L’Italia nel panorama europeo delle migrazioni (1) Anna Elia - Università della Calabria – DISPeS Corso Processi Migratori, Territorio e Politiche LM Scienza della Pubblica Amministrazione DISPES a.a. 2015/16 L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne (Pugliese 2003) • Riduzione dei flussi migratori verso l’estero; emigrazioni di ritorno Anni ‘66-’67; • Anni 70-80 riduzione progressiva delle migrazioni interne (dal sud verso il nord) • Censimento Istat 1980 saldo migratorio positivo • Anni 80 e 90: le migrazioni dalle regioni del sud verso i centri urbani del centro nord. L’Italia è ancora un paese di immigrazione? • Gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2016 sono 5 milioni 54 mila e rappresentano l’8,3% della popolazione totale. Rispetto a un anno prima si riscontra un incremento di 39 mila unità. La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti. (Dati Istati 2016) • Nazionalità: Romania, Albania, Marocco, Ucraina, Cina, Filippine • Permesso di soggiorno: 48,2% lavoro; 40,8% famiglia; protezione umanitaria 4,8% (Dati Caritas 2015) • Incremento del 12,7% per anno tra il 2005 e il 2011 (431 000 individui). L’Italia è ancora un paese di immigrazione? • incremento delle presenze del12,7% par anno tra il 2005 e il 2011 (431 000 individui in più per anno). • Rallentamento nel 2011-12 con la « crisi » • 2013 - l'immigrazione dall’estero 307 000, 43 000 in meno rispetto all’anno precedente(-12,3%). • Crescita esponenziale dell’immigrazione femminile soprattutto dal 2000 • Incremento delle presenze migranti dai paesi dell’est (oggi + del 50%) • Crescita esponenziale dell’immigrazione per ragioni familiari (+ 216% tra 1998 e 2008); • Crescita del numero dei minori di origine straniera. Dal 2001 al 2009, passaggio da 295mila a 941mila ; + di un milione nel 2013 • La cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente italiana 68 000 nel 2012 a 82000 unità nel 2013 (+ 21%). Aumentano le cancellazioni degli immigrati, da 38000 a 44000 unità (+ 14%). Castles S. e Miller J., The Age of Migration (1993) • Le migrazioni come chiave di lettura delle trasformazioni delle società contemporanee • gli orientamenti dei governi: diversificazione di modelli di integrazione e di status dei migranti • I processi migratori e l’impatto sui territori: governance globale, locale e prospettive transnazionali • Il concetto di politiche migratorie si riferisce al potere sovrano dei governi nazionali di decidere unilateralmente chi può essere ammesso a risiedere e lavorare sul proprio territorio, per quanto tempo e a seconda di specifiche qualità desiderate e nelle quantità desiderate (Zanfrini 2004). • La strumentalizzazione del confine nella logica attuale di governo delle migrazioni: la delimitazione di un ambito territoriale d’esercizio dell’autorità statale, legittima la selezione di coloro che non essendo cittadini di un determinato Stato aspirano a risiedervi. Ma quali sono i criteri programmatici che ispirano le politiche migratorie? Che cos’è l’integrazione? I modelli di integrazione, di cosa stiamo parlando? • L’immigrazione in Europa è “una questione di non-politica” (T. Hammar 1992:245): una sommatoria di provvedimenti che solo raramente hanno stabilito un quadro normativo unitario. Modelli nazionali di integrazione (Castles e Miller 1993) • Modello dell’immigrazione temporanea, i fenomeni migratori hanno una durata limitata nel tempo, sono puramente funzionali alle esigenze del mercato del lavoro e sono quindi reversibili. • Modello multiculturale o pluralista, è caratterizzato dalla centralità delle differenze culturali. - le singole comunità etniche divengono interlocutori pubblici di primaria importanza. • Modello assimilazionista, è caratterizzato dall’orientamento all’omologazione, anche e soprattutto culturale, degli immigrati assimilazionismo inclusivo statalista (Francia) Zincone (2009): • L’inclusione