Processi Radiativi
basato∗ sulle lezioni della Prof. Silvia Masi†
elaborato da Davide Troise
a.a. 2003/2004
http://oberon.roma1.infn.it/lezioni/processiradiativi/
1
Luce e Materia, trattazione macroscopica
Quando un raggio di luce passa attraverso la materia, può venirgli aggiunta energia per emissione o
sottratta energia per assorbimento.
Inoltre esiste il fenomeno della diffusione (detta anche scattering) che può deflettere l’energia del
raggio di luce verso altre direzioni o anche aumentare l’energia del raggio grazie all’energia proveniente
da altre direzioni.
1.1
Emissione
Si definisce coefficiente di emissione spontanea jν come l’energia emessa per unità di volume, angolo
solido, tempo e frequenza:
dE = jν dV dΩdtdν
jν ha unità di misura W/m3 srHz.
Se un raggio di luce ha una sezione dA e percorre un tratto ds nel mezzo emittente, occupa un volume
di materia dV = dA · ds e l’aumento di intensità (brillanza) del raggio è:
dE
dE
dI = d
=d
ds = jν ds
dtdAdΩdν
dtdV dΩdν
1.2
Assorbimento
Si definisce il coefficiente di assorbimento αν che rappresenta la perdita percentuale di energia (brillanza)
del raggio in un ds:
dIν = −αν Iν ds
αν ha unità di misura m−1 ed è legato alla densità n ed alla sezione d’urto σν degli elementi del mezzo
assorbente. Il numero di assorbitori nell’elemento di volume dAds è ndAds, e l’area presentata da questi
ostacoli è σν ndAds. Questo ridurrà l’area in uscita disponibile per la radiazione:
dA0 = (dA − N σν ) = (dA − dsdAnσν )
da cui
dIν dA = Iν dA0 − Iν dA = Iν (dA − dsdAnσν ) − Iν dA
perció
dIν = −Iν nσν ds ⇒ αν = nσν
∗ per
i grafici, i diagrammi e le immagini si faccia riferimento a quelli contenuti nelle dispense originali, reperibili al sito:
http://oberon.roma1.infn.it/lezioni/processiradiativi/
† Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
1
1.3
Equazione del trasporto radiativo
Se nel mezzo attraversato dalla luce ci sono contemporaneamente assorbimento ed emissione, si possono
combinare le due espressioni precedenti trovando:
dIν
= −αν Iν + jν
ds
Questa equazione permette di trattare quantitativamente il passaggio di radiazione nella materia. A
seconda del tipo di materia e della frequenza della radiazione, avverranno processi fisici diversi, e quindi
i coefficienti αν e jν saranno differenti, ma l’equazione sarà sempre la stessa.
1.4
Spessore ottico
L’equazione del trasporto assume una forma più semplice se invece della variabile s si usa la variabile τν ,
detta spessore ottico, e definita da
Z s
dτν = αν ds ⇒ τν (s) =
αν ds
s0
Un mezzo viene detto otticamente spesso quando τν > 1, otticamente sottile quando τν 1.
Infatti, dall’equazione del trasporto senza emissione si vede che
dIν
dIν
= −αν Iν ⇒
= −αν ds
ds
Iν
e quindi
−
Rs
Iν (s) = Iν (s0 )e
αν ds
s0
= Iν (s0 )e−τn u
che è la legge di assorbimento esponenziale.
Quindi se il mezzo è otticamente spesso la radiazione non riesce ad attraversarlo (mezzo opaco), se è
otticamente sottile invece passa quasi tutta (mezzo trasparente).
1.4.1
Equazione del trasporto espressa tramite lo spessore ottico
Introducendo lo spessore ottico nell’equazione del trasporto si ottiene:
dIν
jν
dIν
= −αν Iν + jν ⇒
= −Iν +
ds
αν ds
αν
che diventa
dIν
= −Iν + Sν
dτν
dove Sν ≡ αjνν è detta funzione sorgente.
La soluzione formale dell’equazione è
−τν
Iν (τν ) = Iν (0)e
Z
+
τν
0
e−(τν −τν ) Sν (τν0 )dτν0
0
Il procedimento per ottenerla è il seguente:
partendo dall’equazione del trasporto
dIν
dIν
= −Iν + Sν ⇒ eτν
= −eτν Iν + eτν Sν
dτν
dτν
definendo
I = eτν Iν ; R = eτν Sν
e calcolando
dIν
dτν :
2
dIν
dIν
= eτν Iν + eτν
dτν
dτν
possiamo riscrivere l’equazione del trasporto radiativo in termini di I ed R:
dIν
=R
dτν
Dobbiamo quindi trovare la soluzione dell’equazione differenziale
dIν = Rdτν
tale soluzione si scriverà come:
Z
τν
I(τν ) = I(0) +
R(τν0 )dτν0
0
Sostituendo poi le espressioni di I e R otteniamo
eτν I(τν ) = Iν (0) +
Z
τν
0
eτν Sν (τν0 )dτν0
0
che, dividendo ambo i membri per eτν diventa
−τν
I(τν ) = Iν (0)e
Z
τν
+
0
e−(τν −τν ) Sν (τν0 )dτν0
0
che è la soluzione formale dell’equazione del trasporto radiativo espressa tramite lo spessore ottico
cercata.
1.4.2
Significato della soluzione dell’equazione del trasporto
L’equazione
−τν
I(τν ) = Iν (0)e
Z
τν
+
0
e−(τν −τν ) Sν (τν0 )dτν0
0
significa che l’intensità, dopo un tratto s (e quindi uno spessore ottico τν ) è la somma di due termini:
• Iν (0)e−τν è l’intensità iniziale diminuita dell’assorbimento e−τν .
Rτ
0
• 0 ν e−(τν −τν ) Sν (τν0 )dτν0 è la funzione sorgente integrata nel cammino e diminuita anch’essa per
l’assorbimento.
Cosideriamo il caso in cui la funzione sorgente Sν sia costante nel mezzo. Allora la soluzione si scriverà:
I(τν ) = Iν (0)e−τν + Sν 1 − e−τν
Nel caso τν 1 allora e−τν si può esprimere come
e−τν ≈ 1 − τν
e quindi
I(τν ) ≈ Iν (0)(1 − τν ) + Sν τν
Altrimenti, nel caso τν 1
I(τν ) ≈ Sν
3
1.5
Cammino libero medio
Lo spessore ottico è legato al cammino libero medio dei fotoni, cioè alla distanza percorsa in media dai
fotoni nella materia prima di essere assorbiti.
Dalla legge di assorbimento esponenziale
I(τν ) = I(0)e−τν
si vede che la probabilità che un fotone viaggi senza essere assorbito nella materia fino ad uno spessore
τν è
P (τν ) =
I(τν )
= e−τν
I(0)
Quindi lo spessore ottico medio percorso dai fotoni prima di essere assorbiti è
R∞
R∞
hτν i = 0 τν P (τν )dτν = 0 τν e−τν dτν =
∞
= −τν e−τν |0 +
R∞
0
∞
e−τν dτν = −e−τν |0 = 1
Ma possiamo scrivere che
1 = hτν i = hαν li = hnσν li
con l il cammino s libero del fotone. Si ottiene dunque
1
hli =
nσν
Quindi il cammino libero medio hli percorso dai fotoni prima di essere assorbiti è inversamente proporzionale alla densità del mezzo e alla sezione d’urto.
1.6
Radiazione termica
È la radiazione emessa da materia in equilibrio termodinamico. Un caso particolare è la radiazione di
corpo nero, radiazione essa stessa in equilibrio termodinamico.
Il corpo nero è la radiazione che riempie una cavità isoterma. Questa è indipendente dalle proprietà
della cavità, e dipende solo dalla temperatura T.
Per dimostrarlo basta considerare due cavità con proprietà fisiche diverse ma alla stessa temperatura,
e connesse tra loro da un filtro F che lascia passare solo la frequenza ν.
Indichiamo I(ν) la brillanza della prima cavità e I 0 (ν) la brillanza della seconda cavità. Se fosse
I(ν) 6= I 0 (ν) scorrerebbe spontaneamente energia da una cavità all’altra. Siccome le due cavità sono alla
stessa temperatura, questo violerebbe il secondo principio della termodinamica. Quindi deve essere
I(ν) = I 0 (ν) = B(ν, T )
dove B(ν, T ) è una funzione universale valida per qualsiasi cavità, detta funzione di Planck. La su
espressione è la seguente
B(ν, T ) =
2hν 3
1
hν
c2 e− kT
−1
B(λ, T ) =
2hc2
1
hc
λ5 e− kT
λ − 1
espressa tramite la frequenza ν.
Altrimenti è
espressa tramite la lunghezza d’onda λ.
In ogni caso le curve a diverse temperature non si intersecano mai e il massimo di emissione si ha per
λmax T = 0.290 cmK
Inoltre, nella zona in cui hν kT , detta regione di Rayleigh-Jeans, vale la seguente relazione approssimata:
B(ν, T ) ≈
4
2ν 2
kT
c2
1.6.1
L’equazione del trasporto per la radiazione termica
Inseriamo del materiale con funzione sorgente Sν dentro il corpo nero. La radiazione che entra nel
materiale è B(ν, T ). La radiazione che esce deve essere anch’essa B(ν, T ), perché la nuova configurazione
è anch’essa un corpo nero. Quindi l’equazione del trasporto si scrive:
dIν
= −Iν + Sν ⇒ 0 = −B(ν, T ) + Sν
dτν
visto che all’interno di una cavità di corpo nero Iν = B(ν, T ), da cui si ottiene la legge di Kirchhoff:
Sν = B(ν, T )
che vale per la radiazione termica , anche fuori dalla cavità. E quindi:
B(ν, T ) =
1.6.2
jν
.
αν
Esempio di radiazione termica: atmosfera isoterma
L’atmosfera isoterma è un esempio di emettitore di radiazione termica. Inoltre trasmette parzialmente
anche la radiazione che proviene dall’esterno.
Supponiamo che lo spessore ottico di uno strato dell’atmosfera sia dτν . Se il raggio di luce forma un
angolo θ con la verticale allora
dτν (θ) = αν dl(θ) = αν
dτν,Z
dz
=
cos θ
cos θ
ottenendo quindi
τν (θ) =
τν,Z
cos θ
che una legge di cosecante.
Ora, scrivendo l’equazione del trasporto per un corpo nero come
dIν
dIν
= −Iν + B(ν, T ) ⇒
+ Iν = B(ν, T )
dτν
dτν
La soluzione dell’equazione differenziale omogenea è
dIν
= −dτν ⇒ Iν (τν ) = Iν (0)e−τν
Iν
mentre la soluzione particolare della non omogenea è
Iν = B(ν, T )(1 − e−τν )
La soluzione totale sarà quindi:
Iν (τν ) = Iν (0)e−τν + B(ν, T )(1 − e−τν )
Il segnificato dei termini è il seguente:
• Iν (τν ) è la brillanza misurata a terra.
• Iν (0)e−τν è la brillanza proveniente da fuori ed attenuata dall’atmosfera.
• B(ν, T )(1 − e−τν ) è la brillanza emessa dall’atmosfera a temperatura T meno la stessa brillanza
attenuata dall’atmosfera.
5
La stessa equazione in funzione dell’angolo zenitale θ si scrive come:
