Sindrome del QT lungo: maggior prevalenza nel

[Numero 10 - Articolo 3. Gennaio 2007] Sindrome del QT
lungo: maggior prevalenza nel sesso femminile
Titolo originale: "Female Predominance and Trasmission Distortion in the Long-QT Syndrome"
Autori: M. Imboden, H. Swan, I. Denjoy, I. Marijke van Langen, P.J. Latinen-Forsbiom, C. Napoletano,
V. Fressart, G. Breithardt, M. Berthet, S., B. Hainque, A.A.Maria Wilde, E. Schulze-Bahr, J. Feingold
and Pascale Guicheney
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: N. Engl J Med 2006;355:2744-51
Recensione a cura di: Damiano Parretti, Area Cardiovascolare SIMG
Indirizzo dell'articolo: http://content.nejm.org/cgi/content/italian_abstract/355/26/2744
Background
La sindrome del QT lungo è un disordine genetico caratterizzato da aritmie ventricolari e da
aumentato rischio di sincope e di morte improvvisa. Le forme più comuni di questa sindrome, il
tipo 1 e il tipo 2, sono provocate da mutazione dei geni che codificano i canali ionici del
potassio KCNQ1 e KCNH2 rispettivamente. Nonostante la trasmissione sia autosomica
dominante, esiste una predominanza femminile attribuita a una maggior suscettibilità delle
donne alle aritmie. Tuttavia le ragioni che sono alla base della maggior prevalenza femminile
non sono state sufficientemente studiate e rimangono senza adeguata risposta.
Lo Studio
Si tratta di uno studio retrospettivo avente lo scopo di indagare sulla trasmissione e sulla
distribuzione degli alleli mutati in un grande numero di famiglie portatrici di sindrome del QT
lungo. L’obiettivo è stato quello di chiarire se le mutazioni autosomiche dominanti responsabili
di questo disordine genetico seguono la classica ereditarietà mendeliana o se la maggior
prevalenza nel sesso femminile potrebbe essere causata da una sproporzione sbilanciata a
carico delle donne di alleli mutati. Sono state arruolate 484 famiglie portatrici di sindrome del
QT lungo di tipo 1 e 269 famiglie portatrici del tipo 2. Il reclutamento è stato effettuato in 5
centri europei specializzati nel management della sindrome del QT lungo.
I Risultati
L’ereditarietà mendeliana classica non è stata osservata nei discendenti dei vettori di sesso
femminile nel tipo 1, e nei discendenti dei vettori di sesso sia maschile che femminile nel tipo
2. Tra i 1534 discendenti, il numero di quelli geneticamente affetti era maggiore dell’atteso:
870 (57%) erano portatori della mutazione, contro 664 (43%) non portatori. Tra i portatori,
l’allele per la sindrome del QT lungo era maggiormente trasmesso a discendenti di sesso
femminile (55%), e nella trasmissione materna le discendenti femmine erano più esposte.
Tuttavia, i meccanismi di questa accresciuta trasmissione materna alle figlie femmine
continuano a non essere del tutto chiari.
Implicazioni per la pratica clinica
La sindrome del QT lungo ha una prevalenza stimata nella popolazione U.S.A. di 1 persona su
7000, e provoca ogni anno la morte in 3.000-4.000 bambini o giovani adulti (su una
popolazione di 293.000.000 di persone). L’incidenza stimata per morte improvvisa nei portatori
è del 5% / anno. Pur se a bassa prevalenza in termini assoluti, a causa della sua correlazione
con la morte improvvisa deve essere conosciuta e presa in seria considerazione. Si
caratterizza, all’ECG, per l’allungamento del tratto QTc (> 0, 460 sec; QTc= QT corretto per la
frequenza cardiaca) e per anomalie dell’onda T. A volte si associa a sordità congenita. La
frequenza cardiaca è di norma insolitamente elevata, specialmente dopo sforzo fisico o stress
emotivo, e ciò rende ragione della maggior prevalenza di episodi sincopali nei soggetti
portatori (ipoafflusso cerebrale da tachicardia). Tuttavia circa un terzo dei pazienti a cui viene
fatta diagnosi di sindrome del QT lungo è totalmente asintomatico. Alla luce di queste
considerazioni, le implicazioni per la pratica clinica del medico di MG possono essere:
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Accertamento diagnostico con esecuzione di un ECG nei soggetti ritenuti a rischio
(presenza di sordità congenita e/o storia di sincopi, specialmente in soggetti di sesso
femminile;
Accertamento diagnostico con esecuzione di un ECG in tutti i familiari di 1° grado di
soggetti con diagnosi di sindrome del QT lungo o morte improvvisa.
Il riscontro di QT lungo si può verificare nell’esecuzione di un esame casuale, e la diagnosi del
disordine dovrebbe ovviamente far parte della normale refertazione da parte dello specialista
cardiologo. In assenza di questo dato nel referto, consideriamo anche che la lettura
dell’intervallo QT è immediata e non richiede tempo, per cui può essere effettuata anche dal
medico di medicina generale. La carta millimetrata su cui viene registrato il tracciato è tarata
per 1 mm = 0,04 sec, per cui contando i quadratini piccoli (1 quadratino= 1 mm) o utilizzando
un regolo (sono normalmente distribuiti dall’industria) è facile misurare il QT: un intervallo
superiore a 11-12 mm esprime un tempo di 0,44-0,48 secondi rispettivamente, e può essere
indicativo di presenza di questa sindrome; si ricorda, però che i valori devono essere corretti
per la frequenza cardiaca, cosa facilissima utilizzando gli usuali regoli per ECG.
Conclusioni del revisore
Il medico di Medicina Generale riveste un ruolo privilegiato nella individuazione di tutte le
condizioni patologiche a carattere familiare. La sindrome del QT lungo rientra in questa
tipologia di affezioni, e l’indagine in ambito familiare è importante per porre in atto tutte le
misure rivolte a ridurre il rischio di morte improvvisa. A livello di management individuale, il
medico di Medicina Generale è anche in grado di individuare i soggetti con fattori di rischio
specifici e di sottoporli a controllo. Il nostro setting, oltre a comprendere la gestione di
patologie a larga prevalenza e a notevole impatto sociale, deve estendersi anche ad affezioni
che possono sembrare di “nicchia”, ma che sono gravate da temibili complicazione e da alta
mortalità, soprattutto se è possibile mettere in pratica misure preventive o terapeutiche
efficaci. Visto che per ridurre l’incidenza del temibile evento della morte improvvisa sono solo
possibili interventi di tipo preventivo, occorre individuare in misura più larga possibile i soggetti
a rischio. Ricordiamo che le principali condizioni ritenute fattori di rischio per morte improvvisa
sono:
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pregresso arresto cardiaco;
pregresso IMA;
cardiomiopatia ipertrofica;
tachicardia ventricolare polimorfa (torsione di punta);
sindrome del QT lungo;
sindrome di Brugada (ipotizzabile in base alle caratteristiche dell’ECG).
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