Analisi comparata fra la disciplina italiana e tedesca in tema

Luiss
Libera Università
Internazionale
degli Studi Sociali
Guido Carli
CERADI
Centro di ricerca per il diritto d’impresa
Analisi comparata fra la disciplina italiana e
tedesca in tema di finanziamenti dei soci*
Cecilia Carrara
Agosto 2006
© Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o
come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la
riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e
sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione
* Il presente scritto è basato su una lezione tenuta dall’Autrice presso la Freie
Universitaet, Berlin, in data 10 luglio 2006.
1.
La disciplina italiana sui finanziamenti dei soci
La recente Riforma del diritto societario italiano (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n.6,
di seguito “Riforma”) ha introdotto nel nostro ordinamento, all’art. 2467 c.c.,
l’istituto della postergazione dei crediti per finanziamenti dei soci alla società, in
presenza di particolari condizioni. L’articolo 2467 stabilisce che: “Il rimborso dei
finanziamenti dei soci della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori
e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere
restituito. /Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della
società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche
in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio
dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della
società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.”
La postergazione prevista all’art. 2467 c.c. consiste nel posticipare il rimborso
dei crediti, concessi alla società dai soci, rispetto ad altri coesistenti crediti di
contemporanea o successiva scadenza. Essa dovrebbe disincentivare la pratica
dei finanziamenti che i soci effettuano per rimediare alla sottocapitalizzazione
della società, ossia a quelle ipotesi in cui il capitale sociale sia o diventi troppo
modesto e sia così suscettibile di pregiudicare le aspettative dei creditori della
società.
Nella pratica, infatti, accade che i soci effettuino dei versamenti in favore della
società con lo scopo, non palesato, di tamponare una momentanea situazione di
scarsa liquidità della stessa, evitando però l’imputazione di tali somme a capitale.
I conferimenti vengono piuttosto mascherati sotto la veste contrattuale del
mutuo o denominati genericamente “prestiti”, con conseguente diritto al
rimborso e ad un trattamento pari a quello riservato a tutti gli altri creditori
sociali, con cui i soci entrerebbero in concorso. In effetti, tali finanziamenti solo
formalmente si presentano come capitale di credito, ma nella sostanza
costituiscono integrazioni del capitale proprio, talché i soci assumono solo
formalmente il ruolo di creditori sociali.
Come chiarito nella stessa relazione illustrativa alla Riforma1, la nuova
istituzione dovrebbe, sulla scorta dell’esperienza comparata con altri
ordinamenti giuridici, ed in particolare quello tedesco, far sì che i contributi
finanziari erogati da parte dei soci siano acquisiti a capitale della società, avendo
quindi il medesimo trattamento riservato al capitale. In particolare, il rimborso
dei finanziamenti dei soci, laddove avrebbero dovuto essere resi sotto forma di
conferimenti, avverrà soltanto dopo la soddisfazione degli altri crediti, per
evitare il conflitto con gli altri creditori sociali.
1 Relazione al d. lgs. N. 6/2003, n.11, in Rivista delle Società, 2003, 148.
2
Il legislatore, tuttavia, ha dovuto contemperare l’esigenza di trasparenza dei
bilanci e delle scritture contabili e di trasparenza nel concorso tra creditori con
l’esigenza di consentire comunque ai soci di soccorrere finanziariamente la
propria società in tutti i casi in cui questa non versi in una situazione di crisi e
dunque non vi sia un serio rischio per i creditori.
Pertanto la disciplina del rimborso postergato trova applicazione solo qualora
sussistano due specifiche circostanze che abbiano caratterizzato l’operazione di
credito dei soci, consistenti:
(a) nell’eccessivo squilibrio provocato dall’indebitamento della società rispetto
al patrimonio netto; e
(b) nella presenza di una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato
ragionevole un conferimento.
L’art. 2467 c.c., inoltre, prevede che qualora il rimborso da parte della società
sia avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società,
tale rimborso debba essere restituito.
