SAGGI L’INFLUENZA DELLE CARTE SOVRANAZIONALI SULLA CONFIGURAZIONE LEGALE DEI DIRITTI E I LINEAMENTI DEL SISTEMA DI GIUSTIZIA COSTITUZIONALE di Giancarlo Rolla Sommario: 1. L’apertura degli ordinamenti nazionali all’ordinamento internazionale. - 2. Consonanze e dissonanze tra il sistema europeo e quello americano di protezione dei diritti. - 3. L’apporto delle codificazioni sovranazionali alla determinazione del contenuto legale dei diritti. - 4. Alcune considerazioni in merito all’incidenza dei sistemi multilivello di protezione dei diritti sulla classificazione dei sistemi di giustizia costituzionale. 1. L’apertura degli ordinamenti nazionali all’ordinamento internazionale Una linea di tendenza che caratterizza molti sistemi costituzionali sotto il profilo della tutela dei diritti consiste nella progressiva osmosi tra ordinamenti nazionali e sovranazionali. Si tratta di un fenomeno che esprime la tensione universalistica che anima la protezione della persona umana e – superando i confini della c.d. domestic jurisdiction – certifica, in un mondo sempre più integrato, la crisi di autosufficienza degli ordinamenti nazionali. Inoltre, esso, pur interessando diverse aree come bene evidenzia la realtà dell’America latina, registra in Europa un mirabile livello di sviluppo grazie alla presenza di due Codificazioni di rango costituzionale – come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – e alla rilevanza della giurisprudenza di due Corti – la Corte europea dei diritti e la Corte di giustizia dell’Unione europea. In questi contesti, si assiste a un superamento della tradizionale contrapposizione tra una concezione dualistica o monistica del rapporto tra ordinamento nazionale e sovranazionale – la prima li considera separati, la seconda li vede, invece, come parti di un POLITICA DEL DIRITTO / a. XLIII, n. 2-3, giugno-settembre 2012 181 unico sistema costruito gerarchicamente sul primato della fonte internazionale –, a vantaggio di una prospettiva multilivello: secondo la quale si è in presenza di ordinamenti tra di loro coordinati e integrati. Con la conseguenza che le relazioni da qualche tempo operanti nel sistema comunitario e che dovrebbero informare i rapporti interistituzionali negli ordinamenti federali e di regionalismo evoluto – sintetizzabili nell’armonizzazione delle normative, nella sussidiarietà a proposito della competenza a intervenire, nell’attribuzione al livello superiore di compiti di unificazione al fine di assicurare l’unitarietà del sistema, nella collaborazione nei processi decisionali1 – tendono a regolare anche i sistemi sovranazionali di protezione dei diritti2. Il fenomeno del multilevel constitutionalism, esteso all’ambito di tutela dei diritti fondamentali, produce degli effetti quanto mai interessanti: da un lato, favorisce un’interpretazione evolutiva ed estensiva delle disposizioni costituzionali, le quali possono essere specificate e implementate dalla normativa e dalla giurisprudenza internazionali; dall’altro lato, contribuisce alla creazione di un diritto «comune», in grado di rappresentare in un determinato ambito geografico la base unitaria per la tutela dei diritti fondamentali. Si determina, infatti, tra gli interpreti una duplice influenza per cui i diritti riconosciuti in ambito nazionale devono essere interpretati alla luce delle omogenee disposizioni presenti nelle codificazioni sovranazionali, mentre la giurisprudenza sovranazionale non può non considerare il diritto vivente nei singoli ordinamenti, in quanto partecipe della tradizione costituzionale europea. 1 Come è noto, la nozione di sistema costituzionale multilivello è stato utilizzata a proposito delle relazioni tra lo Stato e le entità decentrate (sia federali, che regionali). In merito alle sue caratteristiche si rinvia a: G. Rolla, L’autonomia delle comunità territoriali. Profili costituzionali, Milano, 2008, pp. 28 ss. 2 Sulla problematica di una protezione multilivello dei diritti fondamentali si veda, tra i molti: P. Bilancia, E. De Marco (a cura di), La tutela multilivello dei diritti, Milano, 2004; L. Azzena, L’integrazione attraverso i diritti, Torino, 1998; A. Ruggeri, Dimensione europea della tutela dei diritti fondamentali e tecniche in terpretative, in «Itinerari» di una ricerca sul sistema delle fonti, Milano, 2010, pp. 453 ss.; E. De Marco, La tutela dei diritti nel quadro del costituzionalismo multilivello, in E. De Marco, Percorsi del «nuovo costituzionalismo», Milano, 2008, pp. 83 ss.; A. D’Atena, P. Grossi (a cura di), Tutela dei diritti fondamentali e costituzionalismo multilivello: tra Europa e Stati nazionali, Milano, 2004; L. Moccia (a cura di), Diritti fondamentali e cittadinanza dell’Unione europea, Milano, 2010; S. Gambino, Diritti fondamentali e Unione europea, Milano, 2009; D. Butturini, La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano ed europeo, Napoli, 2009; V. Sciarabba, Tra fonti e Corti. Diritti e principi fondamentali in Europa: profili costituzionali e comparati degli sviluppi sovranazionali, Padova, 2008; G. Demuro, Costituzionalismo europeo e tutela multilivello dei diritti:lezioni, Torino, 2009. 182 D’altra parte, il fenomeno della circolazione delle esperienze – secondo il quale un istituto, un principio, una procedura si diffonde e si affermano in virtù della loro efficacia, degli esiti positivi e del rendimento che hanno prodotto in altri contesti – interessa anche l’attività giurisprudenziale e risulta crescente la tendenza dei giudici ad utilizzare rationes decidendi ricavate dalla giurisprudenza di Tribunali costituzionali o di Corti supreme di altri paesi. L’esigenza di pervenire a interpretazioni conformi a Costituzione favorisce l’adesione a comuni principi e tecniche ermeneutiche, con la conseguenza di favorire un progressivo avvicinamento del significato da attribuire alle disposizioni dei diversi documenti di rango costituzionale, nonché di favorire una certa omogeneizzazione dei livelli di tutela. In dottrina, non solo mancate valutazioni critiche, timorose che il consolidamento di sistemi multilivello di tutela dei diritti fondamentali possa generare incertezza nella garanzia dei diritti3, nonché porre i giudici di fronte ad una diversità di discipline astrattamente applicabili alla medesima situazione soggettiva4. Tuttavia, non va trascurata la possibilità che questi rischi possano progressivamente attenuarsi in conseguenza del consolidarsi di un rapporto comunicativo tra le giurisdizioni, della capacità di un potere «diffuso» come quello giudiziario di essere parte del processo di circolazione giuridica5. Inoltre, il riconoscimento alle giurisdizioni nazionali di un ragionevole margine di apprezzamento che tenga conto della specificità delle tradizioni giuridiche non si pone in contraddizione che il processo di integrazione tra gli ordinamenti: anzi, può costituire un antidoto contro il rischio che un sistema integrato di tutela dei diritti si trasformi in gerarchico6. Vedi: M. Patrono, I diritti dell’uomo nel Paese d’Europa, Padova, 2000, pp. 173 3 ss. 4 Così, A. Pace, Metodi interpretativi e costituzionalismo, in Quaderni costituzionali, 2001, p. 35. 5 In proposito, mi sia consentito richiamare il mio lavoro: G. Rolla, Alcune considerazioni sui possibili effetti delle codificazioni e della giurisprudenza sovranazionali in materia di diritti sul c.d. «sistema europeo» di giustizia costituzionale, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Milano, 2010, pp. 21 ss. Sulla problematica più generale del c.d. «dialogo» tra le giurisdizioni si veda da ultimo: G. De Vergottini, Oltre il dialogo tra le Corti, Bologna, 2010. 6 In merito alla configurabilità dei principi delle Costituzioni nazionali come limiti al diritto comunitario, si veda, anche per ulteriori riferimenti bibliografici: D. Butturini, La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano ed europeo, 183 L’integrazione tra gli ordinamenti è avvenuta attraverso tappe successive. In una prima fase, è stata favorita dall’inserzione nelle Costituzioni nazionali di apposite clausole di apertura all’ordinamento internazionale, che attribuiscono una particolare forza giuridica alle dichiarazioni internazionali in materia di diritti fondamentali7. Si tratta di un fenomeno oramai consolidato, che contraddistingue tanto il neo costituzionalismo dell’America latina, che l’esperienza costituzionale europea. Nel continente europeo si possono richiamare, ad esempio, l’art. 16 Cost. portoghese (le disposizioni costituzionali e legali in materia di diritti fondamentali debbono essere interpretati in armonia con la Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo), l’art. 10.2 Cost. spagnola (le norme relative ai diritti e alle libertà fondamentali che la Costituzione riconosce dovranno essere interpretate in conformità con i trattati e le intese internazionali ratificate dallo Stato spagnolo), l’art. 117.1 Cost. italiana (la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto degli obblighi internazionali); mentre in Svizzera è previsto un ricorso a livello cantonale per violazione di diritti contenuti nei trattati internazionali e la verifica della conformità delle norme cantonali alla Convenzione europea8. Disposizioni assimilabili si rinvengono anche in alcune Costituzioni dell’Europa orientale: in Ungheria, la Corte costituzionale deve verificare la conformità delle regole giuridiche alle convenzioni internazionali (art. 32 Cost.); secondo l’art. 87.1 della Costituzione della Repubblica ceca e l’art. 125 della Costituzione slovacca, la Corte costituzionale può annullare le disposizioni legislative in contrasto con i trattati internazionali in materia di diritti fondamentali; mentre in Bulgaria e in Polonia il giudice Napoli, 2009, pp. 59 ss. Sul punto anche: G. Silvestri, Fonti interne, fonti esterne e tutela integrata dei diritti fondamentali, in Studi in onore di Franco Modugno, Napoli, 2010, p. 3418. 