Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli CERADI Centro di ricerca per il diritto d’impresa Analisi comparata fra la disciplina italiana e tedesca in tema di finanziamenti dei soci* Cecilia Carrara Agosto 2006 © Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione * Il presente scritto è basato su una lezione tenuta dall’Autrice presso la Freie Universitaet, Berlin, in data 10 luglio 2006. 1. La disciplina italiana sui finanziamenti dei soci La recente Riforma del diritto societario italiano (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n.6, di seguito “Riforma”) ha introdotto nel nostro ordinamento, all’art. 2467 c.c., l’istituto della postergazione dei crediti per finanziamenti dei soci alla società, in presenza di particolari condizioni. L’articolo 2467 stabilisce che: “Il rimborso dei finanziamenti dei soci della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. /Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.” La postergazione prevista all’art. 2467 c.c. consiste nel posticipare il rimborso dei crediti, concessi alla società dai soci, rispetto ad altri coesistenti crediti di contemporanea o successiva scadenza. Essa dovrebbe disincentivare la pratica dei finanziamenti che i soci effettuano per rimediare alla sottocapitalizzazione della società, ossia a quelle ipotesi in cui il capitale sociale sia o diventi troppo modesto e sia così suscettibile di pregiudicare le aspettative dei creditori della società. Nella pratica, infatti, accade che i soci effettuino dei versamenti in favore della società con lo scopo, non palesato, di tamponare una momentanea situazione di scarsa liquidità della stessa, evitando però l’imputazione di tali somme a capitale. I conferimenti vengono piuttosto mascherati sotto la veste contrattuale del mutuo o denominati genericamente “prestiti”, con conseguente diritto al rimborso e ad un trattamento pari a quello riservato a tutti gli altri creditori sociali, con cui i soci entrerebbero in concorso. In effetti, tali finanziamenti solo formalmente si presentano come capitale di credito, ma nella sostanza costituiscono integrazioni del capitale proprio, talché i soci assumono solo formalmente il ruolo di creditori sociali. Come chiarito nella stessa relazione illustrativa alla Riforma1, la nuova istituzione dovrebbe, sulla scorta dell’esperienza comparata con altri ordinamenti giuridici, ed in particolare quello tedesco, far sì che i contributi finanziari erogati da parte dei soci siano acquisiti a capitale della società, avendo quindi il medesimo trattamento riservato al capitale. In particolare, il rimborso dei finanziamenti dei soci, laddove avrebbero dovuto essere resi sotto forma di conferimenti, avverrà soltanto dopo la soddisfazione degli altri crediti, per evitare il conflitto con gli altri creditori sociali. 1 Relazione al d. lgs. N. 6/2003, n.11, in Rivista delle Società, 2003, 148. 2 Il legislatore, tuttavia, ha dovuto contemperare l’esigenza di trasparenza dei bilanci e delle scritture contabili e di trasparenza nel concorso tra creditori con l’esigenza di consentire comunque ai soci di soccorrere finanziariamente la propria società in tutti i casi in cui questa non versi in una situazione di crisi e dunque non vi sia un serio rischio per i creditori. Pertanto la disciplina del rimborso postergato trova applicazione solo qualora sussistano due specifiche circostanze che abbiano caratterizzato l’operazione di credito dei soci, consistenti: (a) nell’eccessivo squilibrio provocato dall’indebitamento della società rispetto al patrimonio netto; e (b) nella presenza di una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. L’art. 2467 c.c., inoltre, prevede che qualora il rimborso da parte della società sia avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, tale rimborso debba essere restituito. Prima dell’entrata in vigore di tale norma le posizioni della dottrina e della giurisprudenza si erano assestate sulla soluzione della postergazione delle pretese