Anno V - Numero 136 - Martedì 7 giugno 2016 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Morte Buonanno Economia Esteri Sarà l’autopsia a fare chiarezza Stime di crescita ancora al ribasso Da Falluja è fuga ma l’Isis avanza Moriconi a pag. 5 Di Giorgi a pag. 9 Calvo a pag. 8 SERVE UNA DESTRA CHE MANCA DA TROPPO TEMPO, MA NON LA SI COSTRUISCE NÉ CON I VETI NÉ CON I RANCORI. CONTINUA A NON VOTARE UN SACCO DI GENTE di Francesco Storace Q uando il popolo dice di no, è no. È evidente il responso dei romani alla nostra proposta amministrativa per la città. Il dato elettorale, lo 0,6 di lista, è umiliante. È inutile dire che non lo meritavamo, che è ingiusto e tutte le cose che si dicono nei funerali. È così e basta e ce lo teniamo. Con un’avvertenza: per quello che mi riguarda non ci sarà un girone di ritorno. Le elezioni se le farà qualcun altro, io ho dato e avuto, processi compresi. La politica continua a piacermi, ma senza il consenso dei cittadini è inutile illudersi. La si può fare sostenendo anche progetti altrui, senza per questo doversi candidare a tutti i costi. Anche perché c’è un popolo che sembra ignorare che cosa sia il valore della dignità. Ho subito personalmente come una brutta ferita il silenzio ostile di Giorgia Meloni al nostro sostegno, con la lista e i nostri 48 candidati, alla sua corsa per il Campidoglio. Ha preferito qualche arnese della vecchia partitocrazia a noi, che pur veniamo dalla stessa scuola. Il risultato la premia, in coerenza con i tempi che viviamo. Ma non può certo recriminare il nostro mancato sostegno, perché sarebbe facile restituire pan per focaccia per un atteggiamento intollerabile. Dalla sua bocca non è uscita neppure una parola di gioia per la mia assoluzione contro Napolitano, tanto è faziosa. Le ho ascoltate persino da esponenti di sinistra, ma lei no. Non fa niente, perché la politica non si fa in ragione del carattere altrui, almeno per quel che concerne il mio modo di viverla. Noi sicuramente paghiamo l’alleanza sbagliata, ma è da chiedersi se Fratelli d’Italia possa festeggiare e se noi si debba restare fermi senza IL POPOLO DICE A Roma risultato pessimo, che non ammette sconti. Chi sbaglia paga vale anche per noi. Ma FdI, nel resto d’Italia, non sta meglio suscitare qualcosa di positivo. Continua a non votare un sacco di gente, manca una proposta politica. Del resto, il movimento della Meloni - e non lo scrivo con gioia - si ferma ai confini del Lazio. Le percentuali raccolte a Milano, Torino, Bologna, Napoli sono davvero basse, addirittura inferiori a quelle che raccolse La Destra nel suo esordio alle ele- DA MILANO A NAPOLI MALE IL PD RENZIANO zioni politiche del 2008. Manca il messaggio ampio e arioso della destra nazionale e Fratelli d’Italia lo riserva solo a sé, non rendendosi conto che la pretesa egemonica di rappresentare il tutto é insensata, visti i numeri elettorali. Io sono un uomo orgogliosamente di destra, auguro alla Meloni ogni successo, ma la strada che percorre è senza uscita. Alla fine del tunnel troverà in testa al convoglio Matteo Salvini, che col 2,7 raggranellato a Roma - poco per le sue ambizioni, qualcosa se si pensa a quello che è stato il rapporto tra la Lega e la Capitale negli anni scorsi - ha deciso che cosa fare e disfare nella Città eterna. Non ho bisogno di candidature per fare politica, ma di libertà per dire e scrivere quello che penso. Se la Meloni vuole essere leader deve accantonare rancori e veti; altrimenti resterà solo una meteora di questi tempi grigi che travolgono tutte le identità. Ci pensi prima che sia troppo tardi. Noi non le dobbiamo chiedere nulla. Lei deve dare tutto. IL CARDINALE BAGNASCO PREOCCUPATO DEL LAVORO E DELLA LUDOPATIA IN ITALIA “Serve un miracolo, non giochi d’azzardo” taliani senza lavoro, italiani schiavi del gioco d’azzardo ed istituzioni che non riescono a frenare questi fenomeni. Il cardinale Angelo Bagnasco ha officiato alla messa per il lavoro al santuario di Nostra Signora della Guardia alla Genova, esprimendo il proprio punto di vista allarmato sulla situazione del lavoro. “La situazione è da leggersi nel quadro generale: il lavoro non decolla nonostante alcuni segni che sembrano positivi. La disoccupazione cresce: serve un miracolo”, ha affermato, ricordando inoltre che la disoccupazione italiana è il doppio di quella europea. “ Forte la preoccupazione anche per gli adulti, che una volta perso il lavoro hanno difficoltà a ritrovarlo. Anche la ricerca di beni come la casa diventa un peso insostenibile; la platea dei poveri si allarga, la ricchezza cresce e si concentra in mano a pochi”, ha aggiunto il cardinale. Che ha poi lanciato un monito sul gioco d’azzardo, “un fenomeno gravissimo e I Avviso di sfratto? Alle pagg. 2-3-4 purtroppo i dati ci dicono che le slot macchine stanno crescendo mentre la legge, giustamente, dice che devono diminuire”. Per questo, ha ricordato, “ci vuole un impegno maggiore da parte di tutti, innanzitutto serve un impegno educativo perché nessuno deve avvicinarsi a questa forma deformata di vita che gioca alla fortuna”. In merito ai flussi migratori, il cardinale ha ricordato che “sono movimenti inarrestabili. Il Sud – ha affermato – si è mosso verso il Nord, verso l’Occidente. Le cause le conosciamo: guerre, persecuzioni, fame carestia, il desiderio giusto di una vita un po’ migliore. L’Occidente deve continuare ad accogliere. L’Italia cerca di farlo il più possibile fin dall’inizio. Nessuno può dire nulla contro l’Italia. Ma l’Italia non basta. Servono l’Europa e la comunità internazionale altrimenti sarà peggio e questo non è giusto per i migranti, povera gente, ma per nessuno”. 2 Martedì 7 giugno 2016 PRIMO PIANO PER IL PD RISULTATI DELUDENTI UN PO’ OVUNQUE, MA IL PREMIER-SEGRETARIO MINIMIZZA Renzi adesso fa l’insoddisfatto Il centrosinistra conferma solo tre sindaci al primo turno, contro gli undici dell’ultima volta di Igor Traboni all’opposizione c’è già chi parla di avviso di sfratto per Renzi e il suo governo, con il mosaico – iniziato con queste amministrative – che verrà poi completato con il referendum di ottobre, la creatura del premier-segretario e della Boschi. Renzi accusa il colpo della caporetto pd, tangibile soprattutto nelle grandi città, anche se cerca di gettare acqua sul fuoco: “Non è una debacle ma non ci basta perché vogliamo di più. Io non sono soddisfatto, questo ci porterà a fare un ballottaggio il più forte possibile: occhio ai numeri perché nella stragrande maggioranza delle città i nostri candidati sono sopra il 40%. Il Pd ha problemi che deve affrontare e ci impegneremo per affrontarli", ha detto Matteo Renzi in conferenza stampa al Pd, soffermandosi poi sul dato di Roma: "Giachetti ha fatto un mezzo miracolo, onore al merito, è stata una campagna molto molto difficile e ora c'è, è in campo. Se la giocherà al ballottaggio". "Il risultato peggiore del Pd – ha poi aggiunto Renzi - è a Napoli, dove D il Pd non riesce ad esprimersi al meglio. Napoli è città meravigliosa ma è un baco per il Pd". Renzi alla prossima direzione ha intenzione di proporre "una soluzione commissariale molto forte". Milano, Napoli, Torino, Bologna: non conosce confini la mappa geo-politica della sconfitta del Pd renziano. E c'è anche l'imbarazzo della scelta per il dato più eclatante della debacle piddina alle amministrative di domenica. Vediamo in sintesi – per poi approfondirli nelle pagine successive – i risultati. Partiamo da Milano dove Giuseppe Sala e Stefano Parisi vanno al ballottaggio praticamente alla pari. Un insuccesso clamoroso per Sala, il mister Expo che Renzi contava di trascinare alla successione di Pisapia proprio facendo leva sulla rassegna milanese. Parisi invece ha recuperato alla grande, sostenuto dal centrodestra, e la vittoria in volata a questo punto non è esclusa. Male i grillini nel capoluogo lombardo. Cinque stelle che invece daranno filo da torcere a Torino al sinbdaco uscente Piero Fassino: l'esponente Pd sotto la mole non ha sfondato, attestandosi su un 40% e con la grillina Chiara Appendino sarà un bel duello. Discesa verticale per il Pd anche nella sempre più ex rossa Bologna: Virginio Merola inchioda al 39% e al ballottaggio se la vedrà con Lucia Borgonzoni, sostenuta da una coalizione di centrodestra, Lega compresa. Anche qui i cinque stelle fre- nano e non arrivano neppure al ballottaggio. Debacle totale quella di Napoli per il Pd, con la candidata renzianaValeria Valente che si attesta sul 21%, superata dal sindaco uscenteGiggino De Magistris e da Gianni Lettieri di Forza Italia; il ballottaggio sarà dun- que tra questi ultimi due. Solamente in 5 dei 25 capoluoghi di provincia dove si è votato si conosce già il nome del nuovo sindaci, mentre erano ben 13 nelle precedenti elezioni. Nel 2016 il centro-sinistra conquista al primo turno 3 comuni (Salerno, Rimini e Cagliari), contro 11 sindaci al primo turno delle ultime elezioni. Cosenza va al centro destra, contro 2 delle precedenti comunali. Ma delle tre vittorie al primo turno del centro-sinistra, a Cagliari è avvenuta con un candidato non Pd e a Salerno senza simbolo Pd. Tra le grandi città, spicca proprio Cagliari, unico caso tra le grandi citta'' al voto che non andrà al ballottaggio. Massimo Zedda, leader della coalizione del centrosinistra, si riconferma nella poltrona di Palazzo Bacaredda, quando ormai lo spoglio e'' agli sgoccioli, con 37.599 voti (50,92%), contro i 23.775 (32,20%) del principale sfidante Piergiorgio Massidda. Lo stesso ex senatore di Forza Italia ha riconosciuto la sconfitta, facendo ai microfoni della Rai gli auguri di buon lavoro a Zedda. Staccata la candidata del M5s Maria Antonietta Martinez, che si ferma alla soglia del 10% (9,23%). LA NUOVA IDEA DI SALVINI DOPO I BALLOTTAGGI – FORZA ITALIA: “RISULTATI NON POI COSÌ MALE” Una Leopolda in salsa leghista P rimum, vincere quindi ci sono i ballottaggi e io sarò bolognese, savonese, grossetano, milanese. Sabato 25, siccome l'Italia non ha tempo, chiameremo a raccolta tutto il centrodestra. Una mezza idea ce l'ho per aprire il cantiere che stia aperto una settimana, non di più. Ci saranno poca politica, tanto lavoro, giornalismo, impresa per costruire il centrodestra che deve essere. Così il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, ieri a Firenze alla presentazione del suo libro ''Secondo Matteo'', ha lanciato la sua idea di una sorta di Leopolda del centrodestra. "La politica che verrà sarà benvenuta, non costringeremo nessuno a esserci- ha aggiunto Salvini, rispondendo a chi gli chiedeva se verrà invitato anche Berlusconi-, ma dovremo costruire un'alternativa credibile a Renzi, perché oggi il centrodestra credibile non e''. Poi, chi c’è c’è. Se sarà interessato al programma della giornata Berlusconi sarà il benvenuto, però penso che una volta tanto i politici ascolteranno e sottoscriveranno la richiesta dell'Italia reale". Diversamente, invece, "non ci saranno i prezzolati", ha chiosato il leader leghista che ha aperto anche alla presenza di eventuali frange dei cinque stelle. Da Forza Italia interviene Renato Brunetta, presidente dei deputati azzurri, che ha così commentato il dato elettorale: “Più li si guarda, più li si approfondisce i risultati del voto non sono affatto male. Parlo dal punto di vista di chi, come Forza Italia, ritiene indispensabile oggi dare il timone delle città a bravi sindaci e sconfiggere le pessime riforme costituzionali e contestualmente mandare a casa Renzi". "Non è affatto vero, come sostengono i quotidiani filorenziani che esiste un nuovo bipolarismo, da una parte Renzi dall'altra i 5 Stelle con appiccata la Lega. La lettura conviene a Renzi che vuole assorbire come una spugna i voti moderati, enfatizzando e mettendo in un unico fascio estremista la protesta contro il suo governo. Ma quando mai? "Dovunque, dove Forza Italia e