“Serve un miracolo, non giochi d`azzardo”

Anno V - Numero 136 - Martedì 7 giugno 2016
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Morte Buonanno
Economia
Esteri
Sarà l’autopsia
a fare chiarezza
Stime di crescita
ancora al ribasso
Da Falluja è fuga
ma l’Isis avanza
Moriconi a pag. 5
Di Giorgi a pag. 9
Calvo a pag. 8
SERVE UNA DESTRA CHE MANCA DA TROPPO TEMPO, MA NON LA SI COSTRUISCE NÉ CON I VETI NÉ CON I RANCORI. CONTINUA A NON VOTARE UN SACCO DI GENTE
di Francesco Storace
Q
uando il popolo dice di
no, è no.
È evidente il responso
dei romani alla nostra proposta amministrativa per
la città. Il dato elettorale, lo 0,6 di
lista, è umiliante. È inutile dire
che non lo meritavamo, che è ingiusto e tutte le cose che si dicono
nei funerali. È così e basta e ce lo
teniamo.
Con un’avvertenza: per quello che
mi riguarda non ci sarà un girone
di ritorno. Le elezioni se le farà
qualcun altro, io ho dato e avuto,
processi compresi. La politica continua a piacermi, ma senza il consenso dei cittadini è inutile illudersi.
La si può fare sostenendo anche
progetti altrui, senza per questo
doversi candidare a tutti i costi.
Anche perché c’è un popolo che
sembra ignorare che cosa sia il
valore della dignità. Ho subito personalmente come una brutta ferita
il silenzio ostile di Giorgia Meloni
al nostro sostegno, con la lista e i
nostri 48 candidati, alla sua corsa
per il Campidoglio. Ha preferito
qualche arnese della vecchia partitocrazia a noi, che pur veniamo
dalla stessa scuola. Il risultato la
premia, in coerenza con i tempi
che viviamo. Ma non può certo recriminare il nostro mancato sostegno, perché sarebbe facile restituire
pan per focaccia per un atteggiamento intollerabile. Dalla sua bocca
non è uscita neppure una parola
di gioia per la mia assoluzione
contro Napolitano, tanto è faziosa.
Le ho ascoltate persino da esponenti di sinistra, ma lei no.
Non fa niente, perché la politica
non si fa in ragione del carattere
altrui, almeno per quel che concerne il mio modo di viverla. Noi
sicuramente paghiamo l’alleanza
sbagliata, ma è da chiedersi se Fratelli d’Italia possa festeggiare e se
noi si debba restare fermi senza
IL POPOLO DICE
A Roma risultato pessimo, che non ammette sconti. Chi sbaglia paga
vale anche per noi. Ma FdI, nel resto d’Italia, non sta meglio
suscitare qualcosa di positivo. Continua a non votare un sacco di gente,
manca una proposta politica.
Del resto, il movimento della Meloni
- e non lo scrivo con gioia - si ferma
ai confini del Lazio. Le percentuali
raccolte a Milano, Torino, Bologna,
Napoli sono davvero basse, addirittura inferiori a quelle che raccolse
La Destra nel suo esordio alle ele-
DA MILANO A NAPOLI MALE IL PD RENZIANO
zioni politiche del 2008. Manca il
messaggio ampio e arioso della
destra nazionale e Fratelli d’Italia
lo riserva solo a sé, non rendendosi
conto che la pretesa egemonica di
rappresentare il tutto é insensata,
visti i numeri elettorali.
Io sono un uomo orgogliosamente
di destra, auguro alla Meloni ogni
successo, ma la strada che percorre
è senza uscita. Alla fine del tunnel
troverà in testa al convoglio Matteo
Salvini, che col 2,7 raggranellato
a Roma - poco per le sue ambizioni,
qualcosa se si pensa a quello che
è stato il rapporto tra la Lega e la
Capitale negli anni scorsi - ha deciso che cosa fare e disfare nella
Città eterna.
Non ho bisogno di candidature
per fare politica, ma di libertà per
dire e scrivere quello che penso.
Se la Meloni vuole essere leader
deve accantonare rancori e veti;
altrimenti resterà solo una meteora
di questi tempi grigi che travolgono
tutte le identità.
Ci pensi prima che sia troppo tardi.
Noi non le dobbiamo chiedere nulla. Lei deve dare tutto.
IL CARDINALE BAGNASCO PREOCCUPATO DEL LAVORO E DELLA LUDOPATIA IN ITALIA
“Serve un miracolo, non giochi d’azzardo”
taliani senza lavoro, italiani schiavi del
gioco d’azzardo ed istituzioni che non
riescono a frenare questi fenomeni. Il
cardinale Angelo Bagnasco ha officiato
alla messa per il lavoro al santuario di
Nostra Signora della Guardia alla Genova,
esprimendo il proprio punto di vista allarmato sulla situazione del lavoro.
“La situazione è da leggersi nel quadro
generale: il lavoro non decolla nonostante
alcuni segni che sembrano positivi. La disoccupazione cresce: serve un miracolo”,
ha affermato, ricordando inoltre che la disoccupazione italiana è il doppio di quella
europea. “ Forte la preoccupazione anche
per gli adulti, che una volta perso il lavoro
hanno difficoltà a ritrovarlo. Anche la ricerca
di beni come la casa diventa un peso insostenibile; la platea dei poveri si allarga,
la ricchezza cresce e si concentra in mano
a pochi”, ha aggiunto il cardinale.
Che ha poi lanciato un monito sul gioco
d’azzardo, “un fenomeno gravissimo e
I
Avviso
di sfratto?
Alle pagg. 2-3-4
purtroppo i dati ci dicono che le slot macchine stanno crescendo mentre la legge,
giustamente, dice che devono diminuire”.
Per questo, ha ricordato, “ci vuole un impegno maggiore da parte di tutti, innanzitutto serve un impegno educativo perché
nessuno deve avvicinarsi
a questa forma deformata di vita che gioca
alla fortuna”. In merito
ai flussi migratori, il cardinale ha ricordato che
“sono movimenti inarrestabili. Il Sud – ha affermato – si è mosso
verso il Nord, verso l’Occidente. Le cause le conosciamo: guerre, persecuzioni, fame carestia,
il desiderio giusto di una
vita un po’ migliore. L’Occidente deve continuare
ad accogliere. L’Italia cerca di farlo il più possibile fin dall’inizio.
Nessuno può dire nulla contro l’Italia. Ma
l’Italia non basta. Servono l’Europa e la
comunità internazionale altrimenti sarà
peggio e questo non è giusto per i migranti,
povera gente, ma per nessuno”.
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Martedì 7 giugno 2016
PRIMO PIANO
PER IL PD RISULTATI DELUDENTI UN PO’ OVUNQUE, MA IL PREMIER-SEGRETARIO MINIMIZZA
Renzi adesso fa l’insoddisfatto
Il centrosinistra conferma solo tre sindaci al primo turno, contro gli undici dell’ultima volta
di Igor Traboni
all’opposizione c’è già
chi parla di avviso di sfratto per Renzi e il suo governo, con il mosaico –
iniziato con queste amministrative – che verrà poi completato con il referendum di ottobre,
la creatura del premier-segretario
e della Boschi.
Renzi accusa il colpo della caporetto
pd, tangibile soprattutto nelle grandi
città, anche se cerca di gettare acqua
sul fuoco: “Non è una debacle ma
non ci basta perché vogliamo di
più. Io non sono soddisfatto, questo
ci porterà a fare un ballottaggio il
più forte possibile: occhio ai numeri
perché nella stragrande maggioranza delle città i nostri candidati
sono sopra il 40%. Il Pd ha problemi
che deve affrontare e ci impegneremo per affrontarli", ha detto Matteo
Renzi in conferenza stampa al Pd,
soffermandosi poi sul dato di Roma:
"Giachetti ha fatto un mezzo miracolo,
onore al merito, è stata una campagna molto molto difficile e ora c'è, è
in campo. Se la giocherà al ballottaggio".
"Il risultato peggiore del Pd – ha
poi aggiunto Renzi - è a Napoli, dove
D
il Pd non riesce ad esprimersi al
meglio. Napoli è città meravigliosa
ma è un baco per il Pd". Renzi alla
prossima direzione ha intenzione di
proporre "una soluzione commissariale molto forte".
Milano, Napoli, Torino, Bologna: non
conosce confini la mappa geo-politica della sconfitta del Pd renziano.
E c'è anche l'imbarazzo della scelta
per il dato più eclatante della debacle piddina alle amministrative
di domenica. Vediamo in sintesi –
per poi approfondirli nelle pagine
successive – i risultati.
Partiamo da Milano dove Giuseppe
Sala e Stefano Parisi vanno al ballottaggio praticamente alla pari.
Un insuccesso clamoroso per Sala,
il mister Expo che Renzi contava
di trascinare alla successione di
Pisapia proprio facendo leva sulla
rassegna milanese. Parisi invece
ha recuperato alla grande, sostenuto dal centrodestra, e la vittoria
in volata a questo punto non è
esclusa. Male i grillini nel capoluogo lombardo. Cinque stelle che
invece daranno filo da torcere a
Torino al sinbdaco uscente Piero
Fassino: l'esponente Pd sotto la
mole non ha sfondato, attestandosi
su un 40% e con la grillina Chiara
Appendino sarà un bel duello.
Discesa verticale per il Pd anche
nella sempre più ex rossa Bologna:
Virginio Merola inchioda al 39% e
al ballottaggio se la vedrà con Lucia
Borgonzoni, sostenuta da una coalizione di centrodestra, Lega compresa. Anche qui i cinque stelle fre-
nano e non arrivano neppure al
ballottaggio.
Debacle totale quella di Napoli per
il Pd, con la candidata renzianaValeria
Valente che si attesta sul 21%, superata dal sindaco uscenteGiggino
De Magistris e da Gianni Lettieri di
Forza Italia; il ballottaggio sarà dun-
que tra questi ultimi due. Solamente
in 5 dei 25 capoluoghi di provincia
dove si è votato si conosce già il
nome del nuovo sindaci, mentre erano ben 13 nelle precedenti elezioni.
Nel 2016 il centro-sinistra conquista
al primo turno 3 comuni (Salerno,
Rimini e Cagliari), contro 11 sindaci
al primo turno delle ultime elezioni.
Cosenza va al centro destra, contro
2 delle precedenti comunali. Ma
delle tre vittorie al primo turno del
centro-sinistra, a Cagliari è avvenuta
con un candidato non Pd e a Salerno
senza simbolo Pd.
Tra le grandi città, spicca proprio
Cagliari, unico caso tra le grandi
citta'' al voto che non andrà al ballottaggio. Massimo Zedda, leader
della coalizione del centrosinistra,
si riconferma nella poltrona di Palazzo Bacaredda, quando ormai lo
spoglio e'' agli sgoccioli, con 37.599
voti (50,92%), contro i 23.775
(32,20%) del principale sfidante
Piergiorgio Massidda. Lo stesso ex
senatore di Forza Italia ha riconosciuto la sconfitta, facendo ai microfoni della Rai gli auguri di buon
lavoro a Zedda. Staccata la candidata del M5s Maria Antonietta Martinez, che si ferma alla soglia del
10% (9,23%).
LA NUOVA IDEA DI SALVINI DOPO I BALLOTTAGGI – FORZA ITALIA: “RISULTATI NON POI COSÌ MALE”
Una Leopolda in salsa leghista
P
rimum, vincere quindi ci
sono i ballottaggi e io sarò
bolognese, savonese, grossetano, milanese. Sabato 25, siccome l'Italia non ha tempo, chiameremo a raccolta tutto il centrodestra. Una mezza idea ce l'ho
per aprire il cantiere che stia aperto
una settimana, non di più. Ci saranno poca politica, tanto lavoro,
giornalismo, impresa per costruire
il centrodestra che deve essere.
Così il segretario federale della
Lega Nord, Matteo Salvini, ieri a
Firenze alla presentazione del suo
libro ''Secondo Matteo'', ha lanciato
la sua idea di una sorta di Leopolda
del centrodestra. "La politica che
verrà sarà benvenuta, non costringeremo nessuno a esserci- ha aggiunto Salvini, rispondendo a chi
gli chiedeva se verrà invitato anche
Berlusconi-, ma dovremo costruire
un'alternativa credibile a Renzi,
perché oggi il centrodestra credibile
non e''. Poi, chi c’è c’è. Se sarà
interessato al programma della
giornata Berlusconi sarà il benvenuto, però penso che una volta
tanto i politici ascolteranno e sottoscriveranno la richiesta dell'Italia
reale". Diversamente, invece, "non
ci saranno i prezzolati", ha chiosato
il leader leghista che ha aperto
anche alla presenza di eventuali
frange dei cinque stelle.
Da Forza Italia interviene Renato
Brunetta, presidente dei deputati
azzurri, che ha così commentato
il dato elettorale: “Più li si guarda,
più li si approfondisce i risultati
del voto non sono affatto male.
Parlo dal punto di vista di chi,
come Forza Italia, ritiene indispensabile oggi dare il timone delle
città a bravi sindaci e sconfiggere
le pessime riforme costituzionali
e contestualmente mandare a casa
Renzi".
