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LA GALLERIA D’ ARTE
MODERNA DI MILANO
VILLA GIÀ REALE — VIA PALESTRO, N um. 8
Sem e I : PITTURA
LA GALLERIA D’ARTE
MODERNA DI MILANO
VILLA GIÀ REALE — VIA PALESERÒ, N. 8
64 RIPRODUZIONI DI QUADRI
TESTO ILLUSTRATIVO
dell’O n.
GUIDO MARANGONI
SOVRINTENDENTE AL CASTELLO SFORZESCO
ISTITUTO ITALIANO D’ ARTI GRAFICHE, EDITORE
BERGAMO
GALLERIA D ’ARTE M ODERNA - INGRESSO DALLA VIA PALESTRO.
L
’AUTUNNO
d e l 1 9 2 1 fra i ta n ti “ S an
Micheli „ milanesi ha registrato anche il
trasloco della Galleria d’Arte Moderna.
Abbandonando la troppo solenne ed arcigna
roccaforte degli Sforza, essa è alla chetichella
esulata verso la sorridente e verdeggiante plaga
compresa fra il vecchio dazio di Porta Venezia
e il corso Principe Umberto.
L’avvenimento era atteso e vivamente desi­
derato dalla cittadinanza.
Un anno avanti che i Palazzi Reali di
quasi tutte le città d’Italia fossero dalla corona
retroceduti allo Stato ad incremento del patri­
monio artistico nazionale, il Comune di Milano
aveva rivolto al Demanio domanda formale per
ottenere come sede della propria Galleria d’Arte
Moderna la bella villa del Pollack ai giardini
pubblici, dallo stesso Demanio fino allora con­
cessa in uso alla casa reale.
Nei vecchi inadatti locali del Castello Sfor­
zesco la raccolta municipale di arte moderna
non respirava più. Il grande Salone della Balla
— un giorno campo di esercitazioni sportive
della Corte Sforzesca — le tribune ed i lunghi
corridoi adiacenti, non erano mai stati — del
resto — F ospizio ideale per una collezione
d’ arte contemporanea.
Nell'antico edificio militare di Porta Giovia,
male illuminato dalle scarse finestre a sesto
acuto, le sculture ed i quadri eseguiti all’ aria
aperta si erano trovati sempre a disagio. E collo
sviluppo rapido e crescente della Galleria, ac­
cresciuto ogni giorno di nuovi acquisti e sopra­
tutto dai lasciti e doni generosi di bemeriti
concittadini, i vecchi locali andavano diventando
insufficenti anche dal punto di vista della
capacità.
La Commissione di artisti chiamata a diri­
gere le sorti della Galleria, accogliendo una
proposta molto a malincuore, per dura necessità
di cose, suggerita da chi scrive, si era indotta
6
—
a decidere un turno di esposizione fra le opere.
Ed allorquando, dopo 1’ esodo forzato del tempo
di guerra, le opere tornarono dal viaggio pre­
cauzionale al Castel Sant’Angelo di Roma, non
poterono che in parte essere ricollocate nelle
sale della Galleria. Molte altre, e pur cospicue,
appartenenti al Municipio, si dovettero relegare
nei magazzini e nei sotterranei del Castello Sfor­
zesco in attesa di riapparire agli occhi del pub­
blico dopo un decennio, quando l’ora del sagrificio fosse spuntata per le opere esposte al
pubblico per le prime.
Situazione dolorosissima di cose ch’io volli
denunziare al pubblico milanese inaugurando
nel 1919 la riaperta Galleria.
Occorreva trovare altra soluzione poiché
quella del turno d’esposizione era certo la più
pericolosa di fronte ai numerosi donatori e
testatori che avevano regalato o legato tante
opere belle al Comune non certo per vederle
condannate al buio dei sotterranei ed alla pol­
vere micidiale dei magazzeni. Tramontata l’idea
di utilizzare l’area della soppressa Zecca in
via Moscova per erigervi un palazzo ad hoc ed
anche la possibilità di costruire dei padiglioni
speciali al Parco, in prossimità del Castello, lungo
il muro di cinta della Ferrovia Nord le cui lo7
comotive minacciavano di alitare non graditi
incensi sulle opere di pittura, il Comune ac­
colse la mia proposta di richiedere la Villa ai
Giardini Pubblici adottando così una soluzione
la quale aveva il grande vantaggio di eliminare
la spesa gravosissima, a questi lumi di luna,
occorrente per elevare un apposito palazzo.