7 In merito a tale tecnica di codificazione si rinvia a: G. Rolla, Tecniche di positivizzazione e clausole di interpretazione dei diritti fondamentali. Alcune considerazioni a proposito delle recenti codificazioni dei diritti nell’Unione europea, in Studi in memoria di G. Foridia, Napoli, 2009, pp. 657 ss. 8 In particolare, sull’interessante codificazione della Costituzione spagnola si veda: A. Saiz Arnaiz, La apertura constitucional al derecho internacional y europeo de los derechos humanos, Madrid, 1999. 184 costituzionale può decidere sulla conformità delle leggi con gli accordi internazionali9. Con riferimento, poi, all’America latina, si può affermare che la quasi totalità delle Costituzioni degli Stati aderenti alla Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo contengono norme di apertura all’ordinamento internazionale. I diversi ordinamenti si differenziano, se mai, con riferimento alla forza giuridica da attribuire ai trattati e alle convenzioni internazionali in materia di diritti umani: sul punto, i testi costituzionali optano per un ventaglio di soluzioni che va dall’equiparazione alle norme costituzionali – come nel caso di Nicaragua, Ecuador, Venezuela e, soprattutto, Argentina, il cui art. 75 Cost. dispone che le norme internazionali sono complementari a quelle costituzionali in materia di diritti e di garanzie – all’inserzione tra le norme che concorrono alla formazione della disciplina legale dei diritti – emblematica è, in proposito, la soluzione dell’art. 13 della Costituzione del Messico, il quale dispone che le leggi del Congreso e i trattati firmati dal Presidente della Repubblica con l’approvazione del Senato, saranno leggi della Repubblica10. Così come in altre fattispecie sono considerate parte del c.d. «blocco di costituzionalità»11, ovvero un mero criterio di interpretazione obbligatorio per i pubblici poteri – come nel caso dell’ordinamento peruviano –. Un salto di qualità nel processo di integrazione tra gli ordinamenti si è conseguito, poi, con l’entrata in vigore della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà e della Convenzione interamericana sui diritti umani, che hanno posto i presupposti per realizzare sistemi «geografici» di garanzia dei diritti fondamentali12: ciò in quanto, come si vedrò 9 A sua volta, nel Regno Unito, la legislazione in materia di diritti deve essere interpretata – tramite l’interposizione dello Human Rights Act – in conformità alle norme ricavabili dalle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla sua interpretazione giurisdizionale. 10 In generale: A. Brewer Carias, La aplicación de los tratados internacionales sobre derechos humanos en el orden interno, in Revista iberoamericana de derecho procesal constitucional, 2006, pp. 29 ss.; R. Hernandez Valle, L’utilizzazione della giurisprudenza della Corte americana dei diritti dell’uomo da parte dei Supremi tribunali e dei Tribunali costituzionali dell’America latina, in G. Rolla (a cura di), Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Milano, 2010, pp. 75 ss. 11 Come in Costa Rica, Guatemala, El Salvador, Honduras, Colombia. 12 La dottrina sul punto è assai ampia. Rinviando a successive indicazioni, al momento, si segnalano i lavori di natura generale di: G. Ramirez, Los derechos humanos y la jurisdicción interamericana, México, 2002; T. Burgenthal, La protección de los derechos humanos en las Américas, Madrid, 1990; H. Fix-Zamudio, Reflexiones 185 nel paragrafo successivo, tali atti internazionali presentano una forza giuridica qualitativamente diversa da quella degli ordinari trattati internazionali e hanno previsto specifici organi a tutela dell’effettività nel godimento dei diritti in essi riconosciuti. 2. Consonanze e dissonanze tra il sistema europeo e quello interamericano di protezione dei diritti Le due Convenzioni sopra richiamate presentano delle differenze relative sia ai tempi di evoluzione del sistema, sia alla qualità dei rapporti tra l’ordinamento sovranazionale e quelli nazionali; tuttavia, non si può disconoscere che siano accomunate da diversi profili e caratteristiche. Comune è, innanzitutto, la loro natura giuridica di atti internazionali che si differenziano in misura significativa dai Trattati internazionali «classici». Come ha chiaramente precisato la Corte interamericana, nel suo parere del 24 settembre del 1982, la Convenzione non è un Trattato multilaterale di tipo tradizionale, dal momento che gli Stati, ratificandolo», si sottomettono ad un ordine legale e per il bene comune assumono delle specifiche obbligazioni non nei confronti degli altri Stati, ma nei confronti degli individui sottoposti alla loro giurisdizione». Una posizione che esce rafforzata alla luce della Convenzione europea, la quale, non limitandosi a prevedere reciproche obbligazioni tra gli Stati contraenti, concorre alla formazione dell’ordine pubblico europeo e offre una protezione diretta ed effettiva dei diritti da essa garantiti. Inoltre, l’evoluzione dei due ordinamenti sovranazionali registra una certa simmetria. Innanzitutto, i due sistemi si qualificano per un progressivo affinamento dei meccanismi di tutela e per il rafforzamento del ruolo dei Tribunali sovranazionale e dell’efficacia delle loro decisioni. comparativas sobre los sistemas interamericano y europeo de protección de los derechos humanos, in Derecho internacional de los derechos humanos.culturas y sistemas jurídicos comaprados, México, 2008, pp. 203 ss.; F. Cocozza, Diritto comune delle libertà in Europa:profili costituzionali della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Torino, 1994; A. Gardino, Stati e Corte europea di Strasburgo nel sistema di protezione dei diritti dell’uomo, Milano, 2005; L. Montanari, I diritti dell’uomo nell’area europea tra fonti internazionali e fonti interne, Torino, 2002. Si veda anche: A. Caligiuri, G. Cataldi, N. Napoletano, La tutela dei diritti umani in Europa, Padova, 2010; L. Mezzetti, A. Morrone, Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo, Torino, 2010. 186 Il sistema europeo di protezione dei diritti prevedeva inizialmente che ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciute nella Convenzione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale (art. 13): in tale fase, non intende sostituirsi o integrare i meccanismi nazionali di garanzia, ma si propone piuttosto di rafforzare la tutela dei diritti, intervenendo in modo sussidiario nel caso in cui i primi non siano in grado di assicurare una sostanziale garanzia. Successivamente, la sua efficacia si affina con l’approvazione del protocollo n. 11, che introduce un ricorso diretto alla Corte europea da parte degli individui che lamentano la lesione di un diritto convenzionale: tale previsione fa registrare un salto di qualità nell’efficacia del sistema, che migliora l’effettività della codificazione sovranazionale, dal momento che i ricorrenti possono ricorrere sia nei confronti di atti dei pubblici poteri (ivi comprese le decisioni degli organi giurisdizionali), che di norme le quali producano una lesione diretta dei diritti del ricorrente. Un’ulteriore tappa nel processo di stabilizzazione del sistema si è avuta con l’approvazione del protocollo n. 14, che si è premurato di introdurre alcuni «filtri» selettivi alla possibilità presentare ricorsi diretti, ammissibili nei casi in cui la lamentata lesione di un diritto determini un pregiudizio importante a danno del ricorrente13. A sua volta, il sistema interamericano si è evoluto progressivamente, pur senza pervenire – al momento – ad ammettere un ricorso diretto all’organo giurisdizionale da parte dei cittadini degli Stati aderenti. La sua gestazione è avvenuta all’interno dell’Organizzazione degli Stati americani, che, in seguito all’approvazione nel 1948 della Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo e della Carta internazionale americana delle garanzie sociali, definì la sua organizzazione, istituendo due organi: la 13 In merito: E. Carmona Cuenca, El derecho a un recurso effectivo ante una instancia nacional: problemas interpretativos, in J. Garcia Roca, P. Santolaya (coord.), La Europa de los derechos, Madrid, 2005, pp. 637 ss.; J.F. Renucci, Introduction à la Convention européenne des Droits de l’homme: les droits garantis et le mécanisme de protection, Strasburg, 2005; A. Gardino, Stati e Corte europea di Strasburgo nel sistema di protezione dei diritti dell’uomo, cit., pp. 9 ss.; C. Pinelli, Judicial Protection of Human Rights in Europe and the Limits of a Judgement Made System, in Diritto dell’Unione europea, 1996, pp. 997 ss.; AA.VV., La nouvelle procédure devant la Cour europenne des droits de l’homme après le Protocole n. 14, Bruxelles, 2007. Si veda anche: S. Bartole, B. Conforti, G. Raimondi, Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001. 187 Commissione, con sede a Washington, e la Corte, interamericana per la protezione dei diritti fondamentali con sede a San José di Costa Rica. Quest’ultima – fornita di competenze sia giurisdizionali che consultive – può esercitare un ruolo significativo, ma moderatamente efficace dal momento che il suo giudizio può essere attivato dagli Stati aderenti o dalla Commissione interamericana per i diritti umani, ma non – a differenza del sistema europeo – da un ricorso diretto dei singoli. Inoltre, la protezione offerta dalla Convenzione interamericana è «coadiuvante e complementaria» rispetto a quella riconosciuta dal diritto interno, nel senso che si accede a essa solo se gli ordinari strumenti di garanzia offerti in ambito nazionale non riescono a garantire i diritti fondamentali. Tale proiezione internazionale dei ricorsi a tutela dei diritti fondamentali è stata diversamente denominata dalla dottrina: alcuni autori parlano di ricorsi individuali in ambito sopranazionale, altri di ricorsi internazionali14. Va, tuttavia, precisato che il profondo gap del sistema interamericano di protezione dei diritti fondamentali nei confronti di quello europeo è progressivamente eroso sia dalla esistenza – in molti ordinamenti dell’America latina – di disposizioni nazionali che attribuiscono a chi si ritiene leso in un diritto costituzionale la possibilità di ricorrere a tribunali o organismi internazionali, sia dall’affermarsi di un vincolo per i giudici nazionali ad adottare una interpretazione conforme alla Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo, nonché alla giurisprudenza della relativa Corte15. Un’altra caratteristica che accomuna i due sistemi riguarda il valore e gli effetti attribuiti alle decisioni dei due organi giurisdizionali. Le sentenze della Corte europea e della Corte interamericana hanno autorità di cosa giudicata, vincolano le 14 Così: H. Fix-Zamudio, Tribunales e salas constitucionales en América Latina y protección interamericana de derechos humanos, in Justicia, libertad y derechos humanos, San José, 2003, pp. 201 ss.; N. Navia, Introducción al sistema interamericano de protección a los derechos humanos, México, 1993. 