"Non è affatto vero, come sostengono i quotidiani filorenziani che
esiste un nuovo bipolarismo, da
una parte Renzi dall'altra i 5 Stelle
con appiccata la Lega. La lettura
conviene a Renzi che vuole assorbire come una spugna i voti moderati, enfatizzando e mettendo in
un unico fascio estremista la protesta contro il suo governo. Ma
quando mai? "Dovunque, dove
Forza Italia e Lega hanno condiviso
la scelta del candidato si sono
avuti risultati eccezionali. Renzi
dove ha chiesto soccorso ai transfughi verdiniani, convinto di catturare voti per i suoi candidati
come accaduto esplicitamente a
Napoli e a Cosenza non e'' arrivato
neppure al ballottaggio. E'' chiaro
infatti che i voti moderati li ha
Berlusconi e li ha Forza Italia, ed è
fatica sprecata fare il viso dolce
cercando di incamerarseli. Hic manebunt optime, con il centrodestra
e per il no. Non siamo sciocchi né
sprovveduti. Di certo il futuro vincente è il centrodestra”, ha concluso
Brunetta.
DA ALFANO A LUPI TUTTI PRONTI A DIRE CHE PURE LORO HANNO VINTO…
Il Centro prova a farsi coraggio
lfano, i suoi e il resto dei ‘centrini’
ritrovano un filo di voce dopo
queste amministrative.
"Al via, con amministrative, esperimento
unità moderati. Superata, bene, soglia
sbarramento Italicum. Eletti centinaia
di consiglieri", ha twitttato Angelino Alfano, ministro dell'Interno.
Per Fabrizio Cicchitto "i dati riguardanti
il Nuovo Centro Destra mettono in evidenza che esiste un'area di centro che
ha svolto un ruolo politico comune per
comune in modo articolato. Dopo i ballottaggi, però, la partita è destinata a
diventare del tutto nazionale. Ora anche
i risultati a geometria variabile di queste
elezioni amministrative caratterizzata
dalla crisi in atto nel centro-destra, e
anche dalle profonde contraddizioni
esistenti nel PD mettono in evidenza
A
che è indispensabile che l'area centrista
finalmente si autodefinisca e si aggreghi
venendo ad essere interlocutore serio
per il governo, ma anche per niente
subalterno a Renzi che, anche alla luce
di questi risultati, non può pensare di
agire "in solitaria" perché qualora lo facesse potrebbe andare incontro a qual-
che sorpresa visto che sul referendum,
ma anche sul governo si è formato uno
schieramento privo di qualunque proposta costruttiva, ma in grado di svolgerne una distruttiva".
"Dalla Lombardia alla Sicilia, con queste
elezioni amministrative abbiamo avuto
la conferma che il progetto popolare, al
quale abbiamo dato vita insieme al nostro leader Alfano, è una scelta giusta e
lungimirante. In tutta Italia siamo sempre
più determinati e determinanti", dichiara
il deputato Dore Misuraca, responsabile
nazionale Enti locali di Ncd.
Per Maurizio Lupi, ex ministro e capolista
a Milano, “Alla luce dei risultati, il dato
politico vero è che dove c’è una proposta
politica credibile, come quella di Parisi
a Milano, non c'è spazio per i grillini e
che una proposta centrista, come quella
di Milano popolare, ha un suo spazio.
Le vere alternative si creano proprio
attraverso la credibilità dei candidati. A
Milano – dato su cui si è soffermato
Lupi - i numeri hanno dimostrato anche
che la città è una città di moderati e
che una forza come la Lega è funzionale
per una vittoria del centrodestra ma
non può governare quando estremizza
la leadership della coalizione. I moderati
sono tornati ad essere credibili e questo
e'' un bene per Milano, ma anche per
tutto il Paese".
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Martedì 7 giugno 2016
PRIMO PIANO
MILANO - SORPRESA PER FORZA ITALIA, SECONDA LISTA PIÙ VOTATA. BATTE LA LEGA
Testa a testa Sala-Parisi
Divisi da meno di un punto percentuale, circa cinquemila voti. Vittoria invece
del centrodestra nei municipi, dove tutti i presidenti erano della coalizione Pisapia
di Barbara Fruch
n altro campanello d’allarme è suonato per Renzi, è molto forte e arriva
da Milano: il capoluogo
lombardo infatti registra
un testa a testa fra il candidato sindaco del centrosinistra Giuseppe
Sala e quello di centrodestra Stefano
Parisi, divisi da meno di un punto
percentuale. L’ex commissario Expo
ha raggiunto il 41, 69 delle preferenze (224.156) contro il 40,77 di
Parisi (219.218), in pratica la differenza fra i due è di circa 5.000 voti.
Un risultato inimmaginabile fino a
qualche settimana che fa registrare
“euforia” nel centrodestra per “un
risultato straordinario”, come ha
subito detto Parisi. “Dicevano che
avevamo zero possibilità di farcela
e io ero praticamente uno sconosciuto – ha spiegato il candidato –
mentre il mio avversario Beppe
Sala aveva grande una notorietà
per l’Expo”, senza contare che “tanti
ministri sono venuti qui” a fare campagna elettorale per lui.
Non molti infatti avrebbero scommesso in una distanza così piccola
fra i due. Sala, infatti, ha potuto mettere sul piatto della bilancia consensi
e popolarità raccolti con l’Esposizione Universale di Milano, Parisi
invece pur essendo un manager
molto noto si presentava da outsider,
sostenuto da una coalizione che
comprendeva sia Silvio Berlusconi
che Matteo Salvini. “Abbiamo fatto
U
un grande lavoro di ricompattamento, abbiamo iniziato una rigenerazione del centrodestra ma siamo andati al di là, con il contributo
fondamentale di Corrado Passera
– ha detto ancora Parisi – Abbiamo
realizzato una cosa impossibile pochi mesi fa”.
In vista del ballottaggio del 19 giugno Sala e Parisi dovranno andare
dunque a caccia dei voti di chi domenica non si è presentato ai seggi
(l'affluenza si è fermata al 54,66%
cioè il 13% in meno del 2011) e di
quelli che hanno scelto un altro
candidato.
In terza posizione infatti il 5 stelle
Gianluca Corrado che ha ottenuto
il 10,06%, seguito da Basilio Rizzo
(Milano in Comune) sostenuto dalla
sinistra più radicale, che si è fermato
al 3,56%.
Per quanto riguarda i partiti la sorpresa maggiore è arrivata da Forza
Italia, secondo partito con il 20,20%,
ovvero - per ammissione dello stesso Parisi - con il doppio dei voti
che si aspettava, battuta solo dal
Pd con il 28,97% delle preferenze.
Nessun sorpasso dunque della Lega
Nord, ferma all’11,77.
Anche tra le preferenze la più
votata in consiglio comunale è stata
Mariastella Gelmini (FI) con oltre
11 mila voti, quattromila in più del
segretario del Carroccio Matteo
Salvini.
Vittoria del centrodestra anche nei
nove Municipi (ex Zone), dove tutti
i presidenti erano della coalizione
che sosteneva il sindaco uscente
Giuliano Pisapia. Gli ex consigli
di zona, in cui da una parte il distacco tra centrodestra e centrosinistra è più sostanzioso, dall’altra
si viene eletti al primo turno se si
supera il 40% più un voto, tradiscono il centrosinistra e il suo can-
AL BALLOTTAGGIO CON LA GRILLINA CHIARA APPENDINO
Fassino adesso rischia
di perdere Torino
l Pd si prosciuga anche nelle
ex “città rosse”. Il primato di
primo partito a Torino è infatti
andato al Movimento 5 Stelle,
che se pure per una manciata di
voti, ha visto i grillini portare a
casa il 29,96% mentre i democratici si fermano al 29,78%.
Un risultato dal forte valore simbolico, soprattutto in considerazione del fatto che i dem cinque
anni fa erano stati i più votati col
34,5 per cento dei consensi.
Sarà quindi la 5 stele Chiara Appendino a sfidare il sindaco uscente Piero Fassino. La candidata
del Movimento cinque stelle ha
ottenuto il 30,92 per cento, mentre
Fassino è arrivato al 41,83 per
cento. Staccatissimi tutti gli altri
candidati. Il centrodestra si è presentato diviso a Torino è ha perso
consensi. Alberto Morano, candidato sindaco sostenuto da Lega
nord e Fratelli d’Italia, ha ottenuto
l’8,39 per cento. Osvaldo Napoli,
il candidato di Forza Italia si è
fermato al 5,31 per cento, mentre
il candidato della sinistra radicale
Giorgio Airaudo ha ottenuto il 3,7
per cento dei voti.
Non sono andati meglio i partiti
di centrodestra. La Lega è in calo
I
didato Beppe Sala, e a maggioranza
scelgono i candidati della coalizione che sostiene Stefano Parisi
che se ne aggiudica cinque su
nove (municipio 2, 4, 5, 7 e 9).
Niente ballottaggio dunque. Recordman di preferenze nella sua
zona il giovane candidato di Lealtà
e Azione Stefano Pavesi che correva
per la Lega Nord come consigliere
di zona al Municipio 8 (dove vince
il centrosinistra). Bollato dal centrosinistra come “neofascista” ha
ottenuto ben quattrocentocinquanta
preferenze, classificandosi come
il più votato della propria lista.
IL SINDACO USCENTE MEROLA INSIDIATO DAL CENTRODESTRA
Bologna la rossa ora
non è più inespugnabile
a speranza di
una vincita al
primo turno è
svanita con i primi risultati elettorali. Già
nella serata di domenica infatti è arrivata
la resa di Virginio Merola, che, a conti fatti,
non è riuscito ad arrivare neppure al 40%
di preferenze. Sotto
la Torre degli asinelli
si conferma la tendenza che vede in difficoltà il partito democratico nelle grandi città.
Merola,sindaco uscente, si ferma
al 39,46%. Al ballottaggio avrà
di fronte la candidata della Lega
Nord, Lucia Borgonzoni, sostenuta da tutto il centrodestra,
che supera di 10mila voti (22,2%
contro 16,6%) il grillino Massimo
Bugani.
“Sono strafelice per i risultati
della Lega nord in Emilia - ha
detto il segretario del Caroccio
Matteo Salvini - C'è il ballottaggio
storico di Lucia Borgonzoni che
vuol dire la voglia di libertà dei
cittadini dalla prepotenza e arroganza dei centri asociali e del
Pd”.
L
rispetto al 2011, passata dal 6,85
al 5,77 per cento. Impossibile il
confronto per Forza Italia, che
nel 2011 correva sotto le insegne
del Pdl, che arrivò al 18,28 per
cento, ora ha ottenuto il 4,65 per
cento mentre Fratelli ha ottenuto
l’1,46. Cala anche l’affluenza: in
totale ha votato il 57,1 per cento,
circa 80mila persone in meno rispetto alle precedenti elezioni
quando l’affluenza era stata del
66,3 per cento.
Il ballottaggio del 19 giugno non
determinerà soltanto la vittoria
del sindaco, ma anche la composizione del consiglio comunale.
A seconda che il vincitore sia
Piero Fassino o Chiara Appen-
dino si determinerà una maggioranza variabile, tra i 21, quindi
appena sufficiente, e i 24 componenti. Numeri invece ormai
definiti per le altre formazioni di
opposizione che comunque hanno superato la soglia del 3%.
Se vincerà Fassino, che ha già
superato la soglia del 40% al
primo turno, a lui andranno 24
consiglieri tra Pd e liste collegate,
più la poltrona di sindaco; se
invece vinceranno i Cinque Stelle,
otterranno loro i 24 seggi, a
patto di ottenere il 60% dei consensi. Altrimenti avranno una
maggioranza in consiglio proporzionale al consenso, anche
B.F.
di un solo consigliere.
Di voti in effetti Merola ne ha
persi parecchi, 68.700 circa le
preferenze di domenica contro le
106 mila di cinque anni fa: come
se su dieci bolognesi che nel
2011 l’avevano votato, quattro si
siano persi per strada.
Numeri importanti difficili da giustificare solo con l’astensione: al
seggio il 59% degli aventi diritto,
contro il 71% di cinque anni fa.
“Sapevamo che avremmo potuto
affrontare il ballottaggio - si è limitato a dire il democratico a
notte fonda - Adesso non è semplicemente Merola contro Borgonzoni, è un referendum sull’idea
di città che vogliamo”. E il sindaco
uscente fa capire chiaramente di
non volere più il premier e segretario Pd,
Matteo Renzi, in città
da qui al ballottaggio.
“Questo non è un referendum pro o contro
Renzi , confermo che
la mia idea è contraria
al partito della Nazione”.
Le riflessioni non mancano nemmeno da
parte della sfidante
Borgonzoni che ha totalizzato 38.800 preferenze. Riguardo i partiti che la sostengono
la Lega ha ottenuto 17.371
(10,25%), Fi 10.610 (6,26%) e
FdI 4.090 (2,41%).
Ora la sfida è quella di strappare
la roccaforte rossa al centrosinistra. Ma per farlo non potrà contrare sull’aiuto del Movimento 5
stelle che ha già annunciato di
non volersi apparentare in alcun
modo con la Lega. C’è poi Manes
Bernardini, ex leghista, che con
la lista “Insieme Bologna” che ha
preso il 10,43%, aggiudicandosi
il quarto posto. Proprio lui ora
dovrà decidere se aiutare gli ex
compagni di partito e sostenere
B.F.
Borgonzoni.
