L`influenza delle carte sovranazionali sulla configurazione legale

SAGGI
L’INFLUENZA DELLE CARTE SOVRANAZIONALI
SULLA CONFIGURAZIONE LEGALE DEI DIRITTI
E I LINEAMENTI DEL SISTEMA DI GIUSTIZIA
COSTITUZIONALE
di Giancarlo Rolla
Sommario: 1. L’apertura degli ordinamenti nazionali all’ordinamento internazionale.
- 2. Consonanze e dissonanze tra il sistema europeo e quello americano di
protezione dei diritti. - 3. L’apporto delle codificazioni sovranazionali alla determinazione del contenuto legale dei diritti. - 4. Alcune considerazioni in merito
all’incidenza dei sistemi multilivello di protezione dei diritti sulla classificazione
dei sistemi di giustizia costituzionale.
1. L’apertura degli ordinamenti nazionali all’ordinamento internazionale
Una linea di tendenza che caratterizza molti sistemi costituzionali
sotto il profilo della tutela dei diritti consiste nella progressiva
osmosi tra ordinamenti nazionali e sovranazionali. Si tratta di
un fenomeno che esprime la tensione universalistica che anima
la protezione della persona umana e – superando i confini della
c.d. domestic jurisdiction – certifica, in un mondo sempre più
integrato, la crisi di autosufficienza degli ordinamenti nazionali.
Inoltre, esso, pur interessando diverse aree come bene evidenzia
la realtà dell’America latina, registra in Europa un mirabile livello
di sviluppo grazie alla presenza di due Codificazioni di rango
costituzionale – come la Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e la Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea – e alla rilevanza della
giurisprudenza di due Corti – la Corte europea dei diritti e la
Corte di giustizia dell’Unione europea.
In questi contesti, si assiste a un superamento della tradizionale contrapposizione tra una concezione dualistica o monistica del
rapporto tra ordinamento nazionale e sovranazionale – la prima
li considera separati, la seconda li vede, invece, come parti di un
POLITICA DEL DIRITTO / a. XLIII, n. 2-3, giugno-settembre 2012
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unico sistema costruito gerarchicamente sul primato della fonte
internazionale –, a vantaggio di una prospettiva multilivello: secondo
la quale si è in presenza di ordinamenti tra di loro coordinati e
integrati. Con la conseguenza che le relazioni da qualche tempo
operanti nel sistema comunitario e che dovrebbero informare i
rapporti interistituzionali negli ordinamenti federali e di regionalismo evoluto – sintetizzabili nell’armonizzazione delle normative,
nella sussidiarietà a proposito della competenza a intervenire,
nell’attribuzione al livello superiore di compiti di unificazione
al fine di assicurare l’unitarietà del sistema, nella collaborazione
nei processi decisionali1 – tendono a regolare anche i sistemi
sovranazionali di protezione dei diritti2.
Il fenomeno del multilevel constitutionalism, esteso all’ambito
di tutela dei diritti fondamentali, produce degli effetti quanto mai
interessanti: da un lato, favorisce un’interpretazione evolutiva ed
estensiva delle disposizioni costituzionali, le quali possono essere
specificate e implementate dalla normativa e dalla giurisprudenza
internazionali; dall’altro lato, contribuisce alla creazione di un diritto
«comune», in grado di rappresentare in un determinato ambito
geografico la base unitaria per la tutela dei diritti fondamentali. Si
determina, infatti, tra gli interpreti una duplice influenza per cui
i diritti riconosciuti in ambito nazionale devono essere interpretati
alla luce delle omogenee disposizioni presenti nelle codificazioni
sovranazionali, mentre la giurisprudenza sovranazionale non può
non considerare il diritto vivente nei singoli ordinamenti, in quanto
partecipe della tradizione costituzionale europea.
1
Come è noto, la nozione di sistema costituzionale multilivello è stato utilizzata a
proposito delle relazioni tra lo Stato e le entità decentrate (sia federali, che regionali).
In merito alle sue caratteristiche si rinvia a: G. Rolla, L’autonomia delle comunità
territoriali. Profili costituzionali, Milano, 2008, pp. 28 ss.
2
Sulla problematica di una protezione multilivello dei diritti fondamentali si veda, tra
i molti: P. Bilancia, E. De Marco (a cura di), La tutela multilivello dei diritti, Milano,
2004; L. Azzena, L’integrazione attraverso i diritti, Torino, 1998; A. Ruggeri, Dimensione
europea della tutela dei diritti fondamentali e tecniche in terpretative, in «Itinerari» di
una ricerca sul sistema delle fonti, Milano, 2010, pp. 453 ss.; E. De Marco, La tutela
dei diritti nel quadro del costituzionalismo multilivello, in E. De Marco, Percorsi del
«nuovo costituzionalismo», Milano, 2008, pp. 83 ss.; A. D’Atena, P. Grossi (a cura di),
Tutela dei diritti fondamentali e costituzionalismo multilivello: tra Europa e Stati nazionali,
Milano, 2004; L. Moccia (a cura di), Diritti fondamentali e cittadinanza dell’Unione europea, Milano, 2010; S. Gambino, Diritti fondamentali e Unione europea, Milano, 2009;
D. Butturini, La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano ed
europeo, Napoli, 2009; V. Sciarabba, Tra fonti e Corti. Diritti e principi fondamentali in
Europa: profili costituzionali e comparati degli sviluppi sovranazionali, Padova, 2008; G.
Demuro, Costituzionalismo europeo e tutela multilivello dei diritti:lezioni, Torino, 2009.
182
D’altra parte, il fenomeno della circolazione delle esperienze – secondo il quale un istituto, un principio, una procedura si diffonde e si affermano in virtù della loro efficacia,
degli esiti positivi e del rendimento che hanno prodotto in altri
contesti – interessa anche l’attività giurisprudenziale e risulta
crescente la tendenza dei giudici ad utilizzare rationes decidendi
ricavate dalla giurisprudenza di Tribunali costituzionali o di Corti
supreme di altri paesi. L’esigenza di pervenire a interpretazioni
conformi a Costituzione favorisce l’adesione a comuni principi e
tecniche ermeneutiche, con la conseguenza di favorire un progressivo avvicinamento del significato da attribuire alle disposizioni
dei diversi documenti di rango costituzionale, nonché di favorire
una certa omogeneizzazione dei livelli di tutela.
In dottrina, non solo mancate valutazioni critiche, timorose
che il consolidamento di sistemi multilivello di tutela dei diritti fondamentali possa generare incertezza nella garanzia dei
diritti3, nonché porre i giudici di fronte ad una diversità di
discipline astrattamente applicabili alla medesima situazione
soggettiva4. Tuttavia, non va trascurata la possibilità che questi
rischi possano progressivamente attenuarsi in conseguenza del
consolidarsi di un rapporto comunicativo tra le giurisdizioni,
della capacità di un potere «diffuso» come quello giudiziario
di essere parte del processo di circolazione giuridica5. Inoltre,
il riconoscimento alle giurisdizioni nazionali di un ragionevole
margine di apprezzamento che tenga conto della specificità
delle tradizioni giuridiche non si pone in contraddizione che il
processo di integrazione tra gli ordinamenti: anzi, può costituire
un antidoto contro il rischio che un sistema integrato di tutela
dei diritti si trasformi in gerarchico6.
Vedi: M. Patrono, I diritti dell’uomo nel Paese d’Europa, Padova, 2000, pp. 173
3
ss.
4
Così, A. Pace, Metodi interpretativi e costituzionalismo, in Quaderni costituzionali,
2001, p. 35.
5
In proposito, mi sia consentito richiamare il mio lavoro: G. Rolla, Alcune considerazioni sui possibili effetti delle codificazioni e della giurisprudenza sovranazionali
in materia di diritti sul c.d. «sistema europeo» di giustizia costituzionale, in Il sistema
europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Milano,
2010, pp. 21 ss. Sulla problematica più generale del c.d. «dialogo» tra le giurisdizioni
si veda da ultimo: G. De Vergottini, Oltre il dialogo tra le Corti, Bologna, 2010.
6
In merito alla configurabilità dei principi delle Costituzioni nazionali come limiti
al diritto comunitario, si veda, anche per ulteriori riferimenti bibliografici: D. Butturini,
La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano ed europeo,
183
L’integrazione tra gli ordinamenti è avvenuta attraverso tappe
successive.
In una prima fase, è stata favorita dall’inserzione nelle Costituzioni nazionali di apposite clausole di apertura all’ordinamento
internazionale, che attribuiscono una particolare forza giuridica alle
dichiarazioni internazionali in materia di diritti fondamentali7. Si
tratta di un fenomeno oramai consolidato, che contraddistingue
tanto il neo costituzionalismo dell’America latina, che l’esperienza
costituzionale europea.
Nel continente europeo si possono richiamare, ad esempio,
l’art. 16 Cost. portoghese (le disposizioni costituzionali e legali
in materia di diritti fondamentali debbono essere interpretati in
armonia con la Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo),
l’art. 10.2 Cost. spagnola (le norme relative ai diritti e alle libertà fondamentali che la Costituzione riconosce dovranno essere
interpretate in conformità con i trattati e le intese internazionali
ratificate dallo Stato spagnolo), l’art. 117.1 Cost. italiana (la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
degli obblighi internazionali); mentre in Svizzera è previsto un
ricorso a livello cantonale per violazione di diritti contenuti nei
trattati internazionali e la verifica della conformità delle norme
cantonali alla Convenzione europea8.
Disposizioni assimilabili si rinvengono anche in alcune Costituzioni dell’Europa orientale: in Ungheria, la Corte costituzionale
deve verificare la conformità delle regole giuridiche alle convenzioni internazionali (art. 32 Cost.); secondo l’art. 87.1 della
Costituzione della Repubblica ceca e l’art. 125 della Costituzione
slovacca, la Corte costituzionale può annullare le disposizioni
legislative in contrasto con i trattati internazionali in materia di
diritti fondamentali; mentre in Bulgaria e in Polonia il giudice
Napoli, 2009, pp. 59 ss. Sul punto anche: G. Silvestri, Fonti interne, fonti esterne e
tutela integrata dei diritti fondamentali, in Studi in onore di Franco Modugno, Napoli,
2010, p. 3418.