15 Per considerazioni generali sul sistema americano di protezione dei diritti si rinvia a: H. Fix-Zamudio, Protección jurídico constitucional de los derechos humanos de fuente internacional en los ordenamientos de Latinoamérica, in Derecho constitucional para el siglo XX, Navarra, 2006, pp. 1727 ss.; J. Mendez, F. Cox, El futuro del sistema interamericano de proteccián de los derechos fundamentales, México, 1998; N. Navia, Introducción al sistema interamericano de protección a los derechos humanos, México, 1993; C. Pizzolo, La convenzione interamericana sui diritti umani e l’impatto sugli ordinamenti nazionali, in Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo, cit., pp. 111 ss. 188 parti, sono obbligatorie, ma non esecutive, poiché compete allo Stato condannato di conformarsi alle sentenze definitive nelle controversie in cui è parte16. Inoltre, in casi di estrema gravità e urgenza, o quando si tratta di evitare danni irreparabili alle persone, i giudici sopranazionali possono adottare delle misure provvisorie, di natura cautelare17. La gamma degli strumenti che i due sistemi sovranazionali prevedono per assicurare l’esecuzione delle decisioni delle due Corti appare significativamente ampia: dal pagamento di un equo indennizzo all’adozione di misure individuali per rimediare alla lesione del diritto del ricorrente (che possono consistere anche nella riapertura di un processo già definito ovvero in atti di restitutium in integrum, cioè di ripristino del godimento del diritto); da un revirement della giurisprudenza nazionale, all’adozione di misure generali idonee a impedire che nel futuro si producano altre lesioni – come, ad esempio, il miglioramento dei meccanismi interni di protezione dei diritti ovvero l’abrogazione delle disposizioni interne che pregiudicano o rendono difficoltosa l’attuazione delle prescrizioni indicate nelle sentenze della Corte, la verifica della compatibilità della normativa con i principi fissati dalla giurisdizione sovranazionale18 –. Mentre un esempio «estremo» di incidenza della giurisprudenza sovranazionale negli ordinamenti interni è costituito dai casi in cui che l’obbligo di rispettare la decisione della Corte può 16 Si veda: P. Pirrone, L’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, Milano, 2004; AA.VV., The Execution of Strasbourg and Geneva Human Rights Decisions in the National Legal Order, The Hague, 1999; E. Lambert Abdelgaword, L’éxècution des arrêts de la Cour européenne des droits de l’homme, Strasbourg, 2008; A. Quiroga Leon, Las sentencias de la Corte intermericana de derechos humanos y la cosa juzgada en los tribunales nacionales, in Estudios constitucionales, 2006, pp. 393 ss.; E. Ferrer Mac-Gregor, La Corte interamericana de derechos humanos como intérprete constitucional, in Interpretación constitucional, México, 2005, pp. 521 ss.; H. Fix-Zamudio, Tribunales e salas constitucionale en América Latina y protección interamericana de derechos humanos, in Justicia, libertad y derechos humanos, cit., pp. 201 ss.; C. Maria De Colmenares, Aplicación del derecho internacional de los derechos humanos en el ambito de derecho interno del Guatemala, in Anuario Iberoamericano de justicia constitucional, 2001, pp. 67 ss. 17 Vedi: P. Vipiana, I poteri cautelari della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo a tutela dei diritti fondamentali, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 45 ss. 18 In proposito si può segnalare il caso Loayza Tamayo contro Perù, nel quale la Corte interamericana dei diritti dell’uomo, appurata la violazione del principio «ne bis in idem», ha disposto la liberazione della persona in un periodo di tempo ragionevole e secondo le procedure del diritto interno del Perù (17 settembre 1997). 189 essere assolto soltanto attraverso una revisione della Costituzione nazionale. Emblematica appare, in proposito, la decisione con la quale la Corte interamericana, avendo ritenuto che l’applicazione dell’art. 19 della Costituzione del Cile – che ammetteva in alcuni casi l’istituto della censura19 – violava il diritto di manifestazione del pensiero garantito dalla Convenzione, ha ordinato allo Stato di revisionare il testo della Costituzione, al fine di rimuovere la lesione del diritto. È interessante, inoltre, evidenziare – con riferimento, ad esempio, all’ordinamento costituzionale spagnolo – che la mancata attuazione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo può legittimare la presentazione in ambito nazionale di un ricorso di amparo costituzionale20. Alcuni ordinamenti nazionali, poi, regolano con un’apposita normativa il procedimento di attuazione delle decisioni della Corte sovranazionale. Con riferimento alla realtà dell’America latina, si può segnalare l’esperienza della Colombia – che disciplina il pagamento di indennizzi quando sia stata emessa una sentenza di condanna dello Stato – e del Perù, la cui legislazione considera obbligatori gli atti, i provvedimenti cautelari e le raccomandazioni degli organi del sistema interamericano di protezione dei diritti fondamentali e prevede che le sentenze della Corte interamericana debbano essere eseguite dallo stesso tribunale che ha emesso la sentenza oggetto del ricorso. Inoltre, in Costa Rica, le decisioni, una volta comunicate alle autorità nazionali, possiedono la stessa forza esecutiva delle decisioni dei tribunali della Costa Rica. In entrambi i sistemi sovranazionali di tutela dei diritti fondamentali le sentenze delle Corti possiedono tanto la natura di res iudicata – con effetti inter partes – quanto quella di «cosa interpretata» – con effetti erga omnes –. Ciò perché si fa discendere dall’obbligo generale di dare esecuzione alle decisioni delle Corti sovranazionali il vincolo per i giudici nazionali di interpretare la normativa in materia di diritti in modo «convenzionalmente 19 Si trattava, nella fattispecie, del divieto di far proiettare il film «L’Ultima Tentazione di Cristo». 20 Cfr. S. Garcia Couso, El nuevo modelo de protección de los derechos fundamentales tra la aprobación de la LO 6/2007:la obiejtivación del amparo constitucional y la tutela subjetiva de los derechos por la jurisdicción ordinaria y el Tribunal europeo de derechos humanos, in Revista europea de derechos fundamentales, 15, 2010, pp. 137 ss. 190 corretto». Si produce una situazione che può essere assimilata, lato sensu, alla judicial review, poiché compete ai giudici, sia ordinari che costituzionali, verificare la conformità della normativa e degli orientamenti giurisprudenziali nazionali alla Convenzione e alla giurisprudenza del giudice sopranazionale, dichiarando l’incostituzionalità (i Tribunali costituzionali) o disapplicando (i giudici comuni) le norme contrarie. Siffatto controllo si giustifica, per utilizzare il ragionamento della Corte interamericana dei diritti dell’uomo, con l’esigenza che, quando uno Stato ha ratificato un trattato come la Convenzione, i suoi giudici – in quanto organo dello Stato – sono ad essa sottoposti ed obbligati a vegliare affinché gli effetti delle disposizioni della Convenzione non vengano vanificati da norme contrarie21. In più occasioni, poi, è stato confermato sia che è dovere di ogni Stato firmatario della Convenzione organizzarsi in modo tale che le sue istituzioni siano capaci di assicurare il rispetto dei diritti umani (ivi compreso il dovere di prevenire, investigare e sancire ogni violazione dei diritti riconosciuti dalla Convenzione); sia che l’applicazione di disposizioni di diritto interno contrarie alla normativa e giurisprudenza sopranazionale compromette la responsabilità internazionale dello Stato. In America latina – a parte la posizione del Tribunale costituzionale del Nicaragua e della Sala costituzionale della Suprema Corte di Giustizia del Venezuela che hanno affermato la natura non vincolante delle decisioni della Corte interamericana dei diritti dell’uomo qualora si oppongano al principio della res iudicata ovvero contrastino con le disposizioni costituzionali interne22 – sembra prevalere un orientamento favorevole a riconoscere l’obbligo di conformarsi alla giurisprudenza della Corte interamericana. In proposito, oltre alla Sala costituzionale della Costa Rica che motiva con una certa frequenza le sue decisioni in conformità a quanto stabilito dalla giurisprudenza internazionale sul diritto internazionale dei diritti umani, si staglia l’orientamento consolidato della Corte suprema dell’Argentina, la quale, già prima della revisione costituzionale del 1994, aveva affermato che le disposizioni della 21 Si veda: N. Pedro Sagues, Obligaciones internacionales y control de convencionalidad, in Estudios constitucionales, 2010, pp. 117 ss. 22 Si veda, per tutte, la sentenza n. 1942 del 15 luglio 2003 la Sala Costituzionale venezuelana. 