"Il Lauro all`emiliana per un laboratorio modello" (4-10

AZIENDE/TERRITORIO
4-10 marzo 2008
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EMILIA ROMAGNA/ Sistema “anti-errori” innovativo al «Morgagni-Pierantoni» di Forlì
«Scatola nera» per il bisturi
Registrazione sincrona dei tempi chirurgici - Operatori: privacy garantita
S
e non è il Grande Fratello, poco ci manca.
Grazie alle donazioni
della Fondazione Cassa di
risparmio di Forlì e all’ingegno dei professionisti che
ogni giorno lavorano all’Ospedale “Morgagni-Pierantoni”, nella sala operatoria dell’Unità operativa di
Otorinolaringoiatria di Forlì è appena sbarcata una vera e propria “scatola nera”
chirurgica: un’arma innovativa in più per garantire la
precisione e la sicurezza degli interventi chirurgici.
L’ospedale forlivese vantava già un blocco operatorio polispecialistico di livello nazionale, inaugurato nel
2004, con dodici sale operatorie per ogni specialità,
(Chirurgia generale gastroenterologica mini-invasiva,
Terapia oncologica avanzata, Chirurgia toracica, Otorinolaringoiatria, Urologia,
Ortopedia-Traumatologia,
Senologia,
GinecologiaOstetricia, Oculistica, Chirurgia vascolare) più una
espressamente dedicata alle
urgenze, tutte dotate di tecnologie e strumentazioni all’avanguardia.
Ma ora il futuro già presente parla la lingua del settore aeronautico, dove la sicurezza e il monitoraggio di
tutte le “azioni” dei piloti e
del velivolo sono da sempre
una priorità assoluta.
Tutto parte dalla sala operatoria “integrata”, un concetto modulare dal valore di
circa 400mila euro che permette di controllare e comandare tutti gli apparecchi, dall’illuminazione all’organizzazione di teleconferenze, da un unico punto
centrale all’interno o all’esterno del campo sterile.
La sala operatoria integrata permette attraverso un
comando “touch screen” il
Quick control, cioè il comando di tutti gli apparecchi da un solo monitor.
In pratica toccando un solo tasto si può a esempio
richiamare una configurazione degli apparecchi individualmente predefinita per
una determinata procedura
chirurgica. Una sorta di
“modo d’uso” del cellulare
applicato alla sala operatoria.
Si tocca ipoteticamente il
tasto per la “tonsillectomia”
e la sala predispone tutti gli
apparecchi per quella precisa operazione, dall’illuminazione alle telecamere.
In questa sala - al «Morgagni Pierantoni» - stiamo
applicando il cosiddetto
neuronavigatore: uno strumento computerizzato che
permette al chirurgo di conoscere sempre l’esatta posizione del bisturi durante
l’intervento.
Il computer non fa altro
che sovrapporre il capo del
paziente alle immagini del-
La rete di sicurezza forlivese
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LE TECNOLOGIE DI SICUREZZA IN USO
Centrale di sterilizzazione unificata e kit monopaziente
Prescrizione farmaci “in dose unitaria”
Accessibilità on line e wireless alla cartella clinica
Robotica con endoscopia avanzata in tre dimensioni
Chir. mini-invasiva endoscopica con piattaforme digitali
Codici a barre per il riconoscimento del singolo paziente
Codice colore per sala operatoria
A CHE SERVE LA “SCATOLA NERA”
Ricerca e didattica (case study; qualità prestazioni ecc.)
Organizzazione: ottimizzazione della tempistica
Settore medico-legale: monitoraggio totale interventi
Foto Leonardo Michelini
E il futuro anestesista impara a “intubare”
C
he ci guadagna l’anestesista dall’invenzione della scatola nera? Parecchio par di
capire, visto che l’obiettivo sarà quello di
sincronizzare la registrazioni dei parametri
vitali del paziente, prelevate dal sistema di
monitoraggio multiparametrico esistente in
ogni sala operatoria, con quello di registrazione video dell’intervento. Operazione indispensabile per monitorare ed evidenziare tutti gli aspetti dell’intervento con due finalità:
● il controllo qualità sul rischio clinico;
● l’“incident reporting”, ovvero l’analisi dettagliata su eventi avversi o inattesi intra operatori.
Ma c’è di più: utilizzando laringoscopi a
fibra ottica o similari con telecamera, sarà
possibile registrare tutta la sequenza di induzione anestesiologica sino al posizionamento
del tubo tracheale in sede, da uttilizzare come supporto formativo per i casi di intubazione “difficile”.