Prima dell’entrata in vigore di tale norma le posizioni della dottrina e della
giurisprudenza si erano assestate sulla soluzione della postergazione delle
pretese dei soci alla restituzione degli apporti in conto capitale, o in conto
futuro aumento di capitale, rispetto alle pretese degli altri creditori, in linea con
la tendenza internazionale adottata in altri ordinamenti.
Tuttavia, pur giungendo alla medesima conclusione confermata dalla norma ora
vigente (ossia la necessità di postergare i crediti dei soci quali conferimenti
rispetto a quelli dei creditori sociali), dottrina e giurisprudenza fondavano la
distinzione tra i conferimenti in conto capitale o di aumento capitale e i prestiti
o finanziamenti con relativo obbligo di restituzione, su due criteri alternativi di
ordine soggettivo, e cioè: a) la volontà delle parti, come desumibile dal rapporto
di finanziamento, oppure b) la causa specifica del rapporto posto in essere,
dunque la funzione economica dell’operazione di finanziamento. Il legislatore,
invece, nella formulazione del testo dell’art. 2467, ha mostrato indifferenza sia
alla volontà delle parti che alla causa del rapporto: i finanziamenti dei soci, in
qualsiasi modo effettuati, e sussistenti le condizioni di cui al secondo comma
dell’art. 2467, sono soggetti al regime di postergazione di cui al primo comma.
La legge, cioè, ragionevolmente sospetta del prestito, in qualsiasi forma
contratto dalla società con i propri soci in situazioni economiche e finanziarie
che non avrebbero consentito di ottenere un finanziamento sul mercato dei
capitali, e con la postergazione cerca di impedire che il prestito venga poi
restituito ai soci, dopo aver svolto la funzione di apparente incremento del
capitale sociale, prima che siano stati soddisfatti gli altri creditori sociali.
3
2.
La disciplina in relazione ai finanziamenti infra-gruppo
Così come nell’ambito di una stessa società, è assai frequente che anche nei
gruppi di società vengano effettuati degli apporti finanziari da parte della
capogruppo a favore delle diverse società del gruppo.
Per ovviare agli inconvenienti che simili apporti possono provocare nelle
circostanze di cui al secondo comma dell’art. 2467 c.c., il legislatore italiano in
sede di Riforma ha introdotto l’art. 2497-quinquies che stabilisce che: “Ai
finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e
coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti si applica l’articolo
2467.” In altre parole, il credito al rimborso dei finanziamenti effettuati dalla
società capogruppo o da altri soggetti ad essa sottoposti a una società, devono
essere postergati rispetto agli altri crediti della società che ha ricevuto il
finanziamento.
L’art. 2497-quinquies, pur rinviando totalmente alla disciplina dettata dal
legislatore in tema di finanziamenti dei soci di società a responsabilità limitata,
pone rispetto a questa questioni interpretative circa l’ambito di applicazione
soggettivo, dal lato dei possibili destinatari del finanziamento. In particolare, la
dottrina si è interrogata sulla possibilità di estendere analogicamente il disposto
dell’art. 2497-quinquies e del richiamato art. 2467 anche alle società per azioni
che non facciano parte di un gruppo nonché ad altri tipi societari.
La dottrina maggioritaria tende a dare risposta positiva al quesito, rinvenendo
nella collocazione sistematica delle norme in commento (cioè in tema di s.r.l. e
di gruppi di s.p.a.) e nella identità di ratio (ossia prevenire gli inconvenienti
derivanti da un finanziamento in sottocapitalizzazione mascherato quale
prestito da parte di soci, con conseguente lesione della par condicio creditorum)
indizi validi per affermare che le regole relative ai finanziamenti dei soci in tema
di gruppi di società per azioni e società a responsabilità limitata si applichino
anche alle società per azioni non controllate e agli altri tipi societari.
3.
