44
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“Rosmini
era felice”
Ho sentito la Messa del Rosmini per la festa del Corpus
Domini. La è lunga: ma a me piace così...
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Quest’oggi è la processione del Corpus Domini: qui stanno
tutti affaccendati a metter su archi, tende e tappeti. Che
festa! Che importanza! Quando si torna dalle città grandi,
niente di più incomprensibile delle preoccupazioni degli
uomini dei borghi e dei villaggi. Il Rosmini era felice del
dover tenere il cero e seguire il Sacramento...
Or, noi critici, scettici e sbeffatori, non sapremo trovar mai
una gioia comune a un uomo grande e a uno piccolo, a un
potente e a un plebeo, a una mente alta e a una pusilla.
Ruggero Bonghi
esule napoletano “indevotissima persona”, come egli stesso si definisce,
che non ascoltava la Messa “se non quasi obbligato”.
Ospitato a Stresa da Rosmini, viene conquistato dalla sua convinta umanità
religiosa.
45
46
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D
-IL’Epoca della Verità
Il pensiero moderno vede un ripiegamento dell’uomo su
se stesso. La questione fondamentale diventa raggiungere
alcune conoscenze certe sulle quali costruire una visione
del mondo, dell’uomo e della società. “La filosofia diventa
una scienza del puro pensiero” (Giovanni Paolo II, Memoria e
identità). L’uomo non si cimenta più con l’Assoluto, preferisce
una conoscenza limitata, ma controllabile: la Certezza
prende il posto della Verità.
La realtà è ridotta ad un’ipotesi (razionalismo di Cartesio),
oppure al puro dato della sensazione (empirismo di Locke
e Hume), ma comunque inevitabilmente sfugge all’umana
conoscenza, sempre più concentrata nel trovare una certezza dentro di sé (criticismo kantiano)
“Io sono una cosa che pensa, cioè che dubita, che afferma,
che nega, che intende poche cose e che molte ne ignora,
che vuole, che non vuole, che immagina anche e che sente;
come infatti ho prima rilevato, sebbene le cose che sento
e immagino fuori di me forse non siano nulla, tuttavia quei
modi di pensare che chiamo sensazioni e immaginazioni,
per il solo fatto che sono dei modi di pensare, sono certo
che siano in me” (Cartesio, Meditazioni metafisiche III)
-IIL’Epoca della Certezza
(Aristotele, Metafisica, A1, 993b7 segg.)
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La storia della filosofia, e con essa
dell’intera cultura occidentale, si caratterizza come ricerca di una risposta a quelle
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domande di significato che animano il cuore
dell’uomo: Chi sono?, Perché esisto? Perché esiste l’essere anziché il nulla? Che senso ha la vita?
Perché la morte?... La prima grande stagione del pensiero, che inizia con la filosofia greca e arriva fino al
periodo medioevale, è caratterizzata dalla consapevolezza dell’esistenza di una realtà che esiste prima e indipendentemente dall’uomo, che va ricercata, accolta, compresa…La possibilità dell’errore non diventa mai
obiezione alla Verità, ma segno della difficoltà
del cammino…
“…la causa della difficoltà non sta nelle cose, ma in noi.
Infatti, come gli occhi delle nottole si comportano nei confronti della luce del giorno, così anche l’intelligenza che
è nella nostra anima si comporta nei confronti delle cose
che, per natura loro, sono le più evidenti di tutte”.
H
E
Il Grande
Grido
Rosmini
profeta
della ragione
“Non è la verità frutto dell’umana intelligenza, ma l’umana
intelligenza frutto della Verità. Con l’atto del capire l’uomo
non dà, ma riceve. Egli è interamente passivo rispetto alla
verità” (Antonio Rosmini, Unità dell’Educazione)
all’Università di Ratisbona, 12 Settembre 2006)
La filosofia di Antonio Rosmini costituisce la possibilità per un ritorno all’essere, per rifondare un pensiero
in grado di affermare e comprendere la Realtà. Solo così
l’uomo contemporaneo può ricercare il senso di sé, del
mondo e della propria civiltà. “Dove c’è Dio, là c’è futuro”
ha ricordato Benedetto XVI (Mariazell il 9 settembre 2007), ma
per arrivare a Dio è necessaria tutta la potenza della ragione “Non agire secondo ragione, non agire secondo il
logos, è contrario alla natura di Dio” (Benedetto XVI, Discorso
-IVIl Ritorno all’Essere
Ma l’uomo che nega la realtà o la riduce ad un prodotto
della propria mente (idealismo hegeliano), non può che
arrivare a negare il senso del proprio essere uomo, il valore della dignità della persona…. Si parte dalla negazione del reale, per arrivare alla morte di Dio e poi alla
morte dell’uomo stesso. E’ l’epoca delle grandi ideologie
che hanno devastato il mondo del XX secolo e stanno devastando quello del XXI…“Dov’è andato Dio? Ve lo voglio
dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi ed io! Siamo noi tutti
i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come
potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dette la spugna per cancellare l’intero
orizzonte? Come mai facemmo a sciogliere questa terra
dalla catena del suo sole?...Esiste ancora un alto e un
basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è
fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più
notte?...Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini?” (F. Nietzsche, La Gaia Scienza, 125)
-IIIL’Epoca del Nulla
Chi siete voi?