Lega hanno condiviso la scelta del candidato si sono avuti risultati eccezionali. Renzi dove ha chiesto soccorso ai transfughi verdiniani, convinto di catturare voti per i suoi candidati come accaduto esplicitamente a Napoli e a Cosenza non e'' arrivato neppure al ballottaggio. E'' chiaro infatti che i voti moderati li ha Berlusconi e li ha Forza Italia, ed è fatica sprecata fare il viso dolce cercando di incamerarseli. Hic manebunt optime, con il centrodestra e per il no. Non siamo sciocchi né sprovveduti. Di certo il futuro vincente è il centrodestra”, ha concluso Brunetta. DA ALFANO A LUPI TUTTI PRONTI A DIRE CHE PURE LORO HANNO VINTO… Il Centro prova a farsi coraggio lfano, i suoi e il resto dei ‘centrini’ ritrovano un filo di voce dopo queste amministrative. "Al via, con amministrative, esperimento unità moderati. Superata, bene, soglia sbarramento Italicum. Eletti centinaia di consiglieri", ha twitttato Angelino Alfano, ministro dell'Interno. Per Fabrizio Cicchitto "i dati riguardanti il Nuovo Centro Destra mettono in evidenza che esiste un'area di centro che ha svolto un ruolo politico comune per comune in modo articolato. Dopo i ballottaggi, però, la partita è destinata a diventare del tutto nazionale. Ora anche i risultati a geometria variabile di queste elezioni amministrative caratterizzata dalla crisi in atto nel centro-destra, e anche dalle profonde contraddizioni esistenti nel PD mettono in evidenza A che è indispensabile che l'area centrista finalmente si autodefinisca e si aggreghi venendo ad essere interlocutore serio per il governo, ma anche per niente subalterno a Renzi che, anche alla luce di questi risultati, non può pensare di agire "in solitaria" perché qualora lo facesse potrebbe andare incontro a qual- che sorpresa visto che sul referendum, ma anche sul governo si è formato uno schieramento privo di qualunque proposta costruttiva, ma in grado di svolgerne una distruttiva". "Dalla Lombardia alla Sicilia, con queste elezioni amministrative abbiamo avuto la conferma che il progetto popolare, al quale abbiamo dato vita insieme al nostro leader Alfano, è una scelta giusta e lungimirante. In tutta Italia siamo sempre più determinati e determinanti", dichiara il deputato Dore Misuraca, responsabile nazionale Enti locali di Ncd. Per Maurizio Lupi, ex ministro e capolista a Milano, “Alla luce dei risultati, il dato politico vero è che dove c’è una proposta politica credibile, come quella di Parisi a Milano, non c'è spazio per i grillini e che una proposta centrista, come quella di Milano popolare, ha un suo spazio. Le vere alternative si creano proprio attraverso la credibilità dei candidati. A Milano – dato su cui si è soffermato Lupi - i numeri hanno dimostrato anche che la città è una città di moderati e che una forza come la Lega è funzionale per una vittoria del centrodestra ma non può governare quando estremizza la leadership della coalizione. I moderati sono tornati ad essere credibili e questo e'' un bene per Milano, ma anche per tutto il Paese". Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Martedì 7 giugno 2016 PRIMO PIANO MILANO - SORPRESA PER FORZA ITALIA, SECONDA LISTA PIÙ VOTATA. BATTE LA LEGA Testa a testa Sala-Parisi Divisi da meno di un punto percentuale, circa cinquemila voti. Vittoria invece del centrodestra nei municipi, dove tutti i presidenti erano della coalizione Pisapia di Barbara Fruch n altro campanello d’allarme è suonato per Renzi, è molto forte e arriva da Milano: il capoluogo lombardo infatti registra un testa a testa fra il candidato sindaco del centrosinistra Giuseppe Sala e quello di centrodestra Stefano Parisi, divisi da meno di un punto percentuale. L’ex commissario Expo ha raggiunto il 41, 69 delle preferenze (224.156) contro il 40,77 di Parisi (219.218), in pratica la differenza fra i due è di circa 5.000 voti. Un risultato inimmaginabile fino a qualche settimana che fa registrare “euforia” nel centrodestra per “un risultato straordinario”, come ha subito detto Parisi. “Dicevano che avevamo zero possibilità di farcela e io ero praticamente uno sconosciuto – ha spiegato il candidato – mentre il mio avversario Beppe Sala aveva grande una notorietà per l’Expo”, senza contare che “tanti ministri sono venuti qui” a fare campagna elettorale per lui. Non molti infatti avrebbero scommesso in una distanza così piccola fra i due. Sala, infatti, ha potuto mettere sul piatto della bilancia consensi e popolarità raccolti con l’Esposizione Universale di Milano, Parisi invece pur essendo un manager molto noto si presentava da outsider, sostenuto da una coalizione che comprendeva sia Silvio Berlusconi che Matteo Salvini. “Abbiamo fatto U un grande lavoro di ricompattamento, abbiamo iniziato una rigenerazione del centrodestra ma siamo andati al di là, con il contributo fondamentale di Corrado Passera – ha detto ancora Parisi – Abbiamo realizzato una cosa impossibile pochi mesi fa”. In vista del ballottaggio del 19 giugno Sala e Parisi dovranno andare dunque a caccia dei voti di chi domenica non si è presentato ai seggi (l'affluenza si è fermata al 54,66% cioè il 13% in meno del 2011) e di quelli che hanno scelto un altro candidato. In terza posizione infatti il 5 stelle Gianluca Corrado che ha ottenuto il 10,06%, seguito da Basilio Rizzo (Milano in Comune) sostenuto dalla sinistra più radicale, che si è fermato al 3,56%. Per quanto riguarda i partiti la sorpresa maggiore è arrivata da Forza Italia, secondo partito con il 20,20%, ovvero - per ammissione dello stesso Parisi - con il doppio dei voti che si aspettava, battuta solo dal Pd con il 28,97% delle preferenze. Nessun sorpasso dunque della Lega Nord, ferma all’11,77. Anche tra le preferenze la più votata in consiglio comunale è stata Mariastella Gelmini (FI) con oltre 11 mila voti, quattromila in più del segretario del Carroccio Matteo Salvini. Vittoria del centrodestra anche nei nove Municipi (ex Zone), dove tutti i presidenti erano della coalizione che sosteneva il sindaco uscente Giuliano Pisapia. Gli ex consigli di zona, in cui da una parte il distacco tra centrodestra e centrosinistra è più sostanzioso, dall’altra si viene eletti al primo turno se si supera il 40% più un voto, tradiscono il centrosinistra e il suo can- AL BALLOTTAGGIO CON LA GRILLINA CHIARA APPENDINO Fassino adesso rischia di perdere Torino l Pd si prosciuga anche nelle ex “città rosse”. Il primato di primo partito a Torino è infatti andato al Movimento 5 Stelle, che se pure per una manciata di voti, ha visto i grillini portare a casa il 29,96% mentre i democratici si fermano al 29,78%. Un risultato dal forte valore simbolico, soprattutto in considerazione del fatto che i dem cinque anni fa erano stati i più votati col 34,5 per cento dei consensi. Sarà quindi la 5 stele Chiara Appendino a sfidare il sindaco uscente Piero Fassino. La candidata del Movimento cinque stelle ha ottenuto il 30,92 per cento, mentre Fassino è arrivato al 41,83 per cento. Staccatissimi tutti gli altri candidati. Il centrodestra si è presentato diviso a Torino è ha perso consensi. Alberto Morano, candidato sindaco sostenuto da Lega nord e Fratelli d’Italia, ha ottenuto l’8,39 per cento. Osvaldo Napoli, il candidato di Forza Italia si è fermato al 5,31 per cento, mentre il candidato della sinistra radicale Giorgio Airaudo ha ottenuto il 3,7 per cento dei voti. Non sono andati meglio i partiti di centrodestra. La Lega è in calo I didato Beppe Sala, e a maggioranza scelgono i candidati della coalizione che sostiene Stefano Parisi che se ne aggiudica cinque su nove (municipio 2, 4, 5, 7 e 9). Niente ballottaggio dunque. Recordman di preferenze nella sua zona il giovane candidato di Lealtà e Azione Stefano Pavesi che correva per la Lega Nord come consigliere di zona al Municipio 8 (dove vince il centrosinistra). Bollato dal centrosinistra come “neofascista” ha ottenuto ben quattrocentocinquanta preferenze, classificandosi come il più votato della propria lista. IL SINDACO USCENTE MEROLA INSIDIATO DAL CENTRODESTRA Bologna la rossa ora non è più inespugnabile a speranza di una vincita al primo turno è svanita con i primi risultati elettorali. Già nella serata di domenica infatti è arrivata la resa di Virginio Merola, che, a conti fatti, non è riuscito ad arrivare neppure al 40% di preferenze. Sotto la Torre degli asinelli si conferma la tendenza che vede in difficoltà il partito democratico nelle grandi città. Merola,sindaco uscente, si ferma al 39,46%. Al ballottaggio avrà di fronte la candidata della Lega Nord, Lucia Borgonzoni, sostenuta da tutto il centrodestra, che supera di 10mila voti (22,2% contro 16,6%) il grillino Massimo Bugani. “Sono strafelice per i risultati della Lega nord in Emilia - ha detto il segretario del Caroccio Matteo Salvini - C'è il ballottaggio storico di Lucia Borgonzoni che vuol dire la voglia di libertà dei cittadini dalla prepotenza e arroganza dei centri asociali e del Pd”. L rispetto al 2011, passata dal 6,85 al 5,77 per cento. Impossibile il confronto per Forza Italia, che nel 2011 correva sotto le insegne del Pdl, che arrivò al 18,28 per cento, ora ha ottenuto il 4,65 per cento mentre Fratelli ha ottenuto l’1,46. Cala anche l’affluenza: in totale ha votato il 57,1 per cento, circa 80mila persone in meno rispetto alle precedenti elezioni quando l’affluenza era stata del 66,3 per cento. Il ballottaggio del 19 giugno non determinerà soltanto la vittoria del sindaco, ma anche la composizione del consiglio comunale. A seconda che il vincitore sia Piero Fassino o Chiara Appen- dino si determinerà una maggioranza variabile, tra i 21, quindi appena sufficiente, e i 24 componenti. Numeri invece ormai definiti per le altre formazioni di opposizione che comunque hanno superato la soglia del 3%. Se vincerà Fassino, che ha già superato la soglia del 40% al primo turno, a lui andranno 24 consiglieri tra Pd e liste collegate, più la poltrona di sindaco; se invece vinceranno i Cinque Stelle, otterranno loro i 24 seggi, a patto di ottenere il 60% dei consensi. Altrimenti avranno una maggioranza in consiglio proporzionale al consenso, anche B.F. di un solo consigliere. Di voti in effetti Merola ne ha persi parecchi, 68.700 circa le preferenze di domenica contro le 106 mila di cinque anni fa: come se su dieci bolognesi che nel 2011 l’avevano votato, quattro si siano persi per strada. Numeri importanti difficili da giustificare solo con l’astensione: al seggio il 59% degli aventi diritto, contro il 71% di cinque anni fa. “Sapevamo che avremmo potuto affrontare il ballottaggio - si è limitato a dire il democratico a notte fonda - Adesso non è semplicemente Merola contro Borgonzoni, è un referendum sull’idea di città che vogliamo”. E il sindaco uscente fa capire chiaramente di non volere più il premier e segretario Pd, Matteo Renzi, in città da qui al ballottaggio. “Questo non è un referendum pro o contro Renzi , confermo che la mia idea è contraria al partito della Nazione”. Le riflessioni non mancano nemmeno da parte della sfidante Borgonzoni che ha totalizzato 38.800 preferenze. Riguardo i partiti che la sostengono la Lega ha ottenuto 17.371 (10,25%), Fi 10.610 (6,26%) e FdI 4.090 (2,41%). Ora la sfida è quella di strappare la roccaforte rossa al centrosinistra. Ma per farlo non potrà contrare sull’aiuto del Movimento 5 stelle che ha già annunciato di non volersi apparentare in alcun modo con la Lega. C’è poi Manes Bernardini, ex leghista, che con la lista “Insieme Bologna” che ha preso il 10,43%, aggiudicandosi il quarto posto. Proprio lui ora dovrà decidere se aiutare gli ex compagni di partito e sostenere B.F. Borgonzoni. 