INTERVISTA A MAURIZIO MARTELLI Dipartimento Biotecnologie Cellulari ed Ematologia - Università La Sapienza di Roma Professor Martelli, che cos’è il linfoma-non Hodgkin? Il linfoma non-Hodgkin è una malattia tumorale del sistema linfatico che si sviluppa per un’alterazione delle cellule linfocitarie contenute all’interno di organi del sistema linfatico come i linfonodi, la milza e il midollo osseo. Rispetto al linfoma di Hodgkin, l’altro tipo di tumore del sistema linfatico, il linfoma non-Hodgkin ha una diversa istologia. Queste due tipologie di tumore necessitano, dunque, di approcci clinici e terapeutici differenti. Il linfoma non-Hodgkin si caratterizza per la sua estrema eterogeneità: si contano infatti 45 tipologie diverse, mentre nel linfoma di Hodgkin si hanno quattro principali varianti. Il linfoma non-Hodgkin è una malattia subdola, con una diagnosi difficile. Nei casi in cui il sintomo principale, ossia l’ingrossamento dei linfonodi, è localizzato all’interno dell’addome o del torace, il suo riconoscimento è difficile e tardivo. Quali sono i numeri del linfoma non-Hodgkin? I numeri di questo tumore non sono da sottovalutare. Costituisce infatti il 3% di tutti i tumori maligni con circa 386 mila nuovi casi diagnosticati ogni anno in tutto il mondo e 93.500 in Europa. Rappresenta così la sesta neoplasia più diffusa nel mondo occidentale e la quinta nel Vecchio Continente. In Italia si calcolano circa 19 casi ogni 100 mila abitanti, con 12.800 nuovi pazienti nel 2014. Si tratta di numeri destinati a crescere: i trend sono infatti in aumento soprattutto nei pazienti anziani, da una parte per il progressivo invecchiamento della popolazione, dall’altra perché l’età media di insorgenza della malattia si colloca intorno ai 60-65 anni. Professore, qual è lo scenario terapeutico del linfoma non-Hodgkin? Trattandosi di un tumore molto eterogeneo, anche il panorama terapeutico è molto vario: ciascun tipo di linfoma non-Hodgkin necessita, infatti, di specifici approcci terapeutici. Le principali opzioni terapeutiche sono la radioterapia, la chemioterapia, gli anticorpi monoclonali e in alcuni casi selezionati anche il trapianto di midollo osseo. Attualmente il trattamento principale per il linfoma non-Hodgkin è rappresentato dall’immunochemioterapia, cioè l’associazione fra chemioterapia e anticorpi monoclonali, in particolare con l’anticorpo anti CD20 Rituximab. Il linfoma non-Hodgkin è oggi una malattia estremamente curabile: la possibilità di cura nelle forme più aggressive è ormai intorno al 70-80% dei casi e la terapia con anticorpi monoclonali ha contribuito a migliorare la percentuale di guarigione in almeno il 20% dei casi. Il tempo riveste un ruolo importante nel linfoma non-Hodgkin. In che modo? Il rapporto del linfoma non-Hodgkin con il tempo ha molti aspetti da considerare. In alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin, ad esempio, lo sviluppo della malattia può essere molto veloce. In questi casi ci troviamo di fronte a un tipo di tumore tra i più aggressivi conosciuti. Nel paziente sottoposto 1 a terapie non ci dobbiamo dimenticare l’impatto che la malattia ha sul suo tempo quotidiano. Le persone sono infatti costrette a passare molto tempo in ospedale con lunghe attese ed infusioni di farmaci della durata anche di quattro-sei ore, con un significativo peggioramento della qualità di vita. 2