Io sono un Uomo
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Uno dei compiti che Antonio Rosmini si assume è quello di contribuire a ridare
alla filosofia lo slancio per arrivare a conoscere la realtà. La grande
tradizione cristiana, dalla Patristica alla Scolastica, ha sempre difeso con vigore il ruolo della ragione, strumento importantissimo dato all’uomo per arrivare
alla Verità e dunque alla conoscenza di sé stesso, del mondo e di Dio, origine
e fondamento della realtà stessa.
Rosmini è consapevole però che la cultura cattolica non sta più rispondendo
alla sfida dei tempi.
uomo
Di fronte agli attacchi dell’illuminismo, del sensismo e del nascente idealismo la Chiesa “gioca in difesa”, proponendo splendide figure di santi
uomo
della carità (don Bosco, il beato Cottolengo, il Cafasso…) ma rinuncianu o m o do ad interloquire con la cultura.
In questa strenua e vibrante difesa della ragione, a cui viene
u o m o esortato già nel 1829 da Papa Pio VIII, durante un viaggio a Roma, si
colloca la specificità della missione di Antonio Rosmini e la sua straoru o m o dinaria modernità, che non riguarda soltanto il contenuto del suo pensiero, questa radicale e necessaria riscoperta della capacità della rau o m o gione di conoscere la realtà, ma investe tutto il suo metodo filosofico.
Punto di partenza è infatti l’umiltà intellettuale che lo porta ad
osservare e prendere estremamente sul serio la propria esperienza
di uomo.
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m o Emblematico in questo senso l’interrogativo con cui inizia il suo
disposto secondo l’ordine delle idee: “Chi siete
m o Catechismo
voi? Io sono un Uomo. Che cos’è l’Uomo?”.
m o “La scuola teologica partì dalla meditazione di Dio: io partii
dalla meditazione dell’uomo, e mi trovai non
m
o semplicemente
di meno pervenuto alle conclusioni medesime”
M O (A. Rosmini, Il Rinnovamento della filosofia in Italia)
già nella grande tradizione filosofica che ha due
M
O Come
campioni in Socrate e S. Agostino, Rosmini parte dal-
M
M
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la presa di coscienza, tenera e appassionata,
di quello che l’uomo è, della tensione ultima
che ci porta verso un “oltre”, del grido, sotteso
ad ogni circostanza, che è sempre domanda, esigenza
di compimento, così come ci descrivono questi versi di
Clemente Rebora...
U O M O
UOMOUOMO
UOMO UOMO
UOMO UOMO
Giacomo Balla, Velocità astratta più rumore 1913-14
U O M O
47
...Qualunque cosa tu dica o faccia
C’è un grido dentro:
Non è per questo, non è per
questo!
E così tutto rimanda
A una segreta domanda:
L’atto è un pretesto
(C. Rebora, Sacchi a terra per gli occhi)
Partire
dall’Osservazione
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Grido
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Rosmini, dunque, prende molto sul serio
la propria esperienza di uomo.
Come vedremo più avanti nel momento in cui per la prima volta ha intuito l’Idea dell’essere, cuore e cardine della sua concezione filosofica, è proprio partendo dall’osservazione del modo con cui l’uomo conosce, che il nostro autore arriva alla
constatazione di un fatto fondamentale “l’uomo pensa l’essere in modo
universale” (A. Rosmini, Nuovo Saggio sull’origine delle idee, II, n. 399)
Non a caso, circa un secolo dopo, Alexis Carrel, grande medico e fisiologo
francese, fissava, in poche memorabili righe, il primato dell’esperienza come
uomo
fondamento del conoscere: “Osservare è meno facile che ragionare.
E’ risaputo che scarse osservazioni e molti ragionamenti sono
uomo
causa di errore. Molta osservazione e poco ragionamento conu o m o ducono alla verità”.
