AZIENDE/TERRITORIO 4-10 marzo 2008 29 EMILIA ROMAGNA/ Sistema “anti-errori” innovativo al «Morgagni-Pierantoni» di Forlì «Scatola nera» per il bisturi Registrazione sincrona dei tempi chirurgici - Operatori: privacy garantita S e non è il Grande Fratello, poco ci manca. Grazie alle donazioni della Fondazione Cassa di risparmio di Forlì e all’ingegno dei professionisti che ogni giorno lavorano all’Ospedale “Morgagni-Pierantoni”, nella sala operatoria dell’Unità operativa di Otorinolaringoiatria di Forlì è appena sbarcata una vera e propria “scatola nera” chirurgica: un’arma innovativa in più per garantire la precisione e la sicurezza degli interventi chirurgici. L’ospedale forlivese vantava già un blocco operatorio polispecialistico di livello nazionale, inaugurato nel 2004, con dodici sale operatorie per ogni specialità, (Chirurgia generale gastroenterologica mini-invasiva, Terapia oncologica avanzata, Chirurgia toracica, Otorinolaringoiatria, Urologia, Ortopedia-Traumatologia, Senologia, GinecologiaOstetricia, Oculistica, Chirurgia vascolare) più una espressamente dedicata alle urgenze, tutte dotate di tecnologie e strumentazioni all’avanguardia. Ma ora il futuro già presente parla la lingua del settore aeronautico, dove la sicurezza e il monitoraggio di tutte le “azioni” dei piloti e del velivolo sono da sempre una priorità assoluta. Tutto parte dalla sala operatoria “integrata”, un concetto modulare dal valore di circa 400mila euro che permette di controllare e comandare tutti gli apparecchi, dall’illuminazione all’organizzazione di teleconferenze, da un unico punto centrale all’interno o all’esterno del campo sterile. La sala operatoria integrata permette attraverso un comando “touch screen” il Quick control, cioè il comando di tutti gli apparecchi da un solo monitor. In pratica toccando un solo tasto si può a esempio richiamare una configurazione degli apparecchi individualmente predefinita per una determinata procedura chirurgica. Una sorta di “modo d’uso” del cellulare applicato alla sala operatoria. Si tocca ipoteticamente il tasto per la “tonsillectomia” e la sala predispone tutti gli apparecchi per quella precisa operazione, dall’illuminazione alle telecamere. In questa sala - al «Morgagni Pierantoni» - stiamo applicando il cosiddetto neuronavigatore: uno strumento computerizzato che permette al chirurgo di conoscere sempre l’esatta posizione del bisturi durante l’intervento. Il computer non fa altro che sovrapporre il capo del paziente alle immagini del- La rete di sicurezza forlivese ● ● ● ● ● ● ● ● ● ● LE TECNOLOGIE DI SICUREZZA IN USO Centrale di sterilizzazione unificata e kit monopaziente Prescrizione farmaci “in dose unitaria” Accessibilità on line e wireless alla cartella clinica Robotica con endoscopia avanzata in tre dimensioni Chir. mini-invasiva endoscopica con piattaforme digitali Codici a barre per il riconoscimento del singolo paziente Codice colore per sala operatoria A CHE SERVE LA “SCATOLA NERA” Ricerca e didattica (case study; qualità prestazioni ecc.) Organizzazione: ottimizzazione della tempistica Settore medico-legale: monitoraggio totale interventi Foto Leonardo Michelini E il futuro anestesista impara a “intubare” C he ci guadagna l’anestesista dall’invenzione della scatola nera? Parecchio par di capire, visto che l’obiettivo sarà quello di sincronizzare la registrazioni dei parametri vitali del paziente, prelevate dal sistema di monitoraggio multiparametrico esistente in ogni sala operatoria, con quello di registrazione video dell’intervento. Operazione indispensabile per monitorare ed evidenziare tutti gli aspetti dell’intervento con due finalità: ● il controllo qualità sul rischio clinico; ● l’“incident reporting”, ovvero l’analisi dettagliata su eventi avversi o inattesi intra operatori. Ma c’è di più: utilizzando laringoscopi a fibra ottica o similari con telecamera, sarà possibile registrare tutta la sequenza di induzione anestesiologica sino al posizionamento del tubo tracheale in sede, da uttilizzare come supporto formativo per i casi di intubazione “difficile”. Un server centrale raccoglierà infine tutti i dati di monitoraggio con possibilità di analisi a posteriori di ogni singolo evento chirurgico, ma anche dell’andamento comparativo/ comparabile di gruppi di interventi omogenei per