7
In merito a tale tecnica di codificazione si rinvia a: G. Rolla, Tecniche di positivizzazione e clausole di interpretazione dei diritti fondamentali. Alcune considerazioni a
proposito delle recenti codificazioni dei diritti nell’Unione europea, in Studi in memoria
di G. Foridia, Napoli, 2009, pp. 657 ss.
8
In particolare, sull’interessante codificazione della Costituzione spagnola si veda:
A. Saiz Arnaiz, La apertura constitucional al derecho internacional y europeo de los
derechos humanos, Madrid, 1999.
184
costituzionale può decidere sulla conformità delle leggi con gli
accordi internazionali9.
Con riferimento, poi, all’America latina, si può affermare che
la quasi totalità delle Costituzioni degli Stati aderenti alla Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo contengono norme
di apertura all’ordinamento internazionale. I diversi ordinamenti
si differenziano, se mai, con riferimento alla forza giuridica da
attribuire ai trattati e alle convenzioni internazionali in materia
di diritti umani: sul punto, i testi costituzionali optano per un
ventaglio di soluzioni che va dall’equiparazione alle norme costituzionali – come nel caso di Nicaragua, Ecuador, Venezuela e,
soprattutto, Argentina, il cui art. 75 Cost. dispone che le norme
internazionali sono complementari a quelle costituzionali in materia
di diritti e di garanzie – all’inserzione tra le norme che concorrono
alla formazione della disciplina legale dei diritti – emblematica è,
in proposito, la soluzione dell’art. 13 della Costituzione del Messico, il quale dispone che le leggi del Congreso e i trattati firmati
dal Presidente della Repubblica con l’approvazione del Senato,
saranno leggi della Repubblica10. Così come in altre fattispecie
sono considerate parte del c.d. «blocco di costituzionalità»11, ovvero
un mero criterio di interpretazione obbligatorio per i pubblici
poteri – come nel caso dell’ordinamento peruviano –.
Un salto di qualità nel processo di integrazione tra gli
ordinamenti si è conseguito, poi, con l’entrata in vigore della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà e della Convenzione interamericana sui diritti umani, che
hanno posto i presupposti per realizzare sistemi «geografici» di
garanzia dei diritti fondamentali12: ciò in quanto, come si vedrò
9
A sua volta, nel Regno Unito, la legislazione in materia di diritti deve essere interpretata – tramite l’interposizione dello Human Rights Act – in conformità alle norme
ricavabili dalle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla sua interpretazione giurisdizionale.
10
In generale: A. Brewer Carias, La aplicación de los tratados internacionales sobre
derechos humanos en el orden interno, in Revista iberoamericana de derecho procesal
constitucional, 2006, pp. 29 ss.; R. Hernandez Valle, L’utilizzazione della giurisprudenza
della Corte americana dei diritti dell’uomo da parte dei Supremi tribunali e dei Tribunali
costituzionali dell’America latina, in G. Rolla (a cura di), Il sistema europeo di protezione
dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Milano, 2010, pp. 75 ss.
11
Come in Costa Rica, Guatemala, El Salvador, Honduras, Colombia.
12
La dottrina sul punto è assai ampia. Rinviando a successive indicazioni, al
momento, si segnalano i lavori di natura generale di: G. Ramirez, Los derechos humanos y la jurisdicción interamericana, México, 2002; T. Burgenthal, La protección de
los derechos humanos en las Américas, Madrid, 1990; H. Fix-Zamudio, Reflexiones
185
nel paragrafo successivo, tali atti internazionali presentano una
forza giuridica qualitativamente diversa da quella degli ordinari
trattati internazionali e hanno previsto specifici organi a tutela
dell’effettività nel godimento dei diritti in essi riconosciuti.
2. Consonanze e dissonanze tra il sistema europeo e quello
interamericano di protezione dei diritti
Le due Convenzioni sopra richiamate presentano delle differenze
relative sia ai tempi di evoluzione del sistema, sia alla qualità
dei rapporti tra l’ordinamento sovranazionale e quelli nazionali;
tuttavia, non si può disconoscere che siano accomunate da diversi
profili e caratteristiche.
Comune è, innanzitutto, la loro natura giuridica di atti internazionali che si differenziano in misura significativa dai Trattati
internazionali «classici». Come ha chiaramente precisato la Corte
interamericana, nel suo parere del 24 settembre del 1982, la Convenzione non è un Trattato multilaterale di tipo tradizionale, dal
momento che gli Stati, ratificandolo», si sottomettono ad un ordine
legale e per il bene comune assumono delle specifiche obbligazioni
non nei confronti degli altri Stati, ma nei confronti degli individui
sottoposti alla loro giurisdizione». Una posizione che esce rafforzata
alla luce della Convenzione europea, la quale, non limitandosi a
prevedere reciproche obbligazioni tra gli Stati contraenti, concorre
alla formazione dell’ordine pubblico europeo e offre una protezione
diretta ed effettiva dei diritti da essa garantiti.
Inoltre, l’evoluzione dei due ordinamenti sovranazionali registra una certa simmetria. Innanzitutto, i due sistemi si qualificano
per un progressivo affinamento dei meccanismi di tutela e per il
rafforzamento del ruolo dei Tribunali sovranazionale e dell’efficacia
delle loro decisioni.
comparativas sobre los sistemas interamericano y europeo de protección de los derechos
humanos, in Derecho internacional de los derechos humanos.culturas y sistemas jurídicos
comaprados, México, 2008, pp. 203 ss.; F. Cocozza, Diritto comune delle libertà in
Europa:profili costituzionali della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Torino, 1994;
A. Gardino, Stati e Corte europea di Strasburgo nel sistema di protezione dei diritti
dell’uomo, Milano, 2005; L. Montanari, I diritti dell’uomo nell’area europea tra fonti
internazionali e fonti interne, Torino, 2002. Si veda anche: A. Caligiuri, G. Cataldi,
N. Napoletano, La tutela dei diritti umani in Europa, Padova, 2010; L. Mezzetti, A.
Morrone, Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo, Torino, 2010.
186
Il sistema europeo di protezione dei diritti prevedeva inizialmente
che ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciute nella
Convenzione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo
davanti ad un’istanza nazionale (art. 13): in tale fase, non intende
sostituirsi o integrare i meccanismi nazionali di garanzia, ma si
propone piuttosto di rafforzare la tutela dei diritti, intervenendo
in modo sussidiario nel caso in cui i primi non siano in grado
di assicurare una sostanziale garanzia. Successivamente, la sua
efficacia si affina con l’approvazione del protocollo n. 11, che
introduce un ricorso diretto alla Corte europea da parte degli
individui che lamentano la lesione di un diritto convenzionale:
tale previsione fa registrare un salto di qualità nell’efficacia del
sistema, che migliora l’effettività della codificazione sovranazionale,
dal momento che i ricorrenti possono ricorrere sia nei confronti
di atti dei pubblici poteri (ivi comprese le decisioni degli organi
giurisdizionali), che di norme le quali producano una lesione
diretta dei diritti del ricorrente. Un’ulteriore tappa nel processo
di stabilizzazione del sistema si è avuta con l’approvazione del
protocollo n. 14, che si è premurato di introdurre alcuni «filtri»
selettivi alla possibilità presentare ricorsi diretti, ammissibili nei
casi in cui la lamentata lesione di un diritto determini un pregiudizio importante a danno del ricorrente13.
A sua volta, il sistema interamericano si è evoluto progressivamente, pur senza pervenire – al momento – ad ammettere un
ricorso diretto all’organo giurisdizionale da parte dei cittadini degli
Stati aderenti. La sua gestazione è avvenuta all’interno dell’Organizzazione degli Stati americani, che, in seguito all’approvazione
nel 1948 della Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri
dell’uomo e della Carta internazionale americana delle garanzie
sociali, definì la sua organizzazione, istituendo due organi: la
13
In merito: E. Carmona Cuenca, El derecho a un recurso effectivo ante una
instancia nacional: problemas interpretativos, in J. Garcia Roca, P. Santolaya (coord.),
La Europa de los derechos, Madrid, 2005, pp. 637 ss.; J.F. Renucci, Introduction à
la Convention européenne des Droits de l’homme: les droits garantis et le mécanisme
de protection, Strasburg, 2005; A. Gardino, Stati e Corte europea di Strasburgo nel
sistema di protezione dei diritti dell’uomo, cit., pp. 9 ss.; C. Pinelli, Judicial Protection
of Human Rights in Europe and the Limits of a Judgement Made System, in Diritto
dell’Unione europea, 1996, pp. 997 ss.; AA.VV., La nouvelle procédure devant la Cour
europenne des droits de l’homme après le Protocole n. 14, Bruxelles, 2007. Si veda
anche: S. Bartole, B. Conforti, G. Raimondi, Commentario alla Convenzione europea
per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001.
187
Commissione, con sede a Washington, e la Corte, interamericana
per la protezione dei diritti fondamentali con sede a San José
di Costa Rica. Quest’ultima – fornita di competenze sia giurisdizionali che consultive – può esercitare un ruolo significativo,
ma moderatamente efficace dal momento che il suo giudizio può
essere attivato dagli Stati aderenti o dalla Commissione interamericana per i diritti umani, ma non – a differenza del sistema
europeo – da un ricorso diretto dei singoli.
Inoltre, la protezione offerta dalla Convenzione interamericana
è «coadiuvante e complementaria» rispetto a quella riconosciuta
dal diritto interno, nel senso che si accede a essa solo se gli
ordinari strumenti di garanzia offerti in ambito nazionale non
riescono a garantire i diritti fondamentali. Tale proiezione internazionale dei ricorsi a tutela dei diritti fondamentali è stata
diversamente denominata dalla dottrina: alcuni autori parlano
di ricorsi individuali in ambito sopranazionale, altri di ricorsi
internazionali14. Va, tuttavia, precisato che il profondo gap del
sistema interamericano di protezione dei diritti fondamentali
nei confronti di quello europeo è progressivamente eroso sia
dalla esistenza – in molti ordinamenti dell’America latina – di
disposizioni nazionali che attribuiscono a chi si ritiene leso in
un diritto costituzionale la possibilità di ricorrere a tribunali o
organismi internazionali, sia dall’affermarsi di un vincolo per i
giudici nazionali ad adottare una interpretazione conforme alla
Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo, nonché alla
giurisprudenza della relativa Corte15.