4 Martedì 7 giugno 2016 PRIMO PIANO IL PARTITO DI RENZI CLAMOROSAMENTE ESCLUSO DAL BALLOTTAGGIO – LA VALENTE: “COLPA MIA” Vedi Napoli e poi… non il Pd Pesano le divisioni interne dopo le primarie - De Magistris gongola e si prepara alla rielezione di Igor Traboni lla fine Matteo Renzi è stato fin troppo tenero, davanti alla caporetto pressoché generale del suo partito in tutta Italia, quando ha affermato che “Il risultato peggiore del Pd è a Napoli, dove il Pd non riesce ad esprimersi al meglio. Napoli è città meravigliosa ma è un baco per il Pd. Alla prossima elezione proporrò una soluzione commissariale molto forte". Ipotesi che ha trovato d’accordo – mai disturbare il conducente… - il pd regionale: "Sono d'accordo che sia necessaria una soluzione specifica, di natura commissariale su Napoli, che presenta problemi forti nei confronti dell'elettorato”, ha detto il segretario del Pd di Napoli Venanzio Carpentieri commentando il risultato del partito e la sortita renziana: "Mi attengo al timing stabilito dal segretario nazionale, ho comunicato ai vertici nazionali di essere a disposizione per le loro decisioni e mi riservo ogni decisione all'indomani degli importanti ballottaggi che ci aspettano tra due settimane". Sul banco degli accusati inevitabilmente è finita Valeria Valente, can- A didato sindaco del Pd, che in conferenza stampa ha detto: "Grazie Matteo Renzi, su Napoli ha usato parole non scontate. È stata una battaglia difficile, iniziata in ritardo. Mi assumo la responsabilità e non cerco capri espiatori. Sul dato elettorale sono pesate sicuramente le lacerazioni interne al Pd, non lo nego. Parlo delle lacerazioni degli ultimi mesi ma anche di quelle passate. Credo che il Pd abbia pagato un prezzo alto a causa di divisioni storiche, lacerazioni, correntismo esasperato ma anche un'incapacità di costruire un''alternativa percepibile all''esterno in cinque anni di opposizione a de Magistris", ha detto ancora Valeria Valente, rispondendo ai giornalisti che le hanno chiesto di commentare l'influenza della corrente vicina all'ex sindaco, Antonio Bassolino, sull'esito delle amministrative che la vedono fuori dal ballottaggio. Il parlamentare dem ha aggiunto che "le primarie sono state fatte e hanno scelto gli elettori del popolo del centrosinistra da chi farsi rappresentare. Però se le primarie non le sappiamo gestire diventano un danno, le polemiche post-primarie sono state più lunghe delle primarie stesse. Comunque non ci sono stati tradimenti, magari ROBERTO DIPIAZZA È IN VANTAGGIO DI BEN 11 PUNTI MASSIMO ZEDDA (50,8%) È STATO RICONFERMATO Il centrodestra all’assalto della roccaforte di Trieste Cagliari: l’unica grande città dove è bastato il primo turno l sindaco uscente del centrosinistra Massimo Zedda è stato riconfermato al primo turno sindaco di Cagliari con il 50,86%. Ed è l’unica grande città dove il sindaco viene eletto al primo turno. Il candidato del centrodestra Piergiorgio Massida si ferma al 32,26%, mentre la 5 stelle Maria Antonietta Martinez segna un 9,27%. Ha voluto aspettare i dati ufficiali relativi all'ultima sezione usciti alle 15,17 di ieri, prima di affrontare i giornalisti assiepati nella sede del Comune di via Roma. Ma, alla fine, Massimo Zedda ha potuto festeggiare la sua riconferma ufficiale a sindaco di Cagliari. "Non siamo mai andati sotto al 50%, ma abbiamo voluto aspettare il dato certo con la chiusura delle operazioni dell''ufficio elettorale, non per scaramanzia, ma per rispetto alla matematica. Mai avuti dubbi comunque: io me lo aspettavo osservando i sorrisi dei cagliaritani quando passavo per strada". Visibilmente affaticato ed emozionato, Zedda ha voluto dedicare la vittoria alla madre in ospedale, prima di ribadire di non avere mai dubitato della vittoria finale: "Non ho mai temuto il ballottaggio, ma avremmo comunque stravinto, anche I solo scelte non condivise", chiosando che "al ballottaggio non faro'' accordi né con Lettieri né con de Magistris". E De Magistris? Gongola, come è logico, vicino com’è alla conferma da sindaco, snche de di mezzo c’è il ballottaggio col Pdl Lettieri: "Non posso dimenticare che il governo è sceso personalmente in campo in questa campagna elettorale per interferire sul voto. Oggi Renzi si sveglia e dice che il voto alle amministrative non è un voto politico ma uno che viene dato a chi ha gover- nato la città. Anche il presidente del Consiglio ha ammesso che la città non è stata governata così male e che il popolo napoletano sostiene il suo sindaco. Renzi ha fatto di tutto per urlare alla rottamazione del partito e invece ha rinsaldato il partito. Questo si è visto alla chiusura della campagna elettorale di Valeria Valente. La più grande rottamazione l''abbiamo fatta noi". Ha aggiunto l’ex Pm che poi ha scherzato con i giornalisti, spiegando di non volersi "candidare ad essere nominato ora a commissario del Pd. Ma forse finisce proprio la stagione dei commissariamenti". Tra i grandi sconfitti anche Fratelli d’Italia: "Sono deluso sul piano politico e su quello personale. Per l'impegno per la città e per la qualità delle nostre proposte per il futuro di Napoli ci aspettavamo molto di più. Non cercheremo alibi nell'astensionismo e nell''embargo di gran parte dei media rispetto al nostro programma e ci poniamo invece una domanda: perché Napoli non riesce ad uscire dall'immobilismo in cui è finta in questi ultimi cinque anni? E' incredibile, ed inquietante, infatti, che oggi il voto riproponga lo stesso ballottaggio del 2011", ha detto Marcello Taglialatela, candidato a Sindaco per FdI. ra le tante stranezze delle elezioni italiane, anche quella di una città dove invece lo spoglio è iniziato ieri mattina e non domenica sera, a urne chiuse. E’ il caso di Trieste, dove ieri pomeriggio è comunque diventato definitivo il ballottaggi tra Roberto Dipiazza (centrodestra) e Roberto Cosolini (centrosinistra). Dipiazza ha ottenuto 39.495 voti (40,81%), e Cosolini 28.277 voti (29,22%). "Con l'ampio consenso che i triestini hanno attribuito a me e alla coalizione che mi sostiene, i triestini hanno votato per il cambiamento in meglio della città, e per un progetto politico reale che può far tornare Trieste a essere quella importante capitale d'aria dal respiro internazionale che merita di essere". Lo ha affermato il candidato sindaco del centrodestra a Trieste, Roberto Dipiazza, commentando l'esito del primo turno alle Comunali. Ricordando che "il dato sull'affluenza è un chiaro segnale che la politica locale non deve trascurare i suoi cittadini", Dipiazza aggiunge che "per il ballottaggio, forte del risultato, voglio riunire la città in un grande progetto di sviluppo. Perché c'è bisogno di lavoro e di fiducia". "Sicuramente ci aspettavamo qualcosa di più, pur sapendo T con 40 punti di vantaggio. L'unica preoccupazione era dovuta al fatto che il ballottaggio ci sarebbe costato 400.000 euro di risorse del Comune, che invece dedicheremo ad altre esigenze della città", ha aggiunto Zedda, prima di lanciare un messaggio alla sinistra: "Uniti si vince, separati in casa e in perenne conflitto si rischia di perdere. Spero che al ballottaggio i miei colleghi, molti dei quali conosco perso- nalmente e ai quali sono legato come Fassino, facciano bene. È indubbio che le lacerazioni non hanno aiutato. Noi abbiamo cercato invece di tenere la coalizione unita fin dalle prime battute, basandoci sul programma di governo e sugli impegni che ci eravamo presi con i cittadini cagliaritani. E questo ci ha premiato". Gli avversari non hanno avuto dubbi nell’ammettere la secca sconfitta. che il ballottaggio ci avrebbe visto partire da secondi. Adesso comincia una nuova corsa", ha detto invece il sindaco uscente Roberto Cosolini. "Ci appelleremo a tutti coloro che hanno votato le liste escluse dal ballottaggio, che sono circa il 30% dei cittadini, e anche a quelli che non hanno votato. Ci sono due candidati sindaco, ci sono due progetti e due visioni di città, e su questo ci confronteremo in queste due settimane, sapendo che è una sfida nuova". Cosolini ha ricordato quindi che "aver governato in anni difficili ha fatto perdere quel vantaggio forte che caratterizzava i sindaci uscenti, e lo si vede anche dai risultati di città in cui il centrosinistra è più forte.. Anche sul piano del dialogo con gli elettori qualcosa non ha funzionato. Adesso parte la nuova sfida, cercheremo di fare tutto ciò che non abbiamo fatto in passato". 5 Martedì 7 giugno 2016 PRIMO PIANO L'INCIDENTE È AVVENUTO DOMENICA SULLA PEDEMONTANA; L'ONOREVOLE LEGHISTA LASCIA MOGLIE E DUE BAMBINI La morte di Buonanno: malore prima dello schianto? Disposta l’autopsia - Intanto c’è chi fa del complottismo. E i soliti idioti che insultano di Emma Moriconi a morte di Gianluca Buonanno ha listato a lutto la giornata di domenica scorsa: tutta l'Italia piange il politico e l'uomo, troppo giovane per finire i suoi giorni in uno schianto sulla Pedemontana. C'è poi anche chi insulta, chi esulta, e se la rete è lo specchio della società odierna c'è davvero di che essere molto preoccupati. Casi isolati, il più delle volte, ma quando certi post e certe affermazioni vanno a mancare di rispetto anche alla pietà dei defunti, c'è da chiedersi se la colpa sia solo di chi mette nero su bianco certe oscenità o, di più, di uno Stato che non persegue esternazioni di questo tipo. Non ne riporteremo neppure una, questi personaggi non meritano alcuna visibilità: ci limitiamo a condannare fermamente e con orrore questi atteggiamenti e a invocare un intervento delle autorità affinché la "pietà dei defunti", cardine di ogni società, torni ad L essere qualcosa che deve essere difeso. Piuttosto, quello che vorremmo fare è ricordare la figura di un uomo che si è battuto per tutta la vita per il popolo. Perché questo è stato, Gianluca Buonanno: originale, sopra le righe, a volte dissacrante, sempre sorridente, affabile, vicino alla gente. Raramente, in occasioni tragiche come questa, la rete ha visto tante immagini di un politico insieme al suo popolo: foto di eventi, gazebo, manifestazioni, palchi, strade, piazze. Gianluca Buonanno lascia la sua compagna e due figli: aveva solo cinquant'anni. Ora sarà l'autopsia a spiegare le cause della morte e a chiarire se c'è stato un malore prima dell'impatto mortale. A lavorare per definire i particolari della dinamica dell'incidente, avvenuto tra Mozzate e Solbiate Olona, ci sono gli agenti della polizia stradale di Busto Arsizio e la procura ha annunciato di aver aperto un fascicolo. Gianluca Buonanno è uno di noi, lo è sempre stato: aveva cominciato la sua strada in politica nel Movimento Sociale Italiano quando aveva solo sedici anni, e aveva militato a lungo nel Partito di Almirante prima di arrivare alla Lega Nord. Parole di cordoglio sono giunte da tutto il mondo politico, Matteo Salvini lo ha voluto ricordare come una persona "leale, coraggiosa, concreta, onesta, generosa, sempre fra la sua gente da Sindaco e parlamentare". Nel frattempo anche qualche teoria complottista si è fatta strada: secondo Rosario Marcianò, infatti, il caso potrebbe essere assimilato a quello di Jorge Haider a causa delle posizioni anti-europeiste e contro l'immigrazione selvaggia dell'europarlamentare appena scomparso. Ora, teorie a parte, saranno gli inquirenti a stabilire cosa è successo e come. Quanto a noi, possiamo solo esprimere il nostro cordoglio per la scomparsa di un uomo del quale si sentirà la mancanza, e non solo nel suo Partito. CURIOSITÀ ELETTORALI: LUTTO IN PROVINCIA DI CUNEO, MUORE L’ASPIRANTE PRIMO CITTADINO MA LA TORNATA È VALIDA Il primo sindaco? Già alle 19 Unico candidato a Selva di Cadore la spunta a urne ancora aperte superando il quorum. Ma c’è anche chi viene eletto con il 100% dei consensi, dove si è votato dopo 10 anni o per la prima volta di Barbara Fruch l primo sindaco eletto ufficialmente si è saputo prima della chiusura delle urne. Mancavano infatti alcune ore all’inizio dello spoglio quando Silvia Cestaro poteva già brindare. L’architetto 44enne sapeva già che sarebbe stata lei a