quanto concerne il presentarsi di eventi avversi, per poter scegliere le strategie anestesiologiche e/o chirurgiche più adeguate al caso. A completare il quadro delle invenzioni virtuose in pista a Forlì è la recente introdu- zione in sala operatoria del «Bispectral Index», modalità semplificata di monitoraggio elettroencefalografico intraoperatorio, per il controllo della profondità di sedazione in anestesia abbinato a una pompa di infusione automatizzata (pompa Tiva-Tci) che - sulla base di specifici calcoli - definisce, su input dell’anestesista, la quantità di farmaco da infondere in continuo al paziente. Il doppio controllo permette di raggiungere la giusta profondità di anestesia evitando i risvegli intraoperatori non voluti, il ritardo di risveglio postchirurgico e gli eccessi di infusione di farmaci endovenosi (tutti ad alto costo) con miglior qualità del risveglio e riduzione dei costi. Il «Lauro» all’emiliana per un laboratorio modello I n Romagna, il futuro della Medicina di laboratorio è già realtà. «Lauro», il sistema dei servizi di Medicina di laboratorio della Romagna di prossima attivazione, anticipa nei suoi tratti salienti non solo tutte le principali indicazioni contenute nel Rapporto redatto in Gran Bretagna da Lord Carter sulla modernizzazione dei servizi di medicina di laboratorio inglesi, ma anche quelle presenti nelle Linee guida stilate dai ministeri della Salute e dell’Economia italiani nel 2007. In entrambi i documenti, infatti, si prefigura un sistema di laboratori in rete, con una grande struttura centrale che gestisce quelle periferiche, a essa legate. La commissione presieduta da Lord Carter - incaricata nel 2005 dal governo britannico di elaborare proposte per avvicinare i servizi ai pazienti, migliorando accessibilità, tipologia ed economicità - ha concluso i propri lavori lanciando nel 2006 un programma articolato su 12 progetti pilota per la creazione di network rappresentativi di tutte le 10 Strategic Health Authorities inglesi e delle diverse aree territoriali, privilegiando le situazioni in cui erano già in atto processi di creazione di un network. Nelle “Linee guida sui contenuti del Piano relativo alla rete dei laboratori-Piano regionale di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche di diagnostica di laboratorio” - comprese negli adempimenti previsti dalla Finanziaria 2007 (art 1, comma 796, lettera o della legge 296/2006) - si afferma tra l’altro che «il servizio della Medicina di laboratorio deve essere costruito intorno al paziente in modo integrato fra discipline e servizi e deve garantire equità, efficacia diagnostica, efficienza economica e appropriatezza» e si prescrive «il ridisegno del sistema in una rete integrata di punti di laboratorio dell’azienda sanitaria, che bilanci l’equità verso i pazienti con l’eliminazione della duplicazione dei servizi ad alto investimento tecnologico». In perfetta consonanza con queste indicazioni «Lauro» costituirà, a nostro avviso, una tappa importante per l’ineludibile e improcrastinabile modernizzazione della Medicina di laboratorio nel nostro Paese. Proprio la rete è il concetto chiave, in quanto favorisce la crescita professionale della forza del lavoro e sviluppa tutte le necessarie opportunità di governo clinico. L’organizzazione individuabile per le aziende sanitarie dev’essere quindi un sistema di laboratori di rete, fortemente integrati e flessibili dal punto di vista operativo, con una sola struttura centrale che gestisce la rete medesima. Il progetto che discende da quest’impostazione si articola su alcuni punti essenziali. In primis bisogna puntare sulla qualità dell’intero processo diagnostico, con la possibilità di affrontare le nuove frontiere della medicina di laboratorio. In secondo luogo occorre considerare l’innovazione gestionale, attraverso il consolidamento e l’integrazione in laboratori “core”, la gestione centralizzata e la clinical governance. Infine si deve mirare alla qualità della risposta, all’appropriatezza e all’efficacia clinica. Tali punti, oltre a essere in linea col patto per la modernizzazione e l’umanizzazione della Medicina di laboratorio, rispecchiano altresì le indicazioni del Rapporto Carter quando indica le priorità del cambiamento. Fra queste, la definizione di standard chiari per l’erogazione