dei soci alla restituzione degli apporti in conto capitale, o in conto futuro aumento di capitale, rispetto alle pretese degli altri creditori, in linea con la tendenza internazionale adottata in altri ordinamenti. Tuttavia, pur giungendo alla medesima conclusione confermata dalla norma ora vigente (ossia la necessità di postergare i crediti dei soci quali conferimenti rispetto a quelli dei creditori sociali), dottrina e giurisprudenza fondavano la distinzione tra i conferimenti in conto capitale o di aumento capitale e i prestiti o finanziamenti con relativo obbligo di restituzione, su due criteri alternativi di ordine soggettivo, e cioè: a) la volontà delle parti, come desumibile dal rapporto di finanziamento, oppure b) la causa specifica del rapporto posto in essere, dunque la funzione economica dell’operazione di finanziamento. Il legislatore, invece, nella formulazione del testo dell’art. 2467, ha mostrato indifferenza sia alla volontà delle parti che alla causa del rapporto: i finanziamenti dei soci, in qualsiasi modo effettuati, e sussistenti le condizioni di cui al secondo comma dell’art. 2467, sono soggetti al regime di postergazione di cui al primo comma. La legge, cioè, ragionevolmente sospetta del prestito, in qualsiasi forma contratto dalla società con i propri soci in situazioni economiche e finanziarie che non avrebbero consentito di ottenere un finanziamento sul mercato dei capitali, e con la postergazione cerca di impedire che il prestito venga poi restituito ai soci, dopo aver svolto la funzione di apparente incremento del capitale sociale, prima che siano stati soddisfatti gli altri creditori sociali. 3 2. La disciplina in relazione ai finanziamenti infra-gruppo Così come nell’ambito di una stessa società, è assai frequente che anche nei gruppi di società vengano effettuati degli apporti finanziari da parte della capogruppo a favore delle diverse società del gruppo. Per ovviare agli inconvenienti che simili apporti possono provocare nelle circostanze di cui al secondo comma dell’art. 2467 c.c., il legislatore italiano in sede di Riforma ha introdotto l’art. 2497-quinquies che stabilisce che: “Ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti si applica l’articolo 2467.” In altre parole, il credito al rimborso dei finanziamenti effettuati dalla società capogruppo o da altri soggetti ad essa sottoposti a una società, devono essere postergati rispetto agli altri crediti della società che ha ricevuto il finanziamento. L’art. 2497-quinquies, pur rinviando totalmente alla disciplina dettata dal legislatore in tema di finanziamenti dei soci di società a responsabilità limitata, pone rispetto a questa questioni interpretative circa l’ambito di applicazione soggettivo, dal lato dei possibili destinatari del finanziamento. In particolare, la dottrina si è interrogata sulla possibilità di estendere analogicamente il disposto dell’art. 2497-quinquies e del richiamato art. 2467 anche alle società per azioni che non facciano parte di un gruppo nonché ad altri tipi societari. La dottrina maggioritaria tende a dare risposta positiva al quesito, rinvenendo nella collocazione sistematica delle norme in commento (cioè in tema di s.r.l. e di gruppi di s.p.a.) e nella identità di ratio (ossia prevenire gli inconvenienti derivanti da un finanziamento in sottocapitalizzazione mascherato quale prestito da parte di soci, con conseguente lesione della par condicio creditorum) indizi validi per affermare che le regole relative ai finanziamenti dei soci in tema di gruppi di società per azioni e società a responsabilità limitata si applichino anche alle società per azioni non controllate e agli altri tipi societari. 