rivestire la carica di primo cittadino a Selva di Cadore, centro di circa cinquecento anime nel Bellunese. Si trattava infatti dell’unica candidata alla guida dell’amministrazione con la lista “La nostra valle”. Unico “problema” da superare insomma, come succede in questi casi, era il raggiungimento del quorum. La carica è diventata ufficiale alle 19, quando aveva votato il 51,67% degli aventi diritto. Anche ad Alano di Piave, l’altro comune monolista nel Bellunese di 2861 abitanti, a presentarsi alla carica di sindaco è stato un unico candidato. Quindi anche in questo caso l’unico rischio era il quorum. Pericolo scampato, comunque, i votati infatti sono stati poco più del 54 per cento. Rieletta quindi l’unica candidata Amalia Serenella Bogana (sindaco uscente). Non ha raggiunto il quorum il voto a I Nimis, comune italiano di 2752 abitanti della provincia di Udine, dove si è presentato l’unico candidato sindaco Walter Tosolini, sostenuto da Lista Civica per un Nuovo Nimis. Alla chiusura delle votazioni, l’affluenza è stata del 43%. Sarà quindi nominato un commissario. Ad essere invece eletto con il 100% dei consensi è stato il sindaco di Morterone, secondo centro più piccolo di tutta Italia, in Provincia di Lecco. Gli abitanti infatti sono appena 38. La fascia tricolore va dunque a Antonella Invernizzi, unica candidata che si appresta a ricoprire il suo secondo mandato, che ha incassato 15 preferenze (dei 31 aventi diritto) che valgono ben 9 seggi su 10 in Consiglio comunale. I rivali infatti hanno tentato di sconfiggerla con l’astensionismo, in 14 infatti non si sono presentati alle urne. Ma per un cittadino il quorum è stato raggiunto e il decimo seggio non sarà assegnato: sarebbe toccato al virtuale partito delle Giovanna Zetti Silvia Cestaro schede bianche: 2 i votanti che hanno consegnato la scheda immacolata (11,76%). C’è anche un comune che rivede finalmente un sindaco dopo ben un decennio. È infatti il caso di Platì, in provincia di Reggio Calabria, dove da tempo non si attestava la volontà dei cittadini per la gestione della res pubblica. Vince Rosario Sergi, lista civica “Liberi di ricominciare”, con il 63,43% contro Ilaria Denise Giada Mittiga, figlia dell’ex sindaco, Francesco Mittiga, la cui Amministrazione è stata sciolta nel 2003 per infiltrazioni mafiose. Nelle elezioni del 2015 a Platì non si era potuto votare perché non erano state presentate liste. l centro della Locride, comunque, resta sotto osservazione da parte della Commissione parlamentare antimafia, che ha rilevato anomalie in alcune candidature tra cui quella dello stesso Sergi. Nelle settimane scorse si era ritirata dalla competizione elettorale Annarita Leonardi, la cui candidatura a sindaco era stata presentata alla Leopolda dal premier Matteo Renzi. Ci sono poi anche i comuni in cui si è andato al voto per la prima volta, si tratta infatti di quelli nati dalle fusioni. Ne sono un esempio i Comuni nel Bellunese Val di Zoldo e di Alpago, nati dalle fusioni di cinque comuni, due nello Zoldano e tre nella conca alpagota, dove sono stati eletti rispettivamente Camillo De Pellegrini con 53,08% e Umberto Soccal col 69%. Oppure Alto Reno Terme (Bologna), nato dopo la fusione tra Porretta e Granaglione, dove vince Giuseppe Nanni eletto con il 49,45%, battendo così gli altri tre sfidanti. C’è poi il caso del comune in cui il Sindaco eletto non festeggia. Succede a Martiniana Po, nel Cuneese, dove proprio ieri a urne aperte è morta la sfidante Giovanna Zetti, che ha ottenuto 137 voti. Con 325 voti è stato invece eletto il sindaco uscente Bruno Allasia, che non ha però brindato alla vittoria in segno di lutto per la morte dell’altra candidata, personaggio molto noto in provincia di Cuneo. Oltre ad essere stata per dieci anni, dal 2001 al 2011, sindaco di Martiniana, comune della bassa Valle Po con poco più di 700 abitanti, la Zetti - che aveva 68 anni e da tempo lottava contro un tumore - è stata anche consigliere provinciale e ha ricoperto numerosi incarichi nella comunità montana e in vari enti pubblici del territorio. 6 8 Martedì 7 giugno 2016 PRIMO PIANO IL CENTROSINISTRA SI PREPARA A UNA SFIDA DIFFICILE: IL VOTO TRA DUE DOMENICHE Raggi di cinque stelle: contro ha Giachetti Grillini oltre ogni più rosea aspettativa. Fuori dal ballottaggio Giorgia Meloni: “Ma mi occuperò di Roma” di Robert Vignola oma è la stella più prestigiosa che i grillini fanno brillare nel proprio cielo di fine giugno. In testa c’è Virginia Raggi, con un risultato tale da far pregustare il successo. È la migliore performance elettorale di questa tornata per le amministrative, anche oltre le più rosee aspettative. Il 35,2% finale rappresenta un bacino di voti capace di galvanizzare il “popolo” dei meetup, anche perché il secondo in lizza è ben lontano: Roberto Giachetti si è fermato al 24,9%, risultato che ha più chiavi di lettura. La distanza dai Cinque Stelle è, appunto, siderale ma a Roma il centrosinistra doveva innanzitutto limitare i danni: con il vicepresidente della Camera che si piazza al ballottaggio, si ottiene qualcosa in più di un risultato minimo. Le ombre di Mafia Capitale da una arte e del disastro Marino dall’altra hanno offuscato la campagna elettorale del Pd che ha però piazzato la zampata decisiva, relegando al fotofinish Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia si ferma al 20,6%, ma domenica notte ha a lungo fatto sognare il sorpasso sull’uomo di Renzi. Tra le sue liste bene Fratelli d’Italia, che si attesta al 12%, e un seggio sicuro lo strappa anche la civica. R Non cresce invece Alfio Marchini: il suo 11% è insufficiente rispetto alle aspettative che si nutrivano dopo l’esordio del 2014. Male al suo interno Forza Italia, che non raggiunge ne- anche il 5% mentre la Lista Storace si ferma allo 0,63%, poco meno di ottomila voti. Epilogo amaro anche per Stefano Fassina, che non riesce a sfondare da sinistra e si ferma prima del 4,5% complessivo. Sesto assoluto è Simone Di Stefano, di Casa Pound Italia, con 1,18%. Poi tutti gli altri, sotto la soglia simbolica dell’1%. IL DATO L’ANALISI DEL VOTO Se passa il M5S, più seggi per Fdi e Lista Marchini Già disegnata la geografia del prossimo consiglio comunale: gli equilibri cambiano a seconda di chi vince ratelli d’Italia e Lista Marchini, costretti a “tifare” Virginia Raggi? che, stando ai due scenari descritti,. Per avere la geografia definitiva della nuova Assemblea capitolina bisognerà attendere il secondo turno, ma la ripartizione dei seggi già sicuri tra le liste dice chiaramente che in caso di vittoria dei grillini otterrebbero un consigliere a testa in più sia il partito di Giorgia Meloni che la lista dell’imprenditore. Discorso ormai abbastanza chiaro, anche perché di apparentamenti in vista non ce ne sono: li escludono i diretti interessati Raggi e Giachetti, non sembrano d’altronde intenzionati a chiederne coloro che sono rimasti esclusi dal secondo turno. In attesa del dato sulle preferenze dei singoli candidati, che disegnerà la geografia del consiglio comunale assegnando anche i nomi ai primi scranni, sono due gli scenari che si profilano per la prossima aula Giulio Cesare, desumibili dal “metodo D’Hondt”: uno a trazione Cinque Stelle, l’altro a guida Pd. Così, se la Raggi tra due domeniche dovesse confermare il suc- Ovviamente il borsino delle dichiarazioni segna sentimenti assai discordanti.Virginia Raggi già dalla notte aveva dialogato davanti alle telecamere dei grandi network e ai taccuini dei giornalisti. “È solo il primo tempo, ci sarà il rush finale” ma “è una giornata importante, i romani stanno lanciando un messaggio chiaro, è un momento storico”, e quasi commossa: “Potrei diventare prima donna sindaco qui a Roma, il vento sta cambiando”. Roberto Giachetti in mattinata promette battaglia: “Ho avuto 24mila in più delle liste a sostegno, un segno di fiducia che ritengo importante e un punto di partenza per il lavoro da fare”. E ancora: “Adesso si azzera tutto, c'è un secondo tempo da giocare e ce lo giocheremo fino alla fine, fino all'ultimo giorno. Chi pensa di aver chiuso la partita si sbaglia. Spero che Raggi non si sottragga come ha fatto finora, e poi saranno i romani a decidere sulla competenza di ciascuno”. “Faccio i complimenti a Raggi e Giachetti, ma noi non faremo sconti a nessuno e io continuerò a occuparmi di Roma”, è stato invece il commento di Giorgia Meloni. Anche se, nelle prossime due settimane, toccherà assistere ad una campagna elettorale tra due oggetti del tutto alieni alla storia romana. Toh, chi si rivede: Marino spara sul Pd “Io avevo preso assai più consensi, necessario cambiare strategia” F allimenti del Pd a Roma? Se c’è uno che se ne intende, è Ignazio Marino. Che infatti a poche ore dalla ufficializzazione del ballottaggio Raggi-Giachetti, ne ha subito approfittato per rimestare nella sua vicenda e nella gestione che ne ha avuto il partito. “Il risultato del primo turno a Roma propone con forza il problema di un Partito Democratico che ha rotto il proprio rapporto con la città. Dati alla mano, il calo del consenso verso il Partito Democratico romano è drammatico e sarebbe un grave errore sottovalutarlo o fingere di ignorarne le cause”. Non mancano le dietrologie: “La sofferta conquista del ballottaggio da parte di Roberto Giachetti, favorita in modo de- F cesso di ieri, che le permette di partire con un notevole vantaggio, il M5S si aggiudicherebbe, da solo, il 60% degli scranni di Palazzo Senatorio, vale a dire 29 consiglieri su 48. I 19 consiglieri restanti sarebbero 8 del Pd, 5 di Fratelli d’Italia, 2 della Lista Marchini e 1 a testa per Forza Italia, lista civica Giachetti, Sinistra per Roma e lista civica Meloni. Se Giachetti dovesse invece riuscire a sovvertire il pronostico, il premio di maggioranza andrebbe alla sua coalizione: i 29 seggi sa- rebbero divisi tra il Pd (che ne porterebbe a casa 22, più del 2013), la sua lista civica (che se ne aggiudicherebbe 5) e le liste Democratici e popolari e Radicali (con un seggio a testa). Queste ultime due sarebbero quindi rappresentate in consiglio solo in caso di vittoria del centrosinistra. Prima forza di opposizione sarebbe il M5S con 11 consiglieri, a seguire Fdi con 4, e poi 1 ciascuno per Lista Marchini, Forza Italia, Sinistra per Roma e civica R.V. Meloni. terminante e forse voluto da Forza Italia, rende onore agli sforzi di un candidato che paga la sua eccessiva vicinanza a Renzi, ma che ha lavorato duramente sul territorio. Ma il volto di Giachetti, non può da solo coprire la gestione fallimentare di un partito che dopo gli arresti di Mafia Capitale ha perso l’occasione di rinnovarsi e che si è anzi chiuso in un disperato tentativo di auto-conservare il proprio potere, in ossequio non ai cittadini-elettori, ma solo al verbo renziano”. La lingua dell’ex sindaco fa comunque presto a battere laddove il dente duole. “Da quando fu commissariato, nel 2014, e interamente affidato per ordine di Matteo Renzi a Matteo Orfini, il Partito Democratico romano ha mancato i risultati sperati e necessari. Non si sono visti né l’auspicato ricambio di classe dirigente, né la necessaria pulizia. I poteri assoluti a Orfini sono diventati uno strumento per soffocare qualsiasi dibattito interno e sono stati utilizzati per eliminare con una manovra, antidemocratica nei fatti, il sindaco eletto da 670.000 romani appena due anni prima”. Facile comprendere come Marino dovesse per forza andare a consolarsi con i conti. “Nel 2013, al primo turno la coalizione di centrosinistra ottenne il 42.6% dei voti, pari a 512.720 elettori. Oggi Giachetti, con la sua intera coalizione, ottiene il 24,85%, pari ad appena 319.305 elettori. Se consideriamo solo gli elettori del Partito Democratico nel 2013 furono 267.605 mentre oggi sono poco più di 200.000, con un calo di circa 70.000 votanti. In