avviene su base individuale, ed è favorita da un accesso semplificato alla cittadinanza, alla condivisione di una lingua comune e accesso all’istruzione pubblica. • L’area culturale, è esclusa dalla sfera pubblica limiti e aperture del modello assimilazionista francese • omologazione culturale e mancata integrazione: forme di separazione sociale sulla base dell’insediamento residenziale e dell’inclusione scolastica – La discriminazione negativa per gli indigeni della repubblica • forme di discriminazione istituzionale: délit de faciès (Castel R. 2010) (Boucher 2008) • la paura del « communautarisme » • pratiche di civic integration: la “promozione” della diversità come pratica di antidiscriminazione nell’ambito del sistema dei servizi sociali e nel mondo dell’imprenditoria (Jovelin 2010) • Liberté, fraternité, diversité (A. Touraine) multiculturalismo esclusivo statalista (Germania e dall’Austria) (Zincone 2009) : L’esclusione politica e l’isolamento culturale dei non cittadini (Gargiulo 2012): • Agli immigrati non viene chiesto di abbandonare la lingua madre né la cultura di origine in quanto si ritiene – o meglio, si desidera – che i loro progetti migratori siano limitati nel tempo. • Allo stesso tempo, gli immigrati sono trattati in maniera uguale dal punto di vista dell’accesso al welfare. • Un modello mediterraneo di immigrazione (Pugliese 2002) • Un modello di integrazione subalterna (Ambrosini 2001) • Un modello di integrazione ragionevole (Zincone 2001) Modello mediterraneo di immigrazione (Pugliese 2002) (1) 1. assenza iniziale di qualsiasi normativa di regolazione dei flussi migratori in ingresso; 2. emanazione di provvedimenti di sanatoria sempre più restrittivi; 3. scarsa capacità di accesso dei migranti alle politiche sociali; 4. ingresso nel lavoro agricolo stagionale e nel terziario 5. Femminilizzazione dei processi migratori 6. dicotomia disoccupazione/immigrazione nel sud Italia presenza femminile predominante in molte nazionalità (nelle migrazioni intraeuropee degli anni ’50 e ’60 la componente femminile era minoritaria). A.Elevato impiego dei servizi alla persona (attività di collaborazione domestica, assistenza agli anziani e alle persone diversamente abili) B. Nei paesi del mediterraneo i migranti suppliscono alle carenze del sistema di welfare C. Nel sistema italiano l’aumento dei grandi anziani (metà anni ‘90) allarga progressivamente l’ausilio di “lavoratrici” migranti in ambito domestico D.Emancipazione femminile: L’incapacità per i paesi del Sud Europa ed in particolare per l’Italia, di coniugare cambiamenti del welfare alle trasformazioni demografiche e di come la presenza delle lavoratrici straniere consenta alle donne italiane di lavorare fuori casa conciliando gli impegni familiari senza cambiare nulla nella relazione di genere (Andall 2000). • Asimmetrie di genere: componenti nazionali maschili (Nord Africa – Senegal); maggioranza donne (Filippine, America Latina, Ucraina e Moldavia) Modello mediterraneo di immigrazione (Pugliese 2002) (3) - assenza iniziale di qualsiasi normativa di regolazione • evoluzione spontanea e improvvisa dei flussi in ingresso. • Paesi riceventi impreparati. Non vi è corrispondenza tra paese di arrivo e gruppi nazionali (es. ex-colonie). Eterogeneità nei paesi di provenienza (paesi africani e asiatici anche molto distanti) (Calvanese 1983) Il modello di integrazione subalterna (Ambrosini) • Gli immigrati sono accettati (relativamente) come lavoratori disposti ad accollarsi i lavori più gravosi e sgraditi, purché non avanzino pretese e accettino di fatto che i lavori migliori siano appannaggio dei nazionali • istituzioni facilitatrici (organismi di volontariato laico, istituzioni ecclesiali, sindacato) di sostegno ai processi di sostegno-orientamento dei migranti • L’azione delle reti etniche • Conseguenza: le stesse motivazioni che supportano l’accettazione degli immigrati ne