l`evoluzione dello statuto dei diritti del contribuente

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PERIODICO UFFICIALE DELL’A.N.T.I. – ASSOCIAZIONE NAZIONALE TRIBUTARISTI ITALIANI
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Dott. ROBERTO LUNELLI
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Anno X • n. 1/2017
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L’EVOLUZIONE
DELLO STATUTO
DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE
DOTTRINA
•
LEGISLAZIONE
•
GIURISPRUDENZA
•
CONVEGNI ED
ATTIVITÀ ANTI
ANTI - CONSIGLIO NAZIONALE
Presidente Emerito
Prof. Dott. Mario Boidi, Torino
Presidente
Prof. Avv. Gianni Marongiu, Genova
Vice Presidenti
Dott. Roberto Lunelli (con funzioni di Presidente Vicario), Udine
Dott. Riccardo Albo, Ancona
Avv. Pasquale Improta, Napoli
Segretario Generale e Tesoriere Nazionale
Dott. Pietro Mastrapasqua, Roma
Consiglieri Nazionali
Avv. Andrea Bodrito Prof. Dott. Giovanni Cossu
Prof. Dott. Enrico Fazzini Avv. Edoardo Ferragina Prof. Avv. Gianfranco Gaffuri Avv. Italo Doglio Prof. Salvatore Sammartino Dott. Michele Iori Dott. Roberto Lunelli
Avv. Mario Martelli
Prof. Avv. Francesco Moschetti
Prof. Avv. Salvatore Muscarà
Dott. Marco Preverin Prof. Avv. Gaetano Ragucci
Dott. Ernesto Ramojno
Prof. Dott. Francesco Rossi Ragazzi
Prof. Avv. Marco Versiglioni
Dott. Massimiliano Tasini
Presidente Sezione Liguria
Presidente Sezione Campania
Presidente Sezione Toscana
Presidente Sezione Calabria
Presidente Sezione Lombardia
Presidente Sezione Sardegna
Presidente Sezione Sicilia Occidentale
Presidente Sezione Trentino Alto Adige
Presidente Sezione Friuli Venezia Giulia
Presidente Sezione Emilia Romagna
Presidente Sezione Veneto
Presidente Sezione Sicilia Orientale
Presidente Sezione Puglia
Presidente Sezione Provinciale Como
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Presidente Sezione Lazio
Presidente Sezione Umbria
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fondata nel
1949
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Sommario
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE
E PROBLEMI CONNESSI
“Perché questa scelta e perché questo tema” di Claudio Berliri
3
DOTTRINA
• Il nuovo statuto del contribuente: un contributo di Gianni Marongiu
4
• Lo statuto dei diritti del contribuente (nuova proposta) di Gianni Marongiu
9
• Contraddittorio tributario e “giusto procedimento” nella giurisprudenza costituzionale
di Gaetano Ragucci
13
• Il contraddittorio endo-procedimentale nella prospettiva europea
di Roberto Iaia
18
• Ragionevolezza e proporzionalità delle indagini tributarie
di Giuseppe Vanz
26
• Vizi formali dell’atto impositivo
di Massimo Basilavecchia
33
• Le prove illecite nel processo tributario
di Francesco Tesauro
35
• La tutela (giudiziale-amministrativa) nella fase istruttoria
di Salvatore Muleo
40
LEGISLAZIONE
• Legge 27.7.2000 n. 212 Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente.
Testo aggiornato con le successive disposizioni legislative
sino alla L. 15 dicembre 2016 n. 229.
48
• Prospetto comparativo del nuovo Statuto del contribuente proposto dal Prof. Gianni Marongiu,
con accanto il testo vigente della Legge 212/2000 e le ulteriori proposte di modifica
di Roberto Iaia, di Giuseppe Vanz, di Massimo Basilavecchia e di Roberto Lunelli
58
• Proposte di modifica del D.Lgs. 542/1992 di Salvatore Muleo e Alessandro Palasciano
77
GIURISPRUDENZA
• Rassegna di Giurisprudenza a cura di Roberto Lunelli
78
CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI
107
Perché questa scelta e perché questo tema
L
o Statuto dei diritti del contribuente è, in quest’ultimo periodo, argomento di grande attualità.
Il legislatore ha di recente modificato alcuni articoli della legge 27 luglio 2000 n. 212, da
ultimo con le recenti leggi 24.9.2015 n. 156, 28.12.2015 n. 208, 17.10.2016 n. 189.
Il nostro Presidente prof. Gianni Marongiu, già autore, quando sedeva in Parlamento, dello
Statuto del contribuente, ha predisposto un nuovo testo dello stesso Statuto, che ha formato oggetto del recente convegno ANTI tenuto a Roma il 23.11.2016.
Il Convegno è risultato particolarmente interessante per la presenza dei più qualificati esperti
di diritto tributario, ed in particolare, oltre al prof. Marongiu, il prof. Gaetano Ragucci, l’avv.
Roberto Iaia, il prof. Giuseppe Vanz, il prof. Massimo Basilavecchia, il prof. Augusto Fantozzi,
il prof. Francesco Tesauro, il prof. Salvatore Muleo, il prof. Giuseppe Zizzo e il prof. Francesco
Moschetti, i quali hanno tra l’altro proposto ulteriori modifiche al testo dello Statuto vigente ed
a quello proposto dal prof. Marongiu.
Il presente numero
di riporta le relazioni tenute dai citati professori al
Convegno di novembre e le relative proposte di modifica dello Statuto. Il Consiglio Nazionale
dell’ANTI, visto l’interesse suscitato dal Congresso di Roma, ha ritenuto opportuno indire altri
analoghi convegni, uno per le Sezioni dell’Italia Settentrionale, che si terrà a Milano il 24 marzo
p.v., uno per l’Italia Centrale, che si terrà a Perugia entro la fine di maggio ed uno che si terrà a
Catanzaro per l’Italia Meridionale il 7 e 8 aprile.
In tali Convegni i partecipanti formuleranno ulteriori proposte che verranno discusse a Roma
entro la fine del corrente anno, al fine di poter predisporre, da parte dell’ANTI, un nuovo testo
dello Statuto dei diritti del contribuente frutto della collaborazione di tutte le Sezioni.
In questo numero di
sono quindi riportate le relazioni e le proposte formulate a Roma nel Convegno di novembre, che serviranno di base per i futuri Convegni e le relative
proposte. Sono state altresì esaminate le vigenti norme del contenzioso tributario, con particolare
riferimento agli articoli 19 e 47 (Salvatore Muleo) e 27 e 47 (Palasciano) del D.Lgs. 542/92.
Le singole proposte di modifiche sono riportate, accanto ai testi vigenti, in un apposito prospetto, elaborato da Roberto Lunelli e da me integrate, nel settore “Legislazione”.
Personalmente, considerate le ripetute modifiche apportate dal legislatore, quasi sempre a
vantaggio del fisco, riterrei preferibile addivenire ad una proposta di legge costituzionale che non
possa venir modificata da una legge ordinaria, o magari da un decreto legge, ogniqualvolta il
Ministero delle Finanze ritenga scomoda una norma del diritto del contribuente. Naturalmente,
se si ritiene che l’iter per addivenire ad una norma costituzionale sia troppo lungo e di difficile attuazione, si potrebbe proporre una legge ordinaria per l’immediata modifica o integrazione delle
norme vigenti, e subito dopo formulare una proposta di legge costituzionale che tenga ovviamente conto anche delle prime proposte. Ritengo comunque che questo numero di NEOTEPA sarà
molto utile agli effetti dei prossimi, ulteriori Convegni dell’ANTI sul tema, e naturalmente si
tornerà in argomento con i successivi numeri della Rivista per esporre le ulteriori considerazioni
e proposte che le Sezioni o i Soci dell’ANTI vorranno formulare.
Claudio Berliri
4
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Il nuovo statuto del contribuente: un contributo
di Gianni Marongiu
1. Mi perdonerete se ricorrerò ad alcune inevitabili
semplificazioni. La nostra gloriosa associazione è, nella
sua composizione, il riflesso di una lunga storia dei rapporti tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria.
Almeno tre generazioni di professionisti, non pochi
dei quali autorevoli docenti universitari, sono noti in
Italia e nelle rispettive regioni per sapere fare valere le
ragioni dei contribuenti nei confronti del fisco. Ragioni
sostenute e difese con rigore, con passione, con dedizione in un contesto che, per altro, semplificò, per anni, il
ruolo dei contendenti.
L’uno, il fisco, chiedeva, il contribuente si opponeva.
E il gioco si svolgeva, e si svolge, secondo regole anche
esse consolidate da tempo perché le Commissioni tributarie, a torto o a ragione, sono da decenni considerate “giudici”. Il problema nostro, infatti, non ha mai
riguardato le regole ma l’arbitro, e cioè il giudice. Si è
dubitato e si dubita ancora che le Commissioni abbiano tutti i requisiti di un giudice terzo, indipendente e
preparato professionalmente: e non a caso a tutti Voi è
nota la lunga e indefessa opera svolta e sostenuta anche
dall’Anti per fare delle Commissioni un giudice sempre
più capace e idoneo.
Ma della validità e anche della semplicità della disciplina di questo particolare processo nessuno ha mai
dubitato, specie dopo la riforma del 1992. C’è chi dice,
c’è chi replica, chi eccepisce, chi ribatte secondo alcune
regole, l’onere della prova, il contradditorio, l’appello,
che sono proprie di qualsiasi processo in un paese civile
da centinaia di anni. Ma se questo è stato per decenni il
nostro habitat, la nostra prevalente funzione, la realtà è,
oggi, mutata e non poco mutata.
L’ordinamento si è infatti arricchito di una serie di
istituti volti a contenere il contenzioso, a deflazionarlo:
non è certo il caso che li ricordi a Voi. In altre parole, il
difensore del contribuente si trova ad interloquire con
la burocrazia fiscale non solo davanti a un giudice terzo,
ma direttamente con essa nel tentativo di evitare la successiva lite o di chiuderla, se già instaurata.
Queste possibilità comportano effetti non irrilevanti
ma soprattutto necessitano che si crei un nuovo contesto nel quale e del quale entrambe le parti condividano
alcuni principi primi, alcuni principi generali per evitare
che, come si dice con locuzione popolare, “il dialogo
avvenga tra sordi”.
Non a caso in dottrina si segnala il passaggio da una
amministrazione di tipo oppositivo a una amministrazione giustiziale.1
Ma decidere, conciliare, transigere comporta l’assunzione di responsabilità e, come è noto, la nostra amministrazione pubblica, in genere, è restia ad assumersene.
Occorre, quindi, coinvolgerla anche nella organizzazione delle nostre manifestazioni e convincerla che il
contribuente è, oggi, un soggetto che, per pagare, deve
molto fare e “il fare” costa, che esiste un generale contradditorio endoprocedimentale, diverso da quello processuale, che l’affidamento e la conseguente correttezza
non sono parole della retorica ma un principio giuridico, che la conduzione e la gestione delle imprese è
un’impresa ardua, etc. etc.
Occorre, in altre parole, elaborare e diffondere una
cultura di principi generali, quali sono consacrati nel vigente Statuto dei diritti del contribuente.2
Proprio per rinvigorirli e per ampliarli ne ho scritto
una nuova edizione della quale dirò brevemente e che
consegno alle riflessioni dei lettori.
2. Nel 1953 il prestigioso filosofo Norberto Bobbio
scriveva: “L’esigenza della certezza rappresenta, senza
dubbio, una delle regole più razionali della convivenza
sociale poiché dà agli individui la sicurezza delle loro
azioni, eliminando l’incertezza che deriva dall’agire irrazionalmente. Come si ottiene la certezza? Attraverso i
requisiti fondamentali della norma giuridica: generalità,
astrattezza, rigidità”.
Al riguardo soggiungo che la certezza del diritto non
è un miraggio ma è un dovere fondamentale del legislatore e lo si può ottenere.
1
Si vedano i contributi di R. SCHIAVOLIN, di L. TOSI, di
G. RAGUCCI, di M. PIERRO, di F. PICCIAREDDA, di S. MULEO, di A. MARCHESELLI e di P. SELICATO, in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, Studi in onore del
prof. Gianni Marongiu, Torino, Giappichelli, 2012, pp. 317 sg.
2 Per coglierne la pratica operatività è sufficiente ricordare la
recente rassegna di giurisprudenza di G. Bertone, Lo Statuto dei
diritti del contribuente, in Dir. prat. trib., 2016, n. 4, II, pp. 17261768.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Che non sia un miraggio o una vana speranza lo
insegna la Corte costituzionale secondo la quale è “un
dovere fondamentale degli organi legislativi formulare norme concettualmente e semanticamente precise,
chiare e intellegibili nei termini impiegati, nelle finalità
cui sono dirette, nelle indicazioni dei comportamenti
richiesti perché il soggetto deve trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato” (così Corte cost.,
n. 364 del 1988). Che questo obiettivo sia raggiungibile
è dimostrato dall’esistenza di plurimi strumenti cui non
a caso una specifica dottrina dedica una particolare attenzione. E così alla tecnica legislativa in senso stretto
che si occupa della redazione degli atti normativi, per
migliorare la qualità della normazione si affiancano:
a) l’analisi di fattibilità e l’analisi di impatto della
regolamentazione (AIR) quali tecniche che permettono di valutare ex ante un testo normativo
per verificare la sua adeguatezza sotto il profilo
delle risorse materiali, finanziarie e personali in relazione agli obiettivi perseguiti e ai risultati attesi;
b) il controllo di gestione o verifica di impatto della
regolamentazione (VIR) quale analisi ex post delle
effettive conseguenze e traguardi raggiunti nell’applicazione e nella attuazione dell’atto normativo.3
3. Con riguardo alla disciplina dei tributi, oggi, ripetuta, quasi assillante, è l’invocazione della certezza del
diritto a fronte dell’ipertrofia legislativa e delle incertezze e delle contraddizioni che, nella interpretazione e
nella applicazione delle leggi fiscali, connotano la giurisprudenza.4
Esigenza che non è più manifestata solo dai contribuenti, gravati da onerosi costi di adempimento, ma anche dall’amministrazione finanziaria, appesantita dai costi di gestione, nonché dalla giurisprudenza, sommersa,
anche “in apicibus”, dall’enorme peso di un contenzioso
continuamente rinnovantesi e impossibile da smaltire
perché alimentato dalla mutevolezza e dalla opacità di
discipline emergenziali.5
3
Si veda, amplius, G. Tiberi, Tecniche legislative in Dizionario
di diritto pubblico, a cura di S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 2006,
vol. sesto, pg. 5870.
4 Si veda G. RAGUCCI, L’etica del legislatore tributario e la
certezza del diritto, in Riv. trim. trib., 2016, n. 2, pp. 441 sg.
5 “Complicato, instabile, costoso, pieno zeppo di vie di fuga
e contraddizioni. Iniquo. Così percepiamo il fisco e per questo lo
viviamo con diffidenza” scrive A. GIOVANNINI, Il re fisco è nudo.
Per un sistema equo, Milano, Franco Angeli, 2016, p. 9.
DOTTRINA
Di qui nasce la diffusa invocazione della certezza del
diritto, intesa come prevedibilità dell’applicazione della
legge e come stabilità dei rapporti giuridici.
Ma, a fronte della speranza coltivata da coloro che
invocano una caratteristica virtuosa dell’ordinamento
giuridico per la quale devono essere prevedibili le conseguenze connesse alle scelte del contribuente, si delineano anche le considerazioni di coloro per i quali la
certezza non può indurre alla cristallizzazione delle regole giuridiche e tanto meno alla imposizione di precise
regole di condotta.
Di fronte all’apparente dilemma occorre, quindi,
trovare una via d’uscita e la risposta giunge ancora dalla
penna di Bobbio il quale soggiungeva: “Il valore della
certezza del diritto è altresì dimostrato dal fatto che tutto il problema interpretativo viene posto e risolto dalla
scienza giuridica in modo da non ammettere mai che
vi possa essere da parte del giudice un’attività creativa.
L’interpretazione potrà essere integrativa, nei limiti dei
principi fondamentali, perché lo stesso ordinamento
positivo ammette delle lacune ma sarà un processo di
auto-integrazione, non di etero-integrazione, com’è sancito dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice
civile, per cui l’ordinamento giuridico deve trovare in se
stesso i mezzi per colmare le proprie lacune; e, ancora
una volta, il fine perseguito è la certezza del diritto”.
Significativo il richiamo all’art. 12 del codice civile,
ove è esplicito il riferimento “ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”, perché esso dovrebbe
imporre all’interprete il rispetto dei “principi generali
dell’ordinamento tributario” dettati dallo “Statuto dei
diritti del contribuente”, così come, ovviamente, dei
principi e delle regole costituzionali.
Di qui la necessità di conoscerli, di praticarli e di
dettarne di nuovi, se necessario.
4. Nella conseguente analisi è bene ricordare che, per
quanto riguarda la disciplina fiscale, il confronto non
può ridursi allo scontro tra l’ottimistica volontà degli
uni e lo scetticismo degli altri. Infatti, nonostante che
questa contrapposizione tra l’aspirazione alla certezza e
la continua necessità delle norme di sopperire a nuove
esigenze fosse ben presente, da decenni e decenni, coloro che scrissero la nostra Costituzione statuirono. al
secondo comma dell’art. 53 Cost., che “il sistema tributario è informato al criterio della progressività”.
E sarebbe fare un torto ai padri costituenti e alla loro
diffusa cultura umanistica e scientifica, ipotizzare che
usarono quella locuzione spinti dall’entusiasmo ottimistico che non può non sorreggere coloro che si accingono a un’opera così importante, impegnativa e fondamentale, la scrittura di una Carta costituzionale.
5
6
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Scrissero “sistema” perché solo un ordinamento chiaro e coerente consente una valutazione in relazione all’obiettivo perseguito, la tendenziale e voluta progressività.6
È bene, quindi, evitare la posizione di coloro, e furono tanti, che, decenni fa, di fronte alle difficoltà di dare
un significato alla “capacità contributiva” si ridussero a
sostenere che il primo comma dell’art. 53 Cost. era una
norma programmatica e quindi era inutile un effettivo
approfondimento.
Se il costituente ha scritto “sistema” è preferibile, e
sicuramente più utile, cercare di individuare quali sono
gli strumenti idonei a determinare un sistema di norme
la cui portata sia, in ogni caso, determinata o determinabile quanto al loro contenuto precettivo e quanto alla
sfera temporale, territoriale, personale di efficacia.
Allo scopo, infatti, sussistono gli strumenti volti a
meglio soddisfare l’esigenza della certezza e per convincersene è sufficiente ricordare che essi non si limitano
alle forme di pubblicità giuridica che consentono l’astratta conoscibilità del diritto per i destinatari. Mi riferisco all’adozione di tecniche redazionali che assicurino
la reperibilità, la chiarezza e la comprensibilità del testo,
nonché l’assenza di antinomie, l’espressione in forma
generale e astratta delle singole fattispecie, il divieto di
efficacia retroattiva e di discriminazioni, il contenimento dei trattamenti di favore e di esenzione che possono
creare un contro ordinamento più robusto di quello impositivo e presieduto da tante e forti corporazioni che
impediscono qualsiasi mutamento; per non dire dei limiti alla modificabilità delle situazioni giuridiche, il giudicato, la preclusione, la prescrizione, la decadenza, per
superare qualcuno dei quali, negli anni recenti, si è arrivati a sostenere che non v’è differenza tra raddoppiare
un termine (di decadenza) e riaprirlo quando scaduto.
5. I mezzi, gli strumenti esistono, si riconosce, ma
oggi la certezza del diritto, si soggiunge, è minata da una
ipertrofia legislativa che è necessitata.
In altre parole, si osserva, la certezza del diritto era
figlia della divisone dei poteri e del dogma della legge
quale norma generale e astratta e rappresentava la garanzia delle libertà individuali che si realizzava in ragione
dell’astratta prevedibilità del sillogismo, lo strumento di
passaggio tra la norma e la sua concreta applicazione: di
6
Si veda L. CARPENTIERI, Prelievo eccessivo vs. equità: il difficile punto di equilibrio dei sistemi fiscali moderni, in Riv. trim.
dir. trib., 2015, n. 1 pg. 41-58 e anche G. MARONGIU, La progressività delle imposte nel pensiero e nell’opera di Ezio Vanoni, in
Attualità del pensiero di Ezio Vanoni, Atti del convegno organizzato
dall’ANTI, 2001, pg. 45-83.
qui la gloriosa stagione delle codificazioni con la conseguente emersione di regole destinate a guidare l’attività
dell’interprete.
Ma, oggi, si scrive, l’affermazione e la diffusione di
un diverso stato di diritto, non più legato alla sola tutela
delle libertà, ma volto al soddisfacimento dei diritti sociali e di intervento nel settore economico, ha messo in
crisi l’ideale codicistico di certezza del diritto.
In altre parole si afferma che la generalità e l’astrattezza delle norme sarebbero diventate un mito, irrealizzabile, a fronte della necessità di provvedere, per ragioni
sociali, a esigenze concrete e particolari; di qui, si soggiunge, l’inflazione legislativa.
Per altro pare di poter replicare che non mancano
argomenti a favore della permanente necessità di provvedere nel rispetto della certezza del diritto.
In primo luogo la constatazione che il pagamento
dei tributi è un vecchio dovere di solidarietà e non un
nuovo diritto sociale.
E nelle discipline di questo dovere è bene dettare
norme generali e astratte perché esse facilitano il controllo sulla loro coerenza e sulla loro intrinseca razionalità cui sono soggette in applicazione del combinato
disposto degli artt. 3 e 53 Cost.
Anzi soggiungo che questa opzione non è solo opportuna ma anche doverosa perché l’inflazione di esenzioni,
agevolazioni, deduzioni rende più difficile il controllo
sull’equa distribuzione dei carichi fiscali. Queste regole
eccezionali dovrebbero, quindi, essere sottoposte, periodicamente, alla verifica della loro permanente utilità
onde evitare che si tramutino in inaccettabili privilegi.
E l’indifferenza su questo doveroso riscontro si spiega solo perché non si tende a parlare dei privilegi degli
altri per evitare che siano messi in discussione i propri.
Ma dietro la congiura del silenzio sta l’offesa alla coerenza intrinseca dell’ordinamento che perde sempre più
(come sta accadendo) il suo connotato di “sistema” voluto e consacrato nella Costituzione.
In sintesi, l’ideale della giustizia sociale si corrompe e
si risolve in un ingovernabile intreccio di arbitri se viene
staccato dalla impersonalità delle leggi (Paladin 1965).
6. In secondo luogo si sostiene che, oggi, l’aspirazione alla certezza del diritto sarebbe minata non solo dalla ipertrofia legislativa ma anche dal pluralismo sociale
e istituzionale che determina il moltiplicarsi dei centri
di produzione normativa con le conseguenze che l’atto
normativo “legge” subirebbe la concorrenza di altri atti
che godono parimenti del regime giuridico tipico degli
atti normativi primari.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
In questo contesto i criteri di svolgimento dell’attività interpretativa non sempre consentirebbero di pervenire agevolmente alla individuazione del diritto applicabile a un determinato caso.
Se questa è la descrizione del possibile contrasto tra
l’auspicata certezza del diritto e l’incertezza che può realizzarsi a livello interpretativo, ricordo che la disciplina
delle prestazioni patrimoniali imposte è subordinata, ex
art. 23 Cost., alla riserva di legge.
La legge, in senso tecnico-giuridico, dovrebbe quindi
essere la parte più importante dei nostri obblighi fiscali.
Certo non è l’unica perché un tributo può essere istituito e disciplinato anche da un decreto-legge (convertito in legge) ma, a sua volta, questo atto di normativa
primaria dovrebbe essere eccezionale, emanato, come
statuisce l'art, 77 della Costituzione, solo in casi straordinari di necessità e d’urgenza e non a fiumi come accade nella nostra concreta esperienza fiscale.7 E i rimedi per arrestare questo diluvio vi sono perché la nostra
Costituzione prevede organi autorevoli di garanzia (non
toccati dal prossimo referendum) e i padri costituenti
non avrebbero potuto esser più chiari nel sancire la residualità del decreto-legge, “previsto in casi straordinari
di necessità e d’urgenza”. Nulla di più e nulla di meglio
si poteva statuire in quella che alcuni definiscono la “più
bella costituzione del mondo”, ma ho la sensazione che,
al di là degli omaggi formali, alcuni di questi sacerdoti
sonnecchino. E i decreti legge, oggi, in materia fiscale,
sono emanati anche per modificare le norme procedimentali offendendo così non solo la certezza del diritto
ma anche il diritto alla difesa.
Rilievi che anche la Corte di Cassazione condivide là
dove a proposito di una norma interpretativa introdotta
con decreto legge scrive: “Si aggiunga, poi, che, come
è accaduto nel caso di specie, in materia fiscale gli interventi interpretativi sono sempre pro Fisco, in quanto
dettati da ragioni di cassa ( nell’intento di realizzare maggiori entrate). Non sono ispirati, quindi, alla esigenza di
realizzare la certezza del diritto, ma soltanto a garantire
gli interessi di una delle parti in causa. Ciò non facilita
l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente basato sul principio della collaborazione e della buonafede, come vorrebbe lo Statuto del
contribuente (art. 10, comma 1, della L. n. 212/2000).
“Nel caso di specie, poi, non è facile distinguere l’Amministrazione finanziaria, parte in causa, dal legislatore, posto
che la norma interpretativa è stata approvata con decre-
DOTTRINA
to-legge del Governo, convertito in una legge, la cui approvazione è stata condizionata dal voto di fiducia al Governo.
“Tanto che se fosse stato diverso l’orientamento del
collegio (rispetto alla scelta legislativa) non ci si sarebbe
potuti esimere dal valutare la compatibilità della procedura di approvazione dell’art. 36, comma 2, del D.L. n.
23/2006, con il parametro costituzionale di cui all’art.
111 Cost., che presuppone una posizione di parità delle
parti nel processo, posto che, nella specie, l’Amministrazione finanziaria ha avuto il privilegio di rivestire il doppio ruolo di parte in causa e di legislatore e che, in questa
seconda veste, nel corso del giudizio ha dettato al giudice
quale dovesse essere, pro domo sua, la corretta interpretazione della norma sub iudice”.8
In conclusione, il rigoroso rispetto delle regole costituzionali nella produzione normativa gioverebbe anche
all’interprete chiamato, comunque, anch’esso al rispetto
della coerenza, della razionalità, del sistema.
7. Infine, una parola sulla c.d. “semplificazione normativa”. È evidente, infatti, che la cattiva formulazione
del testo normativo, l’ambiguità delle espressioni usate
dal legislatore, la stratificazione di atti normativi succeduti nel tempo, richiamati, sostituiti, modificati, autenticamente interpretati rappresentano un fenomeno di
forte inquinamento e stravolgimento del dato normativo e sono tra le prime cause che alimentano l’incertezza.
Non a caso il popolo dei contribuenti e il ceto dei
professionisti invoca, a gran voce, la semplificazione
normativa che può contribuire alla certezza del diritto.
E la semplificazione a sua volta agevola la comprensione. E in una stagione nella quale continua è l’invocazione dei nuovi diritti sociali credo che non possa
mettersi in dubbio che il primario diritto di ciascuno
è capire, capire il più facilmente possibile. Se decine di
milioni di persone, di diversa estrazione sociale, di differente livello culturale sono chiamati a contribuire alle
spese pubbliche, ciascuno di loro ha diritto a comprendere “perché paga, quanto paga, come paga, dove paga”.
E quindi la politica di semplificazione deve muoversi
curando la tecnica redazionale dei testi normativi, agevolando la loro facile reperibilità, la loro diffusione, la
loro conoscenza, la loro comprensione.
E se questi “beni” irrinunciabili, questi diritti non
sono garantiti, ebbene l’ordinamento deve prevedere
una reazione, impedendo che sia sanzionato chi, in presenza di quelle insormontabili difficoltà, non ha rispettato il dettato normativo.
7
Si veda G. MARONGIU, Il Parlamento convertito alle “conversioni”: l’abuso del decreto legge fiscale, in Riv. trim. dir. trib.,
2012, n. 3, pp. 653-684.
8
Così Cass. civ., sez. un., 30 novembre 2006, n. 2550.
7
8
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
8. Ebbene, nel 2000, si fece una apertura di credito
al legislatore e ne è riprova la formulazione dell’art. 2 del
vigente Statuto di diritti del contribuente ma proprio il
legislatore è il soggetto che, a differenza della dottrina e
della giurisprudenza, più ha disatteso e tradito le regole
dettate dallo Statuto,
Ma, cari amici, diciamoci la verità su questo tradimento. Chi è, oggi, il vero legislatore tributario?
Il Parlamento, nonostante la sua articolazione in due
rami (o forse proprio perciò) ha rinunciato da tempo a
svolgere le sue funzioni di legislatore tributario.
Con l’uso e l’abuso del decreto legge le norme non
sono quasi mai scritte all’interno delle Camere tramite
la collaborazione delle qualificate burocrazie che assistono le diverse Commissioni in cui sono articolati la
Camera e il Senato.
Sono scritte dalle burocrazie ministeriali che se le
scrivono molto spesso a loro uso e consumo (quasi sempre per fare cassa), se le interpretano, le applicano e tentano anche di condizionare l’operato dei giudici.
9. In conclusione, cari amici e colleghi, è vero che,
oggi, non è facile garantire la certezza degli atti normativi, ma è altrettanto vero che esistono i mezzi per avvicinarsi di più ad essa, all’obiettivo voluto e garantito dalla
Costituzione.
E fra questi strumenti vi è anche il rinnovato “Statuto dei diritti del contribuente” i cui principi generali,
per riprendere le parole di Norberto Bobbio, possono,
anzi debbono aiutare l’interprete.
Lo insegna la Corte di Cassazione che così scrive: “Il
legislatore (è quello dello Statuto) ha manifestato esplicitamente l’intenzione di attribuire ai principi espressi
nelle disposizioni dello Statuto, o desumibili da esso una
rilevanza del tutto particolare nell’ambito della legislazione tributaria e una sostanziale superiorità rispetto alle
altre disposizioni vigenti in materia. Nella categoria dei
principi giuridici è insita inoltre la funzione di orientamento ermeneutico e applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto.
“Ne consegue, insegna ancora la Corte di Cassazione, che, enucleati, dall’art. 1, 1° comma, quattro enunciati – a) l’autoqualificazione delle disposizioni dello
Statuto come attuative della Costituzione; b) il valore
di tali norme, come principi generali dell’ordinamento
tributario, c) il divieto di deroga o modifica delle orme,
in modo tacito; d) il divieto di deroga o modifica mediante leggi speciali, quale che possa essere l’incidenza
dei quattro enunciati normativi contenuti nel 1° comma dell’art. 1 della legge n. 212 del 2000… è certo,
però, che alle specifiche clausole rafforzative di autoqualificazione delle disposizioni stesse come attuative delle
norme costituzionali richiamate e come principi generali dell’ordinamento tributario, deve essere attribuito un
preciso valore normativo”. E poiché “…il tratto comune
ai quattro distinti significati della locuzione ‘principi generali dell’ordinamento tributario’ è costituito, quanto
meno, dalla superiorità assiologica dei principi espressi
o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi,
dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete”…“il dubbio interpretativo o
applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge n. 212 del 2000 deve essere risolto
dall’interprete nel senso più conforme ai principi statutari”
(così Cass. sez. trib., 10 dicembre 2001, n. 17576, in
Giur.it., I, p. 2194 e anche Cass. sez. trib., 30 marzo
2001, n. 4760).
E “questa prescrizione non è diretta soltanto al futuro legislatore tributario, ma si riflette come criterio interpretativo sull’esercizio della stessa attività applicativa
dell’interprete, che è chiamato ad applicare quei principi anche con riferimento a leggi tributarie che non siano
state oggetto di correzione, vale a dire virtualmente tutte
le altre norme dell’ordinamento tributario” ( così Cass.
sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080).
Quella che presento è appena la bozza di un nuovo
Statuto che consegno alle riflessioni, ai suggerimenti,
alla operosa attività di tutti i lettori.
Genova, 20 ottobre 2016
Gianni Marongiu
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
DOTTRINA
Lo statuto dei diritti del contribuente
(Nuova proposta)
di Gianni Marongiu
Art. 1 Principi generali (parzialmente nuovo)
1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione
degli articoli 3,23,53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e
possono essere derogate o modificate solo espressamente
e mai da leggi speciali.
2. Queste disposizioni si applicano a tutti i tributi quale che sia l’ente impositore.
Art. 2 Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie (parzialmente nuovo)
1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge, nonché tutti gli atti normativi che contengono disposizioni
tributarie, devono menzionare l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve
menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute.