τν,Z
τν,Z
Iν (τν ) = Iν (0)e− cos θ + B(ν, T )(1 − e− cos θ )
che nel caso in cui τν,Z 1
Iν (τν ) = B(ν, T )
allora si ha una opacità totale e l’atmosfera a queste ν è un corpo nero alla temperatura T .
Se invece risulta che τν,Z 1
h
τν,Z
τν,Z i
+ B(ν, T )
Iν (τν ) = Iν (0) 1 −
cos θ
cos θ
allora si tratta di una finestra atmosferica: l’atmosfera a queste ν è abbastanza trasparente.
Quest’ultima relazione si può riscrivere nel seguente modo
Iν (τν (θ)) = Iν (0) + [B(ν, T ) − Iν (0)]
τν,Z
cos θ
che evidenzia che si tratta di una relazione lineare in cos1 θ che è un quantificatore della massa d’aria
attraversata. Se si potesse fare un osservazione per cos1 θ → 0 si otterrebbe la radiazione proveniente
dell’esterno dell’atmosfera.
Purtroppo questo non si può realizzare poiché il min{ cos1 θ } = 1, ma si può ricavare il valore di Iν (0)
con una estrapolazione ottenendo la legge di cosecante.
Se la misura della brillanza Iν (0) è ad esempio fatta per ottenere da terra lo spettro della CMB, allora
si può scrivere la relazione
Bν (τν (θ)) = Bν (2.725K) + [B(ν, Tatm ) − Bν (2.725K)]
τν,Z
cos θ
in cui il Bν (2.725K) in parentesi quadra è trascurabile poiché Bν (2.725K) B(ν, Tatm ).
La legge di cosecante è ora ottenibile tramite un tipper che ralizza, dai dati sperimentali, un grafico
1
cos θ vs Iν (τν (θ)) dal quale estrae la pendenza, B(ν, Tatm )τν,Z , e l’offset, Iν (0) = Bν (2.725K).
1.6.3
Esercizio svolto
Un oggetto sferico e opaco emette come un corpo nero a temperatura Tc . È circondato da un guscio
sferico di gas che emette termicamente a temperatura Ts < Tc .
Questo guscio assorbe in una banda molto stretta di frequenze: il suo coefficiente di assorbimento è
molto alto solo vicino a ν0 , ed è trascurabile a frequenze diverse: α(ν0 ) α(ν1 ) ≈ 0.
Se si osserva l’oggetto alle due frequenze ν0 e ν1 e lungo i i due raggi A (verso il centro del corpo
opaco) e B (con direzione che attraversa solo il guscio sferico), a quale frequenza la brillanza lungo A
sarà maggiore della brillanza lungo B? E se Ts > Tc ?
Soluzione. Alla frequenza ν0 il gas è opaco:
αν0 lA 1; αν0 lB 1
Allora
IA = B(ν0 , Tc )e−αν0 lA + B(ν0 , Ts ) 1 − e−αν0 lA ≈ B(ν0 , Ts )
e
IB = B(ν0 , Ts ) 1 − e−αν0 lB ≈ B(ν0 , Ts )
per cui risulta
IA = IB
Alla frequenza ν1 il gas è trasparente:
6
αν0 lA 1; αν0 lB 1
Allora
IA = B(ν1 , Tc )e−αν1 lA + B(ν1 , Ts ) 1 − e−αν1 lA ≈ B(ν1 , Tc ) + αν1 lA B(ν1 , Ts )
e
IB = B(ν1 , Ts ) 1 − e−αν1 lB ≈ αν1 lB B(ν1 , Ts )
e quindi
IA > IB
Considerando solo la direzione A si può scrivere in generale che
IA = B(ν, Tc )e−αν lA + B(ν, Ts ) 1 − e−αν lA
e andranno considerati due casi:
αν lA 1 IA = B(ν, Tc ) + αν lA B(ν, Ts ) ≈ B(ν, Tc )
αν lA 1 IA (ν0 ) = B(ν0 , Ts )
e dunque se Tc > Ts allora a ν0 c’è una riga di assorbimento cioè IA (ν0 ) è più piccola che alle altre
frequenze. Se invece Tc < Ts si ha la situazione inversa con una riga di emissione ed una IA (ν0 ) è più
grande che alle altre frequenze.
Un caso tipico con Tc > Ts sono le bande di Fraunnhofer, con le righe di assorbimento nello spettro
visibile delle stelle. Fraunnhofer, infatti, vide nel 1814 circa 600 righe scure nello spettro del sole dove
oggi se ne conoscono più di 1 milione, grazie anche a tecniche a dispersione elevata.
La maggior parte delle stelle mostrano uno spettro continuo con righe di assorbimento. Il continuo,
approssimativamente di corpo nero, viene generato dalle regioni più interne della stella, dove lo spessore
ottico diventa molto maggiore di 1, più calde e opache dello strato superficiale.
Le righe di assorbimento sono dovute agli atomi che si trovano nello strato più superficiale, parzialmente trasparente, e più freddo.
Esistono anche stelle con righe di emissione. In casi perticolari, come le stelle Wolf-Rayet, le righe di
emissione sono dovute ad un meccanismo laser naturale. Questo tipo di stelle sono state scoperte ben
130 anni prima dell’invenzione del laser.
2
Luce e Materia, trattazione microscopica
Finora abbiamo fatto una trattazione macroscopica del trasferimento radiativo. Ma la legge di Kirchhoff
jν = αν B(ν, T ) che descrive la relazione tra emissione ed assorbimento per un emettitore termico, implica
una relazione tra emissione ed assorbimento anche a livello microscopico.
2.1
Coefficienti di Einstein
Einstein derivò questa relazione in un caso semplice di interezione della radiazione con un atomo in cui
il sistema ha solo due livelli energetici:
• Livello 1 con energia E e peso statistico g1
• Livello 2 con energia E + ∆E e peso statistico g2
Il sistema compie una transizione da 1 a 2 assorbendo un fotone di energia hν0 = ∆E, ed una
ttransizione da 2 a 1 emettendo un fotone della stessa energia.
Einstein identificò tre processi:
1. Emissione spontanea: il sistema si diseccita spontaneamente dallo stato 2 e cade nello stato 1
emettendo un fotone. La probabilità di transizione da 2 a 1 per unità di tempo per emissione
spontanea viene indicata con A21 e ha dimensioni sec−1 .
7
2. Assorbimento: il sistema transisce dallo stato 1 allo stato 2 quando assorbe un fotone. La probabilità
di transizione da 1 a 2 per unità di tempo per assorbimento sarà proporzionale alla densità Jν0 di
fotoni di energia hν0 presenti. Viene scritta di solito B12 Jν0 e ha dimensioni sec−1 .
3. Emissione stimolata: in presenza di una certa densità di fotoni di energia hν0 il sistema transisce
dallo stato 2 allo stato 1 emettendo un fotone. La probalibità di transizione (e quindi di emissione
di fotoni stimolata dalla presenza di altri fotoni) è proporzionale alla densità Jν0 di fotoni di energia
hν0 presenti. Viene scritta di solito B21 Jν0 e ha dimensioni sec−1 .
Einstein dovette assumere l’esistenza dell’emissione stimolata, meno intuitiva delle due precendenti,
per poter derivare la legge di Planck; in assenza di emissione stimolata si ottiene la legge di Wien, che vale
solo per energie elevate. Inoltre l’emissione stimolata produce fotoni precisamente della stessa frequenza
e nella stessa direzione, ovvero nello stesso stato, di quelli già presenti.
In condizioni di equilibrio il numero di transizioni per unità di tempo da 1 a 2 deve uguagliare il
numero di transizioni da 2 a 1:
n1 B12 Jν0 = n2 A21 + n2 B21 Jν0
ottenendo:
Jν0 =
A21 /B21
n2 A21
= n1 B12
n1 B12 − n2 B21
−1
n B
2
21
Inoltre, in equilibrio termodinamico, la popolazione dei livelli sarà data dalla statistica di Boltzmann,
e quindi
E
g1 hν0
n1
g1 e− kT
=
e kT
E+hν0 =
n2
g2
g2 e− kT
E quindi
Jν0 =
A21 /B21
0
g1 B12 hν
kT
g2 B21 e
−1
Confrontando questa equazione con la brillanza di un corpo nero
Jν0 = B(ν0 , T ) =
2hν03
1
0
c2 e− hν
kT − 1
si ottengono le relazioni di Einstein:
A21
2hν 3 g1 B12
= 20 ;
=1
B21
c
g2 B21
che sono indipendenti da T e quindi devono valere in generale. Dato un coefficiente di Einstein, dalle
relazioni di Einstein si trovano subito gli altri due.
2.2
Coefficienti di Einstein e trasporto radiativo
La quantità di energia emessa per unità di tempo, frequenza, volume e angolo solido (ovvero il coefficiente
di emissione jν ) si calcola dal numero di diseccitazioni dal livello 2 al livello 1:
jν =
hν
A21 n2
4π
La quantitd̀i energia sottratta al raggio (beam) di intensità Iν a cuasa dell’assorbimento da parte del
sistema a due livelli si calcola dal numero di passaggi da 1 a 2 nel volume dV = dAds:
dIν = −hνIν B12n1
1
1
ds ⇒ αν = −hνB12n1
4π
4π
8
Si deve poi considerare l’energia aggiunta al beam dalle diseccitazioni stimolate dalla presenza del
beam stesso (emissione stimolata). Questa è proporzionale all’intensità del beam, ed è quindi analoga ad
un assorbimento di segno negativo:
1
hν
ds ⇒ ανs =
B21 n2
4π
4π
Quindi il coefficiente di asssorbimento, corretto per l’emissione stimolata, vale
dIν = hνIν B21 n2
hν
(B12 n1 − B21 n2 )
4π
A questo punto siamo in grado di riscrivere l’equazione del trasporto radiativo nel mezzo a due livelli
in termini di coefficienti di Einstein:
hν
hν
dIν = −αν Iν + jν ⇒ dIν = − (B12 n1 − B21 n2 )Iν +
A21 n2
4π
4π
e, usando le relazioni di Einstein:
−1
jν
A21 n2
2hν 3 g2 n1
Sν =
=
= 2
−1
αν
B12 n1 − B21 n2
c
g1 n2
αν =
che è la legge di Kirchhoff generalizzata. Inoltre si ricava:
hν
g2 n1
B12 n1 1 −
αν =
4π
g1 n2
2.2.1
Inversione delle popolazioni
Qunado la materia è in equilibrio termico
n1
g1 hν
= e kT
n2
g2
hν
Altrimenti se nn12 ≈ gg21 e kT si ha emissione non termica.
Per un sistema in equilibrio termico si può scrivere
hν
n2 g1
= e− kT < 1
n1 g2
e questo implica che
n1
n2
>
g1
g2
A volte, in situazioni di non equilibrio, è possibile mandare nel livello superiore un numero di atomi
talmente elevato che risulta
n1
n2
<
g1
g2
In questo caso si parla di inversione delle popolazioni, ed il coefficiente di assorbimento è negativo:
hν
g1 n2
αν =
B12 n1 1 −
<0
4π
g2 n1
e conseguentemente
dIν = −αν Iν ds > 0