3. Analisi di casi giurisprudenziali Nell’analizzare qualche caso giurisprudenziale, ricordiamo il principio di diritto che sorregge le decisione dei giudici, nell’alternativa tra la qualificazione degli apporti dei soci quali conferimenti o quali finanziamenti, con conseguente diritto alla restituzione di essi da parte della società: il principio è che occorre interpretare l’effettiva volontà delle parti e, qualora mancasse una chiara manifestazione di volontà, la chiave di lettura dell’apporto finanziario deve ricercarsi nella causa specifica del rapporto o anche nella terminologia adottata dal bilancio. a. Cassazione Civile, n. 12539/98 (in Rivista del Notariato, 1999, p. 538) 4 Il curatore fallimentare di una società presentava domanda di insinuazione al passivo del fallimento di altra società di cui la prima deteneva una partecipazione, corrispondente al residuo credito di un finanziamento. L'istanza veniva rigettata in primo grado e in appello, ritenendo i giudici che la somma fosse stata versata in conto capitale e dunque soggetta a vincolo di indisponibilità, desumendo tale conclusione innanzitutto dalla terminologia utilizzata in bilancio. Nel caso di specie parte della somma era stata restituita. Tuttavia i giudici hanno ritenuto che il comportamento tenuto dalle parti, ossia la restituzione di parte della somma ricevuta dal socio successivamente alla loro chiara manifestazione di volontà circa la natura da riconoscere al versamento, fosse irrilevante (iscritto in bilancio come "soci c/capitale"). La Cassazione conferma le conclusioni dei giudici di merito. "Infatti", si legge nella motivazione della sentenza, "il mero contrasto fra la dichiarazione di volontà delle parti, comunque accertata, ed il comportamento successivamente tenuto dalle stesse non consente, di per sé, di attribuire al detto comportamento un valore interpretativo". La Corte, pertanto, in assenza di altri elementi che ne rendessero univoco il significato, ritiene prevalente la volontà delle parti, quale risultante dall’originaria pattuizione, ossia quale volontà di imputare la somma versata dal socio in conto capitale, con conseguente assenza di un’obbligazione di restituzione da parte della società. b. Tribunale di Trani, 23-10-2003 (in Società, 2004, p. 477) Nel caso di cui alla sentenza in esame, la curatela fallimentare della società fallita chiedeva la restituzione delle somme indebitamente restituite ai soci dalla società per i versamenti da questi effettuati durante la vita della società in favore della stessa, in attuazione di tre diverse delibere assembleari. Il Tribunale, accogliendo la richiesta della curatela fallimentare, dichiara che l’organo amministrativo della società, poi dichiarata fallita, aveva illegittimamente restituito ai soci la somma da questi versata in favore della società, stante l’assenza di un obbligo di restituzione, ritenendo che tali somme avessero natura di conferimento di capitale di rischio e non di prestito. Ed infatti, accertata l’assenza di un contratto di mutuo tra i soci e la società, la natura dei versamenti sarebbe desumibile dall’esame delle scritture contabili e dei libri sociali. Da questo esame, tuttavia, il Tribunale conclude per la lacunosità e incoerenza dei libri sociali e dei bilanci, per il carattere “indeterminato ed equivoco delle denominazioni con cui sono registrate le somme versate” (ad es. “soci c/finanz. Infr. Interessi”; “finanziamenti infruttiferi da restituire in proporzione alle quote”). Pertanto altri criteri vengono in soccorso dell’interprete, tra cui “il contesto, il tenore letterale e la dichiarata finalità degli accordi raggiunti dai soci nell’ambito delle assemblee”. In ciascuna delle tre delibere succitate, il Tribunale osserva come risulti chiaramente stabilito “l’obbligo per tutti i soci di finanziare l’attività sociale in 5 proporzione delle quote possedute”. L’obbligatorietà del finanziamento per tutti i soci, anche se assenti o dissenzienti, e la proporzionalità del versamento alle quote sociali possedute, “rappresentano due caratteristiche tipiche ed esclusive della decisione di conferimenti da parte dei soci in aumento del capitale di rischio, che invece sono decisamente incompatibili con la richiesta di mutuo ai soci”. Attesa pertanto la natura di conferimento di capitale di rischio, il Giudice