2. Gli atti di cui al 1° comma, che non hanno un
oggetto tributario, non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente
inerenti all’oggetto della legge medesima.
3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione
alla quale si intende fare rinvio.
4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie
debbono essere formulate riportando il testo conseguentemente modificato. La violazione da parte del leigslatore
di questa norma comporta la non applicazione di qualsiasi
tipo di sanzione1.
Art. 3 Entrata in vigore delle disposizioni tributarie
(nuovo)
L’entrata in vigore di una norma e/o fonte primaria
non può essere subordinata all’emanazione di una fonte
secondaria e/o di un regolamento e/o di un atto amministrativo e/o di una circolare.
1
Si veda l'art. 17
Art. 4 Efficacia temporale delle norme
(parzialmente nuovo)
1. Le disposizioni tributarie, sostanziali e procedimentali, non hanno mai effetto retroattivo.
Le nuove disposizioni o le modificazioni o le integrazioni di quelle già esistenti, intervenute nel corso di
un periodo di imposta, si applicano solo a partire dal
periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data
di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.2
2. L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta solo in casi eccezionali con
legge ordinaria qualificando come tali le disposizioni di
interpretazione autentica.
3. Le disposizioni tributarie non possono prevedere
adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza
sia fissata anteriormente al novantesimo giorno dalla
data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti.
4. I termini di prescrizione e di decadenza per gli
accertamenti di imposta non possono essere prorogati,
fatta eccezione per quelli riferiti a eventi naturali imprevedibili.
Art. 5 Interpretazione delle disposizioni tributarie
(nuovo)
L’interpretazione delle norme tributarie deve avvenire in coerenza con il fatto individuato dalla legge come
indice di capacità contributiva e in applicazione dello
stesso principio.
Nessuna interpretazione di norme fiscali può comportare la doppia imposizione sullo stesso fatto economico.
È legittima l’interpretazione analogica delle norme
in bonam partem, e cioè a favore del contribuente.
2 I principi sanciti in questo primo comma sono comunemente
accettati da gran parte delle legislazioni nazionali di tutto il mondo
e sono codificati nel “Modello di Statuto del contribuente” a carattere internazionale (si veda P.VALENTE – I. HAYES – D. BARMENTLO, Il Model taxpayer Charter).
9
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DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Art. 6 Utilizzazione del decreto legge (nuovo)
Con il decreto-legge si possono istituire solo tributi
straordinari (della durata di un anno) per provvedere
a esigenze straordinarie e urgenti e si possono, altresì,
aumentare o diminuire le aliquote dei tributi ordinari;
non si può, invece, disporre l’istituzione di nuovi tributi
ordinari né prevedere l’applicazione di tributi esistenti
ad altre categorie di soggetti passivi, né introdurre nuove norme procedimentali.
La violazione di questa norma comporta la non applicazione delle sanzioni tribuarie di qualsiasi natura.
Art. 7 Informazione del contribuente (identico)
Le autorità fiscali devono assumere idonee iniziative
volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
in materia tributaria, anche curando le predisposizioni
di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizioni dei
contribuenti presso ogni ufficio impositore. Le autorità
fiscali devono altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale da consentire aggiornamenti
in tempo reale, ponendola a disposizione gratuita dei
contribuenti.
2. Gli enti impositori e i concessionari della riscossione devono portare a conoscenza dei contribuenti,
tempestivamente e con i mezzi idonei, tutte le circolari
e le risoluzioni da essi emanate nonché ogni altro atto o
decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni
e sui procedimenti.
Art. 8 Conoscenza degli atti e semplificazione
(identico)
1. L’amministrazione finanziaria deve assicurare
l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli
atti a lui destinati. A tal fine essa provvede comunque a
comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso
della stessa amministrazione o di altre amministrazioni
pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo
ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini
dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti
da comunicare. Gli atti sono in ogni caso comunicati
con modalità idonee a garantire che il loro contenuto
non sia conosciuto da soggetti diversi dal loro destinatario. Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari.
2. L’amministrazione deve informare il contribuente
di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dalla quale
possa derivare il mancato riconoscimento di un credito
ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di
integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono
il riconoscimento, seppure parziale, di un credito.
3. L’amministrazione finanziaria assume iniziative
volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in generale, ogni altra propria comunicazione
siano messe a disposizione del contribuente in tempi
utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con
il minor numero di adempimenti e nelle forme meno
costose e più agevoli.
4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti e informazioni già in possesso
dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti e informazioni sono acquisiti ai sensi dell’art. 18,
commi 2 e 3, della L. 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai
casi di accertamento d’ufficio di fatto, stati e qualità del
soggetto interessato dalla azione amministrativa.
5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti
dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni,
qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare
il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi
telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e
comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione
della richiesta. La disposizione si applica anche qualora,
a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un
minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto.
La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a
ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto
a effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al
presente comma.
Art. 9 Buona fede e affidamento
(parzialmente nuovo)
1. I rapporti tra i contribuenti e qualsiasi autorità
fiscale sono improntati reciprocamente ai principi della
collaborazione e della buona fede che si applicano in ogni
fase del procedimento applicativo dei tributi, nella fase
della dichiarazione, in quella dell’accertamento, in quella
processuale nonché nella fase della riscossione.
2. Non sono dovute imposte né sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente qualora
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti delle autorità fiscali, ancorchè successivamente modificati
dalle stesse o qualora il suo comportamento risulti posto
in essere a seguito di fatti conseguenti a ritardi, omissioni o errori degli enti stessi.
3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando
la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle
norme tributarie o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta.
DOTTRINA
Art. 12 Disciplina dell’abuso del diritto e elusione
fiscale (identico salvo l’ultimo comma statuendo la
non applicabilità delle sanzioni amministrative tributarie, considerata anche la vaghezza dell’attuale
formulazione)
Art. 13 Interpello del contribuente (identico)
Art. 14 Chiarezza e motivazione degli atti (identico
salva la previsione esplicita dell’annullabilità)
Art. 10 Tutela dell’integrità patrimoniale
(confermato ma ridotto)
Art. 11 Autotutela (nuovo)
Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge
7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei
provvedimenti amministrativi e quindi indicando, a
pena di annullamento, i presupposti di fatto, e le ragioni
giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad
un altro atto, deve essere semore allegato all’atto che lo
richiama.
2. Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, a pena di annullabilità:
a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o
comunicato e il responsabile del procedimento;
b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel
merito dell’atto in sede di autotutela;
c) la modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o
l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere
in caso di atti impugnabili.
3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento
all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in
mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.
In applicazione dei principi è dovere di qualsiasi ente
impositore di adeguare la tassazione al corretto rapporto
norma-fatto, indice di capacità contributiva.
In applicazione e in coerenza con questo principio,
gli enti impositori debbono annullare in autotutela
qualsiasi atto e/o pretesa che si riveli in contrasto con il
principio di cui al primo comma.3
Art. 15 Diritti del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (identico salva la formulazione dell’ultimo
periodo del 7° comma il quale risulta così formulato:
“L’avviso di accertamento, a pena di nullità, non può
essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo caso di particolare e motivata urgenza)
1. L’obbligazione tributaria può essere estinta anche
per compensazione.
2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui
senza liberazione del contribuente originario.
3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né
prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile.
4. L’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fidejussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento
o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso
va effettuato quando sia stato definitivamente accertato
che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura
minore rispetto a quella accertata.
5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti,
stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro
formazione.
Sono abrogati i commi 6-7-8.
3
Con lettera circolare n. 195 del 5 agosto 1998 (l’anno successivo all’entrata in vigore del regolamento sull’autotutela dell11
febbraio 1997, n. 37) il Ministero delle finanze ricordava agli uffici che l’autotutela non è un “optional” e l’atto illegittimo è annullabile senza limiti di tempo: sui corollari applicativi si veda T.
MORINA- G. MORINA, Il fisco riscopre l’autotutela per eliminare
le liti inutili, in Il fisco, 2015, n. 43, p. 29-34 i cui provvidi suggerimenti sono in gran parte inattuati.
11
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L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Art. 16 Principio generale del contraddittorio
endo-procedimentale4 (nuovo)
1. Nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e del principio di cooperazione tra amministrazione
e contribuente, ogni provvedimento impositivo o sanzionatorio deve essere preceduto dalla notifica al destinatario di un processo verbale di constatazione, motivato in base alle risultanze della precedente istruttoria.
2. Entro sessanta giorni dalla notifica del processo
verbale di constatazione, il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici
impositori.
Prima del decorso di tale termine, l’atto impositivo o
sanzionatorio non può essere emanato.
3. Il provvedimento di cui al comma 1 è specificamente motivato, anche in relazione alle osservazioni e richieste
fornite dal contribuente nel termine di cui al comma 2.
4. Il contribuente ha l’onere di eccepire la nullità
conseguente alla violazione da precetti di cui ai precedenti commi con il ricorso introduttivo del processo di
primo grado.
Art. 17 Sanzioni (nuovo)
In applicazione del principio di proporzionalità di
derivazione comunitaria:
a) le sanzioni amministrative pecuniarie non possono superare, anche nei casi più gravi, i due terzi
della maggiore imposta accertata a carico del contribuente;
b) gli interessi sulle somme pagate in ritardo non
devono superare il tasso legale;
c) qualunque provvedimento sanzionatorio deve essere preceduto da una contestazione specifica e
non può comunque essere emanato per una somma inferiore a centro euro.
Art. 18 – Garante del contribuente (identico)
Art. 19 – Diritto al risarcimento dei danni (nuovo)
Ogni contribuente ha diritto al risarcimento dei
danni cagionati dagli enti indicati nell’art. 1 e dai loro
funzionari nell’esercizio delle loro funzioni.
Prof. Gianni Marongiu
4
Si veda F. AMATUCCI, L’autonomia procedimentale tributaria nazionale e il rispetto del principio europeo del contraddittorio, in
Riv.trim.dir.trib., 2016, n. 2, pp. 257-276.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
DOTTRINA
Contraddittorio tributario e “giusto procedimento”
nella giurisprudenza costituzionale
di Gaetano Ragucci
1. La giustizia costituzionale è un valore connaturato allo stato di diritto, in quanto fondato sulla tutela
dei diritti fondamentali e sulla sottoposizione dell’attività politica a un controllo di tipo giurisdizionale; e,
nel tradursi in atto, agisce in equilibrio con gli organi
politici e con le altre istituzioni di garanzia. Pertanto
l’apporto della Corte costituzionale alla stabilizzazione
del c.d. principio del contraddittorio, e cioè al riconoscimento del diritto del destinatario dell’atto a essere
sentito prima della sua emanazione, (se vi sarà) potrà
essere indiretto, per il rispetto dovuto alla discrezionalità
del legislatore, e anche all’autonomia e all’indipendenza
della magistratura.
A dare profondità a questa prospettiva concorre, sul
versante dei rapporti con il legislatore, il trend favorevole
alla moltiplicazione delle fattispecie di contraddittorio
nei procedimenti tributari, che ha ricevuto impulso anche dai criteri della legge di delega n. 23/2014,1 e dal
recente intervento sulla disciplina dell’interpello c.d.
disapplicativo.2 Dunque, un intervento positivo della
Corte non interferirebbe con la sfera della discrezionalità politica, mentre occorrerebbe verificare la sua compatibilità con le indicazioni della giurisprudenza. Su questo versante le cose sono tuttavia più complicate.
1 La tendenza si manifesta a partire dalla riforma del 1997,
con l’introduzione di forme di contraddittorio nel procedimento
di irrogazione delle sanzioni (art. 16 d.lgs. n. 472/1997), nei controlli formali (art. 6 L. n. 212/2000; art. 36-bis e 36-ter d.p.r. n.
600/1973; art. 54-bis d.p.r. n. 633/1972), nelle verifiche fiscali (art.
12 c. 7 L. n. 212/2000), nell’accertamento sintetico (art. 38 d.p.r.
n. 600/1973), nel recupero a tassazione dei c.d. costi black list (art.
110 c. 11 T.U.I.R.), nella disciplina di contrasto dell’elusione (art.
37-bis d.p.r. n. 600/1973). Nella stessa direzione ha mosso la L.
n. 23/2014 per un sistema fiscale più equo trasparente e orientato
alla crescita, che, pur senza prefigurare una clausola di applicazione
generale, ha tuttavia prescritto l’introduzione di “forme di contraddittorio propedeutiche all’adozione degli atti di accertamento dei tributi” funzionali al rafforzamento della reciproca collaborazione tra
le parti del rapporto d’imposta (art. 1 c. 1 lett. b, L. cit.); l’ulteriore
rafforzamento “nella fase dell’indagine”, con la “subordinazione dei
successivi atti di accertamento e di liquidazione” al suo esaurimento
(art. 9 c. 1 lett. b, L. cit.); e la sua conservazione nella disciplina
antiabuso (art. 5 lett. f, L. cit.).
2 Art. 6 c. 2 d.lgs. 156/2015.
Infatti, a fronte di un’opzione legislativa non ostativa
alla generalizzazione del contraddittorio, si pongono indicazioni giurisprudenziali disomogenee.
Da un lato, v’è una giurisprudenza di merito consapevole del pregiudizio dipendente dai limiti al potere
di accesso del giudice al fatto, e pertanto generosa di
applicazioni estensive di un istituto che sembra capace
di porvi in qualche misura rimedio. Dall’altro, una giurisprudenza di legittimità incline, invece, a giudicare per
principi, quando non in termini di politica legislativa,
che in un primo momento si è dimostrata restia a ricavare dalla fattispecie codificate le conseguenze dovute in
tema di doverosità del contraddittorio, di motivazione
rafforzata e di conseguenze delle relative violazioni sulla
validità degli atti. E che, chiamata poi a pronunciarsi
su fattispecie prive di copertura legislativa, è caduta in
contraddizione nell’ammettere per subito dopo negare –
nelle due sentenze SS. UU. n. 19667/2014 sull’ipoteca
esattoriale, e SS. UU. n. 24823/2015 sulle verifiche c.d.
“a tavolino” – l’immanenza nell’ordinamento tributario
di un principio generale che lo avesse prescritto, anche
per i c.d. tributi “non armonizzati”.
Si tratta di differenze di approccio le cui cause è inutile indagare, ma il cui effetto è un pregiudizio per l’efficienza della ricerca del diritto per via giudiziaria: da
qui l’interesse per una verifica dello stato dell’arte sul
versante della giurisprudenza costituzionale, in quanto
depositaria dei valori fondativi dell’ordinamento.
2. Si potrà anche dire che le sentenze della Corte
di legittimità vincolano l’interpretazione delle disposizioni sottoposte al giudizio di costituzionalità. Il dato
che tuttavia si impone è che l’accertamento del “diritto
vivente” è un potere-dovere che spetta alla Corte costituzionale.3 E che nella sentenza n. 132/2015 questa
lo ha esercitato giungendo a conclusioni sull’effettività
del principio del contraddittorio, che sembrano lasciare
poco spazio a ripensamenti.
3
Corte cost. sentenze n. 210/1992; n. 171/1996; n. 156/1999;
n. 336/2002; n. 229/2003; n. 460/2005; n. 480/2005; n. 266/2006;
n. 234/2007.
13
14
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Per dimostrarlo non occorrerà soffermarsi sulla parte
della sentenza in cui la Corte ha riconosciuto al diritto al contraddittorio il rango di principio generale del
diritto europeo – con espressioni che meriterebbero di
essere valorizzate all’interno di un circuito di “reciproca influenza” (più che come sintomi di un “contagio”,
come si usa ripetere), messo in moto con la codificazione del diritto alla buona amministrazione nella Carta di
Nizza – perché l’indagine imboccherebbe un percorso
che porterebbe troppo lontano.
Da sottolineare, invece, che nel pronunciarsi sull’assunta irragionevolezza della previsione della nullità
dell’atto notificato ante tempus contenuta nell’art. 37bis d.p.r. n. 600/1973, la Corte ha preso atto della giurisprudenza che nel frattempo ne aveva dichiarato l’applicabilità anche a fattispecie non codificate di abuso
(facendo venire meno l’invocato tertium comparationis).
E, soprattutto, che ha “collegato idealmente” la sopravvenuta giurisprudenza, come loro naturale svolgimento, ai
precedenti conformi delle Sezioni Unite,4 concludendo
che “l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale
costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e
specifica previsione normativa, a pena di nullità dell’atto
finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso”.
In presenza di un “orientamento non isolato” dei Giudici di legittimità, che “tende a riconoscere forza espansiva” alla regola contenuta nell’art. 37-bis cit., la Corte
ha quindi negato la ricorrenza di un diritto vivente in
base al quale gli atti emessi senza contraddittorio fossero
da considerare ciò non ostante validi. E ne ha persino
prospettato conseguenze sull’interpretazione dell’art.
20 d.p.r. n. 131/1986, per l’eventualità che gli si dovesse riconoscere una funzione antielusiva, affermando
che “la mancanza dell’espressa previsione, in essa, del contraddittorio anticipato non sarebbe comunque di ostacolo
all’applicazione del principio generale di partecipazione
del contribuente al procedimento”.
Sarebbe stato sufficiente questo passo a rendere chiara la posizione della Corte sul tema in discussione. Ma
ancora più eloquenti, se possibile, sono gli argomenti
portati a confutazione del secondo profilo di illegittimità sottoposto al suo giudizio, relativo alla sospetta violazione dell’art. 53 Cost. a motivo del fatto che l’art. 37bis cit. avrebbe prescritto la nullità dell’atto impositivo
notificato anche a pochi giorni dallo spirare del termine.
A esplicitazione della posizione di principio già
espressa nella sentenza n. 244/2009, nella sentenza che
4
Corte Cass. SS. UU. n. 18184/2013, e n. 19667/2014.
si è pronunciata sulla disciplina del contraddittorio in
materia antielusiva si legge: “la sanzione della nullità
dell’atto conclusivo del procedimento assunto in violazione
del termine [...] trova [...] ragione in una divergenza dal
modello normativo che, lungi dall’essere qualificabile come
meramente formale o innocua, o come di lieve entità, è
invece di particolare gravità, in considerazione della funzione di tutela dei diritti del contribuente della previsione
presidiata dalla sanzione della nullità, e del fatto che la
violazione del termine da essa previsto a garanzia dell’effettività del contraddittorio procedimentale impedisce il pieno
svolgersi di tale funzione”. Dove l’accento cade sulla funzione di garanzia della posizione giuridica soggettiva del
contribuente, che il contraddittorio assicura prima che
l’amministrazione provveda nei suoi confronti.
3. A confronto con queste espressioni, la posizione
assunta dalle SS.UU. della Corte di cassazione nella sentenza di poco posteriore n. 24823/2015 ha una valenza
marcatamente regressiva.
In un contesto di deliberata svalutazione dei precedenti di segno contrario – di cui fanno fede la postulazione di un carattere di eccezionalità alla disciplina
dell’ipoteca esattoriale,5 e l’accentuazione della matrice
europea del divieto di abuso6, entrambe finalizzate a limitare la portata delle massime giurisprudenziali che vi
avevano innestato il principio del contraddittorio – le
SS.UU. hanno negato che dalla sentenza Corte Cost. n.
132/2015 sia ricavabile un contributo utile alla soluzione del problema. La Corte, infatti, avrebbe rinunciato a
prendere posizione sull’esistenza di una clausola generale che garantisce il contraddittorio, tanto che la sentenza si svilupperebbe attraverso proposizioni del tutto
“non significative”. Inoltre, l’evocazione del principio di
ascendenza europea sarebbe generica, e finalizzata alla
delibazione dell’ammissibilità della questione; mentre
la soluzione della questione sottoposta al suo giudizio
sarebbe affidata all’unico rilievo della sopravvenuta giurisprudenza di legittimità.7
Perciò cade nel nulla l’importantissimo riferimento
alla forza espansiva del principio capace di legittimarne applicazioni anche a fattispecie prive di copertura
legale, didascalicamente esemplificato con riferimento
5 Corte Cass. SS.UU. n. 24823/2015, punto 4.1. dei motivi
di diritto.
6 Corte Cass. SS.UU. n. 24823/2015, punto 4.2. dei motivi
di diritto.
7 Corte Cass. SS.UU. n. 24823/2015, punto 5. dei motivi di
diritto.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
al controverso art. 20 d.p.r. n. 131/1986. Ed è del pari
trascurato l’argomento che ha negato all’omissione del
contraddittorio il rango di irregolarità formale, difendendone invece la funzione di garanzia dei diritti del
contribuente. Omissioni tanto più significative in quanto pertinenti a specifiche questioni di rilevanza costituzionale che la Corte di cassazione aveva ritenuto non
manifestamente infondate nell’ordinanza di remissione
che aveva aperto la strada all’intervento dei Giudici costituzionali.
Senza arrivare ad aprire un contrasto tra le due Corti,
la sentenza delle SS. UU. n. 24823/2015 ha dunque
lasciato emergere una frizione tra gli argomenti delibati
nei principali arresti giurisprudenziali sul principio del
contraddittorio. Il che non è un male, se, come diceva
Eraclito, anche “… la giustizia è contesa, e tutto accade secondo contesa e necessità”. Anzi, non lo sarà nella misura
in cui, tornando sull’argomento, la Corte costituzionale
vorrà preservare la coerenza della disciplina dei procedimenti tributari, contenere la giurisdizione di legittimità
nei limiti propri della nomofilachia, ed evitare i costi
dell’inefficienza amministrativa e del contenzioso che
dalla negazione di tutto ciò discendono. Si tratta, in una
parola, di un problema di certezza del diritto, che è tra i
primi valori che la Corte ha il compito di tutelare.
4. Se ci si propone di risolvere il problema secondo
la logica che gli è propria, e al riparo dalle pregiudiziali
negative che sin qui ne hanno impedito la soluzione, è
utile rifarsi alla giurisprudenza costituzionale sul “giusto procedimento”, per osservare in che modo è stato
affrontato e risolto con riferimento ai procedimenti amministrativi comuni. Questa prospettiva ha il pregio di
mettere sotto gli occhi l’insufficienza del canone della legalità, intesa come corrispondenza al dettato della legge,
dell’amministrazione dei tributi; e di dischiudere una
dimensione che non sempre la giurisprudenza ordinaria
vuole indagare (ed è invece cruciale), ossia legittimità
dell’azione pubblica diretta all’applicazione imparziale
della legge d’imposta.
Il primo dato che si acquisisce una volta guadagnato un più elevato punto di osservazione è che il giusto
procedimento fa il proprio ingresso nella giurisprudenza
costituzionale oltre cinquanta anni fa con la sentenza n.
13/1962, nella quale per la prima volta compare come
forma necessaria della funzione amministrativa. Ad avviso dei Giudici dell’epoca vi avrebbero concorso due
regole: a) la separazione, ai fini della limitazione dei diritti individuali, tra norma e provvedimento, assunta a
base di una “riserva di amministrazione” concepita come
corollario del principio di legalità; b) la previsione di
DOTTRINA
regole che consentano ai privati di prendere parte al procedimento a tutela dell’interesse proprio e dell’interesse
pubblico, prima che l’autorità pubblica abbia provveduto. Ridotte a unità, queste due regole si sarebbero saldate in un “principio generale dell’ordinamento giuridico
dello Stato”,8 di cui nell’occasione la Corte non indicò il
fondamento costituzionale.
È però risaputo che la giurisprudenza successiva
ha ridimensionato il varco dischiuso dalla sentenza n.
13/1962 alla definitiva affermazione del principio. La
tesi della riserva di amministrazione ha dovuto soccombere alla marea montante di pronunce di ammissibilità
delle c.d. leggi-provvedimento (salvo il controllo di legittimità della Corte), e perciò alla negazione della necessità di distinguere il disporre in via generale e astratta dal provvedere per serie o per singoli casi, che essa
sottintendeva. Neppure il diritto di essere sentiti prima
di subire un provvedimento limitativo ha avuto miglior
sorte, se è vero che la Corte ne ha ripetutamente negato
la radice costituzionale, pur salvaguardandone il rango
di principio generale dell’ordinamento.9 Un punto relativamente fermo (anche se, come dirò, non privo di criticità) è invece che la garanzia dell’art. 24 Cost. sarebbe
già assicurata all’interno del giudizio, attraverso un contraddittorio destinato ad attuarsi avanti a una autorità
terza e imparziale.10
Dopo un inizio promettente, la giurisprudenza sul
giusto procedimento ha dunque subito una involuzione, che conferma un giudizio generale di scarsa incisività dell’opera della Corte, per la diffusione dei valori
costituzionali nella pubblica amministrazione. Vi sono
state però anche pronunce che, per quanto insufficienti
a innovare l’indirizzo prevalente, “ne hanno scalfito, con
eloquenti allusioni e obiter dicta, alcuni dei percorsi logici
più di sovente seguiti”.11
Talora, il giusto procedimento vi è discusso secondo
una logica “soggettivo-garantista”, per la quale esso dovrebbe assicurare la migliore protezione delle situazioni
8 Corte
cost. n. 13/1962, punto 4 del considerato in diritto.
Corte cost., sentenze n. 59 /1965; n. 212/1972; n. 23 /1978;
n. •/1980; nn. 7, 91, 148/1982; n. 301/1983; n. 234/1985; n.
48/1986; n. 344/1990; n. 346/1991; n. 103/1993; n. 57/1995; n.
210/1995; n. 312/1995; n. 68/1998.
10 Così, in particolare, le già citate sentenze Corte Cost. n.
103/1993; n. 57/1995; n. 210/1995; n. 312/1995; n. 68/1998.
11 BUFFONI, Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in Quad. cost. 2009, 277 ss., ma
p. 8 dell’estratto pubblicato in http://www.forumcostituzionale.
it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0076_
buffoni.pdf, a cui si devono anche le indicazioni giurisprudenziali
contenute nelle precedenti note.
9
15
16
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
giuridiche dei soggetti interessati dall’azione pubblica.
Altre volte è invece concepito secondo una logica “oggettivo-funzionalistica”, come forma di estrinsecazione
di una funzione amministrativa efficiente. Sicchè un
tentativo di sistemazione potrebbe consistere nel riportare gli argomenti offerti dalla giurisprudenza a ciascuno
dei due poli, per assumerli poi a premessa degli ulteriori
possibili sviluppi.
5. Per restare al problema che interessa, senza attardarci in puntuali ricostruzioni, mi pare che vi sia da
prendere in primo luogo atto che, a partire dalla sentenza Corte Cost. n. 13/1962, e in numerosissime altre occasioni, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto
al giusto procedimento la qualità di principio generale
dell’ordinamento, utile all’interpretazione delle disposizioni che non lo prevedono espressamente.
Da qui, la prontezza con la quale nella sentenza n.
132/2015 la Corte ne ha riconosciuto la potenzialità
espansiva nel settore tributario nella forma del contraddittorio preventivo. Leggendo in continuità i due dati
(rispetto ai quali l’ultimo revirement delle SS.UU. della Corte di cassazione appare recessivo), v’è da prendere
atto della comune confluenza su di un risultato acquisito,
che introduce il contraddittorio nei processi di concretizzazione del diritto come argomento ab auctoritate, nel
caso concreto sempre falsificabile, ma con riferimento
alla fattispecie sottoposta a giudizio e non in via generale.
Inoltre, sotto il profilo della dimensione costituzionale del principio, le indicazioni contenute nelle sentenze Corte Cost. n. 244/2009 e n. 132/2015 sulle
conseguenze invalidanti della violazione del contraddittorio anche in assenza di una previsione espressa di
nullità, sono da ascrivere alla prospettiva “soggettivo-garantistica”, che ne risulta pertanto confermata come un
credibile punto di appoggio per ulteriori applicazioni.
Non pare infatti revocabile in dubbio che per la Corte
il contraddittorio ha la funzione di tutelare i diritti del
contribuente, e che per assolverla deve essere effettivo.
Forse la situazione è matura perché tali indicazioni vengano ulteriormente sviluppate attraverso il riferimento
a pertinenti norme costituzionali, e perciò alle garanzie
degli artt. 24 e 111 Cost..
A sostegno di un intervento della Corte in favore della definitiva acquisizione del principio del contraddittorio tra gli argomenti di interpretazione delle disposizioni che non lo prevedano espressamente muoverebbe la
dottrina per la quale la garanzia costituzionale della posizione giuridica del contribuente è complessivamente
assicurata dalle regole del procedimento e del processo
in necessario e inscindibile concorso tra loro.
In effetti, la separazione dei soggetti agenti non implica differenziazione dei modi di agire. Nella logica
della teoria costitutiva, il contraddittorio preventivo
assicura l’obiettività dell’accertamento aumentando la
prossimità al vero della rappresentazione del presupposto da cui sorge l’obbligazione inadempiuta. Questo
risultato giustifica il sollevamento del giudice dell’impugnazione dall’onere dell’accertamento del fatto, e ne focalizza il giudizio sulla verifica della legalità della pretesa
in via di formazione. La distinzione tra procedimento
e processo non ne viene perciò attenuata, ma acquista
una giustificazione anche dal punto di vista della tutela
integrale della posizione giuridica del contribuente.
Fermo il compito dell’amministrazione di applicare
la legge d’imposta, essa è chiamata ad assolverlo tenendo
anche conto dei fatti addotti dal contribuente a dimostrazione della legalità della propria condotta. L’attività
che egli è così messo nelle condizioni di esercitare può
dirsi anticipazione delle facoltà difensive proprie del
processo solo se è certo che, dopo avere ricevuto l’atto impositivo, potrebbe riprodurla negli stessi identici
termini avanti al giudice. Questa possibilità può essere
ammesso in astratto, ma nella realtà delle cose vi si oppongono almeno due ordini di fattori.
6. La prima considerazione che si impone è la seguente: ed è che da un punto di vista strutturale, il fatto
che la spinta verso una rimozione degli ostacoli all’esercizio del diritto al contraddittorio provenga dalla giurisdizione di merito si presta a essere interpretato come un
segno di usura del modello del giudizio impugnatorio,
a fronte dello spostamento del controllo di legittimità
dall’atto al risultato dell’azione amministrativa, per forza di cose meno avvertito nel giudizio di legittimità. Si
tratta di un fenomeno che sul versante amministrativo è stato alla base della codificazione dei vizi degli atti
compiuta con la L. n. 15/2005. E che la disciplina del
processo ha già scontato con l’adozione del Codice del
d.lgs. n. 104/2010 – e quindi per quanto qui rileva con
la riforma dei mezzi di prova (fra i quali è ora prevista la
prova testimoniale), e di integrazione delle conoscenze
del giudice12 – in chiave di potenziamento delle vie di
accesso del giudice al fatto.
A fronte dell’inerzia del legislatore nei riguardi del
processo tributario, che malgrado le pressioni della dottrina non ha conosciuto interventi di questo tipo, l’anticipazione del contraddittorio all’istruttoria amministrativa è concepibile come un primo correttivo delle forme
12
Art. 63 ss. d.lgs. 104/2010.
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
più gravi di scostamento del fondamento della pretesa
tributaria dalla fattispecie realizzata. Certo, si tratta di
una misura sostitutiva, i cui fini sarebbero meglio realizzati attraverso una riforma del processo. Resta tuttavia
il fatto che in presenza di un’istruttoria amministrativa
di tipo inquisitorio, i limiti attuali alle facoltà di accesso
del giudice al fatto, che nel processo tributario si esprimono nella c.d. residualità dell’istruttoria “secondaria”,
privano di sostegno l’argomento che reputa non dovuta
l’anticipazione al procedimento della garanzia del contradditorio, perché già assicurata nel processo.
In tutti questi casi, l’acquisizione di un elemento di
prova su di una circostanza anche esterna al fatto imponibile conseguita nell’istruttoria amministrativa può decidere il processo, pure in deroga all’art. 2729 cod. civ.,
quindi attraverso la limitazione di facoltà difensive altrimenti riconosciute. Si tratta di una situazione storicamente acquisita di cui la Corte ha già riscontrato la compatibilità con la Costituzione,13 ma suscettibile, se non di
una radicale revisione, almeno di un ridimensionamento
nella logica garantistica adottata nelle due sentenze che si
sono già pronunciate sul contraddittorio tributario.
7. Inoltre v’è da osservare che la residualità dell’istruttoria “secondaria” che caratterizza il giudizio tributario ha determinato il formarsi di una disciplina
speciale della prova, per la quale l’idea che l’attività
istruttoria dell’Agenzia prima e al di fuori dal processo possa limitare le facoltà difensive del contribuente è
tutt’altro che irrealistica.
