Aspetti dell`edilizia residenziale alpina tra l`età classica e il

Cristina Bassi - Enrico Cavada
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Aspetti dell’edilizia residenziale alpina tra l’età
classica e il medioevo: il caso trentino
L’ aver accettato di partecipare a questo IV
Seminario ci ha posti di fronte ad un tema quello dell’edilizia residenziale - che, a onor del
vero, se appare attuale non è altrettanto facile
da affrontare, soprattutto se - come nel caso
trentino - gli elementi da analizzare sono inseriti in insediamenti “romani”, morfologicamente
abbastanza statici. A ciò si aggiunga lo stato di
conservazione dei resti, spesso profondamente
intaccati da interventi di età successiva a quelli
d’uso oppure ridotti a pochi elementi attinenti
la sola planimetria, e si comprende tra quali difficoltà si muove lo studio delle tipologie edilizie
in un ambiente dove l’innovazione si scontra con
la tenace resistenza della tradizione, restia a
mutare applicazioni a lungo sperimentate e capace di impiegare al meglio tutte le risorse disponibili, materiali ed esecutive, quale risposta
prima a condizioni ambientali, climatiche, sociali ed economiche.
Negli ultimi anni il quotidiano lavoro di tutela ha posto una particolare attenzione non solo
al recupero di materiali ma, soprattutto, di sequenze stratigrafiche relative alla vita delle
abitazioni via via scavate 1.
Pur in presenza di molte carenze in termini
di continuità orizzontale - che significa mancanza di informazioni su strutture primarie quali
strade, cortili, orti, recinti per animali, percorsi
di collegamento, sistemi idraulici ecc. - si tenta
qui una panoramica, fors’anche lacunosa e bisognosa di ulteriori approfondimenti, che comunque val la pena offrire alla discussione e al confronto.
Per essere più attinenti alle condizioni geografiche del territorio considerato, prima di tutto montano e forestale, l’analisi è circoscritta ai
modelli presenti negli insediamenti vallivi.
Un’edilizia “povera”, marginale anche se non
esente dagli influssi tecnologici filtrati dalle
realtà “colte” urbane che, in termini diacronici,
contribuiscono in maniera profonda alla definizione di un funzionale modello edilizio, mantenutosi sino alle soglie del presente, per quanto
autorizzi il confronto con elementi della civiltà
contadina moderna.
Fondamentale, in termini di mutazione tecnica, ci pare essere la “resistenza” al degrado insita nelle case di età romana, di gran lunga superiore a quella di tutte le costruzioni della precedente età del Ferro. Una resistenza garantita
da murature rese solide dall’uso della calce, sebbene taluni aspetti della tradizione perdurino
nei nuovi tessuti per riemergere con tutta forza
nei momenti di maggior crisi.
I materiali impiegati restano quelli dell’età
protostorica: pietra e legno, ampiamente disponibili, cui si aggiunge, ma non sempre, il laterizio nelle coperture o nella realizzazione di specifiche infrastrutture. La differenza è nella quantità e nei modi in cui tali materiali vengono messi in opera nelle nuove costruzioni o nelle ristrutturazioni.
La ricerca evidenzia altresì l’assenza di complessi processi di lavorazione e di trasformazione delle materie prime, salvo la cottura di pietre
carbonatiche per la calce o il concorso di forze diverse nel loro accaparramento in rapporto ai volumi che si intendono realizzare.
1 Il contributo muove da una schedatura delle abitazioni di
età romana del Trentino - Alto Adige svolta da uno degli autori (C.B.) nell’ambito dei programmi di studio per la Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Bologna - cattedra di Storia dell’arte e archeologia romana
(prof. D. Scagliarini Corlaita.) Esso altresì si giova ed è completato dai dati provenienti dalle ricerche e dagli scavi condotti nell’ultimo decennio dall’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento.
Fatta questa premessa, appare chiaro come
un’analisi dei modelli edilizi di età classica e postclassica non possa prescindere, in ambienti
chiusi come quelli qui considerati, dal considerare il problema come la sommatoria di tutte le
precedenti esperienze, valutando i parametri
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EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
ambientali che - solo accennati - significano disponibilità sul sito di materie prime e, soprattutto, condizioni climatiche spesso caratterizzate da brevi periodi caldi alternati a più lunghe
stagioni fredde, condizionate dai rilievi montuosi. A puro titolo di esempio si ricorda che, se nella parte centro-meridionale della Valdadige e
nell’area lacuale del Garda la temperatura media annua oscilla tra i 12/15°, il valore si riduce
di 6° nelle zone più interne della regione, al di
sopra dei 600/800 metri di altitudine.
Le tecniche della tradizione sono quelle esperite e adattate alle varie situazioni ambientali
nella fase protostorica, denominata “retica” sulla base di riscontri etno-geografici resi dalle fonti, gruppo “Fritzens-Sanzeno” in termini archeologici 2. Per quanto concerne le tipologie edilizie di questo periodo, indipendentemente dai
fattori che ne determinarono l’evoluzione, è stato individuato un modello costruttivo apparentemente autonomo, distinto da quello di pianura, inizialmente ritenuto peculiare della regione
“retica” 3, ma successivamente riconosciuto comune per larga parte del territorio alpino centro-orientale 4.
In rapida sintesi - restando nel territorio atesino - si tratta di edifici seminterrati di dimensione diversa (dai 6 ai 144 mq) 5, con pianta monovano, generalmente quadrangolare anche se non
mancano esempi più articolati 6. L’accesso avviene tramite un corridoio che, protetto e talvolta
gradonato, può essere frontale e perpendicolare,
oppure correre parallelo ad uno dei perimetrali
ed essere integrato nella struttura (Fig. 1).
I materiali impiegati nella costruzione sono
il legno, la pietra e l’argilla come intonaco 7. Il
legno è messo in opera sia sotto forma di tronchi
che di semilavorati (tavole e intelaiature per
graticci parietali). La pietra, lastre provenienti
da affioramenti presenti sul sito o trovanti
estratti dai depositi fluvio-glaciali, è impiegata
a secco, solo raramente con del legante in argilla. Quest’ultima assolve più la funzione di tamponamento degli interstizi e di protezione delle
superfici in legno, siano esse pareti perimetrali
o tramezze interne. Le parti in muratura definiscono i tratti interrati dell’edificio, dove assumono il ruolo di contenimento. La funzione portante è demandata ad una serie di palificazioni
progettualmente previste e dislocate sia in inca2 Cfr. da ultimo MARZATICO 1992 e riferimenti bibliografici ivi contenuti.
3 PERINI 1967.
4 MIGLIAVACCA, RUTA SERAFINI 1992, p.77; talune
considerazioni sulla diffusione del modello anche in
GRIFFONI 1992, dove comunque non si considera lo svilup-
Fig. 1 - Edifici di età “retica” (VI-IV a.C.): A) Montesei
di Serso (da PERINI 1967), B) Sanzeno (da PERINI
1967), C) Bressanone-Stufles (da DAL RI 1986).
vi predisposti nel paramento delle pareti sia su
plinti interni, normali all’asse delle pareti stesse (Fig. 2). Pali che, oltre a sostenere la copertura, servono da ancoraggio per il complesso telaio
degli alzati fuori terra, per le eventuali divisorie
interne, per l’orditura di soppalchi aerei - là dove attestati - e, da ultimo, per le capriate.