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Martedì 7 giugno 2016
PRIMO PIANO
IL PARTITO DI RENZI CLAMOROSAMENTE ESCLUSO DAL BALLOTTAGGIO – LA VALENTE: “COLPA MIA”
Vedi Napoli e poi… non il Pd
Pesano le divisioni interne dopo le primarie - De Magistris gongola e si prepara alla rielezione
di Igor Traboni
lla fine Matteo
Renzi è stato fin
troppo tenero,
davanti alla caporetto pressoché generale del suo partito
in tutta Italia, quando ha affermato che “Il risultato
peggiore del Pd è a Napoli,
dove il Pd non riesce ad
esprimersi al meglio. Napoli
è città meravigliosa ma è
un baco per il Pd. Alla prossima elezione proporrò una
soluzione commissariale
molto forte".
Ipotesi che ha trovato d’accordo –
mai disturbare il conducente… - il
pd regionale: "Sono d'accordo che
sia necessaria una soluzione specifica, di natura commissariale su Napoli, che presenta problemi forti nei
confronti dell'elettorato”, ha detto il
segretario del Pd di Napoli Venanzio
Carpentieri commentando il risultato
del partito e la sortita renziana: "Mi
attengo al timing stabilito dal segretario nazionale, ho comunicato ai
vertici nazionali di essere a disposizione per le loro decisioni e mi riservo ogni decisione all'indomani
degli importanti ballottaggi che ci
aspettano tra due settimane".
Sul banco degli accusati inevitabilmente è finita Valeria Valente, can-
A
didato sindaco del Pd, che in conferenza stampa ha detto: "Grazie Matteo Renzi, su Napoli ha usato parole
non scontate. È stata una battaglia
difficile, iniziata in ritardo. Mi assumo
la responsabilità e non cerco capri
espiatori. Sul dato elettorale sono
pesate sicuramente le lacerazioni
interne al Pd, non lo nego. Parlo
delle lacerazioni degli ultimi mesi
ma anche di quelle passate. Credo
che il Pd abbia pagato un prezzo
alto a causa di divisioni storiche, lacerazioni, correntismo esasperato
ma anche un'incapacità di costruire
un''alternativa percepibile all''esterno
in cinque anni di opposizione a de
Magistris", ha detto ancora Valeria
Valente, rispondendo ai giornalisti
che le hanno chiesto di commentare
l'influenza della corrente vicina all'ex
sindaco, Antonio Bassolino, sull'esito
delle amministrative che la vedono
fuori dal ballottaggio. Il parlamentare
dem ha aggiunto che "le primarie
sono state fatte e hanno scelto gli
elettori del popolo del centrosinistra
da chi farsi rappresentare. Però se
le primarie non le sappiamo gestire
diventano un danno, le polemiche
post-primarie sono state più lunghe
delle primarie stesse. Comunque
non ci sono stati tradimenti, magari
ROBERTO DIPIAZZA È IN VANTAGGIO DI BEN 11 PUNTI
MASSIMO ZEDDA (50,8%) È STATO RICONFERMATO
Il centrodestra all’assalto
della roccaforte di Trieste
Cagliari: l’unica grande città
dove è bastato il primo turno
l sindaco uscente del centrosinistra Massimo Zedda è stato riconfermato al primo turno
sindaco di Cagliari con il
50,86%. Ed è l’unica grande
città dove il sindaco viene eletto
al primo turno. Il candidato del
centrodestra Piergiorgio Massida
si ferma al 32,26%, mentre la
5 stelle Maria Antonietta Martinez segna un 9,27%.
Ha voluto aspettare i dati ufficiali
relativi all'ultima sezione usciti
alle 15,17 di ieri, prima di affrontare i giornalisti assiepati
nella sede del Comune di via
Roma. Ma, alla fine, Massimo
Zedda ha potuto festeggiare la
sua riconferma ufficiale a sindaco di Cagliari.
"Non siamo mai andati sotto al
50%, ma abbiamo voluto aspettare il dato certo con la chiusura
delle operazioni dell''ufficio elettorale, non per scaramanzia,
ma per rispetto alla matematica.
Mai avuti dubbi comunque: io
me lo aspettavo osservando i
sorrisi dei cagliaritani quando
passavo per strada".
Visibilmente affaticato ed emozionato, Zedda ha voluto dedicare la vittoria alla madre in
ospedale, prima di ribadire di
non avere mai dubitato della
vittoria finale: "Non ho mai temuto il ballottaggio, ma avremmo comunque stravinto, anche
I
solo scelte non condivise", chiosando
che "al ballottaggio non faro'' accordi
né con Lettieri né con de Magistris".
E De Magistris? Gongola, come è
logico, vicino com’è alla conferma
da sindaco, snche de di mezzo c’è
il ballottaggio col Pdl Lettieri: "Non
posso dimenticare che il governo è
sceso personalmente in campo in
questa campagna elettorale per interferire sul voto. Oggi Renzi si sveglia e dice che il voto alle amministrative non è un voto politico ma
uno che viene dato a chi ha gover-
nato la città. Anche il presidente
del Consiglio ha ammesso che
la città non è stata governata
così male e che il popolo napoletano sostiene il suo sindaco.
Renzi ha fatto di tutto per urlare
alla rottamazione del partito e
invece ha rinsaldato il partito.
Questo si è visto alla chiusura
della campagna elettorale di
Valeria Valente. La più grande
rottamazione l''abbiamo fatta
noi". Ha aggiunto l’ex Pm che
poi ha scherzato con i giornalisti,
spiegando di non volersi "candidare ad essere nominato ora
a commissario del Pd. Ma forse
finisce proprio la stagione dei
commissariamenti".
Tra i grandi sconfitti anche Fratelli
d’Italia: "Sono deluso sul piano
politico e su quello personale.
Per l'impegno per la città e per
la qualità delle nostre proposte per
il futuro di Napoli ci aspettavamo
molto di più. Non cercheremo alibi
nell'astensionismo e nell''embargo
di gran parte dei media rispetto al
nostro programma e ci poniamo invece una domanda: perché Napoli
non riesce ad uscire dall'immobilismo in cui è finta in questi ultimi
cinque anni? E' incredibile, ed inquietante, infatti, che oggi il voto riproponga lo stesso ballottaggio del
2011", ha detto Marcello Taglialatela,
candidato a Sindaco per FdI.
ra le tante stranezze delle
elezioni italiane, anche
quella di una città dove
invece lo spoglio è iniziato ieri
mattina e non domenica sera, a
urne chiuse. E’ il caso di Trieste,
dove ieri pomeriggio è comunque diventato definitivo il ballottaggi tra Roberto Dipiazza
(centrodestra) e Roberto Cosolini
(centrosinistra). Dipiazza ha ottenuto 39.495 voti (40,81%), e
Cosolini 28.277 voti (29,22%).
"Con l'ampio consenso che i
triestini hanno attribuito a me e
alla coalizione che mi sostiene,
i triestini hanno votato per il
cambiamento in meglio della
città, e per un progetto politico
reale che può far tornare Trieste
a essere quella importante capitale d'aria dal respiro internazionale che merita di essere".
Lo ha affermato il candidato sindaco del centrodestra a Trieste,
Roberto Dipiazza, commentando
l'esito del primo turno alle Comunali. Ricordando che "il dato
sull'affluenza è un chiaro segnale
che la politica locale non deve
trascurare i suoi cittadini", Dipiazza aggiunge che "per il ballottaggio, forte del risultato, voglio riunire la città in un grande
progetto di sviluppo. Perché c'è
bisogno di lavoro e di fiducia".
"Sicuramente ci aspettavamo
qualcosa di più, pur sapendo
T
con 40 punti di vantaggio. L'unica preoccupazione era dovuta
al fatto che il ballottaggio ci sarebbe costato 400.000 euro di
risorse del Comune, che invece
dedicheremo ad altre esigenze
della città", ha aggiunto Zedda,
prima di lanciare un messaggio
alla sinistra: "Uniti si vince, separati in casa e in perenne conflitto si rischia di perdere. Spero
che al ballottaggio i miei colleghi,
molti dei quali conosco perso-
nalmente e ai quali sono legato
come Fassino, facciano bene.
È indubbio che le lacerazioni
non hanno aiutato. Noi abbiamo
cercato invece di tenere la coalizione unita fin dalle prime battute, basandoci sul programma
di governo e sugli impegni che
ci eravamo presi con i cittadini
cagliaritani. E questo ci ha premiato". Gli avversari non hanno
avuto dubbi nell’ammettere la
secca sconfitta.
che il ballottaggio ci avrebbe
visto partire da secondi. Adesso
comincia una nuova corsa", ha
detto invece il sindaco uscente
Roberto Cosolini. "Ci appelleremo a tutti coloro che hanno
votato le liste escluse dal ballottaggio, che sono circa il 30%
dei cittadini, e anche a quelli
che non hanno votato. Ci sono
due candidati sindaco, ci sono
due progetti e due visioni di
città, e su questo ci confronteremo in queste due settimane,
sapendo che è una sfida nuova".
Cosolini ha ricordato quindi
che "aver governato in anni difficili ha fatto perdere quel vantaggio forte che caratterizzava
i sindaci uscenti, e lo si vede
anche dai risultati di città in
cui il centrosinistra è più forte..
Anche sul piano del dialogo
con gli elettori qualcosa non
ha funzionato. Adesso parte la
nuova sfida, cercheremo di fare
tutto ciò che non abbiamo fatto
in passato".
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Martedì 7 giugno 2016
PRIMO PIANO
L'INCIDENTE È AVVENUTO DOMENICA SULLA PEDEMONTANA; L'ONOREVOLE LEGHISTA LASCIA MOGLIE E DUE BAMBINI
La morte di Buonanno: malore prima dello schianto?
Disposta l’autopsia - Intanto c’è chi fa del complottismo. E i soliti idioti che insultano
di Emma Moriconi
a morte di Gianluca Buonanno ha
listato a lutto la giornata di domenica
scorsa: tutta l'Italia piange il politico
e l'uomo, troppo giovane per finire i
suoi giorni in uno schianto sulla Pedemontana. C'è poi anche chi insulta, chi
esulta, e se la rete è lo specchio della società
odierna c'è davvero di che essere molto
preoccupati. Casi isolati, il più delle volte, ma
quando certi post e certe affermazioni vanno
a mancare di rispetto anche alla pietà dei defunti, c'è da chiedersi se la colpa sia solo di
chi mette nero su bianco certe oscenità o, di
più, di uno Stato che non persegue esternazioni
di questo tipo. Non ne riporteremo neppure
una, questi personaggi non meritano alcuna
visibilità: ci limitiamo a condannare fermamente
e con orrore questi atteggiamenti e a invocare
un intervento delle autorità affinché la "pietà
dei defunti", cardine di ogni società, torni ad
L
essere qualcosa che deve essere difeso.
Piuttosto, quello che vorremmo fare è ricordare
la figura di un uomo che si è battuto per tutta
la vita per il popolo. Perché questo è stato,
Gianluca Buonanno: originale, sopra le righe,
a volte dissacrante, sempre sorridente, affabile,
vicino alla gente. Raramente, in occasioni tragiche come questa, la rete ha visto tante immagini di un politico insieme al suo popolo:
foto di eventi, gazebo, manifestazioni, palchi,
strade, piazze.
Gianluca Buonanno lascia la sua compagna e
due figli: aveva solo cinquant'anni. Ora sarà
l'autopsia a spiegare le cause della morte e a
chiarire se c'è stato un malore prima dell'impatto mortale. A lavorare per definire i particolari della dinamica dell'incidente, avvenuto
tra Mozzate e Solbiate Olona, ci sono gli agenti
della polizia stradale di Busto Arsizio e la procura ha annunciato di aver aperto un fascicolo.
Gianluca Buonanno è uno di noi, lo è sempre
stato: aveva cominciato la sua strada in politica
nel Movimento Sociale Italiano quando aveva
solo sedici anni, e aveva militato a lungo nel
Partito di Almirante prima di arrivare alla Lega
Nord. Parole di cordoglio sono giunte da tutto
il mondo politico, Matteo Salvini lo ha voluto
ricordare come una persona "leale, coraggiosa,
concreta, onesta, generosa, sempre fra la sua
gente da Sindaco e parlamentare".
Nel frattempo anche qualche teoria complottista si è fatta strada: secondo Rosario Marcianò, infatti, il caso potrebbe essere assimilato
a quello di Jorge Haider a causa delle posizioni
anti-europeiste e contro l'immigrazione selvaggia dell'europarlamentare appena scomparso. Ora, teorie a parte, saranno gli inquirenti
a stabilire cosa è successo e come. Quanto a
noi, possiamo solo esprimere il nostro cordoglio per la scomparsa di un uomo del
quale si sentirà la mancanza, e non solo nel
suo Partito.
CURIOSITÀ ELETTORALI: LUTTO IN PROVINCIA DI CUNEO, MUORE L’ASPIRANTE PRIMO CITTADINO MA LA TORNATA È VALIDA
Il primo sindaco? Già alle 19
Unico candidato a Selva di Cadore la spunta a urne ancora aperte superando il quorum. Ma c’è
anche chi viene eletto con il 100% dei consensi, dove si è votato dopo 10 anni o per la prima volta
di Barbara Fruch
l primo sindaco eletto ufficialmente
si è saputo prima della chiusura delle
urne. Mancavano infatti alcune ore
all’inizio dello spoglio quando Silvia Cestaro poteva già brindare. L’architetto
44enne sapeva già che sarebbe stata
lei a rivestire la carica di primo cittadino
a Selva di Cadore, centro di circa cinquecento anime nel Bellunese. Si trattava
infatti dell’unica candidata alla guida
dell’amministrazione con la lista “La
nostra valle”. Unico “problema” da superare insomma, come succede in questi
casi, era il raggiungimento del quorum.
