Opinioni, auspici (e citazioni) a proposito di didattica della

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Formazione, certificazione professionale e MOOCs
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Opinioni, auspici (e citazioni)
a proposito di didattica
della medicina
Gianluigi Trianni
Medico Sanità pubblica, Modena
già Direttore sanitario AO Careggi, Firenze
Abstract
L’autore, richiamatine preliminarmente i diritti costituzionali inerenti, illustra sinteticamente etimologia ed evoluzione storica
della didattica della medicina sino all’attuale epoca di terza rivoluzione industriale e di globalizzazione. L’auspicio della
diffusione dell’e-learning, di cui i MOOC sono parte, nella didattica della medicina è occasione per considerazioni sulla
opportunità dell’incremento numerico e della modifica dello stato giuridico del personale universitario, sulla integrazione tra
assistenza, didattica e ricerca e sui relativi impatti sull’organizzazione di Università e SSN.
Chi esprime le opinioni, gli auspici (e le citazioni) che
seguono non è esperto di didattica medica, della quale
è invece semplice “utente indiretto” e “committente” in
virtù dei diritti che la Costituzione riconosce a ciascun cittadino, potenziale paziente e interessato comunque alla
salute del “prossimo sociale” come elemento costitutivo
della sua propria salute.
Più in specifico è un utente ed un committente “relativamente informato”, in virtù di un passato di igienista ospedaliero che ha esercitato funzioni di direzione sanitaria e
generale in ospedali universitari e non ed in aziende usl.
In estrema sintesi potremmo definire i predetti diritti costituzionali come il diritto alla salute e, in via correlata e
dipendente, alla qualità delle cure, che è funzione anche
della qualità dei professionisti della salute, a sua volta
correlata alla qualità della loro formazione universitaria e
post universitaria e del loro aggiornamento.
Non è questa la sede per progredire nella disamina di tali
diritti ma è bene che tutti i “coinvolti” nella didattica medica, pubblica ma anche non, si rammentino che agiscono
sul terreno dei diritti costituzionali, vincoli ed opportunità supremi (!), prima che su ogni altro terreno, a cominciare da
quello del mercato, sbandierato come “moderno” in questi
tempi di liberismo “costituzionalmente irresponsabile”.
Al fine di richiamarne la “onnicomprensività” e la “pervasività” non è forse inutile rifarsi all’etimologia dei due
termini che compongono la preposizione “didattica della
medicina”, ed a cenni della rispettive evoluzioni storiche.
Il termine «medicina» deriva dal latino “medicus”, medico, che a sua volta deriva da “medeor, mederi”, «rimediare», ma in senso più stretto «medicare» «risanare, curare,
aver cura». Il medico era un uomo che aveva come sola
risorsa quella di aver cura di altri uomini, ricevendone in
cambio un obolo di riconoscenza. Senza lucrare, forniva
egli stesso il medicamentum. Chiunque avesse avuto bisogno del suo aiuto, poteva trovarlo, a ogni ora del giorno
e della notte, nella taberna medica, una bottega a metà
strada tra l´ambulatorio e il dispensario 1.
Se nel corso dei secoli la medicina, il «risanare, curare,
aver cura» da pratica è stata “promossa” a scienza, e
il mestiere a “professione”, negli ultimi decenni quella
medicina è esplosa in un “insieme di scienze” e quel
mestiere in un “insieme di professioni” finalizzate alla
tutela della salute.
Questi ultimi decenni, infatti, sono stati quelli della terza
rivoluzione industriale, quella dell’informatica, delle biotecnologie e dei nuovi (e nano) materiali, che iniziatasi
“in sordina” nel secondo ‘900 post bellico si è sviluppata “a valanga” nell’attuale inizio del terzo millennio,
ed appare addirittura prossima alla sostituzione/amplificazione da parte di una quarta rivoluzione industriale,
caratterizzata dall’affermarsi di “sistemi ciber-fisici” nei
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processi industriali, cioè dall’inserimento nei lavori svolti
dagli esseri umani di macchine intelligenti e connesse a
internet.