L’ordinanza della CTR della Toscana, che ha rimesso alla Corte la questione di legittimità dell’art. 12 c. 7
L. n. 212/2000 in quanto non applicabile alle verifiche
c.d. “a tavolino”, sull’assunta incompatibilità con l’art.
24 Cost., si riferisce ai regimi di prova legale in favore dell’amministrazione, capaci di tali effetti in quanto
vincolanti anche per il giudice dell’impugnazione. Ma
altrettanto si può dire per tutti i casi di attenuazione
dell’onere probatorio gravante sull’amministrazione
previsti dalla legge (p.es. accertamento induttivo extracontabile), o creati dalla giurisprudenza (p.es. giudizio
di sufficienza anche di un solo indizio nell’accertamento induttivo contabile). Si pensi anche alle inversioni
dell’onere della prova (così per la prova della destinazione alla spesa delle disponibilità liquide di inizio di anno
nei c.d. accertamenti bancari), e ai vincoli alla prova
contraria (p.es. la irrilevanza della prova del pagamento
ai fini dell’accertamento della realtà dell’operazione fatturata) operanti per specifiche tipologie di accertamento.
8. In sintesi, il dato su cui il tema del contraddittorio tributario induce a riflettere è che la situazione
attuale è caratterizzata dal concorso di caratteri strutturali (la residualità della c.d. istruttoria secondaria) ed effettuali (la disciplina speciale della prova), convergenti
nel limitare le facoltà difensive che il contribuente può
esercitare nel giudizio.
Che, infatti, la disciplina del processo non ponga
limiti alla prova dell’insussistenza degli elementi e circostanze di fatto sui quali si basa l’induzione presuntiva
adottata dall’amministrazione, non toglie che il perimetro che li racchiude è pur sempre tracciato dall’amministrazione nell’istruttoria che precede il giudizio. E che,
nell’esercitare le proprie facoltà difensive in un ambito
“precostituito”, il ricorrente soggiace a una disciplina
speciale della prova che ne condiziona in modo significativo l’esito.
Tutto ciò non può considerarsi privo di rilievo ai fini
della verifica delle tenuta delle garanzie degli artt. 24 e
111 Cost., in funzione del rafforzamento delle possibilità di partecipare al procedimento. Sarà perciò interessante osservare quale posizione assumerà la Corte nei
giudizi pendenti che investo l’argomento, anche per valutarne le conseguenze su rilevanti tematiche di ordine
generale che vi sono sottese.
Prof. Gaetano Ragucci.
Università degli Studi di Milano
13 Cfr.,
tuttavia, Corte Cost. n. 283/1987.
17
18
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Il contraddittorio endo-procedimentale
nella prospettiva europea
di Roberto Iaia
1. Il principio generale nell’ordinamento europeo.
In materia di contraddittorio endo-procedimentale,
l’individuazione di possibili tendenze evolutive dello
Statuto dei diritti del contribuente esige un confronto
rigoroso con l’ordinamento dell’Unione europea, alla
luce della primazia che lo caratterizza rispetto a quelli
degli Stati membri.1 Sono note le generali coordinate
dell’istituto da simile prospettiva.
Ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di
adottare un provvedimento lesivo nei confronti di un
soggetto giuridico, ha l’onere di consentirgli di manifestare utilmente il proprio punto di vista, prima dell’eventuale emanazione del provvedimento stesso2.
La garanzia è oggetto di un principio generale europeo ossia di una vera e propria norma giuridica precettiva, fonte di diritti e obblighi per i destinatari, ancorché non recepita in un articolato3. La connotazione del
principio, espressione di quello più ampio del “rispetto
dei diritti della difesa”4, si deve soprattutto alla giurisprudenza della Corte di giustizia, la cui elaborazione
ha fatto apparentemente leva sulle “tradizioni costituzionali degli Stati membri”5, ma - in realtà - si è sviluppata
in modo autonomo e a titolo originario, prendendo le
mosse soprattutto dall’esperienza giuridica tedesca6.
Nel diritto derivato, il principio del contraddittorio
è stato recepito dall’art. 19, par. 1 del Reg. n. 17/1962,
il c.d. “Primo Regolamento” in materia di libera con-
1
Sulla primauté, senza pretesa di esaustività, v. G. Tesauro,
Diritto dell’Unione europea, Padova, 2012, 189 ss.
2 Cfr., p. es., Corte di giustizia, 3 luglio 2014, cause riunite
C-129/13 e C-130/13, Kamino e a., punto 30.
3 G. Tesauro, Diritto dell’Unione, cit., 105.
4 V., ex multis, Corte di giustizia, 12 dicembre 2002, causa
C-395/00, Cipriani, punto 37.
5 Per un riferimento alle “tradizioni costituzionali”, v., p. es.,
Corte di giustizia, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé, al
punto 33.
6 In effetti, il principio del contraddittorio non trovava riscontro nelle “tradizioni costituzionali” di tutti gli Stati membri: cfr. le
conclusioni dell’Avvocato generale J.P. Warner, 19 settembre 1974,
in relazione alla causa della Corte di giustizia, C-17/74, Transocean
Marine Paints Association; v., inoltre, G. Gaja - A. Adinolfi, Introduzione al diritto dell’Unione europea, Bari, 2014, 163.
correnza7 e, ora, dall’art. 22, par. 6, comma 1 del Reg.
n. 952/20138, il c.d. Codice doganale dell’Unione europea, in vigore dal 1° maggio 20169.
Nella giurisprudenza della Corte, una fondamentale affermazione risale al 1963 con la sentenza Alvis in
materia di pubblico impiego, la quale, al punto 1A, ha
evidenziato la funzionalità del contraddittorio “alle esigenze della giustizia e della buona amministrazione”10.
Numerose sono, poi, state le applicazioni della garanzia nei più vari settori del diritto amministrativo,
dall’accesso ai fondi europei, alla tutela della sicurezza
pubblica, della salute, etc11.
In ambito tributaristico, uno dei più rilevanti esempi è individuabile nella sentenza Cipriani del 200212, in
ordine a un giudizio a quo promosso da una società per
azioni contro il Ministero delle Finanze italiano dinanzi
al Tribunale di Trento.
7 “Prima
di ogni decisione (…)” amministrativa, “la Commissione dà modo alle imprese e as-sociazioni di imprese interessate di manifestare il proprio punto di vista relativamente agli addebiti su cui
essa si basa. dà modo alle imprese e associazioni di imprese interessate
di manifestare il proprio punto di vista relativamente agli addebiti
su cui essa si basa.”.
8 “Prima di prendere una decisione che abbia conseguenze sfavorevoli per il richiedente, le autorità doganali comunicano le motivazioni su cui intendono basare la decisione al richiedente, cui è data la
possibilità di esprimere il proprio punto di vista entro un dato termine
a decorrere dalla data in cui il richiedente riceve la comunicazione
o si ritiene l'abbia ricevuta. Dopo la scadenza di detto termine, la
decisione è notificata nella debita forma al richiedente”.
9 V. art. 288, par. 2 del Codice doganale dell’Unione. Al testo
normativo, hanno fatto seguito il Reg. integrativo n. 2446/2015 e il
Reg. di esecuzione n. 2447/2015.
10 Corte di giustizia, 4 luglio 1963, causa C-32/62, Alvis.
11 V., ex pluris, Corte di giustizia, 17 marzo 2016, causa C 161/15, Benallal, punto 33; Id., 22 novembre 2012, causa
C-277/11, M., punti 85 ss., Id., 21 dicembre 2011, causa C-27/09,
PMOI, punto 65; Id., 21 settembre 2000, causa C-462/98 P, Mediocurso, punto 36; Id., 24 ottobre 1996, causa C-32/95 P, Lisrestal e a., punto 21; Id., 29 giugno 1994, causa C-135/92, Fiskano,
punto 39; Id., 23 ottobre 1974, causa C-17/74, Transocean Marine
Paint Association, punto 15.
12 Corte di giustizia, 12 dicembre 2002, causa C-395/00,
Cipriani, cit., spec. al punto 51.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
La pronuncia esprime quella che la dottrina francese
ha definito come “diffusione per contagio” dei principi
comunitari dai rapporti con gli organi e le istituzioni
europee a quelli interni con (le amministrazioni de)gli
13
Stati membri.
2. Il recepimento del principio nella c.d.
Carta di Nizza.
Il principio generale del contraddittorio è stato recepito quale prima, fondamentale fattispecie di “buona
amministrazione”, dall’art. 41, par. 2, della “Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea”, la c.d. Carta
di Nizza, cui l’attuale art. 6, par. 1 del TUE, riconosce
“lo stesso valore giuridico dei trattati”.
In Italia, si afferma de plano l’operatività di tale disposizione nelle relazioni giuridiche infra-statuali14, invece
tutt’altro che pacifica per la giurisprudenza europea, la
quale tende recentemente a sussumervi i soli rapporti
con gli organi e le istituzioni dell’Unione15.
In realtà, la questione e, ab imis, la stessa disposizione non sono così decisive ai fini che ci occupano.
13
Cfr. S. Cassese, Le basi costituzionali, in AA.VV., Tratt.dir.
amm. Dir. amm. gen., a cura di S. Cassese, Milano, 2003, I, 243,
ove menziona R. Abraham, Les principes généraux de la protection
juridictionnelle administrative en Europe: l’influence des jurisprudences européennes, in Rev.eur.dr.publ., 1997, 577 ss.; v. anche F.
Vanistendael, Le nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in AA.VV., Per una Costituzione fiscale
europea, a cura di A. Di Pietro, Padova, 2008, 113-4.
14 V., p. es., A. Fantozzi, Dalla non discriminazione all’eguaglianza in materia tributaria, in AA.VV., Per una costituzione fiscale
europea, cit., 193 ss., spec. 208 ss.; R. Lunelli, “Contraddittorio procedimentale”: verso la conferma legislativa di un obbligo generalizzato, in “il fisco”, 2014, 3709 ss.; A. Marcheselli, “C’è un giudice a
Berlino”: ristabilita l’equità nei rapporti fisco contribuente quanto agli
accertamenti accelerati, nota a Cass., Sez. trib., 28 marzo 2014, n.
7315, in Corr.trib., 2014, 1370 ss.; G. Ragucci, p. es. in Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza della Corte costituzionale,
in Rass.trib., 2015, 1224; cfr. Cass., Sez. un., 9 dicembre 2015, n.
24823, che riferisce, tuttavia, l’art. 41 alle sole imposte armonizzate.
15 Per la (condivisibile) tesi affermativa, v. le conclusioni
dell’Avvocato generale M. Wathelet, 25 febbraio 2014, in relazione alle cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino e a., punto
34, e la stessa relativa sent. cit. della Corte di giustizia, al punto 29;
cfr., inoltre, il considerando n. 27 del cit. nuovo Codice doganale
dell’Unione. La soluzione trova conforto nell’art. 51, par. 1 della
Carta, che ne pone in luce l’applicabilità “pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”. Contra, p.es., Corte di giustizia, 17 dicembre 2015, causa C-419/14,
WML, punto 83; Id., 11 dicembre 2014, causa C-249/13, Boudjlida, punto 32; Id., 5 novembre 2014, causa C-166/13, Mukarubega, punto 44; cfr. C. Barnard - S. Peers, European Union Law,
Oxford, 2014, 213-4.
DOTTRINA
Qualora si ritenesse, infatti, che l’art. 41 non fosse
operante in ambito interno, vi troverebbe comunque
adito il principio generale del diritto dell’Unione, che la
Carta ha meramente “fotografato”16.
L’art. 41 e l’opinione giurisprudenziale favorevole
alla sua applicabilità (anche) ai rapporti interni, piuttosto, appaiono meritevoli di considerazione per ulteriori
e diverse ragioni.
Il principio è riprodotto in una disposizione (l’art.
41, appunto) dedicata alla imparzialità e all’equità
dell’azione amministrativa (v. par. 1).
I giudici europei hanno ritenuto di correlare il contraddittorio anche agli artt. 47 e 48 della Carta, i quali
riecheggiano, fra l’altro, l’art. 6 della CEDU, riguardo ai
principi dell’”equo processo” (in linea con lo stesso art.
41 e con portata chiaramente estesa all’“equo procedimento amministrativo”) e ai diritti della difesa dell’imputato in ambito penalistico.
Da parte della Corte, proprio il richiamo all’art. 48
rivela una concezione dell’istruttoria amministrativa
tributaria affine a quella penale. Ambedue sono mirate
al riscontro di fatti reali, mediante l’esercizio di poteri
d’imperio, normativamente definiti, incisivi sulla sfera
giuridica dei destinatari e, perciò, sollecitano un comune presidio di garanzie17.
Simile approccio rappresenta il leit motiv sotteso al
diritto a un effettivo contraddittorio, alla luce del case
law della Corte di giustizia, nei termini che passiamo
a illustrare.
3. Le articolazioni procedimentali
Il primo, imprescindibile baluardo di effettiva attuazione della garanzia è ravvisabile nella comunicazione di
un atto motivato di contestazione preliminare al destinatario delle ipotesi di addebito.
16
V., p. es., il preambolo della Carta di Nizza, al 5° periodo,
secondo cui essa “riafferma (…) i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali (…) comuni agli Stati membri,
(…) nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte
di giustizia (…)”. Allo stesso modo, si esprimono le Spiegazioni
all’art. 41 della Carta. Sul tema, v. G. Tesauro, Diritto dell’Unione,
cit., 132 ss.
17 Con principale riferimento alla legislazione italiana, v., p. es.,
S. Muleo, p. es. in Contributo allo studio del sistema probatorio nel
procedimento di accertamento, Torino, 2000, passim; M. Basilavecchia, p. es. alla voce Accertamento (dir. trib.), in Diz. dir. pubbl., dir.
da S. Cassese, Milano, 2006, I, 50. Nella prospettiva europea, cfr. R.
Iaia, Le dichiarazioni auto-accusatorie del contribuente nell’istruttoria
fiscale, nota a Cass., Sez. trib., 11 novembre 2015, n. 23031, in Riv.
giur.trib., 2016, 608 ss., spec. 613.
19
20
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Tale articolazione del principio è correlabile, mutatis
mutandis, all’art. 6, par. 3, lett. a) della CEDU, il quale
prevede il diritto dell’accusato di un reato a essere informato dell’accusa rivoltagli e dei motivi di essa.
Si tratta di un profilo del tutto consolidato nel diritto derivato18 e nella giurisprudenza europea19 e trova rilevante espressione in una delle più importanti decisioni
degli ultimi anni: la sentenza Sabou del 2013.
La pronuncia, al punto 40, ribadisce che “occorre
distinguere, nell’ambito dei procedimenti di controllo
fiscale, la fase d’indagine nel corso della quale vengono
raccolte le informazioni (…), dalla fase contraddittoria,
tra l’amministrazione fiscale e il contribuente cui essa
si rivolge, la quale inizia con l’invio a quest’ultimo di
una proposta di rettifica”20, con espressione che rievoca la
“proposition de rectification” dell’ordinamento francese21.
Una volta comunicata l’ipotesi di contestazione,
l’amministrato ha diritto a un termine ragionevole, analogamente a quanto previsto, sempre in ambito penalistico, dall’art. 6, par. 3, lett. b) della CEDU, circa il
riconoscimento di un “tempo” necessario all’accusato di
un reato, per approntare la propria difesa22 23.
La celebre sentenza Sopropé del 200824, ritenuta
erroneamente quale leading case in tema di contraddit-
18
Così già l’art. 19, par. 1 del cit. “Primo Regolamento”
in materia di libera concorrenza e l’art. 2 del Reg. attuativo n.
99/1963.
19 V., p. es., Corte di giustizia, 15 luglio 1970, causa C-41/69,
Chemiefarma, punti 26-7 e causa C-45/69, Boehringer, punto 9; Id.,
14 luglio 1972, causa C-55-69, Cassella, punto 17; Id., 13 febbraio
1979, causa C-85/76, Hoffmann - La Roche, punto 10.
20 Corte di giustizia, 22 ottobre 2013, causa C-276/12, Sabou,
punto 40.
21 Art. L57, comma 1 del Livre des procédures fiscales.
22 V., p. es., Corte di giustizia, 23 ottobre 1974, causa C-17/74,
Transocean, cit., punto 15; in ambito fiscale, Id., 12 dicembre 2002,
causa C-395/00, Cipriani cit.
23 Riguardo al rapporto fra contraddittorio endo-procedimentale e art. 6 della CEDU, v., inoltre, Comm.trib.prov. di Siracusa,
Sez. V, ord. 17 giugno 2016, n. 235, che ha sollevato questione
di legittimità costituzionale degli artt. 32, 39, 41-bis del D.P.R. n.
600/1973 e dell’art. 12 della L. n. 212/2000, per violazione, fra l’altro, dell’art. 117, comma 1 Cost., “nella parte in cui prevede che la
potestà legislativa sia esercitata dallo Stato nel rispetto degli obblighi
internazionali, quale l’obbligo assunto con l’adesione” alla CEDU.
Secondo i giudici siciliani, le norme italiane citt. violerebbero, ex
pluris, anche l’art. 6 della CEDU, dal versante (ulteriore rispetto a
quelli qui approfonditi) della “compromissione della posizione del
contribuente non solo nell’ambito del procedimento ma anche nella
successiva fase processuale e/o determinandosi (posticipando il contraddittorio nella fase processuale) un irragionevole ampliamento
dei tempi di durata del processo.”.
24 Corte di giustizia, 18 dicembre 2008, causa C-349/07,
Sopropé, cit.
torio25, è invece molto importante nella definizione di
questo specifico profilo.
Secondo i giudici lussemburghesi, il termine deve
essere “ragionevole” in senso pratico, alla luce della specifica connotazione della fattispecie concreta26.
Da questo punto di vista, la pronuncia afferma che
“un procedimento d’ispezione che si svolga nel corso di
più mesi, che comporti verifiche in loco e l’audizione
dell’impresa coinvolta, le cui dichiarazioni sono verbalizzate, consente di presumere che la predetta impresa
sia a conoscenza delle ragioni per le quali il procedimento d’ispezione è stato intrapreso e la natura dei fatti che
le vengono addebitati”, con una maggiore “cognizione
di causa”, idonea a riflettersi sulla determinazione del
tempo per la difesa27.
Secondo la giurisprudenza europea, pertanto, la
pubblica autorità è sempre onerata al contraddittorio ex
ante, a prescindere dal luogo e dalle modalità di espletamento dell’attività istruttoria28.
Al più, l’assenza di un “contatto istruttorio” fra amministrazione e amministrato, anteriore alla comunicazione preliminare degli addebiti, autorizza a sostenere
che il destinatario possa, poi, beneficiare di un termine
maggiore rispetto alle fattispecie caratterizzate, invece,
da tale previo “contatto”.
Il terzo pilastro di effettività della garanzia è costituito dalla motivazione c.d. rafforzata del provvedimento
lesivo, il quale deve “dialogare” con le difese endo-procedimentali dell’interessato, per consentirgli di individuare le ragioni alla base del rigetto di esse29.
In questo ambito, assume rilievo di nuovo il concetto di “termine ragionevole”, ma più sullo sfondo e
sub specie juris di adeguato lasso di tempo minimo, per
25 V. Cass., Sez. trib., 9 aprile 2010, n. 8481, secondo cui il con-
traddittorio rappresenterebbe “una formalità procedimentale la cui
osservanza generalizzata non era richiesta dalla prassi della Commissione europea, né dalla giurisprudenza comunitaria, oltre che (…)
da specifiche norme comunitarie” prima della ricordata pronuncia;
ne deriverebbe l’impossibilità per i giudici nazionali di annullare
provvedimenti fiscali, emessi inaudita altera parte, con riferimento
alle “decisioni doganali assunte prima della sentenza Sopropé”, che
rappresenterebbe, dunque, una fattispecie di jus superveniens.
26 Sent. Sopropé, cit., punto 53.
27 Sent. Sopropé, cit., punti 45-6.
28 A livello logico-concettuale, la conclusione segna un punto
di frizione della giurisprudenza italiana di legittimità con quella
europea. La prima, all’opposto, afferma la centralità del diritto al
contraddittorio per le sole ipotesi di verifiche in loco, disciplinate
dall’art. 12, comma 7 della L. n. 212/2000, nelle materie nazionali,
in assenza di una specifica previsione normativa espressa. Si allude,
in particolare, a Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24283.
29 Corte di giustizia, 22 novembre 2012, causa C-277/11, M.,
cit., punto 88.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
consentire all’autorità di esprimere una seria valutazione
su quanto rappresentato dal contribuente30.
L’emanazione troppo ravvicinata di un provvedimento lesivo rispetto alle precedenti difese, può - evidentemente - rivelare un esame superficiale di esse da
parte dell’amministrazione.
Ciò precisato, la motivazione deve essere specifica,
ancorché non eccessivamente puntigliosa31 e, in particolare, non deve investire deduzioni manifestamente
pretestuose.
Quest’ultima conclusione sollecita l’esame del delicato tema dei limiti della garanzia che ci accingiamo,
ora, ad analizzare.
4. I limiti del diritto al contraddittorio e, in particolare, il limite endogeno del “risultato diverso”.
Nessuna situazione giuridica soggettiva è incondizionata. Non fa eccezioni il diritto al contraddittorio
endo-procedimentale che risente di limiti ad esso endogeni ed esogeni32. Il più importante e dibattuto è
quello, “consustanziale” alla garanzia, affermato dalla
sentenza Kamino del 2014, la quale ha rilevato che,
“secondo il diritto dell’Unione, una violazione dei
diritti della difesa, in particolare del diritto di essere
sentiti, determina l’annullamento del provvedimento
adottato al termine del procedimento amministrativo
di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un
risultato diverso”33.
Sul punto, occorre chiarire alcuni aspetti. Anzitutto, i giudici europei riferiscono il limite al (contenuto
dell’onere probatorio gravante sul) contribuente che si
dolga in un processo della violazione del contraddittorio ante-provvedimentale e al conseguente apprezzamento giudiziale della censura34. Fermo ciò, preme
rilevare che il limite del “risultato diverso” non nasce
certo con la sentenza Kamino, la quale non ha fatto
altro che riprodurre statuizioni risalenti, per lo meno,
30
Sent. Sopropé, cit., punto 54.
In tal senso, già Corte di giustizia, 14 luglio 1972, causa
C-55-69, Cassella, punto 22.
32 Si ricordano, p. es., quelli della riferibilità della garanzia ai
soli provvedimenti di natura “lesiva” e non anche a quelli favorevoli
al destinatario oppure all’interazione fra diritto al contraddittorio
e interessi generali (es.: alla pronta esazione dei tributi; alla repressione delle frodi, etc.), potenzialmente suscettibili di circoscrivere
l'applicazione del principio.
33 V. sentenza Kamino, cit., punto 79.
34 Cfr., sent. Kamino, punti 74 ss., spec. 78 ss.
31
DOTTRINA
alla pronuncia Distillers Company del 198035 e ribadite
da numerosissime ulteriori decisioni36.
Per certi versi, la Corte di giustizia ha affermato tale
limite fin dagli albori dell’ordinamento sovranazionale,
giacché ha posto in luce l’esistenza di un diritto a manifestare il proprio punto di vista (non sic et simpliciter,
ma) “utilmente” o “in modo efficace”, prima dell’eventuale provvedimento lesivo37.
Il confronto con tale radicata elaborazione si rivela,
perciò, indispensabile per un corretto approccio ermeneutico alla questione.
Riveste, in proposito, decisiva importanza la sentenza Foshan del 2009, con la quale la Corte ha ribadito che
il limite non comporta un riconoscimento dei “diritti
della difesa solo alla persona innocente”38, con espressione, di nuovo, attinta dal lessico penalistico. Ha escluso,
inoltre, un rigido nesso eziologico fra una (ipotetica)
attuazione del contraddittorio (invece, inattuato in concreto) e un diverso esito istruttorio che ne sarebbe scaturito. Secondo la Corte, infatti, “non si può obbligare la
ricorrente a dimostrare che la decisione” amministrativa
“avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che
tale ipotesi non va totalmente esclusa (…)”39.
35 Corte di giustizia, 10 luglio 1980, causa C-30/78, DCL,
punto 26.
36 V., ex multis, Corte di giustizia, 10 settembre 2013, causa
C-383/13 PPU, G. e R., punto 38; Id., 6 settembre 2012, causa
C-96/11 P, Storck c. UAMI, punto 80; Id., 15 novembre 2011, cause
riunite C-106/09 P e C-107/09 P, Government of Gibraltar e a.,
punto 179; Id., 1° ottobre 2009, causa C-141/08 P, Foshan Shunde
Yongjian Housewares & Hardware c. Consiglio e a., punto 94, cit.
infra nel testo; Id., 2 ottobre 2003, causa C-194/99 P, Thyssen Stahl
c. Commissione, punto 31; Id., 15 ottobre 2002, cause C-238/99 P,
C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99
P, e C-254/99 P, LVM e a. c. Commissione, punto 318; Id., 5 ottobre
2000, causa C-288/96, Repubblica federale di Germania c. Commissione, punto 101; Id., 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Repubblica francese c. Commissione, cit., punto 31; Id., 10 luglio 1986, causa
C-40/85, Regno del Belgio c. Commissione, punto 31.
37 Cfr., fra i numerosi esempi, Corte di giustizia, 11 dicembre
2014, causa C-249/13, Boudjlida, punto 36; Id., 5 novembre 2014,
causa C-166/13, Mukarubega, punto 46; Id., 13 marzo 2014, cause
C-29/13 e C-30/13, Global Trans Lodzhistik, punto 57; Id., 13 febbraio 1979, causa C-85/76, Hoffmann - La Roche, punto 11. Ne
deriva che, in tal senso, devono essere interpretate pure le espressioni impiegate dal legislatore europeo nella normativa derivata, come
quella cit. retro, sub nt. 7-8.
38 V., in precedenza, Corte di giustizia, 8 luglio 1999, causa
C-51/92 P, Hercules Chemicals, punto 81.
39 Corte di giustizia, 1° ottobre 2009, causa C-141/08, P, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware c. Consiglio e a., cit.,
ivi. Sulla particolare importanza della pronuncia, v. R. Iaia, I confini
di illegittimità del provvedimento lesivo del diritto europeo al contraddittorio preliminare, nota a Corte di giustizia, 3 luglio 2014, cause
21
22
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
L’orientamento è stato ribadito, da ultimo, con la
pronuncia Clark e Puma del 2016 in tema di dazi antidumping sulle importazioni40.
Nella prospettiva europea, dunque, la valutazione
giudiziale sulla lesione del contraddittorio non comporta affatto una cognizione piena sul merito delle doglianze relative al provvedimento tributario.
Il giudice, piuttosto, è chiamato ad apprezzare la
sussistenza (o meno) di una patologia sul piano formale-procedimentale41 cui segue, in caso di riscontro positivo di essa, una delibazione in ordine alla “non totale
esclusione dell’ipotesi di un risultato diverso”.
Per certi versi, simile delibazione appare accostabile,
sul piano concettuale, a quella che investe il c.d. fumus
boni juris nei giudizi cautelari, con la particolarità che
sembra qui avvicinarsi alla “non manifesta infondatezza”
(più che alla “fondatezza”) delle difese del contribuente.
Il limite non risulta potersi applicare agevolmente
agli accertamenti lato sensu presuntivi, per i quali, in
thesi, è difficile ragionare di una “totale esclusione dell’ipotesi di un risultato diverso”. Appare, infatti, sempre
aperta la possibilità di adeguare gli esiti presuntivi alla
situazione reale, in ossequio al principio di (effettività
della) capacità contributiva (art. 53, comma 1 Cost.).
Trova maggiore adito, invece, a fronte di accertamenti di tipo analitico o analitico-contabile qualora,
per la singola fattispecie, sia radicalmente escluso ogni
possibile margine difensivo42.
Il limite costituisce, pertanto, un serio e proporzionato punto di equilibrio fra garanzie del contribuente
e interesse erariale, in ossequio al principio di strumentalità delle forme allo scopo dell’azione pubblica e,
lato sensu, di conservazione del provvedimento amministrativo, che non può essere certo vanificato da censure già ab imis del tutto ininfluenti sulle conclusioni
dell’istruttoria43.
5. La sanabilità ex post della violazione.
Il tema della sanabilità a posteriori della violazione
del contraddittorio è molto presente e dibattuto a livello europeo. Si ritiene che una mancata dialettica con
l’amministrato prima dell’adozione del provvedimento
lesivo non possa essere de plano superata dall’apertura
di uno spazio difensivo in sede amministrativa o giurisdizionale, riguardo a un provvedimento già emanato.
Concorrere ex ante alla ricostruzione della fattispecie e alle determinazioni pubbliche non può equivalere al riconoscimento di un contraddittorio solo ex post,
quando il contribuente è già destinatario di un provvedimento lesivo44. La Corte di giustizia è approdata ad
esiti analoghi con la sentenza Gerlach del 200745, che
non rispecchia, tuttavia, l’attuale posizione della giurisprudenza europea, la quale, con la sentenza Kamino, ha
esteso al diritto doganale le conclusioni della pronuncia
Texdata del 2013 in materia societaria46.
I giudici europei hanno ragionato a contrariis di un
concorso di tre elementi, per escludere ex post una violazione dei diritti della difesa: a) l’incardinamento di
un procedimento amministrativo di secondo grado, nel
caso di specie, innestato da un ricorso-reclamo in opposizione all’atto lesivo; b) l’espletamento di un effettivo
contraddittorio nell’ambito di tale secondo procedimento; c) una sospensione automatica o, almeno, non
discrezionale del provvedimento impugnato nel corso
del secondo procedimento amministrativo, con puntuale riferimento all’inibitoria di cui all’art. 244, par. 2 del
Reg. n. 2913/1992, il c.d. “Codice doganale comunitario” (“CDC”), vigente ratione temporis 47.
Fra tali elementi, la Corte ha posto in luce la peculiare
importanza della sospensione, ritenuta idonea a sterilizzare quoad effectum l’illegittimità del provvedimento inaudita altera parte48.
C-129/13 e C-130/14, Kamino, cit., in Riv.giur.trib., 2014, 839 e,
poi, Cass., Sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823, cit. nonché da
ultimo Cass., Sez. VI-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20855.
40 Corte di giustizia, 4 febbraio 2016, cause riunite C‑659/13 e
C‑34/14, Clark e a., punto 140.
41 Sub specie di mancata comunicazione preliminare di una
motivata ipotesi di addebito e/o di mancato rispetto di un termine
ragionevole e/o di carenza di una motivazione rafforzata in seno al
provvedimento lesivo.
42 Cfr. R. Iaia, I confini di illegittimità, cit., 841.
43 Sul tema, in generale, cfr. L. del Federico, p. es. in L’evoluzione del procedimento nell’azione impositiva: verso l’amministrazione di
risultato, in Riv. trim. dir. trib., 2013, 866 ss.
44 La conclusione si impone a fortiori riguardo all’ordinamento
italiano, con peculiare riferimento al c.d. atto di accertamento esecutivo che cumula le funzioni e gli effetti assai incisivi di provvedimento impositivo, di titolo esecutivo e di precetto. V. art. 29 del D.L. n.
78/2010, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122/2010.
45 Corte di giustizia, 8 marzo 2007, causa C-44/06, Gerlach,
punti 36-9.
46 Corte di giustizia, 26 settembre 2013, causa C-418/11, Texdata.
47 L’art. 244, par. 2 del Reg. 2913/1992 prevede(va) che “l’autorità doganale può sospendere, in tutto o in parte, l’esecuzione della
decisione quando abbia fondati motivi di dubitare della conformità
della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato”. La norma è stata, ora,
recepita nell’art. 45, par. 2 del nuovo Codice doganale dell’Unione.
48 V. sent. Kamino, punti 65 e 66 sulla base della cit. pronuncia
Texdata. Sulla rilevanza di tale elemento, cfr. altresì le citt. conclu-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Di recente, il tema ha destato l’attenzione della Corte di cassazione italiana, in un caso afferente avvisi di
rettifica nei confronti di una società che non aveva introdotto merci importate in un deposito IVA, come invece aveva dichiarato49.
Ciascuno dei provvedimenti specificava che il contribuente avrebbe potuto contestarli mediante ricorso amministrativo di cui agli artt. 66 ss. del D.P.R. n.
43/1973, recante il c.d. Testo Unico delle Leggi doganali (“TUD”), ai quali rinviava l’art. 11, comma 7 del
D.Lgs. n. 374 del 199050.
Nell’occasione, la Corte Suprema ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267,
par. 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) affinché chiarisca “se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di
matrice eurounitaria la normativa italiana suesposta laddove non prevede, in favore del contribuente che non
sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale
da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione
dell’atto come conseguenza normale della proposizione
dell’impugnazione.” 51.