frenano la promozione Il ruolo delle istituzioni facilitatrici e dell’associazionismo migrante (Ambrosini 2005) • le pratiche quotidiane di integrazione sociale dei migranti, chiamano in causa gli attori della società civile: • sul piano politico, mediante azioni di pressione e protesta, al fine di ottenere normative più favorevoli (per es., leggi di regolarizzazione); • sul piano sociale, organizzando servizi complementari a quelli pubblici, destinati “tipicamente” a quelle componenti della popolazione immigrata che non possono accedere al welfare istituzionale o non ricevono risposte ai loro bisogni (per es., cure mediche per gli immigrati in condizione incerta o irregolare); • sul piano culturale, promuovendo attività di sensibilizzazione, reti di operatori e luoghi di confronto. La dimensione territoriale di un modello di “integrazione subalterna” (Ambrosini 2005) • il modello dell’industria diffusa (piccole e medie imprese) nella Lombardia orientale e nelle regioni del Nord-Est; • il modello delle economie metropolitane (grandi città, ma anche medi e piccoli centri) occupazioni nel basso terziario e nei servizi alle persone; • il modello delle attività stagionali (Mezzogiorno); aree agricole in parte turistiche, lavoro stagionale informale; • modello delle attività stagionali (Centro-Nord), attività agricole, turistiche, edili; Gli aspetti problematici • Rilevanza di posizioni instabili e precarie • Concentrazione ai bassi livelli • Rischio infortunistico (tasso: 9,1% contro 4,2% per gli italiani) • Segregazione delle donne nel settore domestico-assistenziale • Fenomeni di spreco di capitale umano (brain wasting) LE SANATORIE: EFFETTI E RAZIONALITA’ DELLE POLITICHE DI REGOLARIZZAZIONE Le migrazioni in Italia - Normativa di regolazione dei flussi e provvedimenti di sanatoria • Apertura delle frontiere (anni ‘70) e grande facilità di ingresso • Politiche di adeguamento agli orientamenti restrittivi dell’UE in materia di controllo delle frontiere • Progressiva emanazione di politiche di sanatoria (normative di regolarizzazione) sempre più restrittive Legge 943 del 1986 Misura di regolarizzazione per i lavoratori stranieri in quanto lavoratori “dipendenti” e per gli immigrati “attivamente” alla ricerca di un lavoro La legge riservava i benefici del sistema di welfare nazionale al lavoratore immigrato in quanto lavoratore dipendente. Legge 39 del 1990 – Legge Martelli Misure di regolarizzazione per tutti i lavoratori stranieri; Godimento delle politiche sociali per tutti i lavoratori stranieri ivi compresi i lavoratori autonomi. Il provvedimento di sanatoria si rivolge ai venditori ambulanti di provenienti dall’Africa Sub-sahariana e dal nord Africa (Marocco, Tunisia). Superamento del principio della riserva geografica (Convenzione di Ginevra del 1951) che limitava la domanda di asilo politico a coloro che provenivano dal blocco socialista. Effetti delle politiche di sanatoria anni 1986-1990-1995 1. Soddisfare il bisogno di manodopera dei distretti industriali nel centro-nord Italia e delle piccole industrie manifatturiere del nord-est; 2. Risposte a situazioni di urgenza sociale: rassicurare gli italiani di fronte ad una presenza sempre maggiore sul territorio di cittadini stranieri in situazioni di irregolarità; sedare momenti di conflittualità sociale nelle zone agricole del sud Italia; 3. Processi di etnicizzazione del mercato del lavoro: alto livello di specializzazione dei lavori effettuati dai migranti in relazione al loro paese di origine, del loro sesso e della religione di appartenenza (senegalese: venditore ambulante; tunisino: pescatore; filippine-donne dell’est: colf e badanti). La razionalità delle leggi di regolarizzazione: I migranti sono portatori di diritti solo in qualità di forza lavoro, mentre la loro presenza sociale viene completamente annullata (le politiche di sanatorie non vengono accompagnate da politica