Significativo ci pare osservare come la quota
di posa dei muri perimetrali e quelle del piano
d’uso interno spesso coincidano, quando addirittura le seconde non siano più basse.
A conferma dei condizionamenti ambientali
che intervengono nella realizzazione del modello descritto, delle varianti si registrano nelle
quantità d’uso delle materie prime. Nell’insediamento di Tesero-Sottopedonda delle travatupo diacronico tra l’età pre-protostorica e quellaromana.
5 MIGLIAVACCA, RUTA SERAFINI 1992, p.372.
6 È il caso di Fai della Paganella-Doss Castel con pianta ad
“L”; cfr. MARZATICO 1985.
7 SÖLDER 1992.
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Fig. 2 - Casa “retica”: ipotesi ricostruttiva (da PERINI 1980).
re orizzontali sostituiscono o integrano la pietra
nello zoccolo parietale seminterrato 8. Di costruzioni interamente in legno, realizzate nel cosiddetto sistema a “Blockbau” e sorrette da plinti
lapidei quotati tra loro, si è parlato per l’insediamento d’alta quota del Doss dei Pigui, presso
Mazzin in Val di Fassa (m 1540 slm) 9, prospettando una funzione specifica delle costruzioni
rinvenute, legata allo sfruttamento stagionale
delle risorse pascolive della montagna e probabilmente anche a occasioni di culto 10. Quando
fattori morfologici lo hanno imposto, la parte seminterrata - che risulta essere una costante del
modello - venne scavata nella roccia, non solo
come rettifica di eventuali affioramenti, ma di
veri e propri tagli artificiali, talvolta assai
profondi. Il caso più macroscopico è sicuramente quello offerto dall’abitato di Castel Tesino,
sorto sull’importante via di collegamento tra
l’angulus Venetorum e il territorio atesino. Una
serie di costruzioni monovano risultano affiancate tra loro, realizzate in tempi diversi ma tutte interrate nella roccia calcarea e frequentate a
partire dal V-IV secolo a.C. fino, senza particolari innovazioni, all’età claudia 11.
È in queste premesse che vanno ricercati i
8 PERINI 1991, p.530 ss. e figg.14-15. Disamina della cul tura materiale in MARZATICO 1991.
9 LUNZ 1979; LUNZ 1981; LUNZ 1983.
10 Così recentemente si esprime LUNZ 1993, p.124
11 CAVADA 1985.
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presupposti di tutta la tradizione costruttiva indigena di età posteriore.
Il primo abitato-campione è quello di Sanzeno, in Val di Non nel Trentino occidentale, meglio noto nella letteratura archeologica per la
sua componente protostorica che per la continuità attraverso tutta l’età romana e quella tardoantica 12.
L’abitato si sviluppa sulla sommità di un ampio terrazzo di origine glaciale, compreso tra i
650/680 m di altitudine ed isolato da due profonde incisioni torrentizie della sinistra orografica
del Noce. Complessivamente si tratta di una superficie di oltre 21 ettari, ben esposta ed asciutta, poco dinamica in termini di crescita stratigrafica salvo le modifiche corografiche derivate
dalla riduzione a coltura, cui si deve la completa
obliterazione dei sedimi delle abitazioni (figg. 34).
Nel corso degli anni Ottanta, il sistematico
controllo dei cantieri edili ha premesso lo scavo
e l’esame di quattro distinti edifici costruiti e
utilizzati durante tutta l’età classica 13. Di altri
quattro restano solo pochi indizi sia per lo stato
di conservazione delle strutture che per i limiti
imposti all’indagine archeologica dall’articolazione fondiaria delle proprietà private oggetto
degli interventi. Sensibile è la concentrazione
delle informazioni relative all’epoca tardoantica, al IV-V secolo sulla base del circolante monetale, fors’anche oltre se si considerano taluni
frammenti di olle decorate sulla spalla da linee
sinusoidali.
In molti casi si tratta di costruzioni che sostituiscono, nella continuità residenziale, precedenti edifici protostorici ormai obsoleti. Pietra e
legno restano il materiale di base cui si aggiunge l’uso della malta di calce, mutuata e rapidamente assimilata dall’esterno. Nel breve arco di
due generazioni, a scavalco tra l’età repubblicana e quella imperiale, l’antico modello protostorico viene sostituito da più solide e durature costruzioni in muratura in cui perdurano comunque talune soluzioni e accorgimenti consolidati
dall’uso e dalla tradizione, in qualche modo riconoscibili 14.
Il tipo dominante diviene la casa in muratura, verosimilmente a destinazione plurifamigliare sulla base della presenza, in taluni casi,
di più ambienti-cucina. Assenti invece, a
12 GHISLANZONI 1931; FOGOLARI 1960; MARZATICO
1993.
13 Edifici di cui in appendice sono le schede analitiche. Gli scavi, di cui si utilizzano i dati inediti, sono stati condotti in tempi
ed in luoghi diversi da uno degli scriventi (E.C.) e da F. Marzatico, che si ringrazia per aver consentito l’accesso ai dati.
14 CAVADA 1989, pp.48-49.
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EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
Fig. 3 - Il terrazzo di Sanzeno: veduta aerea (foto Gruber da
NOTDHURFTER 1978).
Fig. 4 - Posizione planimetrica
delle costruzioni di età romana
rinvenute a Sanzeno (scavi 19831993).
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tutt’oggi, le realizzazioni interamente a secco o
totalmente lignee.
La superficie complessiva delle case varia
tra i 70 ed i 500 mq. L’articolazione del loro piano terra testimonia una pianta compatta, priva
di spazi scoperti ed interamente ripartita in ambienti di dimensioni e funzioni diverse. Le planimetrie più ampie e complesse sono il prodotto
finale non di un progetto unitario, ma di allargamenti successivi che estendono, mascherandolo, un nucleo che apparentemente - per la sua
forma quadrangolare, spesso bipartita - sembra
tradire il modello praticato dalla tradizione
(Fig. 5).
Più sulla base di confronti con esempi rurali
di età bassomedievale e moderna, in cui ritornano i medesimi materiali da costruzione, che su
prove dirette deducibili dal volume dei crolli,
spesso oggetto di manipolazioni legate al recupero di materie prime o ad azioni di spianamento, si ritiene che la parte in muratura definisse
soltanto il piano terra mentre lo sviluppo in alzato dell’edificio era completato da una sovrastruttura lignea, anche complessa, contemplante non solo la copertura, ma anche eventuali
piani intermedi 15.