percentuale, a Roma, il Partito Democratico è passato dal 26,26% del 2013 a circa il 17% di oggi”. L’analisi del voto è quindi questa: per Ignazio Marino “è urgente agire al più presto per prendere concretamente le distanze da una strategia che si è rivelata suicida e dare un forte segno di discontinuità. Servono persone nuove nel Partito Democratico, meno supponenti e più rispettose dei sentimenti e dei giudizi degli elettori. Perché gli elettori capiscono che se non si cambia davvero il Pd, il Pd non sarà mai in grado di cambiare Roma”. Come dire: la prossima volta candidate R.V. me. O no? 7 Martedì 7 giugno 2016 PRIMO PIANO QUARTIERE PER QUARTIERE, ECCO I RISULTATI SU ROMA Minisindaci: tutti al ballottaggio In testa il Pd in nove Municipi, il M5S in cinque. Ancora in corsa un solo candidato di centrodestra di Robert Vignola utti al ballottaggio, con due schede. Se la prima tornata elettorale non è bastata per far levare sul cielo del Campidoglio la fumata bianca, il ballottaggio sarà necessario anche per ridefinire i vari consigli municipali. Nessun minisindaco è stato infatti eletto al primo turno. Il dato politico ci dice anche che a livello di quartiere i grillini non sfondano. In nove Muni- T cipi sono in testa i candidati del Pd, in cinque quelli del M5S. Nello specifico nel I Municipio, il centro storico, Sabrina Alfonsi del Pd è in testa con il 38,69%, Maria Giuseppina Campanini (Movimento 5 stelle) è seconda con il 20,19%, mentre Stefano Tozzi (FdI) è terzo con il 17,46%. Nel II Municipio, Parioli-Salario, Francesca Del Bello (Pd) è al 35,67%, Fabio Fois (M5S) al 20,03% e Andrea Signorini (FdI) al 18,49%. Nel III Municipio, Nomentano-Montesacro, Paolo Emilio Marchionne (Pd) è al 29,39%, Roberta Capoccioni (M5S) al 26,78% e Vincenzo Di Giamberardino (FdI) al 18,55%. Il IV Municipio, il Tiburtino, è il primo dove il M5s è in testa: Roberta Della Casa (M5S) ha toccato quota 31,30%, Emiliano Sciascia (Pd) il 25,26% e Giovanni Ottaviano (FdI) il 20,25%. Anche nel V Municipio, Pigneto/Centocelle i grillini sono in testa: Giovanni Boccuzzi (M5S) è al 29,50% Alessandro Rosi (Pd) al 24,69% e Fabio Sabbatani Schiuma (FdI) al 20,17%. Nel VI, il Municipio delle Torri, Ro- berto Romanella (M5S) è al 33,71%, ma al ballottaggio stavolta va Nicola Franco (FdI) al 21,93%, mentre Dario Nanni (Pd) al 19,67%. Nel VII, l’Appio-Tuscolano, torna in vantaggio il Pd: Valeria Vitrotti dei Dem è al 30,10%, assai vicina Monica Lozzi (M5S) al 29,27%, più staccato Fulvio Giuliano (FdI) al 18,25%. Nell’VIII, Garbatella-Ostiense, è il Movimento Cinue Stelle in testa con Paolo Pace, al 27,26%, Anna Rita Marocchi (Pd) tocca il 26,90% mentre il presidente uscente Andrea Catarci (Sinistra per Roma/Fassina sindaco) è terzo con il 15,73%. All’Eur, il IX Municipio, è in testa Dario D''Innocenti del M5S con il 30,89%, Andrea Santoro del Pd è al 27,36% e Maurizio Cuoci (FdI) al 18,88%. Se nel X Municipio, Ostia, non si votava in quanto commissariato, si è verificato un testa a testa anche nell’XI Municipio, Portuense-Magliana: Maurizio Veloccia (Pd) è al 31,38%, Mario Torelli (M5S) al 30,13% e Marco Palma (FdI) al 19,97%. Nel XII Municipio, Monteverde, Cristina Maltese (Pd) tocca il 33,91%, Silvia Crescimanno (M5S) è al 28,58%, più staccato Marco Giudici (FdI) al 17,49%. Nel XIII Municipio, l’Aurelio, Massimiliano Pasqualini (Pd) è al 25,04%, Giuseppina Castagnetta (M5s) al 24,17%, Enrico Cavallari (FdI) al 19,25%. Nel XIV Municipio, Montemario-Balduina,Valerio Barletta (Pd) è in testa con il 28,51%, seguono Alfredo Campagna (M5S) con il 27,78% e Fulvio Accorinti (FdI e Lega) con il 19,93%. Infine, il XV Municipio, Cassia/Flaminia: Daniele Torquati (Pd) è in testa con il 28,54%, Stefano Simonelli (M5S) è secondo con il 23,29% e qui terzo si piazza Giuseppe Mocci (Lista Marchini) con il 20,09%. IL CANDIDATO DI FDI E QUELLO CIVICO SI CONTENDERANNO LA POLTRONA Latina: Calandrini in testa, ma c’è l’insidia Coletta Sconfitto il centrosinistra: resta fuori Enrico Forte, l’uomo di Zingaretti. Buon risultato di Tripodi nche a Latina, seconda città del Lazio, si andrà al ballottaggio e la sfida sarà tra un candidato civico, vera rivelazione di questa tornata elettorale, Damiano Coletta (22,1%), e un esponente di Fratelli d’Italia, Nicola Calandrini (finito primo dopo il testa a testa alle ultime sezioni, con il 22,4%). Un trend di cui ha ormai preso atto anche il candidato del centrosinistra, Enrico Forte, il quale ha dichiarato che il 19 giugno appoggerà il candi- A dato civico. Coletta, medico e con un passato nel Latina Calcio, aspirante sindaco alla guida di tre liste civiche, ha affrontato la competizione puntando sul rinnovamento e sull’etica, dopo che due giunte sono crollate anticipatamente per contrasti relativi soprattutto alla gestione dell’urbanistica, dei rifiuti e del servizio idrico nel capoluogo pontino, con un Comune che nell’ultima consiliatura è stato sommerso dalle inchieste. Calandrini, che dopo una lunga militanza in Forza Italia ha aderito a FdI, ha invece cercato di salvare quella che era la roccaforte del centrodestra, appoggiato anche da Noi con Salvini. Grande sconfitto Enrico Forte, vincitore delle primarie del Pd e unico candidato del centrosinistra, ma rimasto fuori dal ballottaggio: si è fermato al 21%. Forte, consigliere regionale, non ha sfondato e con lui a perdere a Latina è stato anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, suo principale sponsor. Tornando al centrodestra, in una campagna elettorale in cui vi erano ben otto candidati su undici che facevano riferimento a quest’area politica, resta staccato sensibilmente Alessandro Calvi, l’uomo di Forza Italia, al 14,2%. Orlando "Angelo" Tripodi si è invece al 4,6%, con La Destra a guidare il suo pacchetto di liste (1,2%). Malissimo Danilo Calvani, esponente dei Forconi, noto per essere arrivato in Jaguar durante le proteste che nel 2013 tentarono di paralizzare l’Italia: si è fermato R.V. allo 0,8%. CLAMOROSA ESCLUSIONE PER L’EX DEPUTATO DI FI IANNARILLI Tre Comuni ciociari al bis, ma la vera sorpresa è Alatri Debacle dei grillini, per niente radicati sul territorio anno al ballottaggio tutti e tre i Comuni della provincia di Frosinone dove era prevista questa opportunità, avendo più di 15mila abitanti. Il secondo turni riguarderà quindi Cassino, Alatri e Sora. A Cassino vanno al ballottaggio il sindaco uscente Giuseppe Petrarcone - con sette liste civiche tutte di centro sinistra e quella ufficiale dei socialisti – e Carlo D’Alessandro, del raggruppamento di centro destra che va da Forza Italia a Fdi a Noi con Salvini. Quest’ultimo sorpassa di un paio di punti percentuali Francesco Mosillo, anche lui del centrosinistra e anche V lui senza il simbolo ufficiale del Pd, che quest’anno a Cassino non è ufficialmente sceso in pista, stante anche la spaccatura esistente tra i due ‘ras’ del partito in Ciociaria, ovvero il senatore Francesco Scalia e l’ex eurodeputato Francesco De Angelis. Una spaccatura che al ballottaggio potrebbe proprio fare il gioco di Mosillo. Molto indietro gli altri candidati, tutte di liste civiche a parte il Movimento cinque stelle che comunque ha raccolto poco. Un altro sindaco uscente andrà al ballottaggio: si tratta di Ernesto Tersigni, primo cittadino di Sora, esponente dell’Ncd provinciale, che ha dalla sua sei liste civhe. Al primo turno ha staccato di sette punti Roberto De Donatis, anche lui supportato da una marea (ben sette) di liste civiche. Anche a Sora amaro in bocca per i grillini: arrivati comunque al 16%, i Cinque stelle speravano di portare il candidato Fabrizio Pintori, sardo trapiantato in Ciociaria, al ballottaggio. Ma la sorpresa più grossa arriva da Alatri, dove il sindaco uscente Giuseppe Morini, pd, si ferma al 35%, mentre Antonello Iannarilli (Forza Italia, già deputato e presidente della Provincia) non arriva neppure al ballottaggio. Tra i due si è infilato come una mina vagante Enrico Pavia, avvocato 50enne, che ha compattato attorno al suo programma cinque liste civiche, sganciate dai partiti. Anche ad Alatri malissimo i Cinque stelle, fermi all’8% in una cittadina che però esprime in Luca Frusone un deputato del Movimento grillino. 8 Martedì 7 giugno 2016 ATTUALITA’ VIA NAZIONALE TAGLIA LE STIME DI AUMENTO DEL PIL 2016 DA +1,5 A +1,1% Crescita, Bankitalia spegne gli entusiasmi di Renzi L’inflazione rimarrà ancora pari allo zero nella media di quest’anno. Il risultato? Stagnazione di Marco Zappa ottimismo smisurato di Matteo Renzi non basta per far riemergere l’Italia dalle sabbie mobili. Palazzo Koch rivede al ribasso non solo le stime del governo ma pure quelle di Francoforte che nei giorni scorsi aveva parlato di una risalita lenta ma efficace. Tant’è, secondo Bankitalia le stime iniziali (+1,5% sia per il 2016 che per il 2017) sono da rivedere al ribasso. Visto che nel secondo trimestre dell’anno l’Italia dovrebbe mantenere lo stesso ritmo del primo, senza dunque cambiare marcia: +0,3 per cento. In media d’anno, il prodotto interno lordo (Pil) aumenterebbe quindi dell’1,1% e accelererebbe all’1,2% nel 2017 e nel 2018. Scontando pure le difficoltà relative al debole andamento dell’economia mondiale. Come se già non bastasse, per l’istituto di via Nazionale l’inflazione rimarrà ancora pari a zero nella media di quest’anno per poi risalire solo gradualmente nei prossimi anni. E il risultato è presto detto: stagnazione. Tradotto, L’ rimaniamo immersi nelle paludi. Anche per via dell’andamento dei prezzi, “che riflette sia il contributo della componente importata sia quello dei prezzi interni, trainati soprattutto dalla ripresa ciclica dei margini di profitto”. Al netto della componente energetica, l’indice di quelli al consumo aumenterebbe dello 0,6% nel 2016, dell’1% nel 2017 e dell’1,5% nel 2018. Non ottime notizie nemmeno sul fronte dell’occupazione, con l’Italia che nel prossimo triennio dovrebbe – a questo punto il condizionale è d’obbligo – ricevere una spintarella dal lentissimo e misero consolidamento dell’attività economica e dagli interventi di sostegno alla domanda di lavoro”. Situazione non critica ma a dir poco preoccupante. Con il tasso di disoccupazione che potrebbe portarsi al 10,8% nel 2018 e non prima. Da Bankitalia nuovo campanello d’allarmante per l’esecutivo Renzi, che non sa dove mettere le mani per riportare il Paese ai livelli precrisi. Adesso ci si mette pure Palazzo Koch che entra di diritto nella squadra, ormai dalla rosa allargata, dei “gufi”. DITO PUNTATO CONTRO LA DIFESA E LA MARINA, TRA RIMPALLI DI RESPONSABILITÀ E INCHIESTE INTERNE SEGRETE I responsabili della cattura dei Marò ancora impuniti: sul caso regna omertà Quell’ordine di far rotta su Kochi e le verità dell’ex ministro degli Esteri Terzi: “Noi informati tardi” miliati, derisi e non esenti da responsabilità. Nonostante il ritorno in patria, almeno fino alla conclusione dell’arbitrato internazionale (con la sentenza prevista entro l’estate U 2018), da parte di Salvatore Girone, l’incredibile caso dei Marò continua a far discutere. Per le presunte responsabilità nella vicenda da parte dei vertici della Difesa e della Marina nella assurda (per usare un eufemismo) decisione di consegnare i fucilieri del San Marco agli indiani. Ebbene, secondo un servizio notiziario de La 7, che avrebbe trovato conferme pure in una “indagine” del Giornale, i nomi dei “colpevoli” sarebbero tutti inseriti dentro l’inchiesta interna della procura militare “non ancora archiviata”. E’ il 15 febbraio 2012 (data dell’inizio dell’incubo) quando Massimiliano Latorre, a capo della squadra di soldati in difesa della “Enrica Lexie”, chiede l’autorizzazione a rientrare in porto alla sua catena di comando. Il mercantile, va sottolineato, stava già navigando in acque internazionali verso nuovi scali, lasciandosi dietro l’incidente del