Poiché il Demanio aveva già fatto buon
viso a quella richiesta del Comune, non tornò
difficile raggiungere completamente lo scopo
allorquando — avvenuto il trapasso dei palazzi
ex-reali allo Stato — il presidente del Consiglio
on. Nitti e Pompeo Molmenti —- il quale reg­
geva allora con tanto illuminato intelletto il
Dicastero delle Belle Arti — si trovarono a
doverli assegnare ad Enti che dessero garanzia
d’ una destinazione definitiva a scopi d’ arte.
Così il 20 ottobre del 1920, dopo inaudite
formalità burocratiche e voluminosi inventari,
la cessione della Villa fu un fatto compiuto ed
io potei la sera stessa di quel giorno fortunato
far innastare lo stemma del Municipio sul
grande cancello prospettante la via Palestro !
Il superbo edificio fatto costruire dal Conte
Belgiojoso nel 1790 era tornato in possesso
della comunità dei cittadini milanesi. Dico tor­
nalo poiché se Lodovico Belgiojoso aveva co­
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—
struita la villa per sua dimora e personalmente
aveva disposta e controllata la distribuzione
delle stanze, i suoi eredi nel 1802 ne cedettero
la proprietà alla città di Milano che desiderava
farne un presente al vincitore di Marengo.
Onde la villa assunta a sede del Bonaparte e
del suo viceré Beauharnais, poi della corte au­
striaca e del Kadetzky, passava al Demanio
italiano ed alla Casa Reale per restituirsi final­
mente al Comune.
Lo splendido palazzo meritava davvero d’es­
sere rivendicato in pubblico dominio ed a
pubblica funzione. È uno dei più superbi edi­
fici di Milano. La sua riconquista viene ad
arricchire notevolmente il patrimonio collettivo
d’arte della città.
Leopoldo Pollack, l’architetto viennese ch’era
diventato l’aiuto prezioso di Giuseppe Piermarini dopo d’ esserne stato l’allievo prediletto, in
quest’opera insigne ha pareggiato il Maestro
nella chiarezza del concetto architettonico e
1’ ha superato per ricchezza e nobiltà di fantasia
ornamentale.
Il Pierm arini fu sopratutto un artista di
reazione : egli insorse con decisa fermezza contro
le sopravvivenze del barocco ancora imperanti
nelle ultime degenerazioni e contro le svenevo­
lezze settecentesche che dal barocco erano pul­
lulate. Onde la sua libertà di compositore e
d’artista fu sempre vincolata al preconcetto po­
lemico ch’egli assegnò come missione nobilissima
alla propria arte e che doveva inesorabilmente
condurlo alla esagerazione della semplicità sino
alla sciatteria arida ed insapore.
Il Pollack cominciò per suo conto ad ope­
rare quando la missione del Pierm arini era
compiuta e la bella battaglia vinta in nome di
una più elevata dignità della nuova architettura.
Naturale quindi ch ’ egli abbia potuto più age­
volmente sbrigliare l’ estro e la fantasia senza
costrizioni di umiltà preconcetta, attingendo li­
beramente a tutti gli stili classici ed agli stessi
buoni saggi del barocco le proprie ispirazioni :
naturale quindi che la sua linea si movesse più
varia ed attraente perchè non obbligata come
quella del suo maestro alla umiltà di un ri­
gorismo quasi piatto allo scopo di distogliere il
gusto del pubblico dall’amore delle pesantezze
orgiastiche e fastose.
La Villa Belgiojoso in via Palestro (strada
Isara all’epoca della costruzione) sorse come
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—
GALLERIA D'ARTE MODERNA. — FACCIATA PRINCIPALE VERSO IL GIARDINO.
1’ esempio più equilibrato e perfetto delle nuove
direttive seguite non solo dal Pollack ma da
tutta F architettura milanese dopo la provviden­
ziale reazione compiuta dal Pierm arini con
generosa abnegazione di leader, a danno della
stessa sua fama d’ architetto.