Un’altra caratteristica che accomuna i due sistemi riguarda
il valore e gli effetti attribuiti alle decisioni dei due organi
giurisdizionali. Le sentenze della Corte europea e della Corte
interamericana hanno autorità di cosa giudicata, vincolano le
14
Così: H. Fix-Zamudio, Tribunales e salas constitucionales en América Latina y
protección interamericana de derechos humanos, in Justicia, libertad y derechos humanos, San José, 2003, pp. 201 ss.; N. Navia, Introducción al sistema interamericano de
protección a los derechos humanos, México, 1993.
15
Per considerazioni generali sul sistema americano di protezione dei diritti si rinvia
a: H. Fix-Zamudio, Protección jurídico constitucional de los derechos humanos de fuente
internacional en los ordenamientos de Latinoamérica, in Derecho constitucional para el siglo
XX, Navarra, 2006, pp. 1727 ss.; J. Mendez, F. Cox, El futuro del sistema interamericano
de proteccián de los derechos fundamentales, México, 1998; N. Navia, Introducción al
sistema interamericano de protección a los derechos humanos, México, 1993; C. Pizzolo,
La convenzione interamericana sui diritti umani e l’impatto sugli ordinamenti nazionali,
in Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo, cit., pp. 111 ss.
188
parti, sono obbligatorie, ma non esecutive, poiché compete allo
Stato condannato di conformarsi alle sentenze definitive nelle
controversie in cui è parte16. Inoltre, in casi di estrema gravità
e urgenza, o quando si tratta di evitare danni irreparabili alle
persone, i giudici sopranazionali possono adottare delle misure
provvisorie, di natura cautelare17.
La gamma degli strumenti che i due sistemi sovranazionali
prevedono per assicurare l’esecuzione delle decisioni delle due
Corti appare significativamente ampia: dal pagamento di un equo
indennizzo all’adozione di misure individuali per rimediare alla
lesione del diritto del ricorrente (che possono consistere anche
nella riapertura di un processo già definito ovvero in atti di restitutium in integrum, cioè di ripristino del godimento del diritto);
da un revirement della giurisprudenza nazionale, all’adozione di
misure generali idonee a impedire che nel futuro si producano
altre lesioni – come, ad esempio, il miglioramento dei meccanismi
interni di protezione dei diritti ovvero l’abrogazione delle disposizioni interne che pregiudicano o rendono difficoltosa l’attuazione
delle prescrizioni indicate nelle sentenze della Corte, la verifica
della compatibilità della normativa con i principi fissati dalla
giurisdizione sovranazionale18 –.
Mentre un esempio «estremo» di incidenza della giurisprudenza sovranazionale negli ordinamenti interni è costituito dai casi
in cui che l’obbligo di rispettare la decisione della Corte può
16
Si veda: P. Pirrone, L’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte europea
dei diritti dell’uomo, Milano, 2004; AA.VV., The Execution of Strasbourg and Geneva
Human Rights Decisions in the National Legal Order, The Hague, 1999; E. Lambert
Abdelgaword, L’éxècution des arrêts de la Cour européenne des droits de l’homme,
Strasbourg, 2008; A. Quiroga Leon, Las sentencias de la Corte intermericana de derechos
humanos y la cosa juzgada en los tribunales nacionales, in Estudios constitucionales,
2006, pp. 393 ss.; E. Ferrer Mac-Gregor, La Corte interamericana de derechos humanos
como intérprete constitucional, in Interpretación constitucional, México, 2005, pp. 521
ss.; H. Fix-Zamudio, Tribunales e salas constitucionale en América Latina y protección
interamericana de derechos humanos, in Justicia, libertad y derechos humanos, cit., pp.
201 ss.; C. Maria De Colmenares, Aplicación del derecho internacional de los derechos
humanos en el ambito de derecho interno del Guatemala, in Anuario Iberoamericano
de justicia constitucional, 2001, pp. 67 ss.
17
Vedi: P. Vipiana, I poteri cautelari della Corte di giustizia dell’Unione europea e della
Corte europea dei diritti dell’uomo a tutela dei diritti fondamentali, in Il sistema europeo
di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 45 ss.
18
In proposito si può segnalare il caso Loayza Tamayo contro Perù, nel quale la
Corte interamericana dei diritti dell’uomo, appurata la violazione del principio «ne bis
in idem», ha disposto la liberazione della persona in un periodo di tempo ragionevole
e secondo le procedure del diritto interno del Perù (17 settembre 1997).
189
essere assolto soltanto attraverso una revisione della Costituzione
nazionale. Emblematica appare, in proposito, la decisione con la
quale la Corte interamericana, avendo ritenuto che l’applicazione
dell’art. 19 della Costituzione del Cile – che ammetteva in alcuni
casi l’istituto della censura19 – violava il diritto di manifestazione
del pensiero garantito dalla Convenzione, ha ordinato allo Stato
di revisionare il testo della Costituzione, al fine di rimuovere la
lesione del diritto. È interessante, inoltre, evidenziare – con riferimento, ad esempio, all’ordinamento costituzionale spagnolo – che
la mancata attuazione delle decisioni della Corte europea dei diritti
dell’uomo può legittimare la presentazione in ambito nazionale
di un ricorso di amparo costituzionale20.
Alcuni ordinamenti nazionali, poi, regolano con un’apposita
normativa il procedimento di attuazione delle decisioni della
Corte sovranazionale. Con riferimento alla realtà dell’America
latina, si può segnalare l’esperienza della Colombia – che disciplina il pagamento di indennizzi quando sia stata emessa una
sentenza di condanna dello Stato – e del Perù, la cui legislazione considera obbligatori gli atti, i provvedimenti cautelari e
le raccomandazioni degli organi del sistema interamericano di
protezione dei diritti fondamentali e prevede che le sentenze
della Corte interamericana debbano essere eseguite dallo stesso
tribunale che ha emesso la sentenza oggetto del ricorso. Inoltre,
in Costa Rica, le decisioni, una volta comunicate alle autorità
nazionali, possiedono la stessa forza esecutiva delle decisioni dei
tribunali della Costa Rica.
In entrambi i sistemi sovranazionali di tutela dei diritti fondamentali le sentenze delle Corti possiedono tanto la natura di res
iudicata – con effetti inter partes – quanto quella di «cosa interpretata» – con effetti erga omnes –. Ciò perché si fa discendere
dall’obbligo generale di dare esecuzione alle decisioni delle Corti
sovranazionali il vincolo per i giudici nazionali di interpretare
la normativa in materia di diritti in modo «convenzionalmente
19
Si trattava, nella fattispecie, del divieto di far proiettare il film «L’Ultima Tentazione di Cristo».
20
Cfr. S. Garcia Couso, El nuevo modelo de protección de los derechos fundamentales tra la aprobación de la LO 6/2007:la obiejtivación del amparo constitucional y
la tutela subjetiva de los derechos por la jurisdicción ordinaria y el Tribunal europeo
de derechos humanos, in Revista europea de derechos fundamentales, 15, 2010, pp.
137 ss.
190
corretto». Si produce una situazione che può essere assimilata,
lato sensu, alla judicial review, poiché compete ai giudici, sia ordinari che costituzionali, verificare la conformità della normativa
e degli orientamenti giurisprudenziali nazionali alla Convenzione
e alla giurisprudenza del giudice sopranazionale, dichiarando
l’incostituzionalità (i Tribunali costituzionali) o disapplicando (i
giudici comuni) le norme contrarie.
Siffatto controllo si giustifica, per utilizzare il ragionamento
della Corte interamericana dei diritti dell’uomo, con l’esigenza
che, quando uno Stato ha ratificato un trattato come la Convenzione, i suoi giudici – in quanto organo dello Stato – sono
ad essa sottoposti ed obbligati a vegliare affinché gli effetti delle
disposizioni della Convenzione non vengano vanificati da norme
contrarie21. In più occasioni, poi, è stato confermato sia che è
dovere di ogni Stato firmatario della Convenzione organizzarsi
in modo tale che le sue istituzioni siano capaci di assicurare il
rispetto dei diritti umani (ivi compreso il dovere di prevenire,
investigare e sancire ogni violazione dei diritti riconosciuti dalla
Convenzione); sia che l’applicazione di disposizioni di diritto
interno contrarie alla normativa e giurisprudenza sopranazionale
compromette la responsabilità internazionale dello Stato.
In America latina – a parte la posizione del Tribunale costituzionale del Nicaragua e della Sala costituzionale della Suprema
Corte di Giustizia del Venezuela che hanno affermato la natura
non vincolante delle decisioni della Corte interamericana dei diritti
dell’uomo qualora si oppongano al principio della res iudicata ovvero
contrastino con le disposizioni costituzionali interne22 – sembra
prevalere un orientamento favorevole a riconoscere l’obbligo di
conformarsi alla giurisprudenza della Corte interamericana. In
proposito, oltre alla Sala costituzionale della Costa Rica che motiva
con una certa frequenza le sue decisioni in conformità a quanto
stabilito dalla giurisprudenza internazionale sul diritto internazionale dei diritti umani, si staglia l’orientamento consolidato della
Corte suprema dell’Argentina, la quale, già prima della revisione
costituzionale del 1994, aveva affermato che le disposizioni della
21
Si veda: N. Pedro Sagues, Obligaciones internacionales y control de convencionalidad, in Estudios constitucionales, 2010, pp. 117 ss.
22
Si veda, per tutte, la sentenza n. 1942 del 15 luglio 2003 la Sala Costituzionale
venezuelana.
191
Convenzione sono gerarchicamente superiori alle norme interne
e vincolanti per i tribunali23.