Occorre interrogarsi, tuttavia, se l’ordinanza del giudice a quo abbia completamente colto nel segno.
È necessario domandarsi, in particolare, se la mancanza di un regime nazionale siffatto integri un contrasto proprio con il principio europeo del contraddittorio
tout court52 o non tocchi, anche e piuttosto, il rapporto fra l’esegesi della disciplina interna di riferimento in
materia di ricorsi amministrativi doganali (artt. 66 ss.
del TUD) e quella dell’art. 244, par. 2 del CDC, sulla sospensione, la quale non sarebbe da applicarsi o interpretarsi restrittivamente in simili ipotesi, secondo la
sentenza Kamino53.
sioni dell’Avvocato generale M. Wathelet, punti 74 ss.
49 Cass., Sez. VI-5, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.
50 La previsione è stata, poi, abrogata dall’art. 12, comma 1, lett.
b), del D.L. n. 16/ 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla
L. n. 44/2012, con effetto per i procedimenti instaurati dal 2 marzo
2012, data di entrata in vigore dello stesso D.L. (v. artt. 12, comma
2 e 14, comma 1).
51 Cass., Sez. VI-5, ord. 6 maggio 2016, n. 9278 cit.
52 In generale, l’eventuale mancanza di una disciplina sulla sospensione di un provvedimento illegittimo, siccome reso inaudita
altera parte, ne impedisce sic et simpliciter la sanatoria. In altre parole, la violazione del principio del contraddittorio, considerato dalla
Corte italiana, riguarda il provvedimento lesivo della garanzia, più
che una norma interna che non contempli l’inibitoria dell’efficacia
dell’atto stesso in un procedimento amministrativo di secondo grado.
53 Vedi al punto 70 della pronuncia cit.
DOTTRINA
Al di là della questione, l’ordinanza denota una significativa attenzione verso il problema della sanatoria a
posteriori, tanto avvertito nel diritto dell’Unione, quanto trascurato finora a livello nazionale.
6. Conclusioni per una proposta normativa.
Alla luce di quanto analizzato, è possibile trarre le fila
per un possibile intervento normativo sullo Statuto, in
linea con il principio europeo del contraddittorio.
Una norma in materia dovrebbe contemplare la
previsione di un atto di contestazione preliminare degli
addebiti, cui segua la concessione di un ragionevole arco
di tempo, funzionale alla manifestazione delle difese del
contribuente.
La pienezza di un dialogo effettivo esige, altresì, di
consentire all’autorità di poter adeguatamente valutare
quanto rappresentato dall’interessato in sede endo-procedimentale.
L’ordinamento tributario italiano, per la prima volta,
ha concepito per l’amministrazione uno spatium deliberandi di sessanta giorni dalla presentazione delle deduzioni del contribuente o dall’inutile decorso del termine
concepito per l’offerta di tali difese. Si tratta degli artt.
10-bis, comma 7 della L. n. 212/2000 e dell’art. 6, comma 2 del D.Lgs. n. 156/2015, in tema, rispettivamente,
di contestazioni afferenti l’abuso del diritto o l’elusione
fiscale e di contraddittorio anteriore all’avviso di accertamento, ma successivo all’istanza di interpello disapplicativo delle norme antielusive di cui all’art. 11, comma
2 della stessa L. n. 212/2000.
Le norme prevedono altresì un possibile superamento
dei termini decadenziali dell’accertamento, funzionale ad
assicurare il rispetto di tale spatium deliberandi ed esprimono così un ragionevole punto di equilibrio fra l’attuazione della garanzia e il rispetto dell’interesse fiscale.
Appaiono meritevoli di essere generalizzate con una
nuova disposizione nello Statuto del contribuente, la
quale consentirebbe, fra l’altro, di fugare ogni possibile
disparità di trattamento, contraria all’art. 3, comma 1
Cost., derivante dalla attuale previsione di una proroga ex lege dei termini decadenziali per due sole ipotesi
normative di contraddittorio endo-procedimentale, ma
non per tutte le altre54.
54 Cfr. A. Contrino - A. Marcheselli, Abuso del diritto, in
AA.VV., Abuso del diritto e novità sul processo tributario. Commento
al D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e al D.Lgs. 24 settembre 2015, n.
156, a cura di C. Glendi - A. Contrino - A. Marcheselli, Milano,
2016, 40.
23
24
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
A conclusione di tale ponderata valutazione delle difese dell’interessato, si ritiene necessaria l’affermazione
dell’onere dell’amministrazione a una specifica motivazione, in replica a quanto prospettato dal contribuente
prima del provvedimento.
Ciascuna di tali previsioni dovrà essere rispettata a
pena di illegittimità del provvedimento stesso.
Da quest’ultimo punto di vista, d’altro canto, sarebbe assolutamente vano ignorare (o tentare, addirittura,
di contrastare) il principio europeo, anche dal versante
dei limiti che lo caratterizzano dall’interno.
I limiti della garanzia, infatti e comunque, penetrano e si impongono nell’ordinamento italiano, in ragione
della evidenziata primauté del diritto dell’Unione rispetto alla legislazione nazionale.
È opportuno l’inserimento di una norma generale di
rinvio, in modo diretto e incondizionato, al principio
generale europeo - e, così, ai confini che lo delimitano con riferimento a ogni provvedimento lesivo, afferente
qualsivoglia tributo o sanzione amministrativa tributaria, anche in ambiti disciplinari non armonizzati55. In
caso di dubbi ermeneutici, tra l’altro, una previsione
siffatta consentirebbe di sollevare questioni pregiudiziali
alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 del TFUE,
pure in relazione a tali ambiti.
La c.d. “giurisprudenza Dzodzi”, ispirata da intuibili esigenze nomofilattiche nell’esegesi del diritto europeo, ha infatti esteso la competenza della Corte alle
norme in materie nazionali, laddove rinvianti all’ordinamento dell’Unione56.
Una simile previsione ribadirebbe quell’effetto di
“traboccamento” (spillover effect) del principio generale
in settori domestici, già derivante dall’art. 117, comma
1 Cost. secondo cui la potestà legislativa interna è assoggettata ai vincoli dell’ordinamento comunitario57 non-
55 Una simile disposizione recherebbe un “rinvio mobile”, siccome recepirebbe evidentemente le precisazioni o i mutamenti (come
sul tema della sanatoria ex post) della giurisprudenza della Corte di
giustizia nella connotazione del principio.
56 V. Corte di giustizia, 18 ottobre 1990, cause C-297/88 e
C-197/89, Dzodzi, punti 36 ss., ribadita ex pluris da Id., 17 luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, punti 23 ss. e causa C-28/95,
Leur-Bloem, spec. punti 25 ss.; Id., 8 novembre 1990, causa
C-231/89, Gmurzynska, punti 24-5, nonché, da ultimo, Id., 16
giugno 2016, causa C‑351/14, Rodríguez Sanchez, punti 60 ss.; Id.,
14 gennaio 2016, causa C‑234/14, Ostas celtnieks, punto 20.
57 In tal senso, L. del Federico, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea. Contributo allo studio della prospettiva
italiana, Milano, 2010, 104 ss. La tesi maggioritaria nella dottrina
internazionalistica è, tuttavia, nel senso di ritenere che la norma
costituzionale si limiterebbe a riaffermare il primato del diritto eu-
ché dall’art. 1, comma 1 della L. n. 241/1990, novellato
dalla L. n. 15/2005, ove statuisce che (tutta) l’attività
amministrativa è retta dai principi comunitari58.
Quest’ultima disposizione è mirata proprio a scongiurare le c.d. “discriminazioni a rovescio”, ossia, quelle
situazioni di disparità di trattamento, lesive del principio di eguaglianza (art. 3, comma 1 Cost.), scaturenti
dall’applicazione del diritto dell’Unione alle sole materie da esso regolate59.
Simile “traboccamento” del diritto europeo è posto
in particolare rilievo dai lavori preparatori alla novella
che ha investito l’art. 1, comma 1 della L. n. 241/199060.
Le “fonti comunitarie (…), com’è noto, hanno la
forza di imporsi a tutti i soggetti costitutivi della Repubblica. La concezione secondo la quale tali fonti dovevano limitarsi a disciplinare il merito delle materie di
loro competenza (…) è ormai superata dalla pervasività
della normativa comunitaria su aspetti quali (…) la definizione delle misure di garanzia”61.
Una riforma dello Statuto dei diritti del contribuente
non potrebbe fisiologicamente prescinderne.
Roberto Iaia
ropeo sulla legislazione nazionale quanto alle materie armonizzate.
Per un panorama delle opinioni sul punto, v. A. Cossiri, Commento
all’art. 117, comma 1 Cost., in AA.VV., Comm. breve Cost., a cura
di S. Bartole - R. Bin, Padova, 2008, 1046 ss. La tesi non appare
condivisibile, perché priverebbe di senso l’art. 117, comma 1 Cost.,
ove limitato a una mera affermazione di quanto già si desume dal
sistema e si risolverebbe in una interpretatio abrogans del precetto
costituzionale, contraria al principio ermeneutico di conservazione
delle norme giuridiche.
58 V., p. es., C. Califano, Principi comuni e procedimento tributario: dalle tradizioni giuridiche nazionali alle garanzie del contribuente,
in Riv.dir.trib., 2004, I, 1022 e 1033; L. del Federico, p. es. in Tutela del contribuente, cit., passim; proprio riguardo al contraddittorio
endo-procedimentale, cfr. F. Tesauro, p. es., in Elusione e abuso nel
diritto tributario italiano, in Rass.trib., 2012, 693.
59 Cfr. Corte cost., 30 dicembre 1997, n. 443, sulla incostituzionalità dell’art. 30 della L n. 580/1967, in materia di produzione
e commercializzazione di paste alimentari.
60 Ne valorizza l’importanza, M.G. Bruzzone, L’art. 12, comma
7, della Legge n. 212/2000 è davvero incostituzionale?, nota a Comm.
trib.reg. Toscana, Sez. I, ord. 18 gennaio 2016, n. 736, in Riv.giur.
trib., 2016, 257, nt. 10.
61 Così la Relazione, 11 marzo 2003, n. 1281-A della 1ª Commissione permanente (affari costituzionali, affari della Presidenza
del Consiglio e dell’interno, ordinamento generale dello Stato e della pubblica amministrazione) del Senato della Repubblica italiana,
nel corso della 14a legislatura.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
DOTTRINA
Ragionevolezza e proporzionalità
delle indagini tributarie
di Giuseppe Vanz
1. Tratterò della rilevanza dei principi della ragionevolezza e della proporzionalità nell’ambito delle attività
conoscitive e di controllo dell’amministrazione finanziaria (accessi, ispezioni e verifiche; inviti a comparire
presso gli uffici delle imposte; richieste di esibizione o
trasmissione di atti e documenti; ecc.)1.
L’assunto da cui muovo, e che cercherò brevemente
di dimostrare in via introduttiva, è che le attività conoscitive e di controllo dell’amministrazione finanziaria
sono caratterizzate dalla presenza di “discrezionalità amministrativa”.
Ricordo che vi è discrezionalità amministrativa
quando il legislatore non definisce interamente l’assetto
degli interessi coinvolti in un determinato rapporto o
situazione, ma lascia all’amministrazione dei margini di
scelta più o meno ampi: lascia cioè all’amministrazione il compito di completare la regola del caso concreto sulla base di valutazioni sue proprie, che sono libere
tranne che nel fine (il quale è sempre vincolato ed è il
fine pubblicistico alle cui cure è preposta la singola amministrazione)2.
Questo si verifica quando il legislatore ritiene che
l’individuazione, la comparazione e la composizione degli interessi in gioco non possa essere interamente operata a priori (cioè con legge, in via generale e astratta),
ma che, almeno in parte, questo possa più utilmente
avvenire (e quindi debba avvenire) di volta in volta, a
seconda del caso di specie, sulla base di valutazioni di
opportunità (demandate appunto all’amministrazione) che sono dalla legge orientate (e quindi vincolate)
nel fine, ma che per il resto sono demandate, in misura
maggiore o minore, all’amministrazione.
1 Il presente scritto costituisce parte di un più ampio elaborato
destinato agli studi in onore del Prof. Gianfranco Gaffuri. Per ulteriori approfondimenti e citazioni sul tema ci permettiamo di rinviare ai nostri precedenti scritti: L’attività conoscitiva dell’Amministrazione finanziaria, ed. provv., Torino, 2005 e I poteri conoscitivi e
di controllo dell’amministrazione finanziaria, Padova, Cedam, 2012.
2 In proposito, si veda oggi l’art. 1, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990), il quale
espressamente dispone che “L’attività amministrativa persegue i fini
determinati dalla legge…”. Si tratta - come è stato osservato - della
“canonizzazione legislativa” di una regola insita nel concetto stesso
di potere pubblico: D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, 2^ ed., Bologna, il Mulino, 2002, p. 272.
I margini di scelta che il legislatore demanda all’amministrazione possono essere più o meno ampi: alcune volte sono minimi, altre volte sono amplissimi. Si
distingue così tra discrezionalità nell’an (se adottare o
no un certo provvedimento), nel quando (quando adottarlo), nel quid (con quale contenuto) e nel quomodo
(con quale procedura). Tutti aspetti (o profili) di discrezionalità che possono variamente comporsi nel definire
il contenuto di un potere discrezionale. Nel senso che
possono sussistere tutti insieme oppure può sussisterne
uno solo, o due o tre variamente assortiti.
Ciò che conta, affinché sussista discrezionalità, è che
vi sia un margine, anche minimo, di scelta. Diversamente, l’attività amministrativa si dice vincolata, in quanto
tutto (presupposti di fatto ed effetti giuridici) viene prestabilito e predefinito dalla legge, e all’amministrazione
compete un ruolo di mero esecutore della legge. Com’è,
in campo tributario, per l’attività di accertamento in
senso stretto, cioè per l’attività decisoria demandata
all’amministrazione finanziaria in ordine all’emissione o
meno degli avvisi di accertamento.
2. Un interesse pubblico non sta però quasi mai da
solo: normalmente sta insieme ad altri interessi, d’ordine pubblico o privato.
Non è peraltro necessario che questi interessi, per essere considerarsi rilevanti, siano di per sé tutelati dall’ordinamento. Basta che esistano di fatto3.
Viene così chiamato “primario” l’interesse pubblico
che un’autorità ha in attribuzione (cioè in competenza)
di perseguire; mentre vengono chiamati “secondari” gli
altri interessi di diversa natura presenti nel caso concreto
(d’ordine pubblico o privato che siano)4.
Può quindi dirsi, con la migliore dottrina, che se la
scelta è il risultato della discrezionalità amministrativa,
questa consta di una “ponderazione comparativa di più
interessi secondari in ordine ad un interesse primario” 5.
3 M.S. Giannini, Diritto amministrativo, 3^ ed., vol. II, Milano, Giuffrè, 1993, p. 49.
4 Oltre a M.S. Giannini, op. cit., p. 48, si veda anche A.M.
Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, XIV ed., Napoli, Iovene, 1984, p. 573.
5 Si veda ancora M.S. Giannini, op. cit., p. 49.
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26
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
3. Del tutto diversa è la c.d. “discrezionalità tecnica”,
la quale prende il nome di discrezionalità solo “per un
errore storico della dottrina”6, ma che con la vera discrezionalità (detta anche “pura” o “amministrativa”) non ha
nulla a che vedere.
Non è facile definire la discrezionalità tecnica. In via
di massima, possiamo dire che a connotarla è la possibilità di scelta che spetta all’amministrazione allorché sia
chiamata a qualificare fatti suscettibili di varia valutazione: possibilità di scelta che si riduce pertanto ad una
mera attività di giudizio a contenuto scientifico7.
In ogni caso, laddove vi sia discrezionalità tecnica
(come ad esempio quando l’autorità debba stabilire se
una sostanza sia o meno tossica), deve escludersi che
l’autorità compia comparazioni di interessi e valutazioni di opportunità. Essa deve semplicemente addivenire a dei giudizi a contenuto tecnico-scientifico: come
appunto stabilire la tossicità di una sostanza, oppure la
salubrità di un edificio, la coltivabilità di una miniera,
l’idoneità all’insegnamento universitario di un candidato professore, e così via.
È stato in proposito osservato che “la discrezionalità... si riferisce ad una potestà, e implica giudizio e volontà insieme; la discrezionalità tecnica si riferisce ad un
momento conoscitivo, ed implica solo giudizio: ciò che
attiene alla volizione viene dopo, e può coinvolgere o
non coinvolgere una separata valutazione discrezionale”8.
4. Muovendo da questi concetti, ritengo di poter
affermare che le scelte compiute dall’amministrazione
finanziaria nell’esercizio delle attività conoscitive e di
controllo non siano né libere, né vincolate, né caratterizzate da discrezionalità tecnica. Ma siano invece delle
scelte improntate a vera e propria discrezionalità amministrativa. L’interesse primario è fuori discussione:
è l’interesse pubblico al controllo della regolarità degli
adempimenti posti a carico dei contribuenti e, più in
generale, all’acquisizione di dati fiscalmente rilevanti;
interesse nel quale si sostanzia la stessa funzione dell’amministrazione finanziaria che più sopra ho definito come
funzione conoscitiva e di controllo.
A fronte di tale interesse primario, è indubbio, tuttavia, che vi siano anche degli interessi secondari. Ciò
in quanto i poteri conoscitivi e di controllo dell’amministrazione finanziaria hanno tutti rilevanza esterna e si
esplicano imponendo al soggetto passivo o un facere (ad
es. comparire di persona per fornire informazioni), oppure un dare (ad es. trasmettere un documento), oppure
un pati (ad es. subire un accesso ispettivo). Il che significa che l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo
tributari comporta sempre, inevitabilmente, un’interferenza sulle libertà individuali del privato (contribuente
o no), quali in particolare la libertà personale, la libertà
di domicilio e quella di comunicazione, il segreto professionale e bancario e, più in generale, il diritto alla riservatezza9.
La potestà conoscitiva e di controllo attribuita
all’amministrazione finanziaria consente pertanto a
quest’ultima di interferire legittimamente sulle libertà
individuali del privato (parte della dottrina amministrativistica ricorre in proposito alla tradizionale figura
della “degradazione” del diritto), ma ciò non significa
che, nel concreto esercizio di tale attività, l’amministrazione non debba tenere conto della presenza degli altri
interessi coinvolti, pur se di carattere secondario. Fra cui
l’indiscutibile interesse del privato a non subire restrizioni delle proprie libertà individuali, se non nei limiti
strettamente necessari al soddisfacimento delle superiori
esigenze dell’amministrazione finanziaria. Interesse del
privato che trova titolo e fondamento proprio nel riconoscimento e nella tutela che l’ordinamento riconosce
a tali libertà, con norme anche di rango costituzionale,
come gli artt. 13, 14 e 15 Cost.
Oltretutto, se è vero che per qualificare una potestà
come discrezionale è sufficiente che vengano (o possano
venire) coinvolti degli interessi secondari esistenti di fatto, ancorché non tutelati dall’ordinamento10, ciò deve
valere a maggior ragione in quei casi in cui gli interessi
secondari trovino il proprio fondamento in diritti e libertà che abbiano una copertura d’ordine costituzionale.
Deve per ciò ritenersi che l’amministrazione finanziaria sia comunque tenuta, nel concreto esercizio della
sua attività, ad una valutazione comparativa tra l’interesse primario ad acquisire delle conoscenze fiscalmente
rilevanti e l’interesse secondario del privato a non veder
limitate le proprie libertà. Il che porta conseguentemente ad escludere che la potestà conoscitiva e di controllo
tributaria sia improntata a discrezionalità tecnica, rinvenendosi in essa, al contrario, i caratteri tipici della discrezionalità pura o amministrativa.
9
6
M.S. Giannini, op. cit., p. 55-56.
7 In tal senso: E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, 6^
ed., Milano, Giuffrè, 2004, p. 336-337.
8 M.S. Giannini, op. cit., p. 56.
Cfr. F. Levi, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino, Giappichelli, 1967, p. 95.
10 Così M.S. Giannini, op. cit., p. 49. Sul punto, cfr. anche
F.G. Scoca, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, spec. p. 1052.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
5. Dire che l’attività conoscitiva e di controllo
dell’amministrazione finanziaria è un’attività discrezionale, e che nell’esercizio di tale attività l’amministrazione deve compiere una ponderazione comparativa di
interessi, non significa peraltro introdurre particolari ed
anomale limitazioni all’esercizio dei poteri conoscitivi
tributari. Significa, semplicemente, che anche l’attività
conoscitiva e di controllo dell’amministrazione finanziaria, al pari delle altre attività amministrative discrezionali, è soggetta a norme giuridiche che ne condizionano la legittimità, nonché a canoni o regole d’ordine
extra-giuridico a carattere interno (c.d. “regole di buona amministrazione”), che ne condizionano l’opportunità, cioè il merito.
È in particolare sotto il profilo della legittimità, e
cioè dei limiti giuridici all’esercizio del potere, che vengono in rilievo i principi della proporzionalità e della
ragionevolezza. Si tratta di principi che non costituiscono, dunque, delle regole di buona amministrazione, afferenti all’opportunità (e quindi al merito) dell’azione amministrativa, ma che integrano gli estremi di
veri e propri precetti giuridici, condizionanti come tali
la legittimità degli atti posti in essere dall’amministrazione finanziaria.
6. Alle origini dello Stato italiano, sul finire del secolo XIX, i poteri discrezionali erano indirizzati (cioè
vincolati) quasi soltanto nel fine: erano sostanzialmente dei poteri “in bianco”. Per perseguire il fine pubblico, i funzionari potevano in buona sostanza fare quel
che volevano.
Presto ci si rese però conto che questi poteri “in bianco” erano fonte di abusi ed arbitrii, e dovevano per ciò
essere “governati” dalla legge, almeno in parte, anche
nelle modalità del loro esercizio (oltre che nel fine).
Il legislatore cominciò così ad introdurre dei limiti,
delle condizioni, dei requisiti, dei presupposti, cioè “argini, paratie e chiuse”, in modo tale che l’esercizio del
potere “scorresse” senza troppi danni lungo il suo percorso verso la “foce”. Come il Canale Mussolini nell’Agro Pontino descritto nel bel libro di Pennacchi; o come
i fiumi della laguna di Venezia (Piave, Sile, Brenta, ecc.),
che dal XIV secolo i veneziani cominciarono a deviare
lateralmente, ad evitare l’interramento della laguna.
Con una diminuzione, una contrazione, della discrezionalità amministrativa, ma certamente con un maggiore rispetto dei diritti e delle libertà individuali.
7. Per quanto ci riguarda, questi limiti, condizioni,
requisiti, presupposti, che restringono la discrezionalità
DOTTRINA
amministrativa, sono stati introdotti, in primo luogo,
dalle singole leggi di imposta o ad esse collegate (pensiamo agli artt. 51 e segg. del D.P.R n. 633/1972 in materia di IVA e agli artt. 31 e segg. del D.P.R. n. 600/1973
in materia di imposte sui redditi) e, più di recente, dallo
Statuto dei diritti del contribuente (pensiamo in particolare all’art. 12 della legge n. 212/2000).
Le regole dell’agire della pubblica amministrazione
non sono però solamente quelle definite da espresse disposizioni di legge, da atti normativi di livello secondario, nonché da atti amministrativi a carattere interno
(quali le circolari, costituenti per l’amministrazione degli auto-limiti). Ve ne sono anche altre, di regole, che
discendono direttamente dai principi generali dell’ordinamento11, ancorché non esplicitati in specifiche disposizioni normative.
È questo un dato ormai acquisito, che trova concorde l’unanime dottrina12, ma che nel diritto amministrativo ed in quello tributario ha assunto una valenza
soprattutto giurisprudenziale (non solo nazionale, ma
anche europea ed internazionale).
Tra i vari principi dell’agire amministrativo che sono
stati via via individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza13, due sono i principi che vengono in considerazione: il principio della proporzionalità e il principio
della ragionevolezza. Ed è su questi che intendo pertanto soffermare l’attenzione, al fine di valutarne l’effettiva
rilevanza con riguardo alle attività conoscitive e di controllo tributarie.
8. Il principio della proporzionalità è da intendersi
come necessaria adeguatezza tra mezzi impiegati e fine
perseguito. In quanto tale, esso appare idoneo ad assu-
11 Sia dell’ordinamento nazionale, sia dell’ordinamento europeo
e di quello internazionale. In proposito, si veda il già citato art. 1,
comma 1, della legge 241/1990 sul procedimento amministrativo,
il quale espressamente dispone che “L’attività amministrativa… è
retta dai principi dell’ordinamento comunitario”.
12 Tra gli altri: S. Bartole, voce Principi del diritto (dir. cost.),
in Enc. dir., vol. XXXV, 1986; F. Modugno, voce Principi generali
dell’ordinamento, in Enc. giur., vol. XXIV, 1991.
13 Un quadro di sintesi si trova in S. Cassese, Il diritto amministrativo e i suoi principi, in AA.VV., Istituzioni di diritto amministrativo (a cura di S. Cassese), Milano, Giuffrè, 2004, p. 7 s., il
quale enumera i seguenti principi: principio di legalità, principio
di azionabilità delle pretese, principio di imparzialità, principio di
buon andamento, principi di ragionevolezza e di proporzionalità,
principio del legittimo affidamento, principi del contraddittorio,
dell’obbligo di motivazione e della trasparenza, principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Più di recente, si veda anche il quadro
di sintesi prospettato da M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, 2^ ed., 2015, p. 153 s.
27
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DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
mere rilevanza nella fase della scelta di quali e quanti poteri conoscitivi esercitare, tra quelli previsti dalla legge.
Con riguardo a quest’ultimo profilo, era opinione
diffusa, in passato, quella secondo cui la scelta dello
strumento conoscitivo e di controllo in concreto utilizzabile fosse libera e, quindi, insindacabile. A questa
tesi è stato però giustamente obiettato che, a prescindere dalla natura libera, discrezionale o vincolata della potestà attribuita all’amministrazione finanziaria, la
scelta dello strumento di indagine in concreto utilizzabile deve in ogni caso essere esercitata nei limiti e nel
rispetto delle norme di legge, tra le quali vi è il principio “secondo cui l’attività pubblica, quando comporti
provvedimenti destinati ad incidere nella sfera dei diritti individuali di libertà, deve, comunque, conformarsi
a criteri di adeguatezza o di proporzionalità tra mezzi
impiegati e fine perseguito”14.
Il che significa che l’amministrazione finanziaria
non può interferire sulle libertà individuali oltre quanto strettamente necessario per realizzare i suoi fini. Tra
gli strumenti di cui dispone, deve scegliere quello meno
restrittivo delle libertà individuali e non deve adottare
delle misure tali da arrecare un danno sproporzionato.
Per cui, ad esempio, deve considerarsi illegittimo
l’accesso domiciliare compiuto per acquisire un documento (ad es. un contratto) che l’amministrazione
avrebbe altrimenti potuto ottenere formulando al contribuente una semplice richiesta di trasmissione di atti.
La compressione del diritto di libertà domiciliare, in
questa ipotesi, è infatti ingiustificata, in quanto non indispensabile al raggiungimento del fine perseguito.
Addirittura, se si trattasse di un contratto registrato,
l’organo ispettivo non potrebbe neppure richiederlo al
contribuente, dovendo invece richiederlo direttamente
all’ufficio finanziario che ha provveduto alla sua registrazione, in forza di quanto disposto dagli artt. 18 della
legge n. 241/1990 e 6 della legge n. 212/2000.
9. Da un punto di vista storico-comparatistico, la
maggiore elaborazione del concetto di proporzionalità
si è avuta in Germania e in Svizzera15.
14
I. Manzoni, Potere di accertamento e tutela del contribuente,
Milano, Giuffrè, 1993, p. 245. In termini adesivi, si veda anche G.
Falsitta, Manuale di diritto tributario, Parte generale, 9^ ed., Padova, Cedam, 2015, p. 501.
15 Cfr. K. Hailbronner, Il principio di proporzionalità, in Impresa, ambiente e p.a., 1979, p. 545 s. Può inoltre vedersi A. Sandulli, Eccesso di potere e controllo di proporzionalità. Profili comparati, in Riv. trim. dir. pubbl., 1995, p. 329 s. Sul principio della
proporzionalità nell’ordinamento tedesco, in una prospettiva tribu-
Per quanto in particolare riguarda l’ordinamento
italiano, a parte l’applicazione che ne ha fatto la Corte
costituzionale in tema di giudizio di legittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi16, la giurisprudenza amministrativa ha ormai da tempo riconosciuto
la piena operatività del principio della proporzionalità
con riguardo alla pubblica amministrazione17. Invece
che di proporzionalità, si parla sovente di adeguatezza
o di ragionevolezza. Al di là del linguaggio utilizzato, la
motivazione delle sentenze in questione allude tuttavia,
in modo più o meno esplicito, a un giudizio di proporzionalità dei mezzi adottati nell’azione amministrativa
rispetto allo scopo perseguito dall’amministrazione18.
Ma vi è di più. Come è noto, la Corte di giustizia
dell’Unione europea ha sovente fatto ricorso all’applicazione dei principi derivanti dal diritto degli stati membri per colmare le lacune del diritto europeo. Orbene, il
principio di proporzionalità è stato dalla Corte incluso
nel diritto europeo, proprio quale principio fondamentale degli ordinamenti giuridici nazionali19. Tant’è che
oggi il riformato art. 5 del Trattato sull’Unione europea
prevede espressamente, al par. 4, che “In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il
conseguimento degli obiettivi dei trattati” (comma 1) e
che “Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di
proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità”
(comma 2). Il menzionato protocollo, accluso al Trattato
UE come protocollo n. 2, contiene a sua volta ulteriori
precisazioni e dettagli relativi al contenuto e all’ambito
di applicazione del principio di proporzionalità.
Vi è poi la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea (la c.d. “Carta di Nizza”)20, la quale, dopo aver
individuato e definito nel loro contenuto, nell’ambito
taria, cfr. altresì G. Moschetti, Il principio di proporzionalità come
“giusta misura” del potere nell’evoluzione del diritto tributario, Padova,
Cedam, 2015, p. 67 s.
16 A puro titolo esemplificativo, può richiamarsi Corte cost.,
3-6-1970, n. 78.
17 Cfr. A. Sandulli, op. cit., p. 561 s., ove ampi richiami di
giurisprudenza. Si veda altresì C.E. Gallo, La convenzione europea
per i diritti dell’uomo nella giurisprudenza dei giudici amministrativi,
in Dir. amm., 1996, spec. p. 509.
18 In proposito cfr. anche M. Clarich, op. cit., p. 154.
19 Si può vedere, ad es., Corte Giustizia CE, 7-12-2010, causa
C-285/09, R., punto 45, ove richiami ai precedenti della Corte.
20 Ricordo al riguardo che l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea prevede al par. 1 che “L’Unione riconosce i diritti, le libertà
e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
del Capo II, le “Libertà” (tra cui in particolare: Art. 6 –
“Diritto alla libertà e alla sicurezza”; Art. 7 – “Rispetto
della vita privata e della vita familiare”; Art. 8 – “Protezione dei dati di carattere personale”; Art. 11 – “Libertà
di espressione e d’informazione”), stabilisce poi all’art.
52 (“Portata dei diritti garantiti”), par. 1, che “Eventuali
limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla
legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e
libertà” e che “Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove
siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di
interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”.
Va infine rilevato che anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali21 si richiama, in numerosi articoli,
al principio della proporzionalità, proprio con specifico
riferimento alle restrizioni che gli stati membri possono imporre ai diritti e alle libertà garantiti dalla Convenzione. In particolare, per quanto di nostro interesse,
l’art. 8 della Convenzione dispone che “Ogni persona
ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del
suo domicilio e della sua corrispondenza” (comma 1);
precisando inoltre che “Non può esservi ingerenza della Pubblica Autorità nell’esercizio di tale diritto se non
in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge ed in
quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine
pubblico, il benessere economico del Paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale,
o la protezione dei diritti e delle libertà altrui” (comma
2). Ed è evidente che lo stabilire quando delle restrizioni
siano “necessarie in una società democratica” comporta
un giudizio che si avvicina molto a quello di proporzionalità sopra descritto22.
21
Firmata a Roma il 4-11-1950 e ratificata dall’Italia con L.
4-8-1955, n. 848. In proposito, va rilevato che l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, dopo aver previsto al par. 2 che “L’Unione
aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali” (il che, peraltro, non è ancora avvenuto: si veda anzi il parere negativo – di cui al comunicato
stampa n. 180/14 – espresso dalla Corte di Giustizia UE sul progetto di adesione elaborato dalla Commissione), stabilisce al par. 3
(con disposizione invece pienamente operante) che “I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del
diritto dell’Unione in quanto principi generali”.