Analisi di casi giurisprudenziali
Nell’analizzare qualche caso giurisprudenziale, ricordiamo il principio di diritto
che sorregge le decisione dei giudici, nell’alternativa tra la qualificazione degli
apporti dei soci quali conferimenti o quali finanziamenti, con conseguente
diritto alla restituzione di essi da parte della società: il principio è che occorre
interpretare l’effettiva volontà delle parti e, qualora mancasse una chiara
manifestazione di volontà, la chiave di lettura dell’apporto finanziario deve
ricercarsi nella causa specifica del rapporto o anche nella terminologia adottata
dal bilancio.
a. Cassazione Civile, n. 12539/98 (in Rivista del Notariato, 1999, p. 538)
4
Il curatore fallimentare di una società presentava domanda di insinuazione al
passivo del fallimento di altra società di cui la prima deteneva una
partecipazione, corrispondente al residuo credito di un finanziamento.
L'istanza veniva rigettata in primo grado e in appello, ritenendo i giudici che la
somma fosse stata versata in conto capitale e dunque soggetta a vincolo di
indisponibilità, desumendo tale conclusione innanzitutto dalla terminologia
utilizzata in bilancio. Nel caso di specie parte della somma era stata restituita.
Tuttavia i giudici hanno ritenuto che il comportamento tenuto dalle parti, ossia
la restituzione di parte della somma ricevuta dal socio successivamente alla loro
chiara manifestazione di volontà circa la natura da riconoscere al versamento,
fosse irrilevante (iscritto in bilancio come "soci c/capitale").
La Cassazione conferma le conclusioni dei giudici di merito. "Infatti", si legge
nella motivazione della sentenza, "il mero contrasto fra la dichiarazione di volontà delle
parti, comunque accertata, ed il comportamento successivamente tenuto dalle stesse non
consente, di per sé, di attribuire al detto comportamento un valore interpretativo". La Corte,
pertanto, in assenza di altri elementi che ne rendessero univoco il significato,
ritiene prevalente la volontà delle parti, quale risultante dall’originaria
pattuizione, ossia quale volontà di imputare la somma versata dal socio in conto
capitale, con conseguente assenza di un’obbligazione di restituzione da parte
della società.
b. Tribunale di Trani, 23-10-2003 (in Società, 2004, p. 477)
Nel caso di cui alla sentenza in esame, la curatela fallimentare della società fallita
chiedeva la restituzione delle somme indebitamente restituite ai soci dalla
società per i versamenti da questi effettuati durante la vita della società in favore
della stessa, in attuazione di tre diverse delibere assembleari.
Il Tribunale, accogliendo la richiesta della curatela fallimentare, dichiara che
l’organo amministrativo della società, poi dichiarata fallita, aveva
illegittimamente restituito ai soci la somma da questi versata in favore della
società, stante l’assenza di un obbligo di restituzione, ritenendo che tali somme
avessero natura di conferimento di capitale di rischio e non di prestito.
Ed infatti, accertata l’assenza di un contratto di mutuo tra i soci e la società, la
natura dei versamenti sarebbe desumibile dall’esame delle scritture contabili e
dei libri sociali. Da questo esame, tuttavia, il Tribunale conclude per la
lacunosità e incoerenza dei libri sociali e dei bilanci, per il carattere “indeterminato
ed equivoco delle denominazioni con cui sono registrate le somme versate” (ad es. “soci
c/finanz. Infr. Interessi”; “finanziamenti infruttiferi da restituire in proporzione
alle quote”).
Pertanto altri criteri vengono in soccorso dell’interprete, tra cui “il contesto, il
tenore letterale e la dichiarata finalità degli accordi raggiunti dai soci nell’ambito delle
assemblee”.
In ciascuna delle tre delibere succitate, il Tribunale osserva come risulti
chiaramente stabilito “l’obbligo per tutti i soci di finanziare l’attività sociale in
5
proporzione delle quote possedute”. L’obbligatorietà del finanziamento per tutti i soci,
anche se assenti o dissenzienti, e la proporzionalità del versamento alle quote
sociali possedute, “rappresentano due caratteristiche tipiche ed esclusive della decisione di
conferimenti da parte dei soci in aumento del capitale di rischio, che invece sono decisamente
incompatibili con la richiesta di mutuo ai soci”.