conclude che la restituzione dei versamenti avrebbe potuto essere legittimamente disposta soltanto al termine della liquidazione della società eseguita dopo lo scioglimento della stessa, utilizzando l’attivo residuato dopo il pagamento di tutti i debiti sociali. Quindi, accogliendo la domanda della curatela, dispone la restituzione delle somme indebitamente ricevute dai soci (ex art. 2033 c.c.). c. Tribunale di Torino, 07-07-2005 (in Società, 2005, p. 1534) Il Tribunale di Torino conferma il principio di diritto per il quale la distinzione tra versamenti in conto capitale e prestiti tra le somme versate dai soci alla società deve essere risolta sulla base della effettiva volontà manifestata dalle parti nella concretezza di ogni singola fattispecie. Tanto premesso in linea di diritto, il Giudice, rilevata l’assenza di registrazione contabile nella documentazione della società dei versamenti quali finanziamenti infruttiferi, ha chiaramente dedotto la volontà delle parti, e quindi la natura del versamento, dal fatto della richiesta immediata di rimborso dei finanziamenti compiuti da parte dei soci stessi, nonché dalla contestualità di quest’ultima richiesta a quella di scioglimento della società avanzata dagli stessi soci che avevano effettuato il versamento. Riconosciuta la natura di mutuo delle somme versate, nel caso di specie il Tribunale ne ha disposto la restituzione. 4. La disciplina tedesca sui finanziamenti dei soci In Germania fino al 1980 non esisteva nessuna norma scritta in tema di finanziamento dei soci alle società. In assenza di una disciplina legislativa il Bundesgerichtshof (di seguito: “BGH”) sviluppò un sistema complesso di tutela dei creditori sociali, facendo ricorso all’applicazione analogica dei principi generali del diritto societario. Nel 1980 il legislatore tedesco emanò alcune regole sul finanziamento dei soci alle società. Tali norme hanno trovato una loro collocazione nelle leggi sul fallimento (§§ 39 Abs. 1 Nr. 5; 135; 143 InsO2) e sull’esecuzione forzata (§§ 6, 11 AnfG). Tuttavia, in una celebre sentenza del 26 marzo 19843 il BGH ha 2 Legge fallimentare. 3 BGH NJW 1984, 1891 (1892). 6 chiarito che avrebbero continuato a trovare applicazione anche le limitazioni di diritto societario fino ad allora elaborate dalle corti. Dette limitazioni sono state desunte dall’applicazione analogica dei §§ 30, 31 GmbHG4. Tali norme stabiliscono l’obbligo di mantenere inalterato il capitale iniziale della società, proibiscono ogni pagamento ai soci che diminuisca il capitale iniziale e conferiscono alla società il diritto alla ripetizione di quanto eventualmente pagato ai soci in violazione dei §§ 30, 31 GmbHG. Un finanziamento concesso da un socio alla società, qualora la stessa sia in uno stato di crisi non potrebbe considerarsi capitale di credito (Fremdkapital), ma capitale proprio “sostitutivo” (Ersatzkapital). Di conseguenza qualsiasi finanziamento dei soci con funzione sostitutiva del capitale proprio non può essere iscritto al passivo5. In relazione al rimborso del finanziamento si giustifica quindi il fatto che il socio, diversamente dagli altri creditori sociali, abbia una posizione postergata. Secondo il BGH sarebbe un comportamento incoerente e quindi una violazione del divieto del venire contra factum proprium6 se il socio chiedesse il rimborso di un prestito come un creditore-terzo, in un momento in cui la società è in crisi (Krise). Lo “stato di crisi” viene definito dal BGH quale una situazione in cui i soci, con comportamento diligente (ordentliche Kaufleute) avrebbero conferito capitale proprio alla società, e cioè, una situazione in cui la società per mancanza di meritevolezza creditizia (Kreditunwürdigkeit) non è in grado di ottenere prestiti sul mercato del capitale e andrebbe quindi liquidata. Il prestito che è stato erogato proprio allo scopo di consentire la prosecuzione delle attività sociali rimane indisponibile per l’intera durata della crisi. Qualsiasi tipo di prestito effettuato dai soci alla società è sottoposto al regime appena descritto purché la società versi in uno stato oggettivo di crisi. Se un prestito viene rimborsato al socio nonostante le suddette limitazioni, la società, e nel caso di fallimento il curatore fallimentare, ha il diritto alla ripetizione non solo del capitale ma anche degli interessi. 