191 Convenzione sono gerarchicamente superiori alle norme interne e vincolanti per i tribunali23. È interessante evidenziare come la giurisprudenza della Corte interamericana sia utilizzata con frequenza crescente per dichiarare la contrarietà a Costituzione di norme legali. In proposito, si può richiamar, ancora una volta, l’esempio dell’ordinamento argentino, ove la Suprema Corte ha dichiarato incostituzionali le c.d. leggi di «punto finale» e di «ubbidienza dovuta (e privato di ogni effetto giuridico ogni atto fondato sulle stesse) sulla base dell’argomentazione che ogni regolazione di diritto interno la quale, invocando ragioni di «pacificazione», disponga il conferimento di qualunque forma di amnistia che lasci impunite violazioni gravi ai diritti umani perpetrate dal regime, è contraria a chiare ed obbligatorie disposizioni di diritto internazionale24. Infatti, prosegue la Corte, quando uno Stato ha ratificato un trattato internazionale come la Convenzione interamericana, i suoi giudici, in quanto parte dell’apparato dello Stato, sono sottomessi anche a essa e costretti a far sì che gli effetti delle disposizioni della Convenzione non vengano diminuiti dall’applicazione di leggi contrarie al loro oggetto e finalità. A sua volta, l’esperienza europea evidenzia come le giurisdizioni nazionali – sia pure con distinguo o attraverso particolari percorsi argomentativi – accettino di fatto il vincolo interpretativo derivante dalla giurisprudenza della Corte europea. In Francia – nonostante alcune affermazioni tese a ribadire che i giudici nazionali possiedono un potere di interpretazione autonomo e sovrano – sono assai frequenti i casi in cui l’ordinamento giudiziario modifica i propri orientamenti alla luce 23 Si vedano, ad esempio, la sentenza del 9 maggio 1995, n. 2312 della Sala costituzionale della Costa Rica e la sentenza 18 marzo 1998, n. 87 della Corte costituzionale della Colombia. 24 Vedi: R. Hernandez Valle, L’utilizzazione della giurisprudenza della Corte americana dei diritti dell’uomo da parte dei supremi tirbunali e dei tribunali costituzionali dell’America latina, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 77 ss.; C. Pizzolo, Los crímines de lesa humanidad no pueden ser objeto de amnistía. El caso argentino y la jurisprudencia actual de la Corte suprema de justicia, in Ponencias desarrolladas, Arequipa, 2005, pp. 113 ss. Per un esame della giurisprudenza si rinvia a: Corte Suprema De Justicia De La Nacion, Delitos de lesa humanidad, Buenos Aires, 2009. Sulla problematica generale di tali delitti si rinvia a: M.C. Bassionni, Crimes against Humanity. Historical Evolution and Contemporary Application, Cambridge, 2011. 192 delle decisioni del giudice sopranazionale25; una situazione simile sembra prodursi nella Repubblica federale di Germania, ove si nota una differenza tra le posizioni di principio – tese ad affermare che, stante il rango soltanto legislativo della Convenzione europea nell’ordinamento tedesco, non sussiste un vincolo giuridico diretto per il giudice rispetto alle decisioni della Corte europea – e lo sviluppo giurisprudenziale concreto il quale, ispirandosi al criterio del collegamento tra le Corti (europäische Verfassungsgerichteverbund), va nella direzione di una progressiva armonia tra gli ordinamenti26. In Spagna, poi, l’utilizzazione della giurisprudenza europea in materia di diritti fondamentali è agevolata dalla formulazione dell’art. 10.2 della Costituzione, secondo cui le norme relative ai diritti fondamentali debbono essere interpretate in conformità ai Trattati ed agli Accordi ratificati dalla Spagna: cosicché l’utilizzazione della giurisprudenza della Corte europea – tanto come norma interposta nei giudizi di costituzionalità e nei procedimenti per la tutela diretta dei diritti fondamentali, quanto come parametro per un’interpretazione conforme a Costituzione da parte dei giudici- è frequentemente promossa dal giudice costituzionale27. Non molto dissimile appare la situazione che contraddistingue, al momento, l’ordinamento italiano, dal momento che la giurisprudenza della Corte costituzionale – basandosi sull’interpretazione dell’art. 117.1 Cost. – ritiene, per un verso, che si debbano utilizzare le decisioni della Corte europea ai fini della costruzione del «diritto vivente», ma non consente, per un altro verso, ai singoli giudici di effettuare un controllo di convenzionalità che pervenga alla disapplicazione nei casi concreti delle norme legislative contrarie alla normativa europea28. 25 Cfr. N. Deffains, L’applicazione della Convenzione dei diritti dell’uomo nelle giurisdizioni francesi, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 239 ss. 26 Si rinvia a: D. Schefold, Convergenze e divergenze tra le Corti europee e le Corti tedesche in materia di interpretazione dei diritti fondamentali, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 189 ss. 27 Cfr. R. Tur Ausina, L’utilizzazione da parte del Tribunal supremo e del Tribunal constitucional della giurisprudenza comunitaria e della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di diritti, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 267 ss. 28 Tra i moltissimi contributi sul punto, si veda da ultimo: G. Silvestri, Fonti interne, fonti esterne e tutela integrata dei diritti fondamentali, in Studi in onore di Franco Modugno, cit., pp. 3405 ss. 193 A sua volta, in Austria, la Convenzione europea, stante la sua natura costituzionale29, è con frequenza utilizzata come parametro per i ricorsi individuali a tutela dei diritti; mentre in Olanda, alla luce della previsione dell’art. 94 Cost. per cui non sono applicabili le disposizioni incompatibili con i trattati o le decisioni di organizzazioni di diritto pubblico internazionale che vincolino ogni persona, la normativa e la giurisprudenza europee sono direttamente utilizzate dai giudici nei processi in cui entra in gioco la tutela dei diritti. Inoltre, in Svizzera, ove è, tra l’altro, previsto un ricorso diretto per violazione sia dei diritti costituzionali che dei trattati, la giurisprudenza è orientata a consentire di disapplicare la normativa nazionale contrastante con quella della Convenzione europea30. 3. L’apporto delle codificazioni sovranazionali alla determinazione del contenuto legale dei diritti I sistemi multilivello di protezione dei diritti – alla cui categoria appartengono a pieno titolo quello europeo e interamericano – contribuiscono, in misura significativa, a determinare il contenuto legale dei diritti costituzionali. Va considerato che l’interpretazione delle disposizioni costituzionali possiede alcune peculiarità che derivano dalla struttura normativa dei testi: non solo perché nei documenti costituzionali sono numerose le disposizioni a contenuto giuridico indeterminato (il cui contenuto normativo richiede la sussunzione di elementi propri di altre discipline) ovvero le disposizioni polisenso (la cui interpretazione è aperta all’evoluzione normativa) e programma29 Infatti, i trattati internazionali approvati con la speciale procedura prevista dall’art. 50 hanno rango costituzionale. 30 Sulla problematica generale si veda, oltre agli autori in precedenza citati: M. Verdussen, L’application de la Convention européenne des droits de l’homme par les Cours constitutionnels, in The Spanish Contitution in the European Constitutional Context, Madrid, 2003, pp. 1555 ss.; J. Garcia Roca, La interpretación constitucional de una Declaración internacional. El Convenio europeo de derechos humano y bases para una globalización de los derechos, in Ponencias desarroladas, Arequipa, 2005, pp. 285 ss.; L. Montanari, Jurisdicción ordinaria e Tribunales supranacionales: relaciones entre ambos sistemas, in Anuario Iberoamericano de jusitica constitucional, 2005, pp. 177 ss.; C. Maria De Colmenares, Aplicación del derecho internacional de los derechos humanos en el ambito de derecho interno del Guatemala, in Anuario Iberoamericano de justicia constitucional, 2001, pp. 67 ss. 194 tiche (che orientano l’attività normativa successiva dei pubblici poteri); ma anche in quanto sono frequenti – specie in tema di diritti – le disposizioni che si richiamano a figure giuridiche i cui contorni non sono predefiniti. In proposito, si registra una netta distinzione tra il diritto costituzionale e altri settori della scienza giuridica in cui prevalgono – come nel caso del diritto civile o penale – le disposizioni stipulative. Siffatta caratteristica dei testi costituzionali assegna all’interprete il compito di individuare le fonti e gli strumenti ermeneutici idonei a ricostruire la definizione legale di un diritto o di un istituto costituzionale; e tale risultato non può essere conseguito affidandosi interamente alle scelte del legislatore, poiché, in un sistema a Costituzione rigida, sono le disposizioni legislative che devono essere interpretate alla luce della Costituzione e non viceversa. Altrimenti, verrebbe meno il parametro necessario per verificare l’eventuale incostituzionalità degli atti aventi forza di legge. Il processo di avvicinamento del significato normativo da attribuire ai diritti costituzionali avviene su due piani distinti, ma concorrenti, che attengono, per un verso, all’utilizzazione di comuni criteri interpretativi e la realizzazione di prassi omogenee e, per un altro, verso, alla determinazione del contenuto sostanziale del diritto. Con riferimento al primo, si può fare riferimento all’applicazione del principio che, in caso di conflitto, le norme internazionali debbono comunque considerarsi prevalenti su quelle prodotte dalle fonti primarie; ovvero all’utilizzazione del criterio dell’interpretazione costruttiva, sulla base del quale la normativa nazionale deve essere, per quanto possibile, interpretata in sintonia con la portata ed il medesimo significato che gli stessi diritti hanno in ambito internazionale. Nonché al principio garantista dell’affidamento per cui, dinanzi a più interpretazioni possibili, si deve dare la preferenza a quella – che può rinvenirsi tanto nella normativa nazionale, quanto in quella sovranazionale o internazionale – che più efficacemente consente di «dare svolgimento all’efficacia giuridica» di un determinato diritto ovvero assicuri all’individuo un trattamento di maggior favore. La ricostruzione del significato normativo dei diritti deve essere la risultante della combinazione tra molteplici fonti, e di una loro selezione finalizzaa a offrire la tutela migliore o più 195 ampia dei diritti in una determinata fattispecie31. Possono essere prodotte dall’attività dei poteri pubblici o essere il frutto dei principi generali dell’interpretazione giuridica; possono essere reperite richiamandosi ai costumi di una determinata tradizione giuridica, ovvero