AD/116
LA STORIA DI GESÙ PROSEGUE IN NOI
(At 3,1-26)
Relazione
1. La collocazione e la struttura
Il brano At 3,1-26 viene dopo il quadro d’insieme della vita della Chiesa nascente (At 2,41-47).
In questo brano l’Evangelo si incontra con uno dei simboli fondamentali del giudaismo: il
tempio.
Tutto avviene a Gerusalemme. E’ in azione una attività liberatrice simile a quella di Gesù (Lc
4,14-9,50) che ha come protagonisti gli apostoli.
Al centro sta la coscienza di essere ed agire come gruppo messianico che annuncia ai fratelli
giudei la buona notizia del Signore Gesù (At 5,42).
La struttura è la seguente:
a) Pietro e Giovanni vanno al tempio (At 3,1-11). Luca propone un racconto semplice, che
assomiglia alle narrazioni dei miracoli di Gesù.
b) Il secondo discorso di Pietro al popolo (At 3,12-26).
c) L’arresto di Pietro e Giovanni (At 4,1-4).
d) Un primo interrogatorio (At 4,5-14).
e) Deliberazione del sinedrio e liberazione dei due (At 4,15-23).
f) La preghiera (At 4,24-31).
Si evidenzia una testimonianza coraggiosa e libera. C’è un kerigma a favore del giudaismo.
Si chiarisce il significato della preghiera dei cristiani. Avviene una seconda Pentecoste (At 4,31).
2. Pietro e Giovanni al tempio
Leggiamo il testo di Atti 3,1-11 a brani.
Pietro è figura centrale. Giovanni lo accompagna. L’iter è quello classico della narrazione dei
miracoli:
• Dove e quando tutto avviene e i protagonisti (At 3,1-2).
• Situazione iniziale del beneficato: zoppo sin dalla nascita, immobilizzato, in situazione di
totale dipendenza (At 3,2)).
• Intervento di Simon Pietro (At 3,7a).
• Gli esiti nello zoppo (At 3,7b-8).
• La reazione corale del popolo (At 3,9-11).
Il quadro è la celebrazione dell’ora nona. Pietro e Giovanni si recano normalmente al tempio per
la preghiera. Avviene il sacrificio dell’agnello. Alla stessa ora anche il centurione Cornelio ha
una visione (At 10,3). Sono le tre del pomeriggio. Arrivano alla Porta Bella, la porta che si trova
di fronte al portico di Salomone e che separa l’immenso «cortile dei pagani» dal cortile delle
donne.
C’era un divieto di accesso agli esclusi (cf. 2Sam 6,8; Mt 21,14). Lo zoppo resta alla Porta e
vede Pietro. È lo sguardo abituale di chi chiede l’elemosina. C’è un gioco di sguardi. Pietro fissa
gli occhi su di lui e gli dice guarisci! Egli stabilisce un rapporto non anonimo. Non offre soldi.
Dice: «Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina» (v. 6). Si oppone l’elemosina – denaroalla parola efficace. Questo è il cuore del racconto. Tutto il resto dipende da questo. Si evoca un
nome che è comunicazione, divinità, capacità di far rialzare chi è steso. Simone ripete ciò che ha
fatto Gesù (Lc 5,23-24). Prende lo zoppo per mano come Gesù per la figlia di Giairo (Lc 8,54).
Lo fa alzare. Sull’istante i piedi si rinvigoriscono (cf. Zaccaria Lc 1,64; suocera di Pietro Lc
4,39; il paralitico Lc 5,25). È una risurrezione ( Luca usa il verbo greco egeiro). Il nome di Gesù
è pronunciato nel tempio. Lo zoppo cammina, salta, loda Dio. Soprattutto “entra” nel tempio; è
cioè libero dalla situazione di escluso. È il segnale dei tempi ultimi (Is 53,6). C’è una risonanza
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con Luca 5,23-26. Chi ha assistito al fatto discute, entra in merito a ciò che è avvenuto, prende
posizione. Il tempio diventa così luogo di azione di grazie corale (Sal 7,18; 13,6; 30,12-13).
3. Secondo discorso di Pietro
Leggiamo Atti 3,12-26.
Il discorso decodifica il fatto della guarigione dello zoppo appena avvenuta.
L’esordio ci specifica il destinatario ed esprime il motivo dell’intervento: «Vi stupite» (v. 12).