È interessante evidenziare come la giurisprudenza della Corte
interamericana sia utilizzata con frequenza crescente per dichiarare la contrarietà a Costituzione di norme legali. In proposito,
si può richiamar, ancora una volta, l’esempio dell’ordinamento
argentino, ove la Suprema Corte ha dichiarato incostituzionali le
c.d. leggi di «punto finale» e di «ubbidienza dovuta (e privato
di ogni effetto giuridico ogni atto fondato sulle stesse) sulla base
dell’argomentazione che ogni regolazione di diritto interno la quale,
invocando ragioni di «pacificazione», disponga il conferimento di
qualunque forma di amnistia che lasci impunite violazioni gravi
ai diritti umani perpetrate dal regime, è contraria a chiare ed
obbligatorie disposizioni di diritto internazionale24. Infatti, prosegue
la Corte, quando uno Stato ha ratificato un trattato internazionale
come la Convenzione interamericana, i suoi giudici, in quanto
parte dell’apparato dello Stato, sono sottomessi anche a essa e
costretti a far sì che gli effetti delle disposizioni della Convenzione non vengano diminuiti dall’applicazione di leggi contrarie
al loro oggetto e finalità.
A sua volta, l’esperienza europea evidenzia come le giurisdizioni nazionali – sia pure con distinguo o attraverso particolari
percorsi argomentativi – accettino di fatto il vincolo interpretativo derivante dalla giurisprudenza della Corte europea. In
Francia – nonostante alcune affermazioni tese a ribadire che
i giudici nazionali possiedono un potere di interpretazione
autonomo e sovrano – sono assai frequenti i casi in cui l’ordinamento giudiziario modifica i propri orientamenti alla luce
23
Si vedano, ad esempio, la sentenza del 9 maggio 1995, n. 2312 della Sala
costituzionale della Costa Rica e la sentenza 18 marzo 1998, n. 87 della Corte costituzionale della Colombia.
24
Vedi: R. Hernandez Valle, L’utilizzazione della giurisprudenza della Corte americana dei diritti dell’uomo da parte dei supremi tirbunali e dei tribunali costituzionali
dell’America latina, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i
rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 77 ss.; C. Pizzolo, Los crímines de lesa humanidad
no pueden ser objeto de amnistía. El caso argentino y la jurisprudencia actual de la
Corte suprema de justicia, in Ponencias desarrolladas, Arequipa, 2005, pp. 113 ss. Per
un esame della giurisprudenza si rinvia a: Corte Suprema De Justicia De La Nacion,
Delitos de lesa humanidad, Buenos Aires, 2009. Sulla problematica generale di tali
delitti si rinvia a: M.C. Bassionni, Crimes against Humanity. Historical Evolution and
Contemporary Application, Cambridge, 2011.
192
delle decisioni del giudice sopranazionale25; una situazione simile
sembra prodursi nella Repubblica federale di Germania, ove
si nota una differenza tra le posizioni di principio – tese ad
affermare che, stante il rango soltanto legislativo della Convenzione europea nell’ordinamento tedesco, non sussiste un vincolo
giuridico diretto per il giudice rispetto alle decisioni della Corte
europea – e lo sviluppo giurisprudenziale concreto il quale,
ispirandosi al criterio del collegamento tra le Corti (europäische
Verfassungsgerichteverbund), va nella direzione di una progressiva
armonia tra gli ordinamenti26.
In Spagna, poi, l’utilizzazione della giurisprudenza europea
in materia di diritti fondamentali è agevolata dalla formulazione
dell’art. 10.2 della Costituzione, secondo cui le norme relative ai
diritti fondamentali debbono essere interpretate in conformità ai
Trattati ed agli Accordi ratificati dalla Spagna: cosicché l’utilizzazione della giurisprudenza della Corte europea – tanto come norma
interposta nei giudizi di costituzionalità e nei procedimenti per la
tutela diretta dei diritti fondamentali, quanto come parametro per
un’interpretazione conforme a Costituzione da parte dei giudici- è
frequentemente promossa dal giudice costituzionale27.
Non molto dissimile appare la situazione che contraddistingue, al
momento, l’ordinamento italiano, dal momento che la giurisprudenza
della Corte costituzionale – basandosi sull’interpretazione dell’art.
117.1 Cost. – ritiene, per un verso, che si debbano utilizzare le
decisioni della Corte europea ai fini della costruzione del «diritto
vivente», ma non consente, per un altro verso, ai singoli giudici
di effettuare un controllo di convenzionalità che pervenga alla
disapplicazione nei casi concreti delle norme legislative contrarie
alla normativa europea28.
25
Cfr. N. Deffains, L’applicazione della Convenzione dei diritti dell’uomo nelle
giurisdizioni francesi, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i
rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 239 ss.
26
Si rinvia a: D. Schefold, Convergenze e divergenze tra le Corti europee e le Corti
tedesche in materia di interpretazione dei diritti fondamentali, in Il sistema europeo di
protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 189 ss.
27
Cfr. R. Tur Ausina, L’utilizzazione da parte del Tribunal supremo e del Tribunal
constitucional della giurisprudenza comunitaria e della Corte europea dei diritti dell’uomo
in materia di diritti, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i
rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 267 ss.
28
Tra i moltissimi contributi sul punto, si veda da ultimo: G. Silvestri, Fonti
interne, fonti esterne e tutela integrata dei diritti fondamentali, in Studi in onore di
Franco Modugno, cit., pp. 3405 ss.
193
A sua volta, in Austria, la Convenzione europea, stante la
sua natura costituzionale29, è con frequenza utilizzata come parametro per i ricorsi individuali a tutela dei diritti; mentre in
Olanda, alla luce della previsione dell’art. 94 Cost. per cui non
sono applicabili le disposizioni incompatibili con i trattati o le
decisioni di organizzazioni di diritto pubblico internazionale che
vincolino ogni persona, la normativa e la giurisprudenza europee
sono direttamente utilizzate dai giudici nei processi in cui entra
in gioco la tutela dei diritti. Inoltre, in Svizzera, ove è, tra l’altro,
previsto un ricorso diretto per violazione sia dei diritti costituzionali che dei trattati, la giurisprudenza è orientata a consentire di
disapplicare la normativa nazionale contrastante con quella della
Convenzione europea30.
3. L’apporto delle codificazioni sovranazionali alla determinazione
del contenuto legale dei diritti
I sistemi multilivello di protezione dei diritti – alla cui categoria appartengono a pieno titolo quello europeo e interamericano – contribuiscono, in misura significativa, a determinare il
contenuto legale dei diritti costituzionali.
Va considerato che l’interpretazione delle disposizioni costituzionali possiede alcune peculiarità che derivano dalla struttura
normativa dei testi: non solo perché nei documenti costituzionali
sono numerose le disposizioni a contenuto giuridico indeterminato
(il cui contenuto normativo richiede la sussunzione di elementi
propri di altre discipline) ovvero le disposizioni polisenso (la cui
interpretazione è aperta all’evoluzione normativa) e programma29
Infatti, i trattati internazionali approvati con la speciale procedura prevista dall’art.
50 hanno rango costituzionale.
30
Sulla problematica generale si veda, oltre agli autori in precedenza citati: M.
Verdussen, L’application de la Convention européenne des droits de l’homme par les
Cours constitutionnels, in The Spanish Contitution in the European Constitutional Context, Madrid, 2003, pp. 1555 ss.; J. Garcia Roca, La interpretación constitucional de
una Declaración internacional. El Convenio europeo de derechos humano y bases para
una globalización de los derechos, in Ponencias desarroladas, Arequipa, 2005, pp. 285
ss.; L. Montanari, Jurisdicción ordinaria e Tribunales supranacionales: relaciones entre
ambos sistemas, in Anuario Iberoamericano de jusitica constitucional, 2005, pp. 177 ss.;
C. Maria De Colmenares, Aplicación del derecho internacional de los derechos humanos
en el ambito de derecho interno del Guatemala, in Anuario Iberoamericano de justicia
constitucional, 2001, pp. 67 ss.
194
tiche (che orientano l’attività normativa successiva dei pubblici
poteri); ma anche in quanto sono frequenti – specie in tema di
diritti – le disposizioni che si richiamano a figure giuridiche i
cui contorni non sono predefiniti. In proposito, si registra una
netta distinzione tra il diritto costituzionale e altri settori della
scienza giuridica in cui prevalgono – come nel caso del diritto
civile o penale – le disposizioni stipulative.
Siffatta caratteristica dei testi costituzionali assegna all’interprete
il compito di individuare le fonti e gli strumenti ermeneutici
idonei a ricostruire la definizione legale di un diritto o di un
istituto costituzionale; e tale risultato non può essere conseguito
affidandosi interamente alle scelte del legislatore, poiché, in un
sistema a Costituzione rigida, sono le disposizioni legislative che
devono essere interpretate alla luce della Costituzione e non
viceversa. Altrimenti, verrebbe meno il parametro necessario per
verificare l’eventuale incostituzionalità degli atti aventi forza di
legge.
Il processo di avvicinamento del significato normativo da
attribuire ai diritti costituzionali avviene su due piani distinti,
ma concorrenti, che attengono, per un verso, all’utilizzazione di
comuni criteri interpretativi e la realizzazione di prassi omogenee
e, per un altro, verso, alla determinazione del contenuto sostanziale del diritto.
Con riferimento al primo, si può fare riferimento all’applicazione del principio che, in caso di conflitto, le norme internazionali debbono comunque considerarsi prevalenti su quelle
prodotte dalle fonti primarie; ovvero all’utilizzazione del criterio
dell’interpretazione costruttiva, sulla base del quale la normativa
nazionale deve essere, per quanto possibile, interpretata in sintonia con la portata ed il medesimo significato che gli stessi diritti
hanno in ambito internazionale. Nonché al principio garantista
dell’affidamento per cui, dinanzi a più interpretazioni possibili, si
deve dare la preferenza a quella – che può rinvenirsi tanto nella
normativa nazionale, quanto in quella sovranazionale o internazionale – che più efficacemente consente di «dare svolgimento
all’efficacia giuridica» di un determinato diritto ovvero assicuri
all’individuo un trattamento di maggior favore.
