Evoluzione culturale: dalla città alla città

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Silvano Marchiori
Evoluzione culturale: dalla città alla città-giardino.
Orto botanico e città
di Silvano Marchiori
Buona sera, vorrei prendere spunto dalle parole del direttore che ringrazio
per l’ospitalità e ricordare che i botanici sistematici, in particolare gli studiosi delle
piante vascolari, i cosiddetti floristi, fanno ancora riferimento ai testi del passato:
noi siamo, assieme ai colleghi zoologi sistematici, tra i pochi studiosi di biologia
legati ad una ricerca bibliografica che per altri può apparire obsoleta: infatti ogni
descrizione di una nuova specie (diagnosis) fatta secondo i canoni fissati da Linneo
nella metà del ‘700, ha ancora valore attuale. Quando si studia criticamente una
specie dobbiamo sempre far riferimento alla diagnosis fatta da chi per primo l’ha
descritta, anche se essa risale a più di 250 anni fa.
Il fatto che gran parte della nostra bibliografia sia legata tanto alle biblioteche storiche quanto a quelle scientifiche costituisce un legame che viene ulteriormente rafforzato dalla presenza degli erbari. Infatti ogni diagnosis ha valore solo se
riferita ad un esemplare essiccato (exsiccatum) della nuova specie descritta. Questo
esemplare secco andrà a far parte di un erbario e lì verrà conservato.
Anche la segnalazione della presenza di una specie in un determinato territorio è tuttora considerata valida solo se testimoniata da un exsiccatum conservato
in un erbario. Gli erbari, costituiti da molti exsiccata, non sono altro che biblioteche che documentano la biodiversità vegetale. Spesso gli erbari o i testi con le diagnosis venivano illustrati con disegni, acquerelli, tavole a colore, illustrazioni che in
qualche caso hanno un intrinseco valore artistico oltre che documentale.
L’altro cenno che vorrei fare, non per contestare, ma per dare un consiglio,
riguarda la costituzione dell’Orto Botanico di Foggia. Un Orto Botanico per poter
correttamente svolgere le proprie funzioni che sono in primis didattiche e conservative, non può essere slegato da un centro di ricerca. Visto che a Foggia c’è una
Università sarebbe quanto mai opportuno legare l’Orto botanico a questa struttura, che è in grado di supportare sia attività didattiche che di ricerca. È comunque
chiaro che deve essere un orto botanico aperto che, oltre alla funzione di didattica
e di ricerca, deve anche avere funzioni estetiche e ricreative.
D’altra parte la presenza di una struttura di ricerca universitaria è anche garanzia di sviluppo e di sopravvivenza dell’Orto stesso. Voglio ricordare cosa è successo nei primi anni del Novecento all’ottocentesco Orto Botanico di Lecce che, in
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assenza di una struttura universitaria, è stato dapprima declassato ad Orto agrario
e successivamente soppresso.
Per affrontare il tema di questa sera ho preparato una cosa molto semplice
basata sui servizi che un Orto botanico può offrire a supporto del verde urbano di
una città.
Quando si parla di verde urbano si intendono genericamente gli spazi verdi
che nelle nostre città, sottoposte ad uno sviluppo urbano spesso caotico e comunque non o mal programmato, si trovano nei punti più strani delle città, assolutamente scoordinati fra di loro in quanto risultato di una mancanza di pianificazione.
Le nostre città hanno tanta storia e scarsa pianificazione, hanno subito rimaneggiamenti ed ampliamenti in tempi successivi che, comunque, non hanno mai preso
in considerazione come punto di riferimento il verde urbano, utilizzato per lo più
come ‘arredo verde’.
Ciononostante non possiamo negare il valore del verde urbano anche così
maldestramente ottenuto, verde urbano che ha valore ecologico, paesistico e di
salvaguardia della salute umana.