Attesa pertanto la natura di conferimento di capitale di rischio, il Giudice
conclude che la restituzione dei versamenti avrebbe potuto essere
legittimamente disposta soltanto al termine della liquidazione della società
eseguita dopo lo scioglimento della stessa, utilizzando l’attivo residuato dopo il
pagamento di tutti i debiti sociali. Quindi, accogliendo la domanda della
curatela, dispone la restituzione delle somme indebitamente ricevute dai soci (ex
art. 2033 c.c.).
c. Tribunale di Torino, 07-07-2005 (in Società, 2005, p. 1534)
Il Tribunale di Torino conferma il principio di diritto per il quale la distinzione
tra versamenti in conto capitale e prestiti tra le somme versate dai soci alla
società deve essere risolta sulla base della effettiva volontà manifestata dalle
parti nella concretezza di ogni singola fattispecie.
Tanto premesso in linea di diritto, il Giudice, rilevata l’assenza di registrazione
contabile nella documentazione della società dei versamenti quali finanziamenti
infruttiferi, ha chiaramente dedotto la volontà delle parti, e quindi la natura del
versamento, dal fatto della richiesta immediata di rimborso dei finanziamenti
compiuti da parte dei soci stessi, nonché dalla contestualità di quest’ultima
richiesta a quella di scioglimento della società avanzata dagli stessi soci che
avevano effettuato il versamento.
Riconosciuta la natura di mutuo delle somme versate, nel caso di specie il
Tribunale ne ha disposto la restituzione.
4.
La disciplina tedesca sui finanziamenti dei soci
In Germania fino al 1980 non esisteva nessuna norma scritta in tema di
finanziamento dei soci alle società. In assenza di una disciplina legislativa il
Bundesgerichtshof (di seguito: “BGH”) sviluppò un sistema complesso di tutela
dei creditori sociali, facendo ricorso all’applicazione analogica dei principi
generali del diritto societario.
Nel 1980 il legislatore tedesco emanò alcune regole sul finanziamento dei soci
alle società. Tali norme hanno trovato una loro collocazione nelle leggi sul
fallimento (§§ 39 Abs. 1 Nr. 5; 135; 143 InsO2) e sull’esecuzione forzata (§§ 6,
11 AnfG). Tuttavia, in una celebre sentenza del 26 marzo 19843 il BGH ha
2 Legge fallimentare.
3 BGH NJW 1984, 1891 (1892).
6
chiarito che avrebbero continuato a trovare applicazione anche le limitazioni di
diritto societario fino ad allora elaborate dalle corti.
Dette limitazioni sono state desunte dall’applicazione analogica dei §§ 30, 31
GmbHG4. Tali norme stabiliscono l’obbligo di mantenere inalterato il capitale
iniziale della società, proibiscono ogni pagamento ai soci che diminuisca il
capitale iniziale e conferiscono alla società il diritto alla ripetizione di quanto
eventualmente pagato ai soci in violazione dei §§ 30, 31 GmbHG.
Un finanziamento concesso da un socio alla società, qualora la stessa sia in uno
stato di crisi non potrebbe considerarsi capitale di credito (Fremdkapital), ma
capitale proprio “sostitutivo” (Ersatzkapital). Di conseguenza qualsiasi
finanziamento dei soci con funzione sostitutiva del capitale proprio non può
essere iscritto al passivo5. In relazione al rimborso del finanziamento si
giustifica quindi il fatto che il socio, diversamente dagli altri creditori sociali,
abbia una posizione postergata. Secondo il BGH sarebbe un comportamento
incoerente e quindi una violazione del divieto del venire contra factum proprium6 se
il socio chiedesse il rimborso di un prestito come un creditore-terzo, in un
momento in cui la società è in crisi (Krise). Lo “stato di crisi” viene definito dal
BGH quale una situazione in cui i soci, con comportamento diligente
(ordentliche Kaufleute) avrebbero conferito capitale proprio alla società, e cioè, una
situazione in cui la società per mancanza di meritevolezza creditizia
(Kreditunwürdigkeit) non è in grado di ottenere prestiti sul mercato del capitale e
andrebbe quindi liquidata.