La ricostruzione del significato normativo dei diritti deve
essere la risultante della combinazione tra molteplici fonti, e di
una loro selezione finalizzaa a offrire la tutela migliore o più
195
ampia dei diritti in una determinata fattispecie31. Possono essere
prodotte dall’attività dei poteri pubblici o essere il frutto dei
principi generali dell’interpretazione giuridica; possono essere
reperite richiamandosi ai costumi di una determinata tradizione
giuridica, ovvero aprendosi all’ordinamento internazionale. Si è, in
altri termini, dinanzi a una pluralità di fonti idonee a configurare
il contenuto dei diritti fondamentali, che trovano un comune
denominatore nella volontà di uscire da un sistema «chiuso di
protezione dei diritti»32, di favorire la formazione in materia di
uno ius commune dei diritti e delle libertà, di conseguire – attraverso una consonanza di voci – un idem sentire in materia di
diritti fondamentali.
In tal modo, il catalogo delle posizioni soggettive riconosciute
dagli ordinamenti costituzionali si amplia, dà vita una sorta di
Bill of Rights non scritto il quale introduce nell’interpretazione
dei diritti fondamentali un fattore di dinamismo, guidato dalla
considerazione che il fine che deve sempre essere conseguito dai
diversi ordinamenti consiste pur sempre nell’esigenza di assicurare
la migliore e più ampia tutela dei diritti della persona.
Nel tentativo di schematizzare i modi attraverso i quali determinare il contenuto legale dei diritti si può introdurre una
distinzione di massima tra tecniche di codificazione e di interpretazione: con l’avvertenza che non si tratta di due vie alternative,
ma complementari, che convivono e sono riconducibili al distinto
compito assegnato al legislatore e al giudice. Altre suddivisioni
possono aiutarci a distinguere – con riferimento alle tecniche di
codificazione – tra l’apporto della codificazione costituzionale o
del legislatore ordinario; mentre, a proposito dell’attività interpretativa, si può introdurre una summa divisio tra criteri meramente
interpretativi e altri finalizzati all’ampliamento delle posizioni
soggettive effettivamente garantite.
Con riferimento alle codificazioni costituzionali – tralasciando
di approfondire i casi di incorporazione delle garanzie offerte
dall’ordinamento internazionale realizzata attraverso la previsione
di apposite clausole costituzionali, ovvero la c.d. «mirrored or
31
Sul punto si veda: A. Ruggeri, Rapporti tra Corte costituzionale e Corti europee,
bilanciamenti interordinamentali e «controlimiti» mobili, a garanzia dei diritti fondamentali,
in Itinerari di una ricerca sul sistema delle fonti, Torino, 2012, pp. 78 ss.
32
Così: D. Schefold, Convergenze e divergenze tra le Corti europee e le Corti
tedesche in tema d’intrepretazione dei diritti fondamentali, cit.
196
equivalent incorporation» (che si realizza attraverso la riproduzione
nei testi costituzionali nazionali di disposizioni rispecchianti quelle
presenti nei documenti internazionali) – si può ritenere che il
procedimento più diffuso di definizione legale dei diritti sia rappresentato dalla crescente tendenza alla specificazione: cioè, dalla
presenza nei testi costituzionali di disposizioni che dettagliano,
mediante un’elencazione minuziosa, i profili della personalità e
dell’agire umano che sono oggetto di riconoscimento.
In proposito è sufficiente porre a raffronto – con riferimento,
ad esempio, alla libertà religiosa – la scarna, ma efficace formulazione del primo emendamento del Bill of Rights nordamericano
(il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento
di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto) o dell’art. 3
della Carta canadese dei diritti e delle libertà (ciascuno è titolare
della libertà di coscienza e di religione) con la dettagliata enumerazione contenuta nell’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione (ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di
coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare
la propria religione o la propria convinzione individualmente o
collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti).
L’esperienza comparata ci insegna che, in genere, le Costituzioni che presentano una struttura semplice e contengono
disposizioni dal contenuto normativo generale sono proprie di
ordinamenti che hanno registrato un’evoluzione progressiva,
senza subire cesure violente e autoritarie: in cui la continuità
costituzionale ha permesso a determinati valori e principi riconducibili alla persona umana di penetrare in profondità nel
tessuto sociale, divenendo parte integrante della cultura di quel
paese. Queste preferiscono affidare al legislatore e al giudice
il compito di specificare e «aggiornare» le manifestazioni della
personalità umana che il contesto sociale considera meritevoli di
riconoscimento e di tutela.
Per contro, la scelta di dettagliare analiticamente – anche se
con funzione più esemplificativa che precettiva – i diritti tutelati si
manifesta, soprattutto, nelle Costituzioni che sono state approvate
in conseguenza di una rottura politica e istituzionale – come nel
caso delle Costituzioni europee approvate al termine del secondo
conflitto, degli ordinamenti democratici in Spagna, in Portogallo,
197
in Grecia – ovvero sono esposte a contraccolpi autoritari, poiché
espressione di una «democrazia debole» – si pensi, ad esempio,
alle Costituzioni nate dalle crisi dei regimi autoritari in America
latina e nell’Europa orientale –.
In questi casi, la specificazione è finalizzata, innanzitutto, a
segnare una cesura nei confronti del passato, si pone l’obiettivo
di evidenziare la rottura che separa l’attuale ordinamento costituzionale da quelli precedenti, sottolinea quei profili della dignità e
della libertà della persona che in passato erano stati maggiormente
conculcati: si pensi, ad esempio, all’attenzione con cui alcune
Costituzioni regolano il diritto alla vita, il divieto di schiavitù, di
torture, di discriminazione, la libertà dagli arresti arbitrari, l’inviolabilità del domicilio, della comunicazione e corrispondenza, i diritti
associativi, il divieto di censure nella manifestazione del pensiero.
Ma si propone anche di orientare l’attività e di circoscrivere la
discrezionalità del legislatore e l’autonomia dei giudici.
Va, tuttavia, considerato che tale tendenza non determina, di
per sé, un ampliamento sostanziale della sfera dei diritti tutelati,
in quanto non sussiste, una diretta connessione tra ampiezza dei
cataloghi ed effettività nel godimento dei diritti da parte dei
singoli. In altri termini la garanzia di un’ampia tutela dei diritti
dell’individuo non si affida tanto a un’analitica positivizzazione,
quanto alla capacità delle norme di esprimere un valore sentito
dalla comunità: non è solo il riflesso di una prescrizione formale,
ma piuttosto di una convinzione che, penetrando in profondità
nel tessuto sociale, diviene elemento integrante della cultura
giuridica di un popolo33. Come è stato osservato, un effettivo
«degree of realisation of constitutional rights can only based
on an examination of the totality of the legal order and of the
legal reality»34.
Con riferimento alle fonti subcostituzionali, va precisato
che, a nostro avviso, non sembrano più rispondere alle esigenze
attuali alcune tradizionali contrapposizioni, come quella tra un
modello francese ed un modello nordamericano di garanzia dei
diritti della persona: secondo la quale il secondo affiderebbe al
33
Appaiono, in proposito, interessanti le notazioni di D. Tamm, Enunciazione ed
effettività dei diritti fondamentali nei paesi scandinavi, in Enunciazione e giustiziabilità
dei diritti fondamentali nelle corti costituzionali europee, Milano, 1994, pp. 65 ss.
34
Così: A. Jyranki, Constitutional Definition of Rights and Freedoms, Aix, 1987,
p. 2 (cicl.).
198
giudice, in particolare alla Corte suprema, il compito di inverare
il valore supremo della libertà della persona umana, mentre il
primo, incentrato sul principio della sovranità popolare e sulla
posizione primaria della legge, riserverebbe in primis al legislatore
il compito di tutelare i diritti35.
Un’organica tutela dei diritti riconosciuti e garantiti dalle carte
costituzionali necessita di un’articolazione garantistica assai ampia,
tale da coinvolgere una pluralità di soggetti: non pare azzardato
affermare che ogni diritto tutelato dalla Costituzione, articolandosi in una molteplicità di situazioni soggettive – molte delle
quali necessitano una reciproca coordinazione – necessita ai fini
della sua effettività sia dell’opera specificatrice del legislatore, sia
dell’intervento garantistico e riparatore del giudice. Se è indubbio
che la giustiziabilità dei diritti costituisce, negli ordinamenti che
si ispirano al costituzionalismo liberale e democratico, la principale garanzia36, non per questo va depotenziata la funzione della
legge, che appare necessaria sia per implementare il contenuto
legale dei singoli diritti costituzionali, sia per compiere una
ponderazione nelle fattispecie in cui entrano in gioco diversi e
contrapposti diritti.
È proprio con riferimento a siffatte situazioni – sempre
più frequenti – che si può apprezzare la diversa funzione della
garanzia legislativa e di quella giurisdizionale. Quando si rende
necessario non tanto far prevalere un diritto (o principio) sugli
altri, ma favorire un ragionevole bilanciamento, la circostanza
che la soluzione delle questioni dipenda, molte volte, dalla situazione di fatto, dalla sua concretezza, dovrebbe valorizzare il
ruolo della giurisdizione, la sua capacità di decidere in ordine a
casi specifici, realizzando un ad hoc balancing. Tuttavia, il lavoro
interpretativo del giudice – specie in ordinamenti nei quali non
opera il principio dello stare decisis e non trova un riconoscimento
formale il valore del precedente – potrebbe esporre il sistema
35
Si veda: S. Gambino, Sistema delle fonti e controllo di costituzionalità. II caso
francese, Torino, 1988; G. Bognetti, I diritti fondamentali tra giudiziario e legislativo
nell’ordinamento degli Stati Uniti, in Giurisprudenza costituzionale, 1981, pp. 1072 ss.
Una ricostruzione dei due modelli è stata operata anche da: P. Cruz Villalon, La formación del sistema europeo de control de constitucionalidad, Madrid, 1987, pp. 157 ss..
36
Secondo K. Stern, EI sistema de los derechos fundamentales en la Republica Federal
de Alemania, in Revista del Centro d’estudios constitucionales, 1988, p. 263, i diritti della
persona, una volta incorporati nel diritto costituzionale, cessano di essere meri enunciati
programmatici, per trasformarsi in norme giuridiche oggettive di rango supremo.
199
ad eccessive oscillazioni, dilatare oltre misura la possibilità di
soluzioni differenziate tra fattispecie omogenee. Per cui sembra
opportuno orientare l’interpretazione del giudice all’interno di un
sistema di parametri, di criteri già individuati direttamente dal
legislatore, attraverso la predisposizione di disposizioni normative
che disciplinano direttamente i criteri o le procedure necessarie
per realizzare il bilanciamento.