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Rosmini parte dall’analisi della conoscenza, perché questo era il problema centrale della filosofia moderna, preoccupata di garantire all’uomo
una certezza indubitabile, ma soprattutto perché ogni uomo, ogni bambino, ha come esperienza prima, più semplice e fondamentale, quella
di conoscere, di aprire gli occhi sulla realtà che lo circonda. Il pensiero
moderno, dal razionalismo all’empirismo, ha proprio “dimenticato” di
partire seriamente dall’esperienza; solo così ha potuto ridurre l’uomo
ad un Cogito (Cartesio), arrivando addirittura a mettere in dubbio la
realtà, o ad una Tabula rasa (Locke), riducendo la conoscenza umana al dato immediato (Hume).
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L’osservazione libera da preconcetti conduce, invece, Rosmini ad
m o accorgersi che la conoscenza umana è data dalla sintesi di
due elementi: un elemento che ci deriva dalla sensazione
m o (secondo la terminologia rosminiana modificazione del
sentimento fondamentale corporeo) e un elemento
m
o che consente all’uomo di trasformare il dato della
sensazione nella dimensione ideale del pensiero:
M O l’Idea dell’essere, forma a-priori della conoscenza
umana.
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Non più quindi un contenuto innato (razionalismo), ma
neanche un appiattimento della conoscenza ai dati immediati
dell’esperienza (empirismo); nella conoscenza umana
c’è di più. E’ dunque riflettendo su di essa che Rosmini
scopre nell’uomo qualcosa di irruducibile, che lo spalanca
all’infinito.
U O M O
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O “(l’intelletto umano) intuisce l’essere ideale
determinazioni, e non ha altre deterUOMO UOMO senza
minazioni fuorchè quella del proprio sentifondamentale corporeo(...). Questa
UOMO UOMO mento
concezione iniziale dell’essere e prima performa la base dell’intelligenza e
UOMO
UOMO cezione
della specie umana”
Pier Luigi de’Lutti, Verde oltre mare 2004
(A. Rosmini, Antropologia in servizio della scienza morale)
48
L’uomo e il desiderio
di felicità
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Paul Cézanne, Il Ragazzo con il panciotto rosso, 1888-90
49
di soddisfare il proprio desiderio connaturato
di felicità. Il legislatore non potrà avere
l’illusoria presunzione di preconfezionare
altre risposte a questo desiderio di religiosità,
pena l‘annullamento dell’uomo stesso.
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“Quando mi
ascoltava”
Quando avvenne che lo conobbi di persona, fu tanta
l’affabilità, la semplicità, l’umiltà, la cortesia con cui mi
accolse, ascoltò le mie domande, le mie difficoltà, persino
le mie opposizioni, e ragionò con me per introdurmi negli
arcani della sua sapienza, che vidi in lui non più l’uomo,
ma il Santo provvidenziale…
Questa mia idea, che egli fosse ispirato, in comunicazione
privilegiata con Dio, un santo per eccellenza, mi venne
confermata e ingrandita dallo studio delle sue opere:
perché mentre egli vi compendia la sapienza di tutti i
secoli e vi trasfonde un amore predominante per la gloria
della Chiesa di Cristo, spinge la meditazione filosofica e
teologica a tanta altezza e sublimità, che mi palesa non
un uomo terreno ma celeste.
don Giuseppe Pederzolli
religioso rosminiano
51
L’Idea dell’Essere
“Quand’io studiavo filosofia a Rovereto, andavo un giorno tutto solo e
raccolto nei miei pensieri per la Terra
(una via della città), speculando su tutto
quello che mi veniva in mente; fermavo la mia attenzione or su l’uno, or su
l’altro degli oggetti del mio pensiero;
e subitamente vedevo, che ciascuno di
essi era tutt’altro che semplice, ma sì
mi appariva come un gruppo di molti
oggetti. Guardando però meglio vedevo, che questi, anzi che molti oggetti,
si avrebbero dovuti dire molte determinazioni di un oggetto più universale,
e meno determinato, quale maggior
contenente di quelli. Rinnovando su
questo la medesima analisi, che fatto
avevo sugli antecedenti, mi accorgevo,
che anch’esso era nella medesima condizione, e che, svestendolo per astrazione di quelle determinazioni meno
definite che gli restavano ancora, mi
si presentava di nuovo oggetto ancor
più universale e meno determinato di
quello. Dico nuovo al mio intuito, perché sotto quel nuovo aspetto io non lo
avevo ancora riflesso, ma non nuovo
in se stesso, perché desso era il contenente, non soltanto di quell’oggetto
sul quale facevo la detta operazione,
ma anche degli altri, sui quali l’avevo
fatta precedentemente. Continuando
di questo passo, qualunque fosse il
punto di partenza, io mi trovavo sempre giunto all’universalissimo oggetto
dell’Essere ideale, svestito di ogni qualunque determinazione, sicchè da lui
non mi era più possibile astrar nulla
senza annullare il pensiero, e lui vedevo come contenente massimo di tutti
gli oggetti già prima contemplati…”
Francesco Paoli,
Della vita di Antonio Rosmini Serbati, I, Torino 1880
52
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La scoperta
dell’Idea dell’essere
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Nella “Vita di Antonio Rosmini” scritta da uno dei suoi primi confratelli, Francesco Paoli,
è riportata la memoria in cui un Rosmini giovanissimo intuisce per la prima volta che,
sottesa ad ogni atto del pensiero, ad ogni idea, c’è l’intuizione immediata e
originaria dell’essere: spogliando ogni nostra idea di tutte le sue caratteristiche particolari
(dall’idea di quel larice che c’è in giardino, all’idea di larice in generale, all’idea di albero….)