Il discorso esprime il tentativo di far passare dalla emozione alla fede, dalla pura ricerca del
«meraviglioso» all’incontro con Gesù. Pietro non vuole essere al centro dell’attenzione come
taumaturgo. Vuole che il popolo radunato distolga da lui la vista in quanto il miracolo non è
causato dalla sua potenza . Egli porge invece (versetti 13-16) il nucleo centrale della buona
notizia: «Dio ha glorificato il suo servo Gesù che voi avete consegnato…». Protagonista è il Dio
di Abramo
(Es 3,6.15) che, con la risurrezione di Gesù, ha operato il suo capolavoro.
Con il suo discorso Pietro vuole far comprendere come si incontrino nella Storia l’azione degli
uomini peccatori (consegnare, tradire, procurare morte) e quella di Dio (ha risuscitato da morte
Gesù) secondo una cristologia antica per la quale Gesù è il servo del Signore (Isaia 42,1.52-53),
«il Santo», «il Giusto» (v. 14). Gesù è capo, guida, capofila di una umanità nuova.
C’è una forte accentuazione della vicenda con le diverse responsabilità. Pilato era deciso a
liberare Gesù ma non lo ha fatto. Il popolo ha richiesto la grazia per Barabba. Un assassino è
stato posto sullo stesso piano dell’iniziatore della vita (Eb 2,10) , del «capo che conduce alla
vita» (v. 15).
Pietro nel suo kerigma indica poi l’oggi del Risorto. È per la fede che il nome di Gesù Cristo ha
restituito la forza a quest’uomo ora completamente guarito (v. 16). «Il nome» non è pronunciato
come se fosse una formula magica ma è oggetto di fede. La questione è la relazione col Cristo, la
conoscenza, la fiducia nel suo potere di dar la vita. In Gesù si manifesta il Creatore.
C’è poi un appello: «E ora fratelli, lo so che avete agito per ignoranza come i vostri capi».
L’invito è a riconoscere in Gesù il Messia sofferente preannunciato dalle Scritture (v18) in
quanto il patimento di Cristo costituisce la modalità scelta da Dio per realizzare il suo progetto.
Segue l’invito alla conversione. È proprio un ritornare, il «volgersi verso». Se questo accade, i
peccati saranno cancellati (v. 19). Con la fede in Gesù non c’è più la guarigione ma la salvezza.
Pietro apre poi l’orizzonte futuro annunciando la parousia di Gesù abbinata a momenti di
consolazione (v. 20) e di ricostituzione di tutte le cose (v. 21). Questo non concerne solo Israele.
La ricostruzione riguarda tutte le nazioni (cf. Rm 8,18-22). Non vi è alcuna teologia della
espiazione ma solo una dimensione di libertà, di vita e speranza. Gesù è il nuovo Mosè,
promesso per gli ultimi tempi (v. 22). Va ascoltato (cf. Dt 18,15-19) e gli ascoltatori sono i
discendenti diretti dell’antico popolo eletto. In Abramo sono stati benedetti, ma in lui sono state
benedette anche tutti i popoli della terra (Gen 12,3).
È ribadito il criterio della priorità dei Giudei per l’evangelizzazione :«Per voi…lo ha
mandato(v26).
4. Domande per la interiorizzazione
Come singoli e come comunità ci chiediamo:
a) Teniamo presente che la storia di Gesù prosegue nei suoi?
b) Che ruolo ha, in questo senso, la preghiera?
c) Che cosa pensiamo del popolo ebraico?
d) Quali attenzioni ci suggerisce il secondo discorso di Pietro?
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LA STORIA DI GESÙ PROSEGUE IN NOI
(At 3,1-26)
Strumento di lavoro
1. La collocazione e la struttura
A Gerusalemme. Al tempio. Ora nona. Secondo discorso.
2. Pietro e Giovanni al tempio [At 3, 1-11]
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Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito
veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del
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tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui,
vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere
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un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda
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verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro
gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo,
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il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi
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e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel
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tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio
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e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e
furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
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Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse
verso di loro al portico detto di Salomone.
3. Secondo discorso di Pietro [At 3, 12-26]
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Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e
perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto
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camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei
nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a
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Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e
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avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha
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risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha
dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a
quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
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Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così
compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva
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soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così
possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi
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aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della
ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin
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dall’antichità. Mosè infatti disse: Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli,
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un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non
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ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo. E tutti i profeti, a cominciare da
Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni.
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Voi siete i figli dei profeti e dell’alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad
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Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra. Dio, dopo aver
risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione, perché
ciascuno di voi si allontani dalle sue iniquità».
4 Domande per la interiorizzazione.
Padre Ezio Gazzotti
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