di inserimento/orientamento dei migranti regolarizzati). Nel 1991, dopo le prime leggi di regolarizzazione (1987-1990), la popolazione straniera regolarmente residente in Italia era di 860 mila individui, mentre la stima dei migranti nella situazione di “clandestino” è più di un milione. Le analisi sui permessi di soggiorno rivelano una presenza di migranti provenienti dal Nord Africa; e dell’Africa occidentale soprattutto nel nord Italia. Un terzo dei migranti è di religione musulmana. La Legge n. 40 del 1998 fu la prima mettere in causa l’accesso ai diritti sociali da parte del cittadino straniero in quanto pari al cittadino italiano. Migrante « clandestino » Immigrato in regola con il permesso di soggiorno Garanzie di integrità della persona Garanzie di integrità sociale fisica Cure ospedaliere o ambulatoriali urgenti o essenziali; diritto all’istruzione per tutti i minori stranieri indipendentemente dallo status di “irregolare” dei genitori. Accesso ai diritti sociali e civili, esclusione dai diritti politici. La Legge n. 40 del 1998 Migrante nella situazione di « clandestino » Immigrati in regola con il permesso di soggiorno Garantire le espulsioni; ridurre le presenze irregolari attraverso maggiori controlli. Istituzione dei Centri di Permanenza Temporanea; quote di ingresso stabilite annualmente dietro accordi di cooperazione stabiliti con i paesi di provenienza. La figura dello sponsor (datore di lavoro italiano). Garantire percorsi di integrazione e di stabilizzazione. accesso alle misure di edilizia sociale; iscrizione alle liste di collocamento; diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare; Accesso al sistema sanitario nazionale accesso al sistema pensionistico. Legge 40 del 98 Testo unico sull’immigrazione Un modello di integrazione ragionevole (Zincone 2000) • I diritti dei migranti anche quelli fondamentali come quello del ricongiungimento familiare non sono assoluti ma assumono un caratterere « discrezionale », in quanto dipendono da norme e regole stabilite localmente (localismo dei diritti). • Obiettivi: evitare fenomeni di aperta conflittualità tra italiani e migranti La legge 40 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione) è la sola disposizione normativa in materia di immigrazione che si riferisce in maniera specifica ai processi di « integrazione » dei migranti sul territorio italiano. Principi: • Uguaglianza tra italiani e immigrati in quanto cittadini e non solo in quanto lavoratori; • promozione di processi di integrazione sul piano del dialogo interculturale con il diretto coinvolgimento di comuni, province, regioni, soggetti no-profit, il mondo della scuola, il mondo delle associazioni tra migranti (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2) ; La legge 189/2002 - Bossi-Fini. Principale obiettivo della sanatoria: la regolarizzazione delle “badanti”. • La legge sostituisce il contratto di lavoro al permesso di soggiorno; • Allo scadere del contratto il migrante ha solo sei mesi per trovare un altro lavoro (oggi un anno) altrimenti ricade nella condizione di “clandestino”; • Il datore di lavoro è titolare del contratto di soggiorno del migrante e ne garantisce la permanenza sul territorio italiano; • La legge pone inoltre ulteriori restrizioni al ricongiungimento familiare. Effetti e obiettivi della sanatoria: • annulla completamente ogni possibile prospettiva di integrazione del cittadino straniero rendendo provvisoria la sua presenza sul territorio italiano; • colma le carenze delle politiche socio-sanitarie nazionali nella cura agli anziani legittimando processi di segregazione sociale ed economica delle donne migranti nel ruolo di “badante”; • rende le donne migranti vulnerabili sul piano dell’accettazione di condizioni di lavoro gravose pur di non perdere il lavoro ed il contratto di soggiorno; • le restrizioni al rinnovo del contratto di lavoro determinano un’immigrazione