Un server centrale raccoglierà infine tutti
i dati di monitoraggio con possibilità di analisi
a posteriori di ogni singolo evento chirurgico, ma anche dell’andamento comparativo/
comparabile di gruppi di interventi omogenei
per quanto concerne il presentarsi di eventi
avversi, per poter scegliere le strategie anestesiologiche e/o chirurgiche più adeguate al
caso.
A completare il quadro delle invenzioni
virtuose in pista a Forlì è la recente introdu-
zione in sala operatoria del «Bispectral Index», modalità semplificata di monitoraggio
elettroencefalografico intraoperatorio, per il
controllo della profondità di sedazione in
anestesia abbinato a una pompa di infusione
automatizzata (pompa Tiva-Tci) che - sulla
base di specifici calcoli - definisce, su input
dell’anestesista, la quantità di farmaco da infondere in continuo al paziente.
Il doppio controllo permette di raggiungere la giusta profondità di anestesia evitando i
risvegli intraoperatori non voluti, il ritardo di
risveglio postchirurgico e gli eccessi di infusione di farmaci endovenosi (tutti ad alto costo)
con miglior qualità del risveglio e riduzione
dei costi.
Il «Lauro» all’emiliana per un laboratorio modello
I
n Romagna, il futuro della Medicina di laboratorio è già realtà.
«Lauro», il sistema dei servizi di Medicina di laboratorio della
Romagna di prossima attivazione, anticipa nei suoi tratti salienti
non solo tutte le principali indicazioni contenute nel Rapporto
redatto in Gran Bretagna da Lord Carter sulla modernizzazione dei servizi di medicina di laboratorio inglesi, ma anche quelle
presenti nelle Linee guida stilate dai ministeri della Salute e
dell’Economia italiani nel 2007.
In entrambi i documenti, infatti, si prefigura un sistema di
laboratori in rete, con una grande struttura centrale che gestisce quelle periferiche, a essa legate.
La commissione presieduta da Lord Carter - incaricata nel
2005 dal governo britannico di elaborare proposte per avvicinare i servizi ai pazienti, migliorando accessibilità, tipologia ed
economicità - ha concluso i propri lavori lanciando nel 2006 un
programma articolato su 12 progetti pilota per la creazione di
network rappresentativi di tutte le 10 Strategic Health Authorities inglesi e delle diverse aree territoriali, privilegiando le
situazioni in cui erano già in atto processi di creazione di un
network. Nelle “Linee guida sui contenuti del Piano relativo alla
rete dei laboratori-Piano regionale di riorganizzazione della rete
delle strutture pubbliche di diagnostica di laboratorio” - comprese negli adempimenti previsti dalla Finanziaria 2007 (art 1, comma 796, lettera o della
legge 296/2006) - si afferma tra l’altro che «il
servizio della Medicina di laboratorio deve
essere costruito intorno al paziente in modo
integrato fra discipline e servizi e deve garantire equità, efficacia diagnostica, efficienza economica e appropriatezza» e si prescrive «il
ridisegno del sistema in una rete integrata di
punti di laboratorio dell’azienda sanitaria, che bilanci l’equità
verso i pazienti con l’eliminazione della duplicazione dei servizi
ad alto investimento tecnologico».
In perfetta consonanza con queste indicazioni «Lauro» costituirà, a nostro avviso, una tappa importante per l’ineludibile e
improcrastinabile modernizzazione della Medicina di laboratorio nel nostro Paese. Proprio la rete è il concetto chiave, in
quanto favorisce la crescita professionale della forza del lavoro
e sviluppa tutte le necessarie opportunità di governo clinico.
L’organizzazione individuabile per le aziende sanitarie dev’essere quindi un sistema di laboratori di rete, fortemente integrati
e flessibili dal punto di vista operativo, con una sola struttura
centrale che gestisce la rete medesima. Il progetto che discende
da quest’impostazione si articola su alcuni punti essenziali. In
primis bisogna puntare sulla qualità dell’intero processo diagnostico, con la possibilità di affrontare le nuove frontiere della
medicina di laboratorio. In secondo luogo occorre considerare
l’innovazione gestionale, attraverso il consolidamento e l’integrazione in laboratori “core”, la gestione centralizzata e la clinical
governance. Infine si deve mirare alla qualità della risposta,
all’appropriatezza e all’efficacia clinica.