Tra gli altri aspetti da sottolineare, e di cui prender atto,
c’è il fatto che, ormai come in ogni ambito delle attività
umane, anche in quello “medico” o “della tutela della
salute” l’evolversi delle conoscenze e delle competenze
ha raggiunto una tale dimensione quantitativa ed una tale
complessità, peraltro in costante espansione (!), da non
potere essere più espletate da singoli “dotti”, (e quindi
neppure insegnate da singoli “docenti”!), ma da necessitare di una “pluralità di professionismi e di competenze”,
quindi di soggetti “dotti” (e di “docenti”!).
Anzi di più, nei fatti non solo si è passati da un “dotto” ad
una “pluralità di professionismi e di competenze”, ma si è
verificata una sorta di inversione di senso che potrebbe richiamarsi alle differenze fra induzione e deduzione: mentre la medicina sino ad oggi ha proceduto dal generale al
particolare, vedi il formarsi delle specialità, la medicina
che si sta affermando procede, e sempre più procederà,
dal particolare al generale. Già oggi, più o meno consapevolmente, sono i cultori delle specifiche patologie e
delle specifiche tecnologie diagnostico-terapeutiche, i “superspecialisti”, a dover/saper gestire, “in team”, per le
specifiche competenze acquisite non altrimenti reperibili
presso altri specialisti “generalisti”, i problemi e gli impatti clinici generali rispetto ai quali le scelte diagnostiche e
terapeutiche della specifica patologia/tecnologia di loro
pertinenza dovranno essere modulate. Si pensi al caso
dei percorsi assistenziali diagnostico-terapeutici (diabete.
BPCO, Ipertensione ecc) che sono in buona parte costruiti
su quadri morbosi che coinvolgono diversi professionisti,
di diverse discipline, di diversi setting assistenziali, e sono
sul piano organizzativo la massima garanzia di efficacia
da poter /dover fornire ai pazienti, per i quali sono inoltre, insieme all’accesso alle cure, la principale richiesta
inesaudita. E ciò vale anche per i pazienti pluripatologici
e di età avanzata.
Si è passati nei pochi decenni del ‘900 da una scienza
“ed una tecnologia” della salute espletabile da un singolo medico-chirurgo, espressione usata ancor oggi ma
non più corrispondente alla realtà, operante a domicilio
ed in “ospitali” premoderni con l’aiuto di “addette/i agli
infermi” senza specifica cultura che non derivasse dalla
sola esperienza pratica, all’epoca in cui esse sono state espletabili solo in grandi ospedali (ed in grandi poliambulatori) caratterizzati dalla specializzazione di medici, infermieri e tecnici sanitari, all’epoca attuale nella
quale la scienza e la tecnologia della salute costituite in
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realtà da un insieme “disparato” di scienze, discipline
e professioni, e sono espletabili, e da espletarsi, in un
“setting assistenziale”, nonché di formazione e ricerca
clinica, olonico-virtuale (virtualmente unico) che ingloba
Ospedali, sempre meno “ospitali/alberghi” e sempre più
centri di sofisticata tecnologia diagnostico-terapeutica e
di riabilitazione, e “territorio”, l’insieme di poliambulatori
polispecialistici decentrati e dei domicilii, comuni o personali, dei pazienti, interconnessi da quei sistemi di ICT,
tecnologia della comunicazione delle informazioni, che
costituiscono il substrato materiale della e-health.
Ma le nuove tecnologie della comunicazione e la correlata globalizzazione reale e potenziale del sapere scientifico, oltre a quelle dei capitali, della produzione e della
distribuzione, comprese quelle di attrezzature sanitarie
e farmaci, hanno già prodotto una globalizzazione anche delle attività assistenziali. Già oggi esistono, infatti,
reti globali su “patologie rare” che consentono di definire linee guida sulla base della messa in rete delle varie
casistiche cliniche. Non c’è dubbio che la attuale “personalizzazione” diagnostico terapeutica, nell’area delle
patologie ad alta epidemiologia, possa consentire nel
prossimo futuro reti diffuse mirate a specifiche caratteristiche del paziente.
