Se neanche Eduardo De Filippo trova casa
- Gianfranco Capitta, 11.05.2016
Teatro. Sulla scena partenopea, autori, attori, registi e una politica autolesionista
Legare a Napoli l’idea o l’immagine del teatro è una assoluta ovvietà, per motivi culturali,
antropologici, addirittura comportamentali. Eppure, per una sorta di contrappasso, il panorama delle
scene partenopee è davvero, in senso lato, inqualificabile. Con molti punti di eccellenza, quanto a
scrittura, attori, registi, forse i migliori d’Italia (basterebbe qualche nome: Moscato, Servillo,
Martone), ma in un contesto che autolesionisticamente continua a peggiorare.
Il teatro pubblico napoletano è uno dei più recenti quanto a nascita, ma dopo una partenza di smalto
si è arrotolato su se stesso, grazie alla politica del suo stesso artefice, Bassolino. Che poi si è trovato
in mano il grande giocattolo del festival nazionale, gestendolo in maniera privatistica nonostante i
flussi pingui dei finanziamenti europei, asservito sempre più a logiche e spartizioni politiche, con
troppi padri e madri da accontentare. E de Magistris, da sindaco, si è trovato grazie alla destra
assediato da una sorta di struttura sovietica: un unico direttore per lo stabile Mercadante e il Napoli
Teatro Festival.
Su Napoli si sono concentrati gli interessi e le affinità più diverse, primo tra tutti l’allora direttore
generale dello spettacolo al ministero, Salvo Nastasi, cruna d’ago di ogni finanziamento, che nel
frattempo era stato anche commissario del lirico San Carlo, vicino alla bancarotta. Neanche l’arrivo
alla sovrintendenza di Rosanna Purchia (proveniente con molti meritati titoli dal Piccolo di Milano), è
riuscito a far volare alto.
Ora lo scenario sembra cambiato, ma forse è solo effetto ottico. Luca De Fusco ha rinunciato, senza
entusiasmo, alla direzione del festival, restringendosi al Mercadante, che non è detto riesca a
mantenere, anche se è riuscito a farlo promuovere a sorpresa teatro nazionale. Nastasi, grande
artefice di quella promozione, è ora commissario straordinario all’area di Bagnoli. Il teatro pubblico,
costretto anche alla moltiplicazione dei pani e dei titoli dal delirante decreto Franceschini, sforna
spettacoli in grande numero ma di limitata attrattiva. Con qualche gaffe davvero madornale, come
quella che riguarda niente meno che Eduardo De Filippo.
Questi aveva ceduto al comune la sua casa storica, il teatro San Ferdinando. Avrebbe dovuto
diventare sede della scuola di teatro, affidata all’erede dell’ingente patrimonio eduardiano (testi,
memorie, sapienze e diritti) Luca De Filippo. La morte prematura ha lasciato ora quella scuola priva
di direzione, ma anche di casa (e pare che l’eredità fisica di Eduardo sia costretta a vagare per
depositi disparati e precari).
L’arrivo alla presidenza della regione Campania del decisionista De Luca, ha portato qualche
sorpresa. Il governatore ha tenuto per sé la delega alla cultura, anche se vanta un consigliere
culturale nel filosofo Sebastiano Maffettone (antico bersaglio di Arbore a Quelli della notte). Dopo la
gaffe con la Fondazione Ravello Festival (un segretario generale plenipotenziario che lascia dopo
poche settimane), in questi giorni ha rischiato il bis (ma non è detto che non ci riesca) con la
bizzarra chiamata alla direzione del Napoli teatro festival di Franco Dragone. Nato in Campania,
cresciuto in Belgio e arrivato in Canada a lavorare col Cirque du Soleil, il neodirettore si è
impantanato nella querelle su Al Pacino e i 700 mila dollari che questi ha chiesto per due sere… Ma
l’altro giorno, piccato, non ha neanche partecipato alla presentazione del proprio festival (non
esaltante, e in certi titoli addirittura d’antiquariato) per i dissapori con la Fondazione da cui è stato
assunto. Ora, a leggere i giornali pare che tutti si avviino alla riconciliazione (the show must go on,
of course). Anche se l’effetto circo sembrano averlo ottenuto già, come i migliori clown in pista, tra
risate e lacrime.
Resta l’interrogativo perché si trovino flussi di danaro consistenti per sole operazioni di facciata, di
cartapesta sempre a rischio crollo. Napoli, oltre ai nomi eccellenti citati all’inizio, ha molte
esperienze di vaglia, e di valore nazionale. E molte giovani energie di sicura potenzialità; magari da
coordinare e responsabilizzare, ma che certo riuscirebbero a dare un migliore spettacolo, seppure
con meno lustrini. Forse è su di loro che de Magistris, o chiunque sarà sindaco, dovrà scommettere e
impegnarsi.
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