La carica è diventata ufficiale alle 19,
quando aveva votato il 51,67% degli
aventi diritto.
Anche ad Alano di Piave, l’altro comune
monolista nel Bellunese di 2861 abitanti,
a presentarsi alla carica di sindaco è
stato un unico candidato. Quindi anche
in questo caso l’unico rischio era il quorum. Pericolo scampato, comunque, i
votati infatti sono stati poco più del 54
per cento. Rieletta quindi l’unica candidata Amalia Serenella Bogana (sindaco
uscente).
Non ha raggiunto il quorum il voto a
I
Nimis, comune italiano
di 2752 abitanti della
provincia di Udine,
dove si è presentato
l’unico candidato sindaco Walter Tosolini,
sostenuto da Lista Civica per un Nuovo Nimis. Alla chiusura delle
votazioni, l’affluenza è
stata del 43%. Sarà
quindi nominato un
commissario.
Ad essere invece eletto
con il 100% dei consensi è stato il sindaco di Morterone, secondo centro più
piccolo di tutta Italia, in Provincia di
Lecco. Gli abitanti infatti sono appena
38. La fascia tricolore va dunque a Antonella Invernizzi, unica candidata che
si appresta a ricoprire il suo secondo
mandato, che ha incassato 15 preferenze
(dei 31 aventi diritto) che valgono ben
9 seggi su 10 in Consiglio comunale. I
rivali infatti hanno tentato di sconfiggerla
con l’astensionismo, in 14 infatti non
si sono presentati alle urne. Ma per un
cittadino il quorum è stato raggiunto e
il decimo seggio non sarà assegnato:
sarebbe toccato al virtuale partito delle
Giovanna Zetti
Silvia Cestaro
schede bianche: 2 i votanti che hanno
consegnato la scheda immacolata
(11,76%).
C’è anche un comune che rivede finalmente un sindaco dopo ben un decennio.
È infatti il caso di Platì, in provincia di
Reggio Calabria, dove da tempo non si
attestava la volontà dei cittadini per la
gestione della res pubblica. Vince Rosario
Sergi, lista civica “Liberi di ricominciare”,
con il 63,43% contro Ilaria Denise Giada
Mittiga, figlia dell’ex sindaco, Francesco
Mittiga, la cui Amministrazione è stata
sciolta nel 2003 per infiltrazioni mafiose.
Nelle elezioni del 2015 a Platì non si era
potuto votare perché non erano state
presentate liste. l centro della Locride,
comunque, resta sotto osservazione da
parte della Commissione parlamentare
antimafia, che ha rilevato anomalie in
alcune candidature tra cui quella dello
stesso Sergi. Nelle settimane scorse si
era ritirata dalla competizione elettorale
Annarita Leonardi, la cui candidatura a
sindaco era stata presentata alla Leopolda
dal premier Matteo Renzi.
Ci sono poi anche i comuni in cui si è
andato al voto per la prima volta, si
tratta infatti di quelli nati dalle fusioni.
Ne sono un esempio i Comuni nel Bellunese Val di Zoldo e di Alpago, nati
dalle fusioni di cinque comuni, due nello
Zoldano e tre nella conca alpagota, dove
sono stati eletti rispettivamente Camillo De Pellegrini
con 53,08% e Umberto
Soccal col 69%. Oppure
Alto Reno Terme (Bologna),
nato dopo la fusione tra
Porretta e Granaglione, dove
vince Giuseppe Nanni eletto
con il 49,45%, battendo
così gli altri tre sfidanti.
C’è poi il caso del comune
in cui il Sindaco eletto non
festeggia. Succede a Martiniana Po, nel Cuneese, dove proprio
ieri a urne aperte è morta la sfidante
Giovanna Zetti, che ha ottenuto 137
voti. Con 325 voti è stato invece eletto
il sindaco uscente Bruno Allasia, che
non ha però brindato alla vittoria in
segno di lutto per la morte dell’altra
candidata, personaggio molto noto in
provincia di Cuneo. Oltre ad essere stata
per dieci anni, dal 2001 al 2011, sindaco
di Martiniana, comune della bassa Valle
Po con poco più di 700 abitanti, la Zetti
- che aveva 68 anni e da tempo lottava
contro un tumore - è stata anche consigliere provinciale e ha ricoperto numerosi
incarichi nella comunità montana e in
vari enti pubblici del territorio.
6
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Martedì 7 giugno 2016
PRIMO PIANO
IL CENTROSINISTRA SI PREPARA A UNA SFIDA DIFFICILE: IL VOTO TRA DUE DOMENICHE
Raggi di cinque stelle: contro ha Giachetti
Grillini oltre ogni più rosea aspettativa. Fuori dal ballottaggio Giorgia Meloni: “Ma mi occuperò di Roma”
di Robert Vignola
oma è la stella più prestigiosa che i grillini fanno
brillare nel proprio cielo
di fine giugno. In testa c’è
Virginia Raggi, con un risultato tale da far pregustare il successo. È la migliore performance
elettorale di questa tornata per le
amministrative, anche oltre le più
rosee aspettative. Il 35,2% finale
rappresenta un bacino di voti capace
di galvanizzare il “popolo” dei meetup, anche perché il secondo in lizza
è ben lontano: Roberto Giachetti si
è fermato al 24,9%, risultato che ha
più chiavi di lettura. La distanza dai
Cinque Stelle è, appunto, siderale
ma a Roma il centrosinistra doveva
innanzitutto limitare i danni: con il
vicepresidente della Camera che si
piazza al ballottaggio, si ottiene qualcosa in più di un risultato minimo.
Le ombre di Mafia Capitale da una
arte e del disastro Marino dall’altra
hanno offuscato la campagna elettorale del Pd che ha però piazzato
la zampata decisiva, relegando al
fotofinish Giorgia Meloni.
La leader di Fratelli d’Italia si ferma
al 20,6%, ma domenica notte ha a
lungo fatto sognare il sorpasso sull’uomo di Renzi. Tra le sue liste bene
Fratelli d’Italia, che si attesta al 12%,
e un seggio sicuro lo strappa anche
la civica.
R
Non cresce invece Alfio Marchini: il
suo 11% è insufficiente rispetto alle
aspettative che si nutrivano dopo
l’esordio del 2014. Male al suo interno
Forza Italia, che non raggiunge ne-
anche il 5% mentre la Lista Storace
si ferma allo 0,63%, poco meno di
ottomila voti.
Epilogo amaro anche per Stefano
Fassina, che non riesce a sfondare
da sinistra e si ferma prima del 4,5%
complessivo. Sesto assoluto è Simone
Di Stefano, di Casa Pound Italia, con
1,18%. Poi tutti gli altri, sotto la soglia
simbolica dell’1%.
IL DATO
L’ANALISI DEL VOTO
Se passa il M5S, più seggi
per Fdi e Lista Marchini
Già disegnata la geografia del prossimo consiglio comunale:
gli equilibri cambiano a seconda di chi vince
ratelli d’Italia e Lista Marchini,
costretti a “tifare” Virginia
Raggi? che, stando ai due
scenari descritti,. Per avere la
geografia definitiva della nuova
Assemblea capitolina bisognerà
attendere il secondo turno, ma la
ripartizione dei seggi già sicuri
tra le liste dice chiaramente che
in caso di vittoria dei grillini otterrebbero un consigliere a testa
in più sia il partito di Giorgia
Meloni che la lista dell’imprenditore. Discorso ormai abbastanza
chiaro, anche perché di apparentamenti in vista non ce ne sono:
li escludono i diretti interessati
Raggi e Giachetti, non sembrano
d’altronde intenzionati a chiederne
coloro che sono rimasti esclusi
dal secondo turno.
In attesa del dato sulle preferenze
dei singoli candidati, che disegnerà la geografia del consiglio
comunale assegnando anche i
nomi ai primi scranni, sono due
gli scenari che si profilano per la
prossima aula Giulio Cesare, desumibili dal “metodo D’Hondt”:
uno a trazione Cinque Stelle,
l’altro a guida Pd.
Così, se la Raggi tra due domeniche dovesse confermare il suc-
Ovviamente il borsino delle dichiarazioni segna sentimenti assai
discordanti.Virginia Raggi già dalla
notte aveva dialogato davanti alle
telecamere dei grandi network e
ai taccuini dei giornalisti. “È solo
il primo tempo, ci sarà il rush
finale” ma “è una giornata importante, i romani stanno lanciando
un messaggio chiaro, è un momento
storico”, e quasi commossa: “Potrei
diventare prima donna sindaco qui
a Roma, il vento sta cambiando”.
Roberto Giachetti in mattinata promette battaglia: “Ho avuto 24mila
in più delle liste a sostegno, un segno di fiducia che ritengo importante e un punto di partenza per il
lavoro da fare”. E ancora: “Adesso
si azzera tutto, c'è un secondo tempo
da giocare e ce lo giocheremo fino
alla fine, fino all'ultimo giorno. Chi
pensa di aver chiuso la partita si
sbaglia. Spero che Raggi non si
sottragga come ha fatto finora, e
poi saranno i romani a decidere
sulla competenza di ciascuno”.
“Faccio i complimenti a Raggi e
Giachetti, ma noi non faremo
sconti a nessuno e io continuerò
a occuparmi di Roma”, è stato
invece il commento di Giorgia
Meloni. Anche se, nelle prossime
due settimane, toccherà assistere
ad una campagna elettorale tra
due oggetti del tutto alieni alla
storia romana.
Toh, chi si rivede:
Marino spara sul Pd
“Io avevo preso assai più consensi,
necessario cambiare strategia”
F
allimenti del Pd a Roma? Se
c’è uno che se ne intende, è
Ignazio Marino. Che infatti a
poche ore dalla ufficializzazione
del ballottaggio Raggi-Giachetti,
ne ha subito approfittato per rimestare nella sua vicenda e nella
gestione che ne ha avuto il partito.
“Il risultato del primo turno a
Roma propone con forza il problema di un Partito Democratico
che ha rotto il proprio rapporto
con la città. Dati alla mano, il
calo del consenso verso il Partito
Democratico romano è drammatico e sarebbe un grave errore
sottovalutarlo o fingere di ignorarne le cause”. Non mancano le
dietrologie: “La sofferta conquista
del ballottaggio da parte di Roberto
Giachetti, favorita in modo de-
F
cesso di ieri, che le permette di
partire con un notevole vantaggio,
il M5S si aggiudicherebbe, da
solo, il 60% degli scranni di Palazzo Senatorio, vale a dire 29
consiglieri su 48. I 19 consiglieri
restanti sarebbero 8 del Pd, 5 di
Fratelli d’Italia, 2 della Lista Marchini e 1 a testa per Forza Italia,
lista civica Giachetti, Sinistra per
Roma e lista civica Meloni.
Se Giachetti dovesse invece riuscire a sovvertire il pronostico, il
premio di maggioranza andrebbe
alla sua coalizione: i 29 seggi sa-
rebbero divisi tra il Pd (che ne
porterebbe a casa 22, più del
2013), la sua lista civica (che se
ne aggiudicherebbe 5) e le liste
Democratici e popolari e Radicali
(con un seggio a testa). Queste
ultime due sarebbero quindi rappresentate in consiglio solo in
caso di vittoria del centrosinistra.
Prima forza di opposizione sarebbe il M5S con 11 consiglieri,
a seguire Fdi con 4, e poi 1 ciascuno per Lista Marchini, Forza
Italia, Sinistra per Roma e civica
R.V.
Meloni.
terminante e forse voluto da Forza
Italia, rende onore agli sforzi di
un candidato che paga la sua eccessiva vicinanza a Renzi, ma
che ha lavorato duramente sul
territorio. Ma il volto di Giachetti,
non può da solo coprire la gestione
fallimentare di un partito che dopo
gli arresti di Mafia Capitale ha
perso l’occasione di rinnovarsi e
che si è anzi chiuso in un disperato
tentativo di auto-conservare il
proprio potere, in ossequio non
ai cittadini-elettori, ma solo al
verbo renziano”.
La lingua dell’ex sindaco fa comunque presto a battere laddove
il dente duole. “Da quando fu
commissariato, nel 2014, e interamente affidato per ordine di
Matteo Renzi a Matteo Orfini, il
Partito Democratico romano ha
mancato i risultati sperati e necessari. Non si sono visti né l’auspicato ricambio di classe dirigente, né la necessaria pulizia. I
poteri assoluti a Orfini sono diventati uno strumento per soffocare qualsiasi dibattito interno e
sono stati utilizzati per eliminare
con una manovra, antidemocratica
nei fatti, il sindaco eletto da
670.000 romani appena due anni
prima”. Facile comprendere come
Marino dovesse per forza andare
a consolarsi con i conti. “Nel
2013, al primo turno la coalizione
di centrosinistra ottenne il 42.6%
dei voti, pari a 512.720 elettori.