Il prestito che è stato erogato proprio allo scopo di consentire la prosecuzione
delle attività sociali rimane indisponibile per l’intera durata della crisi. Qualsiasi
tipo di prestito effettuato dai soci alla società è sottoposto al regime appena
descritto purché la società versi in uno stato oggettivo di crisi.
Se un prestito viene rimborsato al socio nonostante le suddette limitazioni, la
società, e nel caso di fallimento il curatore fallimentare, ha il diritto alla
ripetizione non solo del capitale ma anche degli interessi.
4 Legge tedesca del diritto della società a responsabilità limitata.
5 La conseguenza pratica è che gli amministratori hanno l’obbligo di rifiutare la
restituzione dei finanziamenti in oggetto e possono tenere conto della postergazione di una
parte del passivo nella situazione patrimoniale, per stabilire se la società è “sovra-indebitata”
(überschuldet) e se, pertanto, è opportuno richiedere l’apertura di una procedura d’insolvenza.
Nell’ordinamento italiano, invece, se la società è in grado di pagare gli amministratori non
possono rifiutare il rimborso al socio richiedente; in caso contrario, e qualora non si riesca ad
ottenere nuovo capitale di rischio, bisogna accedere alla procedura fallimentare.
6 Principio dedotto dalla clausola generale del § 242 BGB.
7
Tuttavia, il finanziamento dei soci rimane indisponibile solamente nella misura
in cui il rimborso andrebbe ad intaccare il capitale iniziale della società
causando una perdita. In alcuni casi, dunque, il finanziamento sarà solo
parzialmente indisponibile e il socio avrà l’onere di dimostrare la parzialità del
vincolo.
Inoltre, la giurisprudenza ha stabilito che il finanziamento possa essere
riqualificato secondo lo sviluppo della situazione contabile. Un prestito
originariamente indisponibile si “libera” nel momento in cui la società supera la
crisi e diventa possibile il rimborso senza che si verifichi uno sbilancio. In tal
caso il socio viene equiparato a un creditore sociale. Il prestito non ha più la
funzione sostitutiva del capitale proprio della società ma è equiparabile a
capitale di credito. L’onere della prova incombe sempre sul socio. Vice versa,
un prestito che originariamente non aveva una funzione sostitutiva del capitale
proprio viene equiparato a capitale proprio nel momento in cui la società entra
in una situazione di crisi. In questo caso il socio finanziatore avrà la scelta tra
chiedere il rimborso del prestito all’inizio della crisi con conseguente
liquidazione della società, oppure lasciare il capitale dentro la società, che
diventa quindi capitale proprio sostitutivo. Questa scelta presuppone che il
socio sia a conoscenza dello stato di crisi.7
5.
Profili di diritto fallimentare e dell’esecuzione forzata
Le §§ 135 Nr. 2; 143 InsO prevedono la possibilità di impugnare il
rimborso del finanziamento al socio qualora la società abbia effettuato il
rimborso nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società. La
legittimazione ad agire spetta al curatore fallimentare. In base a dette norme si
presume in via assoluta che il prestito, per il suo intero importo, abbia una
funzione sostitutiva e il rimborso potrà essere revocato per intero.
Il creditore sociale potrà esercitare autonomamente l’impugnazione del
rimborso in sede di esecuzione individuale contro la società nel caso in cui
l’istanza di fallimento sia stata respinta per mancanza di attivo (mangels Masse);
§§ 6, 11 AnfG8.