Tali punti, oltre a essere in linea col patto per la modernizzazione e l’umanizzazione della Medicina di laboratorio, rispecchiano altresì le indicazioni del Rapporto Carter quando indica le
priorità del cambiamento. Fra queste, la definizione di standard
chiari per l’erogazione dei servizi; la creazione di strutture in
grado di erogare tutti i servizi necessari; l’implementazione di
una reale connettività end-to-end biunivoca fra cittadino e
laboratorio; la promozione degli investimenti in esami e tecnologie di nuova introduzione; il forte sviluppo di una leadership
clinica e di competenze gestionali, comprese competenze specifiche nella gestione del cambiamento. La rete, insomma, per
dare il massimo dei risultati deve operare attraverso l’auto-organizzazione, gli obiettivi comuni, le forme virtuali di associazione
e l’architettura basata su nodi e legami di natura diversa e
complementare. In quest’ottica è opportuno che ogni attività di
diagnostica, ovunque venga effettuata, compresa quella eseguita
nei reparti di cura e/o presìdi territoriali, deve essere sempre
gestita sotto la responsabilità del laboratorio
di riferimento nel rispetto, e con verifica continua, della qualità.
Allo stesso modo il modello, a regime,
dovrà prevedere in primo luogo un sistema
informativo di laboratorio aziendale centrato
sul paziente e integrato con gli altri servizi
informatici, in grado di rendere possibile, in un
laboratorio unico logico, la condivisione delle
richieste e dei risultati, nonché la diffusione ospedaliera e territoriale on-line delle risposte: il sistema ideale dovrebbe contemplare quindi una sola struttura centrale che gestisca la rete
stessa affiancata da punti periferici presso tutte le realtà ospedaliere con attività di ricovero chirurgico. Competerebbe poi a
questa infrastruttura fornire consulenza sulla scelta degli esami,
la preparazione del paziente, la tipologia dei campioni; l’organizzazione di un servizio efficiente di raccolta e trasporto dei
campioni biologici; l’interpretazione appropriata dei risultati; la
definizione dei requisiti di qualità di tutti i servizi richiesti; il
monitoraggio su qualità e costi delle prestazioni offerte.
Un network
“british style”
Romolo Dorizzi
Direttore Laboratorio analisi, Ausl Forlì
Vincenzo Ceroni
Direttore Dip. Patologia clinica, Ospedale M. Bufalini, Cesena
la tomografia precedentemente realizzata. Un sistema analogo al Gps che viene installato nelle automobili che utilizza le mappe per
segnalare la posizione al
conducente.
Il neuronavigatore, che
ha un valore di circa 90mila
euro, verrà utilizzato per la
chirurgia nasale, paranasale
e delle strutture adiacenti
con sistema di localizzazione magnetica e non ottica.
La vera novità è però rappresentata dalla «scatola nera»: una formulazione inedita a livello nazionale, in fase di messa a punto all’ospedale di Forlì.
In aeronautica la scatola
nera è un apparato installato a bordo del veicolo per
registrare una serie di dati
durante il movimento e
preservarli in caso di incidente.
Il termine scatola nera deriva dall’inglese “black
box”, il cui etimo è incerto:
forse le prime scatole erano
di colore nero o lo diventavano durante gli incendi...
le attuali black box sono
comunque arancioni.
Cromie a parte, a Forlì la
scatola nera di sala operatoria si caratterizza per un sistema di registrazione sincrona di tutti i singoli tempi
chirurgici, filmati da telecamere a caschetto - endoscopiche o integrate nella scialitica a seconda dell’intervento - con tutti i corrispondenti dati anestesiologici
prelevati dal poligrafo di registrazione dati in uso dell’anestesista.
Una novità assoluta, visto che in tutte le sale operatorie italiane si filmano da
sempre gli interventi, ma
nessuno ha mai integrato filmati a dati anestesiologici.
Il file conclusivo realizzato da questo sistema che
contiene tutti i dati perfettamente sincronizzati potrà essere conservato su un server aziendale per successive revisioni e tutti i dati
registrati dal sistema verranno raccolti in un database.
La durata di conservazione dei dati verrà stabilita da
un comitato che predisporrà
delle apposite linee guida.
Per quanto riguarda invece la tutela delle immagini
relative agli operatori della
sala, la “scatola nera” utilizza solo telecamere ambientali, finalizzate alla valutazione della correttezza degli atti chirurgici.
Un “Grande fratello” insomma che aumenterà la sicurezza del paziente, ma anche dell’ammalato.
Claudio Vicini
Direttore Dipartimento
Chirurgia specialistica
Giorgio Gambale
Direttore Uo Anestesia
e rianimazione
Ospedale di Forlì