46 Cultura e spettacoli LIBERTÀ Domenica 27 marzo 2011 Il famoso jazzista,docente al conservatorio “Nicolini”,è tra i protagonisti citati nel volume “Jazz in Libertà”ideato da Pareti e curato da Azzali «Vivo inseguendo suoni e parole» ▼CON STEFANO BENNI Alla scoperta di Eliot e “La terra desolata” L Umberto Petrin sui cd in uscita e l’omaggio a Beuys a Zurigo di ELEONORA BAGAROTTI i Umberto Petrin colpisce subito una caratteristica: dalla sua musica, emergono zampilli di poesia. Non importa se la musica è quella che compone o esegue solamente, con bravura e sensibilità, al suo pianoforte. E neppure se, nel farlo, Petrin cede alla rara dote di una sottile ironia - complice l’amicizia e la collaborazione “antica” con lo scrittore Stefano Benni. O, forse, motivo primordiale della stima vicendevole e del rapporto consolidatosi tra i due. Se l’ultima performance con Benni è stata molto applaudita anche al Teatro Municipale di Piacenza, nell’ambito dell’ultima edizione del Cavaliere Azzurro Festival diretto da Paola Pedrazzini (ma ricordiamo anche due splendide performance di Misterioso omaggio a Thelonious Monk), ora è uscito un nuovo lavoro, grondante di pathos e raffinatezze, che va alla riscoperta di T. S. Eliot, attraversando quella sua Terra desolata, che tra parole e musica ancora esprime il dramma e lo stupore dell’umana esistenza. Un progetto tutto da ascoltare e da scoprire pian piano, che speriamo possa calcare a sua volta le scene del Piacentino in futuro. Ma Umberto è instancabile e non si ferma qui: da sempre per lui poesia, letteratura e pittura sono ingredienti vitali e solo così i suoi tasti prendono vita. Come una magia, un’elettricità del cuore e dell’anima, che passa dal movimento delle sue dita. Non a caso sul sito ufficiale www. umbertopetrin. it la sua biografia culmina: “La sua attività è rivolta al dialogo tra i linguaggi artistici, all’approfondimento del pensiero, nella convinzione che l’Arte possa aiutare l’Uomo ad evolversi” (e le maiuscole non sono messe a casaccio). Così Petrin, reduce dal nuovo lavoro con Benni (uscito per Full Color Sound, Audioracconti, con Cd e libretto allegato), ci anticipa nuovi progetti. Un piano, il suo, che si staglia nell’imminente lungo un’orizzonte ampio, mai scontato e di grande respiro - è bello che Umberto, nonostante i venti contrari, ci abbia abituati a questo. Maestro Petrin, ultimamente lei è stato molto impegnato a registrare. Ci sveli qualcosa in anticipo. «Ad aprile pubblicherò Piano Solo, un nuovo cd per la Leo Records inglese, una storica quanto prestigiosa etichetta: tutti brani inediti, con molti rimandi all’arte contemporanea. Leo Feigin, il direttore, si è mostrato entusiasta e ha accettato di pubblicarlo subito. La registrazione è stata fatta alla Casa della Musica di Genova, dove avevano piazzato telecamere che filmavano ogni mio movimento anche durante le pause. Quindi, c’è una D In alto Petrin fotografato in bianco e nero da Roberto Cifarelli per il Piacenza Jazz Fest Sopra Petrin e Benni durante uno spettacolo a Piacenza e un incontro al conservatorio “Nicolini”.A sinistra un’immagine del poeta T.S.Eliot e,sopra,in anteprima la copertina del prossimo Cd di Petrin (foto Giuseppe Maraniello) registrazione, che poi completerò a Sarzana, in una galleria d’arte dove, oltre al pianoforte, vi sarà un’installazione. Lì, dovrei esporre anche alcune partiture. In contemporanea, esce un altro lavoro dedicato a Joseph Beuys. Da qualche anno faccio concerti su di lui e adesso, per Mondadori Electa, uscirà un libro intitolato Beuys Voice, esattamente come il titolo che diedi al concerto nel 2003 (ed in effetti sono stato invitato a scrivere una pagina in cui racconto la genesi di Beuys Voice). Da allora ho replicato il concerto parecchie volte in Europa. Questa in uscita sarà la più corposa monografia su questo artista e verrà tradotta in inglese e tedesco. A diverse centinaia di copie del volume verrà allegato un Cd con le mie musiche. Questo omaggio al Maestro tedesco e al suo Pensiero nasce grazie alla collaborazione con Lucrezia De Domizio Durini, grande esperta di Beuys. La presentazione si terrà il 13 maggio a Zurigo, alla Kunsthaus, dove si terrà la più grande retrospettiva di Beuys, che io inaugurerò con il concerto. La mostra poi girerà tutto il mondo». La seguirà o sarà impegnato in altri progetti? «Qualche mia esecuzione legata all’esposizione su Beuys è