non si arriva al nulla, ma a quella che Rosmini chiama Idea dell’essere.
“Prendiamo ad esempio l’idea della pietra, dell’albero, dell’animale
e dell’uomo. Che cosa mi fa conoscere l’idea della pietra? Un essere,
ma non qualunque essere, bensì quello che ha le determinazioni
della pietra… Che cosa mi fa conoscere l’idea di uomo? Sempre
un essere, ma coi caratteri e con le determinazioni che sono propri
dell’uomo. Dunque l’essere si trova in tutte le idee, e ogni
determinazione non è altro che la stessa idea dell’essere
vestita e limitata da certe determinazioni. Tutte le idee,
adunque, hanno un fondo uguale, hanno un elemento comune, che
è l’essere ideale o possibile”
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2
La conoscenza umana è resa possibile dalle idee
(idea di
uomo, di albero, di animale…) idee che hanno in
sé alcune caratteristiche che eccedono l’esperienza
sensibile.
Prendiamone in considerazione due fondamentali:
l’universalità e la necessità. L’idea di albero che mi
sono formato osservando un albero concreto si riferisce
però a tutti gli alberi, dunque è universale, e permane nel
mio intelletto anche se l’albero che ho osservato cessa di
esistere, dunque è necessaria; questa constatazione di un
fatto richiede solo il coraggio di cedere all’evidenza. Le
caratteristiche delle idee: oggettività, possibilità (o idealità),
semplicità, unità, universalità e necessità, immutabilità ed eternità,
indeterminatezza, non possono certo derivare dalla percezione
degli esseri materiali che ne sono di per sé privi, devono venire,
allora, da un’altra presenza che l’uomo trova nel suo intelletto,
che riceve con la propria natura. Questa presenza, semplicissima
e fondamentale, è ciò che Rosmini chiama Idea dell’essere.
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(A. Rosmini, Breve schizzo dei sistemi di filosofia
moderna e del proprio sistema)
La scoperta dell’Idea dell’essere, primo e f o n d a m e n t a l e
contenuto dell’intelletto, diventa la chiave di volta su cui
Rosmini recupera la grandezza e la dignità dell’uomo come
essere aperto all’Infinito, in un’epoca determinata da un
pensiero che, nel tentativo di porre l’uomo come ultimo
giudice della realtà, lo riduce a frammento inconsapevole
in balia dello stato.
53
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Una finestra
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L’Idea dell’essere ha un’importanza fondamentale non solo per quanto riguarda il
problema della conoscenza, ma per l’intera concezione dell’uomo e dunque per tutti
gli ambiti del sapere: “…così la ricerca astratta dell’origine delle idee diventa
grave e importante pei destini dell’uomo”. (A. Rosmini, Breve schizzo dei sistemi di
filosofia moderna e del suo proprio sistema) .