Le murature, dello spessore variabile tra i 40
e i 60 cm, impiegano il pietrame recuperato nello spoglio degli edifici protostorici oppure reperito nel deposito glaciale di fondo. Questo, mai
lavorato, risulta solamente spaccato o sbozzato
in funzione della sua messa in opera (Fig. 6). Il
legante è dato da malta di calce, piuttosto povera con molta sabbie e ghiaino. Con lo stesso tipo
di malta vengono realizzati i piani pavimentali
di taluni ambienti, in prevalenza però contrassegnati da battuti di terra e argilla - i locali di
servizio - oppure da assiti lignei quelli di soggiorno (Fig. 7). In quest’ultimo caso la determinazione botanica di alcuni campioni 16 indica
l’impiego di assi di Picea excelsa (abete rosso)
rialzate ed isolate dal terreno tramite dei longaroni traversi di Pinus sylvestris, sbozzati su di
una faccia per l’appoggio, gli uni accanto agli altri, dei vari elementi dell’assito che avviene senza l’ausilio di chiodi.
La distribuzione planimetrica degli elementi
lignei all’interno dei vani non esclude che altre
assi, di minor spessore, fossero giustapposte anche a ridosso delle pareti, a mascherare e coibentare superfici altrimenti scabre, con pietrame a vista e molte irregolarità solo parzialmente colmate da malta rifluente, ripresa e livellata
in corso d’opera.
Una particolare attenzione si registra negli
15 Ipotesi suggerita per gli edifici del Doss Zelor in Val di
Fiemme da TOSI, SALA MANSERVIGI 1971, pp. 24 - 25.
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Fig. 5 - Edifici romani: planimetrie. 1-2) Sanzeno; 34)Castello di Fiemme-Doss Zelor.
Fig. 6 - Sanzeno: fondo R.Paternoster. Scavo 1993:
tessitura muraria.
ambienti dotati di focolare. Solitamente questo
è localizzato al centro del vano ed ha una dimensione di un metro/un metro e mezzo di lato.
Il piano di cottura risulta notevolmente rialzato
da quello di calpestio tramite una struttura in
lastre, verticali e squadrate, che trattengono un
riempimento di materiale inerte livellato e coperto - sulla superficie - da uno strato di argilla
refrattaria. Nelle medesime stanze il telaio ligneo del soffitto è accuratamente protetto da
uno spesso strato di malta, ancorata alle travi
tramite un graticcio (Fig. 8).
Della tradizione protostorica locale - cui s’è
fatto cenno - sopravvive la tendenza ad interra16 Analisi in corso presso il Laboratorio di Archeobiologia
dei Musei Civici di Como. Si ringraziano i Drr. L. Castelletti,
M. Rottoli ed E. Castiglione per le informazioni preliminari.
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Fig. 7 - Sanzeno:
fondo R.Paternoster. Scavo 1993:
pavimento ligneo
carbonizzato (rilievo di A.Bernardi e
M.Bersani)
Fig. 8 - Sanzeno:
fondo R.Defant.
Scavo 1988: particolare con il crollo
del soffitto.
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re i livelli di calpestio del pianoterra; un interro
che raggiunge anche un metro di profondità rispetto alle superfici d’uso esterne. In questo caso la tecnica costruttiva associa nel perimetrale
sia la funzione di contenimento del terreno
esterno che quella portante.
In più casi - come nel passato - i muri risultano privi di fondazioni e, in presenza di piani
pavimentali in battuto, questi vengono a collocarsi sulla medesima quota di posa delle murature, quando non sono addirittura ribassati rispetto ad essa (Fig. 9).
Ridotte, per non dire assenti, le informazioni
sulla copertura. Di travi lignee, divelte dal tetto,
si parla nelle due lettere inviate dal vescovo
trentino Vigilio a S. Sempliciano 17 e a S.Giovanni Crisostomo 18 all’indomani del martirio,
nella primavera del 397, dei tre missionari cappadoci in Anaunia. Un evento d’ampia risonanza che larga parte della letteratura agiografica
colloca proprio nell’antico abitato di Sanzeno 19.
Scarso e quantitativamente poco apprezzabile risulta - tra i reperti - il laterizio. Nel caso
specifico pur nel ridotto impiego di questo materiale nell’intero territorio alpino 20, l’assenza ci
pare comunque imputabile più a spogli, posteriori all’abbandono degli edifici (che in nessun
caso tra quelli scavati è repentino) piuttosto che
ad un’effettiva totale sua mancanza considerata
l’esistenza proprio nell’area anaune di affermati officinatores 21.
A margine dell’analisi strutturale ci sembra
utile richiamare l’attenzione anche sull’uso cimiteriale a cui molte costruzioni di Sanzeno
vennero adibite. Nello specifico non si tratta di
occasionali sepolture, come spesso è dato da registrare tra i resti di abitazioni romane ormai
abbandonate, ma interventi razionali, ben articolati, paralleli con l’uso residenziale degli edifici. I soggetti coinvolti sono esclusivamente dei
neonati, aborti o decessi perinatali, sepolti in
semplici fosse terragne, poco profonde, scavate
nel terreno sottostante i piani di calpestio, colmate con il terreno di risulta tanto da rendere
non sempre facile la loro identificazione in fase
di scavo.
Le sepolture rilevate a Sanzeno sono complessivamente 52 partecipi di una ritualità e di
una consuetudine antica affatto isolata, soprattutto dopo la crescita esponenziale delle segnalazioni provenienti - limitando l’indicazione
all’edito - dall’area altoatesina22, dal territorio
veneto-friulano e lombardo 23. Zona di sepoltura
è la fascia prossima alla verticale dei muri perimetrali o delle divisorie interne. Le singole fosse sono allineate le une accanto alle altre, parallele all’asse delle strutture con frequenti esempi
di sovrapposizione, indice della mancanza di indicatori esterni.
Tra quelli accertati nell’insediamento anaune, il caso più macroscopico ed articolato è offerto da un edificio esaminato nel 1987 nel fondo
Defant, anche in virtù dell’estensione complessiva dello scavo (Fig.10). Ben venti risultano le
tombe con 25 soggetti, per lo più inumati in posizione fetale, raramente supina. A questi si aggiungono le ossa disarticolate di altri tre individui, raccolte dal terreno di scavo. Salvo una piccola chiave in bronzo deposta accanto ad uno dei
sepolti, nessuno di essi presenta oggetti intenzionalmente di corredo.
Nel caso indicato la datazione, espressa sulla base dei rapporti stratigrafici, è circoscritta
tra il IV e il V secolo 24. Infatti nessuna delle fosse taglia i livelli d’abbandono, ma - nel contempo - la copertura delle stesse non pare sottoposta a prolungato calpestio o a consistenti fenomeni di crescita connessi con l’uso dei piani pavimentali.
17 “...preparatus est de sacris ecclesiae culminibus sive tra bibus rogus...” (MENESTO’ 1985, pp 159-161; SIRONI
23 Per la seconda Età del Ferro si ricordano i ritrovamenti
di Castelrotto e di Colognola nel veronese (SALZANI 1985),
di Santorso nel vicentino (LORA, RUTA SERAFINI 1992,
pp.251-253), di Padova-area ex Pilsen (MAIOLI 1980,
pp.66-67). Posteriori e di età romana risultano i casi segnalati a Castelraimondo, in Friuli (SANTORO BIANCHI
1992, pp.148-153), e a Longarone al Segrino e Pontelambro
in Lombardia (DE ANGELIS D’OSSAT 1989; FORTUNATI
1990).