probabile ma il prossimo autunno registrerò un altro album su Jacques Brel. L’uscita è prevista nel 2012». Si evince che per lei non esista Musica senza Poesia. «La passione per la Poesia parte da subito perché io ho sempre visto la musica jazz in forma di linguaggio artistico duttile e parallelamente, sin dall’adolescenza, ho pubblicato miei scritti su riviste letterarie. Ho sempre cercato di unire le due cose, anche se mi rendo conto che questo mi porta fuori dagli ambiti definibili. Adesso questo tipo di linguaggio è difficile da collocare. All’e- stero c’è una risposta maggiore. In Italia ciò accade più di rado, ma specialmente a livello organizzativo, perché in realtà il pubblico risponde con grande entusiasmo. Probabilmente, in questo periodo di crisi, si tende a essere cauti, a puntare su cose più immediate e modaiole». Torniamo al rapporto con Benni e alla Terra Desolata di Eliot. «Ci abbiamo lavorato molto, con Stefano. Un annetto, direi, con grande passione, anche se ne parlavamo da almeno tre anni. Lo scorso anno abbiamo trovato un produttore e così abbiamo inciso testi letti e musica. Mettermi al servizio della Poesia di Eliot mi ha fatto scoprire un mondo: La terra desolata è un’opera complessa, persino politica, con cambi di ritmo, coloriture diverse. Mi sono reso conto che in quattro versi si nascondeva un gospel. La parte a cui mi sono più affezionato è la IV, Il sermone del fuoco. Qui Stefano canta. All’inizio era un po’ riluttante, poi però non ha resistito, ha studiato la parte, ha cantato. E’ quello forse il punto che mi emoziona di più, anche se ve ne sono altre tre o quattro che mi hanno portato a fare ciò che non avevo mai fatto, come a creare atmosfere funky, che pure mi piacciono molto e che, in effetti, fanno parte del mio mondo musicale». Lei è anche docente di Musica Jazz al “Nicolini”. Come vive questo suo ruolo? «Molto bene anche perché al “Nicolini” riesco a lavorare senza vincoli e ho una classe composta da una ventina di studenti, che frequentano le mie lezioni con grande passione». Cosa pensa del mondo musicale piacentino, che ha conosciuto? «A Piacenza c’è un mondo musicale molto ricettivo e desiderante. Proprio recentemente, ho iniziato una collaborazione a terra desolata è la più celebre opera del poeta americano T. S. Eliot. Un’opera densa di citazioni letterarie, delle storie ancestrali da ogni angolo del mondo e di ogni piega del tempo. A distillarne l’incanto, a offrirne una chiave di lettura, a chiarire i risvolti più intimi con l’uso sottile e consapevole della voce, ci sono, fuse in un fiume unico di emozioni profonde, le corde di un poeta della nostra epoca, Stefano Benni, le musiche composte dal pianista Umberto Petrin, eseguite con Niclas Benni (il chitarrista è figlio di Stefano) e Carlo Garof (alla batteria, percussioni e live electronics) nella direzione artistica di Fabio Vignaroli. E poi, un plauso al traduttore - sì, quella figura che passa spesso in secondo piano e che invece è assai rilevante Roberto Sanesi. Fusioni di musica e letteratura, narrazioni parallele offerte da grandi talenti, capaci di restituire non solo il senso e il significato, ma anche l’anima dei racconti più belli. «Nella mia vita ho sempre sognato di poter leggere in teatro quattro libri - rivela Stefano Benni -: Lolita di Nabokov, Moby Dick di Melville, ed è già avvenuto. Mi mancava la Terra desolata di Thomas Stearns Eliot. Ora l’ho fatta, e spero che ascoltandola la gente capisca perché amo tanto questa poesia. Il quarto libro non ve lo dico, ma un giorno chissà... ». La terra desolata (The Waste Land) è l’opera più celebre di Eliot, vissuto tra il XIX ed il XX secolo, considerata uno dei capolavori della letteratura modernista. Eliot compose il poemetto tra il dicembre del 1921 ed il gennaio del 1922 mentre era in Svizzera, a Losanna, dove la moglie era ricoverata per problemi di instabilità psichica. Il poeta spedì il dattiloscritto all’amico e connazionale Ezra Pound, che intervenne anch’egli sulla revisione del testo, tanto che Eliot gli dedicò il poemetto definendo Pound stesso “il miglior fabbro” (espressione presa da Dante Alighieri, che chiamava così il poeta provenzale Arnaut Daniel nel Canto XXVI del Purgatorio). Il lavoro di Pound fu soprattutto di riduzione. Il titolo si rifà alla terre gaste dei poemi epici medievali, cioé a un territorio devastato, sterile e mortale, che devono attraversare