peschereccio che s’era avvicinato troppo con i Marò costretti ad aprire il fuoco uccidendo due pescatori scambiati per pirati. In quel maledetto giorno a Santa Rosa, il quartier generale della Marina a Roma, era presente il capitano di vascello Martino Baldari. Che informa subito l’ammiraglio di Squadra Donato Marzano, capo di stato maggiore di Cinvav e oggi responsabile della logistica a Napoli, che a sua volta decide di confrontarsi con l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, comandante della squadra navale che solo sette giorni dopo verrà nominato capo di stato maggiore della Marina per poi salire al vertice della Difesa. Dopo le consultazioni a Latorre arriva l’ordine di far rotta su Kochi perché, una delle motivazioni, “gli indiani sono nostri alleati nella lotta alla pirateria”. Un diktat non condiviso, almeno secondo la sua versione, da parte dell’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi, che sembra pensarla diversamente. E al Giornale racconta di come “fin dall’inizio” aveva intuito che ci fosse “malafede ed interessi economici da coprire, come le commesse di armamenti a New Delhi”. Lamentando pure il fatto che la Farnesina “è stata informata successivamente a questa decisione al contrario di quando avvenuto con il dicastero della Difesa”. Ancora rimpalli di responsabilità, dunque. Con i colpevoli di quella che s’è poi trasformata in un’autentica odissea giudiziaria, ancora impuniti. Visto che l’inchiesta della procura militare non avrebbe trovato risvolti penali ma, come denunciato però a La 7 “storture, superficialità e negligenza” da parte della Marina, oltre al tentativo di scaricare le colpe sull’armatore della Lexie. Con l’emittente televisiva che racconta di come nelle ore cruciali del fattaccio in mare aperto almeno una trentina di ufficiali superiori si interessarono della questione senza però muovere un dito nei confronti dei Marò. Che quattro giorni dopo, il 19 febbraio 2012, vennero arrestati nel Kerala, uno degli Stati della federazione indiana. Ma per quella cattura evitabile, che s’è trasformata poi in persecuzione, nessuno ha mai pagato. Con la vicenda che merita chiarezza e giustizia. M.Z. LE AUTOCERTIFICAZIONI PRESENTATE DA CHI NON DI DISPONE DI ALCUN APPARECCHIO TV PER NON PAGARE L’IMPOSTA RISCHIANO DI ESSERE NULLE Canone Rai in bolletta, altre polemiche Il modulo previsto è quello rilasciato dall’Agenzia delle Entrate e la questione rischia di finire in tribunale l canone Rai in bolletta ormai è legge, ma resta il caos. Visto che l’imposta rischia di essere pagata pure da chi non dispone di alcun televisore e per questo motivo ha presentato l’autocertificazione per essere esentato dal salasso. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è entrato effettivamente in vigore il decreto attuativo del ministero dello Sviluppo economico che impone il pagamento del balzello tv in bolletta. Ma che già presenta problematiche e insidie per i contribuenti. Il termine ultimo per inviare l’autocertificazione di non possesso è infatti scaduto lo scorso 16 maggio. Con il provvedimento arrivato addirittura 20 giorni dopo. Ma non è tutto: perché nel testo è stata messa nero su bianco una frase che rischia di mettere fuorigioco tutte le autocertificazioni presentate fino ad ora I da chi non possiede un apparecchio televisivo. A segnalare la vicenda è direttamente l’Unione Nazionale Consumatori, che sottolinea il fatto di come nell’ “ordinanza” viene previsto solo l’uso del modello dell’Agenzia delle Entrate, approvato dal Fisco. E diramato lo scorso 24 marzo ma che rischia ora di estromettere dalla lista dei non paganti tutti quelli che hanno presentato un semplice foglio. “Una tesi assurda – l’attacco dei denuncianti – che ci lascia perplessi anche e soprattutto dal punto di vista legale. In tanti nell’ultimo periodo hanno presentato la disdetta per il canone Rai usando moduli presenti sui siti dell’Agenzia delle Entrate o della televisione pubblica. “E’ evidente che chiunque abbia inoltrato una dichiarazione esaustiva – sostengono gli esperti dell’Unione Nazionale Consumatori – non può essere costretto a pagare l’imposta solo perché non ha compilato il modellino appositamente predisposto. Ma a quanto pare sarà così”. Oltre il danno la (possibile) beffa, dunque. Con la battaglia che rischia di finire in tribunale e creare un autentico finimondo. Per una doppia ingiustizia che ha dell’incredibile. 9 Martedì 7 giugno 2016 ESTERI GUERRA AL CALIFFATO In fuga da Falluja Prosegue l’accerchiamento della città, dal 2014 in mano all’Isis GIORDANIA di Cristina Di Giorgi a cittadina irachena di Falluja, insieme a Mosul la più importante del Paese nelle mani dell'Isis, è assediata dalle forze governative: l'offensiva che mira alla riconquista è infatti in pieno svolgimento. Stando a quanto riferito dal generale al Saadi, infatti, dopo essersi assicurate anche grazie ai raid aerei della coalizione anti-Isis a guida Usa il controllo di una vasta area agricola intorno all'abitato, le truppe irachene stanno facendo ingresso in città. Secondo le ultime notizie l'esercito di Baghdad è riuscito a prendere il controllo di alcuni quartieri periferici nella zona sud, mentre i miliziani del Califfato sono asserragliati nella zona centrale in cui, nei due anni di dominio (dal maggio 2014 ad oggi), hanno allestito strutture difensive di discreta portata. Le autorità locali hanno confermato tale scenario, dichiarando che “gran parte del centro di Falluja è circondato dalle forze governative” e che i miliziani dell’Isis “tentano di ostacolarne l’avanzata con mine, autobomba, razzi e obici”. Non solo. I tagliagole infatti, stretti nella morsa dell’assedio, usano come “scudi umani” i circa 50 mila civili che ancora non sono riusciti a fuggire. Oltretutto – la denuncia arriva dai responsabili di una Ong che gestisce campi per rifugiati appunto nei pressi di Falluja – da quando, due settimane fa, è scattata l'offensiva governativa, la gente che tenta di scappare (sono almeno 18mila le persone giunte nelle strutture allestite poco fuori dalla città) è divenuta bersaglio Attentato ad una sede dell’intelligence: cinque morti L dei miliziani dell'Isis, che sparano a vista contro chi si dà alla fuga. “Uomini, donne e bambini innocenti che si sono lasciati tutto alle spalle e cercano solo di salvarsi la vita” ha detto alla Bbc Nasr Mufkahi, direttore del Norwegian Refugee Council in Iraq, che ha raccolto numerose testimonianze di quanto sta accadendo. Ed è inoltre di ieri la scoperta, da parte dell’esercito di Baghdad, di una fossa comune con 400 corpi, rivenuta nel distretto settentrionale di Saqlawiya, strappato all’Isis lo scorso fine settimana. I resti appartengono a civili, militari e poliziotti assassinati – ha riferito un ufficiale dell’esercito, con “colpi di arma da fuoco alla testa”. Nel contesto della riconquista, ancora, va ricordato che c’è il rischio di possibili contrapposizioni tra gli assedianti. Da un lato ci sono infatti l’esercito regolare e il governo I risultati delle elezioni amministrative svoltesi domenica in Romania – pubblicati ancora solo parzialmente dalla Commissione elettorale centrale – hanno visto i Socialdemocratici conquistare un’importante vittoria. A quanto si apprende hanno infatti ottenuto a livello di media nazionale un consenso attestato intorno al 40%. Senza contare che un loro esponente, Gabriela Firea (43 anni, ex giornalista), è diventata il nuovo sindaco di Bucarest. E’ la prima donna a ricoprire tale ruolo. La consultazione di domenica era da più parti considerata come un importante test per i partiti romeni anche e soprattutto in vista delle elezioni politiche previste per fine ottobre. Nicaragua: Ortega si candida per il terzo mandato Tra i candidati che il 6 novembre prossimo lotteranno per la conquista della presidenza del Nicaragua ci sarà anche l’attuale capo di Stato Daniel Ortega, che ha in queste ore appunto annunciato di aver intenzione di correre per cercare di ottenere il suo terzo mandato consecutivo. Nell’ufficializzare la sua candidatura, riferiscono le agenzie, Ortega ha dichiarato che non inviterà osservatori internazionali (come richiesto dall’opposizione) a verificare il regolare svolgimento del voto perché tale procedura costituirebbe un’ingerenza negli affari interni del Nicaragua. di cinque vittime (tre agenti, una guardia e un centralinista) il bilancio dell’attentato di ieri mattina ad una caserma degli 007 giordani situata nella zona nord del Paese, al confine con la Siria. Ne ha riferito Al Arabyia, secondo cui l’azione è stata compiuta nei pressi del campo profughi di Buqaa, a nord di Amman. Secondo fonti delle autorità locali l’attacco è stato portato a termine alle prime ore del giorno da “miliziani amati di mitragliatori automatici e bombe a mano. Fino ad ora sembra non siano giunte rivendicazioni. La Giordania – ricorda la stampa - fa parte della Coalizione internazionale anti-Isis guidata dall'Arabia Saudita. E partecipa assieme all'Arabia Saudita al sostegno di gruppi armati siriani nel sud della Siria. Quanto alle indagini, il portavoce del governo ha riferito che “le forze di sicurezza stanno dando la caccia ai responsabili e indagando sulle circostanze dell’attacco terroristico”. Mohammad al-Momani ha comunque fatto capire di ritenere che si tratta di estremisti islamici: “gli autori – ha infatti aggiunto – sono elementi criminali che non rappresentano la CdG nostra religione moderata”. È SOMALIA DAL MONDO Romania al voto: vincono i socialdemocratici di al Abadi (filo occidentale). Dall’altro le milizie sciite della “Forza di mobilitazione popolare”, che secondo gli accordi presi prima dell’offensiva, devono limitarsi alla conquista delle zone rurali che circondano la città. Ma che in queste ore hanno annunciato, attraverso il comandante Abu Mahdi al Mohandis, che se l’esercito non riuscirà a prendere in tempi brevi la città (a maggioranza sunnita), manderanno gruppi di combattenti addestrati a completare la missione. Quanto alle sfere di influenza, Usa-Nato da una parte e Iran dall’altra quindi. E risulta chiaro come, in un quadro imprevedibile e in continua evoluzione, i successi sul campo dell’una o dell’altra parte possono determinare cambiamenti tanto repentini quanto fondamentali. E non solo per le sorti della guerra, ma per il futuro dell’Iraq tutto. Cuba, Raul Castro: “Mai più nell’Organizzazione Stati Americani” Il presidente cubano Raul Castro ha dichiarato che il suo Paese non farà mai più parte dell’Organizzazione degli Stati Americani (da cui è stato espulso nel 1962), definita uno “strumento di dominazione imperialista”. Con questa affermazione, pronunciata – riferiscono i media - nel corso di un vertice di Stati caraibici svoltosi a L’Avana, Castro ha inteso manifestare la “più ferma solidarietà ai nostri fratelli del popolo venezuelano e al suo presidente legittimo Nicolas Maduro” (che l’Osa ritiene possibile stia perpetrando, in Venezuela, una “alterazione dell’ordine democratico”). Mogadiscio: uccisa la giornalista di una radio vicina al governo Sagal Salam Osman, vent’anni, è rimasta vittima di un agguato a colpi d’arma da fuoco, rivendicato da al Shabaab Perù, presidenziali: verso la sconfitta di Keiko Fujimori Anche se risultati del turno di ballottaggio non sono ancora stati ufficializzati, il nuovo presidente peruviano sarà molto probabilmente l’ex banchiere di Wall Street Pedro Pablo Kuczynski, che sembra abbia prevalso, anche se di misura, sulla sua avversaria Keiko Fujimori, 41 anni, figlia dell’ex capo di Stato Alberto (attualmente detenuto in un carcere di massima sicurezza dove sconta una condanna a 25 anni di carcere per ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate mentre era alla guida del Paese). “Non abbiamo ancora vinto, dobbiamo aspettare i risultati