1989, pp. 78-89).
18 “...sacratis facta pyra de trabibus ...” (MENESTO’ 1985,
pp.162-170; SIRONI 1989, pp.93-113).
19 Da ultimo SIRONI 1989. Sulla collocazione del martirio
dei tre missionari a Sanzeno e sul culto delle reliquie qui
sorto, si tengano presenti però le osservazioni formulate da
ROGGER 1992, p.337 ss.
20 RIGHINI 1970, p.34; MANSUELLI 1971, pp.109-116.
21 Sicuramente attivo è L(ucius) Arre(nius) Maur(ianus)
documentato da numerosi bolli su tegole la cui area di diffusione è circoscritta alla Val di Non (per lettura e diffusione di tali bolli BUCHI 1980).
22 RIZZI 1985.
Caratteristiche simili a Sanzeno presenta il
secondo abitato vallivo da noi esaminato: quello
del doss Zelor in val di Fiemme, già noto nella
bibliografia archeologica 25.
24 In altri punti dell’insediamento si sono comunque accertate anche sepolture di questo tipo in contesti della prima
età imperiale.
25 Tutti gli scritti relativi alle ricerche svolte in questo insediamento sono state recentemente raccolte in un volume
curato da P. Leonardi (La Val di Fiemme nel Trentino dalla
preistoria all’altomedioevo, Calliano-Trento 1991).
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EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
Fig. 9 - Sanzeno: fondo R.Defant. Scavo 1988: sezione stratigrafica (particolare).
Fig. 10 - Sanzeno: fondo F.Defant. Scavo 1987: planimetria dell’edificio con la posizione delle sepolture di
neonato.
In questo caso si tratta di un insediamento di
versante esteso su di un’area di oltre 13 ettari
compresa tra i 930 ed i 970 metri di altitudine,
ora interamente ridotta a prato dopo esser stata
sfruttata come terreno campestre (Fig. 11).
A tutt’oggi - con campagne di scavo iniziate
sul finire degli anni Quaranta - sono stati messi
in luce almeno 7 edifici o parte di essi. A differenza del centro anaune, l’abitato del doss Zelor
sorge ex novo nella primissima età imperiale,
fors’anche nella tarda età del Ferro se si considerano taluni manufatti ornamentali. Piuttosto
isolato dalle principali direttrici, anche se per
questo non esente da contatti, esso è frequentato per oltre quattrocento anni, fino al V secolo
quando viene progressivamente abbandonato.
Fenomeno che si completa nel VI secolo quanto
26 Per la necropoli LEONARDI 1958; LEONARDI, MARCOZZI 1963; AMANTE SIMONI 1984, pp.21-22; BIER-
prende forma, a meno di 500 metri di distanza,
un nuovo insediamento, con relativa necropoli,
che coincide con l’odierna Castello di Fiemme 26.
Tipologicamente le costruzioni possono essere suddivise in due gruppi coevi nell’uso: costruzioni interamente in legno sostenute da allineamenti di pietre e costruzioni in muratura e legno. Le prime si localizzano esclusivamente sulla sommità di un dosso, adattate anche alla
morfologia rocciosa del substrato. Queste costruzioni sono segnate da irregolari allineamenti di pietre di grossa pezzatura, talvolta accostate le una alle altre, ma anche staccate, che definiscono dei monolocali segnati da livelli d’uso in
battuto, privi di ulteriori specificazioni e di
strutture accessorie (focolari, soglie ecc.). Scarsi
i manufatti di cultura materiale tanto da suscitare molti interrogativi sull’effettiva loro destinazione (abitazioni, magazzini, ricoveri per animali, luoghi di culto ?).
Certamente residenziali sono invece le costruzioni del secondo tipo, sorte lungo il pendio
che dalla base del colle si alza verso nord, in posizione certamente più favorita. Edifici che nella conformazione - abbinano la funzione abitativa e quella di servizio.
Nella tecnica costruttiva predomina l’impiego del pietrame, semplicemente sgrossato come
nel caso di Sanzeno. Dalle relazioni di scavo edite non è del tutto chiaro se questo fosse sempre
legato da malta oppure messo in opera anche a
secco. L’osservazione diretta delle strutture ha
rivelato comunque come la quantità e la qualità
delle malte fossero quantomai scadenti e friabili tanto da rendere difficile il riconoscimento in
strutture in più casi dilavate dopo l’abbandono e
ridotte al solo primo corso. Disomogenei anche
gli spessori, variabili da 40/50 cm a oltre un metro nel caso di murature a sacco. La parte in fondazione, quando accertata, è ridotta. Come a
Sanzeno i piani pavimentali sono dei semplici
battuti d’argilla, anche se non si esclude il ricorso ad assiti, del tipo già descritto e sostenuti da
lastre orizzontali.
Nei vani dell’edificio di dimensioni maggiori,
scavato tra gli anni Sessanta e Settanta, si è rilevata la presenza, negli angoli interni, di plinti
in pietra ritenuti funzionali all’appoggio di pali
verticali di sostegno (Fig. 12); pali che in altri
casi sono presenti anche al centro delle stanze,
trattenuti nel terreno da una corona di pietre.
L’alta incidenza del legno, maggiore rispetto al
caso anaune, trova riscontro nella povertà complessiva delle murature, in più casi lette come zoccoli d’appoggio per alzati di travi orizzontali ammorsate per incastro (Blockbau), nell’abbondante
quantità d’intonaco in argilla con chiare impronte
BRAUER 1991, p.128.
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Fig. 11 - Castello di FiemmeDoss Zelor: posizione planimetrica delle costruzioni di
età romana rinvenute.
Fig. 12 - Castello di FiemmeDoss Zelor: edificio occidentale. Plinti angolari in pietra
(da BAGOLINI-LEONARDI
1969).
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Fig. 13 - Castello di Fiemme-Doss Zelor: planimetria degli edifici orientali (scavi Soprintendenza Archeologica
del Veneto 1981-1986; da Fiemme 1991).
sia di superfici convesse (tronchi) sia piane (assi)27, nella totale assenza di laterizi (salvo un unico frammento sporadico) che implica il ricorso a
coperture di altro tipo (assi o paglia).
Nel villaggio la distribuzione delle case, a moduli sparsi, non risponde a un piano preordinato,
salvo la disposizione isorientata con la linea di
pendio. Le singole unità sono piuttosto distanziate tra loro, separate da superfici aperte interpretabili come zone di collegamento e/o di coltivo.