La facciata principale della Villa rivolta
verso il giardino — una delle più mirabili
facciate di Milano — è quasi del tutto scono­
sciuta al pubblico milanese ! Il trasloco della
Galleria Municipale d’Arte Moderna nella nuova
sede avrà adunque anche il merito di rivelare
ai cittadini un magnifico pezzo architettonico
rimasto finora quasi pudibondamente nascosto
fra le ombre protettrici ai margini della roggia
Balossa, il modesto emissario del grazioso laghetto ond’ è vago il giardino.
Il centro della superba facciata si compone
di una specie di esastilo maestoso legato ai
tetrastili angolari sovrastati di timpani, da un
triplice intercolonnio nel quale le colonne dei
lati e del centro sono sostituite — a uguali
distanze — da lesene a forte aggetto. Un basa­
mento a lievi bozze sostiene la bella ideazione
ornamentale chiamata a chiudere ed incorni­
ciare i due piani superiori dell’ edificio ed i
due ordini di finestre. Al disopra, un attico
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—
ricorrente per tutta la lunghezza della fronte,
è coronato di statue in rispondenza alle colonne
ed alle anteridi.
Negli intervalli fra le quattordici colonne ed
i sei pilastri che segnano vigorosamente e logi­
camente di altrettante linee di sostegno il corpo
principale dell’ edificio, si aprono le finestre :
quelle del piano superiore quadre ed un po’
misere, quelle del piano nobile dignitose e so­
lenni collo stilobate a trafori che funge da
parapetto a balaustri e trasforma le finestre in
balconi appiattiti. E fra l’uno e l’altro ordine
di finestre si interpongono dei gustosi bassori­
lievi decorativi scendenti a putti scherzanti fino
al basamento sulle sei finestre comprese fra
1’ esastilo centrale ed i tetrastili dei fianchi.
Sulla facciata minore, verso la via Palestro,
fiancheggiata da due ali ricongiunte dal muro
e dalla cancellata d’ingresso sormontata da un
gagliardo architrave, si direbbe che siano ac­
cennati i motivi ornamentali così ampiamente
svolti e sviluppati dall’ architetto nella facciata
principale verso il giardino.
Sopra il centro di uno stesso basamento a
bozze di lieve aggetto, in questa seconda fac­
ciata il Pollack innalza un tetrastilo di ordine
ionico-romano : le quattro colonne fortemente
—
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scanellate appoggiano ancora sopra un robusto
stilobate e sui capitelli si svolge una ricca e
ben modanata trabeazione recante nello zoforo
un motivo di bucranii coronato da festoni al­
ternati di patere. Oltre la trabeazione, l’ultimo
attico è anche qui sovrastato da statue, così
come da altri bassorilievi sono ornati gli spazi
fra le finestre del primo e del secondo piano.
In tutto l 'organismo esterno della Villa la
scoltura è sapientemente usata ad aggiungere
vaghezza e fasto alla linea architettonica. È una
scoltura a carattere decorativo senza pretesa e
finezza d’ arte ma condotta con piena dignità
di stile e con sicuro calcolo dell’ effetto, nella
pietra nostrana detta ceppo gentile. Fra le altre
statue dell’attico principale sono notevoli le
figure di Giunone, di Bacco e del Sonno, lo
Zefiro sull’angolo, il gruppo di Flora sull’apice
del fastigio, il Carro del Giorno e il Carro della
Notte nei due timpani dei tetrastili laterali
alla facciata maggiore. Chi furono gli autori
delle buone statue decorative ? In una vecchia
Illustrazione storico-artistica dei Reali Palazzi
di Milano che ho rinvenuto negli archivi della
villa, pubblicata nel 1863 dalla tipografia G.
Alberti e C., tre nomi di scultori sono accen­
nati, tre nomi oscuri ai quali è doveroso riven­
14
—
dicare un po’ di notorietà : Donato Carabelli,
Bartolomeo Ribossi e Grazioso Rusca.
Più noti delle statue i bassorilievi, per me­
rito soltanto della leggenda che attribuisce a
Giuseppe Parini di aver inventati e proposti
agli scultori i temi svolti dai loro scalpelli.