aprendosi all’ordinamento internazionale. Si è, in altri termini, dinanzi a una pluralità di fonti idonee a configurare il contenuto dei diritti fondamentali, che trovano un comune denominatore nella volontà di uscire da un sistema «chiuso di protezione dei diritti»32, di favorire la formazione in materia di uno ius commune dei diritti e delle libertà, di conseguire – attraverso una consonanza di voci – un idem sentire in materia di diritti fondamentali. In tal modo, il catalogo delle posizioni soggettive riconosciute dagli ordinamenti costituzionali si amplia, dà vita una sorta di Bill of Rights non scritto il quale introduce nell’interpretazione dei diritti fondamentali un fattore di dinamismo, guidato dalla considerazione che il fine che deve sempre essere conseguito dai diversi ordinamenti consiste pur sempre nell’esigenza di assicurare la migliore e più ampia tutela dei diritti della persona. Nel tentativo di schematizzare i modi attraverso i quali determinare il contenuto legale dei diritti si può introdurre una distinzione di massima tra tecniche di codificazione e di interpretazione: con l’avvertenza che non si tratta di due vie alternative, ma complementari, che convivono e sono riconducibili al distinto compito assegnato al legislatore e al giudice. Altre suddivisioni possono aiutarci a distinguere – con riferimento alle tecniche di codificazione – tra l’apporto della codificazione costituzionale o del legislatore ordinario; mentre, a proposito dell’attività interpretativa, si può introdurre una summa divisio tra criteri meramente interpretativi e altri finalizzati all’ampliamento delle posizioni soggettive effettivamente garantite. Con riferimento alle codificazioni costituzionali – tralasciando di approfondire i casi di incorporazione delle garanzie offerte dall’ordinamento internazionale realizzata attraverso la previsione di apposite clausole costituzionali, ovvero la c.d. «mirrored or 31 Sul punto si veda: A. Ruggeri, Rapporti tra Corte costituzionale e Corti europee, bilanciamenti interordinamentali e «controlimiti» mobili, a garanzia dei diritti fondamentali, in Itinerari di una ricerca sul sistema delle fonti, Torino, 2012, pp. 78 ss. 32 Così: D. Schefold, Convergenze e divergenze tra le Corti europee e le Corti tedesche in tema d’intrepretazione dei diritti fondamentali, cit. 196 equivalent incorporation» (che si realizza attraverso la riproduzione nei testi costituzionali nazionali di disposizioni rispecchianti quelle presenti nei documenti internazionali) – si può ritenere che il procedimento più diffuso di definizione legale dei diritti sia rappresentato dalla crescente tendenza alla specificazione: cioè, dalla presenza nei testi costituzionali di disposizioni che dettagliano, mediante un’elencazione minuziosa, i profili della personalità e dell’agire umano che sono oggetto di riconoscimento. In proposito è sufficiente porre a raffronto – con riferimento, ad esempio, alla libertà religiosa – la scarna, ma efficace formulazione del primo emendamento del Bill of Rights nordamericano (il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto) o dell’art. 3 della Carta canadese dei diritti e delle libertà (ciascuno è titolare della libertà di coscienza e di religione) con la dettagliata enumerazione contenuta nell’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti). L’esperienza comparata ci insegna che, in genere, le Costituzioni che presentano una struttura semplice e contengono disposizioni dal contenuto normativo generale sono proprie di ordinamenti che hanno registrato un’evoluzione progressiva, senza subire cesure violente e autoritarie: in cui la continuità costituzionale ha permesso a determinati valori e principi riconducibili alla persona umana di penetrare in profondità nel tessuto sociale, divenendo parte integrante della cultura di quel paese. Queste preferiscono affidare al legislatore e al giudice il compito di specificare e «aggiornare» le manifestazioni della personalità umana che il contesto sociale considera meritevoli di riconoscimento e di tutela. Per contro, la scelta di dettagliare analiticamente – anche se con funzione più esemplificativa che precettiva – i diritti tutelati si manifesta, soprattutto, nelle Costituzioni che sono state approvate in conseguenza di una rottura politica e istituzionale – come nel caso delle Costituzioni europee approvate al termine del secondo conflitto, degli ordinamenti democratici in Spagna, in Portogallo, 197 in Grecia – ovvero sono esposte a contraccolpi autoritari, poiché espressione di una «democrazia debole» – si pensi, ad esempio, alle Costituzioni nate dalle crisi dei regimi autoritari in America latina e nell’Europa orientale –. In questi casi, la specificazione è finalizzata, innanzitutto, a segnare una cesura nei confronti del passato, si pone l’obiettivo di evidenziare la rottura che separa l’attuale ordinamento costituzionale da quelli precedenti, sottolinea quei profili della dignità e della libertà della persona che in passato erano stati maggiormente conculcati: si pensi, ad esempio, all’attenzione con cui alcune Costituzioni regolano il diritto alla vita, il divieto di schiavitù, di torture, di discriminazione, la libertà dagli arresti arbitrari, l’inviolabilità del domicilio, della comunicazione e corrispondenza, i diritti associativi, il divieto di censure nella manifestazione del pensiero. Ma si propone anche di orientare l’attività e di circoscrivere la discrezionalità del legislatore e l’autonomia dei giudici. Va, tuttavia, considerato che tale tendenza non determina, di per sé, un ampliamento sostanziale della sfera dei diritti tutelati, in quanto non sussiste, una diretta connessione tra ampiezza dei cataloghi ed effettività nel godimento dei diritti da parte dei singoli. In altri termini la garanzia di un’ampia tutela dei diritti dell’individuo non si affida tanto a un’analitica positivizzazione, quanto alla capacità delle norme di esprimere un valore sentito dalla comunità: non è solo il riflesso di una prescrizione formale, ma piuttosto di una convinzione che, penetrando in profondità nel tessuto sociale, diviene elemento integrante della cultura giuridica di un popolo33. Come è stato osservato, un effettivo «degree of realisation of constitutional rights can only based on an examination of the totality of the legal order and of the legal reality»34. Con riferimento alle fonti subcostituzionali, va precisato che, a nostro avviso, non sembrano più rispondere alle esigenze attuali alcune tradizionali contrapposizioni, come quella tra un modello francese ed un modello nordamericano di garanzia dei diritti della persona: secondo la quale il secondo affiderebbe al 33 Appaiono, in proposito, interessanti le notazioni di D. Tamm, Enunciazione ed effettività dei diritti fondamentali nei paesi scandinavi, in Enunciazione e giustiziabilità dei diritti fondamentali nelle corti costituzionali europee, Milano, 1994, pp. 65 ss. 34 Così: A. Jyranki, Constitutional Definition of Rights and Freedoms, Aix, 1987, p. 2 (cicl.). 198 giudice, in particolare alla Corte suprema, il compito di inverare il valore supremo della libertà della persona umana, mentre il primo, incentrato sul principio della sovranità popolare e sulla posizione primaria della legge, riserverebbe in primis al legislatore il compito di tutelare i diritti35. Un’organica tutela dei diritti riconosciuti e garantiti dalle carte costituzionali necessita di un’articolazione garantistica assai ampia, tale da coinvolgere una pluralità di soggetti: non pare azzardato affermare che ogni diritto tutelato dalla Costituzione, articolandosi in una molteplicità di situazioni soggettive – molte delle quali necessitano una reciproca coordinazione – necessita ai fini della sua effettività sia dell’opera specificatrice del legislatore, sia dell’intervento garantistico e riparatore del giudice. Se è indubbio che la giustiziabilità dei diritti costituisce, negli ordinamenti che si ispirano al costituzionalismo liberale e democratico, la principale garanzia36, non per questo va depotenziata la funzione della legge, che appare necessaria sia per implementare il contenuto legale dei singoli diritti costituzionali, sia per compiere una ponderazione nelle fattispecie in cui entrano in gioco diversi e contrapposti diritti. È proprio con riferimento a siffatte situazioni – sempre più frequenti – che si può apprezzare la diversa funzione della garanzia legislativa e di quella giurisdizionale. Quando si rende necessario non tanto far prevalere un diritto (o principio) sugli altri, ma favorire un ragionevole bilanciamento, la circostanza che la soluzione delle questioni dipenda, molte volte, dalla situazione di fatto, dalla sua concretezza, dovrebbe valorizzare il ruolo della giurisdizione, la sua capacità di decidere in ordine a casi specifici, realizzando un ad hoc balancing. Tuttavia, il lavoro interpretativo del giudice – specie in ordinamenti nei quali non opera il principio dello stare decisis e non trova un riconoscimento formale il valore del precedente – potrebbe esporre il sistema 35 Si veda: S. Gambino, Sistema delle fonti e controllo di costituzionalità. II caso francese, Torino, 1988; G. Bognetti, I diritti fondamentali tra giudiziario e legislativo nell’ordinamento degli Stati Uniti, in Giurisprudenza costituzionale, 1981, pp. 1072 ss. Una ricostruzione dei due modelli è stata operata anche da: P. Cruz Villalon, La formación del sistema europeo de control de constitucionalidad, Madrid, 1987, pp. 157 ss.. 36 Secondo K. Stern, EI sistema de los derechos fundamentales en la Republica Federal de Alemania, in Revista del Centro d’estudios constitucionales, 1988, p. 263, i diritti della persona, una volta incorporati nel diritto costituzionale, cessano di essere meri enunciati programmatici, per trasformarsi in norme giuridiche oggettive di rango supremo. 