Due edifici staccati tra loro da uno stretto passaggio ci pare propongano, nella loro disposizione, la partizione funzionale tra casa d’abitazione
e fienile/stalla/magazzino consolidata nell’area
alpina in età medievale e moderna (Fig. 13). Uno
- pari a mq. 44 mq. - è suddiviso in tre ambienti,
il maggiore dotato di focolare e il minore - stretto
e allungato - con funzioni di corridoio 28. Il secondo edificio, solo parzialmente esplorato, reca
tracce di divisorie interne ancorate ad un palo
centrale, elementi tutti trattenuti alla base da
pietre infisse verticalmente nel terreno 29.
Passando all’età tardoantica/altomedievale,
in nessuno dei due siti-campione si registrano
particolari modifiche tipologiche, ma va precisato che l’età di riferimento risulta essere anche
quella cui si data il loro graduale abbandono.
Per l’area fiemmese alcune informazioni
vengono da un secondo insediamento, parzialmente esaminato negli anni Sessanta e, più tardi, tra il 1981 e il 1982. L’area è quella del dosso
di S.Valerio a sud-ovest di Cavalese, morfologicamente assai simile a quella del non lontano
doss Zelor. Anch’essa è caratterizzata da un versante prativo prospiciente un rialzo porfirico,
affiorante a quota 925 m slm ed isolato da due
profonde incisioni torrentizie della destra orografica dell’Avisio. Sulla sommità del dosso roccioso insistono le fondazioni di una chiesa ad aula rettangolare ed abside semicircolare, innalzata su delle preesistenze di età tardoromana e
consacrata nel 1162 30. Ampie e più consistenti
tracce dell’abitato antico sono localizzate nel declivio che dalla base del dosso raggiunge la peri-
27 DAL RI, LEONARDI 1975, fig.13.
dove chiaramente si osserva un piano “di argilla indurita
dal fuoco” (MENGOTTI 1991, p.299).
28 Poco convincente è l’identificazione di un secondo focolare posto al centro del vano A. Esso infatti non solo insiste su
di una pietra, interpretata come plinto di sostegno per un
palo centrale nella stanza (US 20 MENGOTTI 1991, p.299),
ma manca delle caratteristiche peculiari dei focolari rinvenuti in questo insediamento. Soprattutto felice si rivela il
confronto tra questo manufatto, il cui fondo “non appare in
alcun modo indurito o cotto” (DAL RI, LEONARDI 1975,
col.109) e il focolare rilevato nell’attiguo ambiente B (US17),
29 Quest’area è stata invece considerata un esterno da
MENGOTTI 1991, p.301 che identifica gli allineamenti di
pietre piatte, infisse nello sterile di fondo, come delle cana lette. In realtà, dato il loro andamento ortogonale con punto
d’incontro nell’US27 (intrepretata come sede di un palo verticale) e la loro interruzione a ridosso del perimetrale settentrionale, quanto rinvenuto poco si addice al sistema
ipotizzato..
30 CIURLETTI, CAVADA 1979.
Cristina Bassi - Enrico Cavada
125
Fig. 14 - Cavalese-dosso di S. Valerio: veduta della massicciata altomedievale.
feria di Cavalese 31. La continuità d’uso nella seconda metà del primo millennio è testimoniata
da un orizzonte sovrappostosi alle murature livellate di un edificio di età romana, analogo a
quelli visti al Doss Zelor.
Per la fase altomedievale pensiamo ad una
costruzione in legno che in parte sfrutta, appoggiandosi, i perimetrali della preesistente struttura la quale, in parte collassata per uno smottamento del terreno, venne livellata tramite un
consistente riporto di pietrame che, nel nuovo
assetto, assume la funzione di piattaforma (Fig.
14), dando vita ad una situazione molto simile a
quanto osservato in taluni insediamenti altomedievali dell’Alto Adige 32.
Sulla costruzione lignea - per la verità - non
disponiamo di molti dati. Indizio della presenza
di un edificio è un focolare con piano di cottura
in argilla steso direttamente sulle pietre. Esistono poi delle buche per palo, non tutte comunque in fase tra loro. Notevole anche la quantità
di grumi d’argilla con impronte, evidentemente
dell’intonaco usato anche nella realizzazione di
eventuali tramezze interne. Nella serie strati-
grafica non si sono osservati battuti pavimentali, dato che induce a ritenere probabile la presenza di pavimenti in legno sollevati sulla massicciata.
Cospicua invece la quantità del materiale
d’uso in ceramica, quasi esclusivamente grezza,
e di resti faunistici 33. Nelle ceramiche i degrassanti dell’impasto sono a vista. Le superfici risultano per lo più lisciate a crudo con pettini o
spazzole cui si deve la fitta sequenza di striature che le contrassegna, sia sulla faccia esterna
sia in quella interna (Fig. 15). Singolare l’alta
percentuale di due sole forme, differenti tra loro
per dimensioni e capacità. Nella tradizione è
l’olla-pentola con corpo preferibilmente globoso,
orlo esoverso e fondo piano sabbiato. Ad essa si
affianca un ampio catino troncoconico ad orlo
piatto o ingrossato, arrotondato all’esterno. Alcuni esemplari sono forniti di prese, più o meno
sporgenti, saldate in prossimità del fondo rigidamente piatto. A queste due forme si aggiungono alcuni frammenti in pietra ollare, altri in
ceramica invetriata frutto di importazioni.
Sulla base di riscontri con i materiali recupe-
31 LEONARDI G.1983; CIURLETTI, CAVADA 1986, pp.87-90.
33 RIEDEL 1987.
32 Cfr. in questo stesso volume il contributo di L. Dal Ri e
G. Rizzi.
126
EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
Fig. 15 - Cavalese-dosso di S. Valerio: scelta tipologica delle ceramiche altomedievali.
Cristina Bassi - Enrico Cavada
127
Fig. 16 - Lago di Ledro-Volta de Besta 1958: struttura quadrangolare in legno.
rati nell’area atesina 34 il materiale grezzo, differente per lavorazione da quello presente negli
insediamenti di età imperiale, rappresenta la
classe prodotta e in uso a partire dai sec. VI-VII
con un termine ultimo, per l’insediamento in
esame, nel X-XI secolo, epoca cui si data una
piccola fibula a disco con smalti propria
dell’orizzonte più tardo della cultura slava di
Köttlac 35.
Analoghi recipienti vennero in luce in circostanze fortuite alla periferia orientale di Castello di Fiemme. Nei primi anni Sessanta l’apertura di alcune trincee per la posa di fondazioni edili esposero delle sezioni, esaminate da Piero
Leonardi che rilevò la presenza di uno strato di
“...terra grigia-bruna che in alcuni punti diventa nerastra, carboniosa, con cocci fittili, scorie di
fusione di materiali ferrosi e molti grumi di argilla con impronte di ramaglie...” interposto tra
la copertura agraria e lo sterile di fondo. Constatata la differenza esistente con le situazioni
strutturali esposte al Zelor, quanto rinvenuto
venne interpretato come il piano d’uso di capanne interamente in legno, direttamente appog-
giate sul terreno e affiancate da pozzetti per lo
scarico di rifiuti 36.