i cavalieri per arrivare al Graal (uno dei simboli centrali del poemetto) e il mondo moderno, contrassegnato dalla crisi e dalla sterilità della civiltà occidentale, giunta forse al termine del suo percorso. L’ambizione della Terra desolata è totalizzante: vuol essere interpretazione complessiva del destino dell’uomo e della storia europea. Nella Terra desolata, Eliot pone la sua visione di desolazione e aridità spirituale in un implicito contrasto con il mondo dei poeti più antichi, suoi maestri. Talvolta tale contrasto è ironico, come il dialogo tra Antonio e Cleopatra di Shakespeare, che in Un gioco di scacchi diventa una scena di incomunicabilità e noia tra coniugi; altre volte la poesia del passato consola e sostiene, ricordando a una generazione angosciata che non è sola. La sensazione espressa è quella dell’estrema inutilità provata dall’uomo trovandosi a dover vivere in un mondo sterile, dove nulla ha più significato. con il saxofonista Mattia Cigalini, un giovane che possiede molto talento, interessato anche al versante sperimentale. Il problema, non solo a Piacenza ma anche in altre città, non è la mancanza di progetti interessanti ma il riuscire a passarli. Comunque mi piace molto il clima di fiducia che si respira in Conservatorio. Amo molto anche l’insegnamento, per me non c’è differenza tra un’ora di concerto o di lezione. Anche qui, durante la lezione, posso parlare anche di pittura, letteratura, arte, non solo di musica. Per me è inconcepibile rivolgersi ad un’Arte riferendosi solo e sempre a quella. Una mia allieva mi ha proposto di coinvolgerli un po’ nel mio mondo, anche fuori dall’ambito strettamente accademico. In effetti non ci avevo mai pensato, ma ho colto subito il suggerimento e quindi andremo in gruppo ad una mostra appena inaugurata all’Hangar Bicocca a Milano, in cui si presentano i linguaggi attuali dell’Arte. Parallelamente, ogni tanto, organizzo un “passaggio di libri” (anche perché ne ho tantissimi e sempre in aumento e la mia libreria tracima) con i miei studenti, quindi li passo a loro facendoli rivivere. A volte li faccio scegliere, altre volte il consiglio». Quali i titoli al top dei suoi consigli letterari? «In realtà, io penso che per progredire nell’Arte occorra superare determinati blocchi emotivi e culturali e quindi mi capita di consigliare ad alcuni anche American Psycho, ad altri il Teatro di Beckett. Per quanto riguarda la Poesia, i grandi poeti come Pound e Chlebnikov, ma non eviterei neppure il Bukowski poeta della maturità. Tuttavia la scelta delle letture è anche, e spesso, un fatto “casuale” e soggettivo, sebbene l’importanza della lettura dei grandi poeti e scrittori della storia resti fondamentale». La vita di un musicista, negli anni Duemila, è facile? «Non sempre, se non sei legato alle mode o a qualche espediente mediatico, soprattutto in Italia. Considero comunque una fortuna quella di avere fatto del mio hobby giovanile un lavoro». C’è poi questo suo innamoramento totale nei confronti dell’arte contemporanea. «Dell’arte contemporanea ciò che mi attira sono le idee. Mi interessa il pensiero degli artisti. A volte, si nota che le cose che restano nella memoria collettiva sono soprattutto le opere d’arte, perché sono “visibili”, parlano attraverso l’immagine. E l’immagine ha la capacità, nei grandi artisti, di vivere sia in superficie che in profondità. La nostra società però spesso utilizza la parte più superficiale. Ecco perché, ad esempio, ritroviamo Mondrian banalizzato nella pubblicità. E’ un segno: l’immagine resiste in un’epoca di crisi dell’ascolto come la nostra. Ma è necessario che ci sia sempre un pensiero dietro ad ogni espressione artistica. Io ho imparato che unendo alla musica che faccio l’immagine filmica o la video-arte, riesco a far passare anche suoni magari meno “digeribili” altrimenti. E’ come se i due aspetti fossero complementari e comunque dobbiamo sempre fare i conti con l’ascoltatore. Il problema ora sta diventando un altro però: abbiamo ascoltatori sempre meno curiosi ed educati». Cosa farà Petrin da grande? «Io spero di diventare un poeta attraverso i suoni, perché tanto inseguo la Poesia da sempre e questo è uno slancio continuo verso qualcosa che non si riesce mai a raggiungere, ma proprio per questo ci tiene in vita e ci fa sentire sempre partecipi del nostro Tempo. In questa corsa tutti i linguaggi si intrecciano e noi cresciamo». Bag