Riconoscere l’idea dell’essere, infatti, significa ammettere che essa non può venire dall’esperienza
sensibile e dunque interrogarsi sulla sua origine, sulla natura dell’anima umana che è in grado di
riceverla e contenerla, sul metodo e la portata della conoscenza umana, sulla capacità dell’uomo di
conoscere e fare il bene…
L’Idea dell’Essere risulta allora, veramente la chiave di volta di
una filosofia in grado di condurre gli uomini alla conoscenza e
all’amore del Vero, “dalla ragione alla religione”, per usare la famosa
espressione di Pio VIII…
“L’idea dell’essere è come una finestra spalancata sull’infinito,
e fa conoscere all’uomo ciò che non può dargli: il sentirsi
povero dell’Assoluto è possibile all’uomo grazie a ciò che lo
fa immensamente ricco, facendogli conoscere l’esistenza di una
Verità, di un Bene, di un Gaudio che trascendono infinitamente i
limiti del creato”
(G. Taverna Patron, Antropologia e religione
in Rosmini)
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26
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Se è vero, dunque, che l’uomo riconosce nel suo
intelletto la presenza dell’idea dell’essere, richiamo
dell’Essere Assoluto, è anche vero che l’Idea dell’essere
rivela solo in modo parziale ciò di cui è segno (nel
linguaggio rosminiano l’idea dell’essere è appunto
essere ideale, non reale; riverbero, non realtà sostanziale).
La presenza dell’Idea dell’essere diventa allora
rivelatrice proprio di ciò che manca, un “già e non
ancora”, una nostalgia dell’infinito saldamente
ancorata alla concezione di uomo, essere dotato di
una ragione che lo spalanca al mistero dell’Essere.
L’esperienza della mancanza che diviene attesa
ferisce l’uomo nel più intimo del suo cuore, così come
splendidamente espresso dalla poesia di Rebora “Dall’immagine
tesa” ascoltata all’inizio del nostro percorso espositivo.
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Perché, pensando alla persona, pensiamo a qualcosa di tanto grande e assoluto che
nient’altro le può essere superiore? Perché la persona è sempre fine e non può mai essere ridotta a strumento? Da dove viene alla persona tanta dignità per essere il fulcro di ogni
azione sociale e politica?
L’altissima dignità della persona umana sta nel fatto che essa possiede qualcosa
del Verbo divino. L’essere universale che è presente alla sua mente e illumina la sua
ragione, è chiaramente una scintilla del fuoco divino, come un raggio è solare anche se non
è il sole.
“Le verità soprannaturali suppongono e si richiamano alle verità naturali…
L’uomo non potrebbe essere atto a percepire le cose misteriose della
divinità se non fosse ragionevole, ossia se non avesse in sé l’essere ideale,
mezzo di ogni cognizione e percezione intellettiva”
(Antonio Rosmini, Antropologia soprannaturale)
Quest’idea dell’essere, per la sua universalità,
ha un’estensione infinita, e rende l’uomo che la
possiede di capacità infinita.
L’idea dell’essere, “partecipazione del
lume divino”, pone nell’uomo, consapevole o no, nella pienezza delle sue facoltà
o no, una appartenenza non a se stesso o
ad altri uomini, ma all’Infinito, a Dio e a Lui
lo destina.
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Questo raggio divino dà valore alla coscienza
umana e alla libertà, conferisce diritti e doveri a tutti
e ciascuno, stabilisce l’orizzonte di conoscenza, di incontro
e di dialogo con ogni individuo, fonda l’esigenza religiosa di
ogni uomo, è la base su cui è possibile inserire il soprannaturale
come partecipazione alla vita di Grazia nella comunione reale
con la divinità.
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ogni parola
è una fede”
Il vissuto rosminiano è quello di un uomo che dava alle
sue esperienze il massimo di significato... Le parole che
egli usa: giustizia, individuo, libertà e simili, sono prese
nel più alto potenziale di vita, e per lui ognuna di quelle
parole è una fede...
Ora queste parole le pronunciamo anche noi, ma nel
modo più esangue, più languido, nel loro minimo significato di vita, quasi pure parole, perché necessariamente le
riduciamo alla nostra irrisoria statura e superficiale esperienza. La legge che riconosce l’essere è veramente il criterio profondo dell’esperienza rosminiana, non solo della
vita morale, ma della speculazione, perché la speculazione è per Rosmini parte essenziale della vita morale e ha
gli stessi e forse più rigorosi doveri di questa.