dei servizi; la creazione di strutture in grado di erogare tutti i servizi necessari; l’implementazione di una reale connettività end-to-end biunivoca fra cittadino e laboratorio; la promozione degli investimenti in esami e tecnologie di nuova introduzione; il forte sviluppo di una leadership clinica e di competenze gestionali, comprese competenze specifiche nella gestione del cambiamento. La rete, insomma, per dare il massimo dei risultati deve operare attraverso l’auto-organizzazione, gli obiettivi comuni, le forme virtuali di associazione e l’architettura basata su nodi e legami di natura diversa e complementare. In quest’ottica è opportuno che ogni attività di diagnostica, ovunque venga effettuata, compresa quella eseguita nei reparti di cura e/o presìdi territoriali, deve essere sempre gestita sotto la responsabilità del laboratorio di riferimento nel rispetto, e con verifica continua, della qualità. Allo stesso modo il modello, a regime, dovrà prevedere in primo luogo un sistema informativo di laboratorio aziendale centrato sul paziente e integrato con gli altri servizi informatici, in grado di rendere possibile, in un laboratorio unico logico, la condivisione delle richieste e dei risultati, nonché la diffusione ospedaliera e territoriale on-line delle risposte: il sistema ideale dovrebbe contemplare quindi una sola struttura centrale che gestisca la rete stessa affiancata da punti periferici presso tutte le realtà ospedaliere con attività di ricovero chirurgico. Competerebbe poi a questa infrastruttura fornire consulenza sulla scelta degli esami, la preparazione del paziente, la tipologia dei campioni; l’organizzazione di un servizio efficiente di raccolta e trasporto dei campioni biologici; l’interpretazione appropriata dei risultati; la definizione dei requisiti di qualità di tutti i servizi richiesti; il monitoraggio su qualità e costi delle prestazioni offerte. Un network “british style” Romolo Dorizzi Direttore Laboratorio analisi, Ausl Forlì Vincenzo Ceroni Direttore Dip. Patologia clinica, Ospedale M. Bufalini, Cesena la tomografia precedentemente realizzata. Un sistema analogo al Gps che viene installato nelle automobili che utilizza le mappe per segnalare la posizione al conducente. Il neuronavigatore, che ha un valore di circa 90mila euro, verrà utilizzato per la chirurgia nasale, paranasale e delle strutture adiacenti con sistema di localizzazione magnetica e non ottica. La vera novità è però rappresentata dalla «scatola nera»: una formulazione inedita a livello nazionale, in fase di messa a punto all’ospedale di Forlì. In aeronautica la scatola nera è un apparato installato a bordo del veicolo per registrare una serie di dati durante il movimento e preservarli in caso di incidente. Il termine scatola nera deriva dall’inglese “black box”, il cui etimo è incerto: forse le prime scatole erano di colore nero o lo diventavano durante gli incendi... le attuali black box sono comunque arancioni. Cromie a parte, a Forlì la scatola nera di sala operatoria si caratterizza per un sistema di registrazione sincrona di tutti i singoli tempi chirurgici, filmati da telecamere a caschetto - endoscopiche o integrate nella scialitica a seconda dell’intervento - con tutti i corrispondenti dati anestesiologici prelevati dal poligrafo di registrazione dati in uso dell’anestesista. Una novità assoluta, visto che in tutte le sale operatorie italiane si filmano da sempre gli interventi, ma nessuno ha mai integrato filmati a dati anestesiologici. Il file conclusivo realizzato da questo sistema che contiene tutti i dati perfettamente sincronizzati potrà essere conservato su un server aziendale per successive revisioni e tutti i dati registrati dal sistema verranno raccolti in un database. La durata di conservazione dei dati verrà stabilita da un comitato che predisporrà delle apposite linee guida. Per quanto riguarda invece la tutela delle immagini relative agli operatori della sala, la “scatola nera” utilizza solo telecamere ambientali, finalizzate alla valutazione della correttezza degli atti chirurgici. Un “Grande fratello” insomma che aumenterà la sicurezza del paziente, ma anche dell’ammalato. Claudio Vicini Direttore Dipartimento Chirurgia specialistica Giorgio Gambale Direttore Uo Anestesia e rianimazione Ospedale di Forlì