Inoltre, il ruolo del legislatore è necessario per determinare i
limiti all’esercizio di determinati diritti, i quali sono in generale
coperti (se non sono esplicitamente codificati in costituzione) da
una riserva di legge, molte volte assolta37.
Ovviamente, in virtù del principio di gerarchia tra le fonti,
la legge concorre alla formazione della definizione legale dei
diritti se le sue disposizioni sono suscettibili di un’interpretazione
conforme a Costituzione: gli ordinamenti giuridici si caratterizzano per la loro completezza e coerenza interna, la quale può
essere conseguita sia espungendo le possibili antinomie interne,
sia favorendo un’interpretazione delle norme legali coerenti con
le disposizioni della Costituzione. Tale attività ermeneutica è
elemento necessario del controllo di legalità e rappresenta uno
dei canoni d’interpretazione da utilizzare; infatti, è nella fisiologia dell’interpretazione la scelta di applicare una disposizione
se è possibile attribuirle un significato conforme a Costituzione
ovvero di non applicarla qualora non sia possibile ricavare dalla
disposizione significati conformi a Costituzione. Si può, anzi, ritenere che sussista un dovere di interpretare in modo conforme
alla Costituzione e che tale dovere, nei sistemi costituzionali a
più livelli, comprende anche l’obbligo di decidere sulla base di
interpretazioni conformi alle Carte sovranazionali in materia di
diritti38.
37
Con riferimento all’ordinamento costituzionale italiano si può, ad esempio, ricordare che secondo l’art. 13 Cost. non è ammessa forma alcuna di detenzione, di
ispezione e perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale
se non nei soli casi e modi previsti dalla legge. Inoltre: nel domicilio non si possono
eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e nei modi stabiliti dalla
legge (art. 14 Cost.); ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi
parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce (art. 16 Cost.);
si può procedere a sequestro della stampa soltanto nel caso di delitti per i quali la
legge sulla stampa espressamente lo autorizzi (art. 21 Cost.).
38
Vedi, anche: V. Piccone, L’interpretazione giurisdizionale fra diritto interno e diritto
comunitario, in L’integrazione attraverso i diritti, Roma, 2010, pp. 99 ss.
200
Un interessante tentativo di prestabilire – ricorrendo alla tecnica
dell’argomentazione per test – le operazioni logiche attraverso le
quali pervenire a un’interpretazione conforme è stato compiuto
dal Tribunale costituzionale spagnolo. A suo avviso, l’interprete
dovrebbe seguire i seguenti step: se sono possibili due interpretazioni – una conforme e l’altra non conforme a Costituzione – si
deve utilizzare la prima39; alle sentenze di accoglimento si dovrebbe ricorrere soltanto nelle fattispecie in cui sia «indubbiamente
impossibile» pervenire ad un’intepretazione capace di conciliare
il significato di una disposizione con i precetti costituzionali40;
nel caso, poi, di possibilità di una molteplicità di interpretazioni
occorre dichiarare solo la non ammissibilità di quella che senza
dubbio non appare conforme a Costituzione, lasciando per le
rimanenti autonomia interpretativa ai giudici41; se sono possibili
più interpretazioni egualmente conformi a Costituzione si deve
preferire quella «maggiormente conforme» ovvero più favorevole
a un’interpretazione ampia del diritto42.
Ovviamente, gli sforzi per addivenire a un’interpretazione della
normativa conforme alla Costituzione, in ossequio al principio
di conservazione e di sicurezza giuridica, si debbono arrestare
dinanzi alle «colonne d’Ercole» costituite dal dato testuale; in
altri termini, non è giuridicamente ammissibile prescindere dal
tenore letterale degli enunciati legali.
Il richiamo alla necessità di attribuire alle disposizioni un
significato conforme alla Costituzione evidenzia l’importanza che
ha la giurisprudenza ai fini della determinazione del contenuto
legale dei diritti; e i giudici possono (debbono), a tal fine, avvalersi
anche di fonti esterne all’ordinamento nazionale: cioè, fanno uscire
la tutela dei diritti da un sistema «chiuso» di protezione. Appare
crescente la tendenza dei giudici di utilizzare rationes decidendi
ricavate dalla giurisprudenza di Tribunali costituzionali o di Corti
supreme di altri paesi ovvero di recepire specifiche tecniche di
motivazione. Anche se siffatta propensione non è eguale in tutti
gli ordinamenti, si è alla presenza di un fenomeno crescente, alimentato soprattutto dalla diffusione di dichiarazioni costituzionali
Cfr.
Cfr.
Cfr.
42
Cfr.
39
40
41
Stc
Stc
Stc
Stc
122/83.
4/81.
93/84.
19/82.
201
in materia di diritti che, ispirandosi ai medesimi criteri, favoriscono
la creazione di tradizioni costituzionali comuni.
In molti casi, i giudici richiamano nelle proprie decisioni le
esperienze straniere – sia legislative sia giurisprudenziali – per
una duplice finalità: da un lato, al fine di meglio argomentare
un revirement giurisprudenziale, dall’altro lato, per rafforzare ad
adiuvandum una determinata interpretazione del dettato costituzionale. In altri termini, il richiamo al diritto straniero serve
prevalentemente ad arricchire la motivazione, sia per rendere
più persuasiva l’argomentazione, sia per migliorare la trasparenza
del procedimento logico attraverso il quale si è formata la ratio
decidendi.
Diversa è, invece, la situazione che si produce all’interno di
ordinamenti sovranazionali – come il sistema europeo e interamericano di protezione dei diritti –. In questo caso, i criteri principali
che presiedono alle relazioni interistituzionali – armonizzazione
delle normative, coordinamento per assicurare le esigenze unitarie,
sussidiarietà riguardo alla distribuzione delle competenze – possono essere estesi, con alcuni accorgimenti, ai sistemi multilivello
di protezione dei diritti. Come è stato evidenziato, il rapporto
tra le giurisdizioni è qualitativamente diverso a seconda che si
instauri tra giudici statali appartenenti a diversi ordinamenti,
ovvero all’interno di un sistema costituzionale a più livelli, ove
opera un «vincolo di adeguamento successivo» e la necessità di
un rapporto collaborativo43.
L’armonizzazione delle normative implica un progressivo avvicinamento delle giurisdizioni nazionali e sovranazionali circa il
significato da attribuire alle disposizioni, da realizzarsi attraverso la
circolazione dei principi giurisprudenziali. Mentre il criterio della
collaborazione incoraggia l’instaurarsi di un particolare rapporto
comunicativo tra i giudici sia in senso orizzontale – tra le Corti
supreme e i Tribunali costituzionali – che verticale – tra le Corti
sovranazionali e quelle nazionali –. Si tratta, a nostro avviso, di
qualcosa di più incisivo della mera ricerca di un dialogo (espressione
che, anche etimologicamente, evidenzia un’esigenza la cui soddisfazione è rimessa alla volontà discrezionale di ciascun soggetto), che
si sostanzia in un dovere giuridico delle giurisdizioni che fanno
43
Cfr. G. De Vergottini, Il dialogo trasnazionale tra le Corti, in Lo strumento
costituzionale dell’ordine pubblico europeo, cit., pp. 72 ss.
202
parte di un sistema multilivello di tutela dei diritti di cooperare in
conformità alla sua essenza e per contribuirne al rafforzamento.
A sua volta, la sussidiarietà potrebbe manifestarsi attribuendo
alla normativa e alla giurisprudenza sopranazionale la capacità
di esprimere un «diritto vivente» cui i giudici nazionali possono
attingere per risolvere fattispecie non adeguatamente regolate
dal diritto «vigente» in ambito nazionale. Mentre, l’esigenza di
unitarietà può essere assicurata – specie nei sistemi in cui sono
previste procedure di tutela diretta dei diritti – assegnando ai
giudici sovranazionali un compito essenziale nel processo di costruzione del contenuto legale dei diritti fondamentali.
In altri termini, si richiede alle giurisdizioni l’applicazione di un
metodo comparativo, che può essere considerato una «caratteristica
essenziale e ineliminabile del sistema di controllo istituito dalla
Convenzione», dal momento che consente di attribuire ai diritti
fondamentali un significato legale ragionevolmente condiviso44.
Ovviamente la progressiva integrazione tra gli ordinamenti non
si pone in contraddizione con il riconoscimento che le giurisdizioni
nazionali possiedono un ragionevole margine di apprezzamento che
tenga conto della specificità delle tradizioni giuridiche: altrimenti,
si realizzerebbe non tanto un sistema integrato, quanto gerarchico
di tutela dei diritti. Così come non si può disconoscere la capacità dei giudici costituzionali nazionali di verificare l’eventuale
contraddittorietà della normativa sovranazionale rispetto ai principi
dell’ordinamento costituzionale ovvero di ritenere che alla luce
del diritto nazionale sia possibile conseguire una migliore e più
ampia tutela dei diritti dell’individuo.
Tuttavia, allo stato attuale, il richiamo alla teoria dei «contro
limiti» (utilizzata, ad esempio, dal Tribunale costituzionale tedesco
e dalla Corte costituzionale italiana), l’attenzione manifestata dai
giudici costituzionali nazionali a rivendicare una propria, astratta
competenza a esercitare un controllo circa la compatibilità della
normativa sopranazionale con i principi degli ordinamenti costituzionali nazionali sembrano richiamare più una petizione di principio
che una possibilità: mentre pare più realistica l’eventualità che la
clausola dei «contro limiti» o del «margine di apprezzamento»
possa essere utilizzata in ambito nazionale più per salvaguardare la
44
Vedi: G. Repetto, Argomenti comparativi e diritti fondamentali in Europa, Napoli,
2011, pp. 117 ss.
203
disciplina di un diritto che deroga rispetto alla normativa sovranazionale, che per salvaguardare un più elevato standard di tutela.