4 Legge tedesca del diritto della società a responsabilità limitata. 5 La conseguenza pratica è che gli amministratori hanno l’obbligo di rifiutare la restituzione dei finanziamenti in oggetto e possono tenere conto della postergazione di una parte del passivo nella situazione patrimoniale, per stabilire se la società è “sovra-indebitata” (überschuldet) e se, pertanto, è opportuno richiedere l’apertura di una procedura d’insolvenza. Nell’ordinamento italiano, invece, se la società è in grado di pagare gli amministratori non possono rifiutare il rimborso al socio richiedente; in caso contrario, e qualora non si riesca ad ottenere nuovo capitale di rischio, bisogna accedere alla procedura fallimentare. 6 Principio dedotto dalla clausola generale del § 242 BGB. 7 Tuttavia, il finanziamento dei soci rimane indisponibile solamente nella misura in cui il rimborso andrebbe ad intaccare il capitale iniziale della società causando una perdita. In alcuni casi, dunque, il finanziamento sarà solo parzialmente indisponibile e il socio avrà l’onere di dimostrare la parzialità del vincolo. Inoltre, la giurisprudenza ha stabilito che il finanziamento possa essere riqualificato secondo lo sviluppo della situazione contabile. Un prestito originariamente indisponibile si “libera” nel momento in cui la società supera la crisi e diventa possibile il rimborso senza che si verifichi uno sbilancio. In tal caso il socio viene equiparato a un creditore sociale. Il prestito non ha più la funzione sostitutiva del capitale proprio della società ma è equiparabile a capitale di credito. L’onere della prova incombe sempre sul socio. Vice versa, un prestito che originariamente non aveva una funzione sostitutiva del capitale proprio viene equiparato a capitale proprio nel momento in cui la società entra in una situazione di crisi. In questo caso il socio finanziatore avrà la scelta tra chiedere il rimborso del prestito all’inizio della crisi con conseguente liquidazione della società, oppure lasciare il capitale dentro la società, che diventa quindi capitale proprio sostitutivo. Questa scelta presuppone che il socio sia a conoscenza dello stato di crisi.7 5. Profili di diritto fallimentare e dell’esecuzione forzata Le §§ 135 Nr. 2; 143 InsO prevedono la possibilità di impugnare il rimborso del finanziamento al socio qualora la società abbia effettuato il rimborso nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società. La legittimazione ad agire spetta al curatore fallimentare. In base a dette norme si presume in via assoluta che il prestito, per il suo intero importo, abbia una funzione sostitutiva e il rimborso potrà essere revocato per intero. Il creditore sociale potrà esercitare autonomamente l’impugnazione del rimborso in sede di esecuzione individuale contro la società nel caso in cui l’istanza di fallimento sia stata respinta per mancanza di attivo (mangels Masse); §§ 6, 11 AnfG8. 7 In un caso eccezionale il rimborso è stato comunque consentito perché il socio non era a conoscenza della crisi, senza sua colpa.: Il BGH ha dichiarato legittimo il rimborso di un prestito in un caso in cui il socio era stato ingannato mediante dei bilanci falsi che mostravano utili inesistenti (BGH NJW 1995, 457 (459)). Nella dottrina si discute anche se il socio-erede che ignora incolpevolmente la crisi possa essere meritevole di tutela. 8 Legge sulle revocatorie. 8 Inoltre, in base al § 39 Abs. 1 Nr. 5 InsO i crediti dei soci al rimborso dei finanziamenti con funzione sostitutiva del capitale proprio sono postergati rispetto agli altri crediti. Anche in questo caso la postergazione vale per l’intero importo del rimborso. Le §§ 32 a, b GmbHG prevedono due eccezioni alle regole generali: 1) I soci che non svolgono nessuna attività di gestione e con partecipazioni uguali o inferiori al 10% non sono sottoposti alle limitazioni sopra descritte. 