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26 agosto
SCOLA
«Dio, ineludibile
rumore di fondo»
Il patriarca: «Non ha scaricato l’uomo, neanche quello
post-moderno, il suo linguaggio è Cristo. Siatene testimoni»
«E non ditemi che parlo difficile», ha detto tra il serio e il divertito (come la platea) il cardinale Angelo Scola durante il suo intervento al Meeting 2010, cosciente della complessità, ma anche della
bellezza di ciò che stava condividendo con migliaia di amici.
Ha parlato di desiderio di Dio,
di Chiesa e di post-modernità il
patriarca, senza sottrarsi a un commento legato alle ultime vicende
che hanno scosso la comunità dei
credenti («la Chiesa è sempre santa – ha detto – al di là dei peccati
terribili del suo personale»).
«Anche i patriarchi - ha notato
Giancarlo Cesana - guardano i
film». Ed è infatti attraverso i film
visti in ferie che il patriarca è arrivato a definire “santità”, al termine di un lungo percorso, la nostalgia del desiderio di Dio. «Il cine-
ma – evidenzia Scola – è la lingua
franca della nostra società».
Il viaggio inizia da una scena di
Matrix. «“Benvenuto nel mondo
reale”, dice ad un certo punto
Morfeo. Al mondo reale io mi rapporto sempre secondo la dinamica
umana del desiderio che implica
inseparabilmente l’oggetto del desiderio, che non si possiede, a cui
ci si rivolge con affetto, cioè con
la mente e col cuore». “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”, dunque. «E
cosa c’è di più grande di Dio?
Quel Dio che è come un quotidiano ineludibile rumore di fondo
dentro la natura del cuore».
Il punto è riconoscere come Dio
parla agli uomini. «Nell’ottica
giudaico-cristiana, Dio è colui che
viene al mondo, da cui è distinto
senza escludere la possibilità di u-
Il patriarca di Venezia, Angelo Scola, mentre visita i padiglioni del Meeting
Il libro, La
vita buona
Ogni anno, alla vigilia del
Redentore, la ricorrenza religiosa più importante di Venezia, il cardinale Scola anticipa al noto giornalista del
Corriere della Sera Aldo
Cazzullo il tema del loro dibattito. Nasce cosi il libro
“La vita buona”, che raccoglie proprio questi dialoghi
su aspetti cruciali della società italiana: la laicità oggi,
i giovani e la rivoluzione di
Dio, cosa significa educare,
il rapporto scienza-fede, la
famiglia italiana, la sofferenza umana e il fine vita.
na familiarità». Allora la grammatica che serve è quella della “familiarità” di Dio all’uomo, mettersi in ascolto di Cristo. «Dio
non ha scaricato l’uomo, è dentro
la realtà e dunque non distante da
ogni uomo». Il cardinale a questo
punto ricorda lo smemorato Leonard, protagonista del film Memento. «Viviamo come se non avessimo più memoria, o meglio ci
appoggiamo alla memoria quantitativa dei nuovi media».
«A volte basta un tramonto...».
L’ancora di salvezza è nell’esperienza umana che consiste nella
ragione, ma soprattutto nel rapporto tra la persona e la comunità.
Anche nel post-moderno, ovvero
laddove l’individualismo diventa
radicale.
«Regola fondamentale della
grammatica di Dio è quella della
domanda di salvezza e redenzione, la domanda sul male e la propria fragilità, il luogo dove più si
identifica la gratuità di Dio, la
Croce. Un desiderio che si porta
dentro anche chi non vive in Cristo».
Ultimo passo. «Se Cristo è venuto a testimoniare la verità all’uomo tocca dar testimonianza a
Lui». Per questo il cuore è inquieto e il «desiderio di Dio è come la
fenice, rinasce sempre dalle proprie ceneri. Come ne Il Concerto,
la protagonista desidera lo sguardo dei genitori, in un’indomabile
ricerca».
«C’è – ha concluso Cesana –
modo e modo di guardare i film e
di guardare la realtà. C’è un lavoro da fare, una grandezza da imparare».
Filomena Armentano
Il vescovo
Eduard
De Jong,
a destra
nella foto
mentre
ascolta con
interesse le
testimonianze dei
ragazzi che
ha chiesto
di incontrare
“
Parlate del cristianesimo
come un fatto che ha
cambiato la vostra vita.
Ai giovani del mio paese
serve proprio questo:
incontrare gente come voi
che vivè già adesso così
intensamente
ciato». De Jong, occhi vispi e curiosi,
ascolta la storia di ognuno. Nemmeno il
tempo di finire il giro, che pone una nuova questione. «Qual è stato il momento in
cui per voi Gesù, da qualcosa di fumoso,
è divenuto carne? Dove vedete Cristo vivo adesso?». Martina se lo ricorda bene.
«Ero al primo anno di università e la vita
mi sembrava a posto». Studio, moroso, amici. Tutto ok. «Eppure sentivo un grande vuoto ed ero triste». A lezione di teologia rimane folgorata da una frase del
professore, don Julián Carrón. «Non c’è
nulla che basta all’uomo. Né il moroso,
né gli amici. Nulla. Ma c’è una cosa che
non potete negare: c’è Uno che in questo
momento ti sta facendo, ti dà l’essere,
perché nessuno può darselo da sé. Vedete? Nella più grande solitudine, la più
grande compagnia». Francesca fa un altro esempio, raccontando della recente
vacanza del Clu (Comunione e liberazione universitari) a Pontresina : «Davanti
alla bellezza delle montagne sorge immediata una domanda: chi le ha fatte?». Altri raccontano di essersi imbattuti in persone che per l’intensità con cui vivevano
ogni aspetto della loro vita (dal lavoro, al
rapporto con la moglie) hanno aperto in
loro una domanda: chi li rende così?
Ma forse l’esempio più lampante è
proprio sotto gli occhi di tutti, fanno notare la vescovo: il Meeting. «La bellezza
di questi giorni non è certo frutto della
capacità di volontari e organizzatori. C’è
qualcosa di più». De Jong annuisce.
«Tutti voi parlate del cristianesimo come
la risposta ai vostri desideri, un fatto che
ha cambiato la vostra vita. E si vede. Ai
giovani in Olanda serve proprio questo:
incontrare gente come voi che vive già adesso così intensamente».
Diego Cavallini
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