In ogni caso, il riconoscimento di un vincolo interpretativo
nei confronti della giurisprudenza sovranazionale rappresenta una
precondizione necessaria ad assicurare la funzionalità di un sistema
multilivello di protezione dei diritti; specialmente in quegli ordinamenti ove operano meccanismi di amparo costituzionale, dal momento
che il mancato accoglimento di un ricorso sulla base di un’interpretazione difforme da quella consolidata in ambito sovranazionale
legittimerebbe il privato soccombente a ricorrere dinanzi al giudice
sovranazionale al fine di vederne confermato l’orientamento.
Alla luce dei caratteri sopra individuati non pare arbitrario
osservare che, in ambito europeo, i rapporti tra giurisdizioni nazionali e sovranazionali tendono ad avvicinarsi a quelli che – nei
sistemi federali – caratterizzano le relazioni tra i giudici costituzionali statali e federali: in entrambe le situazioni, cioè, si forma
un «sistema di giustizia costituzionale a due istanze» sia pure
retto da «certi principi comuni ed omogenei»45.
4. Alcune considerazioni in merito all’incidenza dei sistemi
multilivello di protezione dei diritti sulla classificazione dei
sistemi di giustizia costituzionale
A conclusione di questo lavoro sembra utile svolgere alcune
considerazioni relative all’incidenza che la formazione di sistemi
multilivello di protezione dei diritti può esercitare sui caratteri
dei sistemi nazionali di giustizia costituzionale.
Tradizionalmente le dottrine sulla giustizia costituzionale hanno
adottato schemi di classificazione binaria – riconducibili al nitido
contributo di Calamandrei (formali, sostanziali; diffusi, accentrati;
concreti, astratti; preventivi, successivi)46 – che si rifanno ai due
prototipi che hanno plasmato, per un verso, il controllo diffuso
di costituzionalità – originario degli ordinamenti di common
45
Come acutamente sottolinea: D. Schefold, Convergenze e divergenze tra le Corti
europee e le Corti tedesche in tema d’intepretazione dei diritti fondamentali, in Il
sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni,
cit., pp. 200 ss.
46
Si veda: P. Calamandrei, La illegittimità costituzionale delle leggi nel processo
civile, Padova, 1950.
204
law – e, per un altro verso, il sistema accentrato di derivazione
austriaca e impropriamente qualificato come «sistema europeo»
di giustizia costituzionale.
Il primo si manifesta nell’ambito di un giudizio riguardante cases
and controversies, i giudici non possono pronunciarsi su questioni
astratte – prospettate, ad esempio, per mezzo di ricorsi (preventivi
o successivi) –, riconosce, inoltre, a tutti i giudici il potere di
disapplicare le norme non compatibili con la Costituzione, per cui
le loro decisioni non hanno effetti generali e la legge conserva
la sua efficacia. Viceversa, nell’Europa continentale si è, inizialmente, affermata più un’idea di controllo di costituzionalità che di
vera e propria giustizia costituzionale, nel senso che il Tribunale
costituzionale austriaco ha assunto (come è noto) i caratteri di
un sistema accentrato ed astratto: da un lato, fu fatto divieto ai
giudici di controllare le leggi dopo la loro promulgazione e il
Tribunale costituzionale poteva essere attivato soltanto attraverso
un ricorso proposto dagli organi supremi o dai Governi a garanzia
del riparto delle competenze dello Stato federale47; dall’altro lato,
la decisione del Tribunale costituzionale produceva effetti per il
futuro, assimilabili all’abrogazione legislativa.
Alla base dei due sistemi si annidava – tra le molte differenze
che li connotano – un diverso atteggiamento nei confronti del
ruolo dei giudici ordinari e della funzione della giurisdizione
all’interno dell’equilibrio tra i poteri: nel sistema di judicial review, controllo di costituzionalità e di legalità coincidono, mentre
diversi ordinamenti europei marcano una volontà di distinzione
trai due tipi di controllo.
Il prototipo nordamericano attribuisce ai giudici un ruolo
particolare al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni
costituzionali da parte di tutti i pubblici poteri, come emerge
sia dalle intenzioni dei «padri fondatori», che dallo stesso testo
della Costituzione. I primi enfatizzarono la funzione di freno
che i giudici potevano esercitare contro gli eventuali abusi del
legislatore; la Costituzione, a sua volta, dopo aver formalizzato
il principio che le sue norme costituiscono la legge suprema
del paese, riserva al potere giudiziario la competenza su tutte le
questioni «di diritto e di equità».
Si veda l’art. 89 della Costituzione austriaca del 1920.
47
205
Per contro, l’opzione per un sistema accentrato fu influenzata
non solo dall’autorevolezza di posizioni dottrinali o dalla tradizione
storica (come nel caso dell’Austria e della Repubblica federale
di Germania), ma anche da un atteggiamento di sfiducia nei
confronti del potere giudiziario, ritenuto incapace di assicurare
il sostanziale e pronto rispetto dei nuovi principi costituzionali,
depurando l’ordinamento vigente dalla norme incompatibili con
la Costituzione48.
Tuttavia, va considerato che le soprarichiamate esperienze di
giustizia costituzionale sono state oggetto di un ampia circolazione
giuridica e che tale fenomeno non ha prodotto dei cloni: nel
senso che una soluzione costituzionale adottata in un contesto
geografico, culturale e politico differente da quello originario ha
esiti non meccanicamente comparabili, dal momento che viene
necessariamente influenzata dalla specificità delle distinte culture
costituzionali49. Di conseguenza, le forme di giustizia costituzionale, nel corso della loro evoluzione e circolazione, hanno perso
l’originaria «purezza», generando sistemi misti o ibridi.
I primi si hanno quando si assiste alla convivenza di caratteri
classificati come alternativi (sistemi diffusi o accentrati, concreti
o astratti, preventivi o successivi)50; mentre si possono qualificare
come ibride quelle forme di giustizia costituzionale in cui contrapposti «modelli» si avvicinano: nel senso che i sistemi «accentrati»
si aprono a forme di convivenza con la judicial review, ovvero i
sistemi «diffusi» registrano una tendenza delle Corti supreme a
monopolizzare l’esercizio della giurisdizione costituzionale. A questo
proposito, l’esperienza di ibridazione – forse – più significativa
è rappresentata da quei sistemi in cui l’accesso al giudizio del
48
Si veda in merito: P. Cruz Villalon, La formación del sistema europeo de control
de constitucionalidad, Madrid, 1987; P. Pinna, La costituzione e la giustizia costituzionale,
Torino, 1999; J. Fernanez Rodriguez, La justicia constitucional europea ante el siglo XXI,
Madrid, 2002; D. Rousseau, La justicia constitucional en Europa, Madrid, 2002.
49
Si veda: F. Pepe (a cura di), Culture costituzionali a confronto, Genova, 2005.
50
Ad esempio, in Italia opera sia un controllo di costituzionalità successivo sulle
leggi, sia uno preventivo quando il Governo presenta un ricorso avvero l’approvazione di uno Statuto regionale; mentre nella Repubblica federale tedesca e in Spagna
convivono tanto ricorsi avverso alle leggi (astratti), quanto ricorsi diretti a tutela dei
diritti fondamentali (concreti). Forme miste di giustizia costituzionale si hanno, inoltre,
in molti ordinamenti costituzionali tanto dell’Europa orientale – ove, a causa della
influenza del modello francese, convivono controlli successivi e preventivi –, quanto
dell’America latina, che costituisce in proposito un vero e proprio laboratorio di forme
«miste» di giustizia costituzionale.
206
Tribunale costituzionale ha luogo prevalentemente attraverso una
questione di costituzionalità presentata da un giudice nel corso di
un processo, i quali costituiscono la frontiera tra sistemi astratti
e contratti: infatti, l’oggetto del giudizio è costituito dal dubbio
sulla costituzionalità della legge, però la questione deriva da un
caso concreto e riguarda non l’astratto enunciato normativo della
disposizione, ma la norma così come viene applicata e come incide
direttamente sulle posizioni soggettive esaminate nel processo51.
Un altro esempio di ibridazione – ancora in fieri, ma rilevante
ai fini del tema affrontato in questo lavoro – si rinviene in quegli
ordinamenti che prevedono tanto un controllo di costituzionalità
accentrato, quanto un controllo di convenzionalità o di conformità all’ordinamento sovranazionale riservato alla competenza
dei giudici comuni, che possono disapplicare la norme nazionali
incompatibili.
Il crescente fenomeno di ibridazione dei sistemi di giustizia
costituzionale induce diversi settori della dottrina a rivedere alcune
tradizionali classificazioni, proponendo, ad esempio, una distinzione
di massima tra sistemi basati sulla legge e sistemi orientati alla
garanzia dei diritti52, ovvero tra procedimenti che si ispirano a
una logica oggettiva ed astratta o soggettiva e concreta53. Nel
primo caso, il Tribunale costituzionale agisce nella sua qualità
di giudice delle leggi e acquistano rilevanza, soprattutto, le sue
competenze in tema di controllo sulla legittimità costituzionale
delle leggi o di conflitti; nel secondo, invece, il Tribunale è
essenzialmente un giudice dei diritti e il suo compito primario
consiste nel far effettivamente valere i diritti fondamentali, nel
«defender al individuo por la posiciòn de inferioridad en que
se encuentra frente a los poderes públicos y no una defensa
obijectiva de la Constitución»54.
Assumendo quest’ultimo criterio orientatore, le molteplici
esperienze di giustizia costituzionale possono essere graduate lungo
51
Si rinvia sul punto a: G. Rolla, Juicio de legitimadad incidental y tutela de los
derechos, in Estudios constitucionales, 2003, pp. 301 ss.
52
Così: F. Rubio Llorente, Tendencias actuales de la jurisdicción constitucional en
Europa, in Estudios sobre jurisdicción constitucional, Madrid, 1998, pp. 161 ss.
53
Vedi: M. Fromont, La justice constitutionnelle dans le monde, Paris, 1996.
54
Così: P. Perez Tremps, Tribunal constitucional y poder judicial, Madrid, 1985, p.
12. Si veda anche: M. Cappelletti, La giurisdizione costituzionale delle libertà, Milano,
1955, p. 6.
207
una scala ideale, che pone al vertice i ricorsi diretti a tutela
dei diritti costituzionali, in una posizione intermedia i processi
costituzionali attivati sulla base di una questione incidentale di
costituzionalità, mentre, alla base della scala si collocano i sistemi
in cui la garanzia dei diritti rimane del tutto indiretta, come nel
caso dei ricorsi di costituzionalità (preventivi ovvero successivi).