Oggi Giachetti, con la sua intera
coalizione, ottiene il 24,85%, pari
ad appena 319.305 elettori. Se
consideriamo solo gli elettori del
Partito Democratico nel 2013 furono 267.605 mentre oggi sono
poco più di 200.000, con un calo
di circa 70.000 votanti. In percentuale, a Roma, il Partito Democratico è passato dal 26,26%
del 2013 a circa il 17% di oggi”.
L’analisi del voto è quindi questa:
per Ignazio Marino “è urgente
agire al più presto per prendere
concretamente le distanze da
una strategia che si è rivelata
suicida e dare un forte segno di
discontinuità. Servono persone
nuove nel Partito Democratico,
meno supponenti e più rispettose
dei sentimenti e dei giudizi degli
elettori. Perché gli elettori capiscono che se non si cambia davvero il Pd, il Pd non sarà mai in
grado di cambiare Roma”. Come
dire: la prossima volta candidate
R.V.
me. O no?
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Martedì 7 giugno 2016
PRIMO PIANO
QUARTIERE PER QUARTIERE, ECCO I RISULTATI SU ROMA
Minisindaci: tutti al ballottaggio
In testa il Pd in nove Municipi, il M5S in cinque. Ancora in corsa un solo candidato di centrodestra
di Robert Vignola
utti al ballottaggio, con
due schede. Se la prima
tornata elettorale non è
bastata per far levare sul
cielo del Campidoglio la
fumata bianca, il ballottaggio sarà
necessario anche per ridefinire i
vari consigli municipali. Nessun minisindaco è stato infatti eletto al
primo turno. Il dato politico ci dice
anche che a livello di quartiere i
grillini non sfondano. In nove Muni-
T
cipi sono in testa i candidati del Pd,
in cinque quelli del M5S. Nello specifico nel I Municipio, il centro storico,
Sabrina Alfonsi del Pd è in testa con
il 38,69%, Maria Giuseppina Campanini (Movimento 5 stelle) è seconda con il 20,19%, mentre Stefano
Tozzi (FdI) è terzo con il 17,46%.
Nel II Municipio, Parioli-Salario, Francesca Del Bello (Pd) è al 35,67%,
Fabio Fois (M5S) al 20,03% e Andrea
Signorini (FdI) al 18,49%. Nel III
Municipio, Nomentano-Montesacro,
Paolo Emilio Marchionne (Pd) è al
29,39%, Roberta Capoccioni (M5S)
al 26,78% e Vincenzo Di Giamberardino (FdI) al 18,55%.
Il IV Municipio, il Tiburtino, è il primo
dove il M5s è in testa: Roberta Della
Casa (M5S) ha toccato quota 31,30%,
Emiliano Sciascia (Pd) il 25,26% e
Giovanni Ottaviano (FdI) il 20,25%.
Anche nel V Municipio, Pigneto/Centocelle i grillini sono in testa: Giovanni
Boccuzzi (M5S) è al 29,50% Alessandro Rosi (Pd) al 24,69% e Fabio
Sabbatani Schiuma (FdI) al 20,17%.
Nel VI, il Municipio delle Torri, Ro-
berto Romanella (M5S) è al 33,71%,
ma al ballottaggio stavolta va Nicola
Franco (FdI) al 21,93%, mentre Dario
Nanni (Pd) al 19,67%.
Nel VII, l’Appio-Tuscolano, torna in
vantaggio il Pd: Valeria Vitrotti dei
Dem è al 30,10%, assai vicina Monica Lozzi (M5S) al 29,27%, più staccato Fulvio Giuliano (FdI) al 18,25%.
Nell’VIII, Garbatella-Ostiense, è il
Movimento Cinue Stelle in testa
con Paolo Pace, al 27,26%, Anna
Rita Marocchi (Pd) tocca il 26,90%
mentre il presidente uscente Andrea
Catarci (Sinistra per Roma/Fassina
sindaco) è terzo con il 15,73%. All’Eur, il IX Municipio, è in testa Dario
D''Innocenti del M5S con il 30,89%,
Andrea Santoro del Pd è al 27,36%
e Maurizio Cuoci (FdI) al 18,88%.
Se nel X Municipio, Ostia, non si
votava in quanto commissariato, si
è verificato un testa a testa anche
nell’XI Municipio, Portuense-Magliana: Maurizio Veloccia (Pd) è al
31,38%, Mario Torelli (M5S) al
30,13% e Marco Palma (FdI) al
19,97%. Nel XII Municipio, Monteverde, Cristina Maltese (Pd) tocca
il 33,91%, Silvia Crescimanno (M5S)
è al 28,58%, più staccato Marco
Giudici (FdI) al 17,49%. Nel XIII
Municipio, l’Aurelio, Massimiliano
Pasqualini (Pd) è al 25,04%, Giuseppina Castagnetta (M5s) al
24,17%, Enrico Cavallari (FdI) al
19,25%. Nel XIV Municipio, Montemario-Balduina,Valerio Barletta (Pd)
è in testa con il 28,51%, seguono
Alfredo Campagna (M5S) con il
27,78% e Fulvio Accorinti (FdI e
Lega) con il 19,93%. Infine, il XV
Municipio, Cassia/Flaminia: Daniele
Torquati (Pd) è in testa con il 28,54%,
Stefano Simonelli (M5S) è secondo
con il 23,29% e qui terzo si piazza
Giuseppe Mocci (Lista Marchini)
con il 20,09%.
IL CANDIDATO DI FDI E QUELLO CIVICO SI CONTENDERANNO LA POLTRONA
Latina: Calandrini in testa, ma c’è l’insidia Coletta
Sconfitto il centrosinistra: resta fuori Enrico Forte, l’uomo di Zingaretti. Buon risultato di Tripodi
nche a Latina, seconda
città del Lazio, si andrà
al ballottaggio e la sfida
sarà tra un candidato civico,
vera rivelazione di questa tornata elettorale, Damiano Coletta (22,1%), e un esponente
di Fratelli d’Italia, Nicola Calandrini (finito primo dopo il
testa a testa alle ultime sezioni,
con il 22,4%).
Un trend di cui ha ormai preso
atto anche il candidato del
centrosinistra, Enrico Forte, il
quale ha dichiarato che il 19
giugno appoggerà il candi-
A
dato civico.
Coletta, medico e con un passato nel Latina Calcio, aspirante sindaco alla guida di
tre liste civiche, ha affrontato
la competizione puntando sul
rinnovamento e sull’etica,
dopo che due giunte sono
crollate anticipatamente per
contrasti relativi soprattutto
alla gestione dell’urbanistica,
dei rifiuti e del servizio idrico
nel capoluogo pontino, con
un Comune che nell’ultima
consiliatura è stato sommerso
dalle inchieste. Calandrini,
che dopo una lunga militanza
in Forza Italia ha aderito a
FdI, ha invece cercato di salvare quella che era la roccaforte del centrodestra, appoggiato anche da Noi con
Salvini.
Grande sconfitto Enrico Forte,
vincitore delle primarie del
Pd e unico candidato del centrosinistra, ma rimasto fuori
dal ballottaggio: si è fermato
al 21%. Forte, consigliere regionale, non ha sfondato e
con lui a perdere a Latina è
stato anche il presidente della
Regione Lazio, Nicola Zingaretti, suo principale sponsor.
Tornando al centrodestra, in
una campagna elettorale in
cui vi erano ben otto candidati
su undici che facevano riferimento a quest’area politica,
resta staccato sensibilmente
Alessandro Calvi, l’uomo di
Forza Italia, al 14,2%. Orlando
"Angelo" Tripodi si è invece
al 4,6%, con La Destra a guidare il suo pacchetto di liste
(1,2%). Malissimo Danilo Calvani, esponente dei Forconi,
noto per essere arrivato in
Jaguar durante le proteste che
nel 2013 tentarono di paralizzare l’Italia: si è fermato
R.V.
allo 0,8%.
CLAMOROSA ESCLUSIONE PER L’EX DEPUTATO DI FI IANNARILLI
Tre Comuni ciociari al bis,
ma la vera sorpresa è Alatri
Debacle dei grillini, per niente radicati sul territorio
anno al ballottaggio tutti e tre i Comuni
della provincia di Frosinone dove era
prevista questa opportunità, avendo più
di 15mila abitanti. Il secondo turni riguarderà
quindi Cassino, Alatri e Sora.
A Cassino vanno al ballottaggio il sindaco
uscente Giuseppe Petrarcone - con sette liste
civiche tutte di centro sinistra e quella ufficiale
dei socialisti – e Carlo D’Alessandro, del raggruppamento di centro destra che va da Forza
Italia a Fdi a Noi con Salvini. Quest’ultimo sorpassa di un paio di punti percentuali Francesco
Mosillo, anche lui del centrosinistra e anche
V
lui senza il simbolo ufficiale del Pd, che quest’anno a Cassino non è ufficialmente sceso in
pista, stante anche la spaccatura esistente tra
i due ‘ras’ del partito in Ciociaria, ovvero il senatore Francesco Scalia e l’ex eurodeputato
Francesco De Angelis. Una spaccatura che al
ballottaggio potrebbe proprio fare il gioco di
Mosillo. Molto indietro gli altri candidati, tutte
di liste civiche a parte il Movimento cinque
stelle che comunque ha raccolto poco.
Un altro sindaco uscente andrà al ballottaggio:
si tratta di Ernesto Tersigni, primo cittadino di
Sora, esponente dell’Ncd provinciale, che ha
dalla sua sei liste civhe. Al primo turno ha
staccato di sette punti Roberto De Donatis,
anche lui supportato da una marea (ben sette)
di liste civiche. Anche a Sora amaro in bocca
per i grillini: arrivati comunque al 16%, i
Cinque stelle speravano di portare il candidato
Fabrizio Pintori, sardo trapiantato in Ciociaria,
al ballottaggio.
Ma la sorpresa più grossa arriva da Alatri,
dove il sindaco uscente Giuseppe Morini, pd,
si ferma al 35%, mentre Antonello Iannarilli
(Forza Italia, già deputato e presidente della
Provincia) non arriva neppure al ballottaggio.
Tra i due si è infilato come una mina vagante
Enrico Pavia, avvocato 50enne, che ha compattato attorno al suo programma cinque liste
civiche, sganciate dai partiti. Anche ad Alatri
malissimo i Cinque stelle, fermi all’8% in una
cittadina che però esprime in Luca Frusone
un deputato del Movimento grillino.
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Martedì 7 giugno 2016
ATTUALITA’
VIA NAZIONALE TAGLIA LE STIME DI AUMENTO DEL PIL 2016 DA +1,5 A +1,1%
Crescita, Bankitalia spegne gli entusiasmi di Renzi
L’inflazione rimarrà ancora pari allo zero nella media di quest’anno. Il risultato? Stagnazione
di Marco Zappa
ottimismo smisurato di Matteo
Renzi non basta per far riemergere l’Italia dalle sabbie mobili.
Palazzo Koch rivede al ribasso
non solo le stime del governo
ma pure quelle di Francoforte che nei giorni
scorsi aveva parlato di una risalita lenta ma
efficace. Tant’è, secondo Bankitalia le stime
iniziali (+1,5% sia per il 2016 che per il 2017)
sono da rivedere al ribasso. Visto che nel secondo trimestre dell’anno l’Italia dovrebbe
mantenere lo stesso ritmo del primo, senza
dunque cambiare marcia: +0,3 per cento. In
media d’anno, il prodotto interno lordo (Pil)
aumenterebbe quindi dell’1,1% e accelererebbe all’1,2% nel 2017 e nel 2018. Scontando
pure le difficoltà relative al debole andamento
dell’economia mondiale.
Come se già non bastasse, per l’istituto di via
Nazionale l’inflazione rimarrà ancora pari a
zero nella media di quest’anno per poi risalire
solo gradualmente nei prossimi anni. E il risultato è presto detto: stagnazione. Tradotto,
L’
rimaniamo immersi nelle paludi. Anche per
via dell’andamento dei prezzi, “che riflette
sia il contributo della componente importata
sia quello dei prezzi interni, trainati soprattutto
dalla ripresa ciclica dei margini di profitto”.
Al netto della componente energetica, l’indice
di quelli al consumo aumenterebbe dello
0,6% nel 2016, dell’1% nel 2017 e dell’1,5%
nel 2018.
Non ottime notizie nemmeno sul fronte dell’occupazione, con l’Italia che nel prossimo
triennio dovrebbe – a questo punto il condizionale è d’obbligo – ricevere una spintarella
dal lentissimo e misero consolidamento dell’attività economica e dagli interventi di sostegno alla domanda di lavoro”. Situazione
non critica ma a dir poco preoccupante. Con
il tasso di disoccupazione che potrebbe portarsi al 10,8% nel 2018 e non prima.
Da Bankitalia nuovo campanello d’allarmante
per l’esecutivo Renzi, che non sa dove mettere
le mani per riportare il Paese ai livelli precrisi. Adesso ci si mette pure Palazzo Koch
che entra di diritto nella squadra, ormai dalla
rosa allargata, dei “gufi”.