Didattica deriva dal greco “di-dach-è”, insegnamento.
Dalla stessa radice sanscrita “dic” e della antica lingua
dei parsi persiani “dakhsc”, che si rafforzano reciprocamente e che entrambe hanno il senso di mostrare, derivano i termini greci “di-dasco”, insegnare, “di-dax-is”,
lezione, e “deknnyo”, indico, ed i termini latini “doc-eo”
insegno e “disco” apprendo.
È nel tardo latino che in luogo di “doc-eo” si afferma
il termine “insignare” composta da in- (intensivo) e da
signare nel senso di “mostrare, spiegare”.
“Anche se si tratta di una concezione che ancora perdura e addirittura sembra risultare predominante, tuttavia
si deve riconoscere che essa risulta infondata, in quanto
l’apprendimento non viene più concepito come un processo passivo di colui che offre al docente la sua tabula rasa perché egli vi segni (incida) le conoscenze. (a)
… L’insegnante non è colui che imprime le conoscenze
nella mente dell’alunno, universalmente considerato non
più passivo ma sempre attivo, ma è colui che crea le situazioni di apprendimento, i contesti di apprendimento,
le esperienze che gli alunni possono effettuare per riscoprire, reinventare, ricostruire i concetti“…” L’insegnare è
ancora tradurre in “segni” (in-signare), ma con la precisazione che: a) i segni possono essere concreti (comuni e strutturati),
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virtuali, iconici e simbolici; b) i segni debbono essere utilizzati, non tanto dagli insegnanti, quanto dagli alunni per scoprire, inventare,
costruire i concetti (problem solving), auspicabilmente
nella forma del lavoro di gruppo (cooperative learning). Questo significato dell’insegnare vale per tutte
le discipline … si articola in diversi momenti (motivazione, progettazione, ricerca, consolidamento, verifica, recupero, approfondimento ed arricchimento) 2.
L’apprendimento, a sua volta, consiste nell’acquisizione
o nella modifica di conoscenze, comportamenti, abilità,
valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi
tipi di informazione, si da acquisire nuove modalità di
agire o reagire, per adattarsi ai cambiamenti dei contesti
ambientali, compresi i contesti relazionali.
Lasciando alla psicologia ciò che è della psicologia ed
avvicinandosi ai temi della salute non può non osservarsi
che l’apprendimento riguarda prevalentemente gli adulti
e quindi la “tecnologia” di insegnamento da prediligere
dovrebbe essere l’Andragogia, da “aner andros”, uomo,
adulto, e “ago” condurre, insieme di tecniche di insegnamento che già nel XIX secolo si iniziarono a formulare
sulla base della considerazione che cambia con gli anni
la curva dell’apprendimento e che esso negli adulti si configura come un processo di ricerca attiva più che come
una ricezione passiva di contenuti.
In relazione all’espressione “didattica della medicina” è
banale, ma vincolante, l’osservazione che accanto ad
una storia della medicina della sua scienza e delle sue
tecnologie, tema che diamo per scontato sia presente a
chi legge, esiste una storia della tecnologia della parola,
cioè dei sistemi di comunicazione e delle relative tecnologie e ciò anche in ambito didattico, potendosi quindi
identificare una storia, ed una attuale precipitosa evoluzione, delle tecnologie didattiche.
Basti pensare al, tanto lento quanto di eccezionale importanza, passaggio dalla “tradizione orale” del sapere agli
albori delle civiltà alla trasmissione scritta data dall’incontro tra la parola e la scrittura e dall’evolversi di quest’ultima dalla manualità alla stampa.
Si pensi che nell’università medievale, la chirografia, oggi
così largamente soppiantata dai “bit” prodotti da tastiere
anche virtuali, induceva il docente ad esporre o a leggere
ad alta voce un testo, in latino “lectio” da cui lezione, sì
che i discenti potessero riprodurre sulle loro pergamene
sotto dettatura, testi e concetti esposti dal docente.