Quindi Iν aumenta attraversando il mezzo. Si parla allora di laser o maser : light (microwave) amplification by stimulated emission of radiation.
R
Uno spessore ottico negativo τν = αν ds ≈ −100 genera una amplificazione della brillanza e−τn u ≈
1043 .
Sono noti sia laser che maser astrofisici, come ad esempio la nube molecolare W43A nella costellazione
Aquila che a 22GHz possiede una densità di flusso di quasi 3·104 Jy. Una emissione di questo tipo da una
sorgente di dimensioni inferiori a 0.100 è cosı̀ elevata che per essere di origine elevata dovrebbe provenire
da un oggetto a temperatura estremamente alta. Ma a questa alta temperatura di dovrebbe vedere anche
una emissione a frequenze alte (visibile, UV, X, γ) e dato che ciò non accade, se ne conclude che si tratta
di una emissione non termica.
9
2.2.2
Esercizio svolto
Calcolare la temperatura che dovrebbe avere un corpo nero per produrre il flusso misurato a 22GHz.
Calcolare a che frequenza si avrebbe il picco di emissione.
Soluzione. Innanzitutto, convertendo in unità del SI, si ha che il flusso osservato è
Fν = 3 · 104 Jy × 10−26
W
W
= 3 · 10−22 2
m2 HzJy
m Hz
mentre la brillanza sarà:
Bν =
3 · 10−22 mW
Fν
W
2 Hz
−9
= h
i2 = 1.5 · 10
Ω
m2 srHz
0.100
π
4
20626400 /rad
Per un corpo nero a temperatura T nella regione RJ (vedi la sezione 1.6 sulla radiazione termica a pagina
4)
B(ν, T ) ≈
2ν 2
W
kT = 1.5 · 10−9 2
c2
m srHz
Quindi, per generare il flusso osservato, la temperatura dovrebbe essere
T =
1.5 · 10−9
K = 1010 K
1.5 · 10−19
A tale temperatura il picco di emissione si trova a
λmax ≈
0.290 cmK
= 2, 9 · 10− 9 cm = 0, 29 Å
1010 K
ovvero nella zona X-γ.
3
Scattering
Finora abbiamo trascurato la possibilità che l’intesità del fascio luminoso cambi a causa della diffusione
della luce da o verso altre direzioni (scattering).
3.1
Scattering puro
Supponiamo che la diffusione sia isotropa, cioè che la probabilità di diffusione sia la stessa verso qualunque
direzione, e che l’energia totale emessa per unità di frequenza sia uguale a quella assorbita per unità di
frequenza (scattering elastico o coerente).
Indichiamo con σν il coefficiente di assorbimento del processo di scattering (coefficiente di scattering).
Conseguentemente il coefficiente di emissione dovuto allo scattering è
Z
1
jν = σν
Iν dΩ
4π 4π
Quindi l’equazione di trasporto radiativo nel caso di scattering puro si scrive
Z
dTν
1
= −σν Iν − σν
Iν dΩ
ds
4π 4π
che è un’equazione integro-differenziale nella variabile Iν , difficile da risolvere, dove non vale più la
soluzione trovata in precendenza ignorando la scattering. Esistono metodi di soluzione approssimata
come ad esempio il metodo di approssimazione di Eddington.
10
3.2
Scattering e Random walk
Per valutare gli ordini di grandezza dei termini dell’equazione è utile considerare un approccio probabilistico. Ad esempio abbiamo visto che la legge di assorbimento esponenziale poteva essere vista come
la probabilità che un fotone penetrasse uno spessore ottico τν .
Analogamente, quando la radiazione viene diffusa in modo isotropo si può pensare che ciascun fotone
abbia uguale probabilità di venire diffuso in angoli solidi uguali, indipendentemente dalla loro direzione.
In questo modo si può ricavare una traiettoria tipica per un fotone e le intensità misuratè si otterranno
da una media sulle possibili traiettorie di un grande numero di fotoni che si muovono su queste traiettorie.
Consideriamo un fotone che si muove in un mezzo omogeneo, infinito e diffondente in modo omogeneo.
Questo fotone si muove di ~r1 , poi viene scatterato e si muove di ~r2 in un’altra direzione, poi ha un ulteriore
scattering e si muove di ~r3 in una direzione ancora diversa, e cosı̀ via.
Dopo N diffusioni sarà arrivato nella posizione
~ = ~r1 + ~r2 + ~r3 + ... + ~rN
R
~ cioè la distanza netta percorsa in media dopo N diffusioni,
Per stimare approssimativamente |R|,
dobbiamo fare il valore quadratico medio:
p
~ = h(~r1 + ~r2 + ~r3 + ... + ~rN )2 i =
|R|
q
= h~r12 i + h~r22 i + ... + h~rN2 i + 2 h~r1 · ~r2 i + 2 h~r1 · ~r3 i + ... =
√
√
~ = Nl
= N l2 ⇒ |R|
dove i termini del tipo h~ri · ~rj i con i 6= j sono tutti nulli perchè le direzioni di diffusione sono scorrelate.
Come già visto nel paragrafo 1.5 a pagina 4, l è il cammino libero medio di un fotone nel mezzo.
Siccome il fotone cambia ogni volta direzione a caso,
dopo N diffusioni invece di essersi allotanati dalla
√
posizione iniziale di N l, si è allontanto solo di N l. Un processo di questo genere è detto di random
walk. È quello che succede,
√ ad esempio, ai fotoni generati dalle reazioni nucleari all’interno del Sole.
~ = N l può essere utilizzata per valutare quanti scattering deve subire un fotone
L’equazione |R|
prima
√di uscire da un mezzo diffondente. Se il mezzo ha dimensione L ed alto spessore ottico dovrà essere
L = N l ovvero N = (L/l)2 . D’altra parte
Z
1
τν = αν ds ≈ αν L = L
l
e quindi
N ≈ τν2 (se τν 1)
Se invece τν 1 la probabilità di avere anche un solo scattering è piccola, pari a (1 − e−τν ) ≈ τν .
3.2.1
Scattering e assorbimento
Supponiamo che in un mezzo avvengano simultaneamente scattering e assorbimento.
Supponiamo che l’assorbimento e l’emissione governate da αν sia di tipo termico e che lo scattering
sia isotropo e governato da σν .
L’equazione del trasporto si scriverà ora come
dIν
= −αν (Iν − Bν ) − σν (Iν − Jν )
ds
dove
Jν =
1
4π
Z
Iν dΩ
4π
e quindi
dIν
= −(αν + σν )(Iν − Sν )
ds
11
dove in questo caso
Sν =
αν Bν + αν Jν
αν + σν
Il coefficiente di assorbimento complessivo è dunque αν + σν . Quindi lo spessore ottico può essere definito
dτν = (αν + σν )ds
che viene anche detto coefficiente di estinzione.
Il cammino libero medio di un fotone prima di uno scattering o di un assorbimento sarà
lν =
1
αν + σν
e la probabilità che un cammino libero medio finisca in un vero assorbimento sarà
ν = αν lν =
αν
αν + σν
mentre la probabilità che finisca in uno scattering sarà
1−=1−
σν
αν
=
αν + σν
αν + σν
che viene anche detta albedo di singola diffusione.
Il random walk di un fotone inizierà con una creazione per emissione termica ed andrà di diffusione
in diffusione verso la fine per assorbimento (distruzione).
La probabilità che ci siano N scattering prima della distruzione
sarà P (N ) = (1 − )N e quindi il
P
numero medio di scattering prima della distruzione sarà hN i = N P (N ) = 1 .
Si ottiene allora la lunghezza di diffusione
r
p
αν + σν
1
1
L = hN il =
=p
αν αν + σν
αν (αν + σν )
3.2.2
Esempio di diffusione: fotoni nel Sole
L’energia viene generata nel core, dove la temperatura è di 16 milioni di gradi e la densità è 160 g/cm3 .
L’energia viene trasportata verso l’esterno radiativamente dai fotoni, nella zona radiativa. Nel 30% più
esterno il trasporto di energia dominante è invece la convezione (zona convettiva). L’energia arriva cosı̀
alla fotosfera, dove la densità si riduce moltissimo ed è solo questa la superficie visibile del Sole. Al di
sopra della fotosfera c’è uno strato molto tenue e caldo, detto cromosfera, ed al di sopra uno ancora più
tenue e caldo detto corona.
Le reazioni nucleari che avvengono nel nucleo del Sole generano fotoni γ e neutrini. Alla velocità della
luce basterebbero 2,3 secondi per uscire dal Sole. Ma i fotoni hanno un cammino libero medio di solo 1
cm. Quindi vengono diffusi ed anche spezzati in fotoni di energia più bassa (luce visibile). Il loro random
walk li porta ad uscire dal Sole circa 50.000 anni dopo la loro generazioni. Infatti, se L = 6, 9 · 108 m e
l = 10−2 m, allora il numero totale di scattering subiti dal fotone sarà
2
L
N=
= 4, 76 · 1022
l
mentre i metri effettivamente percorsi dal fotone sanno
˜l = N l = 4, 76 · 1022 m
e infine il tempo necessario per emergere dal Sole sarà
t̃ =
˜l
1, 59 · 1012
= 1, 59 · 1012 sec =
= 50.000 anni
c
3, 15 · 107
Nelle stesse reazioni nucleari vengono anche prodotti i neutrini che invece escono subito, dopo poco
più di 2,3 sec se possiedono massa, a causa della loro piccolissima sezione d’urto, che li rende anche
difficilissimi da rivelare.
12
4
Interazione tra fotoni ed elettroni
Finora abbiamo considerato in generale il processo di trasporto radiativo, lasciando ad un parametro, il
coefficiente di assorbimento o di emissione, la descrizione dell’interazione tra radiazione e materia.
Cominciamo ora a vedere in dettaglio questa interazione, cominciando dal problema dell’interazione
dei fotoni con gli elettroni liberi. Questo ùn caso di grande importanza in astrofisica, perchè riguardano
le regioni HII.
4.1
Regioni HII
La regione HII, come ad esempio la Nebulosa Aquila, la coppia di nebulose NGC 3603 e NGC 3576, e
IC434 che si trova dietro alla Nebulosa oscura Testa di Cavallo, è una nuvola di idrogeno ionizzato dai
fotoni ultravioletti (hν > 13.6 eV) provenienti da stelle di tipo O e B che si trovano al suo interno.