2) Sono altresì esentati i soci che hanno acquistato la propria partecipazione societaria per consentire il risanamento della società. 6. Le prospettive di riforma Recentemente il Bundesjustizministerium9 ha presentato un disegno di legge (di seguito: “Disegno di legge”) che prevede, tra l’altro, una riforma della disciplina applicabile ai finanziamenti dei soci alle società. Nel Disegno di legge si propone di non dare più applicazione ai principi giurisprudenziali di diritto societario poiché i soli profili che necessiterebbero un’apposita regolamentazione sono quelli di diritto fallimentare e sull’esecuzione forzata. Nel Disegno di legge il governo propone di abbandonare l’applicazione dei principi di diritto societario finora sviluppati dalla giurisprudenza. I finanziamenti dei soci avranno dunque una rilevanza esclusivamente in diritto fallimentare e delle esecuzioni. Le nuove disposizioni non distingueranno più tra prestiti con funzione sostitutiva del capitale proprio e quelli equivalenti ai prestiti erogati da creditori-terzi. Qualsiasi rimborso di un finanziamento del socio sarà postergato nell’ambito della procedura fallimentare, e qualsiasi rimborso effettuato nell’anno precedente la dichiarazione del fallimento sarà impugnabile. Non avrà più rilevanza se la società al momento della concessione del prestito si trovasse o meno in una situazione di crisi. I finanziamenti dei soci rimarranno capitale di credito anche nel caso in cui la società si trovasse in una situazione di crisi. Inoltre le nuove disposizioni si applicheranno a tutte le società indipendentemente dalla forma giuridica, purché non abbiano né una persona fisica come socio personalmente responsabile né una società come socio personalmente responsabile con una persona fisica come socio personalmente responsabile di quest’ultima.10 9 Ministero Federale della Giustizia. 10 Le nuove disposizioni quindi vigeranno uniformemente per la GmbH, la AG, la KGaA, la eG, la KG e la oHG se non hanno né una persona fisica come socio personalmente responsabile né una società come socio personalmente responsabile con una persona fisica 9 7. Analisi di casi giurisprudenziali a. BGH, II ZR 357/03, del 30 gennaio 200611 Nel caso di cui alla sentenza in esame, il curatore fallimentare di una GmbH chiedeva la restituzione del credito rimborsato al socio nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento. Al momento della erogazione del debito la GmbH si trovava pacificamente in uno stato di crisi. Il socio eccepiva tuttavia che al momento del rimborso la società aveva superato la crisi e che la società aveva sofferto una seconda crisi dopo il rimborso del prestito. In primo grado il Tribunale di Bochum accoglieva l’istanza del curatore e la Corte d’Appello di Hamm confermava la sentenza di primo grado. Il BGH ha confermato anch’esso il diritto del curatore a ottenere la restituzione del rimborso. In particolare ha deciso che la Insolvenzordnung (la nuova legge fallimentare tedesca che ha sostituito nel 1999 la Konkurs- und Vergleichsordnung) non ha modificato la precedente disciplina in tema di finanziamento dei soci: per l’effetto, vi è una presunzione assoluta che un finanziamento dei soci che aveva originariamente una funzione sostituiva del capitale proprio rimane tale anche nel momento del rimborso, qualora il rimborso venga effettuato nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società. L’obiettivo di tutela dei creditori sociali perseguito dal legislatore sarebbe, infatti, parzialmente verificato se il socio avesse la possibilità di dimostrare che il capitale iniziale della società – fallita entro dodici mesi dal rimborso del prestito – sia stato ripristinato al momento del rimborso del prestito. Il BGH, infine, ha colto l’occasione per esprimere una valutazione sul