Il valore ecologico va inteso nel senso stretto della parola: quanti animali e
quante piante trovano nel verde urbano un habitat ideale, tanto che molte associazioni ambientaliste offrono guide e cataloghi per identificare piante e animali che
vivono nel tessuto urbano. Da queste indagini risultano vivere in città molte più
specie animali e vegetali di quanto comunemente non si pensi.
Il valore ecologico ha pure una importante funzione conservativa: basti pensare al mosaico di biotopi presenti negli spazi verdi dell’ambiente urbano, e alla
offerta di habitat per molti animali più favorevoli di quelli presenti negli ambienti
extraurbani: in città ci sono meno predatori, non c’è la caccia, la quantità di diserbanti e insetticidi è sicuramente inferiore, la disponibilità di cibo costante.
In alcuni casi l’inurbamento procura anche dei problemi, soprattutto se massiccio ed episodico pensate al problema creato a Roma dalla presenza degli storni
che in città vanno a dormire, ma ciò è dovuto al fatto che questi volatili utilizzano
la città solo per dormire e non la eleggono a loro habitat. Gli animali che scelgono
gli spazi verdi come loro habitat si inseriscono in perfetto equilibrio nel loro nuovo ambiente e raramente danno luogo a fenomeni di sovrapopolamento.
Il valore paesistico appare evidente soprattutto nelle città percorse da un fiume o adagiate su colline in cui questi spazi verdi diventano una caratteristica della
città. Non solo colline e fiumi ma anche giardini, aiuole, alberature ed altri spazi
verdi che mascherano edifici e strutture poco gradevoli.
Non è trascurabile anche il valore estetico del verde che, con la sua presenza,
può esaltare anche la bellezza di reperti archeologici.
Per la salvaguardia della salute umana importante il contributo è degli spazi
verdi nel l’assorbimento delle polveri, nella riduzione dei rumori, nella mitigazione
degli eccessi climatici: tutte cose che rendono più salubre l’ambiente. L’importanza
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del verde come regolatore climatico è immediatamente percepito da chi vive in città dove il verde scarseggia e i manufatti di pietra, cemento e asfalto predominano:
alla sera la temperature restano elevate a causa del calore che continua ad irradiare
da queste strutture e solo chi ha la fortuna di avere un giardino, anche solo una
piccola oasi di verde, beneficia dell’effetto rinfrescante prodotto dalla traspirazione delle piante.
Da non trascurare anche l’aspetto psicologico perché il contatto col verde ci
rende più disponibili, meno irascibili. C’è sempre stato un accostamento tra una
necessità di relax e il verde, ovviamente ricreativo perché negli spazi verdi si possono esercitare molte attività per bambini, adulti ed anziani.
Quindi gli spazi verdi hanno una importante funzione per la saluta umana:
oltre a controllare gli eccessi di temperatura, contribuiscono alla riduzione dell’inquinamento atmosferico ed infine con il loro colore rilassante e attutendo i rumori
compensano in parte lo stress della vita di città.
Appare abbastanza strano che a fronte di una utilità degli spazi verdi così
ampiamente documentata questi abbiano in passato ottenuto da parte dei nostri
amministratori una attenzione così scarsa: la maggior parte delle nostre città sono
carenti di spazi verdi, ne hanno pochi e mal distribuiti.
Per quanto riguarda la quantità si passa dagli ottimali 30-40 metri quadri
per abitante previsti dagli amministratori della Germania, ai 26-27 metri quadri
per abitante dichiarati come superficie minima dalla regione Lombardia, quantità
abissalmente lontane dalla realtà: ad esempio da una ricerca di qualche anno fa a
Lecce risultano essere presenti circa 2 metri quadri per abitante, di cui la maggior
parte costituito da verde privato.