Giuseppe Capograssi
nel 1955 nominato dal Capo dello Stato
giudice della Corte Costituzionale
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La conoscenza umana, e dunque la stessa esperienza dell’uomo, l’uomo stesso, è sintesi
tra finito e infinito. Il “finito” è dato dal contenuto della sensazione, che Rosmini chiama
modificazione del sentimento fondamentale corporeo, attribuendo così grandissimo valore
alla corporeità e superando definitivamente i limiti del razionalismo, mentre l’“infinito” è dato
all’uomo proprio dalla sua capacità di ricevere l’Idea dell’essere, superando quindi i limiti imposti
dall’empirismo e dal criticismo kantiano. L’Idea dell’essere risulta dunque come l’unica forma apriori necessaria, che Rosmini chiama anche Lume della ragione, Unica forma della ragione,
Lume d’evidenza… Non è la “Ragione” criterio di verità (come volevano gli illuministi), ma il
“Lume della Ragione”. La ragione, infatti, suprema facoltà dell’uomo, per conoscere l’essere
ha bisogno di ricevere un lume, di accogliere qualcosa di più grande di sé e, come tale,
oggettivo, che le consenta di essere se stessa, di essere cioè capacità di desiderare,
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ricercare e comprendere, seppur in modo imperfetto, la Verità. La soluzione
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del grande enigma del pensiero moderno, cioè della ricerca di una
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conoscenza certa e indubitabile è ancora una volta, per Antonio
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Rosmini, la constatazione di un fatto: conosciamo solo ciò
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di cui abbiamo già traccia dentro di noi, in fondo
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solo ciò di cui e per cui siamo fatti, dobbiamo solo
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cedere a questa evidenza, con grande umiltà…
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(C. Rebora, Frammento: Clemente non fare così)
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(A. Rosmini, Breve schizzo dei sistemi di filosofia
moderna e del suo proprio sistema)
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Antonio Rosmini si ritrova, così, nella grande tradizione che fu già di S. Agostino e, prima di lui di
Socrate e Platone. L’uomo trova in sé la strada (Idea
dell’essere) che gli consente di conoscere la realtà
che lo circonda e che lo spalanca all’Infinito.
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“...e quell’unica idea primitiva non potendo di conseguenza essere il prodotto di queste operazioni, di cui è la condizione indispensabile, conviene che sia data all’uomo dalla natura; di modo che l’uomo sappia
che cosa è l’essere, senza che abbia bisogno d’impararlo,
imparando tutte le altre cose coll’aiuto di questa primitiva
cognizione”
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“…il diritto è un’entità ideale e morale, quanto il dovere e noi ne dobbiamo trovare
la sorgente colà appunto, dove abbiamo trovata quella del dovere. Dove è la sorgente del dovere? Dove l’abbiamo noi rinvenuta? - Ivi, dove si trova la volontà e la legge”.
(A. Rosmini, Filosofia del diritto)
Rosmini, in modo quasi paradossale, definisce il diritto a partire dal dovere e ritrova l’origine di
entrambi nella volontà e nella legge. Ma quale significato assume il termine volontà? E quello di legge?
Nell’uomo, oltre al “lume della ragione”, che gli consente di riconoscere la verità, vi è la volontà
che gli permette di affermarlo praticamente, e, riconoscendo la verità ad esso connaturata, lo
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afferma adempiendo così al proprio dovere. E’ l’oggetto pertanto che si impone
all’uomo e che determina la legge morale, cioè il dovere, oggetto della
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scienza morale. Dalla volontà che riconosce le cose per quello che
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sono, deriva il piacere identificato da Rosmini come l’oggetto della
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scienza eudemologica. Questo piacere, quando è protetto dalla
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legge morale – dettata dalla natura dell’oggetto – costituisce
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il diritto.
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Il riconoscimento instilla nell’uomo un’intima gioia
poiché, afferma Rosmini, “l’anima intellettiva”, non
turbata dall’amarezza di volere il contrario di ciò
che riconosce come doveroso, si apre alla bellezza
da cui scaturisce la vera felicità.
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“…..il dovere viene imposto dall’oggetto, mentre
il diritto scaturisce, quanto alla sua materia,
dal soggetto…così il dovere ha un’esistenza
indipendente dal diritto ”
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(A. Rosmini, Filosofia del diritto)
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Da ciò deriva, quindi, che il diritto non è nient’altro che la libertà di agire,
ma tutelata dal dovere, entro il dovere.
Quando la libertà acquista la definizione di morale e quindi di diritto?
Quando agisce dentro la legge, nel rispetto della legge posta dall’oggetto.
Se l’atto, prodotto della libertà, viola la legge morale “è torto, non può essere diritto”.