Questo tipo di stelle hanno ancora intorno a loro una regione ad alta densità di idrogeno neutro della
nube molecolare dalla quale si sono formate (regione HI). La parte più interna della nube viene ionizzata
dai fotoni UV (regione HII).
Comunque gli elettroni ed i protoni che vengono prodotti dalla ionizzazione hanno una certa probabilità di ricombinarsi. Di solito si ricombinano ad uno stato eccitato da cui poi decadono ai livelli più bassi.
La luminosità rossa che si osserva nelle immagini visibili è dovuta alla ricaduta, dopo la ricombinazione,
da n=3 a n=2 (riga di Balmer, Hα a 600 nm).
I livelli sono infatti n=1 a 0 eV, n=2 a 10,19 eV, n=3 a 12,07 eV, n=4 a 12,97 eV, ecc...; per cui
∆E32 = 1, 88 eV. Dalla legge di Planck sappiamo che
∆E32
= ν32
h
che, sapendo che h = 4, 13566727 · 10−15 eV s e c = 2, 99792458 ms−1 , fornisce una frequenza di
ν = 4, 546 · 1014 Hz e quindi una lunghezza d’onda λ = νc = 6, 60 · 10−7 m = 660 nm.
Il flusso di fotoni ionizzanti inizierà a ionizzare il primo strato di spessore pari al cammino libero
medio λ = 1/nσγ intorno alla stella. I fotoni successivi passeranno senza alcun assorbimento nello strato
ionizzato e ionizzeranno il secondo strato e cos via.
Il processo continuerà ad allargare la regione ionizzata, fino ad un raggio massimo dove le ricombinazioni compensano le ionizzazioni.
Nel generico guscio di raggio R la luminosità di fotoni ionizzanti, cioè Ṅ = γion /s, sarà
Ṅ = nH 4πR2
dR 4 3
+ πR α ne np
dt
3
dove il primo termine al secondo membro rappresenta il numero di atomi da ionizzare che si aggiungono
per unità di tempo e il secondo termine rappresenta il numero di ricombinazioni per unità di tempo.
L’equilibrio si raggiunge nel punto in cui dR
dt = 0. Quindi
Ṅ =
4 3
πR α ne np
3
e si ricava di conseguenza il cosiddetto raggio di Stromgren della regione HII:
RS =
3
Ṅ
4πne np
13
Numeri tipici per una regione HII sono:
Ṅ = 1048 γion /s
ne np ≈ n2H = (10 cm−3 )2
α = 2.5 · 10−13 cm−3 s−1
da cui si trova
RS = 6pc
13
In realtà la situazione è più complicata perché spesso la ricombinazione fornisce un fotone ionizzante, quindi ci sono in giro più fotoni ionizzanti di quelli considerati prima. Il raggio della regione
HII sarà dunque maggiore. Inoltre abbiamo trascurato l’equilibrio delle pressioni tra il gas HII e il gas
I. Infatti la regione HII ha una densità maggiore della HI e temperatura molto maggiore: T (HII) =
7.000 K, T (HI) = 70 K.
La pressione va come nT e quindi quella della regione HII non può essere compensata da quella della
regione HI: la regione HII si deve dunque espandere.
4.2
Scattering Thomson e Compton
Quando della radiazione elettromagnetica incide su una nube di elettroni liberi, gli e− reagiscono al campo
~ cosı̀ velocemente che rigenerano, oscillando, un campo E-M con la stessa frequenza di quello incidente.
E
L’assorbimento è di solito trascurabile: si ha praticamente tutto scattering.
A seconda dell’energia della radiazione E-M si possono distinguere due tipi di scattering:
• se hν me c2 il problema può essere trattato classicamente e si chiama scattering Thomson.
• se hν me c2 il problema deve essere trattato quantisticamente e si chiama scattering Compton.
La lunghezza d’onda di transizione è detta lunghezza Compton dell’e− :
hνC = me c2 ⇒
4.3
h
hc
= 2, 426310215 · 10−12 m
= me c2 ⇒ λC =
λC
me c
Scattering Thomson
~ il campo elettrico dell’onda incidente su una carica Ze. Il campo E
~ imprimerà una
Per hν me c2 sia E
~ Si trascura la forza di Lorenz Ze~v ∧ B
~ dovuta al campo
accelerazione alla carica Z pari a m~a = ZeE.
magnetico dell’onda E-M perché per frequenza basse anche v è piccola.
Si crea quindi un dipolo oscillante d~ = Ze~r. Quindi
~
E
¨
d~ = Ze~¨r = Ze~a = (Ze)2
m
Dall’elettromagnetismo (potenziali ritardati) è noto che l’energia irradiata dal dipolo nel dΩ intorno
alla direzione di ~n è
2
1 ¨~
dWirr =
d
∧
~
n
dΩ
4πc3
~ e k 0 è
Definiamo k la direzione dell’onda incidente e k 0 la direzione dell’onda diffusa; l’angolo fra E
l’angolo θ. L’equazione precedente si riscrive quindi:
(Ze)4 E 2
sin2 θdΩ
4πm2 c3
dWirr =
L’energia incidente sull’elettrone per unità di superficie è data dal vettore di Poynting:
Winc = |S| =
c 2
E
4π
Il rapporto tra dWirr e Winc è una superficie:
dσT Z
dWirr
=
=
Winc
(Ze)4 E 2
2
4πm2 c3 sin
c
2
4π E
θdΩ
(Ze)2
=
mc2
2
sin2 θdΩ
Integrando poi su tutti gli angoli si ottiene
σT Z =
(Ze)2
mc2
2 Z
sin2 θdΩ =
4π
Nel caso di un elettrone si ha la sezione d’urto Thomson:
14
2
8π (Ze)2
3
mc2
σT =
2
8π e2
= 0.665245854−24 cm2
3 mc2
La distribuzione angolare dello scattering si ottiene dalla formula differenzale esprimento l’angolo θ
~ e k 0 in termini dell’angolo Θ tra k e k 0 e dell’angolo φ:
tra E
cos θ = sin Θ cos φ ⇒ sin2 θ = 1 − sin2 Θ cos2 φ
Quindi
e2
dσT =
mc2
2
e2
sin θdΩ =
mc2
2
2
(1 − sin2 Θ cos2 φ)dΩ
Se la radiazione incidente non è polarizzata, φ varia a caso tra 0 e 2π e quindi cos2 φ = 21 .
e2
=
mc2
dσT,unp
2
2
2
(1 − sin Θ cos φ )dΩ =
e2
mc2
2 sin2 Θ
1−
2
dΩ
e sapendo che sin2 Θ + cos2 Θ = 1 si ottiene
dσT,unp
2
1 e2
=
1 + cos2 Θ dΩ
2 mc2
che rapprensenta un cerchio schiacciato a 90◦ e −90◦ fino ad invertire la concavità. Si ha cosà una
massima diffusione in avanti e indietro (0◦ e 180◦ ) e minima a 90◦ e -90◦ dalla direzione di incidenza.
Se invece la radiazione incidente è perfettamente polarizzata, ovvero ha il 100% di polarizzazione
lineare, φ è costante e dσT,pol risulta
dσT,pol =
e2
mc2
2
(1 − sin2 Θ cos2 φ)dΩ
~ con φ = 0◦ , ed un cerchio nel piano di vibrazione
che sarà una lemniscate nel piano di vibrazione di E,
◦
~
di B, con φ = 90 .
4.3.1
Esempio: la radiazione cosmica di fondo
Sappiamo che l’universo espandendosi si è raffreddato. C’è stata un’upoca nel passato in cui l’universo
era talmente caldo da essere ionizzato. Questa fase è detta di Primeval Fireball ed è durata per i primi
40.000 anni dal Big Bang.
In questa fase lo spessore ottico per lo scattering Thomson era estremamente alto ed i fotoni percorrevano un random walk da elettrone ad elettrone.
Quando l’universo si è raffreddato abbastanza da permettere la ricombinazione degli elettroni e protoni
in atomi di idrogeno, la sezione d’urto è diminuita drasticamente e l’universo è diventato trasparente.
I fotoni che erano in equilibrio con la materia (si era dunque in un sistema che si comportava come
un corpo nero) si sono propagati fino a noi, raffreddandosi con l’ulteriore espansione dell’universo, ma
mantenendo la forma di corpo nero. Questa è ciò che viene chiamata radiazione cosmica di fondo (CMB).
I fotoni della CMB subiscono il loro ultimo scattering Thomson quando l’universo si raffredda raggiungendo la temperatura di 3.000 K. Questo accade ad un redshift zLSS ≈ 1100. Quindi i fotoni della
CMB provengono da una superficie di ultimo scattering (last scattering surface, LSS), posta z = zLSS .
Questa superficie sferica in realtà una corona sferica dal momento che possiede un certo spessore dovuto
al fatto che l’universo non è diventato trasparente istantaneamente ma ha impiegato molto tempo, tempo
corrispondente ad un ∆zLSS .
L’universo è dunque costituito da un guscio di HII che va dall’orizzonte osservabile alla LSS in cui i
fotoni percorrono un random walk; all’interno di questo guscio esiste una LSS a z = zLSS e spessa ∆zLSS
in cui i fotoni subiscono un ultimo scattering Thomson. Infine una sfera interna di HI di raggio zLSS i
cui i fotoni seguono una propagazione libera fino a noi.
15
Lo spessore della superficie di ultimo scattering si può calcolare vedendo quanto è profonda la transizione da spessore ottico basso a spessore ottico maggiore di 1. In formule
Z l(z)
Z z
cdz
√
τ (z) =
ne (l(z))σT dl =
ne (z)σT
H0 (1 + z)2 1 + Ωz
0
0
con
ne (z) = n0 (1 + z)3 x(z)
dove x(z) è la frazione di idrogeno ionizzata.
La soluzione richiede l’integrazione dell’equazione di Saha per la frazione ionizzata. Oggi conosciamo
con grande precisione zLSS = 1089 ± 1 grazie a WMAP , e ∆zLSS = 185 ± 2 grazie a FWHM [Bennet et
al. 2003].
Sappiamo che il risultato della formula precedente è un grafico di uno spessore ottico nullo fino a
z = zLSS − ∆z2LSS , che da zLSS a zLSS + ∆z2LSS sale linearmente fino a 1, e che poi aumenta più
velocemnte man mano che aumenta z.
Inoltre sappiamo chem, se N (z) è il numero di fotoni che provengono da redshift z ed ne è la densità
di diffusori a redshif z, allora
ed è una gaussiana centrata in z = zLSS
4.4
dN (z)
∝ ne (z)e−τ (z)
dz
e con dispersione di circa ∆zLSS
Scattering Compton
Se hν >≈ me c2 = 0, 5 M eV il problema deve essere affrontato quantisticamente.
Il risultato più importante è che lo scattering non è più elastico, ed il fotone perde energia, decendola
all’elettrone. La nuova lunghezza d’onda del fotone può venire colacolata imponendo la conservazione
dell’energia totole e e dell’impulso. Si ottiene
h
(1 − cos θ)
me c