ufficiali” ha avvertito Kuczynski. Quanto a Fujimori, ha sottolineato che “i sondaggi che si vedono in tv mostrano un sostanziale pareggio. Attendiamo con prudenza”. na giornalista che lavorava per un’emittente radiofonica vicina al governo di Mogadiscio (presso cui aveva funzioni di conduttrice di programmi dedicati ai giovani e produttrice) è stata uccisa domenica nella capitale somala. Ne da notizia il sito di news Vita.it, la cui fonte è la redazione di una radio locale U (Shabelle) parte di un progetto editoriale che unisce 25 media indipendenti africani. La ragazza, appena ventenne, si chiamava Sagal Salam Osman, ed è stata assassinata da un commando di uomini armati non identificati che l’hanno aggredita a colpi d’arma da fuoco in un caffè nei pressi della Plasma University, dove la giovane dedicava parte del suo tempo allo studio. A compiere l’omicidio sono stati i terroristi di Al Shabaab, che sembra abbiano rivendicato l’agguato. Osman è la seconda giornalista donna ad essere uccisa negli ultimi sei mesi in uno dei Paesi più pericolosi al mondo per chi sceglie questa professione (dal 2007 ad oggi sono stati 45 in Somalia i reporter assassinati). In Somalia giornalisti sono presi di mira regolarmente sia dagli islamisti radicali appartenenti al movimento al Shabaab (dal 2006 in guerra contro il governo locale e l’Unione Africana che lo sostiene), sia da sicari incaricati – scrive Vita.it – da uomini d’affari o personalità che disapprovano il modo in cui un giornalista o un media informa l’opinione pubblica. Quel che è certo è che Sagal Salad Osman “incarnava tutto quello che gli Shabaab odiano: era infatti una donna giovane, istruita e attratta dall’Occidente”. La Somalia nella classifica 2016 sulla libertà di stampa nel mondo redatta da Reporter senza frontiere si è piazzata al 165° posto su 180. Una classifica questa in cui, alle ultime posizioni, figurano anche altri quattro Paesi africani (Eritrea, Sudan, Gibuti e Guinea Equatoriale). E in altri ancora, come il Burundi, la situazione sta pericolosamente volgendo al peggio. Stella Spada 10 Martedì 7 giugno 2016 DALL’ITALIA DAL 24 GIUGNO NELLE VIDEOTECHE E LIBRERIE LA PELLICOLA CHE VUOLE STIMOLARE UN IMPORTANTE RAGIONAMENTO SULLE COSE SPIRITUALI God’s not dead, il rapporto tra fede e ragione Esce in dvd il film tratto dal libro: una riflessione sul libero arbitrio, perché “Dio non è morto” di Emma Moriconi al 24 giugno sarà disponibile nelle videoteche e librerie nazionali il DVD ufficiale del film "God's not deat" in Italiano. La pellicola è stata di recente presentata anche in vaticano: la storia è basata su fatti veri e ha avuto un successo straordinario, a dimostrazione che in questa epoca che sembra caratterizzata da una inesorabile perdita di valori, c'è bisogno estremo di riflettere sulla spiritualità. "Dio non è morto", insomma, con buona pace di chi ha tentato di inculcare nelle teste della gente che una vita senza spirito è possibile e auspicabile, probabilmente fondando la propria azione sul fatto che così sarebbe forse tutto più fa- D cile, ma soprattutto più comodo. Ed ecco invece un'occasione preziosa di riflessione profonda sul rapporto tra fede e ragione, tra mondo immanente e mondo trascendente. Un'occasione anche per stimolare la riflessione sul libero arbitrio dell'essere umano e ad interrogarsi sui valori della vita. "Al centro della storia - riferisce il comunicato dedicato alla pellicola -, una sfida intellettuale tra una matricola universitaria, Josh Wheaton (Shane Harper), e un prestigioso docente di filosofia, il Professor Radisson (Kevin Sorbo). Superbo e autoritario, il Professor Radisson ha costruito la sua brillante carriera e la sua intera vita privata sulla tesi che Dio non sia mai esistito e che ogni religione sia un’inutile super- stizione. Di forte temperamento, esige che i suoi studenti sposino la stessa idea. La matricola Josh, unico nel suo corso, non accetta la negazione della fede imposta dal professore. Superando difficoltà esterne e momenti di crisi interiore, il giovane dovrà dimostrare l'esistenza di Dio al professore e all’intera classe. Con la colonna sonora dei Newsboys, GOD’S NOT DEAD è un film in cui s’intrecciano fede e dubbio, spingendo adolescenti e adulti a interrogarsi sui grandi temi dell’esistenza". Il film è tratto dall’omonimo libro di Rice Broocks, "Dio non è morto" – Prove dell’Esistenza di Dio in un Epoca di Incertezza, della Dominus Production Edizioni. Ed è anche un'occasione per riflettere in termini scientifici e filosofici, il che è certamente cosa importante e di sicuro peso in un'epoca in cui sembra che il consumismo debba prevalere, con la forza, sulle cose dello spirito. È a causa proprio del consumismo che il Natale è diventato sempre più cenone, panettoni e torroni e sempre meno riflessione, partecipazione mistica, condivisione, celebrazione della nascita di Gesù, tanto per fare un esempio. L'ateismo dilagante nella scuola è tema preoccupante, problema che va arginato, perché le cose dello spirito non siano più sottomesse alle cose della carne. MILANO - NONA EDIZIONE, IN DIFESA DELL’INFANZIA Grande successo per “Un calcio alla pedofilia” Oltre 700 persone presenti, 4000 euro raccolti e devoluti ai progetti de “La Caramella buona” ove edizioni. Ovvero nove anni di impegno in difesa dei bambini. E tanti altri traguardi da raggiungere. È ottimo il bilancio fino ad oggi raggiunto dalla manifestazione “Un calcio alla pedofilia”, un evento che, per il 2016, si è svolto domenica scorsa. Organizzata da La Caramella buona e Bran.co onlus, con il patrocinio del Consiglio della Regione Lombardia, la giornata ha visto riunirsi, presso il Centro sportivo U.S. Triestina 1946 di Milano, ben 24 squadre. Sono stati poi più di 30 gli sponsor e oltre 350 le attività commerciali e i locali che, in tutta Italia, hanno promosso l’iniziativa e fornito i premi per la lotteria benefica. Che ha visto in palio maglie di calcio donate da N diverse società sportive e calciatori di Serie A, che non hanno mancato di dare il loro contributo. Ancora qualche numero: 6500 seguaci per la pagina facebook dedicata al Torneo, centinaia i disegni dei bambini pubblicati per dare il loro innocente e sentito contributo a una lotta che li riguarda molto da vicino, 700 persone presenti nell’arco dell’intera manifestazione, articolata in partite di calcio, giochi e momenti di approfondimento e informazione. E, soprattutto, la bella cifra di 4000 euro racconlti e devoluti a vari progetti che la Caramella buona, dal 1997 impegnata nella sacrosanta ma difficilissima battaglia contro la terribile piaga degli abusi sui CdG minori, sta portando avanti. IL CASO DEL BARISTA DI PADOVA UCCISO SULLE RIVE DEL PO, IL MOVENTE SAREBBE DI NATURA ECONOMICA Omicidio di Canaro, svolta nel giallo Fermati un sottufficiale dei carabinieri e la sua compagna: forse una rapina finita male svolta sul caso del barista di Padova ritrovato cadavere sulle rive del Po lo scorso 27 maggio: alla base dell'omicidio ci sarebbero ragioni economiche. Il movente sarebbero i debiti, che avrebbero spinto un sottufficiale dei carabinieri 45enne, Salvatore Ciammaichella, e la sua compagna, Monia Desole, a uccidere il cameriere del bar della stazione, il sessantenne Antonio Piombo, di Ceregnano, ritrovato senza vita da due pescatori sull'argine del È Po, colpito il giorno prima del ritrovamento da due colpi di una semiautomatica calibro 7.65. Il sottufficiale dei carabinieri risulterebbe residente a Frassinelle mentre la sua compagna risiederebbe in una casa popolare di Cento, a Ferrara, dove l'uomo prestava servizio. Ora i due sono in stato di fermo: sabato scorso sono stati presi a Canaro proprio dai carabinieri e l'uomo è in carcere a Rovigo mentre la donna in quello di Mon- torio a Verona. A quanto riferisce la stampa locale, la donna sarebbe stata intercettata dalle telecamere di sorveglianza di una banca mentre prelevava con il bancomat della vittima mentre il carabiniere avrebbe fatto il madornale errore di lasciare le sue impronte sulla Fiat Punto grigia del Piombo, auto che avrebbe usato per allontanarsi dal luogo del delitto per poi abbandonare il mezzo a qualche chilometro di distanza dal corpo, a Guarda Ve- neta. Pare che la coppia avesse accumulato dei debiti per pagare i quali avrebbe attirato Piombo nella golena del Po per derubarlo. Sulla vicenda gli inquirenti sono ancora al lavoro: i due sono sospettati di omicidio, anche se pare che non conoscessero personalmente la vittima. La coppia è stata sottoposta all'interrogatorio del pm di Rovigo Fabrizio Suriano e quindi il magistrato ha emesso il provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei CASALNUOVO (NAPOLI) Si allontana senza permesso. E il marito la riempie di botte na ragazza di 25 anni di Casalnuovo è finita in ospedale in seguito alle percosse ricevute dal marito. L’episodio, come lei stessa ha raccontato alle forze dell’ordine giunte a interrogarla in seguito alla segnalazione del personale medico, ha avuto luogo al termine di una festa organizzata per una prima comu- U nione. Nel corso della serata, organizzata domenica in un locale della zona flegrea, la ragazza si era allontanata dal tavolo per cantare e ballare con altri invitati, parenti e amici. Ma senza avvertire il marito. L’uomo, un pregiudicato di 39 anni che già in passato l’aveva picchiata, appena si è accorto confronti di entrambi. Indagano i carabinieri di Rovigo. I bossoli ritrovati sul luogo dell'omicidio sarebbero compatibili con le Beretta 7.65 i dotazione all'Arma dei carabinieri. Tra le ipotesi figura anche il ricatto a sfondo passionale: pare che la coppia fosse dedita a rapinare coppie che si appartavano proprio a Garofolo, presso la goem lena del Po. RENATE (MONZA) della sua assenza ha iniziato a cercarla per tutto il ristorante. E una volta fuori dal locale, al termine della serata, si è avventato su di lei, riempiendola di calci e pugni. Ieri mattina il ricovero in ospedale. Le lesioni riportate - quelle fisiche perlomeno… - sono state giudicate guaribili in 45 giorni. La polizia comunque, dopo aver ricostruito l’accaduto, ha atteso l’arrivo dell’uomo in visita alla moglie. E l’ha arrestato per maltrattamenti in famiglia e lesioni St.Sp. gravi. Senegalese massacra di botte un marocchino na passeggiata finita molto male quella di un ragazzo marocchino che, in centro a Renate (Monza) ha avuto la sola “colpa” di incrociare la strada di un senegalese. Che, senza alcun motivo apparente, lo ha massacrato di calci, pugni e schiaffi. Fino a mandarlo in ospedale con trauma cranico, U frattura del setto nasale e viso tumefatto. L’energumeno – si legge su Monzatoday – alto due metri e pesante più di cento chili, ha aggredito il ventitreenne, ben più esile e magro. E non ha smesso di picchiarlo nemmeno quando sono intervenuti i carabinieri di Seregno. Anzi. Quando i militari gli hanno intimato di smetterla, ha reagito anche nei loro confronti. Per fermarlo è stato necessario chiamare rinforzi: ben due pattuglie. L’uomo è stato quindi arrestato per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, violenza privata e lesioni aggravate. La sua vittima, trasportata immediatamente al pronto soccorso dell’ospedale di Carate Brianza, è stata medicata ed in seguito dimessa con una prognosi di St.Sp. quindici giorni. 