Nei sistemi di giustizia costituzionale orientati alla tutela
dei diritti, il sindacato non mira tanto a favorire la coerenza
del sistema normativo, quanto a verificare se il diritto vigente
ha prodotto la lesione di un diritto fondamentale. E a tal proposito un’autorevole dottrina ha ritenuto opportuno introdurre
un’ulteriore distinzione tra sistemi «orizzontali» e «verticali»55:
i primi (costituiti essenzialmente dai controlli di costituzionalità delle norme) si basano sulla collaborazione tra due poteri
asimmetrici – l’uno concentrato (quello costituzionale), l’altro
diffuso (quello giudiziario) – e nel corso del processo la dialettica tra giudice a quo e Corte costituzionale richiede una
comune attitudine ad armonizzare gli orientamenti interpretativi
della giurisdizione comune alla giurisprudenza costituzionale. I
secondi, invece, hanno a oggetto la rimozione di una possibile
lesione di un diritto fondamentale ed escludono ogni ipotesi di
collaborazione tra le giurisdizioni, dal momento che si fondano
sulla preminenza della giustizia costituzionale, la quale può
sindacare gli atti o le omissioni dei giudici e può revisionarne
la giurisprudenza in caso di interpretazione non conforme a
Costituzione. Nell’esercizio di tale competenza, la tensione tra
le due giurisdizioni non solo è intrinsecamente forte, ma anche difficilmente componibile: infatti, il giudizio del Tribunale
costituzionale può avere come oggetto anche i modi in cui un
giudice ha applicato una determinata norma56.
Il punto delicato dei sistemi orientati alla tutela dei diritti
consiste, cioè, nella possibilità di frequenti contrapposizioni tra i
Tribunali costituzionali e i giudici comuni; e dinanzi a tale evenienza
i sistemi che si rifanno al prototipo nordamericano e quelli che si
ispirano al prototipo austriaco forniscono risposte differenziate.
55
Così: F. Rubio Llorente, Sobre la relación entre Tribunal constitucional y poder
judicial en el ejercicio de la jurisdicción constitucional, in La forma del poder (estudios
sobre la Constitución), Madrid, 1993, pp. 463 ss.
56
Sulla specificità dei sistemi di giustizia costituzionale orientati alla tutela dei diritti
si rinvia a: G. Rolla, La tutela dei diritti costituzionali, Roma, 2011, pp. 39 ss.
208
Negli ordinamenti ove funziona un sistema di judicial review
i contrasti interpretativi tra la Corte suprema e i giudici sono
scongiurati dalle caratteristiche generali del sistema: sia perché
l’interpretazione costituzionale è parte integrante del controllo
di legalità e costituisce uno dei canoni ermeneutici che i giudici
debbono utilizzare al momento di applicare una determinata disposizione; sia in quanto le decisioni della Corte suprema costituiscono
un precedente, vincolante per i giudici che dovranno affrontare
situazioni simili. Mentre in caso di dubbi interpretativi o dinanzi
ad una fattispecie nuova la Corte suprema utilizza lo strumento
della certification of questions, attraverso cui avoca la questione o
la rinvia al giudice competente allegando istruzioni vincolanti.
Viceversa, negli ordinamenti ove operano sistemi astratti e
accentrati di giustizia costituzionale, che affidano il controllo di
costituzionalità a un giudice ad hoc, i contrasti tra le giurisdizioni
appaiono difficilmente eludibili: in questo caso, infatti, l’autonomia interpretativa del giudice (che comprende anche la ricerca
di un’interpretazione conforme a Costituzione delle disposizioni
di legge che deve applicare) si deve confrontare e contemperare
con il monopolio interpretativo dei Tribunali costituzionali per
quanto concerne la conformità delle norme alla Costituzione.
Di conseguenza, la funzionalità del sistema dipende, più che da
norme volte a tracciare rigidi confini tra sindacato di legalità
e di costituzionalità, dalla capacità di instaurare meccanismi di
collaborazione tra le giurisdizioni.
Inoltre, nel momento in cui la normativa e la giurisprudenza
sovranazionali divengono parte necessaria del parametro di costituzionalità, il carattere accentrato del sindacato di costituzionalità
inizia ad attenuarsi, a vantaggio di una progressiva (anche se
non sempre codificata) ripartizione dei compiti tra i Tribunali
costituzionali e le giurisdizioni ordinarie. Nei sistemi di giustizia
costituzionale che s’ispirano al c.d. «modello kelseniano» i rapporti
tra le giurisdizioni appaiono variegati, nel senso che si oscilla
tra casi in cui si registra un forte accentramento e una stretta
gerarchia e situazioni caratterizzate – invece – da una diffusa
partecipazione all’esercizio della «giurisdizione costituzionale delle
libertà»57, passando per soluzioni intermedie.
57
Secondo la nota formula di M. Cappelletti, La giurisdizione costituzionale delle
libertà, Milano, 1955.
209
La prima ipotesi si registra, soprattutto, negli ordinamenti che
riconoscono ai Tribunali costituzionali la competenza in materia di
ricorsi diretti nei confronti degli atti e delle omissioni dei giudici,
suscettibili di ledere diritti fondamentali dell’individuo. In questi casi,
infatti, da un lato, si riconosce alle sentenze del Tribunale costituzionale la capacità non solo di modificare la decisione avverso la
quale è stato presentato il ricorso, ma anche di vincolare pro futuro
i giudici all’interpretazione del giudice costituzionale. Dall’altro lato,
quest’ultima è, a sua volta, condizionata dalla dottrina formulata, in
merito al medesimo diritto e a casi equivalenti, dalla giurisdizione
sovranazionale, alla quale può essere riconosciuta un’autorità assimilabile a quella del precedente. D’altra parte, qualora il giudice
risolva i ricorsi di amparo in difformità dal diritto sovranazionale,
sarebbe sempre possibile presentare un ricorso diretto al giudice
europeo per violazione della Convenzione.
Sul versante opposto, quali esempi di giurisdizioni «diffuse»,
si possono indicare le esperienze in cui i giudici comuni possono
disapplicare le norme nazionali incompatibili con la tutela dei diritti
fondamentali. È il caso, innanzitutto, dei sistemi di judicial review
operanti in Europa, in cui l’interpretazione conforme alla Convenzione
europea o alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
è parte integrante del controllo di legalità. Ma rientrano a pieno
titolo tra gli esempi di giurisdizioni «diffuse» anche gli ordinamenti
che consentono ai giudici comuni di disapplicare la normativa
nazionale in caso di contrasto con il diritto europeo (come in
Francia) o comunitario (come in Italia), ovvero di pronunciare una
dichiarazione di incompatibilità della normativa nazionale rispetto
a quella sovranazionale (come nel Regno Unito)58. Sempre con
riferimento all’Italia si può evidenziare che il medesimo parametro
(rappresentato dall’art. 117.1 Cost. secondo cui le leggi statali e
regionali devono rispettare gli obblighi internazionali) è utilizzato
dalle diverse giurisdizioni con effetti differenti: dai giudici comuni,
per pervenire ad un’interpretazione conforme a Costituzione (e a
Convenzione), con effetti inter partes; dai Tribunali costituzionali
per annullare una norma con effetti erga omnes59.
58
Con riferimento alla Francia, si veda: N. Deffains, L’applicazione della Convenzione
dei diritti dell’uomo nelle giurisdizioni francesi, op. et loc. cit.
59
In merito alla situazione in atto nell’ordinamento costituzionale italiano alla luce
della recente giurisprudenza della Corte costituzionale si veda: P. Perlingeri, Leale
collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee, Napoli, 2008, pp. 47 ss. Si veda
210
Alla luce di siffatte considerazioni non pare, a nostro avviso,
azzardato intravedere nei rapporti tra le giurisdizioni una lenta
tendenza a «relativizzare» il monopolio dei Tribunali costituzionali quali interpreti supremi della Costituzione a causa delle
competenze acquisite nel tempo dai giudici comuni in materia
di interpretazione e di applicazione delle disposizioni di rango
costituzionale. Alcune di queste competenze sono conseguenti
alla particolarità della normativa vigente in un ordinamento – ad
esempio, laddove la riserva di competenza dei Tribunali costituzionali non si estende a tutte le norme, ma solo a quelle prodotte
da determinate fonti – ovvero riconducibili ad una scelta «transitoria» compiuta direttamente dalla Costituzione – ad esempio,
nella Repubblica federale di Germania o in Spagna spetta(va) ai
giudici disapplicare la normativa anteriore alla Costituzione in
caso di incompatibilità costituzionale –. Egualmente partecipano
al controllo di costituzionalità i giudici di quegli ordinamenti in
cui una questione di costituzionalità può essere sollevata solo nei
casi in cui non è possibile giungere a un’interpretazione conforme
a Costituzione.
L’estensione del controllo di costituzionalità è, invece, il prodotto
della crescente integrazione tra gli ordinamenti in quei sistemi che
affiancano al controllo di costituzionalità esercitato dai Tribunali
costituzionali un controllo giudiziale di conformità alla normativa
comunitaria e un controllo di convenzionalità, finalizzato a verificare
il rispetto da parte degli ordinamenti nazionali dei principi e dei
diritti riconosciuti dalle Carte sovranazionali in materia di diritti.
Si può ipotizzare che i sistemi accentrati di giustizia costituzionale – se analizzati nella loro dimensione dinamica – si stiano
significativamente aprendo a forme di convivenza con la judicial
review, le quali sono perseguite introducendo una ripartizione di
compiti tra le giurisdizioni all’interno della generale funzione di
assicurare l’effettività dei diritti costituzionalmente garantiti: per cui,
da un lato, non pare arbitrario considerarle articolazioni diverse
del modo di manifestarsi della giustizia costituzionale.
anche: L. Montanari, La difficile definizione dei rapporti con la CEDU alla luce del
nuovo art. 117 della Costituzione: un confronto con Francia e Regno Unito, in Studi
in memoria di G. Floridia, Napoli, 2009, pp. 459 ss.
211