Molti autori ritengono rispondente a verità l’an­
tica leggenda e infatti i bassorilievi appaiono
quasi tutti inspirati a una ricca e fiorita varietà
di soggetti mitologici e poetici. Nella facciata
verso via Palestro ricorderò la movimentata
Ospitalità raffigurata da Bauci e Filemone che
danno ricetto a Giove ed a Mercurio, la Tem­
peranza simboleggiata da Ulisse nella casa di
Circe, la Simulazione punita, Ulisse che mette
in fuga i Proci.
Fra le finestre prospettanti il giardino ecco
ancora in aggraziate figurazioni : Gli Amori di
Giove e Giunone, Diana e le sue Muse sorprese
da Atteone, Minerva e Nettuno disputanti pel
nome di Atene, Iride che presenta al Sonno la
N infa Pasitea, Ganimede rapito dalTaquila di
Giove.
E ancora dal lato opposto della facciata
principale : Il giudizio di Paride, Le Nozze di
Anfitrite, Giuochi floreali, l’Aurora che bacia
Cefalo. Di questi e degli altri innumerevoli
—
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bassorilievi rettangolari, condotti a stucco, fu­
rono autori, sempre a testimonianza della citata
Illustrazione, “ alcuni statuari di second’ordine
che vivevano al cadere del secolo passato, quali
il già citato Carabelli, Andrea Casareggio e Carlo
Pozzi
Nell’interno una sola opera d’arte degna
di menzione, il grande affresco dell’Appiani :
il Parnaso sul soffitto del salone da pranzo.
Non è certo una delle migliori composizioni
dell’artista. Appartiene all’ultimo periodo della
sua attività e reca i segni della stanchezza e
della malattia ond’era insidiato il grande pit­
tura neoclassico. Si dice anche ch’egli abbia
voluto mettere mano a quest’opera a malgrado
le vive raccomandazioni di riposo dei medici,
per corrispondere senza indugio ai desideri del
viceré Beauharnais verso il quale l’Appiani si
sentiva colpevole d’una certa marachella.... Il
viceré aveva chiamato l’artista a giudicare un
quadro fiammingo che gli era offerto in vendita.
Il giudizio tornò sfavorevole al quadro ed al­
l’acquisto. Beauharnais rinunziò senz’altro al
dipinto fiammingo ; ma dopo qualche settimana
16
—
apprese come fosse finito nello studio dell’Ap­
piani il quale lo offriva ora ai collezionisti a
prezzo di..... speculazione ! La serie dei pittori­
antiquari, oggi così deplorevolmente numerosa,
non è dunque cominciata coll’ultima guerra. È
molto più antica.
Tornando all’affresco col quale Andrea Ap­
piani riesci a placare l’irritazione del viceré Euge­
nio, conviene riconoscergli superstiti, coi difetti
accennati, molte virtù caratteristiche dell’autore :
magnifica nobiltà di composizione, robusta mo­
dellazione e armonica disposizione delle figure,
senso del colore gagliardo e signorile.
Apollo, su un piccolo trono marmoreo nel
centro della composizione, è circondato dalle
Muse e tocca la cetra in atto di tranquilla ispi­
razione. Alla destra Melpomene armata di clava,
reggente la tipica maschera, gli siede accanto,
guardandolo gravemente. Dalla parte opposta
Euterpe porta la tibia alle labbra e sembra at­
tendere l’attacco del Maestro. Ai suoi piedi è
Calliope e alle spalle, strette in cordiale abbrac­
ciamento, Erato, Polimnia e Clio. Tersicore e
Talia danzano bel primo piano opposto davanti
a Urania che guarda il cielo e appoggia il com­
passo sul planisferio... Queste due figurine fer­
vide di movimento e piene di grazia agile e
—
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fine, colle due fidiache figure di Melpomene ed
Euterpe, basterebbero a dare valore ed interesse
al magnifico soffitto che riabilita la vasta ma
non bella sala da pranzo, afflitta da colonne
verde-pisello che danno la pelle d’oca.....