22 Cfr. K. Hailbronner, Il principio di proporzionalità, op.
cit., p. 563-564.
DOTTRINA
10. Da quanto precede può a mio avviso desumersi l’esistenza nel nostro ordinamento, anche in quanto
parte degli ordinamenti europeo e internazionale, di un
principio generale in forza del quale l’amministrazione
finanziaria, nella scelta di quali e quanti poteri conoscitivi esercitare (tra quelli attribuiti dalla legge), deve attenersi ad un criterio di proporzionalità dei mezzi adottati
allo scopo in concreto perseguito. Il che significa che
gli uffici finanziari hanno, sì, discrezionalità nella scelta;
ma l’esercizio di tale discrezionalità è inderogabilmente
vincolato al rispetto del principio della proporzionalità.
Di tale principio costituisce puntuale e chiara applicazione l’art. 12, comma 1, dello Statuto dei diritti del
contribuente, il quale testualmente dispone che “Tutti
gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati
all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole,
artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo”23.
A maggior ragione, questa stessa regola non può che
valere anche nei casi di accessi domiciliari e di accessi
presso soggetti terzi, nonché per lo svolgimento (durante ogni tipo di accesso) di perquisizioni personali,
oltre che per l’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse,
casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è
eccepito il segreto professionale. Regola che vale proprio
in forza del generale principio della proporzionalità, di
cui il citato art. 12, comma 1, dello Statuto costituisce esplicita attuazione per una specifica ipotesi (quella
appunto degli accessi nei locali destinati all’esercizio di
attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o
professionali).
11. Accanto al principio della proporzionalità, presenta un suo autonomo ambito di applicazione il connesso principio della ragionevolezza, anche se certamente in un numero più circoscritto di casi rispetto al principio della proporzionalità.
I due principi vengono sovente ricondotti l’uno
all’altro, in un’unica e indistinta nozione. L’esame della
giurisprudenza e della dottrina (non tributarie) che se
ne sono occupate dimostra che i due termini sono in
larga parte utilizzati come sinonimi.
23
Nella medesima prospettiva, la seconda parte dello stesso art.
12, comma 1, stabilisce inoltre che tali accessi, ispezioni e verifiche
“si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con
modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente”.
29
30
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Tutt’al più si allude alla ragionevolezza come ad un
concetto più ampio, il cui nucleo essenziale sarebbe comunque costituito dalla proporzionalità.
A mio avviso, invece, i principi della ragionevolezza
e della proporzionalità, pur essendo fra loro strettamente correlati, vanno tenuti concettualmente distinti
l’uno dall’altro.
Non mi sembra, infatti, che vi sia necessaria coincidenza tra le rispettive sfere di operatività, come può
cogliersi dalle considerazioni che seguono, formulate
proprio con specifico riferimento alle attività conoscitive e di controllo tributarie.
Si può parlare di ragionevolezza quando l’atto, nel
quale si estrinseca l’esercizio del potere conoscitivo e di
controllo, si giustifichi alla luce del necessario contemperamento degli interessi in gioco, cioè in quanto l’interesse pubblico a realizzare il risultato perseguito risulti
prevalente rispetto all’interesse privato.
Il principio della proporzionalità richiede invece
qualcosa di più e di diverso: l’adeguatezza del mezzo al
fine, cioè l’adeguatezza dell’atto o comportamento alla
realizzazione del risultato (ragionevolmente) perseguito.
Il che impone l’adozione del mezzo che comporti il minor sacrificio possibile per il privato e che si presenti
quindi, fra i vari mezzi disponibili, come il più rispettoso dei suoi diritti di libertà.
Così, ad esempio, ove si renda necessaria per l’amministrazione finanziaria l’acquisizione di un determinato
documento, può considerarsi astrattamente ragionevole
farne richiesta al privato che lo detenga, ma non può
dirsi che la richiesta soddisfi anche il requisito della proporzionalità, se di tale atto sussistono delle copie autentiche presso altri uffici della stessa amministrazione
finanziaria a cui fare agevolmente ricorso.
Principio che trova del resto esplicita conferma ed
attuazione nel già citato art. 6, comma 4, dello Statuto dei diritti del contribuente, che vieta espressamente
di richiedere al privato documenti e informazioni già
in possesso dell’amministrazione finanziaria (o di altre
pubbliche amministrazioni indicate dallo stesso contribuente).
Nel caso, invece, che del documento esista un solo
originale a mani del privato, è chiaro che la richiesta a
lui rivolta non può che considerarsi conforme, per definizione, al principio della proporzionalità, non essendoci alcuna altra via alternativa per procurarselo. Senza
che per questo la richiesta sia da considerare necessariamente “ragionevole”.
Il documento richiesto potrebbe infatti risultare, in
ipotesi, del tutto irrilevante ai fini che interessano. Ciò
a riprova del fatto che ragionevolezza e proporzionalità
sono concetti fra loro distinti.
12. Può ancora osservarsi che quasi sempre la legittimità dell’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo
tributari, sotto il profilo in esame, si risolve in un problema di proporzionalità (cioè di adeguatezza del mezzo
di indagine prescelto rispetto al risultato perseguito),
più che di ragionevolezza, dato che, a fronte dell’interesse pubblico al controllo degli adempimenti fiscali e
all’acquisizione di dati fiscalmente rilevanti, l’interesse
del privato risulta normalmente recessivo.
Ciò non toglie che in astratto l’attività conoscitiva
tributaria, prima ancora che proporzionata, debba essere
ragionevole. Il che comporta che, in sede di sindacato di
legittimità sull’attività conoscitiva, prima debba accertarsi la sua ragionevolezza e poi la sua proporzionalità.
D’altra parte, il fatto che l’attività conoscitiva sia
normalmente da considerare ragionevole (risultando
normalmente prevalente l’interesse pubblico) non significa che questo si verifichi sempre e comunque. Non
mancano dei casi concreti (sia pur limitati) nei quali la
ragionevolezza viene chiaramente in rilievo in via autonoma e distinta rispetto alla proporzionalità.
Uno di questi è il caso dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria richiesta dall’art. 63 del D.P.R. n.
633/1972 (quanto all’IVA) e dall’art. 33 del D.P.R. n.
600/1973 (quanto alle imposte sui redditi) per l’utilizzazione e la trasmissione di documenti, dati e notizie acquisiti in veste di polizia giudiziaria. In tal caso, infatti,
non si pone tanto un problema di adeguatezza del mezzo conoscitivo al fine perseguito (trattandosi di elementi
già acquisiti dalla polizia giudiziaria a fini penali, sulla
base del codice di procedura penale), quanto invece di
valutare se l’utilizzazione o la trasmissione degli elementi acquisiti a fini penali si giustifichi alla luce del necessario contemperamento degli interessi in gioco (interesse
fiscale e interesse alla riservatezza), e cioè in quanto l’interesse pubblico a realizzare il risultato perseguito risulti
prevalente rispetto all’interesse privato.
Valutazione che, nell’ambito di un sindacato di legittimità, va appunto effettuata in conformità al principio
della ragionevolezza. Con la conseguenza che l’autorità
giudiziaria dovrà negare l’autorizzazione, per evitare una
lesione del principio della ragionevolezza, quando la richiesta formulata dalla Guardia di finanza non appaia di
alcuna apprezzabile utilità al fine dell’effettuazione dei
controlli fiscali amministrativi.
13. Penso pertanto che i principi della ragionevolezza e della proporzionalità possano giocare un ruolo non
indifferente in quella dialettica tra autorità e libertà, che
un tempo tutta sbilanciata a favore dell’autorità, ha via
via trovato un suo maggiore equilibrio (anche a seguito
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
dell’istituzione dell’Unione europea e della stipulazione
di altre importanti convenzioni internazionali), ma che
a mio avviso richiede sia data ulteriore “voce” alle libertà,
affinché possa dirsi raggiunto un equilibrio pienamente
conforme ai principi nazionali, europei e internazionali
che si sono in precedenza richiamati.
In questa prospettiva, propongo l’introduzione nello
Statuto dei diritti del contribuente di un apposito articolo, che potrebbe essere numerato come art. 11-bis ed
avere il seguente contenuto:
14. Inoltre, affinché il suddetto articolo non finisca
con l’essere un “telum imbelle sine ictu”, propongo altresì
l’introduzione, sempre nello Statuto, del seguente ulteriore articolo:
Art. 12-bis
Prove illegittimamente acquisite
1. Le prove acquisite in violazione delle norme che
regolano le attività conoscitive e di controllo in materia
tributaria non possono essere utilizzate.
Art. 11-bis
Principi della ragionevolezza e della proporzionalità
nelle attività conoscitive e di controllo
1. L’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo in
materia tributaria deve in ogni caso avvenire nel rispetto
dei principi della ragionevolezza e della proporzionalità.
2. In virtù del principio della ragionevolezza l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo deve giustificarsi
sulla base del necessario contemperamento dell’interesse
pubblico con le libertà e i diritti dei soggetti coinvolti.
3. In virtù del principio della proporzionalità l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo si limita a
quanto strettamente necessario per il conseguimento
degli obiettivi perseguiti, in relazione all’esigenza di determinare la minore restrizione possibile delle libertà e
dei diritti dei soggetti coinvolti.
15. Potrebbe obiettarsi che i principi generali, per
loro stessa natura, non necessitano di una disposizione
scritta. Vi è anzi il rischio che una disposizione scritta finisca col risultare troppo “stretta” per il principio, come
un abito di alcune taglie più piccolo del necessario.
Ma certamente la disposizione scritta aiuta a superare quella “paura del vuoto”, che spesso inibisce agli operatori del diritto l’applicazione dei principi non scritti.
Giuseppe Vanz
Università degli studi di Torino
31
32
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Vizi dell'atto impositivo
di Massimo Basilavecchia
Le tipologie di vizi degli atti impositivi (vizi propri,
secondo la dizione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/92) devono
essere catalogate secondo quattro categorie:
vizi dei presupposti dell’atto;
vizi della struttura formale;
vizi della fase istruttoria;
vizi del contenuto dell’atto (infondatezza in fatto o
erroneità in diritto).
Per vizi formali dobbiamo considerare i secondi, i
vizi dell’istruttoria infatti non riguardano l’atto in sé,
anche se dovrebbero ridondare in illegittimità derivata,
e i vizi dei presupposti dell’atto sono in realtà esterni
all’atto stesso, derivano dalla mancanza delle condizioni
di legittimità previste per la sua emanazione.
È opportuno precisare che non possono essere mai
considerati formali i vizi relativi ai presupposti dell’atto
(termine di decadenza, conformità alle risposte a interpello, termine dilatorio, rispetto della procedura tipica
– richieste di chiarimenti, inviti a comparire; è già previsto dall’art. 19 terzo comma che sia invalidante la mancata necessaria notifica di atti-presupposto, ed è diritto
vivente delle sezioni unite sin dal 2007).
Ad es. l’emanazione e notificazione di un preavviso di rigetto, in caso di interessi pretensivi del contribuente, dovrebbe essere considerata necessaria prima di
respingere un’istanza con un provvedimento di diniego
impugnabile, in modo da determinare un contraddittorio stimolato dalla notificazione del preavviso.
Andrebbe stabilito che questo tipo di vizi dell’atto
impositivo è sempre insanabile e conduce all’annullamento dell’atto, se i vizi sono dedotti nei modi e nei
tempi di cui alle norme processuali. È una tipologia di
vizi che deve essere valutata dall’amministrazione anche
nell’ambito dell’esercizio del riesame in autotutela.
Passando ai vizi formali, andrebbe fatta una distinzione tra i vizi invalidanti – sia pure su ricorso – e quelli suscettibili di dequotazione, in una logica ex art. 21 – octies
della legge n. 241/90. Tra i primi, certamente vanno inseriti il difetto di motivazione (i contenuti minimi della
motivazione vanno desunti in generale dalla 241/90, ed
in particolare dalle disposizioni specifiche regolanti ciascuna tipologia di atto), il difetto di sottoscrizione nei
modi previsti dalla legge e ogni caso di sottoscrizione apposta da funzionario delegato al di là dei requisiti previsti
dalla giurisprudenza della corte di cassazione.
Ugualmente invalidante dovrebbe essere la incompetenza, per materia o funzionale, dell’ufficio che emana
l’atto impugnato.
Potrebbe essere precisato, ad evitare terminologie ingannevoli, che l’invalidità va sempre fatta valere per ricorso nel termine decadenziale, ancorché vi sia una previsione normativa che si esprime in termini di nullità1.
I vizi non invalidanti dovrebbero essere individuati
in quei vizi che non incidono sul contenuto effettivo
dell’atto o sui termini essenziali dell’informazione al
destinatario, i quali possono essere rilevanti sotto altri
profili (tra questi inserirei la mancata indicazione dell’aliquota, l’indicazione del responsabile del procedimento
se non esplicitamente prevista da norme specifiche, l’ndicazione di dove come quando ricorrere, l’indicazione
della possibilità di riesame in autotutela).
In generale, tutte le istruzioni per l’uso, le avvertenze complementari all’atto, devono trovare sanzione
non nell’annullamento del provvedimento, ma attraverso il recupero della garanzia compromessa (rimessione in termini).
Non inserirei il vizio di notificazione tra i vizi dell’atto, lasciandolo affidato alle interpretazioni giurisprudenziali e alla possibilità di invalidare l’atto consequenziale.
In calce alla presente, formulo una proposta di nuova
normativa, ma segnalo che la codificazione delle ipotesi
di invalidità, in un sistema aperto in cui i “vizi propri”
dell’atto sono innominati e indeterminati, può essere rischiosa proprio per le garanzie: una codificazione infatti
per razionalizzare dovrebbe far retrocedere a ipotesi di
mera irregolarità i vizi non lesivi di un interesse concreto (es. aliquote e responsabile del procedimento) e deve
porsi il problema di come una norma generale andrebbe
a interagire con il complesso di disposizioni specifiche
che regolano l’apparato formale dei singoli atti tributari.
1
In questo modo, si resterebbe conformi alla giurisprudenza di
cassazione; se invece si vuole provare a sovvertire le conclusioni della
cassazione, va fatto riferimento all’art. 21-septies della 241/90, che
prevede la nullità in ogni caso di espressa previsione di legge, oltre
che nei casi di carenze strutturali radicali. Andrebbe allora abrogato
l’art. 61 d.p.r. 600/73, che sterilizza le nullità non tempestivamente
dedotte.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Non solo: c’è il rischio che fenomeni patologici non
siano agevolmente incasellabili nella norma che prevede
le invalidità, e che in tal modo si offra il pretesto per il
giudice per negarne la rilevanza.
Vi è poi un problema di sede: la nuova norma sarebbe perfetta nell’art. 19 d.lgs. 546/92, o integrandolo, o
facendo seguire un 19-bis; ma la visibilità e il valore di
principio sarebbero certamente maggiori inserendo un
articolo 7-bis nello statuto dei diritti del contribuente.
In realtà, il metodo migliore per codificare le invalidità dell’atto sarebbe quello di procedere ad un testo
unico delle disposizioni su accertamento e riscossione,
rivedendo complessivamente tutte le norme interne o
esterne ai decreti del 1973. Ma questo compito arduo
esula dall’ambito della proposta che ci si prefigge di
avanzare. Nella proposta non c’è la previsione di un’invalidità assoluta per mancata previa audizione del contribuente, essendo opportuno che l’inserimento di tale
disciplina sia valutata dagli studiosi che affrontano il
tema specifico del contraddittorio.
Art. 7-bis legge n. 212/2000
Invalidità dei provvedimenti tributari.
1. Costituiscono vizi propri di carattere generale dei
provvedimenti tributari:
a) la carenza delle condizioni e dei presupposti previsti dalla legge per l’emanazione del provvedimento
(incompetenza per materia e per territorio, pendenza del termine decadenziale, decorso del termine dilatorio previsto a garanzia del diritto al
contraddittorio, conformità a precedenti risposte
ad interpelli, adozione dei procedimenti specificamente previsti, avvenuta notificazione di atti
presupposti);
b) per gli atti di diniego opposti ad istanze pretensive,
la mancata preventiva comunicazione di un preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10-bis della legge
n. 241/1990;
c) l’acquisizione degli elementi probatori posti a base
del provvedimento in violazione di disposizioni di
legge a tutela di diritti costituzionalmente garantiti2;
d) il difetto assoluto o l’insufficienza della motivazione richiesta dalle disposizioni specifiche regolanti
ciascuna tipologia di atto, il difetto di motivazio-
2 Questa previsione recepisce la giurisprudenza di cassazione secondo la quale le illegittimità degli atti istruttori hanno rilievo solo
se riguardano diritti costituzionalmente tutelati: da ultimo in tal
senso la sentenza resa sul famoso caso Falciani.
DOTTRINA
ne sulle deduzioni difensive presentate dal contribuente3, il difetto di sottoscrizione nei modi previsti dalla legge e ogni caso di sottoscrizione apposta
da funzionario delegato sulla base di una delega
immotivata, o impersonale, o che abbia durata ed
oggetto indeterminati o in ogni caso in cui resti
incerta la competenza del funzionario a sottoscrivere l’atto al momento dell’emanazione dell’atto.
2. I vizi di cui al comma 1 sono insanabili, sono rilevabili dal giudice solo se dedotti nei motivi di ricorso,
non precludono la riedizione dell’atto emendato nei termini di decadenza, devono essere valutati dalle amministrazioni finanziarie in sede di riesame in autotutela
e nell’ambito dei procedimenti di adesione, di reclamo/
mediazione, di conciliazione.
3. Resta ferma ogni altra invalidità prevista esplicitamente dalla legge o desumibile dalla difformità dell’atto
impugnato da quanto previsto dalle norme applicabili al
potere esercitato.
4. Sono affetti da nullità assoluta e possono essere
dichiarati nulli proponendo azione in tal senso entro il
termine di decadenza di un anno dalla loro notificazione, solo i provvedimenti che manchino degli elementi
essenziali, che siano viziati da difetto assoluto di attribuzione, che siano stati adottati in violazione o elusione
del giudicato. Al di fuori di tali casi, la sanzione di nullità prevista nelle disposizioni di legge comporta i soli
effetti di cui al comma 2.
5. Costituiscono vizi non invalidanti, salva diversa
espressa indicazione di legge, i vizi della struttura formale dell’atto diversi da quelli indicati nei precedenti
commi e che non risultino lesivi di situazioni giuridiche
del contribuente, quali ad es. le carenti indicazioni sui
comportamenti da tenere o sull’aliquota applicabile, se
desumibile dal contesto dell’atto. Essi comportano le
conseguenze risarcitorie o recuperatorie che appaiano
proporzionali all’interesse leso, ferma restando la validità del provvedimento.
6. Restano ferme le disposizioni vigenti, ove compatibili con quanto disposto ai precedenti commi. Resta
ferma l’invalidità dell’atto conseguente alla violazione
delle norme regolatrici dei metodi di accertamento e
delle norme sostanziali rilevanti ai fini dell’applicazione
dell’atto impositivo.
Massimo Basilavecchia
3
Questo passaggio supera la giurisprudenza di cassazione attuale, che considera invece irrilevante la mancata motivazione sulle
deduzioni difensive.
33
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DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Le prove illecite nel processo tributario
di Francesco Tesauro
1. Casi di dati bancari illecitamente acquisiti.
2. Lo scambio di informazioni.
3. Le prove illecite nel processo penale.
4. Le prove illecite nel processo civile. Il bilanciamento.
5. Il bilanciamento del diritto tributario.
6. De iure condendo
tilizzo dei dati contenuti nelle «liste Falciani» sono stati
formati attraverso la raccolta illegale di informazioni; li
ha dichiarati non utilizzabili e ha disposto che fossero
immediatamente secretati e distrutti, a norma dell’art.
240 c.p.p..
2. Lo scambio di informazioni
1. Casi di dati bancari illecitamente acquisiti.
I casi di dati bancari acquisiti in modo illecito sono
noti1. Nel caso Kredietbank Luxembourg (del 1994) erano stati trafugati dati bancari relativi a clienti belgi e
olandesi. Il fisco belga acquisì i dati bancari trafugati e li
trasferì al fisco olandese.
La giurisprudenza belga ha dichiarato inutilizzabili
i dati bancari; la giurisprudenza olandese, invece, li ha
dichiarati utilizzabili.
La lista Vaduz (2008) è una lista di nominativi e conti correnti di clienti di una società fiduciaria di Vaduz
sottratti agli archivi della società da un archivista che ha
successivamente venduto la documentazione all’Amministrazione tedesca, che l’ha trasmessa al fisco inglese,
che a sua volta l’ha trasmessa ad altre amministrazioni
finanziarie, tra cui quella italiana2.
Alcune decisioni di merito dei giudici tributari hanno annullato gli accertamenti emessi utilizzando la lista
Vaduz (CTP di Mantova e Milano).
Nel caso Falciani, i dati bancari svizzeri sono stati
sequestrati dal fisco francese.
La Corte di appello di Parigi, nel 2011, con una sentenza confermata dalla Cassazione, ha dato rilievo al fatto che la lista era stata acquisita commettendo un reato3.
Il GIP di Pinerolo, su istanza del Procuratore della
Repubblica, ha ritenuto che i documenti basati sull’u-
1
Si veda P. MASTELLONE, Tutela del contribuente nei confronti delle prove illecitamente acquisite all’estero, in Dir. prat. trib.,
2013, I, 791.
2 Sulla lista Vaduz cfr. Cass., 19 agosto 2015, n. 16950, in Dir.
prat. trib., 2015, 6, 1120.
3 Cour d’appel di Parigi, 8 febbraio 2011, in Riv. dir. trib.,
2011, II, 402, con nota di F. D’AYALA VALVA, Acquisizione di
prove illecite - Un caso pratico: la lista Falciani.
Un primo profilo da considerare è la normativa sullo
scambio di informazioni, regolato dalle direttive europee e dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.
A proposito della lista Falciani e dei dati acquisiti dalle autorità fiscali francesi, in forza della dir. CEE
77/779, è stato rilevato che la direttiva non disciplina i
diritti del contribuente, che sono tutelati dalle norme
nazionali4.
Non appare però condivisibile l’affermazione che
l’autorità fiscale che riceve la documentazione non
avrebbe alcun onere di controllo del materiale che proviene dall’estero5.
Non è previsto che il contribuente sia avvertito dello
scambio di informazioni, ma è stato rilevato che esiste
ormai una chiara tendenza – a livello comunitario e anche a livello interno – ad ampliare i confini del contraddittorio in materia tributaria6.
4 Corte di giustizia, Grande Sezione, 22 ottobre 2013, causa
C-276/12.
5 Afferma Cass., sez. VI, ord. 28 aprile 2015, n. 8605, in Giur.
it., 2015, 1610, con nota critica di A. TURCHI, Legittimi gli accertamenti fiscali basati sulla lista Falciani e nota adesiva di C. BESSO,
Illiceità della prova, segreto bancario e giusto processo, da un lato, che
l’acquisizione di informazioni mediante lo strumento di cooperazione previsto dalla direttiva non ha la capacità di “purgare” gli
elementi acquisiti da illegittimità o vizi, e, dall’altro lato, che la direttiva «non contiene alcun elemento dal quale potere inferire che
l’autorità fiscale interna avesse l’obbligo di controllare l’autenticità,
provenienza e riferibilità della documentazione acquisita».
6 TURCHI, Legittimi gli accertamenti fiscali basati sulla lista
Falciani, cit., pag. 1616, che richiama Corte di Giustizia, 3 luglio
2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Il nostro diritto interno non concede neppure il diritto di accesso7.
È solo quando l’Amministrazione utilizza la documentazione agendo nei confronti di un contribuente
che possono essere esercitati i diritti di difesa, nel procedimento amministrativo d’imposizione e nel processo.
3. Le prove illecite nel processo penale.
In tema di prove illecite nel processo penale l’art.
191 c.p.p., dispone che «Le prove acquisite in violazione
dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate». Ma questa disposizione, di per sé, nulla aggiunge
alle norme che già pongono dei divieti probatori e già
sanciscono la inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di quei divieti.
Ecco perché la giurisprudenza penale, che ha escluso
ogni possibilità di utilizzo della lista Falciani nel processo penale, non si basa sull’art. 191 c.p.p., ma sull’art.
240, commi 2, ultima parte, 5 e 6, c.p.p.8.
In base alle norme del codice di procedura penale
alcune commissioni tributarie hanno ritenuto inutilizzabile la lista Falciani anche nel processo tributario;
hanno ritenuto cioè che l’inutilizzabilità in sede penale
si trasferisse in sede tributaria9.
7
Ha ritenuto il Consiglio di Stato, sez. IV, 9 dicembre 2011, n.
6472, in Rass. trib., 2012, 1549, con nota di M. BAMBINO, Accesso agli atti dell’amministrazione finanziaria e tutela del contribuente,
che il contribuente non ha diritto di accesso ai dati contenuti nella
«lista Falciani», acquisita dal Comando generale della Guardia di
finanza tramite la cooperazione del governo francese, in quanto tali
atti possono essere ricondotti alle «categorie generali» normativamente indicate come ostative all’accesso.
8 Si veda il decreto di archiviazione del Giudice delle indagini
preliminari presso il Tribunale di Pinerolo, 4 ottobre 2011, in Dir.
pen. e proc., 2012, 723, secondo il quale, poiché «non vi è dubbio
che i documenti in questione siano stati formati attraverso la
raccolta illegale di informazioni, trattandosi della stampa di files
contenuti in un sistema informatico riservato nel quale il Falciani si è abusivamente introdotto contro la volontà espressa o tacita
di chi aveva diritto ad escluderlo o, ammesso che fosse autorizzato
all’accesso dei dati, quanto meno si è abusivamente trattenuto nel
sistema nel momento in cui ha attuato la decisione di copiare i files
per fini diversi da quelli relativi allo svolgimento delle sue mansioni
così integrando il reato di cui all’art. 515-ter del c.p., oltre ad aver
senz’altro posto in essere il reato di appropriazione indebita aggravata di documenti ai sensi degli artt. 646 e 61 n. 11 c.p.».
Secondo Cass. pen., sez. III, 26 settembre 2012, n. 38753, in
Bollettino trib., 2013, 396, le schede della lista Falciani, acquisite in
violazione di divieti stabiliti dalla legge, non possono essere utilizzate nel giudizio (penale); tuttavia, il magistrato non può procedere
alla loro distruzione se, in atti, non vi è la prova che sono state
raccolte illegalmente.
9 Comm. trib. prov. Como, 15 novembre 2011, in Corriere trib.,
DOTTRINA
Ma è agevole osservare che le norme del processo penale non si applicano al processo tributario.
E, come ha detto la Cassazione, «non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini
dell’accertamento fiscale comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso ed esclusi, ovviamente, i casi in cui
viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di
rango costituzionale (quali l’inviolabilità della libertà
personale, del domicilio, ecc.)»10.
Nel diritto tributario non vi sono norme come quelle che, nel processo penale, prevedono la inutilizzabilità
delle prove acquisite in violazione di un divieto.
Né si possono invocare l’art. 75 del d.p.r. n. 633 del
1972 e l’art. 70 del d.p.r. n. 600 del 197311, ove si prevede che, «per quanto non diversamente disposto dal
presente decreto, in materia di accertamento delle violazioni e di sanzioni si applicano le norme del codice
penale e del codice di procedura penale, della legge 7
gennaio 1929, n. 4 e del regio decreto legge 3 gennaio
1926, n. 63, convertito nella legge 24 maggio 1926, n.
898, e successive modificazioni».
Quelle norme non possono essere richiamate per
due motivi. Il rinvio serve a colmare le lacune delle
norme dei decreti legislativi n. 600 e n. 633 in materia di accertamento delle violazioni, cioè di norme che
non esistono più.
Inoltre, il rinvio non concerne l’accertamento delle
imposte dirette e Iva, ma l’accertamento delle relative
violazioni, per le quali si applicano ora le disposizioni
contenute nel decreto 472 del 1997.
2011, 3913, con nota di A. MARCHESELLI, «Lista Falciani»:
le prove illecite sono utilizzabili nell’accertamento tributario ?;
Comm. trib. prov. Lecco, 28 agosto 2013, in Rass. trib., 2014, 1317
(m); Comm. trib. prov. Varese, 25 febbraio 2013, in Riv. dir. trib.,
2013, II, 169. Invece, nel senso della utilizzabilità, cfr, Comm. trib.
prov. Genova, 5 giugno 2012, n. 193, in Riv. Giur. Trib., 8-9/2012,
710 e segg.; Comm. trib. prov. Verbania, 21 febbraio 2013, in Riv.
dir. trib., 2013, II, 168; Comm. trib. prov. Milano, 6 maggio 2013,
in Corriere trib., 2013, 3130; Comm. trib. prov. Treviso, 10 luglio
2012, in Corriere trib., 2012, 3264.
Nel senso della utilizzabilità si è espressa anche Cass., sez. VI,
ord. 28 aprile 2015, n. 8605, cit.
10 Cass., sez. VI, ord. 28 aprile 2015, n. 8605, cit.
11 Cfr. S. MULEO, Acquisizioni probatorie illegittime e vizi
dell’atto: il caso della lista Falciani, in Rass. Trib., 2016, 1, 147.
35
36
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
4. Le prove illecite nel processo civile.
Il bilanciamento.
Nel processo tributario rilevano le norme del processo civile. E la pronuncia della Cassazione sulla lista Falciani è stata considerata rilevante anche per il processo
civile. Il problema delle prove illecite è da esaminare distinguendo tra prove costituende e prove precostituite.
Sulle prove costituende nel processo civile la dottrina
ha sostenuto l’inefficacia delle prove ammesse ed esperite in contrasto con un divieto di legge, indicando, in
via di esempio, la testimonianza di persona che non è
ammessa a testimoniare (ex art. 247 c.p.c.)12.
Le medesime considerazioni valgono per l’ammissione e l’esperimento, nel processo tributario, di una testimonianza o di un giuramento.
Al riguardo si è precisato che, se il provvedimento di
ammissione della prova è contrario a un divieto di legge,
ne consegue l’inefficacia del provvedimento. Ed è stata
posta l’equazione: prova irritualmente ammessa = prova
processualmente inefficace13.
Per le prove precostituite non c’è un provvedimento
ammissivo; il documento è prodotto in giudizio dalla
parte, senza un previo provvedimento di ammissione.
L’atto viziato potrebbe essere non la produzione, ma
un momento precedente, cioè il modo con cui la parte
ha conseguito il possesso del documento.
In giurisprudenza si è ritenuto che, nel processo civile, non esiste un divieto esplicito di utilizzo delle prove
illecite, e, poiché per le prove precostituite i momenti
di illiceità sono di natura preprocessuale, un documento illecitamente ottenuto è comunque utilizzabile come
prova, salve le conseguenze extraprocessuali, civili e penali, del comportamento illecito14.
Secondo questa impostazione, per rifiutare l’ingresso
nel processo di un documento ottenuto illecitamente è
necessaria una specifica regola processuale di esclusione
probatoria (come l’art. 222 c.p.c., che dispone l’inuti-
12
E. Allorio, Efficacia di prove ammesse e esperite in contrasto con
divieti di legge, in Giur. it., 1960, I, 2, 871.
13 E. Allorio, op. cit.. La tesi dell’inefficacia non è sempre condivisa. In giurisprudenza, si sostiene talvolta che la prova inammissibile, una volta ammessa e assunta, ha una efficacia ridotta: vale come
indizio, non come prova. In dottrina si è sostenuto che, quando è
assunta una prova inammissibile, il risultato non può essere trascurato dal giudice (G.F. RICCI, La prove illecite nel processo civile, in
Riv. trim. dir. proc. civ., 1987, 34 ss.).
14 Trib. Bari, 16 febbraio 2007, in Merito, 2007, fasc. 4, 22;
Trib. Bari, 8 novembre 2007, in Mass. Lex 24, 2007 e Trib. Torino,
28 settembre 2007, in Giur. Lav., 2008, 9.
lizzabilità di un documento, se, proposta la querela di
falso, la parte dichiari di non volersene avvalere, e l’art.
216 c.p.c., che impedisce di utilizzare la scrittura privata
disconosciuta, ma non seguita da richiesta di verificazione). In assenza di una norma processuale, che attribuisca
rilevanza nel processo alla violazione di norme sostanziali, il giudice non può sanzionare l’illecito extraprocessuale con una sanzione processuale.