Quanta distanza dall’e-learning, reso possibile dalla predetta terza rivoluzione industriale e definito dalla Comunità Europea “Per e-learning (o apprendimento online, o tele
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apprendimento) si intende l’uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così
come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione
(creazione di comunità virtuali di apprendimento). (CEC
2001).
Si è passati dalla didattica “frontale” alla didattica a distanza.
“Dopo i primi tanto entusiastici quanto acritici approcci
al modello, sostanzialmente caratterizzato dall’accesso a
contenuti multimediali ed ipertestuali via internet, con i
primi fallimenti di tale semplicistico approccio ai problemi
dell’apprendimento, si sono avviate riflessioni, ricerche e
concettualizzazioni che hanno portato a nuove pratiche
di usi didattici delle tecnologie, tutte caratterizzate dalla
focalizzazione sull’apprendimento più che sulla tecnologia e sull’utilizzo delle tecnologie non come sostitute di
strumentazione analogica ma per quelle loro peculiari
caratteristiche che possono migliorare l’apprendimento.
Questo spostamento progressivo può essere letto come
articolato in quattro tempi:
• Il passato: e-learning o delivery mode
• Il presente: Collaborative & Networked learning
• Il futuro prossimo: Connected learning
• Il futuro remoto: Immersive learning” 3
Nel senso risultante dalla combinazione tra le etimologie
e le definizioni di cui sopra la didattica medica ovvero il
processo di promozione dell’apprendimento delle scienze
e delle tecnologie della salute opera come obbiettivo non
solo delle Università ma anche delle aziende sanitarie,
pubbliche e private, sia nei confronti dei professionisti che
dei pazienti, e per lo stato ed il suo servizio sanitario nazionale, anche per l’insieme dei suoi cittadini.
è questo un contesto di docenza/apprendimento, al pari
di quanto avviene nel resto del “mondo naturale e sociale”, nel quale convivono forme passate e forme future, in
un equilibrio che si sposta dal passato al futuro, talora in
forma lineare e continua tal’altra in forma di rottura e di
discontinuità.
Considero forma passata di docenza, e di organizzazione della docenza, la “lezione ex cathedra”.
Sino agli ultimi decenni dello scorso secolo le lezioni “ex
cathedra”, magistrali quelle dei grandi clinici (Giunchi,
Coppo, Neri Serneri ecc) erano sostanzialmente l’unica
forma di docenza ed erano adeguate a trasferire nozioni e
metodologia clinica dell’epoca; oggi, agli albori del terzo
millennio, permangono nei fatti, ma nei fatti sono finite.
Considero forma nuova di docenza, e di organizzazione
della docenza, la didattica tutoriale.
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Il termine tutor deriva dal latino tutari, intensivo del verbo tuéri, che significa “proteggere, difendere, custodire”.
In Inghilterra tutor è stato utilizzato a lungo anche come
sinonimo di istitutore privato. Oggi si può definire, (Trentin - 2004) “il gestore di processi educativi, spesso di tipo
collaborativo, basato sull’uso intensivo di tecnologie telematiche”.