7 In un caso eccezionale il rimborso è stato comunque consentito perché il socio non
era a conoscenza della crisi, senza sua colpa.: Il BGH ha dichiarato legittimo il rimborso di un
prestito in un caso in cui il socio era stato ingannato mediante dei bilanci falsi che mostravano
utili inesistenti (BGH NJW 1995, 457 (459)). Nella dottrina si discute anche se il socio-erede
che ignora incolpevolmente la crisi possa essere meritevole di tutela.
8 Legge sulle revocatorie.
8
Inoltre, in base al § 39 Abs. 1 Nr. 5 InsO i crediti dei soci al rimborso
dei finanziamenti con funzione sostitutiva del capitale proprio sono postergati
rispetto agli altri crediti. Anche in questo caso la postergazione vale per l’intero
importo del rimborso.
Le §§ 32 a, b GmbHG prevedono due eccezioni alle regole generali: 1)
I soci che non svolgono nessuna attività di gestione e con partecipazioni uguali
o inferiori al 10% non sono sottoposti alle limitazioni sopra descritte. 2) Sono
altresì esentati i soci che hanno acquistato la propria partecipazione societaria
per consentire il risanamento della società.
6.
Le prospettive di riforma
Recentemente il Bundesjustizministerium9 ha presentato un disegno di legge (di
seguito: “Disegno di legge”) che prevede, tra l’altro, una riforma della disciplina
applicabile ai finanziamenti dei soci alle società. Nel Disegno di legge si
propone di non dare più applicazione ai principi giurisprudenziali di diritto
societario poiché i soli profili che necessiterebbero un’apposita
regolamentazione sono quelli di diritto fallimentare e sull’esecuzione forzata.
Nel Disegno di legge il governo propone di abbandonare l’applicazione dei
principi di diritto societario finora sviluppati dalla giurisprudenza. I
finanziamenti dei soci avranno dunque una rilevanza esclusivamente in diritto
fallimentare e delle esecuzioni. Le nuove disposizioni non distingueranno più
tra prestiti con funzione sostitutiva del capitale proprio e quelli equivalenti ai
prestiti erogati da creditori-terzi. Qualsiasi rimborso di un finanziamento del
socio sarà postergato nell’ambito della procedura fallimentare, e qualsiasi
rimborso effettuato nell’anno precedente la dichiarazione del fallimento sarà
impugnabile. Non avrà più rilevanza se la società al momento della concessione
del prestito si trovasse o meno in una situazione di crisi. I finanziamenti dei
soci rimarranno capitale di credito anche nel caso in cui la società si trovasse in
una situazione di crisi.
Inoltre le nuove disposizioni si applicheranno a tutte le società
indipendentemente dalla forma giuridica, purché non abbiano né una persona
fisica come socio personalmente responsabile né una società come socio
personalmente responsabile con una persona fisica come socio personalmente
responsabile di quest’ultima.10
9 Ministero Federale della Giustizia.
10 Le nuove disposizioni quindi vigeranno uniformemente per la GmbH, la AG, la
KGaA, la eG, la KG e la oHG se non hanno né una persona fisica come socio personalmente
responsabile né una società come socio personalmente responsabile con una persona fisica
9
7.
Analisi di casi giurisprudenziali
a. BGH, II ZR 357/03, del 30 gennaio 200611
Nel caso di cui alla sentenza in esame, il curatore fallimentare di una GmbH
chiedeva la restituzione del credito rimborsato al socio nell’anno precedente la
dichiarazione di fallimento. Al momento della erogazione del debito la GmbH
si trovava pacificamente in uno stato di crisi. Il socio eccepiva tuttavia che al
momento del rimborso la società aveva superato la crisi e che la società aveva
sofferto una seconda crisi dopo il rimborso del prestito.