Non ogni pretesa può acquisire la dignità di diritto. “Un mero capriccio non può mai esser l’oggetto
di alcun diritto”. (A. Rosmini, Filosofia del diritto)
“Per perfezionarsi nel suo ordine specifico la persona deve compiere il bene ed evitare il male,
vegliare alla trasmissione e conservazione della vita, affinare e sviluppare le ricchezze del mondo
sensibile, coltivare la vita sociale, cercare il vero, praticare il bene, contemplare la bellezza”
(Giovanni Paolo II, Veritatis splendor)
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Qualunque sia lo sviluppo della ragione umana e il progresso della scienza accumulata
nei secoli, dobbiamo riconoscere che essa non potrà mai possedere l’infinito disegno
dell’universo e delle leggi che lo governano. L’uomo scopre e riconosce ciò che già
esiste ciò che infinitamente lo precede. E mentre ogni scoperta sembra svelargli parte del
mistero, in realtà essa allarga ed estende ancor di più l’orizzonte.
Se questo avviene per la conoscenza delle realtà finite, a maggior ragione va riconosciuto per
quanto riguarda la ricerca di Dio e della sua volontà.
Gesù Cristo, infatti, non si è limitato a scegliere la ragione umana come regola e criterio
delle proprie azioni, ma ha sempre ricercato la Volontà del Padre: “Io son disceso dal
cielo per fare non la mia, ma la volontà di chi mi ha inviato (Gv 6,38). Ecco la regola di ogni gesto di
Cristo, e perciò la norma di condotta di ogni suo discepolo”.
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(A. Rosmini, Dottrina della Carità)
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(A. Rosmini, Dottrina della Carità)
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“Dunque l’uomo sia contento di lasciarsi muovere e maneggiare dalla mano di Dio stesso,
e si glori di questo. Solo così egli farà molto a vantaggio dei suoi fratelli. Deve stare con
gli orecchi tesi per udire il cenno del suo padrone
quando egli glielo darà. A questo cenno obbedirà,
sia esso un comando o sia una richiesta di fratelli bisognosi, o una sollecitazione di altre circostanze esteriori preordinate da Dio. Diversamente, ingerendosi
di testa propria e per umano sentimento in faccende
e opere che gli sembrano di carità, ma che forse non
lo sono, o non lo sono per lui, invece di far del bene
ai fratelli, farà del male anche a se stesso… e proprio
predicando agli altri farà peccato”
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Questo è anche ciò che suggerisce al nostro cuore la
fede nella Provvidenza del Padre celeste. Davanti a
lui i nostri capelli sono contati, niente è dimenticato;
non cade a terra un passero senza disegno divino.
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Gesù, con la parabola del buon Samaritano e con
il proprio esempio, insegna che il prossimo non va
cercato intenzionalmente, ma “riconosciuto” sulla
via.
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Se non ritornerete
come bambini…
...Una volta passando verso l’ospedale, udì un bambino
piangere; sofferma il passo, ascolta, e s’accorge che
doveva essere solo il bambino; ritorna in traccia della
porta per entrare in casa di Petrojacum, e là vi trova la
culla, dove ebbe la pazienza di fermarsi molto tempo a
ninnare, fino al ritorno della madre dalla campagna.
… bello era il vederlo tutto cura per quietare quel bambolo
ninnando la culla e, non bastando, guardava attorno su
quei muri affumicati. Veduta la tazza appesa sopra la
secchia, prese dell’acqua e, col dito intinto, lasciava cadere
di quando in quando una gocciola d’acqua sulla lingua
del bambino.
suor Petronilla Tadini
suora della Provvidenza
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Il percorso fin qui compiuto risulta essere il fondamento stesso della dignità della
persona, definita come “un individuo sostanziale intelligente, in quanto
contiene un principio attivo, supremo e incomunicabile” (A. Rosmini,
Antropologia, n.832).
L’uomo viene allora svelato come un rapporto diretto ed esclusivo con l’Infinito, con Dio;
la sua dignità è tale che deve sempre essere considerato fine dell’ azione, mai mezzo,
strumento, cosa…:”...niuno ha il diritto di comandare a quello che sta ai
comandi dell’infinito”. (A. Rosmini, Filosofia del diritto)
Rosmini amava sottolineare come l’uomo vada sempre trattato “cum magna reverentia”,
proprio per questa sua radicale capacità di contemplare la Verità. Ma se l’uomo è fatto
per la conoscenza della Verità, allora il suo cuore tende all’Essere, cioè al Bene Assoluto
(è ordinato verso l’affermazione dell’Essere) e la sua felicità consiste nella “capacità di
godere” dell’Essere Assoluto.
