CONVERSAZIONE CON RICCARDO CANESSA Maestro come sarà il suo Roméo et Juliette? Sarà in linea di massima un allestimento classico, perché proprio nel rispetto del classicismo romantico, questa opera esprime al massimo il suo senso drammaturgico. Credo che si tratti di uno dei pochi capolavori lirici che debba essere lasciato immacolato per permettere alla storia d’amore, madre di tutti i drammi sentimentali, di esprimersi nella sua forma più squisitamente classica, privilegiando la condizione shaekspeariana del racconto. Insieme allo scenografo Alfredo Troisi, abbiamo creato uno spettacolo estremamente asciutto, facilitati nell’obiettivo, anche dalla struttura del Lirico salernitano che contiene nei suoi elementi architettonici i tratti tipici del teatro elisabettiano. Abbiamo immaginato che la scena potesse rappresentare idealmente un baule dove i personaggi riposano e prendono vita con l’apertura del sipario per poi addormentarsi nuovamente alla fine dell’ultimo atto. In scena sarà sempre presente l’elemento teatro e gli elementi scenografici indispensabili, come il letto, il balcone e l’inginocchiatoio, saranno volutamente sistemati in maniera quasi casuale, mentre la scena sarà determinata dal movimento degli interpreti. La scenografia è stata ideata secondo un criterio di circolarità, per cui il racconto procede scena dopo scena fino all’epilogo conclusivo della scena finale. Nessuna variazione quindi? Il capolavoro di Goudnot ha una struttura musicale, intensa e passionale che si sposa molto bene con la dimensione immaginifica, per cui con Jean Baptiste Warluzel abbiamo deciso di realizzare dei filmati che accompagnassero soavemente l’opera. Accomunati dallo stesso intento, abbiamo effettuato dei sopralluoghi presso molteplici siti medievali, alla ricerca di luoghi che si prestassero a fare da sfondo alla storia dei due sfortunati amanti; sorprendentemente nell’allestimento definitivo l’opera riecheggerà anche nelle immagini di Capri. Attraverso un linguaggio fatto solo di scene, abbiamo voluto lasciare un’importante impronta emotiva e narrativa, come se i nostri soffi di immagini potessero rappresentare uno sguardo allegorico sulla struggente storia di Romeo e Giulietta attraverso elementi fatti di aria e acqua. Verdi considerava Gounod un grandissimo musicista ma privo di fibra drammatica: <<[…]Musica stupenda, dettagli magnifici […]e non impronta particolare al Dramma, o ai Drammi>>. Condivide? Condivido l’opinione di Verdi nell’individuare la grandezza del compositore francese più nella bellezza della sua vena lirica che nella capacità drammaturgica. Nella produzione operistica di Gounod Roméo et Juliette costituì un successo proprio per la quantità e la bellezza dei momenti lirici in essa contenuti. La vena intima della sua ispirazione si espresse al massimo proprio nei momenti amorosi caratterizzati da un linguaggio musicale e dall’armonia ricercata che fanno da contrasto con la simmetria fraseologica della melodia. Sono brani di grande intensità ed ampiezza che occupano quasi totalmente il secondo e il quinto atto. Emozionato per il debutto salernitano? Salerno mi emoziona sempre, anche se mi sento un po’ a casa. Questa è la mia quinta regia di un’opera lirica al Verdi. Ed è emozionante constatare quanto il Lirico negli ultimi anni si sia ingrandito ed abbia di molto superato il limite geografico della sua popolarità. È ormai un Teatro riconosciuto, per produzioni ed interpreti, a livello internazionale. Credo che Daniel Oren, e tutto il suo staff, abbiano compiuto davvero un lavoro grandioso, al limite del “miracolo”, permettendo al Massimo di diventare, in tempi brevi, una bandiera non solo per la città di Salerno ma per tutta la Campania. Devo riconoscere, inoltre, che la Direzione Artistica, nel corso dell’ultimo anno, ha privilegiato con “Roméo et Juliette” e “Francesca Da Rimini”, titoli decisamente poco frequentati ed appartenenti ad un repertorio decisamente più colto, estendendo così il suo “abbraccio musicale” oltre la linea di demarcazione dell’opera popolare. Cosa le piacerebbe dirigere a Salerno? Se dovessi esprimere un desiderio da realizzare al Verdi non avrei dubbi, sceglierei la Cenerentola rossiniana. Anche perché il principe del racconto è proprio il principe di Salerno. Colorerei tutta l’opera delle sfumature calde della città e la arricchirei con gli scorci della costiera amalfitana Claudia Cianciulli