedura di limite. Conviene traslare l’origine rispetto al caso precedente e consideraro un potenziale V (x) = 0 fra x = 0 e x = a, V (x) = ∞ al di fuori di tale intervallo. Imponiamo la condizione ψ(0) = ψ(a) = 0 sulle soluzioni per la particella libera. Si ottiene ψn (x) = sin(kn x), kn = nπ a En = h̄2 k 2 n 2 h2 = , 2m 8ma2 n = 1, ..., ∞ (2.59) Si ritrovano tutte le caratteristiche del caso della barriera finita, salvo il numero di soluzioni (infinito per la barriera infinita) e lo spettro continuo (qui assente). Si notano inoltre due aspetti molto importanti: • le funzioni d’onda sono ortogonali fra di loro: Z ψn∗ (x)ψm (x) = 0 se n 6= m, (2.60) • le funzioni d’onda formano un insieme completo, ovvero qualunque funzione d’onda può essere espressa come somma, in generale infinita, delle soluzioni dell’equazione di Schrödinger. Tali aspetti sono presenti anche nel caso della buca finita, in quanto derivano da proprietà generali dell’equazioni di Schrödinger, ma sono in questo caso particolarmente visibili. 22