DITO PUNTATO CONTRO LA DIFESA E LA MARINA, TRA RIMPALLI DI RESPONSABILITÀ E INCHIESTE INTERNE SEGRETE
I responsabili della cattura dei Marò
ancora impuniti: sul caso regna omertà
Quell’ordine di far rotta su Kochi e le verità dell’ex ministro degli Esteri Terzi: “Noi informati tardi”
miliati, derisi e non esenti da responsabilità. Nonostante il ritorno
in patria, almeno fino alla conclusione dell’arbitrato internazionale
(con la sentenza prevista entro l’estate
U
2018), da parte di Salvatore Girone,
l’incredibile caso dei Marò continua a
far discutere. Per le presunte responsabilità nella vicenda da parte dei vertici
della Difesa e della Marina nella assurda
(per usare un eufemismo) decisione di
consegnare i fucilieri del San Marco
agli indiani. Ebbene, secondo un servizio
notiziario de La 7, che avrebbe trovato
conferme pure in una “indagine” del
Giornale, i nomi dei “colpevoli” sarebbero tutti inseriti dentro l’inchiesta interna della procura militare “non ancora
archiviata”.
E’ il 15 febbraio 2012 (data dell’inizio
dell’incubo) quando Massimiliano Latorre,
a capo della squadra di soldati in difesa
della “Enrica Lexie”, chiede l’autorizzazione a rientrare in porto alla sua catena
di comando. Il mercantile, va sottolineato,
stava già navigando in acque internazionali verso nuovi scali, lasciandosi
dietro l’incidente del peschereccio che
s’era avvicinato troppo con i Marò costretti ad aprire il fuoco uccidendo due
pescatori scambiati per pirati. In quel
maledetto giorno a Santa Rosa, il quartier
generale della Marina a Roma, era presente il capitano di vascello Martino Baldari. Che informa subito l’ammiraglio di
Squadra Donato Marzano, capo di stato
maggiore di Cinvav e oggi responsabile
della logistica a Napoli, che a sua volta
decide di confrontarsi con l’ammiraglio
Luigi Binelli Mantelli, comandante della
squadra navale che solo sette giorni
dopo verrà nominato capo di stato maggiore della Marina per poi salire al vertice
della Difesa.
Dopo le consultazioni a Latorre arriva
l’ordine di far rotta su Kochi perché,
una delle motivazioni, “gli indiani sono
nostri alleati nella lotta alla pirateria”.
Un diktat non condiviso, almeno secondo
la sua versione, da parte dell’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi, che
sembra pensarla diversamente. E al
Giornale racconta di come “fin dall’inizio”
aveva intuito che ci fosse “malafede ed
interessi economici da coprire, come le
commesse di armamenti a New Delhi”.
Lamentando pure il fatto che la Farnesina
“è stata informata successivamente a
questa decisione al contrario di quando
avvenuto con il dicastero della Difesa”.
Ancora rimpalli di responsabilità, dunque.
Con i colpevoli di quella che s’è poi trasformata in un’autentica odissea giudiziaria, ancora impuniti. Visto che l’inchiesta della procura militare non avrebbe
trovato risvolti penali ma, come denunciato però a La 7 “storture, superficialità
e negligenza” da parte della Marina,
oltre al tentativo di scaricare le colpe
sull’armatore della Lexie. Con l’emittente
televisiva che racconta di come nelle
ore cruciali del fattaccio in mare aperto
almeno una trentina di ufficiali superiori
si interessarono della questione senza
però muovere un dito nei confronti dei
Marò. Che quattro giorni dopo, il 19
febbraio 2012, vennero arrestati nel Kerala, uno degli Stati della federazione
indiana. Ma per quella cattura evitabile,
che s’è trasformata poi in persecuzione,
nessuno ha mai pagato. Con la vicenda
che merita chiarezza e giustizia. M.Z.
LE AUTOCERTIFICAZIONI PRESENTATE DA CHI NON DI DISPONE DI ALCUN APPARECCHIO TV PER NON PAGARE L’IMPOSTA RISCHIANO DI ESSERE NULLE
Canone Rai in bolletta, altre polemiche
Il modulo previsto è quello rilasciato dall’Agenzia delle Entrate e la questione rischia di finire in tribunale
l canone Rai in bolletta ormai è legge, ma
resta il caos. Visto che l’imposta rischia di
essere pagata pure da chi non dispone di
alcun televisore e per questo motivo ha presentato
l’autocertificazione per essere esentato dal salasso.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è
entrato effettivamente in vigore il decreto attuativo
del ministero dello Sviluppo economico che impone il pagamento del balzello tv in bolletta.
Ma che già presenta problematiche e insidie
per i contribuenti. Il termine ultimo per inviare
l’autocertificazione di non possesso è infatti scaduto lo scorso 16 maggio. Con il provvedimento
arrivato addirittura 20 giorni dopo. Ma non è
tutto: perché nel testo è stata messa nero su
bianco una frase che rischia di mettere fuorigioco
tutte le autocertificazioni presentate fino ad ora
I
da chi non possiede un apparecchio televisivo.
A segnalare la vicenda è direttamente l’Unione
Nazionale Consumatori, che sottolinea il fatto di
come nell’ “ordinanza” viene previsto solo l’uso
del modello dell’Agenzia delle Entrate, approvato
dal Fisco. E diramato lo scorso 24 marzo ma che
rischia ora di estromettere dalla lista dei non
paganti tutti quelli che hanno presentato un semplice foglio. “Una tesi assurda – l’attacco dei
denuncianti – che ci lascia perplessi anche e soprattutto dal punto di vista legale.
In tanti nell’ultimo periodo hanno presentato la
disdetta per il canone Rai usando moduli presenti
sui siti dell’Agenzia delle Entrate o della televisione pubblica. “E’ evidente che chiunque abbia
inoltrato una dichiarazione esaustiva – sostengono
gli esperti dell’Unione Nazionale Consumatori –
non può essere costretto a pagare l’imposta solo
perché non ha compilato il modellino appositamente predisposto. Ma a quanto pare sarà così”.
Oltre il danno la (possibile) beffa, dunque. Con
la battaglia che rischia di finire in tribunale e
creare un autentico finimondo. Per una doppia
ingiustizia che ha dell’incredibile.
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Martedì 7 giugno 2016
ESTERI
GUERRA AL CALIFFATO
In fuga da Falluja
Prosegue l’accerchiamento della città, dal 2014 in mano all’Isis
GIORDANIA
di Cristina Di Giorgi
a cittadina irachena di Falluja, insieme a Mosul la più importante
del Paese nelle mani dell'Isis, è
assediata dalle forze governative:
l'offensiva che mira alla riconquista è infatti in pieno svolgimento. Stando
a quanto riferito dal generale al Saadi,
infatti, dopo essersi assicurate anche grazie
ai raid aerei della coalizione anti-Isis a
guida Usa il controllo di una vasta area
agricola intorno all'abitato, le truppe irachene stanno facendo ingresso in città.
Secondo le ultime notizie l'esercito di Baghdad è riuscito a prendere il controllo di
alcuni quartieri periferici nella zona sud,
mentre i miliziani del Califfato sono asserragliati nella zona centrale in cui, nei due
anni di dominio (dal maggio 2014 ad oggi),
hanno allestito strutture difensive di discreta
portata. Le autorità locali hanno confermato
tale scenario, dichiarando che “gran parte
del centro di Falluja è circondato dalle
forze governative” e che i miliziani dell’Isis
“tentano di ostacolarne l’avanzata con mine,
autobomba, razzi e obici”.
Non solo. I tagliagole infatti, stretti nella
morsa dell’assedio, usano come “scudi
umani” i circa 50 mila civili che ancora non
sono riusciti a fuggire. Oltretutto – la denuncia
arriva dai responsabili di una Ong che gestisce campi per rifugiati appunto nei pressi
di Falluja – da quando, due settimane fa, è
scattata l'offensiva governativa, la gente
che tenta di scappare (sono almeno 18mila
le persone giunte nelle strutture allestite
poco fuori dalla città) è divenuta bersaglio
Attentato ad una sede
dell’intelligence: cinque morti
L
dei miliziani dell'Isis, che sparano a vista
contro chi si dà alla fuga. “Uomini, donne e
bambini innocenti che si sono lasciati tutto
alle spalle e cercano solo di salvarsi la vita”
ha detto alla Bbc Nasr Mufkahi, direttore
del Norwegian Refugee Council in Iraq,
che ha raccolto numerose testimonianze
di quanto sta accadendo.
Ed è inoltre di ieri la scoperta, da parte
dell’esercito di Baghdad, di una fossa comune con 400 corpi, rivenuta nel distretto
settentrionale di Saqlawiya, strappato all’Isis
lo scorso fine settimana. I resti appartengono
a civili, militari e poliziotti assassinati – ha
riferito un ufficiale dell’esercito, con “colpi
di arma da fuoco alla testa”.
Nel contesto della riconquista, ancora, va
ricordato che c’è il rischio di possibili contrapposizioni tra gli assedianti. Da un lato
ci sono infatti l’esercito regolare e il governo
I risultati delle elezioni amministrative
svoltesi domenica in Romania – pubblicati ancora solo parzialmente dalla
Commissione elettorale centrale –
hanno visto i Socialdemocratici conquistare un’importante vittoria. A
quanto si apprende hanno infatti ottenuto a livello di media nazionale
un consenso attestato intorno al
40%. Senza contare che un loro
esponente, Gabriela Firea (43 anni,
ex giornalista), è diventata il nuovo
sindaco di Bucarest. E’ la prima
donna a ricoprire tale ruolo. La consultazione di domenica era da più
parti considerata come un importante
test per i partiti romeni anche e soprattutto in vista delle elezioni politiche previste per fine ottobre.
Nicaragua:
Ortega si candida
per il terzo mandato
Tra i candidati che il 6 novembre
prossimo lotteranno per la conquista
della presidenza del Nicaragua ci sarà
anche l’attuale capo di Stato Daniel
Ortega, che ha in queste ore appunto
annunciato di aver intenzione di correre per cercare di ottenere il suo
terzo mandato consecutivo. Nell’ufficializzare la sua candidatura, riferiscono le agenzie, Ortega ha dichiarato
che non inviterà osservatori internazionali (come richiesto dall’opposizione) a verificare il regolare svolgimento del voto perché tale procedura
costituirebbe un’ingerenza negli affari
interni del Nicaragua.
di cinque vittime (tre agenti, una guardia e un centralinista) il bilancio dell’attentato di ieri mattina ad una
caserma degli 007 giordani situata nella zona nord
del Paese, al confine con la Siria. Ne ha riferito Al Arabyia,
secondo cui l’azione è stata compiuta nei pressi del campo
profughi di Buqaa, a nord di Amman.
Secondo fonti delle autorità locali l’attacco è stato portato
a termine alle prime ore del giorno da “miliziani amati di
mitragliatori automatici e bombe a mano. Fino ad ora
sembra non siano giunte rivendicazioni. La Giordania – ricorda la stampa - fa parte della Coalizione internazionale
anti-Isis guidata dall'Arabia Saudita. E partecipa assieme
all'Arabia Saudita al sostegno di gruppi armati siriani nel
sud della Siria.
Quanto alle indagini, il portavoce del governo ha riferito
che “le forze di sicurezza stanno dando la caccia ai responsabili e indagando sulle circostanze dell’attacco terroristico”.
Mohammad al-Momani ha comunque fatto capire di ritenere
che si tratta di estremisti islamici: “gli autori – ha infatti aggiunto – sono elementi criminali che non rappresentano la
CdG
nostra religione moderata”.
È
SOMALIA
DAL MONDO
Romania al voto: vincono
i socialdemocratici
di al Abadi (filo occidentale). Dall’altro le
milizie sciite della “Forza di mobilitazione
popolare”, che secondo gli accordi presi
prima dell’offensiva, devono limitarsi alla
conquista delle zone rurali che circondano
la città. Ma che in queste ore hanno annunciato, attraverso il comandante Abu
Mahdi al Mohandis, che se l’esercito non
riuscirà a prendere in tempi brevi la città
(a maggioranza sunnita), manderanno gruppi di combattenti addestrati a completare
la missione. Quanto alle sfere di influenza,
Usa-Nato da una parte e Iran dall’altra
quindi. E risulta chiaro come, in un quadro
imprevedibile e in continua evoluzione, i
successi sul campo dell’una o dell’altra
parte possono determinare cambiamenti
tanto repentini quanto fondamentali. E non
solo per le sorti della guerra, ma per il
futuro dell’Iraq tutto.
Cuba, Raul Castro:
“Mai più nell’Organizzazione
Stati Americani”
Il presidente cubano Raul Castro ha dichiarato che il suo Paese non farà mai
più parte dell’Organizzazione degli Stati
Americani (da cui è stato espulso nel
1962), definita uno “strumento di dominazione imperialista”. Con questa affermazione, pronunciata – riferiscono i
media - nel corso di un vertice di Stati
caraibici svoltosi a L’Avana, Castro ha
inteso manifestare la “più ferma solidarietà
ai nostri fratelli del popolo venezuelano
e al suo presidente legittimo Nicolas
Maduro” (che l’Osa ritiene possibile stia
perpetrando, in Venezuela, una “alterazione dell’ordine democratico”).
Mogadiscio: uccisa la giornalista
di una radio vicina al governo
Sagal Salam Osman, vent’anni, è rimasta
vittima di un agguato a colpi d’arma
da fuoco, rivendicato da al Shabaab
Perù, presidenziali: verso
la sconfitta di Keiko Fujimori
Anche se risultati del turno di ballottaggio non sono ancora stati ufficializzati, il nuovo presidente peruviano
sarà molto probabilmente l’ex banchiere di Wall Street Pedro Pablo
Kuczynski, che sembra abbia prevalso,
anche se di misura, sulla sua avversaria
Keiko Fujimori, 41 anni, figlia dell’ex
capo di Stato Alberto (attualmente
detenuto in un carcere di massima
sicurezza dove sconta una condanna
a 25 anni di carcere per ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate
mentre era alla guida del Paese). “Non
abbiamo ancora vinto, dobbiamo aspettare i risultati ufficiali” ha avvertito
Kuczynski. Quanto a Fujimori, ha sottolineato che “i sondaggi che si vedono
in tv mostrano un sostanziale pareggio.