La conferma della presenza nelle valli alpine
di questa tipologia di costruzioni nel periodo altomedievale viene dal ritrovamento di un edificio
in val di Ledro. L’area è l’insenatura semicircolare che conclude l’omonimo lago verso Nord/Est
(detta “Volta di Besta”) e l’occasione della scoperta la stessa che portò all’identificazione della più
celebre palafitta dell’Età del Bronzo 37. Nel 1958,
dopo alcuni saggi, la Soprintendenza alle Antichità delle Venezie vi condusse un limitato scavo
che rilevò l’esistenza di un regolare intreccio di
pali perfettamente conservati grazie alle favorevoli condizioni offerte dall’ambiente umido in cui
erano collocati. Ciò che maggiormente qui interessa è la disposizione, uno sull’altro, di alcuni
tronchi del diametro di circa 30 cm, incastrati in
prossimità delle teste a formare la pianta rettangolare di una costruzione di metri 4 x 5 circa, pavimentata da un acciottolato e da un battuto d’argilla (Fig. 16). Un ulteriore saggio, condotto nella
primavera del 1983 38 in corrispondenza del rinvenimento succitato, evidenziò come le travature
3 4 Castelfeder-Ora (BAGGIO BERNARDONI, DAL RI
1986), Sabiona-Chiusa (BIERBRAUER, NOTHDURFTER
36 LEONARDI, CAVADA 1991, pp.402.
1988), Ledro-Volta di Besta (DAL RI, PIVA 1987).
35 CAVADA 1990.
37 DAL RI, PIVA 1987.
38 CAVADA, CIURLETTI 1986, pp.90-93.
128
EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
Fig. 17 - Lago di Ledro-Volta de Besta: materiali (da DAL RI-PIVA 1987).
Cristina Bassi - Enrico Cavada
129
Fig. 18 - Piante degli edifici
di età romana: 1) Castello di
Fiemme-Doss Zelor A; 2) Castello di Fiemme-Doss Zelor
B; 3) Cavalese- Dosso di
S.Valerio; 4) Sanzeno D; 5)
Sanzeno C.
fossero direttamente appoggiate sulle sabbie della riva, talvolta su delle pietre piane. Di estremo
interesse i reperti mobili, attinenti sia le attività
domestiche (ferri, bronzi, vetri, contenitori in pietra ollare) che l’ornamento. Tra essi fibule a disco, a croce con bracci uguali, orecchini ad anelli
multipli o ad apofisi laminare decorata, anche
realizzati sul posto come indicano alcune matrici
per fusione bivalve (Fig. 17). Sulla base di questi
materiali, per lo più recuperati da privati sulla
battigia, L. Dal Ri e G. Piva - che ne hanno curato l’edizione - indicano una datazione dell’insediamento al VII secolo, senza escludere - sulla base di confronti tipologici - la sua esistenza già nel
VI secolo.
Alla luce di questi ultimi dati, indubbiamente più pertinenti agli ambiti cronologici dettati
dal titolo di questo seminario, ci pare di poter
concludere con alcune considerazioni generali.
Da un lato possiamo notare come nei centri
abitati esaminati il patrimonio edilizio resti
quello maturato in età romana. Nessuna sostanziale modifica si registra infatti al Doss Zelor e a Sanzeno (Fig. 18). Proprio in quest’ultimo
caso, sede in questi anni di accurati interventi, è
difficile pensare ad un difetto di documentazione. I dati di scavo portano a ritenere che la popolazione continui a sfruttare e ad abitare gli
edifici costruiti in precedenza, perlomeno nei
casi in cui questi mantengono inalterata la loro
struttura e quindi la loro funzionalità. Diverso
il caso laddove motivi contingenti hanno determinato la neccessità di costruire ex novo delle
abitazioni. In queste si riscontra il ritorno ad
una tecnologia arcaica, vale a dire al riemergere
preponderante di aspetti propri della tradizione
per effetto di una generalizzata crisi economica
che, nello specifico, sembra tradursi nell’assenza di maestranze specializzate in grado di continuare le esperienze e le conquiste tecniche maturate durante l’età imperiale.
Quasi esclusivo è uso del legno, ampiamente
disponibile e quindi economico in fase di messa
in opera. Il ricorso al sistema rettangolare con
incastri a “castello” (Blockbau), che trasforma le
componenti di spinta orizzontali generati dal
carico in spinte verticali omogeneamente distribuite, risulta chiaramente attestato in val di
Ledro, ma è ipotizzabile anche nell’insediamento di Cavalese/S.Valerio dove si è rilevato il solo
sedime della costruzione.
Accanto a questa tipologia altri interventi di
scavo, eseguiti nelle aree limitrofe a quelle considerate, restituiscono esempi di edifici in muratura, o meglio di zoccoli realizzati con del pietrame legato da argilla destinati a sorreggere
degli alzati in legno. Così nel caso di Villandro
39 e di S. Procolo 40 in Alto Adige, oppure in altri
più limitati e meno databili esempi di Isera in
Vallagarina 41 e Riva del Garda loc.Pasina.
(Cristina Bassi - Enrico Cavada)
39 Cfr. il contributo di L. Dal Ri e G.Rizzi in questo stesso
volume oltre a DAL RI, RIZZI 1989.
40 GEBAUER, KERSTING, NOTHDURFTER 1990, pp.51-57.
41 Scavi Museo Civico di Rovereto. Alcune indicazioni in
CAVADA 1992, pp.62-65.
130
EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
CASTELLO DI FIEMME - Doss Zelor A (Fig.18 n.1)
CASTELLO DI FIEMME Doss Zelor C (Fig.5 n.4)
Castello di Fiemme (TN) - Doss Zelor.
dosso.
1948-1949.
assenti.
nord-est.
seminterrata.
1.
no.
22,62 mq.
muri a secco su tre lati; il lato N/E pre
senta invece un muro cementato con
malta biancastra.
Materiale:
pietra non lavorata.
Spessore muri:
cm. 40-45.
Soglia:
no.
Pavimenti:
superficie porfirica pianeggiante del
dosso.
Impianto di riscaldamento: no.
Tegole:
no.
Rivestimento pareti interne: no.
Rivestimento pareti esterne: no.
Elementi sostegno tetto:
no.
Destinazione vani:
abitazione.
Cronologia:
I-III d.C.
Castello di Fiemme (TN)-via Dolomiti.
versante.
1967-1971.
paleoalveo di raccolta della risorgiva di
falda.
Orientamento edificio:
sud.
Adattamenti:
no.
N. vani:
4.
Focolare:
1.
Dimensioni:
almeno 186,78 mq.
Tecnica edilizia:
muri a secco.
Materiale:
pietre non lavorate.
Spessore muri:
40-45 cm.
Soglia:
filari di pietre (dimensioni: 0,75m 1,80 m).
Pavimenti:
battuto.
Impianto di riscaldamento: no.
Tegole:
no.
Rivestimento pareti interne: argilla.
Rivestimento pareti esterne: no.
Elementi sostegno tetto:
pietre angolari per il sostegno dei pali.
Destinazione vani:
abitazione.
Cronologia:
I-III sec.d.C.