Ma la mancanza di una pianificazione del verde rende impossibile la trasformazione di un centro urbano in una città giardino, anche se le superfici verdi presenti sono quelle minime previste dalla legge regionale lombarda: bisogna
infatti che la distribuzione del verde sul territorio sia razionale, fatta in modo da
poter soddisfare le esigenze di tutti gli utenti (bambini, giovani, adulti, anziani,
residenti e pendolari). Nella moderna città giardino gli spazi verdi vanno quindi
collocati in modo da essere velocemente raggiungibili dagli utenti, e questa caratteristica viene indicata dal valore di posizione calcolato sul numero dei potenziali
utenti che possono raggiungere lo spazio verde in 5-10-15 minuti. Più grande è la
distanza tra lo spazio verde e la residenza dell’utente, più alto è il tempo necessario per raggiungerlo e più basso sarà il valore di posizione. Pertanto un unico
grande parco in una parte della città, può forse soddisfare i criteri quantitativi
offrendo un valore ottimale del rapporto metri quadri di verde per abitante, ma
sicuramente avrà una basso valore di posizione in quanto può essere usufruito
solo da una piccola percentuale di utenti e solo da alcune categorie (residenti,
giovani, adulti).
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Da noi non ci sono città giardino perché solo da poco si è cominciato a
considerare la programmazione del verde urbano nei vari livelli di pianificazione
urbanistica; in particolare si è cercato di individuare nei piani generali e nei livelli
successivi di progettazione le superfici da destinare a verde pubblico identificandone pure le funzioni ricreative e le utenze correlate.
Si sta avviando un processo di trasformazione, un orientamento diverso: non
più il giardino nella città ma la città giardino, dalla distribuzione e localizzazione
casuale del verde si passa a una sua pianificazione nella quale vengono identificati
spazi verdi differenziati per varie funzioni ed utenze.
Ci sono aree verdi destinate a persone con minore mobilità (bambini e anziani) o scarsità di tempo (pendolari) che devono essere localizzate a non più di 5
minuti di strada a piedi dal luogo di residenza o di lavoro, quindi sono spazi vicino
alle abitazioni o agli uffici, perciò ogni isolato dovrebbe avere il suo spazio verde;
un secondo livello è rappresentato da giardini e parchi di quartiere con impianti
sportivi, collocati a non più di 10-15 minuti di percorrenza per utenti giovani od
adulti; un terzo livello rappresentato da spazi verdi cittadini raggiungibili in non
più di 20-25 minuti a piedi oppure 10 minuti in bicicletta ed infine spazi verdi
ancora più grandi e più lontani ma raggiungibili con mezzi pubblici dove si va a
trascorrere diverse ore a fare un pic-nic o una lunga passeggiata nel verde.
Quando questi spazi verdi sono stati localizzati e tra loro collegati da viali
alberati, allora siamo sulla buona strada per fare una città giardino. In un quadro
così articolato vanno inseriti anche le aree verdi private che andranno ad integrare
il sistema città giardino: le aree verdi condominiali, giardini e parchi di ville e altre strutture private che assieme al verde pubblico contribuiscono alla formazione
della città giardino anche se utilizzabili solo da un numero ristretto di utenti (i
condomini o i proprietari).
Come vedete è un processo difficilmente attuabile nelle nostre città, ricche
di storia, monumenti e vincoli, una trasformazione che potremmo attuare solo
nelle periferie o programmare nelle nuove aree edificabili.
Nell’ottica di potere un giorno giungere ad una pianificazione del verde urbano in una città giardino o anche in prospettiva di una riqualificazione del verde
pubblico in una qualsiasi delle nostre città qual è il contributo che può dare la
botanica?
Venendo qui ho percorso viali alberati ed ho notato molte cose che non
vanno nel verde, errori piccoli e grandi che una migliore conoscenza della botanica avrebbe facilmente consentito di evitare. Nella maggioranza dei casi il verde
pubblico è gestito da stimabilissimi professionisti, geometri e ingegneri che hanno
scarsa dimestichezza con conoscenze che periti agrari, agronomi o, meglio ancora,
botanici hanno sul mondo vegetale.