199 ad eccessive oscillazioni, dilatare oltre misura la possibilità di soluzioni differenziate tra fattispecie omogenee. Per cui sembra opportuno orientare l’interpretazione del giudice all’interno di un sistema di parametri, di criteri già individuati direttamente dal legislatore, attraverso la predisposizione di disposizioni normative che disciplinano direttamente i criteri o le procedure necessarie per realizzare il bilanciamento. Inoltre, il ruolo del legislatore è necessario per determinare i limiti all’esercizio di determinati diritti, i quali sono in generale coperti (se non sono esplicitamente codificati in costituzione) da una riserva di legge, molte volte assolta37. Ovviamente, in virtù del principio di gerarchia tra le fonti, la legge concorre alla formazione della definizione legale dei diritti se le sue disposizioni sono suscettibili di un’interpretazione conforme a Costituzione: gli ordinamenti giuridici si caratterizzano per la loro completezza e coerenza interna, la quale può essere conseguita sia espungendo le possibili antinomie interne, sia favorendo un’interpretazione delle norme legali coerenti con le disposizioni della Costituzione. Tale attività ermeneutica è elemento necessario del controllo di legalità e rappresenta uno dei canoni d’interpretazione da utilizzare; infatti, è nella fisiologia dell’interpretazione la scelta di applicare una disposizione se è possibile attribuirle un significato conforme a Costituzione ovvero di non applicarla qualora non sia possibile ricavare dalla disposizione significati conformi a Costituzione. Si può, anzi, ritenere che sussista un dovere di interpretare in modo conforme alla Costituzione e che tale dovere, nei sistemi costituzionali a più livelli, comprende anche l’obbligo di decidere sulla base di interpretazioni conformi alle Carte sovranazionali in materia di diritti38. 37 Con riferimento all’ordinamento costituzionale italiano si può, ad esempio, ricordare che secondo l’art. 13 Cost. non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione e perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non nei soli casi e modi previsti dalla legge. Inoltre: nel domicilio non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge (art. 14 Cost.); ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce (art. 16 Cost.); si può procedere a sequestro della stampa soltanto nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi (art. 21 Cost.). 38 Vedi, anche: V. Piccone, L’interpretazione giurisdizionale fra diritto interno e diritto comunitario, in L’integrazione attraverso i diritti, Roma, 2010, pp. 99 ss. 200 Un interessante tentativo di prestabilire – ricorrendo alla tecnica dell’argomentazione per test – le operazioni logiche attraverso le quali pervenire a un’interpretazione conforme è stato compiuto dal Tribunale costituzionale spagnolo. A suo avviso, l’interprete dovrebbe seguire i seguenti step: se sono possibili due interpretazioni – una conforme e l’altra non conforme a Costituzione – si deve utilizzare la prima39; alle sentenze di accoglimento si dovrebbe ricorrere soltanto nelle fattispecie in cui sia «indubbiamente impossibile» pervenire ad un’intepretazione capace di conciliare il significato di una disposizione con i precetti costituzionali40; nel caso, poi, di possibilità di una molteplicità di interpretazioni occorre dichiarare solo la non ammissibilità di quella che senza dubbio non appare conforme a Costituzione, lasciando per le rimanenti autonomia interpretativa ai giudici41; se sono possibili più interpretazioni egualmente conformi a Costituzione si deve preferire quella «maggiormente conforme» ovvero più favorevole a un’interpretazione ampia del diritto42. Ovviamente, gli sforzi per addivenire a un’interpretazione della normativa conforme alla Costituzione, in ossequio al principio di conservazione e di sicurezza giuridica, si debbono arrestare dinanzi alle «colonne d’Ercole» costituite dal dato testuale; in altri termini, non è giuridicamente ammissibile prescindere dal tenore letterale degli enunciati legali. Il richiamo alla necessità di attribuire alle disposizioni un significato conforme alla Costituzione evidenzia l’importanza che ha la giurisprudenza ai fini della determinazione del contenuto legale dei diritti; e i giudici possono (debbono), a tal fine, avvalersi anche di fonti esterne all’ordinamento nazionale: cioè, fanno uscire la tutela dei diritti da un sistema «chiuso» di protezione. Appare crescente la tendenza dei giudici di utilizzare rationes decidendi ricavate dalla giurisprudenza di Tribunali costituzionali o di Corti supreme di altri paesi ovvero di recepire specifiche tecniche di motivazione. Anche se siffatta propensione non è eguale in tutti gli ordinamenti, si è alla presenza di un fenomeno crescente, alimentato soprattutto dalla diffusione di dichiarazioni costituzionali Cfr. Cfr. Cfr. 42 Cfr. 39 40 41 Stc Stc Stc Stc 122/83. 4/81. 93/84. 19/82. 201 in materia di diritti che, ispirandosi ai medesimi criteri, favoriscono la creazione di tradizioni costituzionali comuni. In molti casi, i giudici richiamano nelle proprie decisioni le esperienze straniere – sia legislative sia giurisprudenziali – per una duplice finalità: da un lato, al fine di meglio argomentare un revirement giurisprudenziale, dall’altro lato, per rafforzare ad adiuvandum una determinata interpretazione del dettato costituzionale. In altri termini, il richiamo al diritto straniero serve prevalentemente ad arricchire la motivazione, sia per rendere più persuasiva l’argomentazione, sia per migliorare la trasparenza del procedimento logico attraverso il quale si è formata la ratio decidendi. Diversa è, invece, la situazione che si produce all’interno di ordinamenti sovranazionali – come il sistema europeo e interamericano di protezione dei diritti –. In questo caso, i criteri principali che presiedono alle relazioni interistituzionali – armonizzazione delle normative, coordinamento per assicurare le esigenze unitarie, sussidiarietà riguardo alla distribuzione delle competenze – possono essere estesi, con alcuni accorgimenti, ai sistemi multilivello di protezione dei diritti. Come è stato evidenziato, il rapporto tra le giurisdizioni è qualitativamente diverso a seconda che si instauri tra giudici statali appartenenti a diversi ordinamenti, ovvero all’interno di un sistema costituzionale a più livelli, ove opera un «vincolo di adeguamento successivo» e la necessità di un rapporto collaborativo43. L’armonizzazione delle normative implica un progressivo avvicinamento delle giurisdizioni nazionali e sovranazionali circa il significato da attribuire alle disposizioni, da realizzarsi attraverso la circolazione dei principi giurisprudenziali. Mentre il criterio della collaborazione incoraggia l’instaurarsi di un particolare rapporto comunicativo tra i giudici sia in senso orizzontale – tra le Corti supreme e i Tribunali costituzionali – che verticale – tra le Corti sovranazionali e quelle nazionali –. Si tratta, a nostro avviso, di qualcosa di più incisivo della mera ricerca di un dialogo (espressione che, anche etimologicamente, evidenzia un’esigenza la cui soddisfazione è rimessa alla volontà discrezionale di ciascun soggetto), che si sostanzia in un dovere giuridico delle giurisdizioni che fanno 43 Cfr. G. De Vergottini, Il dialogo trasnazionale tra le Corti, in Lo strumento costituzionale dell’ordine pubblico europeo, cit., pp. 72 ss. 202 parte di un sistema multilivello di tutela dei diritti di cooperare in conformità alla sua essenza e per contribuirne al rafforzamento. A sua volta, la sussidiarietà potrebbe manifestarsi attribuendo alla normativa e alla giurisprudenza sopranazionale la capacità di esprimere un «diritto vivente» cui i giudici nazionali possono attingere per risolvere fattispecie non adeguatamente regolate dal diritto «vigente» in ambito nazionale. Mentre, l’esigenza di unitarietà può essere assicurata – specie nei sistemi in cui sono previste procedure di tutela diretta dei diritti – assegnando ai giudici sovranazionali un compito essenziale nel processo di costruzione del contenuto legale dei diritti fondamentali. In altri termini, si richiede alle giurisdizioni l’applicazione di un metodo comparativo, che può essere considerato una «caratteristica essenziale e ineliminabile del sistema di controllo istituito dalla Convenzione», dal momento che consente di attribuire ai diritti fondamentali un significato legale ragionevolmente condiviso44. Ovviamente la progressiva integrazione tra gli ordinamenti non si pone in contraddizione con il riconoscimento che le giurisdizioni nazionali possiedono un ragionevole margine di apprezzamento che tenga conto della specificità delle tradizioni giuridiche: altrimenti, si realizzerebbe non tanto un sistema integrato, quanto gerarchico di tutela dei diritti. Così come non si può disconoscere la capacità dei giudici costituzionali nazionali di verificare l’eventuale contraddittorietà della normativa sovranazionale rispetto ai principi dell’ordinamento costituzionale ovvero di ritenere che alla luce del diritto nazionale sia possibile conseguire una migliore e più ampia tutela dei diritti dell’individuo. Tuttavia, allo stato attuale, il richiamo alla teoria dei «contro limiti» (utilizzata, ad esempio, dal Tribunale costituzionale tedesco e dalla Corte costituzionale italiana), l’attenzione manifestata dai giudici costituzionali nazionali a rivendicare una propria, astratta competenza a esercitare un controllo circa la compatibilità della normativa sopranazionale con i principi degli ordinamenti costituzionali nazionali sembrano richiamare più una petizione di principio che una possibilità: mentre pare più realistica l’eventualità che la clausola dei «contro limiti» o del «margine di apprezzamento» possa essere utilizzata in ambito nazionale più per salvaguardare la 44 Vedi: G. Repetto, Argomenti comparativi e diritti fondamentali in Europa, Napoli, 2011, pp. 117 ss. 203 disciplina di un diritto che deroga rispetto alla normativa sovranazionale, che per salvaguardare un più elevato standard di tutela. In ogni caso, il riconoscimento di un vincolo interpretativo nei confronti della giurisprudenza sovranazionale rappresenta una precondizione necessaria ad assicurare la funzionalità di un sistema multilivello di protezione dei diritti; specialmente in quegli ordinamenti ove operano meccanismi di amparo costituzionale, dal momento che il mancato accoglimento di un ricorso sulla base di un’interpretazione difforme da quella consolidata in ambito sovranazionale legittimerebbe il privato soccombente a ricorrere dinanzi al giudice sovranazionale al fine di vederne confermato l’orientamento. Alla luce dei caratteri sopra individuati non pare arbitrario osservare che, in ambito europeo, i rapporti tra giurisdizioni nazionali e sovranazionali tendono ad avvicinarsi a quelli che – nei sistemi federali – caratterizzano le relazioni tra i giudici costituzionali statali e federali: in entrambe le situazioni, cioè, si forma un «sistema di giustizia costituzionale a due istanze» sia pure retto da «certi principi comuni ed omogenei»45. 