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Descrizione:
edificio costituito da un unico vano delimitato da muri per la maggior
parte a secco e interpretati come base di sostegno di un alzato in legno. Negli angoli N/E e S/W dell’edificio sono state trovate abbondanti tracce di carboni. Sulla superficie pavimentale, corrispondente
alla roccia porfirica del dosso, si trovava scolpito un gruppo di coppelle, per le quali però non si è potuta stabilire la contemporaneità o
meno alla costruzione dell’edificio. Interessante è notare la presenza
tra i materiali rinvenuti di oggetti riferibili all’Età del Ferro in strati sicuramente datati all’età romana. Questo fatto dimostra la persistenza sul Doss Zelor di elementi culturali pertinenti all’Età del Ferro anche durante la piena età imperiale romana.
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Descrizione:
edificio a più vani aventi funzioni diverse. Le murature sono state interpretate come lo zoccolo sul quale si elevava la struttura lignea,
protetta probabilmente da una intonacatura di argilla, di cui si sono
trovati abbondanti resti. Tracce di malta sono presenti in corrispondenza di una delle soglie. Infine, sono documentate delle pietre angolari per il sostegno del tetto (nel vano A).
Bibliografia:
BAGOLINI-LEONARDI 1969; (così anche in BAGOLINI-LEONARDI 1991, pp.249-255); TOSI, SALA MANSERVIGI, 1971; LEONARDI 1979, p.296-299; LEONARDI 1991d; TOSI 1991.
Bibliografia:
LEONARDI 1950; LEONARDI 1979, pp.294-295; LEONARDI
1991a, pp.176-177.
CASTELLO DI FIEMME Doss Zelor B (Fig.18 n.2)
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Impianto di riscaldamento:
Tegole:
Rivestimento pareti interne:
Rivestimento pareti esterne:
Elementi sostegno tetto:
Destinazione vani:
Cronologia:
Castello di Fiemme (TN- Doss Zelor.
dosso.
1949.
assenti.
nord.
parzialmente seminterrta.
1.
non documentato.
circa 5 mq.
muri a secco.
pietra non lavorata.
50 cm circa.
battuto Dimensioni: circa 70 cm.
battuto.
no.
no.
no.
no.
no.
abitazione.
I-IV d.C.
Descrizione:
edificio di forma rettangolare, per la cui costruzione è stata in parte
tagliata la roccia, che costituisce l’alzato di uno dei lati della struttura. Su questa parete, a circa 1,50 m dal suolo, è una scanalatura artificiale orizzontale lunga quanto l’abitazione, interpretata come base d’appoggio per la parte posteriore del tetto.
Bibliografia:
LEONARDI1950; LEONARDI1979, pp.295-296; LEONARDI1991c,
pp. 188 -190.
CASTELLO DI FIEMME - Doss Zelor D (Fig.13)
Castello di Fiemme (TN)- via Dolomiti.
versante.
1973; 1981-1982; 1986.
paleoalveo di raccolta della risorgiva di
falda.
Orientamento edificio:
sud.
Adattamenti:
parzialmente seminterrata.
N. vani:
3.
Focolare:
2 (?)
Dimensioni:
41 mq.
Tecnica edilizia:
sassi legati con malta; tecnica “a saco”.
Materiale:
pietre non lavorate.
Spessore muri:
52 cm; oltre un metro (il muro “a sacco”)
Soglia:
filari di pietre (dimensioni: 1,20 m.-1m.).
Pavimenti:
battuto.
Impianto di riscaldamento: no.
Tegole:
sì.
Rivestimento pareti interne: argilla.
Rivestimento pareti esterne: malta di calce.
Elementi sostegno tetto:
basi in pietra per il sostegno dei pali.
Destinazione vani:
abitazione.
Cronologia:
I-II sec.d.C.
Descrizione:
edificio di forma rettangolare costituito
da tre vani di cui uno avente funzione di corridoio d’accesso. Agli angoli, così come al centro dei vani maggiori sono documentate delle
pietre quadrangolari. L’edificio risultava intonacato lungo la parete
meridionale. All’esterno del muro orientale (US 7) sono stati invece
rinvenuti grossi pezzi di argilla, recanti sulla superficie tracce di assi lignee. L’argilla serviva probabilmente come intonaco per proteggere la superfici delle pareti che costituivano l’alzato. Si deve infatti
ritenere che le parti in muratura superstiti debbano essere interpretate come lo zoccolo su cui poggiava la parete lignea formata da travi disposte orizzontalmente. Per quanto riguarda l’identificazione di
uno dei focolari si vedano le osservazioni alla nota 29 del testo.
Bibliografia:
DAL RI, LEONARDI 1975; LEONARDI 1979, pp.298-299; BAGGIO, LEONARDI 1981, cc.258-259; 1982; MENGOTTI 1991, pp.297301; DAL RI, LEONARDI 1991, pp.281-292.
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
131
Cristina Bassi - Enrico Cavada
CASTELLO DI FIEMME -Doss Zelor E (Fig.5 n.3)
SANZENO A (Fig.5 n.2)
Castello di Fiemme (TN)- Le Poze.
versante.
1978-1979.
paleoalveo di raccolta della risorgiva di
falda.
Orientamento edificio:
ovest.
Adattamenti:
parzialmente seminterrata.
N. Vani:
2.
Focolare:
sì.
Dimensioni:
37 mq.
Tecnica edilizia:
pietre legate con malta.
Materiale:
pietre non lavorate.
Spessore muri:
80 cm.
Soglia:
si.
Pavimenti:
battuto.
Impianto di riscaldamento: no.
Tegole:
sì.
Rivestimento pareti interne: malta di calce.
Rivestimento pareti esterne: no.
Elementi sostegno tetto:
buca di palo.
Destinazione vani:
non determinabile.
Cronologia:
II-III sec.d.C.
Descrizione:
edificio di forma trapezoidale, il cui spazio interno è suddiviso in due
vani. All’interno del vano A si distingue un focolare, che prosegue anche nel vano B, interpretata come un archetipo delle stufe in sassi e
calce, molto diffuse in Trentino durante il XV secolo, che avevano la
funzione di riscaldare più ambienti. Il volume del crollo dei muri induce a pensare che essi raggiungessero l’imposta del tetto, o del primo piano anche se poco probabile viste le dimensioni complessive
dell’edificio. Nell’area esterna all’edificio sono documentate delle
massicciate artificiali. L’edificio insiste su di una precedente struttura, costruita con muri a secco, non rilevabile planimetricamente e
distrutta non prima del I secolo d.C.
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. Vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Impianto di riscaldamento:
Tegole:
Rivestimento pareti interne:
Rivestimento pareti esterne:
Elementi sostegno tetto:
Destinazione vani:
Cronologia:
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Sanzeno.
terrazzo.
1987.
Rio Malgolo e Rio Sanzeno.
ovest.
seminterrata.
almeno 6.
2.
almeno 480 mq.
pietre legate con malta.
pietre non lavorate.
dai 45 ai 55 cm.