Attendiamo con prudenza”.
na giornalista che lavorava
per un’emittente radiofonica
vicina al governo di Mogadiscio (presso cui aveva funzioni
di conduttrice di programmi dedicati ai giovani e produttrice) è
stata uccisa domenica nella capitale somala. Ne da notizia il
sito di news Vita.it, la cui fonte è
la redazione di una radio locale
U
(Shabelle) parte di un progetto
editoriale che unisce 25 media
indipendenti africani.
La ragazza, appena ventenne, si
chiamava Sagal Salam Osman, ed
è stata assassinata da un commando di uomini armati non identificati che l’hanno aggredita a
colpi d’arma da fuoco in un caffè
nei pressi della Plasma University,
dove la giovane dedicava parte
del suo tempo allo studio. A compiere l’omicidio sono stati i terroristi di Al Shabaab, che sembra
abbiano rivendicato l’agguato.
Osman è la seconda giornalista
donna ad essere uccisa negli ultimi sei mesi in uno dei Paesi più
pericolosi al mondo per chi sceglie questa professione (dal 2007
ad oggi sono stati 45 in Somalia i
reporter assassinati).
In Somalia giornalisti sono presi
di mira regolarmente sia dagli
islamisti radicali appartenenti al
movimento al Shabaab (dal 2006
in guerra contro il governo locale
e l’Unione Africana che lo sostiene), sia da sicari incaricati – scrive
Vita.it – da uomini d’affari o personalità che disapprovano il modo
in cui un giornalista o un media
informa l’opinione pubblica. Quel
che è certo è che Sagal Salad
Osman “incarnava tutto quello
che gli Shabaab odiano: era infatti
una donna giovane, istruita e attratta dall’Occidente”.
La Somalia nella classifica 2016
sulla libertà di stampa nel mondo
redatta da Reporter senza frontiere si è piazzata al 165° posto
su 180. Una classifica questa in
cui, alle ultime posizioni, figurano
anche altri quattro Paesi africani
(Eritrea, Sudan, Gibuti e Guinea
Equatoriale). E in altri ancora,
come il Burundi, la situazione
sta pericolosamente volgendo
al peggio.
Stella Spada
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Martedì 7 giugno 2016
DALL’ITALIA
DAL 24 GIUGNO NELLE VIDEOTECHE E LIBRERIE LA PELLICOLA CHE VUOLE STIMOLARE UN IMPORTANTE RAGIONAMENTO SULLE COSE SPIRITUALI
God’s not dead, il rapporto tra fede e ragione
Esce in dvd il film tratto dal libro: una riflessione sul libero arbitrio, perché “Dio non è morto”
di Emma Moriconi
al 24 giugno sarà disponibile nelle videoteche e
librerie nazionali il DVD
ufficiale del film "God's
not deat" in Italiano. La
pellicola è stata di recente presentata
anche in vaticano: la storia è basata
su fatti veri e ha avuto un successo
straordinario, a dimostrazione che
in questa epoca che sembra caratterizzata da una inesorabile perdita
di valori, c'è bisogno estremo di riflettere sulla spiritualità.
"Dio non è morto", insomma, con
buona pace di chi ha tentato di inculcare nelle teste della gente che
una vita senza spirito è possibile e
auspicabile, probabilmente fondando la propria azione sul fatto
che così sarebbe forse tutto più fa-
D
cile, ma soprattutto più comodo.
Ed ecco invece un'occasione preziosa di riflessione profonda sul
rapporto tra fede e ragione, tra
mondo immanente e mondo trascendente.
Un'occasione anche per stimolare
la riflessione sul libero arbitrio dell'essere umano e ad interrogarsi
sui valori della vita.
"Al centro della storia - riferisce il
comunicato dedicato alla pellicola
-, una sfida intellettuale tra una matricola universitaria, Josh Wheaton
(Shane Harper), e un prestigioso
docente di filosofia, il Professor Radisson (Kevin Sorbo). Superbo e
autoritario, il Professor Radisson ha
costruito la sua brillante carriera e
la sua intera vita privata sulla tesi
che Dio non sia mai esistito e che
ogni religione sia un’inutile super-
stizione. Di forte temperamento, esige che i suoi
studenti sposino la stessa
idea. La matricola Josh,
unico nel suo corso, non
accetta la negazione della fede imposta dal professore. Superando difficoltà esterne e momenti di crisi interiore, il giovane dovrà dimostrare
l'esistenza di Dio al professore e all’intera classe.
Con la colonna sonora
dei Newsboys, GOD’S
NOT DEAD è un film in
cui s’intrecciano fede e
dubbio, spingendo adolescenti e adulti a interrogarsi sui grandi temi
dell’esistenza".
Il film è tratto dall’omonimo libro di Rice Broocks, "Dio
non è morto" – Prove dell’Esistenza
di Dio in un Epoca di Incertezza,
della Dominus Production Edizioni.
Ed è anche un'occasione per riflettere in termini scientifici e filosofici, il che è certamente cosa importante e di sicuro peso in un'epoca
in cui sembra che il consumismo
debba prevalere, con la forza, sulle
cose dello spirito. È a causa proprio
del consumismo che il Natale è diventato sempre più cenone, panettoni e torroni e sempre meno riflessione, partecipazione mistica,
condivisione, celebrazione della
nascita di Gesù, tanto per fare un
esempio. L'ateismo dilagante nella
scuola è tema preoccupante, problema che va arginato, perché le
cose dello spirito non siano più sottomesse alle cose della carne.
MILANO - NONA EDIZIONE, IN DIFESA DELL’INFANZIA
Grande successo per
“Un calcio alla pedofilia”
Oltre 700 persone presenti, 4000 euro raccolti
e devoluti ai progetti de “La Caramella buona”
ove edizioni. Ovvero nove anni di
impegno in difesa dei bambini. E
tanti altri traguardi da raggiungere.
È ottimo il bilancio fino ad oggi raggiunto
dalla manifestazione “Un calcio alla pedofilia”, un evento che, per il 2016, si è
svolto domenica scorsa.
Organizzata da La Caramella buona e
Bran.co onlus, con il patrocinio del Consiglio della Regione Lombardia, la giornata ha visto riunirsi, presso il Centro
sportivo U.S. Triestina 1946 di Milano,
ben 24 squadre. Sono stati poi più di
30 gli sponsor e oltre 350 le attività
commerciali e i locali che, in tutta Italia,
hanno promosso l’iniziativa e fornito i
premi per la lotteria benefica. Che ha
visto in palio maglie di calcio donate da
N
diverse società sportive e calciatori di
Serie A, che non hanno mancato di
dare il loro contributo.
Ancora qualche numero: 6500 seguaci
per la pagina facebook dedicata al Torneo,
centinaia i disegni dei bambini pubblicati
per dare il loro innocente e sentito contributo a una lotta che li riguarda molto
da vicino, 700 persone presenti nell’arco
dell’intera manifestazione, articolata in
partite di calcio, giochi e momenti di
approfondimento e informazione. E, soprattutto, la bella cifra di 4000 euro racconlti e devoluti a vari progetti che la
Caramella buona, dal 1997 impegnata
nella sacrosanta ma difficilissima battaglia
contro la terribile piaga degli abusi sui
CdG
minori, sta portando avanti.
IL CASO DEL BARISTA DI PADOVA UCCISO SULLE RIVE DEL PO, IL MOVENTE SAREBBE DI NATURA ECONOMICA
Omicidio di Canaro, svolta nel giallo
Fermati un sottufficiale dei carabinieri e la sua compagna: forse una rapina finita male
svolta sul caso del barista
di Padova ritrovato cadavere
sulle rive del Po lo scorso
27 maggio: alla base dell'omicidio
ci sarebbero ragioni economiche.
Il movente sarebbero i debiti, che
avrebbero spinto un sottufficiale
dei carabinieri 45enne, Salvatore
Ciammaichella, e la sua compagna,
Monia Desole, a uccidere il cameriere del bar della stazione, il
sessantenne Antonio Piombo, di
Ceregnano, ritrovato senza vita
da due pescatori sull'argine del
È
Po, colpito il giorno prima del ritrovamento da due colpi di una
semiautomatica calibro 7.65.
Il sottufficiale dei carabinieri risulterebbe residente a Frassinelle
mentre la sua compagna risiederebbe in una casa popolare di
Cento, a Ferrara, dove l'uomo
prestava servizio.
Ora i due sono in stato di fermo:
sabato scorso sono stati presi a
Canaro proprio dai carabinieri e
l'uomo è in carcere a Rovigo
mentre la donna in quello di Mon-
torio a Verona.
A quanto riferisce la stampa locale,
la donna sarebbe stata intercettata
dalle telecamere di sorveglianza
di una banca mentre prelevava
con il bancomat della vittima mentre il carabiniere avrebbe fatto il
madornale errore di lasciare le
sue impronte sulla Fiat Punto
grigia del Piombo, auto che avrebbe usato per allontanarsi dal luogo
del delitto per poi abbandonare il
mezzo a qualche chilometro di
distanza dal corpo, a Guarda Ve-
neta. Pare che la coppia avesse
accumulato dei debiti per pagare
i quali avrebbe attirato Piombo
nella golena del Po per derubarlo.
Sulla vicenda gli inquirenti sono
ancora al lavoro: i due sono sospettati di omicidio, anche se pare
che non conoscessero personalmente la vittima.
La coppia è stata sottoposta all'interrogatorio del pm di Rovigo
Fabrizio Suriano e quindi il magistrato ha emesso il provvedimento
di fermo di indiziato di delitto nei
CASALNUOVO (NAPOLI)
Si allontana senza permesso.
E il marito la riempie di botte
na ragazza di 25 anni di
Casalnuovo è finita in ospedale in seguito alle percosse
ricevute dal marito. L’episodio,
come lei stessa ha raccontato alle
forze dell’ordine giunte a interrogarla in seguito alla segnalazione
del personale medico, ha avuto
luogo al termine di una festa organizzata per una prima comu-
U
nione. Nel corso della serata, organizzata domenica in un locale
della zona flegrea, la ragazza si
era allontanata dal tavolo per cantare e ballare con altri invitati, parenti e amici. Ma senza avvertire
il marito.
L’uomo, un pregiudicato di 39
anni che già in passato l’aveva
picchiata, appena si è accorto
confronti di entrambi. Indagano i
carabinieri di Rovigo. I bossoli
ritrovati sul luogo dell'omicidio
sarebbero compatibili con le Beretta 7.65 i dotazione all'Arma dei
carabinieri.
Tra le ipotesi figura anche il
ricatto a sfondo passionale: pare
che la coppia fosse dedita a rapinare coppie che si appartavano
proprio a Garofolo, presso la goem
lena del Po.
RENATE (MONZA)
della sua assenza ha iniziato a
cercarla per tutto il ristorante. E
una volta fuori dal locale, al termine
della serata, si è avventato su di
lei, riempiendola di calci e pugni.
Ieri mattina il ricovero in ospedale.
Le lesioni riportate - quelle fisiche
perlomeno… - sono state giudicate
guaribili in 45 giorni.
La polizia comunque, dopo aver
ricostruito l’accaduto, ha atteso
l’arrivo dell’uomo in visita alla
moglie. E l’ha arrestato per maltrattamenti in famiglia e lesioni
St.Sp.
gravi.
Senegalese massacra
di botte un marocchino
na passeggiata finita molto
male quella di un ragazzo
marocchino che, in centro
a Renate (Monza) ha avuto la
sola “colpa” di incrociare la
strada di un senegalese. Che,
senza alcun motivo apparente,
lo ha massacrato di calci, pugni
e schiaffi. Fino a mandarlo in
ospedale con trauma cranico,
U
frattura del setto nasale e viso
tumefatto.
L’energumeno – si legge su Monzatoday – alto due metri e pesante più di cento chili, ha aggredito il ventitreenne, ben più
esile e magro. E non ha smesso
di picchiarlo nemmeno quando
sono intervenuti i carabinieri di
Seregno. Anzi. Quando i militari
gli hanno intimato di smetterla,
ha reagito anche nei loro confronti. Per fermarlo è stato necessario chiamare rinforzi: ben
due pattuglie.
L’uomo è stato quindi arrestato
per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, violenza privata e
lesioni aggravate.
La sua vittima, trasportata immediatamente al pronto soccorso
dell’ospedale di Carate Brianza,
è stata medicata ed in seguito
dimessa con una prognosi di
St.Sp.
quindici giorni.
11
Martedì 7 giugno 2016
STORIA
UNO SCRITTO DI LODOVICO ELLENA PER RIFLETTERE, E A FONDO, SUL DECADIMENTO DELLA SOCIETÀ DEL NOSTRO TEMPO
La sola rivoluzione è quella culturale
Il degrado che incombe e lo sforzo intellettuale necessario per non cadere ancora più a fondo, nel baratro
di Emma Moriconi
osa siamo diventati? E perché è potuto succedere tutto questo? Noi, i
figli della civiltà romana, gli eredi di
Dante e di Leonardo. Noi, popolo di
santi, di eroi, di navigatori eccetera
eccetera eccetera... Già, quando qualcuno ci
chiamava così forse era davvero troppo ottimista. O forse rifletteva in quelle parole le sue
speranze, le sue ambizioni per la sua gente.