La scelta delle specie da utilizzare viene fatta spesso in base a criteri principalmente estetici o di economicità: ‘è una bella pianta’, ‘costa poco’ ‘era disponibile
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subito’, queste sono le motivazioni che spesso sentiamo per giustificare determinate scelte.
Nella scelta delle specie da introdurre nel verde urbano sarebbe invece opportuno tenere conto anche di conoscenze di tipo morfologico, corologico, ecologico, fenologico, fitochimico. Tratteremo brevemente ognuno di questi fornendo
anche esempi concreti.
I criteri corologici
La corologia è la disciplina che studia la distribuzione delle specie sulla terra,
cioè i territori ove ogni specie è naturalmente diffusa, oppure è stata successivamente introdotta e/o coltivata. Quindi ogni specie ha un territorio (areale) dove
trova le condizioni climatiche ottimali per germinare, crescere e riprodursi senza
l’intervento dell’uomo. Al di fuori di detto areale la specie si può trovare solo perché l’uomo l’ha introdotta volontariamente o accidentalmente e la supporta in una
o più fasi della sua vita: importa i semi, li fa germinare, la innaffia, etc.
Introdurre una specie estranea alla nostra flora (specie detta esotica o aliena), significa avere, oltre ad una evidente alterazione del paesaggio, individui
che necessitano più spesso di interventi colturali e fitosanitari in quanto meno
robusti e più facilmente soggetti all’attacco di parassiti e di patogeni di ogni tipo.
Danni maggiori si hanno quando viene introdotta una specie aliena da altri territori che hanno un clima simile al nostro: questa può diventare invasiva e competere con le specie autoctone. Classici esempi l’acacia e l’albero del paradiso:
l’acacia (Robinia pseudoacacia), specie delle zone temperate nord americane è
stata introdotta come specie ornamentale alla fine del 700 nelle ville venete, successivamente, per mancanza di predatori e nemici naturali, è diventata invasiva e,
in seguito alle morie di castagni dovute al mal dell’inchiostro ed al cancro della
corteccia, ha completamente sostituito i castagneti con formazioni monofitiche
che hanno alterato il paesaggio di molte aree dei colli Euganei e dei versanti collinari delle Prealpi; l’albero del paradiso, (Ailanthus altissima) introdotto nei primi
anni del Novecento per tentare l’allevamento del baco da seta, successivamente
inselvatichitosi è diventato invasivo in molte zone temperate calde della penisola.
Proprio nell’aiuola a fronte della biblioteca c’è un esemplare di albero del paradiso insediatosi spontaneamente.
Altro errore da evitare è quello di voler inserire specie della nostra flora ma
al di fuori della zona climatica di appartenenza: sempre nella stessa aiuola c’è un
esemplare di abete bianco (Abies alba), pianta che in natura vive nelle faggete alto
montane dell’Appennino e delle Alpi, quindi in climi ben diversi da quello del
Tavoliere.
Criteri ecologici
Non tutte le piante hanno le stesse esigenze per quanto riguarda i seguenti
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fattori ambientali: disponibilità di acqua, luce, temperatura, continentalità, PH del
suolo, disponibilità di azoto nel suolo, granulometria.
Spesso le varie specie vengono piantate senza tener conto delle loro esigenze
ecologiche: ad esempio possiamo notare come nel viale sottostante vi siano piante
eliofile, cioè che hanno una grande esigenza di luce, quali gli oleandri (Nerium oleander), piantati all’ombra dei pini. Anche da un punto di vista delle esigenze idriche
l’oleandro necessita di maggior quantità d’acqua di quanta non ne possa avere lungo
un viale (è specie tipica del letto dei torrenti in Calabria, Sicilia e Sardegna). Il pittosporo (Pittosporum tobira), specie originaria della Cina, è specie eliofila e molti individui sono stati impiantati all’ombra dei lecci. Notare che sia i pini che i lecci sono
piante sempreverdi e quindi l’ombreggiamento è costante per tutto l’anno.