recente progetto di Disegno di legge, giudicandolo idoneo a creare una “maggiore certezza del diritto e maggiore semplicità nell’applicazione del diritto in tema di finanziamento del socio”. b. BGH, II ZR 138/03, del 7 marzo 2005 Il curatore fallimentare di una GmbH chiedeva la restituzione dei pagamenti dei canoni di locazione che la società aveva pagato al socio convenuto per l’immobile industriale di cui il socio era proprietario e che il socio aveva affittato alla società. Il curatore sosteneva che al momento del prestito la società fosse in crisi e addirittura pronta per accedere alla procedura come socio personalmente responsabile ed infine per la società europea (SE). Inoltre, secondo il Disegno di legge le nuove disposizioni si applicheranno anche alle società straniere, sottoposte ad una procedura fallimentare aperta in Germania. 11 I testi integrali delle sentenze qui esaminate sono pubblicati sul sito ufficiale del BGH: http://www.bundesgerichtshof.de 10 fallimentare (insolvenzreif), facendo riferimento alle perdite risultanti dal bilancio. L’istanza veniva accolta dal Tribunale di Verden. La Corte d’Appello di Celle ha confermato la sentenza di primo grado. Il BGH ha cassato le decisioni delle corti di merito sulla base del fatto che il curatore non aveva debitamente assolto al proprio onere probatorio, mancando di dimostrare l’indebitamente eccessivo (Überschuldung) al momento della locazione dell’immobile. Il curatore oltre al bilancio avrebbe dovuto presentare un resoconto sulla situazione finanziaria della società. La sentenza illustra che il concetto di finanziamento dei soci comprende ogni aiuto finanziario prestato dal socio, che economicamente equivale ad un prestito. In base al Disegno di legge, che non presuppone più la crisi della società al momento dell’erogazione del finanziamento, il curatore avrebbe vinto la causa almeno riguardo ai pagamenti dei canoni di locazione effettuati nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento. 8. Cenni conclusivi L’analisi comparata delle soluzioni adottate in Italia e in Germania, ed in particolare l’esame delle evoluzioni normative in entrambi gli ordinamenti, consente di concludere che si va verso un ravvicinamento dei due diritti. Se in Italia la recente Riforma ha per la prima volta introdotto delle norme espresse che stabiliscono la postergazione dei crediti per finanziamenti dei soci alla società, e l’obbligo di restituzione del rimborso in caso di fallimento, a soluzioni analoghe sembra voler giungere l’ordinamento tedesco, seppur partendo dal punto opposto di una “sovra-regolamentazione”, giudicata oramai unanimemente troppo complessa. Pertanto in Germania il legislatore si muove nel senso di abbandonare le limitazioni di diritto societario che avevano elaborato negli anni le corti, lasciando che la disciplina dei finanziamenti dei soci sia una disciplina essenzialmente a garanzia del principio della par condicio, per il caso di fallimento della società. 9. Bibliografia Baumbach/Hueck, GmbH-Gesetz, 18. Aufl. 2006 Braun, Insolvenzordnung, 2. Aufl. 2004 E. Fazzutti, La riforma delle società, a cura di Sandulli-Santoro, Torino, 2003, 3, p. 4 11 W. Goette, Die höchstrichterliche Rechtsprechung zur Behandlung eigenkapitalersetzender Leistungen im GmbH-Recht, DStR 1997, S. 2027 ff. A. Irace, La riforma delle società, a cura di Sandulli-Santoro, Torino, 2003, sub art. 2497-quinquies, 3, p. 341 G.B. Portale, I “finanziamenti” dei soci nelle società di capitali, in Banca, Borsa e Titoli di credito, 2003, 6, p. 1 G.B. Portale-A. Zoppini, Disciplina finanziaria all’europea, in Il Sole 24 Ore del 9 gennaio 2003, p. 21 Rowedder/Schmidt-Leithoff, GmbH-Gesetz, 4. Aufl. 2002 K. Schmidt, Gesellschaftsrecht, 4. Aufl. 2002 G. Terranova, in Le società di capitali - Commentario a cura di Niccolini e Stagno D'Alcontres, Napoli, 2003, sub art. 2467, p. 1449 Uhlenbruck, Insolvenzordnung, 12. Aufl. 2003 Relazione al d. lgs. N. 6/2003, n. 11, in Rivista delle Società, 2003, 148 12