4. Alcune considerazioni in merito all’incidenza dei sistemi multilivello di protezione dei diritti sulla classificazione dei sistemi di giustizia costituzionale A conclusione di questo lavoro sembra utile svolgere alcune considerazioni relative all’incidenza che la formazione di sistemi multilivello di protezione dei diritti può esercitare sui caratteri dei sistemi nazionali di giustizia costituzionale. Tradizionalmente le dottrine sulla giustizia costituzionale hanno adottato schemi di classificazione binaria – riconducibili al nitido contributo di Calamandrei (formali, sostanziali; diffusi, accentrati; concreti, astratti; preventivi, successivi)46 – che si rifanno ai due prototipi che hanno plasmato, per un verso, il controllo diffuso di costituzionalità – originario degli ordinamenti di common 45 Come acutamente sottolinea: D. Schefold, Convergenze e divergenze tra le Corti europee e le Corti tedesche in tema d’intepretazione dei diritti fondamentali, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, cit., pp. 200 ss. 46 Si veda: P. Calamandrei, La illegittimità costituzionale delle leggi nel processo civile, Padova, 1950. 204 law – e, per un altro verso, il sistema accentrato di derivazione austriaca e impropriamente qualificato come «sistema europeo» di giustizia costituzionale. Il primo si manifesta nell’ambito di un giudizio riguardante cases and controversies, i giudici non possono pronunciarsi su questioni astratte – prospettate, ad esempio, per mezzo di ricorsi (preventivi o successivi) –, riconosce, inoltre, a tutti i giudici il potere di disapplicare le norme non compatibili con la Costituzione, per cui le loro decisioni non hanno effetti generali e la legge conserva la sua efficacia. Viceversa, nell’Europa continentale si è, inizialmente, affermata più un’idea di controllo di costituzionalità che di vera e propria giustizia costituzionale, nel senso che il Tribunale costituzionale austriaco ha assunto (come è noto) i caratteri di un sistema accentrato ed astratto: da un lato, fu fatto divieto ai giudici di controllare le leggi dopo la loro promulgazione e il Tribunale costituzionale poteva essere attivato soltanto attraverso un ricorso proposto dagli organi supremi o dai Governi a garanzia del riparto delle competenze dello Stato federale47; dall’altro lato, la decisione del Tribunale costituzionale produceva effetti per il futuro, assimilabili all’abrogazione legislativa. Alla base dei due sistemi si annidava – tra le molte differenze che li connotano – un diverso atteggiamento nei confronti del ruolo dei giudici ordinari e della funzione della giurisdizione all’interno dell’equilibrio tra i poteri: nel sistema di judicial review, controllo di costituzionalità e di legalità coincidono, mentre diversi ordinamenti europei marcano una volontà di distinzione trai due tipi di controllo. Il prototipo nordamericano attribuisce ai giudici un ruolo particolare al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni costituzionali da parte di tutti i pubblici poteri, come emerge sia dalle intenzioni dei «padri fondatori», che dallo stesso testo della Costituzione. I primi enfatizzarono la funzione di freno che i giudici potevano esercitare contro gli eventuali abusi del legislatore; la Costituzione, a sua volta, dopo aver formalizzato il principio che le sue norme costituiscono la legge suprema del paese, riserva al potere giudiziario la competenza su tutte le questioni «di diritto e di equità». Si veda l’art. 89 della Costituzione austriaca del 1920. 47 205 Per contro, l’opzione per un sistema accentrato fu influenzata non solo dall’autorevolezza di posizioni dottrinali o dalla tradizione storica (come nel caso dell’Austria e della Repubblica federale di Germania), ma anche da un atteggiamento di sfiducia nei confronti del potere giudiziario, ritenuto incapace di assicurare il sostanziale e pronto rispetto dei nuovi principi costituzionali, depurando l’ordinamento vigente dalla norme incompatibili con la Costituzione48. Tuttavia, va considerato che le soprarichiamate esperienze di giustizia costituzionale sono state oggetto di un ampia circolazione giuridica e che tale fenomeno non ha prodotto dei cloni: nel senso che una soluzione costituzionale adottata in un contesto geografico, culturale e politico differente da quello originario ha esiti non meccanicamente comparabili, dal momento che viene necessariamente influenzata dalla specificità delle distinte culture costituzionali49. Di conseguenza, le forme di giustizia costituzionale, nel corso della loro evoluzione e circolazione, hanno perso l’originaria «purezza», generando sistemi misti o ibridi. I primi si hanno quando si assiste alla convivenza di caratteri classificati come alternativi (sistemi diffusi o accentrati, concreti o astratti, preventivi o successivi)50; mentre si possono qualificare come ibride quelle forme di giustizia costituzionale in cui contrapposti «modelli» si avvicinano: nel senso che i sistemi «accentrati» si aprono a forme di convivenza con la judicial review, ovvero i sistemi «diffusi» registrano una tendenza delle Corti supreme a monopolizzare l’esercizio della giurisdizione costituzionale. A questo proposito, l’esperienza di ibridazione – forse – più significativa è rappresentata da quei sistemi in cui l’accesso al giudizio del 48 Si veda in merito: P. Cruz Villalon, La formación del sistema europeo de control de constitucionalidad, Madrid, 1987; P. Pinna, La costituzione e la giustizia costituzionale, Torino, 1999; J. Fernanez Rodriguez, La justicia constitucional europea ante el siglo XXI, Madrid, 2002; D. Rousseau, La justicia constitucional en Europa, Madrid, 2002. 49 Si veda: F. Pepe (a cura di), Culture costituzionali a confronto, Genova, 2005. 50 Ad esempio, in Italia opera sia un controllo di costituzionalità successivo sulle leggi, sia uno preventivo quando il Governo presenta un ricorso avvero l’approvazione di uno Statuto regionale; mentre nella Repubblica federale tedesca e in Spagna convivono tanto ricorsi avverso alle leggi (astratti), quanto ricorsi diretti a tutela dei diritti fondamentali (concreti). Forme miste di giustizia costituzionale si hanno, inoltre, in molti ordinamenti costituzionali tanto dell’Europa orientale – ove, a causa della influenza del modello francese, convivono controlli successivi e preventivi –, quanto dell’America latina, che costituisce in proposito un vero e proprio laboratorio di forme «miste» di giustizia costituzionale. 206 Tribunale costituzionale ha luogo prevalentemente attraverso una questione di costituzionalità presentata da un giudice nel corso di un processo, i quali costituiscono la frontiera tra sistemi astratti e contratti: infatti, l’oggetto del giudizio è costituito dal dubbio sulla costituzionalità della legge, però la questione deriva da un caso concreto e riguarda non l’astratto enunciato normativo della disposizione, ma la norma così come viene applicata e come incide direttamente sulle posizioni soggettive esaminate nel processo51. Un altro esempio di ibridazione – ancora in fieri, ma rilevante ai fini del tema affrontato in questo lavoro – si rinviene in quegli ordinamenti che prevedono tanto un controllo di costituzionalità accentrato, quanto un controllo di convenzionalità o di conformità all’ordinamento sovranazionale riservato alla competenza dei giudici comuni, che possono disapplicare la norme nazionali incompatibili. Il crescente fenomeno di ibridazione dei sistemi di giustizia costituzionale induce diversi settori della dottrina a rivedere alcune tradizionali classificazioni, proponendo, ad esempio, una distinzione di massima tra sistemi basati sulla legge e sistemi orientati alla garanzia dei diritti52, ovvero tra procedimenti che si ispirano a una logica oggettiva ed astratta o soggettiva e concreta53. Nel primo caso, il Tribunale costituzionale agisce nella sua qualità di giudice delle leggi e acquistano rilevanza, soprattutto, le sue competenze in tema di controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi o di conflitti; nel secondo, invece, il Tribunale è essenzialmente un giudice dei diritti e il suo compito primario consiste nel far effettivamente valere i diritti fondamentali, nel «defender al individuo por la posiciòn de inferioridad en que se encuentra frente a los poderes públicos y no una defensa obijectiva de la Constitución»54. Assumendo quest’ultimo criterio orientatore, le molteplici esperienze di giustizia costituzionale possono essere graduate lungo 51 Si rinvia sul punto a: G. Rolla, Juicio de legitimadad incidental y tutela de los derechos, in Estudios constitucionales, 2003, pp. 301 ss. 52 Così: F. Rubio Llorente, Tendencias actuales de la jurisdicción constitucional en Europa, in Estudios sobre jurisdicción constitucional, Madrid, 1998, pp. 161 ss. 53 Vedi: M. Fromont, La justice constitutionnelle dans le monde, Paris, 1996. 54 Così: P. Perez Tremps, Tribunal constitucional y poder judicial, Madrid, 1985, p. 12. Si veda anche: M. Cappelletti, La giurisdizione costituzionale delle libertà, Milano, 1955, p. 6. 