In senso opposto è stata sostenuta anche la tesi della inutilizzabilità in ogni caso15. Una terza tesi è quella
della utilizzabilità, salvo il caso che vi sia violazione di
principi costituzionali. Si tratta di operare un bilanciamento tra interessi contrapposti16.
È da richiamare, al riguardo, una pronuncia del Tribunale di Torino, secondo cui, «Nel silenzio di legge,
la valutazione in merito all’utilizzabilità delle prove
documentali illecite, ottenute dal producente violando
specifiche norme di legge, è demandata al singolo giudice
del caso concreto, chiamato a compiere un giudizio di
bilanciamento tra tutti i diritti e gli interessi emersi nel
caso concreto»17.
15 Cfr. A. Graziosi, Usi e abusi di prove illecite e prove atipiche nel
processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 693.
16 Cfr. Cass., 5 agosto 2010, n. 18279, in Giust. civ., 2011, I,
132, secondo cui, nelle controversie in cui si configura una contrapposizione tra due diritti, aventi entrambi copertura costituzionale,
e cioè tra valori ugualmente protetti, va applicato il cd. criterio di
«gerarchia mobile», dovendo il giudice procedere di volta in volta,
ed in considerazione dello specifico thema decidendum, all’individuazione dell’interesse da privilegiare a seguito di un’equilibrata
comparazione tra diritti in gioco, volta ad evitare che la piena tutela
di un interesse finisca per tradursi in una limitazione di quello contrapposto, capace di vanificarne o ridurne il valore contenutistico;
ne consegue che il richiamo ad opera di una parte processuale al
doveroso rispetto del diritto (suo o di un terzo) alla privacy non può
legittimare una violazione del diritto di difesa che, essendo inviolabile in ogni stato e grado del procedimento ex art. 24, 2 comma,
cost., non può incontrare nel suo esercizio ostacoli ed impedimenti
nell’accertamento della verità materiale a fronte di gravi addebiti
suscettibili di determinare ricadute pregiudizievoli alla controparte
in termini di un irreparabile vulnus alla sua onorabilità e, talvolta,
anche alla perdita di altri diritti fondamentali, come quello al posto
di lavoro (fattispecie relativa a licenziamento disposto a carico di
un dipendente per reiterate molestie sessuali a carico di colleghe,
annullato per genericità delle contestazioni in quanto privo dell’identificazione delle vittime).
Si veda altresì Cass., Sez. un., 8 febbraio 2011, n. 3034, in
Giust. civ., 2011, 3, 605.
17 Trib. Torino, 8 maggio 2013, in Giur. it., 2014, 2480, con
nota adesiva di C. PIOVANO, Sull’utilizzabilità dei documenti illecitamente ottenuti.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Era accaduto che un coniuge, in una causa di separazione, aveva dimostrato la relazione extraconiugale del
convenuto, tramite documentazione che riproduceva
messaggi telefonici e di posta elettronica.
Il convenuto ne aveva eccepito l’inammissibilità, in
quanto le prove prodotte in giudizio erano frutto di un
illecito di rilevanza penale, senza peraltro operarne il disconoscimento ai sensi degli arti. 2712 ss. c.c..
Il Tribunale, con ordinanza istruttoria recepita in
sentenza, ha ritenuto utilizzabile la documentazione
prodotta. La pronuncia è stata ritenuta particolarmente
interessante laddove afferma – per la prima volta – che,
nel silenzio di legge, il giudice è chiamato a valutare l’utilizzabilità del documento ottenuto grazie all’illecito,
scegliendo la soluzione costituzionalmente più opportuna alla luce di un giudizio di bilanciamento tra tutti i
diritti e interessi coinvolti nel caso concreto18.
Nel caso concreto si trattava di comporre due diversi
interessi a rilevanza costituzionale: da un lato, il diritto
alla riservatezza del marito (ed eventualmente dell’amante), violato dalla moglie; dall’altro, il diritto di difesa della moglie.
Il Tribunale di Torino ha ritenuto prevalente il diritto di difesa, che, essendo inviolabile in ogni stato e
grado del procedimento, non può incontrare ostacoli
e impedimenti nell’accertamento della verità materiale
per il richiamo di una parte processuale al rispetto del
diritto alla privacy, proprio o di un terzo.
La dottrina ha apprezzato l’abbandono della tesi di
sostanziale indifferenza per ogni comportamento illecito ed ha condiviso l’idea di un bilanciamento da effettuarsi caso per caso, componendo i profili coinvolti
nel caso concreto: effettività della tutela giurisdizionale,
accertamento della verità nel processo, giusto processo e
repressione di qualunque comportamento antigiuridico
(ancorché esclusivamente finalizzato a precostituirsi un
mezzo di prova)19.
5. Il bilanciamento nel diritto tributario.
La tesi del bilanciamento è accolta in materia tributaria dalla Cassazione civile20, con ordinanza nella quale
si afferma tra l’altro che:
18 Così C. PIOVANO, Sull’utilizzabilità dei documenti illecitamente ottenuti, cit.
19 Così C. PIOVANO, Sull’utilizzabilità dei documenti illecitamente ottenuti, cit.
20 Cass., Sez. VI, 28 aprile 2015, n. 8605, cit.
DOTTRINA
- non può dubitarsi della piena utilizzabilità di elementi rispetto ai quali l’eventuale illiceità si colloca a
monte dell’azione dell’Ufficio fiscale (francese);
- tanto il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2,
che l’art. 41, comma 2, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art.
55, comma 1, prendono esplicitamente in considerazione l’utilizzo di elementi ‘‘comunque’’ acquisiti, e perciò anche nell’esercizio di attività istruttorie attuate con
modalità diverse da quelle indicate nel D.P.R. n. 600 del
1973, artt. 32 e 33 e nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51;
- tali disposizioni individuano, quindi, un principio
generale di non tipicità della prova che consente l’utilizzabilità – in linea di massima – di qualsiasi elemento che
il giudice correttamente qualifichi come possibile punto
di appoggio per dimostrare l’esistenza un fatto rilevante
e non direttamente conosciuto, ma ciò trova, peraltro,
un limite quando gli elementi probatori siano stati direttamente acquisiti dall’Amministrazione in spregio di
un diritto fondamentale del contribuente;
- l’eventuale responsabilità penale dell’autore materiale della lista e, comunque, l’illiceità della di lui condotta nei confronti dell’istituto bancario presso il quale
operava non è in grado di determinare l’inutilizzabilità
della documentazione anzidetta nel procedimento fiscale a carico del contribuente utilizzata dal Fisco italiano
al quale è stata trasmessa dalle autorità francesi;
- l’utilizzazione, nel procedimento amministrativo
volto all’accertamento di violazioni di natura fiscale,
dei documenti provenienti dalla lista Falciani, non determina una lesione di diritti costituzionalmente garantiti del contribuente.
Fatte queste premesse, la Cassazione affronta il problema del bilanciamento tra i due interessi, costituzionalmente protetti, che sono rilevanti nel caso concreto:
da un lato, l’interesse fiscale, dall’altro l’interesse del
contribuente al segreto bancario.
Così impostato il problema, la soluzione appare sostanzialmente obbligata, alla luce di quanto osservato
dalla Corte costituzionale, nella sentenza in tema di
segreto bancario21, nella quale si afferma che il «dovere di riserbo cui sono tradizionalmente tenute le
imprese bancarie in relazione alle operazioni, ai conti
e alle posizioni concernenti gli utenti dei servizi da
esse erogati... non corrisponde nei singoli clienti delle
banche una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente protetta, né, men che meno, un diritto della
personalità, poiché la sfera di riservatezza con la quale
21
2087.
Corte cost., 18 febbraio 1992, n. 51, in Giur. it., 1992, I, 1,
37
38
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
vengono tradizionalmente i conti e le operazioni degli
utenti dei servizi bancari è direttamente strumentale
all’obiettivo della sicurezza e del buon andamento dei
traffici commerciali».
Inoltre, secondo la Corte costituzionale, «alla riservatezza cui le banche sono tenute nei confronti delle operazioni dei propri clienti non si può applicare il paradigma di garanzia proprio dei diritti di libertà personale,
poiché alla base del segreto bancario non ci sono valori
della persona umana da tutelare: ci sono, più semplicemente, istituzioni economiche e interessi patrimoniali,
ai quali, secondo la giurisprudenza costante di questa
Corte, quel paradigma non è applicabile».
A ciò va aggiunto che la Corte di Strasburgo ritiene
che l’utilizzazione di una prova acquisita illegalmente
non costituisce violazione dell’art. 6 CEDU, perché tale
disposizione non disciplina espressamente le questioni
relative all’ammissibilità delle prove, che sono rimesse
alle leggi nazionali22.
Da ultimo, va osservato che, se è utilizzabile la prova
assunta in violazione del segreto bancario, cui non corrisponde un diritto costituzionalmente garantito, resta
ferma la inutilizzabilità delle prove assunte in violazione di diritti costituzionalmente protetti, come il diritto
all’inviolabilità del domicilio23.
6. De iure condendo
De iure condendo, appare opportuno regolare nel processo tributario il tema delle prove illecite, riconoscendo
formalmente che non sono utilizzabili le prove assunte
in violazione di diritti costituzionalmente protetti.
Potrebbe essere introdotta nel diritto tributario una
norma simile all’art. 191 c.p.c. (secondo cui «Le prove
acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non
possono essere utilizzate»), precisando però a quali divieti
e a quale legge ci si riferisce (essendo incerto se si tratta
della sola legge processuale o anche della legge sostanziale). Potrebbe poi essere prevista nel processo tributario, con gli adattamenti del caso, una disciplina simile a
quella contenuta nell’art. 240, comma 2, ultima parte,
secondo cui «Il pubblico ministero dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei
supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo
provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in
qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed
il loro contenuto non può essere utilizzato».
Nel processo tributario l’ordine di distruzione delle
prove assunte illegalmente non potrebbe che spettare al
giudice tributario.
Francesco Tesauro
22
Si veda la giurisprudenza citata da Cass., Sez. VI, 28 aprile
2015, n. 8605, cit.
23 Cass., 8 agosto 1990, n. 8062, in Fisco, 1990, 6353; Id., 20
marzo 2009, n. 6836; Id., 15 dicembre 2010, n. 25335; Id., 25
marzo 2011, n. 6908; Id., 11 novembre 2011, n. 23595; Id., 22
febbraio 2013, n. 4498.
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
La tutela (giudiziale-amministrativa)
nella fase istruttoria
di Salvatore Muleo
1. Lo “stato dell’arte” circa la tutela nella fase istruttoria avverso gli atti del procedimento tributario.
Nel trattare il tema della tutela del contribuente nella
fase istruttoria del procedimento amministrativo-tributario, non può prescindersi da un preliminare richiamo
ai principi sovranazionali in materia.
Il riferimento è alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea1, la quale sancisce un generale
principio di effettività della tutela in favore del privato,
che si specifica nel c.d. diritto ad una buona amministrazione, ex art. 41, e nel diritto a un ricorso effettivo
e a un giudice imparziale, ex art. 47. Con particolare
riferimento alla tutela del privato nell’ambito dei procedimenti amministrativi, la prima delle citate norme
richiede che le relative questioni siano trattate in modo
imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole.
Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di
ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che
le rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi
interessi della riservatezza e del segreto professionale e
commerciale; c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.
Occorre, dunque, valutare se ed in quali termini il
diritto interno, ed in particolare il sistema di tutele apprestate dall’ordinamento a presidio della posizione del
soggetto privato sottoposto a verifica fiscale, sia compatibile con il modello di “buona amministrazione” di
derivazione europea e sia idoneo a perseguire il noto
principio della effettività della tutela giurisdizionale.
Sul punto, le prime perplessità sorgono dal dato
normativo. Com’è noto, infatti, gli atti istruttori non
sono ricompresi nell’elenco degli atti autonomamente
impugnabili di cui all’art. 19 D.lgs. 546/1992, per cui
possono essere impugnati solo in via differita, al momento dell’impugnazione del provvedimento finale da
parte del contribuente.
1 Proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e successivamente a
Strasburgo, con adattamenti, il 12 dicembre 2007 e che a seguito
dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009 ha assunto lo
stesso valore giuridico dei Trattati.
I vizi degli atti endoprocedimentali, infatti, si ripercuotono sull’atto impositivo (illegittimità derivata) e
possono essere rilevati esclusivamente in sede di impugnazione di quest’ultimo.
Taluni spazi per una tutela immediata avverso gli
atti istruttori immediatamente lesivi sono rinvenibili
nei casi in cui tali atti abbiano come destinatari soggetti diversi dal contribuente. In tali casi, l’atto è privo di
valenza tributaria specifica e come tale non può essere
impugnato dinanzi al giudice tributario: i terzi, dunque,
possono chiedere tutela al giudice amministrativo o al
giudice ordinario, a seconda della situazione soggettiva
di cui si lamenti la lesione2.
Come si vede, il problema della immediata impugnabilità degli atti istruttori involge quello, connesso,
della immediata ed autonoma lesività di tali atti. Occorre, cioè, domandarsi se a fronte di un atto c.d. endoprocedimentale che, tuttavia, sia immediatamente lesivo
di un interesse (patrimoniale o non patrimoniale) del
contribuente, il meccanismo di impugnazione differita
sia idoneo ad assicurare la tutela effettiva di cui agli artt.
41 e 47 della Carta di Nizza.
Si consideri, infatti, che l’attività istruttoria dell’amministrazione finanziaria implica normalmente una
ponderazione di interessi contrapposti e come tale è
qualificabile in termini di attività amministrativa discrezionale, sorretta dai principi di imparzialità e di buon
andamento. Tale attività, pertanto, incide senz’altro su
posizioni giuridiche soggettive facenti capo al contribuente (di natura patrimoniale e non patrimoniale) che
spesso si differenziano rispetto al mero interesse alla corretta determinazione della pretesa fiscale.
Tra gli interessi coinvolti spicca quello della riservatezza, specie nell’ambito delle indagini bancarie (artt. 13
e 14 Cost.). Si consideri, infatti, che l’atto di autorizzazione alle indagini bancarie è atto amministrativo di carattere discrezionale, il quale, previa valutazione dell’esistenza delle condizioni necessarie, ha l’effetto di rimuovere l’ostacolo all’esecuzione degli accertamenti bancari.
Come tale, l’autorizzazione deve essere motivata ai sensi
2
51.
F. Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2014, p.
39
40
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
dell’art. 3 della L. 241/1990, e può considerarsi soggetta
agli altri vizi tipici degli atti amministrativi. Può quindi
considerarsi illegittimo, e quindi annullabile, l’atto autorizzativo privo di firma dell’autorità concedente, quello adottato da autorità incompetente o con motivazione
carente o contraddittoria.
Alla luce dell’autonoma potenziale lesività di tale
atto, la giurisprudenza amministrativa ne ha affermato
l’autonoma impugnabilità. In un precedente giurisprudenziale3, era stata negata al contribuente la possibilità
di prendere visione dell’atto con il quale il comandante
di zona della Guardia di finanza aveva autorizzato l’avvio di un’indagine bancarie nei confronti del medesimo.
Dopo aver negato che l’autorizzazione ad effettuare indagini bancarie avesse natura di atto interno al procedimento tributario, il tribunale amministrativo ha affermato che tale autorizzazione «si appalesa quindi come
un atto destinato ad incidere direttamente su posizioni soggettive che trovano tutela nell’ordinamento (…) come tale
acquista un immediato rilievo esterno, in quanto dotato di
autonoma efficacia lesiva di dette posizioni».
In tale occasione il Tar ha escluso, pertanto, la natura
meramente preparatoria dell’atto istruttorio in questione, disapplicando l’art. 24, ultimo comma, della legge
n. 241/1990 (formulazione precedente alle modificazioni e integrazioni introdotte dalla legge 11 febbraio
2005, n. 15) che esclude il diritto di accesso rispetto agli
atti preparatori dei provvedimenti indicati nell’art. 13
della medesima legge, tra i quali rientrano anche gli atti
del procedimento tributario.
Inoltre, secondo la medesima pronuncia, la rilevanza
esterna dell’autorizzazione prevista sarebbe da riconoscersi anche alla luce della potenziale utilizzabilità delle
conseguenti risultanze per finalità diverse da quelle fiscali che hanno originato l’acquisizione di quegli elementi: «l’autorizzazione alle verifiche bancarie (...) comporta pur sempre l’acquisizione di atti, dati ed elementi
che, una volta nella disponibilità degli organi verificatori
competenti, ben potrebbero, pure in via di fatto, essere
utilizzati anche per finalità diverse dall’accertamento fiscale; si consideri inoltre che sovente è ritenuta, anche in
punto di diritto, l’ammissibilità dell’utilizzazione di documentazione bancaria in procedimenti diversi da quelli
nei quali è avvenuta l’acquisizione (cfr. Cass., Sez. I, 5
maggio 1991, n. 4980)».
Occorre, in ogni caso, rilevare che in sede di appello,
il Consiglio di Stato4 ha concluso, invece, per l’esclusio-
3 T.A.R. Emilia Romagna, Sez. II, sent. 19 novembre 1994,
n. 1630.
4 Sez. IV, sent. 19 aprile 1995, n. 264.
ne del diritto di accesso, affermando che l’autorizzazione in questione appartiene agli atti istruttori, quali le
verifiche, gli accessi, le ispezioni, le ricerche, ecc., che
si inseriscono, tipicamente, nell’ambito di un sub-procedimento interno culminante, infine, nel definitivo
accertamento tributario, costituente il provvedimento
impugnabile. Solo in questo momento, si legge in sentenza, «scompare la limitazione oggettiva all’accesso e il
contribuente può ottenere copia dell’assenso per controllarne la legittimità e sindacarne in via derivativa l’atto
di accertamento».
Secondo il Consiglio di Stato, gli atti volti all’acquisizione di dati e notizie nel corso di una verifica fiscale non
implicano mai una modifica della posizione giuridica
del contribuente nei confronti del fisco. Prima di questo
momento, cioè, l’attività di verifica sarebbe fiscalmente
neutra, perché non farebbe sorgere alcun obbligo in capo
al contribuente, e non potrebbe pregiudicare alcun suo
diritto o interesse relativo all’esercizio del potere5.
Tali posizioni, invero, suscitano perplessità.
Come si è accennato, non può negarsi che nel corso dell’attività istruttoria assumano estrema rilevanza le
modalità e gli strumenti con i quali sono esercitati i poteri dell’Amministrazione finanziaria, i quali incidono
su diritti e libertà costituzionalmente protetti, e richiedono il rispetto di principi, quali l’imparzialità e il buon
andamento dell’azione amministrativa, ex art. 97 Cost.
Inoltre, ai fini del perseguimento di una tutela piena
ed effettiva ai sensi dell’art. 47 della Carta di Nizza-Strasburgo, il sistema dell’impugnazione differita, con eventuale caducazione dell’atto impositivo, appare senz’altro
inidoneo a tutelare il soggetto rispetto alla lesione di
valori (di natura anche diversa da quella strettamente
patrimoniale) incisi dall’attività istruttoria.
5 Negli stessi termini, Cons. St., Sez. IV, sent. 5 dicembre 1995,
n. 982, secondo cui, qualora «nell’esercizio del potere di verifica la
Amministrazione avrà commesso delle irregolarità il contribuente potrà dedurre e far valere i vizi degli atti preparatori impugnando l’atto
conclusivo del procedimento e facendolo cadere per invalidità derivata
secondo i consueti principi generali. A questa tradizionale impostazione
logica risponde, peraltro, lo stesso contenzioso tributario il quale dopo
aver elencato gli atti impugnabili (art. 16 D.P.R. 26 ottobre 1972, n.
636) tutti riconducibili ad atti di imposizione o sanzionatori, dispone
che tutti gli altri non sono impugnabili autonomamente e ciò ovviamente in ragione della loro mancanza di autonomia funzionale e cioè
per non essere idonei a far sorgere l’obbligazione tributaria. In altri
termini» (…) «se si conviene che il potere di verifica è stato attribuito in
funzione strumentale al corretto adempimento degli obblighi tributari,
tale funzione rimane inalterata, anche se per accertare dati e notizie
rilevanti per gli obblighi tributari si incide su interessi diversi da quelli
strettamente patrimoniali su cui andrà a incidere il provvedimento fiscale finale». In senso conforme Consiglio di Stato, sent. 7 febbraio
1995, n. .
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Si è in presenza, in altri termini, di una deroga, difficilmente accettabile, al principio per il quale ad ogni
atto o comportamento autoritativo imputabile all’amministrazione, immediatamente lesivo di diritti e interessi protetti dall’ordinamento, debba far capo un corrispondente potere di azione a tutela del soggetto privato.
Peraltro, nell’ordinamento tributario si registrano
ipotesi sempre più numerose di anticipazioni di effetti a
momenti che in precedenza erano a tal fine irrilevanti.
Si pensi, ad es., all’adesione ex art. 5 bis d. lgs. 218 del
1997. O si pensi agli effetti dannosi che un processo
verbale di constatazione errato può comportare per un
contribuente in alcuni casi (ad es. in tema di sospensione dei rimborsi).
DOTTRINA
ministrativo, risultava pur sempre diretto a censurare la
pronuncia di primo grado.
Nello stesso senso, il parere della sezione terza n. 199
del 14 maggio 2002, nonché il parere, sempre della sezione terza, n. 1403 del 6 maggio 2003, in materia di
impugnazione con ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica di una cartella di pagamento (in tale
occasione, il Consiglio di Stato ha affermato che essendo la cartella esattoriale ricompresa tra gli atti impugnabili innanzi alle commissioni tributarie, ne consegue
l’impossibilità di impugnarla con ricorso in sede straordinaria).
3. Possibili esigenze di tutela e modalità di articolazione della tutela giudiziale.
2. Ammissibilità della tutela giustiziale.
Prima di procedere ad un’analisi più dettagliata delle
possibilità di tutela nella fase istruttoria, pare opportuno soffermarsi brevemente sul problema della configurabilità della tutela giustiziale avverso gli atti dell’amministrazione finanziaria. Nessuna preclusione in tal
senso è posta dalla disciplina positiva. Al contrario,
secondo l’art. 7, comma 4, dello Statuto diritti contribuente: «La natura tributaria dell’atto non preclude il
ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne
ricorrano i presupposti».
Di conseguenza, non pare possa essere negata l’esperibilità del ricorso gerarchico e del ricorso in opposizione avverso atti non definitivi emessi dall’amministrazione finanziaria.
Non può ammettersi, invece, il ricorso straordinario
al Presidente della Repubblica se la materia rientra nella
giurisdizione del giudice tributario, poiché tale tipologia
di impugnazione richiede la definitività dell’atto.
In un caso posto all’attenzione del Consiglio di Stato (parere n. 3366/03), a seguito della pubblicazione
della pronuncia di primo grado favorevole all’ufficio,
quest’ultimo aveva iscritto a ruolo imposte e sanzioni
dovute, previa emissione di un provvedimento di revoca della sospensione dell’esecuzione degli atti d’accertamento impugnati. Avverso il suddetto provvedimento, il contribuente aveva proposto ricorso straordinario
all’ufficio, ai sensi degli articoli 8 e seguenti del Dpr
n. 1199 del 24 novembre 1971, chiedendone l’annullamento; parallelamente, lo stesso contribuente aveva
impugnato anche la sentenza della commissione tributaria provinciale. Secondo il Consiglio di Stato, il rimedio straordinario era, nel caso specifico, da considerarsi
senz’altro inammissibile, in quanto, sebbene fosse stato
formalmente esperito avverso un provvedimento am-
Venendo ora all’analisi delle concrete esigenze di tutela che possono emergere nel corso della fase istruttoria, pare opportuno preliminarmente domandarsi quali
siano i comportamenti e gli atti potenzialmente lesivi
imputabili al verificatore.
In via esemplificativa, può trattarsi di:
a) Mancata esibizione delle autorizzazioni agli accessi.
b) Accessi eseguiti in mancanza delle prescritte autorizzazioni o senza la dovuta comunicazione al Presidente dell’ordine di riferimento (se previsto dalla
legge) o che si protraggono oltre il termine legale.
c) Ogni ipotesi di eccesso del mezzo rispetto al fine,
con violazione del principio di proporzionalità, il
quale come è noto impone di agire in modo da
provocare il minor sacrificio per il privato a fronte
del perseguimento del fine pubblico. Sul punto,
di particolare rilevanza sono le questioni che attengono alla violazione della privacy senza necessità o oltre la necessità. Occorre infatti bilanciare
le esigenze di completezza dell’istruttoria con la
tutela della riservatezza del contribuente6, rispetto
all’esercizio di: poteri che prevedono la collaborazione del contribuente controllato; poteri rispetto ai quali il contribuente è in posizione di mera
soggezione (verifiche); poteri che si esplicano nei
confronti di terzi soggetti;
6
Cfr. M. Basilavecchia, La tutela della riservatezza nelle indagini tributarie, in Corriere tributario, 2009, n. 44, p. 3577, il quale
sottolinea come un primo potenziale conflitto in tal senso emerge
ancor prima che possa dirsi in corso una indagine su un determinato soggetto: la tutela della riservatezza riguarda la generalità dei
contribuenti e si pone già nella fase di scelta del contribuente da
sottoporre a controllo.
41
42
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
d) Istruttoria incompleta, ossia mancata integrazione
dell’istruttoria a seguito di indicazioni fornite dal
contribuente.
e) Violazione del principio di non aggravamento.
Tale principio, espressione del più generale principio di efficienza ed economicità dell’azione
amministrativa, vieta che siano richiesti al contribuente documenti e informazioni già in possesso
dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente
(art. 6 Statuto dei diritti del Contribuente). Si
tratta, invero, dell’applicazione, nella materia tributaria, del principio generale di cui all’art. 18
della legge 7 agosto 1990 n. 241, il quale opera
anche nella fase processuale, ogniqualvolta il contribuente invochi un fatto la cui prova documentale si trova nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria. Le conseguenze del mancato rispetto di tale principio, in assenza di una espressa
sanzione di nullità della richiesta, possono riconoscersi nella illegittimità di ogni forma di conseguenze sfavorevole per il contribuente, scaturente
dalla mancata o incompleta risposta alla suddetta
richiesta. Secondo la Corte di Cassazione7, se il
ricorrente dichiara che la prova di una circostanza
emerge da documenti di cui sia in esclusivo possesso l’amministrazione finanziaria, quest’ultima
deve «pronunciarsi in modo non generico od immotivato sull’effettivo possesso e sul reale contenuto
degli atti in questione», non potendo limitarsi ad
invocare il mancato assolvimento dell’onere probatorio del ricorrente.
f ) In via generale, ogni variazione rispetto al modello
dell’art. 41 Carta di Nizza in tema di giusto procedimento in materia tributaria.
Come si avrà modo di mettere in risalto, rispetto a
tali fattispecie lo strumento del solo rimedio dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto conclusivo del
procedimento appare senza dubbio inidoneo a fornire
adeguata tutela, essendo invece necessario predisporre
strumenti di tutela inibitoria idonei a paralizzare immediatamente l’azione amministrativa lesiva in atto.
7 Cass. civ., sez. trib., sent. 5 ottobre 2001, n. 12284, in Riv. dir.
trib., 2002, II, p. 264, con nota di F. D’Ayala Valva, L’onere della
prova ed il principio di collaborazione fra pubblica amministrazione e
contribuente nella fase amministrativa e nella fase processuale.
4. Il problema della immediata impugnabilità e il
riparto di giurisdizione.
Procedendo con ordine, la prima questione che occorre affrontare in tema di tutela giurisdizionale nella
fase istruttoria, è quella del riparto di giurisdizione.
In merito, le Sezioni Unite della Corte di Cassazio8
ne si sono di recente pronunciate ponendo taluni punti
fermi che, tuttavia, presentano rilevanti criticità.
Preliminarmente, la Corte ha affrontato il problema
della qualificazione delle posizione soggettive coinvolte nel procedimento amministrativo tributario; qualificazione che non può ritenersi priva di rilevanza, dal
momento che è la stessa Costituzione che, all’art. 103,
fonda il riparto di giurisdizione proprio sulla distinzione tra diritti soggettivi, devoluti alla cognizione del
giudice ordinario, ed interessi legittimi, demandati al
giudice amministrativo (fatte salve le particolari ipotesi
di giurisdizione esclusiva). Peraltro, secondo la Corte,
non è corretto affermare che qualsiasi lesione di interessi
legittimi sia devoluta al giudice amministrativo. Al contrario, l’art. 103 Cost. non vieta di attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla lesione di
tali posizioni soggettive. Non esiste, infatti, una riserva
di giurisdizione in favore del giudice amministrativo in
materia di atti istruttori tributari.
La giurisdizione del giudice amministrativo non potrebbe essere affermata nemmeno in base all’art. 7, comma 4, Statuto diritti contribuente («La natura tributaria
dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti»), perché
tale norma si riferirebbe soltanto agli atti amministrativi
a contenuto generale o normativo, come i regolamenti.
Parallelamente, la giurisdizione del giudice tributario, ex art. 2, D.lgs. 546/1992, è piena e non limitata al
solo atto finale del procedimento, estendendosi invece
anche quelli prodromici, che possono essere impugnati
in via differita, unitamente a quest’ultimo.
Peraltro - ed è qui che il ragionamento della Corte
pare criticabile - l’incidenza della specifica attività amministrativa contestata su “posizioni soggettive aventi
rango costituzionale” (ex artt. 2, 13, 14 e 15 Cost., che
sovraintendono alle libertà inviolabili), limitabili quindi
solo nei casi e nei modi indicati dalla legge, non consente di ravvisare nell’eventuale lesione di quelle posizioni
una situazione giuridica avente la consistenza di interesse legittimo. Si tratterebbe, invece, di diritti soggettivi.
Di conseguenza, conclude la Corte, sussisterebbe una
duplice alternativa, a seconda dell’esito del procedimento.
8
Cass. civile, Sez. Un., 16 marzo 2009, n. 6315.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Se quest’ultimo si conclude con un atto impositivo, la giurisdizione è del giudice tributario, senza che
il differimento della tutela comporti una violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Tali norme non imporrebbero
una correlazione assoluta tra il sorgere del diritto e la
sua azionabilità, la quale potrebbe essere differita ad un
momento successivo ove ricorrano esigenze di ordine generale e superiori finalità di giustizia, sempre che il legislatore osservi il limite imposto dell’esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa,
in conformità al principio della piena attuazione della
garanzia stabilita dalle suddette norme costituzionali.
Se invece il procedimento di accertamento si conclude con esito negativo (senza emissione di alcun provvedimento fiscale), la valutazione in ordine alla legittimità
dell’istruttoria sarebbe attratta nell’orbita della giurisdizione del giudice ordinario (non del giudice amministrativo), siccome ipoteticamente lesiva di diritti squisitamente soggettivi del contribuente a non subire, al di
fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, verifiche
fiscali con compressione dei diritti coinvolti, anche costituzionalmente garantiti, come la libertà di domicilio,
di corrispondenza, di iniziativa economica.
Tali conclusioni sono state di recente confermate da
un’altra pronuncia delle Sezioni Unite9, relativa al riparto di giurisdizione in materia di impugnazione dell’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica,
ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 3,
per consentire, nel corso di una verifica fiscale, l’esame
di documenti rispetto ai quali il contribuente abbia eccepito l’esistenza del segreto professionale.
Nel caso di specie, i ricorrenti (studio professionale
sottoposto a verifica) avevano sottolineato l’estraneità
dell’interesse azionato dinanzi al tribunale amministrativo rispetto al mero interesse alla esatta determinazione dell’imponibile, precisando che la loro azione era
proposta in qualità di professionisti che paventavano la
compromissione della riservatezza dei clienti, e non di
meri contribuenti.
Secondo le Sezioni Unite, peraltro, nonostante il carattere discrezionale dell’atto impugnato, la controversia appartiene in ogni caso alla giurisdizione del giudice
tributario, in quanto dall’esame degli atti riservati dei
clienti emergono pur sempre profili di rilievo fiscale a
carico del professionista. Dell’eventuale violazione del
segreto professionale potrebbe dolersi, invece, semmai il
cliente cui i dati si riferiscono.
Ad una prima lettura della pronuncia, appare evidente una certa contraddizione nel ragionamento: da un
lato, infatti, la Corte afferma che il diritto alla riservatezza appartiene al cliente, e non al professionista; dall’altro
dichiara che se il procedimento si conclude con un atto
impositivo, le doglianze relative al mancato rispetto di
tale diritto sono assorbite dalla prevalente vicenda tributaria ed attratte alla giurisdizione tributaria10.