La sezione d’urto dell’effetto Compton è data dalla formula di Klein-Nishina. La sezione d’urto Compton
diminuisce all’amumentare delle’energia. Inoltre ad energie hν > 2me c2 si ha formazione di coppie e− e+ .
λdif f usa − λincidente =
4.5
Scattering Rayleigh
Supponiamo che l’elettrone sia legato elesticamente all’atomo invece che libero e rifacciamo i conti che
hanno portato alla sezione d’urto.
L’equazione di moto sotto l’azione del campo elettrico, trascurando la viscosità e quindi lontano dalla
risonanza, è
~ − k~r ⇒ ~¨r + ω0~r = e E~0 cos(ωt)
m~¨r = eE
m
La soluzione è
~
e
E
~r =
2
m (ω0 − ω 2 )
Per i casi in cui si può calcolare la derivata seconda del momento di dipolo
~
e
E
¨
d~ = e~¨r =
m (1 − ω02 /ω 2 )2
¨
e ~
ricordando che per lo scattering Thomson avevamo d~ = e~¨r = m
E
Quindi, rifacendo gli stessi conti, risulta che la sezione d’urto Rayleigh è
σT
σR =
(1 − ω02 /ω 2 )2
che per ω0 ω si può scrivere come
σR ≈ σ T
16
ω
ω0
4
4.5.1
Esempio: il colore del cielo
Il caso ω0 ω è quello, ad esempio, degli elettroni legati alle molecole che compongono l’aria: la costante
di richiamo k è molto forte, per cui ω0 è molto alta, maggiore delle frequenze ω della luce visibile. Vale
allora la relazione approssimata
σR ≈ σ T
ω
ω0
4
Quindi, nell’aria, la luce di breve lunghezza d’onda (blu, circa 400 nm) viene diffusa molto di più di
quella di lunghezza d’onda più lunga (rosso, circa 700 nm). Infatti:
4 4
λrosso
ωblu
σR (blu)
=
≈ 10
=
σR (rosso)
ωrosso
λblu
Ed è cosı̀ che guardando verso il Sole, specialmente al tramonto, quando lo spesso di atmosfera
attravarsato dai fotoni è grande, il cielo ci appare più rosso (luce rossa, poco diffusa), mentre guardando
lontano dal Sole il cielo ci appare blu (luce blu, molto diffusa).
In pieno giorno, invece, domina lo scattering di Mie da particelle dovuto al particolato atmosferico.
Questo tipo di scattering non è molto dipendente dalla lunghezza d’onda, e quindi si vede un alone bianco
intorno al Sole. L’alone diminuisce molto dove l’aria è più pulita. Guardando lontano dal Sole, invece,
il cielo appare blu poiché domina lo scattering Rayleigh sullo scattering Mie che ha l’intensità maggiore
proiettata in avanti, lungo la direzione del fotone.
5
Interazione tra fotoni e particelle solide
Lo studio dell’interazione tra i fotoni e le particelle solide di piccole dimensioni è molto importante in
astrofisica poiché ci aiuta a comprendere il comportamento della polvere interstellare.
5.1
Origine della polvere interstellare
Nelle ultime fasi della loro evoluzione, le stelle sintetizzano elementi sempre più pesanti. Il ferro è
l’elemento più pensante formabile con reazioni di fusione nucleare esoenergetiche. Una stella arrivata
allo stadio in cui sta producendo ferro si presenta con uno strato superficiale di idrogeno, seguito da uno
strato in cui avviene la fusione dell’idrogeno, poi un’altro ancora più in basso di fusione dell’elio, poi di
carbonio, ossigeno, neon, magnesio, silicio ed infine un nucleo di ferro.
Dopo l’esaurimento degli elementi più leggeri del ferro, ovvero quando non c’è abbastanza combistibile
nucleare per sostenere il peso stesso della stella, la stella collassa.
L’esplosione di Supernova che ne deriva disperde nello spazio interstellare gran parte degli elementi
pesanti formatesi nella stella e permette la formazione di elementi ancora più pesanti.
Questi elementi si possono aggregare in piccolissimi granelli solidi nello spazio interstellare, nelle
atmosfere di stelle giganti fredde, o negli inviluppi delle protostelle. Si formano cosı̀ i gas e la polvere
interstellare, vedi le nubi di polvere interstellare in Aquila e in N81 (SMC).
Le esplosioni di Supernovae generano anche onde d’urto nel gas interstellare preesistente. Talvolta, a
causa di queste onde d’urto, la densità diventa sufficientemente alta da far iniziare il collasso gravitazionale
che finirà nella formazione di stelle, come si vede nelle onde d’urto nella Nebulosa Tarantola generate
dalle SN dell’ammasso Hodge301.
Il ciclo vitale delle stelle quindi comincia e finisce nelle nubi di polvere interstellare:
• Ciclo di vita delle stelle di massa solare: protostella, stella di sequenza principale, gigante rossa,
nebulosa planetaria, nana bianca, nana bruna con materiale espulso.
• Ciclo delle stelle di alta massa: protostella, stella di sequenza principale, gigante rossa, supernova,
oggetto collassato con materiale espulso.
17
5.2
Tipi di interazione tra fotoni e polvere interstellare
Le interazioni tra i fotoni e la polvere interstellare sono di tre tipi
• Assorbimento e Scattering: diminuiscono il flusso delle stelle retrostanti (Estinzione interstellare).
• Emissione: l’energia assorbita riscalda i granelli che quindi riemettono radiazione termica (Emissione interstellare).
L’emissione è particolarmente efficiente nell’UV e nel blu, l’emissione nell’infrarosso lontano. Quindi
ci si aspetta che le zone più buie della Galassia (più estinte dalla polvere) siano anche le più brillanti nel
lontano infrarosso (riemissione termica della stessa polvere che ha assorbito la luce).
Nell’immagine ottica della nostra Galassia (proiettata in coordinate galattiche) sono evidenti le zone
del disco oscurate dalle nubi di polvere. Viceversa nell’immagine nel lontano IR (12, 25, 60, 100 µm)
della nostra Galassia le zone più scure nel visibile sono ora le più brillanti.
Interessante anche l’immagine della Nebulosa Aquila nel visibile e nel lontano infrarosso (ISO).
5.2.1
Curva di estinzione interstellare
L’esitinzione si misura in magnitudini e si indica con Aλ . In formule:
I(λ) = I0 (λ)e−τ (λ)
inoltre
Aλ = ∆mλ = −2, 5 log10
I(λ)
I0 (λ)
da cui
Aλ = τ (λ)2.5 log10 e = 1.086 τ (λ)
L’estinzione Aλ si può misurare confrontando lo spettro di una stella a che si trova dietro la nube di
polvere con quella di una stella b della stessa classe sprettrale e della stessa classe di luminosità, che ha
quindi la stessa magnitudine assoluta Mλ :
mλa = Mλ + 5 log da − 5 + Aλ
mλb = Mλ + 5 log db − 5
da cui ricaviamo
Aλ = mλa − mλb + 5 log
db
da
Inoltre sappiamo che l’estinzione risulta aumentare al diminuire della lunghezza d’onda.
5.2.2
Esercizio: luminosità intrinseca
La luce di una stella X vicina al centro galattico è profondamente estinta (τV = 6). La sua magnitudine
apparente è mV X = 20, 2. Valutare se la stella X ha una luminosità intrinseca maggiore o minore di
Vega. Ulteriori dati: dGC = 9 kpc; mV,V ega = 0, 03; AV,V ega = 0; dV ega = 8 pc.
Soluzione. Scriviamo il sistema di sopra:
mV,X = MV,X + 5 log dGC − 5 + AX
mV,V ega = MV,V ega + 5 log dV ega − 5
da cui ricaviamo
MV,X − MV,V ega = mV,X − mV,V ega − 5 log
Sostituendo i dati abbiamo
18
dGC
− AX
dV ega
MV,X − MV,V ega = 20, 2 − 0, 03 − 5 log
9k
− 6 · 1, 086 = −1.8
8
e quindi risulta che la stella X è intrisecamente più luminosa di Vega di 1,8 magnitudini (MV,V ega =
0, 5;MV,X = −1, 3).
Le stelle vicine al centro galattico, come la stella X dell’esercizio, interessano molto perché dai loro
movimenti, ricostruiti attraverso i dati ottenuti nel vicino IR dove l’assorbimento è debole, si può determinare la massa del buco nero ivi presente, che viene stimata in circa 200.000 masse solari.
5.2.3
Dipendenza dell’estinzione dalla lunghezza d’onda
Si osserva che l’estinzione è differente alle diverse lunghezze d’onda. L’effetto generale è un arrossamento
della luce stellare causato dalla polvere, che risulta estinguere maggiormente le lunghezze d’onda più
brevi.
Normalizzando ad esempio al valore dell’estinzione nella banda I (centrata a 880 nm), si trova la curva
di estinzione normalizzata, che dipende solo dalle proprietà della polvere:
R
Nd σλ dl
σλ
τλ
Aλ
≈ 1, 086
= 1, 086 = 1, 086 R
AI
τI
σI
Nd σI dl
Il parametro che misura la pendenza della curva di estinzione nel visibile (e quindi l’arrossamento) è:
RV =
AV
A550
≈
AB − AV
A440 − A550
Per la sezione d’urto geometrica e quindi indipendete da λ, si ha RV → ∞. In media per la polvere nella
nostra Galassia abbiamo RV ≈ 3, 1.
Un grafico λ vs Aλ /AIc per nubi con diversi valori di RV mostra l’aspettato andamento descrescente
all’aumentare di λ più due picchi di estinzione: a 218 nm (4,6 µm−1 ) nell’UV ed a 9,6 µm.
5.3
L’emissione IR della polvere interstellare
I grani di polvere, assorbendo fotoni UV e visibili, si scaldano ad un temperatura che dipende dalla loro
capacità termica e quindi sia dalle loro dimensioni che dal materiale costituente.
Per i grani più grossi, che assorbomo molti fotoni per unità di tempo, si giunge ad una temperatura
di equilibrio dell’ordine di 20K nel campo interstellare medio:
Z ∞
Z ∞
σabs (λ, a)I(λ)dλ =
σabs (λ, a)Bλ (Tg )dλ
0
0
Quindi questi grani emettono sopratutto nel lontano IR, con λ > 100µm.
Nelle immagini nel lontano infrarosso della zona del polo sud galattico sono eventi le nubi (cirri) di