Ma la Villa Reale non è risultata sufficente
ad ospitare intera la Galleria d’Arte Moderna
del Comune di Milano a malgrado gli sforzi
fatti col direttore dott. Carlo Vicenzi ottenendo
tutto quanto crediamo si potesse ottenere nell 'ambiente. Nessuno di noi del resto si era mai
illuso in proposito. Quando venne fondata nel
1903 entro le Sale della Rocchetta, la Galleria
si componeva di seicento opere in tutto. Oggi
fra dipinti e scolture si superano le duemila
opere. I soli lasciti recentissimi del pittore Vit­
tore Grubicy de Dragon e del comm. Giuseppe
Treves l 'hanno arricchita di quasi duecento
num eri. Ed ogni giorno gli acquisti, le donazioni
private, continuano il rapido confortante accre­
scimento del patrimonio artistico comunale.
Onde : stabilmente ordinate nelle sale del
Pollack le collezioni dei neo classici, le num e­
rose superbe tele dell’ Hayez, i pittori lombardi
18
—
della prima metà del secolo scorso, le poche
opere straniere, la collezione or ora iniziata di
ritratti ed autoritratti d’artisti, le sale individuali
del Cremona, di Mosè Bianchi, di Domenico e
Gerolamo Induno, la raccolta Pagliano e qualche
altra, urge costruire accanto alla Villa Reale
degli appositi padiglioni per raccogliervi le opere
di maggior mole ed i dipinti di scuola moder­
nissima, eseguiti all’aria aperta, i quali hanno
bisogno assoluto di illuminazione abbondante
e di largo spazio intorno a sè. Questo proposito
manifestammo nell’atto stesso di richiedere il
palazzo già Belgiojoso a sede della Galleria e
il Comune di Milano sta infatti già concretando
il progetto di costruzione di questi padiglioni
mentre il Quarto Stato ed altre opere ancora re­
legate nella Sala della Balla aspettano ansiosa­
mente la fine dei lavori di elevazione dell’ospizio
adatto alle loro cospicue dimensioni per raggiun­
gere l’antica, nobile e abbandonata famiglia.
Accanto a quelli della pittura contemporanea
dovrà sorgere anche il padiglione apposito per la
scoltura ormai anch’essa ben rappresentata nelle
raccolte del Comune di Milano da un gruppo
d’opere che ci proponiamo di illustrare in un
prossimo volumetto di questa serie insieme ai
saggi variati e interessantissimi del “ bianco e
—
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nero „ prossimi a venire bellamente esposti al
pubblico al secondo piano della Villa di via
Palestro.
I
padiglioni sorgeranno sull’area oggi occu­
pata dalle scuderie, dalle rimesse e dalle casu­
pole ove abita tuttora, mercè i decreti sugli
affitti, l’antico personale addetto alla Casa Reale.
II giardino resterà incolume adunque da ogni
indiscreta invasione...
E voglio finire con una confidenza... Ma a
fior di labbra, nelle orecchie del lettore......
Entro il giardino della Villa, visibile dalla
via Palestro attraverso i colonnati dei nuovi
padiglioni, sarà finalmente elevato sul suo ori­
ginario basamento, fiancheggiato dai noti due
superbi bassorilievi, il monumento a Napoleone
III di Francesco Barzaghi. La magnifica statua
equestre avrà degna ed ideale collocazione al
rezzo delle grandi piante ormai secolari. E figu­
rerà come un numero della collezione d’ arte
municipale mettendo fine alla indecorosa faida
politica onde venne finora sagrificata una delle
più ammirevoli statue equestri del nostro tempo !
Guido Marangoni.
GALLERIA D’ARTE MODERNA. --- PIANTA DEL PIANO TERRENO.
Cf
lald in o
GALLERIA D ARTE M ODERNA. — PIANTA DEL PR IM O PIA N O .
ANDREA APPIANI — IL PARNASO. (AFFRESCO NELLA VOLTA DELLA SALA DEI BRONZI).
FRANCESCO IIAYEZ — IL BACIO.
FRANCESCO HAYEZ — GLI ULTIMI MOMENTI DI MARIN FALIERO.
GIROLAM O IN D U N O — E’ A N T IQ U A R IO .
DOMENICO INDUNO — IL CACCIATORE.
FULVIA BISI — UN TURBINE.
V. MALATESTA — IL FALCONIERE.
CHERUBINO CORNIENTI — AUTORITRATTO.
ALESSANDRO FOCOSI — CATERINA DE’ MEDICI INDUCE CARLO II A DECRETARE LA STRAGE DEGLI UGONOTTI.