È importante conoscere sempre l’habitat naturale di provenienza delle specie
da introdurre perché si hanno contemporaneamente tutte le indicazioni necessarie
per ottenere un loro felice affrancamento.
Criteri fenologici
La fenologia studia il manifestarsi dei fenomeni bioritmici, cioè l’inizio e la
fine del periodo vegetativo, della fioritura, della fruttificazione e della disseminazione.
È importante sapere quando una pianta mette o perde le foglie, fiorisce, fruttifica e dissemina perché in ambiente urbano foglie, fiori, frutti e semi possono
creare disagi.
Ad esempio le piante anemofile, quelle cioè che disperdono il polline tramite
il vento, producono un’elevatissima quantità di polline (pini, cipressi, olivi) e sono
da evitare per le pollinosi che possono originare, altre sono da evitare per la quantità di semi diffusi tramite il vento (anemocoria) come il pioppo che con l’enorme
quantità di semi provvisti alla base di un ciuffo di peli provoca delle false ‘nevicate’
molto suggestive da vedere ma estremamente fastidiose per chi ne è allergico e per
coloro che debbono tenere pulite le strade.
Criteri morfologici
Spesso un giovane individuo di una specie viene piantumato senza chiedersi
quale sarà la sua forma e le sue dimensione una volta cresciuto: ecco lecci ed altre
piante ad alto fusto messe a dimora a meno di un metro dal muro delle abitazioni.
Quando si mette a dimora una specie bisogna essere consapevoli dello spazio che sarà necessario a quella specie una volta cresciuta: un platano non
lo possiamo mettere a due metri da un edificio, lo dobbiamo mettere a dimora almeno a 35 metri, perché tanta è l’altezza massima che può raggiungere e si deve calcolare lo spazio che può occupare nell’eventualità di una caduta.
Nella nostra flora abbiamo a disposizione diverse tipologie di piante legnose, che
si differenziano in dimensioni e portamento: alberi che possono raggiungere 30-40
metri, altri non più di alti di 5-6 metri, arbusti e cespugli con dimensioni comprese
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tra 4-5 metri e meno di 1 metro. Il portamento indica le modalità di crescita del
fusto: è una pianta rampicante, è una pianta eretta con fusto diritto e slanciato che
diventa alta, è una pianta che resta bassa, cespugliosa, etc.
Non si deve fare la scelta di una essenza arborea senza aver prima valutato lo
spazio a disposizione, le dimensioni, attuali e future, ed il portamento della specie
da mettere a dimora.
È indispensabile valutare non solo le dimensioni che la pianta può raggiungere (le piante continuano a crescere sino alla morte) ma anche colore ed odore di
fiori e frutti perché ci sono frutti con odore sgradevole, fiori con odori sgradevoli.
Tra i frutti con odore sgradevole è bene ricordare i falsi frutti del Ginkgo biloba,
una Gimnosperma spesso utilizzata come ornamentale in viali e giardini: di questa
specie si utilizzano solo gli individui maschili perché i falsi frutti prodotti dalla
femmina puzzano in modo terribile. Ad esempio è buona norma evitare di introdurre nel verde urbano gelsi, fichi, olivi e specie con frutti carnosi perché i frutti
maturi cadendo a terra sporcano troppo, fermentano e producono un cattivo odore, attraggono troppi insetti ed uccelli che con le loro deiezioni contribuiscono a
rendere poco piacevole l’ambiente.
Analogamente è bene evitare nei centri urbani, lungo i viali o nei parcheggi,
nei luoghi ove stazionano molte persone, di introdurre piante resinose: le resine
sporcano le automobili, le panchine e quindi i vestiti e sono abbastanza difficili da
pulire.
