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Nietzsche e San Francesco
da Paola a Torino
Il diavolo e l’acqua santa
1 Nietzsche.
Che ci faceva Nietzsche a Torino nel 1888? Amici tedeschi avevano lodato le
attrattive della città, ritenendola particolarmente adatta a lui che doveva scrivere la sua ultima opera: vitto ottimo, pigioni a buon mercato, chilometri di
passeggiate sotto i portici, ottime stagioni musicali, bar Fiorio in via Po che lo
aspettava, cosa desiderare di più.
Scende a Porta Nuova arrivando da Nizza il 5 aprile 1888, si reca subito alla
Posta Centrale di Piazza Carlo Alberto e affitta una cassetta ‘fermo posta’,
(desiderava ricevere tanta corrispondenza ma non direttamente a casa sua),
poi si reca alla vicina edicola dei coniugi Fino e chiede come affittare una
camera. Destino vuole che proprio loro avessero una stanza libera nel loro
alloggio al terzo piano di via Carlo Alberto n° 6 con ingresso anche dalla
Galleria Subalpina.
Nietzsche è sistemato, apprezza la compagnia di questa numerosa famiglia, si
sente circondato da affetto mai provato prima, che ricambia in particolare con
la giovane figlia Irene, con la quale si diletta a suonare il piano; tanto da
apprezzare Torino come «il primo luogo dove io sono possibile». Oggi nella facciata di quella casa c’è una lapide così scolpita:
In questa casa Federico Nietzsche conobbe
la pienezza dello spirito che tenta l’ignoto,
la volontà di dominio che suscita l’eroe.
Qui ad attestare l’alto destino e il genio scrisse
Ecce Homo, libro della sua vita.
La città di Torino pose.
15 ottobre 1944 anno XXII – Era Fascista.
C’era in quell’ottobre del ’44 un clima cupo e una diffusa rassegnazione, le sorti
della guerra erano ormai decise, il nichilismo che dal pensiero di Nietzsche scaturiva pervadeva cuori e menti dei giovani che in quella mattina presidiavano la posa
della targa. Il ricordo andava a quell’alloggio al terzo piano dove lo scrittore aveva
ormai superato con la sua ultima opera i limiti dell’umano e che, dichiarando la
morte di Dio, stava cercando, come lui stesso scrive, di diventare ciò che si è.
Tentare l’ignoto dimenticando che l’uomo non basta a se stesso, fu strada troppo
impervia anche per il suo superuomo. Non bastarono le passeggiate sotto i portici a rallentarne il crollo psichico. La sua avventura umana si chiuse dopo un rapido decadimento culminato nella folle corsa ad abbracciare il cavallo frustato dal
vetturino in via Po. Accompagnato in patria, trascorre i suoi ultimi anni in cliniche
per malattie mentali. Muore a Weimar nella casa della sorella il 25 agosto 1900;
aveva 56 anni.
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2 San Francesco da Paola.
Perché una chiesa a Torino consacrata al Santo calabrese? Questo santo
(1416-1507) aveva fondato a Paola in Calabria l’Ordine dei Minimi per contrastare l’andazzo libertino della chiesa romana e risvegliare i veri valori cristiani; tale era la sua fama di taumaturgo che tutti cercavano di avvicinarlo e
beato si reputava chi poteva toccare l’orlo del suo abito.
Per i prodigi ed i miracoli compiuti dal Santo – si diceva anche del suo attraversamento dello stretto di Messina su un tappeto – fu concesso nel 1623 ai
Minimi di San Francesco da Paola di venire a Torino per contrastare l’eresia
protestante, dilagante in Europa. Cristina di Francia, andata sposa a tredici
anni a Vittorio Amedeo I era devota al Santo calabrese. Il matrimonio durava
già da dieci anni quando nel 1629 nacque la primogenita Ludovica. Cristina,
essendo in vigore negli stati sabaudi la ‘legge salica’ che escludeva le donne
dalla successione al trono, chiese al Santo la grazia di un erede maschio; non
solo fu esaudita ma al ritmo di uno all’anno ebbe altri cinque figli, tanto che
tra le grazie richieste pare ci fosse anche quella di rallentare questo insostenibile ritmo procreativo. Come ex voto la sovrana favorì l’arrivo dei frati e concesse loro il terreno per l’edificazione della chiesa. Senza voler essere malevoli va detto che Vittorio Amedeo mori avvelenato nel 1637, partecipando ad
un banchetto in suo onore.
La giovane Maria Cristina, detta Madama Reale, si stabilì nel Palazzo Madama
che da lei prese il nome ed a lei dobbiamo i notevoli cambiamenti architettonici che fece apportare alla città tra i quali la forma attuale del Castello del
Valentino. All’angolo tra via San Francesco da Paola e via Po sorge la chiesa
consacrata al Santo. Via Po, la più bella via di Torino con lo sfondo scenografico della Gran Madre e della collina, concede sul lato sinistro una lunga passeggiata da Palazzo Reale sino al fiume sempre protetti dai portici. Sul lato
destro, ricco di negozi, librerie e bar tra i quali lo storico caffè Fiorio, spicca
la facciata barocca della chiesa ad interrompere i portici. Chissà se l’interruzione è dovuta al rispetto per il Santo o al fatto che al Re non interessava passeggiare su quel lato della via? Entrando in chiesa, peraltro un po’ buia, possiamo notare nella zona dell’altare tre tele del pittore francese Charles Claude
Dauphin del 1655 che raffigurano il Santo: quella a destra, che andrebbe
restaurata e meglio illuminata, mostra il Santo che attraversa lo stretto sul
celebre tappeto.
Potrebbe essere un contributo alla soluzione del problema del ponte di
Messina. Chissà se, dopo un periodo di digiuni e preghiere, non sia possibile
il miracolo di utilizzare lo stesso mezzo rendendo inutile la costruzione.
sandrocenni&landomoglia