circolare, non integrata da mettere a disposizione del mercato del lavoro informale come una continua riserva di lavoratori a basso costo. Composizione demografica della popolazione straniera dopo la sanatoria del 2002: La legge n. 189 del 2002, fino al primo gennaio 2006, ha concesso 647 mila regolarizzazioni, di cui più della metà riguardano donne migranti impegnate nel lavoro di assistenza e di cura. Al primo gennaio 2006 gli stranieri regolarmente residenti in Italia erano circa 2.7 milioni, mentre nel 2002 erano 1,5 milioni; il 56 per cento delle donne migranti arriva dall’Est-Europa. L’incremento, dal primo gennaio 2002 al primo 2006, ha riguardato in modo particolare i flussi dall’Ucraina (+ 800 per cento); dalla Romania (+ 300 per cento); Albania (+100 per cento); Moldavia (+450 per cento). La legge 8 marzo 1998, n. 40 - Le amministrazioni locali come istituzioni di welfare, responsabili dell’ «integrazione» sociale degli immigrati (1) • negli anni ottanta-novanta, pur in assenza di normative coerenti in materia di immigrazione, i maggiori Comuni del centro-nord hanno promosso numerosi interventi a favore degli stranieri, • i fondi della l. 39/90, i primi centri di accoglienza. • Il riconoscimento di diversità e specificità culturali: es. Bologna Polo interetnico, attivato nel 1994 per favorire l’inserimento scolastico dei minori stranieri; dell’esperienza del “Forum delle associazioni straniere”, istituito nel 1997 per favorire la rappresentanza e la partecipazione dei gruppi immigrati ai processi decisionali. • a livello locale, gli immigrati esprimono bisogni, dalla casa all’assistenza sanitaria, all’istruzione, che mettono sotto pressione l’intero sistema di welfare municipale, e quindi, innanzitutto, il governo locale, attore cruciale nell’organizzazione e nell’erogazione dei servizi. La legge 8 marzo 1998, n. 40 - Le amministrazioni locali come istituzioni di welfare, responsabili dell’ «integrazione» sociale degli immigrati (2) la l. 40/98, più che delineare dall’alto un sistema nuovo di politiche di integrazione ed accoglienza, rappresenta una sorta di riconoscimento ufficiale di attività già consolidate a livello locale. Esempio: protezione sociale, mediazione culturale, alfabetizzazione, formazione professionale ed educazione interculturale. Amministrazioni locali e immigrazione – anni ‘8090(1) (Caponio 2004) • Anni ‘80. Esempio grandi città del nord come Torino e Milano hanno aperto appositi uffici stranieri, assegnando a questi funzioni di prima accoglienza e orientamento. • L’immigrazione si manifesta innanzitutto come problema di accesso ai servizi, a cui alcune amministrazioni cercano di rispondere attraverso l’istituzione di strutture amministrative ad hoc, nonostante l’assenza di normativa al riguardo. Amministrazioni locali e immigrazione anni ‘80-90(2)(Caponio 2004) • “anni novanta, mediatori culturali nei servizi, nonché la partecipazione politica delle associazioni di immigrati, es. della Consulta elettiva degli stranieri, eletta direttamente dagli immigrati regolarmente residenti con un sistema di voto volto a garantire la rappresentanza delle diverse comunità presenti sul territorio. Amministrazioni locali e immigrazione anni ‘80-90 (3) (Caponio 2004) • Al fine di attenuare le disparità più macroscopiche nell’accesso ai servizi, nel corso degli anni novanta vengono approvati una serie di provvedimenti sul trattamento degli immigrati irregolari: • decreto legge 18 novembre 1995, n. 489, meglio noto come decreto Dini, che assicura anche allo “straniero temporaneamente presente nel territorio dello Stato”, non solo le cure ma anche i programmi di medicina preventiva e la tutela della maternità, nonché di alcune circolari del Ministero della pubblica istruzione (31 dicembre 1991, n. 400, e 6 aprile 1995, n. 119), che invitano i Provveditorati agli studi ad ammettere a scuola anche i minori irregolari.