Anche le dimensioni dei frutti hanno la loro importanza: la maclura (Maclura pomifera) è una Moracea originaria dell’America settentrionale che fa un frutto
delle dimensioni di un piccolo melone, dal diametro sino a 14 centimetri; normalmente è tenuta a cespuglio e si utilizza come siepe anche grazie alla presenza di
rami spinosi; in questo modo si evita che i numerosi frutti che produce cadendo
da un’altezza di 10-15 metri (queste sono le dimensioni che questa essenza può
raggiungere) costituiscano un pericolo per i passanti.
Lo stesso accorgimento non può essere applicato al pino da pinoli (Pinus
pinea) che presenta pigne di notevoli dimensioni e peso, che possono cadere da
un’altezza di 10-20 metri.
Queste pigne del peso di circa due etti costituiscono un pericolo per i passanti e per i veicoli, per cui le amministrazioni sono costrette ad effettuare ogni due
anni una costosa raccolta (per scuotimento) delle stesse.
Se si pensa anche ai danni che questi alberi dall’apparato radicale estremamente superficiale producono alla pavimentazione di piazze, marciapiedi e strade,
ed alla grande instabilità che questi raggiungono quando superano i 10 metri di
altezza, ci si meraviglia come ancora sia possibile trovare viali o piazze alberate con
dette essenze (ad esempio viale Michelangelo ha un filare centrale di pini da pinolo
collocati proprio sopra un’area in parte destinata a parcheggio).
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Criteri fitochimici
Sono le valutazioni che vanno fatte sulle sostanze tossiche, urticanti che possono essere presenti in uno o in tutti gli organi di una pianta: nel fiore, nei frutti,
nelle foglie, nei fusti, nelle radici. Introdurre specie con queste caratteristiche nel
verde urbano è un’operazione estremamente rischiosa: il verde urbano è alla portata di tutti, anche dei bambini.
Una specie molto usata in parchi e giardini è il tasso (Taxus baccata), una
Gimnosperma spontanea della nostra flora, presente nella fascia alto montana delle
Alpi e degli Appennini: è una pianta velenosa in ogni sua parte (è nota anche con il
nome di albero della morte) tranne che nell’arillo che è uno pseudofrutto carnoso
rosso che avvolge parzialmente il seme; anche il seme è velenoso ma anche se ingerito non provoca danni perché nemmeno l’apparato digerente degli uccelli riesce a
corrodere i suoi tegumenti, ma solo ad intaccarli superficialmente (scarificazione)
e questa azione favorisce la germinazione. Altra specie frequentemente coltivata
come ornamentale è il ricino che ha il seme tossico. Altre piante che hanno analoghe caratteristiche e che invece andrebbero evitate dai luoghi che tutti possono frequentare sono comunemente coltivate come ornamentali in base ad esclusivi criteri
estetici senza minimamente prendere in considerazione i pericoli che si corrono.
Da quanto è stato sinora detto appare evidente come il compito di un Orto
botanico, oltre a quello istituzionale di conservazione della biodiversità vegetale
del territorio di competenza, da una parte sia quello di affiancare e collaborare con
chi opera nel settore del verde urbano e dall’altra di educare gli utenti alla conoscenza, all’amore ed al rispetto dello stesso contribuendo così alla nascita di una
concezione degli spazi verdi che porti alla città giardino.
Io credo che in questo Convegno emergerà in modo molto chiaro che parlando di città giardino e pensando alla città giardino la si può considerare da tanti
punti di vista, questo anche se guardiamo un po’ il pensiero di quanti hanno riflettuto su questo tema, penso per esempio all’architetto inglese Howard che pensò di
costruire proprio delle città giardino e a tanti altri pensatori. Noi stiamo portando
come centro mediterraneo di cultura biofila la riflessione filosofica riguardante il
tema del giardino. Il nostro è il pianeta in cui la vita esplode in una maniera sorprendente di forme diverse e la biodiversità è proprio il tratto distintivo del nostro
pianeta nell’universo e sulla biodiversità su tutto quello che rappresenta di questo
ci parlerà la dottoressa Rita Accogli sempre dell’orto botanico dell’Università del
Salento.
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