In primo grado il Tribunale di Bochum accoglieva l’istanza del curatore e la
Corte d’Appello di Hamm confermava la sentenza di primo grado. Il BGH ha
confermato anch’esso il diritto del curatore a ottenere la restituzione del
rimborso. In particolare ha deciso che la Insolvenzordnung (la nuova legge
fallimentare tedesca che ha sostituito nel 1999 la Konkurs- und Vergleichsordnung)
non ha modificato la precedente disciplina in tema di finanziamento dei soci:
per l’effetto, vi è una presunzione assoluta che un finanziamento dei soci che
aveva originariamente una funzione sostituiva del capitale proprio rimane tale
anche nel momento del rimborso, qualora il rimborso venga effettuato
nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società. L’obiettivo di
tutela dei creditori sociali perseguito dal legislatore sarebbe, infatti,
parzialmente verificato se il socio avesse la possibilità di dimostrare che il
capitale iniziale della società – fallita entro dodici mesi dal rimborso del prestito
– sia stato ripristinato al momento del rimborso del prestito.
Il BGH, infine, ha colto l’occasione per esprimere una valutazione sul recente
progetto di Disegno di legge, giudicandolo idoneo a creare una “maggiore
certezza del diritto e maggiore semplicità nell’applicazione del diritto in tema di
finanziamento del socio”.
b. BGH, II ZR 138/03, del 7 marzo 2005
Il curatore fallimentare di una GmbH chiedeva la restituzione dei pagamenti
dei canoni di locazione che la società aveva pagato al socio convenuto per
l’immobile industriale di cui il socio era proprietario e che il socio aveva
affittato alla società. Il curatore sosteneva che al momento del prestito la
società fosse in crisi e addirittura pronta per accedere alla procedura
come socio personalmente responsabile ed infine per la società europea (SE). Inoltre, secondo
il Disegno di legge le nuove disposizioni si applicheranno anche alle società straniere,
sottoposte ad una procedura fallimentare aperta in Germania.
11 I testi integrali delle sentenze qui esaminate sono pubblicati sul sito ufficiale del
BGH: http://www.bundesgerichtshof.de
10
fallimentare (insolvenzreif), facendo riferimento alle perdite risultanti dal bilancio.
L’istanza veniva accolta dal Tribunale di Verden. La Corte d’Appello di Celle
ha confermato la sentenza di primo grado. Il BGH ha cassato le decisioni delle
corti di merito sulla base del fatto che il curatore non aveva debitamente
assolto al proprio onere probatorio, mancando di dimostrare l’indebitamente
eccessivo (Überschuldung) al momento della locazione dell’immobile. Il curatore
oltre al bilancio avrebbe dovuto presentare un resoconto sulla situazione
finanziaria della società.
La sentenza illustra che il concetto di finanziamento dei soci comprende ogni
aiuto finanziario prestato dal socio, che economicamente equivale ad un
prestito.
In base al Disegno di legge, che non presuppone più la crisi della
società al momento dell’erogazione del finanziamento, il curatore avrebbe
vinto la causa almeno riguardo ai pagamenti dei canoni di locazione effettuati
nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento.
8.
Cenni conclusivi
L’analisi comparata delle soluzioni adottate in Italia e in Germania, ed
in particolare l’esame delle evoluzioni normative in entrambi gli ordinamenti,
consente di concludere che si va verso un ravvicinamento dei due diritti. Se in
Italia la recente Riforma ha per la prima volta introdotto delle norme espresse
che stabiliscono la postergazione dei crediti per finanziamenti dei soci alla
società, e l’obbligo di restituzione del rimborso in caso di fallimento, a
soluzioni analoghe sembra voler giungere l’ordinamento tedesco, seppur
partendo dal punto opposto di una “sovra-regolamentazione”, giudicata oramai
unanimemente troppo complessa. Pertanto in Germania il legislatore si muove
nel senso di abbandonare le limitazioni di diritto societario che avevano
elaborato negli anni le corti, lasciando che la disciplina dei finanziamenti dei
soci sia una disciplina essenzialmente a garanzia del principio della par condicio,
per il caso di fallimento della società.
9.
Bibliografia
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™ Braun, Insolvenzordnung, 2. Aufl. 2004
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12