207 una scala ideale, che pone al vertice i ricorsi diretti a tutela dei diritti costituzionali, in una posizione intermedia i processi costituzionali attivati sulla base di una questione incidentale di costituzionalità, mentre, alla base della scala si collocano i sistemi in cui la garanzia dei diritti rimane del tutto indiretta, come nel caso dei ricorsi di costituzionalità (preventivi ovvero successivi). Nei sistemi di giustizia costituzionale orientati alla tutela dei diritti, il sindacato non mira tanto a favorire la coerenza del sistema normativo, quanto a verificare se il diritto vigente ha prodotto la lesione di un diritto fondamentale. E a tal proposito un’autorevole dottrina ha ritenuto opportuno introdurre un’ulteriore distinzione tra sistemi «orizzontali» e «verticali»55: i primi (costituiti essenzialmente dai controlli di costituzionalità delle norme) si basano sulla collaborazione tra due poteri asimmetrici – l’uno concentrato (quello costituzionale), l’altro diffuso (quello giudiziario) – e nel corso del processo la dialettica tra giudice a quo e Corte costituzionale richiede una comune attitudine ad armonizzare gli orientamenti interpretativi della giurisdizione comune alla giurisprudenza costituzionale. I secondi, invece, hanno a oggetto la rimozione di una possibile lesione di un diritto fondamentale ed escludono ogni ipotesi di collaborazione tra le giurisdizioni, dal momento che si fondano sulla preminenza della giustizia costituzionale, la quale può sindacare gli atti o le omissioni dei giudici e può revisionarne la giurisprudenza in caso di interpretazione non conforme a Costituzione. Nell’esercizio di tale competenza, la tensione tra le due giurisdizioni non solo è intrinsecamente forte, ma anche difficilmente componibile: infatti, il giudizio del Tribunale costituzionale può avere come oggetto anche i modi in cui un giudice ha applicato una determinata norma56. Il punto delicato dei sistemi orientati alla tutela dei diritti consiste, cioè, nella possibilità di frequenti contrapposizioni tra i Tribunali costituzionali e i giudici comuni; e dinanzi a tale evenienza i sistemi che si rifanno al prototipo nordamericano e quelli che si ispirano al prototipo austriaco forniscono risposte differenziate. 55 Così: F. Rubio Llorente, Sobre la relación entre Tribunal constitucional y poder judicial en el ejercicio de la jurisdicción constitucional, in La forma del poder (estudios sobre la Constitución), Madrid, 1993, pp. 463 ss. 56 Sulla specificità dei sistemi di giustizia costituzionale orientati alla tutela dei diritti si rinvia a: G. Rolla, La tutela dei diritti costituzionali, Roma, 2011, pp. 39 ss. 208 Negli ordinamenti ove funziona un sistema di judicial review i contrasti interpretativi tra la Corte suprema e i giudici sono scongiurati dalle caratteristiche generali del sistema: sia perché l’interpretazione costituzionale è parte integrante del controllo di legalità e costituisce uno dei canoni ermeneutici che i giudici debbono utilizzare al momento di applicare una determinata disposizione; sia in quanto le decisioni della Corte suprema costituiscono un precedente, vincolante per i giudici che dovranno affrontare situazioni simili. Mentre in caso di dubbi interpretativi o dinanzi ad una fattispecie nuova la Corte suprema utilizza lo strumento della certification of questions, attraverso cui avoca la questione o la rinvia al giudice competente allegando istruzioni vincolanti. Viceversa, negli ordinamenti ove operano sistemi astratti e accentrati di giustizia costituzionale, che affidano il controllo di costituzionalità a un giudice ad hoc, i contrasti tra le giurisdizioni appaiono difficilmente eludibili: in questo caso, infatti, l’autonomia interpretativa del giudice (che comprende anche la ricerca di un’interpretazione conforme a Costituzione delle disposizioni di legge che deve applicare) si deve confrontare e contemperare con il monopolio interpretativo dei Tribunali costituzionali per quanto concerne la conformità delle norme alla Costituzione. Di conseguenza, la funzionalità del sistema dipende, più che da norme volte a tracciare rigidi confini tra sindacato di legalità e di costituzionalità, dalla capacità di instaurare meccanismi di collaborazione tra le giurisdizioni. Inoltre, nel momento in cui la normativa e la giurisprudenza sovranazionali divengono parte necessaria del parametro di costituzionalità, il carattere accentrato del sindacato di costituzionalità inizia ad attenuarsi, a vantaggio di una progressiva (anche se non sempre codificata) ripartizione dei compiti tra i Tribunali costituzionali e le giurisdizioni ordinarie. Nei sistemi di giustizia costituzionale che s’ispirano al c.d. «modello kelseniano» i rapporti tra le giurisdizioni appaiono variegati, nel senso che si oscilla tra casi in cui si registra un forte accentramento e una stretta gerarchia e situazioni caratterizzate – invece – da una diffusa partecipazione all’esercizio della «giurisdizione costituzionale delle libertà»57, passando per soluzioni intermedie. 57 Secondo la nota formula di M. Cappelletti, La giurisdizione costituzionale delle libertà, Milano, 1955. 209 La prima ipotesi si registra, soprattutto, negli ordinamenti che riconoscono ai Tribunali costituzionali la competenza in materia di ricorsi diretti nei confronti degli atti e delle omissioni dei giudici, suscettibili di ledere diritti fondamentali dell’individuo. In questi casi, infatti, da un lato, si riconosce alle sentenze del Tribunale costituzionale la capacità non solo di modificare la decisione avverso la quale è stato presentato il ricorso, ma anche di vincolare pro futuro i giudici all’interpretazione del giudice costituzionale. Dall’altro lato, quest’ultima è, a sua volta, condizionata dalla dottrina formulata, in merito al medesimo diritto e a casi equivalenti, dalla giurisdizione sovranazionale, alla quale può essere riconosciuta un’autorità assimilabile a quella del precedente. D’altra parte, qualora il giudice risolva i ricorsi di amparo in difformità dal diritto sovranazionale, sarebbe sempre possibile presentare un ricorso diretto al giudice europeo per violazione della Convenzione. Sul versante opposto, quali esempi di giurisdizioni «diffuse», si possono indicare le esperienze in cui i giudici comuni possono disapplicare le norme nazionali incompatibili con la tutela dei diritti fondamentali. È il caso, innanzitutto, dei sistemi di judicial review operanti in Europa, in cui l’interpretazione conforme alla Convenzione europea o alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è parte integrante del controllo di legalità. Ma rientrano a pieno titolo tra gli esempi di giurisdizioni «diffuse» anche gli ordinamenti che consentono ai giudici comuni di disapplicare la normativa nazionale in caso di contrasto con il diritto europeo (come in Francia) o comunitario (come in Italia), ovvero di pronunciare una dichiarazione di incompatibilità della normativa nazionale rispetto a quella sovranazionale (come nel Regno Unito)58. Sempre con riferimento all’Italia si può evidenziare che il medesimo parametro (rappresentato dall’art. 117.1 Cost. secondo cui le leggi statali e regionali devono rispettare gli obblighi internazionali) è utilizzato dalle diverse giurisdizioni con effetti differenti: dai giudici comuni, per pervenire ad un’interpretazione conforme a Costituzione (e a Convenzione), con effetti inter partes; dai Tribunali costituzionali per annullare una norma con effetti erga omnes59. 58 Con riferimento alla Francia, si veda: N. Deffains, L’applicazione della Convenzione dei diritti dell’uomo nelle giurisdizioni francesi, op. et loc. cit. 59 In merito alla situazione in atto nell’ordinamento costituzionale italiano alla luce della recente giurisprudenza della Corte costituzionale si veda: P. Perlingeri, Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee, Napoli, 2008, pp. 47 ss. Si veda 210 Alla luce di siffatte considerazioni non pare, a nostro avviso, azzardato intravedere nei rapporti tra le giurisdizioni una lenta tendenza a «relativizzare» il monopolio dei Tribunali costituzionali quali interpreti supremi della Costituzione a causa delle competenze acquisite nel tempo dai giudici comuni in materia di interpretazione e di applicazione delle disposizioni di rango costituzionale. Alcune di queste competenze sono conseguenti alla particolarità della normativa vigente in un ordinamento – ad esempio, laddove la riserva di competenza dei Tribunali costituzionali non si estende a tutte le norme, ma solo a quelle prodotte da determinate fonti – ovvero riconducibili ad una scelta «transitoria» compiuta direttamente dalla Costituzione – ad esempio, nella Repubblica federale di Germania o in Spagna spetta(va) ai giudici disapplicare la normativa anteriore alla Costituzione in caso di incompatibilità costituzionale –. Egualmente partecipano al controllo di costituzionalità i giudici di quegli ordinamenti in cui una questione di costituzionalità può essere sollevata solo nei casi in cui non è possibile giungere a un’interpretazione conforme a Costituzione. L’estensione del controllo di costituzionalità è, invece, il prodotto della crescente integrazione tra gli ordinamenti in quei sistemi che affiancano al controllo di costituzionalità esercitato dai Tribunali costituzionali un controllo giudiziale di conformità alla normativa comunitaria e un controllo di convenzionalità, finalizzato a verificare il rispetto da parte degli ordinamenti nazionali dei principi e dei diritti riconosciuti dalle Carte sovranazionali in materia di diritti. Si può ipotizzare che i sistemi accentrati di giustizia costituzionale – se analizzati nella loro dimensione dinamica – si stiano significativamente aprendo a forme di convivenza con la judicial review, le quali sono perseguite introducendo una ripartizione di compiti tra le giurisdizioni all’interno della generale funzione di assicurare l’effettività dei diritti costituzionalmente garantiti: per cui, da un lato, non pare arbitrario considerarle articolazioni diverse del modo di manifestarsi della giustizia costituzionale. anche: L. Montanari, La difficile definizione dei rapporti con la CEDU alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione: un confronto con Francia e Regno Unito, in Studi in memoria di G. Floridia, Napoli, 2009, pp. 459 ss. 211