Le maggiori perplessità, tuttavia, sorgono in merito
all’affermazione della effettività della tutela differita, la
quale secondo la Corte, non sarebbe perciò solo meno
incisiva. Non vi sarebbe, dunque, alcuna differenza tra
l’immediata impugnabilità dell’atto istruttorio lesivo
(con eventuale inibitoria, al ricorrere dei relativi presupposti), e l’impugnazione successiva, assieme al provvedimento finale.
Una simile costruzione è senz’altro inaccettabile. E
del resto, la stessa Corte non è parsa del tutto categorica
sul punto, affermando in un significativo obiter dictum
che, in ogni caso, le considerazioni in merito alla eventuale inadeguatezza del sistema di tutela rispetto alle
garanzie affermate dalla Cedu e dalla Corte Edu, non
sarebbero comunque idonee ad influenzare le scelte in
merito al riparto di giurisdizione: è solo dopo aver individuato la giurisdizione (nella specie quella del giudice
tributario) che deve essere affrontato il problema dell’adeguatezza delle forme di tutela assicurate.
In altri termini, le inadeguatezza del sistema di tutela (nel nostro caso, l’impossibilità di una impugnazione immediata degli atti istruttori dinanzi al giudice
tributario) non possono essere fronteggiate mediante la
rimodulazione del riparto di giurisdizione, ma devono
essere, se si è ben compreso, affrontate e risolte in primo
luogo dal legislatore.
4.1. Criticità della tutela differita.
Come si è accennato, appare senz’altro artificiosa e
inappagante11 la ricostruzione fornita dalle Sezioni Unite, imperniata sull’esito del procedimento:
- se è emesso l’atto impositivo, la giurisdizione in
merito ai vizi dell’istruttoria (ad es. violazione della riservatezza) è del giudice tributario;
10 Cfr. il commento di M. Basilavecchia,
9
Cass. SS UU n. 11082 del 2010. In senso conforme, v. anche
Cassazione civile, SS. UU. 02/05/2016, n. 8587.
DOTTRINA
Il segreto professionale
nella verifica fiscale e la tutela giurisdizionale, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2010, n. 9, p. 768).
11 In termini, M. Basilavecchia, Il segreto professionale nella
verifica fiscale e la tutela giurisdizionale, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, cit.
43
44
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
- se invece l’atto finale non sopraggiunge o risulta
fondato su altri elementi, la giurisdizione, afferma la
Corte, è del giudice ordinario. Come si vede, si tratta
di una giurisdizione solo ipotetica e condizionata, occorrendo pur sempre attendere la conclusione del procedimento.
L’unica certezza che emerge dalle pronunce di legittimità è che durante la fase istruttoria non sussiste uno
strumento di tutela immediato utilizzabile per intervenire nell’istruttoria in corso.
Tuttavia, l’affermazione secondo la quale il sistema
di tutela differita sarebbe idoneo ad assicurare una tutela
effettiva per il contribuente non è convincente.
Al contrario, il differimento dell’impugnazione
dell’atto istruttorio può considerarsi compatibile con il
principio dell’effettività della tutela solo se non sussiste
un interesse immediatamente leso. In altri termini, se
sussiste una lesione immediata, non può negarsi una tutela immediata e, nello specifico, una tutela inibitoria.
Sul punto, particolarmente significativo appare il ragionamento seguito dal Consiglio di Stato (sentenza n.
3199 del 26 maggio 2006), nell’ambito del giudizio nel
quale si è inserita la prima delle citate sentenze emesse
dalle Sezioni Unite (n. 6315 del 2009). Nell’affermare il
proprio difetto di giurisdizione, i giudici amministrativi
sembrano porre in risalto proprio la centralità dell’interesse leso, allorquando affermano che il differimento della impugnazione non incide sulla giustiziabilità
dell’atto istruttorio, ma costituisce mera applicazione
della regola processuale secondo la quale per agire in
giudizio (ed ottenere una pronuncia di merito) occorre
avere quell’interesse concreto. Nel caso specifico, afferma il Consiglio di Stato, l’appellante non avrebbe dedotto il carattere lesivo delle specifiche modalità con le
quali era stata in concreto espletata la verifica: «ne consegue che non viene qui in rilievo il dibattuto problema
della tutela (specie cautelare) del contribuente a fronte di
indagine istruttoria dell’Amministrazione che si svolga in
modo potenzialmente lesivo del diritto del professionista
o dell’imprenditore alla riservatezza o ad evitare intralci
nell’esercizio dell’attività economica».
Con l’appello il ricorrente avrebbe dedotto l’insussistenza dei presupposti legali in base ai quali poteva essere ordinata la verifica, azionando, in sostanza, la pretesa
a non essere sottoposto a tale forma di controllo amministrativo: «in questo ambito, l’ordine di rinnovo della
verifica e la verifica stessa costituiscono momento strumentale e prodromico rispetto alla esatta determinazione del
presupposto di imposta, contenuta nell’atto di accertamento
eccesso nei confronti del destinatario del controllo, concretizzandosi perciò in attività giuridicamente infraprocedimentale e dunque non immediatamente lesiva».
Di conseguenza, sarebbe appagante un’impugnazione differita, al momento dell’impugnazione del provvedimento finale dinanzi al giudice tributario.
Peraltro, dalle argomentazioni del Consiglio di Stato
sembra potersi desumere, a contrario, che qualora sussista, invece, l’interesse immediato ad agire e tale interesse
sia dimostrato in giudizio, non possa essere negata la
tutela giurisdizionale e, in particolar modo, quella cautelare, in presenza dei relativi presupposti
4.2 Strumenti di tutela immediata nella fase
istruttoria.
Affermata la sussistenza di interessi (patrimoniali e/o
non patrimoniali) suscettibili di essere lesi in sede di verifica fiscale, nonché l’autonomia di tali interessi rispetto all’interesse alla corretta determinazione della pretesa
fiscale da parte dell’Amministrazione finanziaria ed affermata, di conseguenza, la necessità di una tutela immediata di tali situazioni giuridiche soggettive, anche e
soprattutto di carattere cautelare ed indipendentemente
dal futuro esito del procedimento, occorre valutare, de
iure condito, quali sono le possibilità di azione da parte
del contribuente.
Come si è detto, secondo Cass. civile, Sez. Un., 16
marzo 2009, n. 6315 e Cds n. 3199 del 2006, l’atto
istruttorio, se non è emesso il provvedimento di accertamento, è impugnabile dinanzi al giudice ordinario,
venendo in rilievo diritti assoluti “non degradabili”.
La citata giurisprudenza non fornisce, tuttavia, alcuna
soluzione in merito alla tutela immediata, dovendo il
contribuente in ogni caso attendere l’esito del procedimento tributario, prima di adire il tribunale ordinario.
Peraltro, possibili spazi per una tutela cautelare immediata dinanzi al giudice ordinario, nelle more del
procedimento amministrativo, potrebbero essere affermati qualora siano coinvolti diritti costituzionalmente
garantiti, attraverso lo strumento offerto dall’art. 700
c.p.c.. Si tratta, tuttavia, di una soluzione meramente
ipotetica, che in ogni caso contrasta con la configurazione di una giurisdizione piena del giudice tributario.
Qualora, invece, in contrasto con la giurisprudenza maggioritaria, volesse affermarsi la giurisdizione del
giudice amministrativo, le possibilità di tutela sarebbero più ampie.
Preliminarmente, occorrerebbe qualificare la posizione giuridica soggettiva del contribuente sottoposto a
verifica in termini di interesse legittimo e non di diritto
soggettivo, scardinando l’assunto secondo cui in presenza di un diritto costituzionalmente garantito la giurisdizione sarebbe sempre quella del giudice ordinario.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
È principio consolidato della giurisprudenza amministrativa, infatti, che «quando l’atto amministrativo sia
assunto nel giudizio non come fatto materiale o come semplice espressione di una condotta illecita, ma sia considerato
nel ricorso quale attuazione illegittima di un potere amministrativo, di cui si chiede l’annullamento, la posizione del
cittadino si concreta come posizione di interesse legittimo»
(CdS, sez. 6^, n. 556/2006) ed in proposito non ha alcuna rilevanza il fatto che l’azione sia proposta a tutela
(anche) di un diritto costituzionale, dal momento che
non esiste una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario in materia di interessi costituzionalmente garantiti.
L’unico criterio di riparto di giurisdizione, secondo
l’insegnamento della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, è la circostanza che l’azione sia
diretta (o meno) contro un atto che costituisce esercizio
di un pubblico potere.
Dunque, riconosciuta in ipotesi la giurisdizione amministrativa avverso gli atti istruttori tributari, potrebbe
estendersi alla materia in esame il sistema di tutela cautelare apprestato dal codice del processo amministrativo che, come noto, si fonda sul principio della atipicità
(sul modello dell’art. 700 c.p.c.). Tale principio, introdotto dapprima con l’art. 21, comma 7, L. 6 dicembre
1971, n. 1034 (Legge Tar), come riformulato dall’art.
3, L. 205 del 2000, è ora desumibile dall’art. 55 c.p.a.,
per il quale «Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a
giungere alla decisione sul ricorso, chiede l’emanazione di
misure cautelari (…), secondo le circostanze, più idonee
ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul
ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in
camera di consiglio».
All’atipicità delle misure cautelari previste da tale articolo potrebbe ispirarsi il legislatore, ampliando il ventaglio dei provvedimenti giudiziali contemplati dall’attuale art. 47 d. lgs. 546 del 1992.
5. Argomenti a favore della giurisdizione del giudice
tributario e lettura evolutiva del sistema alla luce degli artt. 41 e 47 Carta di Nizza e artt. 6 e 13 CEDU.
Peraltro, la soluzione senz’altro più appagante impone una rilettura del sistema e la predisposizione di
strumenti di tutela più incisivi nell’ambito della stessa
giurisdizione tributaria.
Anzitutto, occorre superare la posizione dottrinaria
classica secondo la quale, attesa la tassatività dell’elencazione contenuta nell’art. 19 del D.lgs. 546/1992 e
affermata l’impossibilità di impugnare autonomamente
ed immediatamente l’atto istruttorio lesivo, si afferma la
DOTTRINA
giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo a seconda che la lesione riguardi, rispettivamente, un diritto soggettivo o un interesse legittimo12.
Invero, già in sede di commento della citata Cass.
civile, Sez. Un., 16 marzo 2009, n. 631513, si è avuto
modo di notare come, sebbene nella sentenza difetti un
collegamento testuale espresso dal quale possa desumersi
la sicura impugnabilità degli ordini di verifica illegittimi
dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, proprio
questa è la lettura preferibile della pronuncia, al fine di
allineare le conclusioni della Corte di Cassazione alla
sensibilità dimostrata sul tema dalla Corte EDU (Cfr.
sentt. “Jussila”, “Ravon”, “”Maschino”, “IFB”, “Andrè”,
“Kandler”, nelle quali si è affermata la risarcibilità delle
lesioni causate alla sfera domiciliare del soggetto sottoposto a verifica fiscale).
A tal fine, si è proposta la seguente alternativa:
- o limitare ad ipotesi fisse l’accesso alla giurisdizione
tributaria, prevedendo tuttavia adeguati mezzi di tutela
cautelare che siano anche antecedenti all’instaurazione
del processo sugli atti definitivi;
- oppure consentire, in ipotesi eccezionali, quando
sussistano i requisiti dell’interesse ad agire per la lesività
egli atti istruttori, l’allargamento del catalogo dell’art.
19 D.Lgs. 546/199214.
Peraltro, l’attrazione della materia alla giurisdizione
del giudice tributario è senz’altro opportuna anche per
esigenze di concentrazione della tutela.
Tuttavia, sussiste la necessità di potenziare le forme di tutela esperibili nel processo tributario. Ed in tal
senso sembra essere orientata anche la Suprema Corte
(Cass. SS. UU. n. 11082 del 2010), secondo la quale,
come si è detto, le considerazioni in merito alla eventuale inadeguatezza del sistema di tutela rispetto alle
12
Cfr. R. Schiavolin, Poteri istruttori dell’Amministrazione finanziaria, in Digesto, 4^ ed., Disc. Priv., sez. comm., Torino, 1995;
V. Uckmar – A. Marcheselli, Il diritto tributario tra tutela della
riservatezza e trasparenza delle attività economiche, in Dir. prat. trib.,
I, 1998, p.227).
13 Volendo, cfr. S. Muleo, Le Sezioni Unite dichiarano non impugnabili dinanzi al Tar gli atti istruttori del procedimento, in Corriere tributario, 2009, n. 24, p. 1914.
14 Sul punto, di recente, cfr. Cassazione civile, sez. un.,
02/05/2016, n. 8587: la giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo e si estende non solo all’impugnazione
del provvedimento impositivo ma anche alla legittimità di tutti gli
atti del relativo procedimento; gli eventuali vizi di atti istruttori
prodromici possono essere fatti valere dinanzi al giudice tributario
soltanto in caso di impugnazione del provvedimento che conclude
l’iter di accertamento; il problema della riconducibilità dell’atto
impugnato alle categorie indicate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art.
19, è questione che non attiene alla giurisdizione del giudice adito
bensì alla proponibilità della domanda dinanzi a quel giudice
45
46
DOTTRINA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
garanzie affermate dalla Cedu e dalla Corte Edu non
sarebbero in ogni caso idonee ad influenzare le scelte
in merito al riparto di giurisdizione: è solo dopo aver
individuato la giurisdizione del giudice tributario che
deve essere affrontato il problema dell’adeguatezza delle
forme di tutela assicurate.
Sussiste quindi la necessità di introdurre nel sistema
processuale tributario azioni di tipo risarcitorio e tutele
anticipate, anche di carattere sommario15.
Allo stato attuale, infatti, sono presenti talune problematicità, derivanti ad esempio dalla configurazione
della tutela cautelare dinanzi al giudice tributario in termini di sola sospensiva (ex art. 47 D.lgs. 546/1992).
Cfr. M. Basilavecchia, Il segreto professionale nella verifica fiscale e la tutela giurisdizionale, cit., il quale, in sede di
commento di Cass. SS UU n. 11082 del 2010 condivisibilmente
ha rilevato come sarebbe stato senz’altro preferibile che le Sezioni Unite, una volta negata la giurisdizione del giudice amministrativo, avessero affermato che la giurisdizione in materia di atti
istruttori è sempre (senza limiti né condizionamenti) del giudice
tributario, quale che sia l’esito della verifica sospettata di illegittimità; ciò anche al fine di indurre il legislatore a prendere posizione sulla tutela preventiva, sui profili risarcitori e in generale
sul controllo giurisdizionale nella fase istruttoria.
Occorrerebbe, pertanto, ripensare il sistema, prevedendo:
- l’inclusione, nell’elenco degli atti impugnabili
di cui all’art. 19 del D.lgs. 546/1992, anche degli atti
istruttori e, in generale, di ogni atto o comportamento
dell’amministrazione idoneo a ledere un interesse meritevole di tutela facente capo al contribuente16;
- l’atipicità della tutela cautelare nel giudizio tributario, con una riformulazione del citato art. 47, sul modello dell’art 55 c.p.a.
Salvatore Muleo
15
16
Occorrerebbe riflettere anche, de jure condendo, sulla possibile attrazione alla giurisdizione tributaria delle controversie relative
alle azioni di tipo risarcitorio.
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Legge 27.7.2000 n. 212 e successive modificazioni
Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente.
EPIGRAFE
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA LA SEGUENTE LEGGE:
Preambolo
Art. 1. Princìpi generali
Art. 1. (Princìpi generali)
Art. 2. (Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie)
Art. 3. (Efficacia temporale delle norme tributarie)
Art. 4. (Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria)
Art. 5. (Informazione del contribuente)
Art. 6. (Conoscenza degli atti e semplificazione)
Art. 7. (Chiarezza e motivazione degli atti)
Art. 8. (Tutela dell’integrità patrimoniale)
Art. 9. (Rimessione in termini)
Art. 10. (Tutela dell’affidamento e della buona fede.
Errori del contribuente)
Art. 10-bis. (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione
fiscale)
Art. 11. (Diritto di interpello)
Art. 12. (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a
verifiche fiscali)
Art. 13. (Garante del contribuente)
Art. 14. (Contribuenti non residenti)
Art. 15. (Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie)
Art. 16. (Coordinamento normativo)
Art. 17. (Concessionari della riscossione)
Art. 18. (Disposizioni di attuazione)
Art. 19. (Attuazione del diritto di interpello del contribuente)
Art. 20. (Copertura finanziaria)
Art. 21. (Entrata in vigore)
1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione
degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e
possono essere derogate o modificate solo espressamente
e mai da leggi speciali.
2. L'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e
con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica .
3. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie
disciplinate dalla presente legge in attuazione delle disposizioni in essa contenute; le regioni a statuto speciale
e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle
norme fondamentali contenute nella medesima legge.
4. Gli enti locali provvedono, entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati
ai princìpi dettati dalla presente legge.
Legge 27 luglio 2000, n. 2121.
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
1
Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 luglio 2000, n. 177.
Art. 2. Chiarezza e trasparenza delle disposizioni
tributarie
1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che
contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l'oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne
e dei singoli articoli deve menzionare l'oggetto delle disposizioni ivi contenute.
2. Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non
hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima.
3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione
alla quale si intende fare rinvio.
4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie
debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato.
47
48
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Art. 3. Efficacia temporale delle norme tributarie2 3
Art. 4. Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2,
le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.
Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta
successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore
delle disposizioni che le prevedono .
2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono
prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui
scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno
dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei
provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti.
3. I termini di prescrizione e di decadenza per gli
accertamenti di imposta non possono essere prorogati4.
1. Non si può disporre con decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi né prevedere l'applicazione di tributi
esistenti ad altre categorie di soggetti.
2 In deroga alle disposizioni di cui al presente articolo vedi l'art.
1, comma 2, D.L. 20 marzo 2007, n. 23, l'art. 1, comma 264, L. 24
dicembre 2007, n. 244, l'art. 81, comma 17 e l'art. 82, commi 2, 4,
8, 13 e 29, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, l'art. 1, comma 16, L. 13
dicembre 2010, n. 220, l'art. 2, comma 59, D.L. 29 dicembre 2010,
n. 225, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, l'art.
7, comma 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, l’ art. 24, comma 31, D.L.
6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22
dicembre 2011, n. 214, l'art. 88, comma 2, D.L. 24 gennaio 2012, n.
1, l'art. 68, comma 3, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, l'art. 1, comma 2-bis,
D.L. 24 settembre 2002, n. 209, come modificato dall'art. 1, comma
506, L. 24 dicembre 2012, n. 228, l'art. 2, comma 2, D.L. 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 gennaio
2014, n. 5, l'art. 1, commi 624 e 655, L. 23 dicembre 2014, n. 190 e
l’ art. 1, comma 551, L. 11 dicembre 2016, n. 232.
3 Per la determinazione dell'acconto IRES e IRAP relativo alle
attività di distribuzione di gas naturale e di energia elettrica per il
periodo d'imposta 2005, cfr. art. 2, comma 10, D.L. 17 ottobre
2005, n. 211 non convertito in legge e art. 11-quater, comma 10,
D.L. 30 settembre 2005, n. 203.
4 Per la proroga dei termini per la liquidazione e l'accertamento
dell'imposta comunale sugli immobili, cfr. art. 18, comma 4, legge 23
dicembre 2000, n. 388 , art. 27, comma 9, legge 28 dicembre 2001, n.
448 , art. 31, comma 16, legge 27 dicembre 2002, n. 289 , art. 2, comma 33, legge 24 dicembre 2003, n. 350 , art. 1, comma 67, legge 30
dicembre 2004, n. 311 e art. 1-quater, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314.
Per la proroga dei termini per gli accertamenti in caso di mancata definizione, cfr. art. 10, legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Per la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione in caso
di mancata definizione, cfr. art. 11, comma 1, legge 27 dicembre
2002, n. 289 e art. 2, comma 46, legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Per la proroga dei termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo
per le dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, cfr. art. 1,
comma 2-octies, D.L. 24 giugno 2003, n. 143.
Per la proroga del termine di decadenza per l'iscrizione a ruolo
per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003, cfr. art. 1, comma
424, abrogato, legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Per la proroga dei termini per la liquidazione dell'imposta comunale sugli immobili, con scadenza 31 dicembre 2004, cfr. art.
1-quater, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314.
Art. 5. Informazione del contribuente
1. L'amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole
conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a
disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. L'amministrazione finanziaria deve altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale
da consentire aggiornamenti in tempo reale, ponendola
a disposizione gratuita dei contribuenti.
2. L'amministrazione finanziaria deve portare a conoscenza dei contribuenti tempestivamente e con i mezzi idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate, nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla
organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti.
Art. 6. Conoscenza degli atti e semplificazione
1. L'amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti
a lui destinati. A tal fine essa provvede comunque a
comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso
della stessa amministrazione o di altre amministrazioni
pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo
ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini
dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da
comunicare. Gli atti sono in ogni caso comunicati con
modalità idonee a garantire che il loro contenuto non
sia conosciuto da soggetti diversi dal loro destinatario.
Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari.
2. L'amministrazione deve informare il contribuente
di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali
possa derivare il mancato riconoscimento di un credito
ovvero l'irrogazione di una sanzione, richiedendogli di
integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono
il riconoscimento, seppure parziale, di un credito.
3. L'amministrazione finanziaria assume iniziative
volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in generale, ogni altra propria comunicazione
siano messi a disposizione del contribuente in tempi
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con
il minor numero di adempimenti e nelle forme meno
costose e più agevoli.
4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso
dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell'articolo 18,
commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi
ai casi di accertamento d'ufficio di fatti, stati e qualità del
soggetto interessato dalla azione amministrativa.
5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti
dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni,
qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare
il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi
telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e
comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione
della richiesta5. La disposizione si applica anche qualora,
a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un
minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto.
La disposizione non si applica nell'ipotesi di iscrizione a
ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto
ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al
presente comma.
Art. 7. Chiarezza e motivazione degli atti
1. Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono
motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella
motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo
deve essere allegato all'atto che lo richiama.
2. Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei
concessionari della riscossione devono tassativamente
indicare:
5 Per
le modalità di effettuazione delle comunicazioni per le
dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 2006, cfr. art. 2-bis, comma
1, D.L. 30 settembre 2005, n. 203
LEGISLAZIONE
a) l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o
comunicato e il responsabile del procedimento;
b) l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali
è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela;
c) le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o
l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere
in caso di atti impugnabili.
3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento
all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in
mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.
4. La natura tributaria dell'atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne
ricorrano i presupposti.
Art. 8. Tutela dell'integrità patrimoniale
1. L'obbligazione tributaria può essere estinta anche
per compensazione.
2. È ammesso l'accollo del debito d'imposta altrui
senza liberazione del contribuente originario.
3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né
prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile.
4. L'amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha
dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il
rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente
accertato che l'imposta non era dovuta o era dovuta in
misura minore rispetto a quella accertata.
5. L'obbligo di conservazione di atti e documenti,
stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro
formazione.
6. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato
ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le
disposizioni di attuazione del presente articolo.
7. La pubblicazione e ogni informazione relative ai
redditi tassati, anche previste dall'articolo 15 della legge
5 luglio 1982, n. 441, sia nelle forme previste dalla stessa legge sia da parte di altri soggetti, deve sempre comprendere l'indicazione dei redditi anche al netto delle
relative imposte.
8. Ferme restando, in via transitoria, le disposizioni
vigenti in materia di compensazione, con regolamenti
emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, è disciplinata l'estinzione dell'obbli-
49
50
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
gazione tributaria mediante compensazione, estendendo, a decorrere dall'anno d'imposta 2002, l'applicazione
di tale istituto anche a tributi per i quali attualmente
non è previsto.
Art. 9. Rimessione in termini
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 48,
comma 15, lett. b), D.L. 17 ottobre 2016, n. 189
In vigore dal 19 ottobre 2016
1. Il Ministro delle finanze, con decreto6 da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rimette in termini i contribuenti interessati, nel caso in cui il tempestivo adempimento di obblighi tributari è impedito da cause di forza
maggiore. Qualora la rimessione in termini concerna il
versamento di tributi, il decreto è adottato dal Ministro
delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica.
2. Con proprio decreto il Ministro delle finanze,
sentito il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica7 8, può sospendere o differire
6 Cfr. D.M. 12 settembre 2002.
Per la sospensione dei termini nei confronti di soggetti residenti nel comune di Roma (esequie del Santo Padre), cfr. art. 1,
Ordinanza 14 aprile 2005, n. 3424, art. 1, D.M. 1° settembre 2016
(regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria).
8 Vedi, art. 1, commi 1 e 2, D.M. 17 ottobre 2000 (Piemonte,
Valle d’Aosta e provincia di Savona); art. 1, D.M. 16 novembre 2000
(Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Calabria); D.M. 29 novembre 2000 (Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, Puglia e provincia autonoma di Trento); art. 2, D.L. 14 febbraio 2001,
n. 8, abrogato, D.M. 14 marzo 2001, D.M. 7 agosto 2001(BSE);
D.M. 28 maggio 2001, D.M. 13 dicembre 2001 (imposta unica sui
concorsi e sulle scommesse); D.M. 5 luglio 2001 (vertice G8 di Genova); D.M. 12 luglio 2001 (Lombardia), D.M. 9 agosto 2001 (provincia di Catania), D.M. 13 novembre 2001 (province di Avellino,
Caserta, Napoli e Salerno), D.L. 6 maggio 2002, n. 81(Lombardia) ,
D.M. 24 maggio 2002 (sciopero generale del 16 aprile 2002), D.M.
28 giugno 2002 (sede della regione Lombardia), art. 1, commi 1 e 2,
D.M. 14 novembre 2002 (provincia di Campobasso), art. 1, commi
1 e 2, D.M. 14 novembre 2002 (provincia di Catania), art. 1, commi
1 e 2, D.M. 15 novembre 2002 (province di Campobasso e Foggia),
art. 1, commi 1 e 2, D.M. 5 dicembre 2002 (Italia settentrionale), art.
1, commi 1 e 2, D.M. 9 gennaio 2003 (comuni di Provvidenti e Pietra Montecorvino), D.M. 19 settembre 2003 (Friuli-Venezia Giulia),
D.M. 25 agosto 2004 (Marche e Umbria), D.M. 23 novembre 2004
(imprenditori agricoli della Puglia) D.M. 29 novembre 2004 (sciopero generale del 30 novembre 2004), D.M. 30 novembre 2004 e D.M.
21 dicembre 2004 (Provincia di Brescia), D.M. 13 marzo 2009 (comune di Roma), D.M. 9 aprile 2009 (provincia di L’Aquila), D.M.
8 ottobre 2009 e art. 29, comma 15-bis, D.L. 29 dicembre 2011, n.
216 (provincia di Messina), art. 1, D.M. 4 dicembre 2009 (provincia
di Trento); art. 1, D.M. 26 febbraio 2010 (Emilia-Romagna, Liguria e Toscana), art. 29, comma 15, D.L. 29 dicembre 2011, n. 216
7 il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a
favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali
ed imprevedibili.
2-bis. La ripresa dei versamenti dei tributi sospesi o
differiti, ai sensi del comma 2, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, relativi al periodo di sospensione, anche mediante rateizzazione fino
a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo, a
decorrere dal mese successivo alla data di scadenza della
sospensione. Con decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze sono definiti le modalità e i termini della
ripresa dei versamenti, tenendo anche conto della durata del periodo di sospensione, nei limiti delle risorse
preordinate allo scopo dal fondo previsto dall'articolo
1, comma 430, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. I
versamenti dei tributi oggetto di sospensione sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al predetto fondo.9
[2-ter. Per i tributi non sospesi né differiti ai sensi del
comma 2, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo,
i contribuenti residenti o aventi sede legale o sede operativa nei territori colpiti da eventi calamitosi con danni
riconducibili all'evento e individuati con la medesima
ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri
con la quale è dichiarato lo stato di emergenza possono
chiedere la rateizzazione, fino a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo, dei tributi che scadono
nei sei mesi successivi alla dichiarazione dello stato di
emergenza, con istanza da presentare al competente ufficio, secondo modalità e termini stabiliti con decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione.10 11]
(province di La Spezia, Massa Carrara, Genova, Livorno, comune di
Ginosa e provincia di Matera); art. 1, D.M. 1° giugno 2012 (comuni
delle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo); art. 1, D.M. 30 novembre 2013 (regione Sardegna);
art. 3, comma 2, D.L. 28 gennaio 2014, n. 4 (provincia di Modena e
regione Veneto); art. 1, D.M. 20 ottobre 2014 (regioni Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Friuli-Venezia Giulia);
art. 1, D.M. 5 dicembre 2014 (provincia di Foggia); art. 1, D.M.
5 dicembre 2014 (regione Toscana); art. 1, D.M. 8 maggio 2015(regione Emilia-Romagna); art. 1, D.M. 12 febbraio 2016 (province di
Parma e Piacenza).
9 Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 429, L. 28 dicembre
2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e, successivamente,
così sostituito dall’ art. 48, comma 15, lett. a), D.L. 17 ottobre
2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre
2016, n. 229.
10 Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 429, L. 28 dicembre
2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016.
11 Comma abrogato dall’ art. 48, comma 15, lett. b), D.L. 17
ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 di-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Art. 10. Tutela dell’affidamento e della buona fede.
Errori del contribuente
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 1,
comma 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106
In vigore dal 17 giugno 2005
1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.
2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi
moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate
dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori
dell’amministrazione stessa.12
3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando
la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della
norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni
caso non determina obiettiva condizione di incertezza la
pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della
norma tributaria13. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa
di nullità del contratto.14
Art. 10-bis. Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale15
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 7,
comma 15, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156
In vigore dal 1 gennaio 2016
1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto
formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente
vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce
cembre 2016, n. 229.
12 Per le agevolazioni indebitamente fruite da enti creditizi, cfr.
art. 23, comma 16, D.L. 6 luglio 2011, n. 98.
13 Per l’inapplicabilità delle presenti disposizioni per l’acconto
dell’IRAP dovuto per il periodo d’imposta in corso alla data del 17
giugno 2005, cfr. art. 1, comma 2, D.L. 17 giugno 2005, n. 106.
14 Comma modificato dall›art. 1, comma 1, D.L. 17 giugno
2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005,
n. 156.
15 Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, D.Lgs. 5 agosto 2015, n.
128; per l’efficacia e l’applicabilità delle disposizioni del presente articolo vedi l’ art. 1, comma 5, del medesimo D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128.
LEGISLAZIONE
i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme
e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal
contribuente per effetto di dette operazioni.
2. Ai fini del comma 1 si considerano:
a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli
atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei
a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi
fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità
dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali
logiche di mercato;
b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento
tributario.
3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non
marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale,
che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o
funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale
del contribuente.
4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra
regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
5. Il contribuente può proporre interpello ai sensi
dell’articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le
operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.16 17
6. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del
diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena
di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta
giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene
configurabile un abuso del diritto.16
7. La richiesta di chiarimenti è notificata dall’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
e successive modificazioni, entro il termine di decadenza
previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Tra la
data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo
16
Sull’applicabilità delle disposizioni del presente comma, vedi
l’ art. 1, comma 4, D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128.
17 Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 15, D.Lgs. 24
settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ai sensi
di quanto disposto dall’ art. 12, comma 1 del medesimo D.Lgs. n.
156/2015.
51
52
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il
termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello
ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.16
8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto
impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità,
in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché
ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di
cui al comma 6.16
9. L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1
e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza
delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.16
10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi
accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in
riscossione, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni,
e dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.16
11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le
disposizioni del presente articolo possono chiedere il
rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti
dall’amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine,
entro un anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all’Agenzia delle
entrate, che provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.16
12. In sede di accertamento l’abuso del diritto può
essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono
essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.
13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti
punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma
l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Art. 11. Diritto di interpello18 19
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 1,
comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156
In vigore dal 1 gennaio 2016
1. Il contribuente può interpellare l’amministrazione
per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a:
18 Articolo così sostituito dall›art. 1, comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ai sensi di quanto
disposto dall’ art. 12, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 156/2015.
19 Vedi, anche, gli artt. da 2 a 6, D.Lgs. 24 settembre 2015, n.
156, il Provvedimento 4 gennaio 2016 e il D.M. 15 giugno 2016.
a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando
vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla
corretta interpretazione di tali disposizioni e la
corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle
disposizioni tributarie applicabili alle medesime,
ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e
non siano comunque attivabili le procedure di cui
all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto
dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre
2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo
decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147;
b) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla
legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei
casi espressamente previsti;
c) l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto
ad una specifica fattispecie.