polvere diffusa che hanno una temperatura di circa 20K. La loro emissione distruba la ricerca di radiazione
diffusa extragalattica, come ad esempio la CMB. Fortunatamente esistono degli squarci tra le nubi adatti
alla ricerca cosmologica.
Per quanto riguarda i grani più piccoli, che assorbono un fotone ogni tanto, si ha una serie di transienti
che raggiungono temperature più alte. Quindi questi grani piccoli possono emettere anche nel medio IR.
Le simulazioni al calcolatore per grani di diverse dimensioni producono grafici t(s) vs T (K) che visualizzano l’assorbimento di fotoni con un picco di tipo impulsivo e l’emissione di fotoni con un andamento
esponenziale. A diversi valori di a, la grandezza (200 Å, 100 Å, 50 Å e 25Å), e diversi valori di τabs , la
costante di tempo tipica (rispettivamente con 100 s, 750 s, 6 · 103 s e 5 · 104 s), si ottengo grafici diversi
che rispecchiano le conclusioni sopra illustrate.
5.3.1
I costituenti della polvere interstellare
Ma gli spettri posso assumere le forme più varie, vedi l’emissione nel medio IR per la nebulosa NGC7023
e nel lontano e medio IR per la polvere diffusa nella nostra Galassia.
A partire dalla curva di estinzione, dalle emissioni e dagli elementi sintetizzati in abbondanza dalle
stelle, in particolare Si C e O, si possono avanzare diverse ipotersi sui costituenti della polvere interstellare:
19
• Grafite, carbone amorfo delle dimensioni di 0, 01 ÷ 0, 6µm. Il picco di assorbimento della grfite è a
218 nm)
• Granelli di silicati (assorbimento a 9, 6µm) eventualmente con un mantello di ghiccio, delle dimensioni di 0, 014µm.
• Molecole policicliche aromatiche idrogenate (PAH), grafite sfaldata, di dimensione di circa 0, 0007µm
con picchi di emissione nel vicino/medio IR.
La famiglia delle PAH comprende fra gli altri molecole come il coronene C24 H12 , il circumcoronene
C54 H18 , l’antracene C14 H10 e l’esabenzocoronene C42 H18 .
Si conoscono i valori delle lunghezze d’onda relative alle transizioni di livelli energetici vibrazionali di
stretching (=estensione) e bending (=altalena) dei legami:
• stretching:
– C - H stretch 3,3 µm
– C=C stretch 6,2 µm
– C - C stretch 7,7 µm
• bending:
– C - H bend (sul piano) 8,6 µm
– C - H bend (fuori piano):
∗
∗
∗
∗
mono-H 11,3 µm
duo-H 12,0 µm
trio-H 12,7 µm
quartet-H 13,55 µm
Queste lunghezze d’onda spiegano quasi perfettamente i picchi di estinzione dello spettro citato di
NGC7023.
5.4
Teoria di Mie
Dobbiamo sviluppare una teoria quantitativa per descrivere gli effetti osservabili (assorbimento, scattering
ed emissione) nei vari casi, e vedere quale descrive meglio le osservazioni.
Alla base di questa descrizione c’è la teoria di Gustav Mie (1908) dell’interazione dei fotoni con piccole
particelle solide, con dimensioni anche confrontabili con la lunghezza d’onda.
Mie hai studiato la diffrazione delle onde elettromagnetiche da parte di un piccolo corpo sferico
omogeneo, risolvendo le equazioni di Maxwell con condizioni al contorno appropriate sulla superficie del
corpo.
I parametri che entrano nella teoria sono l’indice di rifrazione complesso n = n − ik, il raggio del
grano a, tramite il parametro adimensionale α = 2πa/λ, e il campo dell’onda E-M incidente, detto E0 ,
polarizzata linearmente, e quello dell’onda E-M diffusa, detto E, ad un angolo Θ da quella incidente,
misurato sul piano di diffusione.
I risultati per i campi uscenti sono dati sottoforma di espansione in seri. Il calcolo del vettore di
Poynting e l’integrazione su tutte le direzioni fornisce le quantità di energia assorbita e diffusa dal grano
e quindi le sezioni d’urto Ci :
Cext = Csca + Cabs
e
Csca =
Energiaassorbita
Energiadif f usa
; Cabs =
Energiaincidente
Energiaincidente
Si definiscono anche i fattori di efficienza, pari al rapporto tra la sezione d’urto effettiva e la sezione
d’urto geometrica:
Qsca =
Csca
Cabs
; Qabs =
πa2
πa2
20
e quindi
Qext = Qsca + Qabs
Se la densità numerica di grani è Nd , la diminuzione di intensità di un raggio luminoso sarà descritta
dal coefficiente di assorbimento:
dI
= −kλ ds
I
con
kλ = πa2 Qext (λ)Nd
Si definisce p(Θ) è la funzione di diffusione o di fase, che descrive l’intensità normalizzata in funzione
dell’angolo di diffusione.
Ad esempio p(Θ) = 1/4π vale per uno scattering completamente isotropo.
◦
◦
◦
Per α = 2πa
λ 1 lo scattering è simmetrico avanti e indietro, max a 0 e 180 , min a ± 90 . La
funzione p(Θ) è in generale asimmetrica: il parametro di asimmetria confronta lo scattering in avanti con
quello all’indietro:
Z Z
g = hcos Θi =
p(Θ) cos ΘdΩ
≥
0 per scattering in avanti, isotropo e all’indietro.
con g<
5.4.1
Rusultati per particelle sferiche
I risultati per particelle sferiche indicano che Qext
1. tende a 2 per λ a.
2. ha delle risunanze (picchi) per λ = a e λ = a/3.
3. per λ ≈ 2πa va come λ−1 .
4. per λ a va come λ−4 (Rayleigh).
È evidente che la curva di estinzione interstellare può essere ottenuta solo con una combinazione di
particelle di diverse dimensioni.
Comunque l’andamento a grandi lunghezze d’onda, maggiori delle più grandi dimensioni dei grani,
e a lunghezze d’onda dell’ordine delle dimensioni dei grani è abbastanza consistente con i risultati della
teoria.
Per spiegare il picco di estinzione interstellare a λ = 2.200Å si potrebbe ipotizzare l’esistenza di grani
di quelle dimensioni tipiche, che producono una risonanza proprio lı̀. Il problema è che produrrebbero
anche una risonanza a frequenza doppia che non si osserva. L’interpretazione moderna è piuttosto che il
picco è dovuto ad una propietà intrinseca dei grani.
5.4.2
Rusultati per particelle asimmetriche
La luce diffusa verso Θ = 0, ovvero in avanti, da particelle sferiche non è polarizzata per questioni di
simmetrica, cioè tutti i piani di diffusione sono equivalenti.
Invece la luce delle stelle che si trovano dietro a nubi di polvere risulta parzialmente polarizzata. Da
ciò si deduche che i grani non sono sferici.
Si pensa che il meccanismo di polarizzazione sia lo scattering da parte di particelle di polvere asimmetriche, allineate dal campo magnetico della Galassia.
Si possono studiare, con la teoria di Mie, particelle a forma di cilindri o di elissoidi. Si parla di Qk
qundo il grano ha il suo asse maggiore parallelo al campo elettrico dellonda incidente, di Q⊥ quando
l’asse maggiore è ortogonale al campo.
Il grado di polarizzazione si può scrivere come
∆mp = −2, 5 log10
Ik
= 1, 086(τk − τ⊥ )
I⊥
21
Mentre l’estinzione, per una polarizzazione debole, si può scirvere come
( I (λ)
)
I0 (λ) −τ⊥
0
−τk
+
e
e
I(λ)
2
2
Aλ = −2, 5 log10
= −2, 5 log10
=
I0 (λ)
I0 (λ)
= −2, 5 log10
τ +τ
⊥
k
τ k + τ⊥
e−τk + e−τ⊥
−
2
= −2, 5 log10 e
=
cosh
2
2
τ +τ ⊥
k
τk (λ) + τ⊥ (λ)
≈ −2, 5 log10 e− 2
= 1, 086
2
Per una nube di particelle con grado di allineamento f definito come:
1 per particelle tutte perfettamente allineate
f=
0 per particelle disposte a caso
allora il grado di polarizzazione è
∆mp = 1, 086f (τk − τ⊥ ) = 1, 086f (Ck − C⊥ )Nd l
D’altra parte l’estinzione sarà
Aλ = 1, 086
τ k + τ⊥
2
=
1, 086
(Ck + C⊥ )Nd l
2
e quindi
Ck − C⊥
∆mp
= 2f
Aλ
Ck + C⊥
∆mp
Aλ è formato da quantità misurabili e in media vale 0,03; f dipende dal meccanismo di allineaC −C⊥
mento; Ckk +C⊥
dipende dall’asimmetria dei grani.
∆m
In realta la quantità Aλp dipende dalla lunghezza d’onda e l’equazione precedente deve scriversi come
dove:
Ck (λ) − C⊥ (λ)
Qk (λ) − Q⊥ (λ)
∆mp
= 2f
(λ) = 2f
Aλ
Ck (λ) + C⊥
Qk (λ) + Q⊥ (λ)
La teoria di Mie ha permesso di calcolare il rapporto dei Q in funzione della lunghezza d’onda e ci si
aspetta, se i grani sono cilindri allungati e non elissoidi, un massimo di polarizzazione per una lunghezza
d’onda tale che il parametro α valga circa 2-3. In effetti è proprio quello che si osserva.
Si può quindi ricavare la dimensione tipica dei grani:
α=
2πa
≈ 2, 5 ⇒ a ≈ 0, 2µm
λmax osservata
Per migliorare il fit di tutti i dati osservati si usano delle distribuzioni di dimensioni, ovvero popolazioni di grani di diverse sostanze presenti in quantità diverse a seconda della grandezza. In ogni caso
queste distribuzioni sono piccate intorno alla dimensione 0, 2µm per produrre la giusta polarizzazione
interstellare. Usualmente si considerano distribuzioni di polveri di silicati e di carbonio/PAH, entrambi
piccati a 0, 2µm, e quella di carbonio/PAH piccata anche a circa 10−3 µm per produrre le bande dei PAH
di giusta intensità.
22
6
Radiazione non termica
Ci occuperemo di emissione di radiazione non termica di due tipi:
• la radiazione di sincrotrone o Bremsstrahlung magnetica
• la radiazione di free-free o Bremsstrahlung termica
Ambedue gli effetti sono estremamente importanti in astrofisica: ad esempio è di free-free l’emissione
delle regioni HII nella banda radio ed è di sincrotrone l’emissione nella banda radio del gas interstellare
ionizzato, e quella del fondo azzuro diffuso nella Nebulosa del Granchio.