“L’e-tutor, in effetti, non è un semplice tutor, ma necessita
di una preparazione in tutto simile a quella di un docente esperto della materia. In alcuni contesti, infatti, l’e-tutor costituisce il principale interlocutore per gli studenti e
li assiste nel percorso formativo fornendo loro un supporto didattico oltre che disciplinare e gestendo le attività
e le relazioni all’interno della community. Competenza
e preparazione nella propria materia di insegnamento, capacità di relazionarsi con gli studenti, conoscenza delle dinamiche di gruppo ed esperienza didattica
sono, o dovrebbero essere, caratteristiche fondamentali
di ogni docente, la cui formazione si perfeziona non
solo attraverso lo studio teorico, ma anche grazie alle
esperienze d’insegnamento in modo ricorsivo e continuo… all’interno di un corso di specializzazione in un
ambito disciplinare specifico e circoscritto le due figure
(docente e tutor) potrebbero coincidere poiché il tutor/
docente potrebbe possedere un’approfondita conoscenza della materia d’insegnamento e, allo stesso tempo,
le competenze psico-pedagogiche e tecniche necessarie
allo svolgimento di attività online. Diversamente avviene
invece in un corso multidisciplinare, quale ad esempio
un corso di laurea, che presenta diversi insegnamenti in
discipline differenti per le quali un solo tutor o docente non può fungere da esperto della materia. In questo
caso, infatti, è necessario distinguere le funzioni per lasciare ai docenti le competenze scientifiche e al tutor
quelle relazionali e gestionali. Per quanto riguarda la
supervisione e gestione di attività collaborative come forum, web conferencing, project work di gruppo, ecc., il
compito dovrebbe essere assegnato ai docenti stessi o
ad altri esperti divisi almeno per macro-aree disciplinari,
in modo da poter fornire sempre un feedback competente e puntuale su questioni scientifiche.” 4
Tale didattica “tutoriale” del presente e del futuro ha un
antesignano, nel passato, nella redazione delle tesi di
laurea nelle quali la funzione di “tutor” era/è assolta dal
relatore. Nell’ambito di quella “relazione profonda” docente/discente, che comunque è condizione di efficacia
di ogni attività di docenza e favorisce ogni attività di apprendimento, la redazione delle tesi di laurea esemplifica come la didattica tutoriale abbia il vantaggio che il
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discente “adulto” (cfr. andragogia) possa acquisire “sapere” attraverso un’attività di elaborazione dei “saperi”
“supervisionata” dal relatore, come “supervisionata” dal
relatore è la esposizione di una sua propria tesi, che in
qualche modo testimonia e forma il suo “saper fare”. Se
a ciò si aggiunge che ormai per l’espansione e la complessità dei saperi non solo le grandi scoperte ma anche
i semplice miglioramenti del bagaglio di conoscenze e
competenze di ciascuno e delle equipes di studio e lavoro si fanno negli interstizi tra i settori del sapere nel loro
intreccio e non all’interno dei blocchi disciplinari chiusi
si coglie come in un modo di produzione e di uso del
sapere che non può essere più autosufficiente, il sapere
stesso dipende dalle interrelazioni con il prossimo, con
gli altri “professionisti” e quindi dalla fondamentale capacità di “saper essere”, di saper restare in relazione
con il mondo.
E ciò è ormai esperienza diretta di tutti i professionisti
che operano per la salute.
Nel giuramento di Ippocrate, l’attività assistenziale, l’attività di ricerca e la didattica sono già integrate nella figura del Maestro. Nel terzo millennio il Maestro è plurimo e
globale ed è mediato da un tutor/teacher, anche e-.
Ma la didattica “tutoriale” ha altre due dimensioni di
attualità: una riguarda le disponibilità tecnologiche e
l’altra l’insufficienza del corpo docente universitario e
del suo attuale stato giuridico.
Entrambe le dimensioni possono essere presentate qui
solo in forma di auspicio e di esigenze.
È del tutto evidente che ad un’attività clinica globalizzata
basata sulla ICT, tecnologia della comunicazione delle
informazioni, consegua, in integrazione tra assistenza,
didattica e ricerca applicata, l’affermarsi di una didattica tutoriale che costruisca competenze per trasmettere
nozioni e prassi cliniche con il supporto dell’ICT.
Tutto questo vale sia per la formazione dei professionisti
della salute, non certo solo i medici, ma anche per le attività di aggiornamento che accompagneranno per sempre l’attività dei professionisti ed anche per la gestione
clinica degli stessi pazienti non più oggetto passivo del
sapere e dell’agire medico ma soggetto attivo e competente, “formando ed “informando” sulla prevenzione /
profilassi/ terapia e rieducazione delle sue patologie.
Ciò non si limita al semplice apprendimento ma si estende alla produzione del “materiale didattico” che proviene dalla sperimentazione clinica applicata quindi da
quel processo di valutazione e controllo delle innovazioni assistenziali che a sua volta produce innovazione
clinica e materia didattica.