Beh, non siamo niente di tutto questo. Piuttosto
direi noi, popolo di mentecatti, di ignoranti, di
opportunisti, di indegni della nostra storia.
Oh, si, indegni della nostra storia: l'ho detto e
lo confermo e sottoscrivo. Che amarezza...
questo è lo stato d'animo in cui mi trovo dopo
aver letto, tutto d'un fiato, un libretto dal titolo
"La violenza della democrazia" di Lodovico
Ellena, edizione Tabula Fati. In poche pagine
Ellena racchiude tutto, ma proprio tutto lo sfacelo in cui questa nostra società si è ritrovata
dopo secoli di storia gloriosa sotto tutti i punti
di vista. Cose che vedo ogni giorno, che ciascuno di noi vede ogni giorno sotto i propri
occhi (e basta avere un "account" - cavolo, ma
chiamiamolo "profilo"! - di "Facebook" - dan-
C
nazione agli inglesismi - per rendersene conto).
Ecco, gli inglesismi, gli anglicismi, l'esterofilia,
per cominciare: ma davvero siamo così degradati da avere bisogno di usare le parole
straniere per parlare tra di noi? "E che c'è di
male?", mi ha risposto qualcuno quando ho
azzardato la domanda. C'è di male che abbiamo la lingua più bella del mondo e non
sappiamo utilizzarla, però poi ci impegniamo
tutti al massimo per usare parole che non appartengono alla nostra tradizione linguistica,
ecco che c'è di male. Ma insomma, persino
per dire che una cosa è fatta in Italia dobbiamo
dire "Made in Italy"? Ebbene no, si dica "fatto
in Italia", accidenti. E lo si scriva su ogni
prodotto nato in questa terra, anche quando
si tratta di roba (poca) che esportiamo. Dice
Ellena, per esempio, che il "mouse" in Spagna
lo chiamano "ratòn"... a noi "topo" o "ratto" sembrava brutto, vero? Certo, "mouse" fa più tendenza... sempre topo significa, non cambia la
sostanza, però. Cita, Ellena, Arrigo Castellani
che nel 1987 parlava di "morbus anglicus", in
"Cenni sullo sfacelo linguistico del belpaese".
Noi, i figli della civiltà romana, gli eredi di
Dante, bla bla bla.
Ma il discorso è lungo e complesso, e va a
toccare moltissimi aspetti. Altro esempio: siamo
la società della coca-cola e dei fast food. Già.
Ma quanto è grave, tutto questo? "Un estimatore
di Barolo - scrive ancora Ellena - ha una sua
peculiare anima, così come quello del Lambrusco o del Chianti: che anima avrà mai
invece un tossicodipendente da Coca Cola?".
E sapete a cosa ho pensato, istintivamente,
leggendo queste parole? Ai versi di una canzone
degli Hobbit, che molti di noi conoscono a
memoria e che certamente hanno cantato
mille volte sottopalco o con le cuffie nelle orecchie. Che dice così: "È un ricordo di tanti anni
fa, ma neanche il tempo lo può cancellare, la
storia non si può cambiare. 753 a.C.: nasceva
Roma sopra i sette colli che il sole sembrava
baciare. Dopo guerre durate molti anni contro
i daci, i galli ed i britanni, son tornate vittoriose
le legioni ormai gloriose, sui vessilli un'aquila
imperiale! Guarda come gioca la nazionale,
contro la Francia abbiamo vinto il mondiale, la
gente starà a festeggiare. Cambia rotta l'immigrazione: da Bari torna verso l'Albania, in
fuga da Pantelleria. Ed i McDonald's, la Nike e
Coca-Cola in Italia non vanno più di moda. E
si beve in osteria, e si mangia in trattoria e la
N.A.T.O. l'abbiamo spazzata via!". E conclude,
in un anelito di speranza: "Saremo di nuovo un
impero, saremo di nuovo un impero!". Quante
belle speranze, nelle nostre canzoni! Si, la
musica alternativa - lo dico sempre - è il nostro
angolo migliore. È cultura, signori lettori. E
quei ragazzi, quegli eterni ragazzi, hanno cominciato tanti anni fa a dare il loro contributo
in questo senso: quando avete sentito parlare
di foibe per la prima volta? Ve lo dico io:
quando la Compagnia dell'Anello cantava "Tito,
Tito, Maresciallo assassino". Nel frattempo l'Italia
(sempre figlia della civiltà romana, erede di
Dante eccetera) tributava all'assassino i più
alti onori. Ecco, la musica alternativa, la cultura.
Lo scritto di Ellena va letto tutto, pagina dopo
pagina: vi salirà un pochino di bile, ve lo
assicuro, ma forse è proprio di bile che abbiamo
bisogno. Di rabbia. Ellena condanna senza appello, e ha perfettamente ragione. Basterà
citare un passo di "Gerarchia e democrazia"
di Julius Evola e René Guénon - riportato nel
testo dal filosofo - per capire di cosa parliamo:
"[...] la classe politica dirigente dovrebbe per
prima dare l'esempio. Queste doti sono la
lealtà, la sincerità, il sentimento di onore, il coraggio non solo fisico, ma anche intellettuale e
morale, la forza di decisione. Ma, oltre a tutto
ciò, dovrebbe aggiungersi la tendenza a uno
stile ascetico, una mancanza di vanità, una
virile e dignitosa impersonalità". Si si, è proprio
lo specchio della nostra società attuale! "Giusto
i ritratti dei nostri governanti", commenta l'autore.
E della scuola? Vogliamo parlare della scuola?
Vi pare possibile che un libro di storia di
scuola elementare possa dedicare tre paginette
all'Impero romano? È così, cari "eredi di Dante
eccetera". Non ci sono parole per descrivere
il degrado culturale in cui versa il nostro Paese.
Direi la nostra Patria, guardate un po'. Ma no,
ché Paese forse le si addice di più...
L'autore mostra rabbia, si. Ma anche voglia di
riscatto. Raccomanda ai genitori di seguire il
processo intellettuale dei figli, il che non sarebbe cosa da poco e forse potrebbe essere
la sola via d'uscita, se questa Italia vuole
risalire dal baratro. Perché in un momento
come questo, caratterizzato da una immane
decadenza di valori, di impegno, di onore, di
buoni sentimenti, di cultura, di intelligenze, la
sola rivoluzione che dovremmo augurarci, o
almeno la prima, è quella culturale. E se così
non sarà l'Italia continuerà a vestire i panni
laceri di una Nazione che avrà rinnegato la
sua storia, la sua corona si sbriciolerà in un'infinità di frammenti che sarà impossibile rimettere insieme, il suo Tricolore resterà per
sempre macchiato della bava dell'ignavia. E
Dante continuerà a riposare nella sua tomba,
perché non avrà nemmeno più voglia di rivoltarsi ancora.
[email protected]
Mistica Fascista
In memoria di Niccolò Giani, intellettuale e uomo d’azione
di Alessandro Russo
eviamo dalla vista questa penosa
e lenta morte del lavoro. Basterebbe un'azione muscolare, anche
leggera, tanto per non far sussultare i
buoni di pensiero, perché oramai i
sindacati sono un'entità sterile, decadente, schiavi di un'azione frammentaria, priva di qualsiasi efficacia.
Prima di affamare i lavoratori bisognerebbe chiudere e cancellare i sindacati. Al lavoro come alla guerra!
Chi dà lavoro deve essere considerato
un Comandante e la forza lavoro come
L
la sua truppa. Dividersi fatica e profitto
significa ricucire lo strappo sociale.
Divisioni che diventano ancora più evidenti con la scellerata accettazione di
una manovalanza straniera capace di
sostituire, giocando sull'abbattimento
dei costi, una forza lavoro nazionale
che non ha evidentemente i mezzi per
fronteggiare questo esercito.
Dell'immigrazione si occupano in molti.
Ma l'impatto sul mondo del lavoro è
forse l'aspetto più preoccupante. Se il
capitale utilizza forza lavoro a buon
mercato, per godere del profitto, allevando dentro il suo stesso ciclo pro-
duttivo una massa di disoccupati, allora
è possibile affermare, senza preoccupazione di essere smentiti, che i complici vanno colpiti direttamente, senza
risparmiarsi.
Il sindacalismo ha ormai una matrice
sovversiva e un carattere antinazionale.
È del tutto evidente l'incapacità di tutelare la forza lavoro nazionale. Al
bando gli indugi, bisogna non aver
paura di avere coraggio.
È l'ora di strappare la tessera! Di allontanare quei grigi burocrati che si
aggirano nelle fabbriche e negli uffici.
È l'ora di affamare gli stipendiati e i
distaccati nella pubblica amministrazione. Di lasciare le casse vuote ai
brontosauri della tessera. È l'ora che
l'operaio e l'impiegato si rappresentino
da soli! Si sollevino e lottino per un
ordine e una disciplina nuova, sotto la
bandiera Tricolore, chiedendo “sovranità proletaria e nazionale”.
Perché in Italia non sarà mai possibile
nessun sindacalismo fino a quando, i
sindacati attuali e la burocrazia sindacale, non verranno abbattuti.
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Martedì 7 giugno 2016
SPORT
A SUNING IL 68,55% DELLE AZIONI, THOHIR RESTA PRESIDENTE. MORATTI ESCE DEFINITIVAMENTE DAL CLUB
L’Inter ai cinesi, è fatta.
E ora tocca al Milan
Operazione da 700 milioni di euro visto l’accollo dei debiti. Il magnate Jindong: “Vogliamo
tornare all’apice in Serie A e in Europa” – Ore cruciali per la cessione dei rossoneri
di Federico Colosimo
a indonesiana a cinese,
la parabola dell’Inter. E’
davvero una svolta storica
per i nerazzurri: il Suning
Holdings, guidato da
Zhang Jindong, ha acquistato ufficialmente il 68,55% delle azioni del
club per 270 milioni di euro cash
(cifra destinata ad arrivare a 700
visto l’accollo dei debiti).
E’ la fine di un’epoca e l’inizio di un
nuovo ciclo. Con Thohir che cede la
maggioranza (e può vantare ancora
il 31% delle azioni) – ma continuerà
a guidare il team come presidente
– e Moratti che esce definitivamente
dalla società dopo averne scritto
per anni la storia conseguendo successi prestigiosi.
Fanno sul serio, i titolari del più ramificato retail di elettrodomestici del
Paese, pronti ad entrare nel Consiglio
d’amministrazione dalla porta principale entro la fine di giugno. Il colosso con gli occhi a mandorla, che
lo scorso dicembre s’è preso pure
il Jiangsu, con l’acquisto dell’Inter-
D
nazionale torna a concedere lustro pure all’ex capitale della Cina, Nanchino, tristemente nota per
l’eccidio di civili compiuto
dagli invasori giapponesi
negli anni ’30. Con il Suning che punta a creare
un vero e proprio impero
sportivo composto da club
di proprietà, agenzie di
procuratori (imminente la
chiusura della trattativa
per l’acquisizione dello
Stellar Group che ha tra i
suoi assistiti pure Bale del
Real Madrid), centri di formazione per i giovani. E
ancora: siti e-commerce
e piattaforme broadcast
che detengano diritti televisivi legati allo sport e
siano in grado di produrre
contenuti di alta qualità. Calcio e
non solo. Perché secondo i bene
informati nel mirino ci sarebbero
altre importanti discipline con il gigante intenzionato forse a creare
una polisportiva vincente.
Inter con proprietà e sponsor cinese.
Visto che la Pirelli è stata rilevata
dal gigante Chemchina e ha siglato
un contratto da 12 milioni di euro
annui, variabili a seconda del rendimento della squadra.
Grandissima la soddisfazione, per il
buon esito delle negoziazioni, da
parte di Jindong: “E’ la prima volta –
le dichiarazioni che arrivano da Nanchino – che un club cinese compra
una squadra calcistica in Italia. Pos-
Agenzia Regionale per lo Sviluppo
e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio
siamo e vogliamo riportare l’Inter
in alto. Faremo una squadra forte,
vincente. Seguendo la strada tracciata
da Moratti con grandi campioni. Mi
sento nerazzurro da quando sono
venuto a San Siro. Forza Inter!”
Immediata la replica di Thohir: “E’
l’inizio di una partnership di successo. La strategia della Suning è
chiara e seria. Insieme vogliamo
tornare all’apice in Serie A e in Europa. Offro i miei omaggi a Moratti
che non può essere qui con noi ma
manda i propri saluti”.
La parola passa poi al vicepresidente
Zanetti: “E’ un onore essere qui a
rappresentare l’Inter. E’ ora di far
felici i tifosi. L’obiettivo è quello di
costruire una squadra che possa arrivare in fondo in campionato e in
Europa League per tornare in Champions, la nostra casa”.
Moratti cede il testimone, Thohir
resta presidente ma è pronto a passare la mano nel prossimo futuro.
L’Inter è dei cinesi. E adesso tocca
al Milan, col presidente Silvio Berlusconi che vorrebbe resistere ma
è costretto a cedere.