“La perfezione dell’anima umana consiste nella piena vista della verità, nel pieno
esercizio della virtù e nel pieno conseguimento della felicità, triplice fine,
triplice destinazione, in cui si trova tuttavia una perfetta unità poiché non ci può essere
uno solo di questi tre elementi in modo completo senza che ci siano gli altri” (A. Rosmini,
Sistema Filosofico, n. 150)
Risentiamo questa straordinaria affermazione con le parole di uno dei più amati e incisivi
sacerdoti del nostro tempo:
“Fattore fondamentale dello sguardo di Gesù Cristo è l’esistenza nell’uomo di una realtà
superiore a qualsiasi realtà soggetta al tempo e allo spazio. Tutto il mondo non
vale la più piccola persona umana; questa non ha nulla di paragonabile a sé
nell’universo, dal primo istante della sua concezione fino all’ultimo passo
della sua decrepita vecchiaia. Ogni uomo possiede un principio originale
e irriducibile, fondamento di diritti inalienabili,
sorgente di valori”
(L. Giussani, All’origine della pretesa cristiana )
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“La persona è il diritto umano sussistente”: quindi l’essenza del diritto”
(A.Rosmini, Filosofia del diritto)
Questa è l’affermazione più solenne ed incisiva della filosofia del diritto non solo di
matrice rosminiana.
Se l’essenza di una cosa è anche principio e fonte di tutte le altre del medesimo
ambito, e quindi se la persona dell’uomo è l’essenza del diritto, nulla che appartenga
al diritto potrà esistere se non nella persona stessa.
Cosa giustifica tale considerazione?
Rosmini afferma che la persona possiede “il principio attivo supremo”.
L’origine del principio attivo supremo è Dio stesso. Pertanto la norma con cui l’uomo
può esprimere se stesso e la propria dignità è data da chi è infinitamente perfetto. A
nulla e a nessuno l’uomo dovrà sottostare, nemmeno paradossalmente a se stesso, se
non al principio supremo: nessuno potrà comandare chi deve obbedienza
solo all’Infinito.
“Il legame con l’ente supremo eleva la persona perché questa alla luce della sua
intelligenza scopre di essere soggetto necessario e che può essere veramente tutto se
stesso solo se vive in intima unione con l‘ente nel quale e per il quale può permanere”
(Enrico Verondini – Il concetto di persona, di volontà di libertà in A. Rosmini negli atti del
Convegno -Il pensiero di A. Rosmini e il Risorgimento-)
E’ nel Cristianesimo che Rosmini riconosce non solo l’origine della dignità umana
e della libertà ma anche dell’uguaglianza, poiché tutti gli uomini sono chiamati,
in ragione della loro stessa umanità, al bene assoluto.
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nel battesimo, senza che l’uomo ne abbia alcun diritto o merito, Dio si mostra
all’anima dell’uomo, la quale, così, ha la possibilità di percepire Dio. Questa
comunicazione può avvenire perché l’uomo per natura è capax Dei grazie all’idea dell’essere.
nel battezzato non è l’uomo naturale che opera il bene, ma è Cristo stesso,
anche se tale bene è operato nel cristiano e col cristiano, vale a dire con la
volontaria adesione del battezzato.
Dopo Cristo, la salvezza e perfezione dell’anima si è trasformata in
possibilità concreta: Dio ci ha dato nel Figlio suo la via che riporta a lui, la
luce che tiene illuminato il sentiero, le forze necessarie a percorrerlo.
Di fronte a questa generosa iniziativa di Dio, che ha reso ripercorribile l’ascesa
dell’unione con lui, è quasi impossibile rimanere indifferenti. L’anelito
fondamentale verso la santità, che realizza la vocazione globale dell’esistenza
umana, è proprio di ogni uomo, perché a tutti è stato detto: “Siate perfetti come il Padre vostro celeste è perfetto”.
É insipiente chi al dono della salvezza preferisce qualunque altro bene terreno.
avere a cuore il grande affare
dell’anima, investendo per esso tutte le
energie possibili, diventa un segno certo
di maturità per ogni uomo.
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Con l’irruzione della Grazia, nascono nell’uomo un intelletto,
una volontà e una persona nuovi, che trasformano il precedente uomo naturale in un uomo nuovo, per una vita nuova: quella
soprannaturale.
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“Con un solo suo
sguardo e una
sola parola”
Il nostro venerabile Padre cercava in ogni sua azione,
parola e sguardo di fare del bene alle anime dei suoi
prossimi; e in questo giunse a tal punto, che con un solo
suo sguardo e una sola parola faceva preda di anime,
perché non si poteva resistere né alla santità che trapelava
dal suo portamento, né all’efficacia delle sue parole. E io
stessa venni ad essere una di queste prede felici.
suor Felice Stedile
da quando aveva 13 anni veniva diretta spiritualmente da Rosmini e da lui
fu accolta tra le Suore della Provvidenza
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