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In questo senso vanno visti i MOOCs (Massive Open Online Courses), una delle forme di e-learning, necessariamente facilitati da una funzione di tutor necessaria sia nella
prima formazione che nell’educazione professionale.
Ed è la funzione di facilitatore “tutor” che porta alla seconda dimensione su accennata circa l’inadeguatezza tanto
numerica che giuridica del corpo docente universitario
dedito alla scienza della salute, rimandando l’approfondimento del tema del rapporto tra società della conoscenza globalizzata ed università al recentissimo “L’università
nel XXI secolo” di M. A. Garito, ed alla appassionata
prefazione di P. Prodi 5.
Nell’attuale specifico dell’insegnamento universitario della medicina da un lato è evidente che la dialettica tutoriale del presente e del futuro comporta un rapporto
“teacher/tutor-discente” basato su piccoli numeri. Ne
consegue la necessità di molti teacher/tutor. È chiaro che
se si deve, come è opportuno, puntare alla qualità – ovvero ad efficacia ed efficienza – della funzione teacher/
tutor, occorre selezionare professionisti adeguatamente
formati. Pertanto, per approdare all’attualità, un numero
di docenti universitari di scienze della salute, incomparabilmente superiore a quella attuale.
Nelle organizzazioni sanitarie contemporanee è nei fatti
operante già oggi l’organizzazione tridimensionale in-
Figura 1.
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tegrata per “aggregati disciplinari e professionali”, per
“aree logistiche e macro funzioni” e per “obbiettivi di salute/mercato” rappresentata nella figura di seguito ma
anche l’integrazione tra assistenza didattica e ricerca 6.
Auspicio dello scrivente è anche che si prenda atto che
gli insegnamenti e gli apprendimenti della scienza della salute sia nella dimensione universitaria che in quella dell’alta formazione professionale ormai si espletano
anche, e saranno sempre più espletabili ed espletandi, “fuori dalle mura dell’ospedale” e quindi anche le
funzioni universitarie si espletino uscendo “dalle mura
dei pochi ospedali universitari” per estendersi a tutti
gli ambiti delle strutture ospedaliere e non del servizio
sanitario nazionale.
Altro che smantellamento e definanziamento di Università
e SSN.
In tale contesto la complessità della funzione tutoriale,
con il tempo che la stessa richiede, comporta un totale
disallineamento della funzione didattica da quella di direzione delle attività esistenziali e di direzione delle attività
di ricerca! La funzione didattica, così estesa e complessa, porta con se l’esigenza di una funzione manageriale dell’attività didattica, che dovrà essere coordinata e
interagente con le funzioni manageriali dell’assistenza e
della ricerca.
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Tale attività manageriale neppure può essere sovrapposta e identificata, ma solo correlata e interagente con le
funzioni di management assistenziale e di ricerca di base
ed applicata, già oggi esuberanti per i veri ricercatori e
assorbenti la loro energia intellettuale.
Queste tre dimensioni “manageriali” vanno ovviamente
plasmate su multiformi modelli organizzativi, non affermate in via burocratica.
Per essere più espliciti, basta con il vincolo della direzione delle unità operative (ex primariati) del Servizio sanitario nazionale collegato allo status di professore ordinario
e con le speciose distinzioni tra docenti ordinari, docenti
associati, e ricercatori dediti all’insegnamento.
“La didattica della medicina” oggi chiede altro!
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Bibliografia e Sitologia
1
G. Cosmacini, La lunga storia del medico. Editori Laterza 2011.
U. Tenuta, Insegnare ed apprendere. Rivista Digitale della Didattica http://www.rivistadidattica.com/
2
G. Marconato, La breve storia delle tecnologie digitali, in “Le
tecnologie nella didattica”, Erikson, 2009.
3
C. Chioccia, E-tutor o e-teacher? Ricerca & Tecnologia n.5,
2002.
4
M.A. Garito, L’università nel XXI secolo, prefazione P. Prodi,
McGrow-Hill Education, 2015.
5
G. Trianni, La progettazione organizzativa in Sanità. Salute e
Territorio, Anno XXXVI, Fascicolo 204, 2015.
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