ELISEO SALA — RITRATTO.
GIACOMO FAVRETTO — VANDALISMO.
GIACOMO FAVRETTO — IL SORCIO.
ANDREA ACHENBACH — TRAMONTO DOPO UN TEMPORALE, A PORTO VENERE.
ANDREA ACHENBACH — MARINA.
ROBERTO FONTANA — UNA FAVOLA DI ESOPO.
BARTOLOMEO GIULIANO — IN CERCA DI FRUTTI DI MARE.
V. VOLPE — I MIEI MODELLI.
GIUSEPPE BERTI NI — IL PITTORE GUARDI CHE OFFRE IN VENDITA I SUOI QUADRI.
GIOVANNI CARNEVALI DETTO IL PICCIO — RINALDO ED ARMIDA.
FEDERIGO FARUFFINI — SORDELLO E CUNIZZA.
FEDERIGO FARUFFINÍ — TIZIANo E LE FIGLIE.
T RA N Q U ILLO CREM ONA — IL FA LC O N IER E.
TRANQUILLO CREMONA — GLI AMANTI ALLA TOMBA DI GIULIETTA E ROMEO.
TRANQUILLO CREMONA — AMOR MATERNO.
TRANQUILLO CREMONA — RITRATTO.
TRANQUILLO CREMONA — HIGH-LIFE.
MOSÈ BIANCHI — LA BENEDIZIONE DELLE CASE.
MOSE BIANCHI — I FRATELLI AL CAMPO
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MOSÈ BIANCHI — A CHIOGGIA
MOSÈ BIANCHI — A CHIOGGIA.
BERNARDO CELENTANO — LA SVENTURA.
FILIPPO PALIZZI — NEL BOSCO.
F. P. MICHETTI — LA VACCA MALATA.
F. P. MICHETTI — TESTA DI CONTADINA.
EDOARDO DALBONO — MARINA VENEZIANA.
UBERTO DELL’ ORTO — ALTI PASCOLI.
P IE T R O
B O U V IE R
—
S A L V A T A G G IO
DI
A N IT A
N ELLA
LAGUNA
DI
C O M A C C K IO .
FILIPPO CARCANO
a p p e n a a r r iv a t i
FRANCESCO FILIPPINI — VESPERO DI NOVEMBRE.
LORENZO DELLEANI — LUNGARNO.
SILVESTRO LEGA — STUDI DAL VERO.
GIOVANNI FATTORI — CARABINIERI IN PERLUSTRAZIONE.
GIOVANNI BOLDINI — RITRATTO.
ETTORE TITO — BACCANALE.
MARIO DE MARIA — I CROCEFISSI DI HENNI.
FRANZ LEN BACH — RITRATTO D I GIOVANNI M ORELLI.
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FR IT Z STROBENTZ ;— SCOLARETTE.
WILLIAM PRATT — GIOJE ESTIVE.
FRANZ VAN LEEMPUTTEN — LA DISTRIBUZIONE DEL PANE.
EU G EN IO T.AEEMANS
EE SPIGOT.ATPTGT.
DEMETRIO COSOLA —- IL RIPOSO DEI BERSAGLIERI AL CAMPO.
LUIGI MARCHESI — SAGRESTIA DI S. GIOVANNI IN PARMA.
GIOVANNI SEGANTINI — L’ANGELO DELLA VITA.
GIOVANNI SEGANTINI — RITRATTO DELLA MOGLIE.
GIOVANNI SEGANTINI — “ L’ANGELUS „ DEL PASTORE.
GAETANO PREVIATI — LA MADONNA DEI CRISANTEMI.
GAETANO PREVIATI--- STUDIO PER IL “ RE SOLE
ANGELO MORBELLI — ORE ULTIME.
LUIGI ROSSI — IL MOSTO.
V IT T O R E
G R U B IC Y
DE
DRAGON
—
ALLA
SO RG EN TE
T IE P ID A .
V IT TO R E G R U B TCY DE DRAGON — POEM A INVERNALE : M ATTINO.
PAOLO SALA — ANTENATI.
GIOVANNI SOTTOCORNOLA — L’ALBA DELL’OPERAIO.
AROLDO BONZAGNI — MENDICANTI.
BIBLIO TEC A D’ARTE
N° CARICO