Ambedue queste forme di emissione vengono descritte come radiazione di Bremsstrahlung, che vuol
dire radiazione di franamento. Sono generate dall’accelerazione o decelerazione di particelle cariche, di
solito e− .
Nel caso della radiazione di sincrotrone la variazione di velocità è dovuta alla forza di Lorentz generata
da un campo magnetico su una particella relativistica.
Nel caso della radiazione di free-free la variazione di velocità è dovuta allo scattering coulombiano
della particella contro un’altra particella carica.
La carica accelerata produce radiazione elettromegnatica: la potenza irradiata è proporzionale al
quadrato dell’accelerazione.
6.1
Radiazione di ciclotrone
Consideriamo una carica che si muove con velocità v c in un campo magnetico uniforme diretto lungo
~ = B ẑ.
l’asse z, B
~ in direzione perpendicolare alla velocità
Questa carica sarà soggetta alla forza di Lorentz F~ = qc ~v ∧ B
ed al campo magnetico, quindi Fz = 0 e il moto nella direzione del campo magnetico è rettilineo uniforme.
Nel piano ortogonale al campo, il piano x − y, il moto ha modulo della velocità costante perché
l’energia cinetica deve conservarsi visto che il campo magnetico non può compiere lavoro. Un moto
circolare uniforme può quindi soddisfare l’equazione del moto perché la forza di Lorentz è radiale come
l’accelerazione centripeta. La frequenza del moto, detta frequenza di ciclotrone, è data da
q
qB
mωc2 r = ωc rB ⇒ ωc =
c
mc
La traiettoria della particella è quindi un’elica intorno alla direzione del campo magnetico. La radiazione emessa ha un’unica frequenza, indipendente dall’energia della carica:
νc =
qB
2πmc
Inoltre è polarizzata in direzione ortogonale a quella del campo magnetico perché l’elettrone compie un
moto accelerato (armonico) solo in quella direzione. La polarizzazione lineare è quindi una caratteristica
peculiare della radiazione di ciclotrone.
6.2
Radiazione di sincrotrone
Consideriamo ora una particella relativistica in moto nel campo magnetico. L’equazione relativistica del
moto sarà
d~
p
q
q
~ ⇒ d p m~v
~
= ~v ∧ B
= ~v ∧ B
dt
c
dt 1 − v 2 /c2
c
ma essendo v costante in modulo
m
p
1−
v 2 /c2
d~v
q
~
= ~v ∧ B
dt
c
che si può scrivere come
γm
d~v
q
~
= ~v ∧ B
dt
c
23
A parte il fattore γ, l’equazione è identica a quella del ciclotrone. Il moto è quindi di nuovo un’elica, con
frequenza di girazione che stavolta dipende dall’energia dell’elettrone:
ωc =
qB
γ(v)mc
Si potrebbe pensare quindi che l’emissione di sincrotrone avvenga alla frequenza νc , ma non è cosı̀.
Per velocità relativistiche i due lobi di emissione della radiazione E-M di una carica accelerata si
deformano moltissimo nella direzione della velocità. In pratica l’irraggiamento avviene in uno stretto
cono, che precede l’e− , la cui semiapertura θ è tanto più stretta quanto più alta è la velocità.
Si può trovare l’ampiezza θ del cono di emissione notando che nel sistema solidale con la carica la
massima emissione si ha ad un angolo θ0 = π/2 dalla direzione della velocità.
Passando al sistema di riferimento in quiete, l’angolo di massima emissione θ sarà legato a θ0 dalla
formula dell’aberrazione:
sin θ =
sin θ0
1
γ 1 + β cos θ0
che, calcolato per θ0 = π/2 e per v → c, ovvero per angoli θ piccoli, diventa
θ≈
1
γ
Per questo effetto, un osservatore riceverà radiazione di sincrotrone solo per il breve intervallo di
tempo ∆t in cui la sua posizione viene spazzata dal cono di radiazione emessa dalla carica:
2θ
∆t
=
T
2π
da cui
∆t =
θ 2π
2mc
θ
1 2γmc
T =
=
=
π
π ωs
γ qB
qB
In realtà l’intervallo ∆t viene percepito dall’osservatore come più corto, perché la carica si sta
muovendo verso l’osservatore nel ∆t e quindi la radiazione emessa alla fine del ∆t deve percorrere una
distanza inferiore a quella percorsa dalla radiazione emessa all’inzio del ∆t.
Se la radiazione iniziale è emessa in P0 al tempo t = 0, durante il ∆t la particella percorrerà un tratto
L e arriverà in P1 . Qui emetterà la radiaione finale. Ma la radiazione iniziale è passata in P1 all’istante
L/c, mentre quella finale viene emessa in P1 all’istante L/v. L’intervallo di tempo ∆t0 tra la radiazione
iniziale e quella finale è quindi:
h
1 1
1 1
vi
∆t0 = L
−
= v∆t
−
= ∆t 1 −
v
c
v
c
c
da cui
∆t0 = ∆t
1 − vc 1 + vc
1 + vc
e, applicando solo al denominatore l’approssimazione v/c ≈ 1, si ottiene:
∆t
v2
∆t
∆t0 =
1− 2 = 2
2
c
2γ
Quindi l’osservatore percepisce una serie di impulsi di radiazione, ciasciuno di durata
∆t0 =
∆t
mc
= 2
2
2γ
γ qB
Lo spettro di potenza di questa serie di impulsi è pressocché piatto, con frequenza massima
ωmax ≈
1
γ 2 qB
=
= γ 2 ωc ωc
0
∆t
mc
24
visto che siamo nell’approssimazione in cui v/c ≈ 1 e quindi γ 1.
L’ultima equazione si può anche scrivere come:
2
γ 2 qB
1
qB K
=
ωmax ≈
=
∆t0
mc
mc mc2
dove K è l’energia della particella.
Quindi gli elettroni che spiraleggiano nel campo magnetico di una galassia, pur orbitando a frequenza
basse, ωc , emettono radiazione di sincrotrone, emettono radiazione di sincrotrone a frequenze che possono
essere di molti ordini di grandeza superiori.
Ad esempio nei filamenti della Crab Nebula il campo magnetico è dell’ordine di 10−4 Gauss.
Un elettrone non relativistico gira alla frequenza di ciclotrone
νc =
eB
4.8 · 10−10 · 10−4
Hz ≈ 300 Hz
=
2πme c
2π · 10−27 · 3 · 1010
Un elettrone relativistico, nello stesso campo magnetico, emette radiazione di sincrotrone con frequenza massima di
K = 1 GeV ⇒ νs = νc
K = 1 T eV ⇒ νs = νc
K
me c
K
me c
2
2
109
≈ 300
8 · 10
1012
≈ 300
8 · 10
2
2
≈ 5 GHz microonde
≈ 5 · 1014 Hz raggi X
Il calcolo rigoroso permette di ricavale lo spettro emessio da elettroni monoenergetici che risulta essere
uno spettro di righe a tutti i multipli di ωc . Lo spettro si estende a frequenze talmente più alte di ωc che
a tutti gli effetti può essere considerato uno spettro continuo dato dall’inviluppo di tutte le righe.
La formula è
ω
ω
e3 B
P
= 16 2 p
ωmax
mc
ωmax
i
h
ω
è una funzione che da ω = 0 sale velocemente sino al suo massimo per ω = 0, 5 ωmax e poi
dove p ωmax
descresce lentamente, dimezzandosi a circa ω = 1, 5 ωmax .
6.2.1
Polarizzazione lineare
La riprova che la luce azzurrina proveniente dalla Nebulosa del Granchio sia di sincrotrone è data dalla
sua polarizzazione.
Per studiarla si prende un’immagine della sorgente attraverso un filtro polarizzatore (un polaroid nel
visibile o una griglia di fili metallici nelle microonde) che lascia passare solo la componente polarizzata
lungo l’asse principale del filtro.
Poi si ruota il polarizzatore e si studiano le eventuali differenze tra le immagini ottenute per diverse
orientazioni. Se non ci sono differenze allora la radiazione non è polarizzata, se ci sono allora lo è.
Si definiscono i parametri di Stokes come le differenze tra le intensità misurate in direzioni ortogonali:
π
π
3π
Q = I(0) − I( ; U = I( ) − I( )
2
4
4
Il grado di polarizzazione è
p
Q2 + U 2
Π=
⇒0≤Π≤1
I
mentre la direzione di polarizzazione è
χ = arctan
Q
U
La radiazione di sincrotrone è molto polarizzata: il grado di polarizzazione può arrivare fino all’80%.
25
Tipiche sorgenti che sibiscono radiazione di sincrotrone con alta polarizzazione sono i Nuclei Galattici
Attivi, galassie nelle quali un buco nero centrale supermassivo provoca fenomeni di altissima energia.
Lo studio della polarizzazione della radiazione di sincrotrone permette di inferire la direzione delle line
di forza del campo magnetico (ortogonali alla direzione della polarizzazione lineare) nella nostra Galassia.
Il campo magnetico risulta allineato lungo le braccia della Galassia.
Lo strumento che permette di misurare la polarizzazione quando il segnale è piccolo e non si hanno a
disposizione rivelatori a immagini è il polarimetro lineare, che usa un analizzatore rotante, il polarizzatore.
È istruttivo vederne il funzionamento in termini di matrici di Stokes.
Il polarimetro lineare. Un polarimetro è un dispositivo in grado di rilevare la luce polarizzata e di
misurare le relative caratteristiche di polarizzazione. Il polarimetro più semplice che possiamo immaginare
è un polarimetro lineare, che può essere costruito con un polarizzatore rotante davanti un rivelatore di
intensità. Un rivelatore di intensità è rappresentato da un vettore di Stokes D = (1, 0, 0, 0).
La potenza rilevata dal rivelatore da un fascio ottico con il vettore di Stokes S è semplicemente
w = DS = S0 (qui S = (i, q, u, v)). Se mettiamo un polarizzatore davanti il rivelatore, il polarizzatore è
denominato analizzatore e la potenza rilevata sarà w(θ) = DMP (θ)S.
Polarizzatore o diattenuatore.
Attenua diversamente le componenti ortogonali di un fascio ottico:
0
Ex = px Ex
Ey0 = py Ey
Usando le definizioni della S e di S 0
 0  
Ex0 Ex0∗ + Ey0 Ey0∗
I
 Q0   Ex0 Ex0∗ − Ey0 Ey0∗
 0 =
 U   Ex0 Ey0∗ + Ey0 Ex0∗
V0
i(Ex0 Ey0∗ − Ey0 Ex0∗ )
Ed inserendo le espressioni
 0
I
 Q0
 0
 U
V0
 