11 Martedì 7 giugno 2016 STORIA UNO SCRITTO DI LODOVICO ELLENA PER RIFLETTERE, E A FONDO, SUL DECADIMENTO DELLA SOCIETÀ DEL NOSTRO TEMPO La sola rivoluzione è quella culturale Il degrado che incombe e lo sforzo intellettuale necessario per non cadere ancora più a fondo, nel baratro di Emma Moriconi osa siamo diventati? E perché è potuto succedere tutto questo? Noi, i figli della civiltà romana, gli eredi di Dante e di Leonardo. Noi, popolo di santi, di eroi, di navigatori eccetera eccetera eccetera... Già, quando qualcuno ci chiamava così forse era davvero troppo ottimista. O forse rifletteva in quelle parole le sue speranze, le sue ambizioni per la sua gente. Beh, non siamo niente di tutto questo. Piuttosto direi noi, popolo di mentecatti, di ignoranti, di opportunisti, di indegni della nostra storia. Oh, si, indegni della nostra storia: l'ho detto e lo confermo e sottoscrivo. Che amarezza... questo è lo stato d'animo in cui mi trovo dopo aver letto, tutto d'un fiato, un libretto dal titolo "La violenza della democrazia" di Lodovico Ellena, edizione Tabula Fati. In poche pagine Ellena racchiude tutto, ma proprio tutto lo sfacelo in cui questa nostra società si è ritrovata dopo secoli di storia gloriosa sotto tutti i punti di vista. Cose che vedo ogni giorno, che ciascuno di noi vede ogni giorno sotto i propri occhi (e basta avere un "account" - cavolo, ma chiamiamolo "profilo"! - di "Facebook" - dan- C nazione agli inglesismi - per rendersene conto). Ecco, gli inglesismi, gli anglicismi, l'esterofilia, per cominciare: ma davvero siamo così degradati da avere bisogno di usare le parole straniere per parlare tra di noi? "E che c'è di male?", mi ha risposto qualcuno quando ho azzardato la domanda. C'è di male che abbiamo la lingua più bella del mondo e non sappiamo utilizzarla, però poi ci impegniamo tutti al massimo per usare parole che non appartengono alla nostra tradizione linguistica, ecco che c'è di male. Ma insomma, persino per dire che una cosa è fatta in Italia dobbiamo dire "Made in Italy"? Ebbene no, si dica "fatto in Italia", accidenti. E lo si scriva su ogni prodotto nato in questa terra, anche quando si tratta di roba (poca) che esportiamo. Dice Ellena, per esempio, che il "mouse" in Spagna lo chiamano "ratòn"... a noi "topo" o "ratto" sembrava brutto, vero? Certo, "mouse" fa più tendenza... sempre topo significa, non cambia la sostanza, però. Cita, Ellena, Arrigo Castellani che nel 1987 parlava di "morbus anglicus", in "Cenni sullo sfacelo linguistico del belpaese". Noi, i figli della civiltà romana, gli eredi di Dante, bla bla bla. Ma il discorso è lungo e complesso, e va a toccare moltissimi aspetti. Altro esempio: siamo la società della coca-cola e dei fast food. Già. Ma quanto è grave, tutto questo? "Un estimatore di Barolo - scrive ancora Ellena - ha una sua peculiare anima, così come quello del Lambrusco o del Chianti: che anima avrà mai invece un tossicodipendente da Coca Cola?". E sapete a cosa ho pensato, istintivamente, leggendo queste parole? Ai versi di una canzone degli Hobbit, che molti di noi conoscono a memoria e che certamente hanno cantato mille volte sottopalco o con le cuffie nelle orecchie. Che dice così: "È un ricordo di tanti anni fa, ma neanche il tempo lo può cancellare, la storia non si può cambiare. 753 a.C.: nasceva Roma sopra i sette colli che il sole sembrava baciare. Dopo guerre durate molti anni contro i daci, i galli ed i britanni, son tornate vittoriose le legioni ormai gloriose, sui vessilli un'aquila imperiale! Guarda come gioca la nazionale, contro la Francia abbiamo vinto il mondiale, la gente starà a festeggiare. Cambia rotta l'immigrazione: da Bari torna verso l'Albania, in fuga da Pantelleria. Ed i McDonald's, la Nike e Coca-Cola in Italia non vanno più di moda. E si beve in osteria, e si mangia in trattoria e la N.A.T.O. l'abbiamo spazzata via!". E conclude, in un anelito di speranza: "Saremo di nuovo un impero, saremo di nuovo un impero!". Quante belle speranze, nelle nostre canzoni! Si, la musica alternativa - lo dico sempre - è il nostro angolo migliore. È cultura, signori lettori. E quei ragazzi, quegli eterni ragazzi, hanno cominciato tanti anni fa a dare il loro contributo in questo senso: quando avete sentito parlare di foibe per la prima volta? Ve lo dico io: quando la Compagnia dell'Anello cantava "Tito, Tito, Maresciallo assassino". Nel frattempo l'Italia (sempre figlia della civiltà romana, erede di Dante eccetera) tributava all'assassino i più alti onori. Ecco, la musica alternativa, la cultura. Lo scritto di Ellena va letto tutto, pagina dopo pagina: vi salirà un pochino di bile, ve lo assicuro, ma forse è proprio di bile che abbiamo bisogno. Di rabbia. Ellena condanna senza appello, e ha perfettamente ragione. Basterà citare un passo di "Gerarchia e democrazia" di Julius Evola e René Guénon - riportato nel testo dal filosofo - per capire di cosa parliamo: "[...] la classe politica dirigente dovrebbe per prima dare l'esempio. Queste doti sono la lealtà, la sincerità, il sentimento di onore, il coraggio non solo fisico, ma anche intellettuale e morale, la forza di decisione. Ma, oltre a tutto ciò, dovrebbe aggiungersi la tendenza a uno stile ascetico, una mancanza di vanità, una virile e dignitosa impersonalità". Si si, è proprio lo specchio della nostra società attuale! "Giusto i ritratti dei nostri governanti", commenta l'autore. E della scuola? Vogliamo parlare della scuola? Vi pare possibile che un libro di storia di scuola elementare possa dedicare tre paginette all'Impero romano? È così, cari "eredi di Dante eccetera". Non ci sono parole per descrivere il degrado culturale in cui versa il nostro Paese. Direi la nostra Patria, guardate un po'. Ma no, ché Paese forse le si addice di più... L'autore mostra rabbia, si. Ma anche voglia di riscatto. Raccomanda ai genitori di seguire il processo intellettuale dei figli, il che non sarebbe cosa da poco e forse potrebbe essere la sola via d'uscita, se questa Italia vuole risalire dal baratro. Perché in un momento come questo, caratterizzato da una immane decadenza di valori, di impegno, di onore, di buoni sentimenti, di cultura, di intelligenze, la sola rivoluzione che dovremmo augurarci, o almeno la prima, è quella culturale. E se così non sarà l'Italia continuerà a vestire i panni laceri di una Nazione che avrà rinnegato la sua storia, la sua corona si sbriciolerà in un'infinità di frammenti che sarà impossibile rimettere insieme, il suo Tricolore resterà per sempre macchiato della bava dell'ignavia. E Dante continuerà a riposare nella sua tomba, perché non avrà nemmeno più voglia di rivoltarsi ancora. [email protected] Mistica Fascista In memoria di Niccolò Giani, intellettuale e uomo d’azione di Alessandro Russo eviamo dalla vista questa penosa e lenta morte del lavoro. Basterebbe un'azione muscolare, anche leggera, tanto per non far sussultare i buoni di pensiero, perché oramai i sindacati sono un'entità sterile, decadente, schiavi di un'azione frammentaria, priva di qualsiasi efficacia. Prima di affamare i lavoratori bisognerebbe chiudere e cancellare i sindacati. Al lavoro come alla guerra! Chi dà lavoro deve essere considerato un Comandante e la forza lavoro come L la sua truppa. Dividersi fatica e profitto significa ricucire lo strappo sociale. Divisioni che diventano ancora più evidenti con la scellerata accettazione di una manovalanza straniera capace di sostituire, giocando sull'abbattimento dei costi, una forza lavoro nazionale che non ha evidentemente i mezzi per fronteggiare questo esercito. Dell'immigrazione si occupano in molti. Ma l'impatto sul mondo del lavoro è forse l'aspetto più preoccupante. Se il capitale utilizza forza lavoro a buon mercato, per godere del profitto, allevando dentro il suo stesso ciclo pro- duttivo una massa di disoccupati, allora è possibile affermare, senza preoccupazione di essere smentiti, che i complici vanno colpiti direttamente, senza risparmiarsi. Il sindacalismo ha ormai una matrice sovversiva e un carattere antinazionale. È del tutto evidente l'incapacità di tutelare la forza lavoro nazionale. Al bando gli indugi, bisogna non aver paura di avere coraggio. È l'ora di strappare la tessera! Di allontanare quei grigi burocrati che si aggirano nelle fabbriche e negli uffici. È l'ora di affamare gli stipendiati e i distaccati nella pubblica amministrazione. Di lasciare le casse vuote ai brontosauri della tessera. È l'ora che l'operaio e l'impiegato si rappresentino da soli! Si sollevino e lottino per un ordine e una disciplina nuova, sotto la bandiera Tricolore, chiedendo “sovranità proletaria e nazionale”. Perché in Italia non sarà mai possibile nessun sindacalismo fino a quando, i sindacati attuali e la burocrazia sindacale, non verranno abbattuti. 12 Martedì 7 giugno 2016 SPORT A SUNING IL 68,55% DELLE AZIONI, THOHIR RESTA PRESIDENTE. MORATTI ESCE DEFINITIVAMENTE DAL CLUB L’Inter ai cinesi, è fatta. E ora tocca al Milan Operazione da 700 milioni di euro visto l’accollo dei debiti. Il magnate Jindong: “Vogliamo tornare all’apice in Serie A e in Europa” – Ore cruciali per la cessione dei rossoneri di Federico Colosimo a indonesiana a cinese, la parabola dell’Inter. E’ davvero una svolta storica per i nerazzurri: il Suning Holdings, guidato da Zhang Jindong, ha acquistato ufficialmente il 68,55% delle azioni del club per 270 milioni di euro cash (cifra destinata ad arrivare a 700 visto l’accollo dei debiti). E’ la fine di un’epoca e l’inizio di un nuovo ciclo. Con Thohir che cede la maggioranza (e può vantare ancora il 31% delle azioni) – ma continuerà a guidare il team come presidente – e Moratti che esce definitivamente dalla società dopo averne scritto per anni la storia conseguendo successi prestigiosi. Fanno sul serio, i titolari del più ramificato retail di elettrodomestici del Paese, pronti ad entrare nel Consiglio d’amministrazione dalla porta principale entro la fine di giugno. Il colosso con gli occhi a mandorla, che lo scorso dicembre s’è preso pure il Jiangsu, con l’acquisto dell’Inter- D nazionale torna a concedere lustro pure all’ex capitale della Cina, Nanchino, tristemente nota per l’eccidio di civili compiuto dagli invasori giapponesi negli anni ’30. Con il Suning che punta a creare un vero e proprio impero sportivo composto da club di proprietà, agenzie di procuratori (imminente la chiusura della trattativa per l’acquisizione dello Stellar Group che ha tra i suoi assistiti pure Bale del Real Madrid), centri di formazione per i giovani. E ancora: siti e-commerce e piattaforme broadcast che detengano diritti televisivi legati allo sport e siano in grado di produrre contenuti di alta qualità. Calcio e non solo. Perché secondo i bene informati nel mirino ci sarebbero altre importanti discipline con il gigante intenzionato forse a creare una polisportiva vincente. Inter con proprietà e sponsor cinese. Visto che la Pirelli è stata rilevata dal gigante Chemchina e ha siglato un contratto da 12 milioni di euro annui, variabili a seconda del rendimento della squadra. Grandissima la soddisfazione, per il buon esito delle negoziazioni, da parte di Jindong: “E’ la prima volta – le dichiarazioni che arrivano da Nanchino – che un club cinese compra una squadra calcistica in Italia. Pos- Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio siamo e vogliamo riportare l’Inter in alto. Faremo una squadra forte, vincente. Seguendo la strada tracciata da Moratti con grandi campioni. Mi sento nerazzurro da quando sono venuto a San Siro. Forza Inter!” Immediata la replica di Thohir: “E’ l’inizio di una partnership di successo. La strategia della Suning è chiara e seria. Insieme vogliamo tornare all’apice in Serie A e in Europa. Offro i miei omaggi a Moratti che non può essere qui con noi ma manda i propri saluti”. La parola passa poi al vicepresidente Zanetti: “E’ un onore essere qui a rappresentare l’Inter. E’ ora di far felici i tifosi. L’obiettivo è quello di costruire una squadra che possa arrivare in fondo in campionato e in Europa League per tornare in Champions, la nostra casa”. Moratti cede il testimone, Thohir resta presidente ma è pronto a passare la mano nel prossimo futuro. L’Inter è dei cinesi. E adesso tocca al Milan, col presidente Silvio Berlusconi che vorrebbe resistere ma è costretto a cedere.