2 Dimensioni: 130 cm.
battuto; legno; malta.
no.
sì.
malta di calce.
no.
no.
abitazione.
età romana.
Descrizione:
edificio, non interamente conservato, costituito da più vani di forma
quadrangolare. L’accesso, individuato circa a metà del lato sud, da va direttamente su di un atrio (coperto), sul quale si affacciavano
quattro vani; in due di questi, rispettivamente i primi sulla destra e
sulla sinistra dell’ingresso, si trovava un focolare situato al centro
del vano.
Bibliografia:
inedito.
Bibliografia:
CIURLETTI-CAVADA 1980; CAVADA-CIURLETTI 1991.
CAVALESE Dosso di S.Valerio (Fig.18 n.3)
SANZENO B (Fig.5 n.1)
Cavalese (TN) - Dosso di S.Valerio.
dosso.
1962-1966; 1981-1982.
ai piedi del dosso scorre il Rio Gambis.
est.
parzialmente seminterrata.
almeno 4.
2.
almeno 55,68 mq.
pietre legate con malta
pietre non lavorate.
cm. 50.
sì.
schegge di porfido e lastre sub-rettan
golari di travertino; battuto.
Impianto di riscaldamento: no.
Tegole:
sì.
Rivestimento pareti interne: intonaco.
Rivestimento pareti esterne: no.
Elementi sostegno tetto:
no.
Destinazione vani:
abitazione.
Cronologia:
età romana.
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. Vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Impianto di riscaldamento:
Tegole:
Rivestimento pareti interne:
Rivestimento pareti esterne:
Elementi sostegno tetto:
Destinazione vani:
Cronologia:
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Descrizione:
edificio solo in parte scavato, costituito da almeno 4 vani. I muri hanno una fossa di fondazione poco profonda. Il muro perimetrale esterno presenta, in corrispondenza del punto di innesto del muro che divide due vani un contrafforte lungo m. 2,20. Sulla base della deposizione del crollo si è potuto stabilire che l’intonaco- costituito da semplice malta- doveva rivestire solo il lato interno delle pareti. Dopo la
distruzione dell’edificio di età romana, su di esso viene ad impostarsi una seconda struttura (VI/VII-X secolo), questa in legno, sfrutta i
muri perimetrali dell’edificio preesistente appoggiandosi su di una
massicciata realizzata livellando il materiale del crollo.
Bibliografia:
LEONARDI-BROGLIO, 1964, p.59; LEONARDI 1964-1966, p.213;
LEONARDI 1983; LEONARDI 1991e, pp.343-359; CIURLETTI-CAVADA 1979; CAVADA-CIURLETTI 1991; CAVADA 1991.
Sanzeno.
terrazzo.
1988.
Rio Malgolo e Rio Sanzeno.
sud.
seminterrata.
2.
2.
74,8 mq.
pietre legate con malta.
pietre non lavorate.
45- 50 cm.
no.
battuto.
no.
sì.
calce di malta.
no.
no.
abitazione.
età romana.
Descrizione:
edificio costituito da 2 vani di forma quadrangolare. Tutti e due avevano un accesso dall’ esterno; all’interno del vano di dimensioni maggiori è stato rinvenuto un focolare.
Bibliografia:
CAVADA 1989, pp.48-49.
132
EDILIZIA RESIDENZIALE TRA V E VIII SECOLO
SANZENO C (Fig.18 n.5)
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. Vani:
Focolare
Dimensioni::
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Impianto di riscaldamento:
Tegole:
Rivestimento pareti interne:
Rivestimento pareti esterne:
Elementi sostegno tetto:
Destinazione vani:
Cronologia:
LEDRO B (Fig.16)
Sanzeno.
terrazzo.
1990.
Rio Malgolo e Rio Sanzeno.
N/W-S/E
seminterrata.
1.
sì.
78,75 mq.
pietre legate con malta.
pietre non lavorate.
da 60 cm a 1 m.
no.
battuto.
no.
no.
calce di malta.
no.
no.
abitazione.
IV - V sec.d.C. ?
Descrizione:
edificio di forma quadrangolare, parzialmente distrutto. La struttura presenta dei muri realizzati in pietra legata con poca malta. Il pavimento era sicuramente in battuto, anche se in un momento successivo, cronologicamente ancora non inquadrabile, è stato dotato di un
assito in legno, di cui sono state trovate le tracce carbonizzate. La
fossa centrale è stata dubitativamente interpretata come focolare; in
ogni caso quest’ultimo era in fase col solo battuto. Il pilastrino in pietra legata con malta, che si trova collocato a metà di uno dei muri,
non aveva funzioni portanti. Il fatto che questo solo sia stato rivestito con intonaco dipinto suggerisce l’ipotesi che si tratti del basamento di un larario. Poiché i materiali sono tuttora in corso di studio non
è possibile trarre delle considerazioni definitive in merito alla funzione dell’edificio.
Bibliografia:
inedito.
SANZENO D (Fig.18 n.4).
Sito:
Morfologia:
Anno di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N.vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Impianto di riscaldamento:
Tegole:
Rivestimento pareti interne:
Rivestimento pareti esterne:
Elementi sostegno tetto:
Destinazione vani:
Cronologia:
Sanzeno.
terrazzo.
1993.
Rio Malgolo e Rio Sanzeno.
N/W-S/E.
seminterrata.
4.
no.
almeno 35,54 mq.
pietre legate con malta.
pietre non lavorate.
20-50 cm.
no.
assito in legno; battuto.
no.
no.
no.
no.
no.
abitazione e bottega artigiana.
ultimo quarto I a.C.-IV d.C.
Descrizione:
edificio solo parzialmente scavato e distrutto da un incendio; uno dei
vani era dotato di un assito pavimentale ligneo, di cui si sono conservate le assi carbonizzate in posto. Sono state inoltre rinvenute consistenti tracce del soffitto costituito da un incannucciato legato con
malta; quest’ultima è stata anche impiegata per lisciare e regolarizzare in parte la superficie dei muri. In una fase successiva l’edificio è
stato ampliato con l’aggiunta di altri due vani e dotato di un portico.
Bibliografia:
inedito.
Sito:
Morfologia:
Anni di scavo:
Corsi d’acqua:
Orientamento edificio:
Adattamenti:
N. Vani:
Focolare:
Dimensioni:
Tecnica edilizia:
Materiale:
Spessore muri:
Soglia:
Pavimenti:
Impianto di riscaldamento:
Tegole:
Rivestimento pareti interne:
Rivestimento pareti esterne:
Elementi sostegno tetto:
Destinazione vani:
Cronologia:
Volta de Besta.
fondovalle.
1958; 1983.
lago di Ledro.
non determinabile.
nessuno.
1.
no.
20 mq.
Blockbau.
legno.
30 cm (diametro travi).
no.
acciottolato; battuto.
no.
no.
no.
no.
no.
abitazione.
VI-VII d.C.
Descrizione:
edificio di forma rettangolare, realizzato con l’esclusivo impiego di
travi.
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Cristina Bassi - Enrico Cavada
133
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