Ex Ex∗ + Ey Ey∗
I0
  Q0   Ex Ex∗ − Ey Ey∗
;  0  = 
  U   Ex Ey∗ + Ey Ex∗
V0
i(Ex Ey∗ − Ey Ex∗ )
 
per la E 0 , otteniamo:
 2

px + p2y p2x − p2y
 1  p2x − p2y p2x + p2y
= 
 2
0
0
0
0
Possiamo scrivere che:
 2
px + p2y p2x − p2y
0

1  p2x − p2y p2x + p2y
0
MC (0) = MP (0) = 
0
0
2px py
2
0
0
0
0
0
2px py
0

0
I
 Q
0 

0  U
V
2px py








Polarizzatore Ruotato.


0
1
0 
 def
= 

0
2
2px py
Σ
∆
0
0
∆ 0
Σ 0
0 X
0 0
cosı̀

1 0
1
0 c2
MP (θ) = 
2  0 s2
0 0
0
−s2
c2
0

0
Σ
 ∆
0 

0  0
1
0
∆ 0
Σ 0
0 X
0 0

0
1
0
 0 c2
0 

0   0 −s2
X
0
0
0
s2
c2
0

0
0 

0 
1
e

Σ
1
c
2∆
MP (θ) = 
2  s2 ∆
0
c2 ∆
c22 Σ + s22 X
s2 c2 (Σ − X)
0

  Σ = p2x + p2y

s2 ∆
0


 ∆ = p2x − p2y
s2 c2 (Σ − X) 0 

;
X = 2px py
s22 Σ + c22 X
0  

s = sin 2θ


0
X
 2
c2 = cos 2θ
e quindi per il polarimetro lineare si ha
26

0
0 

0 
X

Σ
1
c
∆
2
w = DMP (θ)S = (1, 0, 0, 0) 
2  s2 ∆
0
w=

s2 ∆
0
I
 Q
s2 c2 (Σ − X) 0 

s22 Σ + c22 X
0  U
V
0
X
c2 ∆
c22 Σ + s22 X
s2 c2 (Σ − X)
0


⇒

1
(ΣI + Q∆ cos 2θ + U ∆ sin 2θ)
2
Questo polarimetro non è sensibile alla polarizzazione circolare (V nullo). È sensibile alla polarizzazione lineare (Q ed U ) ed alla luce non polarizzata (I). Se il polarizzatore è ideale:
∆ = 1; Σ = 1; X = 0
e quindi si avrà:
w=
1
(I + Q cos 2θ + U sin 2θ)
2
Analizzatore rotante. Se siamo interessati soltanto alla componente di polarizzazione lineare, possiamo ruotare continuamente il polarizzatore: θ = ωt e guardare solo il segnale di AC alla frequenza
2ω.
Ciò permette di eliminare la componente non polarizzata, anche se è dominante, e rimuovere tutte le
componenti di rumore alle frequenze differenti da 2ω (demodulazione sincrona)
w=
1
(ΣI + Q∆ cos 2ωt + U ∆ sin 2ωt)
2
con
V (t) = Rw(t) + N (t) =
1
R[ΣI + ∆(Q cos 2ωt + U sin 2ωt)] + N (t)
2
dove R è la responsività del rivelatore, ΣI è il segnale costante (DC), ∆(Q cos 2ωt + U sin 2ωt) è il segnale
modulato (AC) e N (t) è il rumore (AC).
6.3
Radiazione di free-free
Si tratta dello scattering radiativo di particelle cariche (elettroni) nel campo elettrico E di un nucleo:
l’elettrone incidente viene deviato e quindi subisce una accelerazione; conseguentemente irraggia.
Per ora consideriamo una teoria approssimata in regime non relativistico.
Sia b la distanza di massimo avvicinamento tra e− e il nucleo di carica Ze. In b l’e− subirà la forza
massima e quindi la massima accelerazione:
amax =
e
Wmax =
e
Ze2
Emax ; Emax =
m
m4π0 b2
e2 a2max
e2
=
3
6π0 c
6π0 c3
Ze2
m4π0 b2
Il tempo durante il quale l’accelerazione è dell’ordine di amax è
τ=
2b
2b
=
v
βc
e quindi la quantità di energia irradiata sarà dell’ordine di
4
Q(b) = Wmax τ =
3
e2
4π0
3
Z2 1
m2 c4 βb3
Il pacchetto d’onde emesso avrà una durata dell’ordine di τ e quindi una massima frequenza 1/τ :
27
νmax =
1
βc
=
τ
2b
Se supponiamo grossolanamente che l’energia sia emessa in modo uniforme a tutte le frequenze, da 0
a νmax , avremo:
Z
Q(b) = I(ν)dν ≈ I(ν)νmax
e quindi lo spettro di emissione sarà
I(ν)dν =
Q(b)
8
dν =
νmax
3
e2
4π0
3
1
Z2
2
4
m c cβ 2 b2
Nel caso di elettroni relativistici questa formula risulta essere valida lo stesso: si studia il problema
nel sistema di riferimento dell’elettrone e poi si ritrasforma al sistema fisso. Si vede che sia Q(b) che νmax
vengono moltiplicati per γ.
Se in una regione ionizzata c’è una distribuzione termica delle velocità delgli elettroni, ciascun elettrone perderà continuamente energia a causa della radiazione che emette, ma ne riacquisterà a causa
dell’agitazione temrica.
Il calcolo dettagliato dell’emissione è complesso, ma per l’emissione totale si trovano i seguenti regimi,
vedi un esempio di emissione radio continua in una regione HII:
• regime di autoassorbimento: lo spessore ottico è alto e la regione emette come un corpo nero
(ν ≤ 102 Hz).
• regione di transizione (102 M Hz ≤ ν ≤ 103 M Hz).
• regione piatta : lo spessore ottico è basso e la regione emette con uno spettro quasi piatto ν ≥
103 Hz.
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