2. Il contribuente interpella l’amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo
scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano
deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse
dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione
che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non
possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità
per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al
periodo precedente anche ai fini dell’accertamento in
sede amministrativa e contenziosa.
3. L’amministrazione risponde alle istanze di cui alla
lettera a) del comma 1 nel termine di novanta giorni e
a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma
1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni
organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al
richiedente. Quando la risposta non è comunicata al
contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della
soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche
a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla
risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si
estende ai comportamenti successivi del contribuente
riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo
rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante.
4. Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza
quando l’amministrazione ha compiutamente fornito
la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai
sensi dell’articolo 5, comma 2.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
5. La presentazione delle istanze di cui ai commi 1
e 2 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme
tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza
e non comporta interruzione o sospensione dei termini
di prescrizione.
6. L’amministrazione provvede alla pubblicazione
mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la
stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in
cui il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti
ufficiali, nei casi in cui siano segnalati comportamenti
non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro
caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento
fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione
della risposta ai singoli istanti.
Art. 12. Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali20
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 92,
comma 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1
In vigore dal 24 gennaio 2012
1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati
sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul
luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti
adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario
di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare
la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.
2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente
ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano
giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà
di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei
diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
3. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato
nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che
lo assiste o rappresenta.
4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e
del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.
5. La permanenza degli operatori civili o militari
dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta
giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni
nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori
possono ritornare nella sede del contribuente, decorso
tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste
eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso
motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni.
Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente
di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga
ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni
lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre,
in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede
di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni
lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva
presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.21
6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori
procedano con modalità non conformi alla legge, può
rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo
quanto previsto dall’articolo 13.
7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia
del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che
sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del
predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico
delle disposizioni legislative in materia doganale approvato
con del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio
1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11
del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.22
21 20 Per l’estensione dell’applicazione delle disposizioni di cui al
presente articolo, vedi l’ art. 7, comma 2, lett. d), D.L. 13 maggio
2011, n. 70.
LEGISLAZIONE
Comma così modificato dall’ art. 7, comma 2, lettera c), D.L.
13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12
luglio 2011, n. 106.
22 Comma così modificato dall›art. 92, comma 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo
2012, n. 27.
53
54
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Art. 13. Garante del contribuente
Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 4,
comma 36, legge 12 novembre 2011, n. 183
In vigore dal 1 gennaio 2012
1. Presso ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome è istituito
il Garante del contribuente.
2. Il Garante del contribuente, operante in piena autonomia, è organo monocratico scelto e nominato dal
presidente della commissione tributaria regionale o sua
sezione distaccata nella cui circoscrizione è compresa la
direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, tra gli appartenenti alle seguenti categorie:23
a) magistrati, professori universitari di materie giuriridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in
attività di servizio;
[b) dirigenti dell’amministrazione finanziaria e ufficiali generali e superiori della Guardia di finanza,
a riposo da almeno due anni, scelti in una terna
formata, per ciascuna direzione regionale delle
entrate, rispettivamente, per i primi, dal direttore generale del Dipartimento delle entrate e, per i
secondi, dal Comandante generale della Guardia
di finanza;24]
c) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, pensionati, scelti in una terna formata, per
ciascuna direzione regionale delle entrate, dai rispettivi ordini di appartenenza.
3. L’incarico ha durata quadriennale ed è rinnovabile tenendo presenti professionalità, produttività ed
attività già svolta.25
4. Con decreto del Ministro delle finanze sono determinati il compenso ed i rimborsi spettanti ai componenti del Garante del contribuente.26
5. Le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate
al Garante del contribuente dagli uffici delle direzioni
regionali delle entrate presso le quali lo stesso è istituito.
23 Alinea così sostituito dall'art. 4, comma 36, lett. a), n. 1), L.
12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012; vedi
anche l’art. 4, comma 37, L. n. 183/2011
24 Lettera abrogata dall'art. 4, comma 36, lett. a), n. 2), L. 12
novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012; vedi anche
l’art. 4, comma 37, L. n. 183/2011.
25 Comma modificato dall›art. 94, comma 7, L. 27 dicembre
2002, n. 289, a decorrere dal 1° gennaio 2003 e dall’art. 4, comma
36, lett. b), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio
2012; vedi anche l’art. 4, comma 37, L. n. 183/2011.
26 Vedi, anche, l’ art. 1, commi 404 e 405, L. 27 dicembre
2013, n. 147.
6. Il Garante del contribuente, anche sulla base di
segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da
qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative
anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra
cittadini e amministrazione finanziaria, rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, i
quali rispondono entro trenta giorni, e attiva le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di
accertamento o di riscossione notificati al contribuente.
Il Garante del contribuente comunica l’esito dell’attività
svolta alla direzione regionale o compartimentale o al
comando di zona della Guardia di finanza competente
nonché agli organi di controllo, informandone l’autore
della segnalazione.
7. Il Garante del contribuente rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi.
8. Il Garante del contribuente ha il potere di accedere agli uffici finanziari e di controllare la funzionalità dei
servizi di assistenza e di informazione al contribuente
nonché l’agibilità degli spazi aperti al pubblico.
9. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al
rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 12 della
presente legge.
10. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al
rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta.
11. Il Garante del contribuente individua i casi di
particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore
ovvero i comportamenti dell’amministrazione determinano un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’amministrazione,
segnalandoli al direttore regionale o compartimentale o al comandante di zona della Guardia di finanza
competente e all’ufficio centrale per l’informazione del
contribuente, al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare. Prospetta al Ministro delle finanze
i casi in cui possono essere esercitati i poteri di rimessione in termini previsti dall’articolo 9.
12. Ogni sei mesi il Garante del contribuente presenta una relazione sull’attività svolta al Ministro delle
finanze, al direttore regionale delle entrate, ai direttori
compartimentali delle dogane e del territorio nonché al
comandante di zona della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le
relative soluzioni.
13. Il Ministro delle finanze riferisce annualmente
alle competenti Commissioni parlamentari in ordine al
funzionamento del Garante del contribuente, all’efficacia dell’azione da esso svolta ed alla natura delle questio-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
ni segnalate nonché ai provvedimenti adottati a seguito
delle segnalazioni del Garante stesso.
13-bis. Con relazione annuale, il Garante fornisce
al Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato
dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della
politica fiscale27. Art. 14. Contribuenti non residenti
1. Al contribuente residente all’estero sono assicurate le informazioni sulle modalità di applicazione delle
imposte, la utilizzazione di moduli semplificati nonché
agevolazioni relativamente all’attribuzione del codice fiscale e alle modalità di presentazione delle dichiarazioni
e di pagamento delle imposte.
2. Con decreto del Ministro delle finanze28, adottato
ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le
disposizioni di attuazione del presente articolo.
LEGISLAZIONE
Art. 17. Concessionari della riscossione
1. Le disposizioni della presente legge si applicano
anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano
l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di
tributi di qualunque natura.
Art. 18. Disposizioni di attuazione
1. I decreti ministeriali previsti dagli articoli 8 e 11
devono essere emanati entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
2. Entro il termine di cui al comma 1 sono nominati i componenti del Garante del contribuente di cui
all’articolo 13.
Art. 19. Attuazione del diritto di interpello del contribuente
1. Il Ministro delle finanze, sentiti i direttori generali
del Ministero delle finanze ed il Comandante generale
della Guardia di finanza, emana un codice di comportamento che regoli le attività del personale addetto alle
verifiche tributarie, aggiornandolo eventualmente anche
in base alle segnalazioni delle disfunzioni operate annualmente dal Garante del contribuente.
1. L’amministrazione finanziaria, nel quadro dell’attuazione del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300,
adotta ogni opportuno adeguamento della struttura
organizzativa ed individua l’occorrente riallocazione
delle risorse umane, allo scopo di assicurare la piena
operatività delle disposizioni dell’articolo 11 della presente legge.
2. Per le finalità di cui al comma 1 il Ministro delle finanze è altresì autorizzato ad adottare gli opportuni provvedimenti per la riqualificazione del personale in servizio.
Art. 16. Coordinamento normativo
Art. 20. Copertura finanziaria
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente
necessarie a garantirne la coerenza con i princìpi desumibili dalle disposizioni della presente legge.
2. Entro il termine di cui al comma 1 il Governo
provvede ad abrogare le norme regolamentari incompatibili con la presente legge.
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo
13, valutati in lire 6 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, si provvede mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002,
nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente
utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della
pubblica istruzione.
2. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo
19, determinati nel limite massimo di lire 14 miliardi
annue per il triennio 2000-2002, si provvede, mediante
utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale
Art. 15. Codice di comportamento per il personale
addetto alle verifiche tributarie
27 Comma aggiunto dall›art. 94, comma 8, L. 27 dicembre
2002, n. 289, a decorrere dal 1° gennaio 2003.
28 Cfr. D.M. 17 maggio 2001, n. 281.
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di
previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
al Ministero della pubblica istruzione.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 21. Entrata in vigore
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo
a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà
inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti
di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
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in licenza da UTET S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROSPETTO COMPARATIVO
DEL NUOVO STATUTO DEL CONTRIBUENTE
PROPOSTO DAL PROF. GIANNI MARONGIU
Con il testo vigente dello statuto e le proposte di modifica
di alcuni articoli formulate dai soci ANTI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA1)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 1. Princìpi generali
Art. 1. Princìpi generali
1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione
degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e
possono essere derogate o modificate solo espressamente
e mai da leggi speciali.
2. Queste disposizioni si applicano a tutti i tributi quale che sia l’ente impositore.
1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione
degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e
possono essere derogate o modificate solo espressamente
e mai da leggi speciali.
2. L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e
con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.
3. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie
disciplinate dalla presente legge in attuazione delle disposizioni in essa contenute; le regioni a statuto speciale
e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle
norme fondamentali contenute nella medesima legge.
4. Gli enti locali provvedono, entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati
ai princìpi dettati dalla presente legge.
Art. 2. Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie
Art. 2. Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie
1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge, nonché tutti gli atti normativi che contengono disposizioni
tributarie, devono menzionare l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve
menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute.
1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che
contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne
e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute.
1 Statuto (nuova proposta luglio 2016)
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
2. Gli atti di cui al 1° comma, che non hanno un
oggetto tributario, non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente
inerenti all’oggetto della legge medesima.
3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione
alla quale si intende fare rinvio.
4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie
debbono essere formulate riportando il testo conseguentemente modificato.
2. Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non
hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima.
3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione
alla quale di intende fare rinvio.
4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie
debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato.
Art. 3. Entrata in vigore delle disposizioni tributarie
1. L’entrata in vigore di una norma e/o fonte primaria non può essere subordinata all’emanazione di una
fonte secondaria e/o di un regolamento e/o di un atto
amministrativo e/o di una circolare.
///
Art. 4. Efficacia temporale delle norme
Art. 3. Efficacia temporale delle norme tributarie
1. Le disposizioni tributarie, sostanziali e procedimentali, non hanno mai effetto retroattivo. Le nuove
disposizioni o le modificazioni o le integrazioni di quelle
già esistenti, intervenute nel corso di un periodo di imposta, si applicano solo a partire dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore
delle disposizioni che le prevedono.
2. L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta solo in casi eccezionali con
legge ordinaria qualificando come tali le disposizioni di
interpretazione autentica.
3. Le disposizioni tributarie non possono prevedere
adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza
sia fissata anteriormente al novantesimo giorno dalla
data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti.
4. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati, fatta
eccezione per quelli riferiti a eventi naturali imprevedibili.
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2,
le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.
Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore
delle disposizioni che le prevedono.
///
2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti
la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo
giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGISLAZIONE
LEGGE 27.7.2000, n. 212
3. I termini di prescrizione e di decadenza per gli
accertamenti di imposta non possono essere prorogati.
Art. 5. Interpretazione delle disposizioni tributarie
disposizione proposta
NUOVA
manca una disposizione
corrispondente nel testo vigente
1. 1.L’interpretazione delle norme tributarie deve
avvenire in coerenza con il fatto individuato dalla legge
come indice di capacità contributiva e in applicazione
dello stesso principio. Nessuna interpretazione di norme fiscali può comportare la doppia imposizione sullo stesso fatto economico. È legittima l’interpretazione
analogica delle norme in bonam partem, e cioè a favore
del contribuente.
Art. 6. Utilizzazione del decreto legge
Art. 4. Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria
1. Con il decreto-legge si possono istituire solo tributi straordinari (della durata di un anno) per provvedere a
esigenze straordinarie e urgenti e si possono, altresì, aumentare o diminuire le aliquote dei tributi ordinari; non
si può, invece, disporre l’istituzione di nuovi tributi ordinari né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad
altre categorie di soggetti passivi, né introdurre nuove
norme procedimentali. La violazione di questa norma
comporta la non applicazione delle sanzioni tributarie
di qualsiasi natura.
1. Non si può disporre con decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi
esistenti ad altre categorie di soggetti.
Art. 7. Informazione del contribuente
Art. 5. Informazione del contribuente
1. Le autorità fiscali devono assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative in materia tributaria, anche curando le
predisposizioni di testi coordinati e mettendo gli stessi a
disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. Le autorità fiscali devono altresì assumere idonee
iniziative di informazione elettronica, tale da consentire
aggiornamenti in tempo reale, ponendola a disposizione
gratuita dei contribuenti.
2. Gli enti impositori e i concessionari della riscossione devono portare a conoscenza dei contribuenti,
tempestivamente e con i mezzi idonei, tutte le circolari
e le risoluzioni da essi emanate nonché ogni altro atto o
decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni
e sui procedimenti.
1. L’Amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole
conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a
disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. L’Amministrazione finanziaria deve altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale
da consentire aggiornamenti in tempo reale, ponendola
a disposizione gratuita dei contribuenti.
2. L’Amministrazione finanziaria deve portare a conoscenza dei contribuenti tempestivamente e con i mezzi idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate, nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla
organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti.
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
Art. 8. Conoscenza degli atti e semplificazione
Identico
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 6. Conoscenza degli atti e semplificazione
1. L’Amministrazione finanziaria deve assicurare
l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli
atti a lui destinati. A tal fine essa provvede comunque a
comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso
della stessa Amministrazione o di altre amministrazioni
pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo
ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini
dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da
comunicare. Gli atti sono in ogni caso comunicati con
modalità idonee a garantire che il loro contenuto non
sia conosciuto da soggetti diversi dal loro destinatario.
Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari.
2. L’Amministrazione deve informare il contribuente
di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali
possa derivare il mancato riconoscimento di un credito
ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di
integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono
il riconoscimento, seppure parziale, di un credito.
3. L’Amministrazione finanziaria assume iniziative
volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in generale, ogni altra propria comunicazione
siano messi a disposizione del contribuente in tempi
utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con
il minor numero di adempimenti e nelle forme meno
costose e più agevoli.
4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso
dell’Amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell’articolo 18,
commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi
ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del
soggetto interessato dalla azione amministrativa.
5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti
dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni,
qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria deve invitare
il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi
telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e
comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
della richiesta. La disposizione si applica anche qualora,
a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un
minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto.
La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a
ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto
ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al
presente comma.
Art. 9. Buona fede e affidamento
1. I rapporti tra i contribuenti e qualsiasi autorità
fiscale sono improntati reciprocamente ai princìpi della
collaborazione e della buona fede che si applicano in ogni
fase del procedimento applicativo dei tributi, nella fase
della dichiarazione, in quella dell’accertamento, in quella
processuale nonché nella fase della riscossione.
2. Non sono dovute imposte né sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente qualora
egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti delle autorità fiscali, ancorché successivamente modificati
dalle stesse o qualora il suo comportamento risulti posto
in essere a seguito di fatti conseguenti a ritardi, omissioni o errori degli enti stessi.
3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando
la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle
norme tributarie o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta.
Art. 10. Tutela dell’affidamento e della buona fede.
Errori del contribuente
1. I rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.
2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi
moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate
dall’Amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di atti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori
dell’Amministrazione stessa.
3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando
la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della
norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni
caso non determina obiettiva condizione di incertezza la
pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della
norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo
esclusivamente tributario non possono essere causa di
nullità del contratto.
MODIFICHE LUNELLI AL TESTO DI MARONGIU
1. I rapporti tra i contribuenti e qualsiasi autorità fiscale sono improntati reciprocamente ai princìpi della collaborazione, della imparzialità e della buona fede…
Art. 10. Tutela dell’integrità patrimoniale
Art. 8. Tutela dell’integrità patrimoniale
1. L’obbligazione tributaria può essere estinta anche
per compensazione.
2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui
senza liberazione del contribuente originario.
1. L’obbligazione tributaria può essere estinta anche
per compensazione.
2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui
senza liberazione del contribuente originario.
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né
prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile.
4. L’Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fidejussioni che il contribuente ha
dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il
rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente
accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in
misura minore rispetto a quella accertata.
5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti,
stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro
formazione.
Sono abrogati i commi 6-7-8.
3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né
prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile.
4. L’Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha
dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il
rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente
accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in
misura minore rispetto a quella accertata.
5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti,
stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione e dalla loro
formazione.
6. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato
ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le
disposizioni di attuazione del presente articolo.
7. La pubblicazione e ogni formazione relative ai
redditi tassati, anche previste dall’articolo 15 della legge 5 luglio 1982, n. 441, sia nelle forme previste dalla
stessa legge sia da parte di altri soggetti, deve sempre
comprendere l’indicazione dei redditi anche al netto
delle relative imposte.
8. Ferme restando, in via transitoria, le disposizioni
vigenti in materia di compensazione, con regolamenti
emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è disciplinata l’estinzione
dell’obbligazione tributaria mediante compensazione,
estendendo, a decorrere dall’anno d’imposta 2002, l’applicazione di tale istituto anche a tributi per i quali attualmente non è previsto.
Art. 9. Rimessione in termini
1. Il Ministro delle finanze, con decreto da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rimette in termini i contribuenti interessati, nel caso in cui il tempestivo adempimento di obblighi tributari è impedito da cause di forza
maggiore. Qualora la rimessione in termini concerna il
versamento di tributi, il decreto è adottato dal Ministro
delle finanze di concerto on il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica.
2. Con proprio decreto il Ministro delle finanze,
sentito il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, può sospendere o differire il
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CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
termine per l’adempimento degli obblighi tributari a
favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali
ed imprevedibili.
2 bis. La ripresa dei versamenti dei tributi sospesi o
differiti, ai sensi del comma 2, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, relativi al periodo di sospensione, anche mediante rateizzazione fino
a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo, a
decorrere dal mese successivo alla data di scadenza della
sospensione. Con decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze sono definiti le modalità e i termini della
ripresa dei versamenti, tenendo anche conto della durata del periodo di sospensione, nei limiti delle risorse
preordinate allo scopo dal fondo previsto dall’articolo
1, comma 430, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. I
versamenti dei tributi oggetto di sospensione sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al predetto fondo.
MODIFICHE LUNELLI AL TESTO DI MARONGIU
In applicazione dei princìpi di collaborazione, imparzialità e buona fede è dovere di qualsiasi ente impositore di
adeguare la tassazione al corretto rapporto norma-fatto, indice di capacità contributiva. In applicazione e in coerenza
con questo principio, gli enti impositori debbono annullare in autotutela qualsiasi atto e/o pretesa che si riveli in
contrasto con il principio di cui al primo comma.
2. Tale dovere opera in qualsiasi fase amministrativa o giudiziaria durante la quale emerga l’errore sul fatto od in
diritto che ha generato la pretesa.
L’omissione ingiustificata dell’annullamento della pretesa dà luogo al risarcimento del danno in favore del contribuente.
Art. 11. Autotutela
1. In applicazione dei princìpi è dovere di qualsiasi
ente impositore di adeguare la tassazione al corretto rapporto norma-fatto, indice di capacità contributiva. In
applicazione e in coerenza con questo principio, gli enti
impositori debbono annullare in autotutela qualsiasi
atto e/o pretesa che si riveli in contrasto con il principio
di cui al primo comma.
Art. 12. Disciplina dell’abuso del diritto e elusione
fiscale
1. Identico
///
Art. 10 bis. Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale
1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto
formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente
vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono op-
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2. Identico
3. Identico
4. Identico
5. Identico
6. Identico
7. Identico
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ponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle
norme e dei princìpi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
2. Ai fini del comma 1 si considerano:
a) operazioni prive di sostanza economica, i fatti,
gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai
vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza
della qualificazione delle singole operazioni con il
fondamento giuridico del loro insieme e la non
conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a
normali logiche di mercato;
b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i princìpi dell’ordinamento
tributario.
3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non
marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale,
che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o
funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale
del contribuente.
4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra
regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
5. Il contribuente può proporre interpello ai sensi
dell’articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le
operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.
6. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del
diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena
di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta
giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene
configurabile un abuso del diritto.
7. La richiesta di chiarimenti è notificata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto
impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti
ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’Amministrazione dal potere di notificazione
dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta
giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notifi-
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CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
8. Identico
9. Identico
10. Identico
11. Identico
12. Identico
13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti
punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Le sanzioni
amministrative tributarie non sono applicabili, considerata anche la vaghezza della attuale formulazione.
Art. 13. Interpello del contribuente
Identico
LEGGE 27.7.2000, n. 212
cazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza
dei sessanta giorni.
8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto
impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità,
in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai princìpi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché
ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di
cui al comma 6.
9. L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1
e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza
delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.
10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni,
e dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472.
11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le
disposizioni del presente articolo possono chiedere il
rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti
dall’Amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine,
entro un anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza dell’Agenzia delle
Entrate, che provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.
12. In sede di accertamento l’abuso del diritto può
essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono
essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.
13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti
punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma
l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Art. 11. Diritto di interpello
1. Il contribuente può interpellare l’Amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a:
a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando
vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta
interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualifica-
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CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
Identico
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zione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie
applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di
obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le
procedure di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600,
introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo
decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147;
b) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge
per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti;
c) l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto
ad una specifica fattispecie.
2. Il contribuente interpella l’Amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che,
allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse
dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione
che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non
possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità
per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al
periodo precedente anche ai fini dell’accertamento in
sede amministrativa e contenziosa.
3. L’Amministrazione risponde alle istanze di cui alla
lettera a) del comma 1 nel termine di novanta giorni e
a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma
1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni
organo della Amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al
richiedente. Quando la risposta non è comunicata al
contribuente entro il termine previsto il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’Amministrazione, della
soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche
a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla
risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si
estende ai comportamenti successivi del contribuente
riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo
rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’Amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante.
4. Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza
quando l’Amministrazione ha compiutamente fornito
la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai
sensi dell’articolo 5, comma 2.
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CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGISLAZIONE
LEGGE 27.7.2000, n. 212
5. La presentazione delle istanze di cui ai commi 1
e 2 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme
tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza
e non comporta interruzione o sospensione dei termini
di prescrizione.
6. L’Amministrazione provvede alla pubblicazione
mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la
stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in
cui la parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti
ufficiali, nei casi in cui siano segnalati comportamenti
non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro
caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento
fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione
della risposta ai singoli istanti.
Art. 14 Chiarezza e motivazione degli atti
Art. 7. Chiarezza e motivazione degli atti
1. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono
motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della
legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi e quindi indicando, a pena di annullamento, i presupposti di fatto, e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dell’Amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, deve essere sempre allegato
all’atto che lo richiama.
2. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei
concessionari della riscossione devono tassativamente
indicare, a pena di annullabilità:
a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o
comunicato e il responsabile del procedimento;
b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel
merito dell’atto in sede di autotutela;
c) la modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o
l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere
in caso di atti impugnabili.
3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento
all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in
mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.
1. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono
motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell’Amministrazione. Se nella
motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo
deve essere allegato all’atto che lo richiama.
2. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei
concessionari della riscossione devono tassativamente
indicare:
a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o
comunicato e il responsabile del procedimento;
b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali
è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela;
c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o
l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere
in caso di atti impugnabili.
3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento
all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in
mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.
4. La natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne
ricorrano i presupposti.
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
MODIFICHE BASILAVECCHIA AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE
Art. 7-bis Invalidità dei provvedimenti tributari.
1. Costituiscono vizi propri di carattere generale dei provvedimenti tributari:
a) la carenza delle condizioni e dei presupposti previsti dalla legge per l’emanazione del provvedimento (incompetenza per materia e per territorio, pendenza del termine decadenziale, decorso del termine dilatorio previsto a
garanzia del diritto al contraddittorio, conformità a precedenti risposte ad interpelli, adozione dei procedimenti specificamente previsti, avvenuta notificazione di atti presupposti);
b) per gli atti di diniego opposti ad istanze pretensive, la mancata preventiva comunicazione di un preavviso di
diniego, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990;
c) l’acquisizione degli elementi probatori posti a base del provvedimento in violazione di disposizioni di legge a
tutela di diritti costituzionalmente garantiti;
d) il difetto assoluto o l’insufficienza della motivazione richiesta dalle disposizioni specifiche regolanti ciascuna
tipologia di atto, il difetto di motivazione sulle deduzioni difensive presentate dal contribuente, il difetto di
sottoscrizione nei modi previsti dalla legge e ogni caso di sottoscrizione apposta da funzionario delegato sulla
base di una delega immotivata, o impersonale, o che abbia durata ed oggetto indeterminati o in ogni caso in
cui resti incerta la competenza del funzionario sottoscrittore al momento dell’emanazione dell’atto.
2. I vizi di cui al comma 1 sono insanabili, sono rilevabili dal giudice solo se dedotti nei motivi di ricorso, non
precludono la riedizione dell’atto emendato nei termini di decadenza, devono essere valutati dalle amministrazioni
finanziarie in sede di riesame in autotutela e nell’ambito dei procedimenti di adesione, di reclamo/mediazione, di
conciliazione.
3. Resta ferma ogni altra invalidità prevista esplicitamente dalla legge o desumibile dalla difformità dell’atto impugnato dalle norme applicabili al potere esercitato.
4. Sono affetti da nullità assoluta e possono essere dichiarati nulli entro il termine di decadenza di un anno dalla
loro notificazione, solo i provvedimenti che manchino degli elementi essenziali, che siano viziati da difetto assoluto
di attribuzione, che siano stati adottati in violazione o elusione del giudicato. Al di fuori di tali casi, la sanzione di
nullità prevista nelle disposizioni di legge comporta i soli effetti di cui al comma 2.
5. Costituiscono vizi non invalidanti, salva diversa espressa indicazione di legge, i vizi della struttura formale
dell’atto diversi da quelli indicati nei precedenti commi e che non risultino lesivi di situazioni giuridiche del contribuente, quali ad es. le carenti indicazioni sui comportamenti da tenere o sull’aliquota applicabile, se desumibile dal
contesto dell’atto. Essi comportano le conseguenze risarcitorie o recuperatorie che appaiano proporzionali all’interesse leso, ferma restando la validità del provvedimento.
6. Restano ferme le disposizioni vigenti, ove compatibili con quanto disposto ai precedenti commi.
MODIFICHE VANZ AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE
Art. 11-bis Principi della ragionevolezza e della proporzionalità
Nelle attività conoscitive e di controllo
1. L’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo in materia tributaria deve in ogni caso avvenire nel rispetto dei
principi della ragionevolezza e della proporzionalità.
2. In virtù del principio della ragionevolezza l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo deve giustificarsi sulla base
del necessario contemperamento dell’interesse pubblico con le libertà e i diritti dei soggetti coinvolti.
3. In virtù del principio della proporzionalità l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo si limita a quanto strettamente necessario per il conseguimento degli obiettivi perseguiti, in relazione all’esigenza di determinare la minore
restrizione possibile delle libertà e dei diritti dei soggetti coinvolti.
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LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
Art. 15. Diritti del contribuente sottoposto
a verifiche fiscali
1. Identico
2. Identico
3. Identico
4. Identico
5. Identico
LEGISLAZIONE
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 12. Diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali
1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati
sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul
luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti
adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario
di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare
la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.
2. Quando viene iniziata a verifica, il contribuente
ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano
giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà
di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei
diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
3. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato
nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che
lo assiste o rappresenta.
4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e
del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.
5. La permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche
presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavoratici, prorogabili per ulteriori trenta giorni
nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori
possono ritornare nella sede del contribuente, decorso
tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la
conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo
assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche
ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale
proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici
giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la
sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori
autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei
giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.
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LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
6. Identico
7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra
Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della
copia del processo verbale di chiusura delle operazioni
da parte degli organi di controllo, il contribuente può
comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste
che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento, a pena di nullità, non può essere emanato
prima della scadenza del predetto termine, salvo caso di
particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le
verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in
materia doganale approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano
le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8
novembre 1990, n. 374.
LEGGE 27.7.2000, n. 212
6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori
procedano con modalità non conformi alla legge, può
rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo
quanto previsto dall’articolo 13.
7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia
del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte
degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono
valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento
non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle
disposizioni legislative in materia doganale approvato
con il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo
11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.
MODIFICHE VANZ AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE
Art. 12-bis Prove illegittimamente acquisite
1. Le prove acquisite in violazione delle norme che regolano le attività conoscitive e di controllo in materia tributaria non possono essere utilizzate.
MODIFICHE IAIA AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE
Art. 12-bis della L. n. 212/2000 (Principio del contraddittorio endo-procedimentale)
1. Il principio generale europeo del contraddittorio si applica a conclusione dell’istruttoria, in modo diretto e incondizionato, ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare un provvedimento lesivo per il destinatario, attinente ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati o alle sanzioni amministrative tributarie.
2. Ogni provvedimento impositivo o sanzionatorio è preceduto, a pena di nullità, da un atto di contestazione, motivato in relazione alle risultanze dell’istruttoria, notificato dall’amministrazione ai sensi dell'articolo 60 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni.
3. Il contribuente ha il diritto di comunicare osservazioni e richieste all’amministrazione, la quale non può emanare il
provvedimento, a pena di nullità, prima di sessanta giorni dalla notificazione dell’atto di contestazione di cui al comma
2. Fra il predetto termine e quello di decadenza dal potere di notificazione del provvedimento, intercorrono non meno
di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione del provvedimento è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.
4. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, il provvedimento è specificamente motivato, a pena di nullità, in
relazione alle risultanze dell’istruttoria e alle osservazioni e richieste comunicate dal contribuente nel termine di cui al
primo periodo del comma 3.
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L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
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LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 16. Principio generale del contraddittorio
endo-procedimentale
1. Nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e del principio di cooperazione tra Amministrazione
e contribuente, ogni provvedimento impositivo o sanzionatorio deve essere preceduto dalla notifica al destinatario di un processo verbale di constatazione, motivato in base alle risultanze della precedente istruttoria.
2. Entro sessanta giorni dalla notifica del processo
verbale di constatazione, il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici
impositori. Prima del decorso di tale termine, l’atto impositivo o sanzionatorio non può essere emanato.
3. Il provvedimento di cui al comma 1 è specificamente motivato, anche in relazione alle osservazioni e
richieste fornite dal contribuente nel termine di cui al
comma 2.
4. Il contribuente ha l’onere di eccepire la nullità
conseguente alla violazione da precetti di cui ai precedenti commi con il ricorso introduttivo del processo di
primo grado.
Art. 17 Sanzioni
1. In applicazione del principio di proporzionalità di
derivazione comunitaria:
a) le sanzioni amministrative pecuniarie non possono superare, anche nei casi più gravi, i due terzi
della maggiore imposta accertata a carico del contribuente;
b) gli interessi sulle somme pagate in ritardo non devono superare il tasso legale;
c) qualunque provvedimento sanzionatorio deve essere preceduto da una contestazione specifica e
non può comunque essere emanato per una somma inferiore a cento euro.
MODIFICHE LUNELLI AL TESTO MARONGIU
…
d) In nessun caso la sanzione può consistere nella applicazione di un’imposta altrimenti indebita.
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
Art. 18 Garante del contribuente
Identico
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 13 Garante del contribuente
1. Presso ogni direzione regionale delle Entrate e direzione delle Entrate delle province autonome è istituito
il Garante del contribuente.
2. Il Garante del contribuente, operante in piena autonomia, è organo monocratico scelto e nominato dal
presidente della commissione tributaria regionale o sua
sezione distaccata nella cui circoscrizione è compresa la
direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, tra appartenenti alle seguenti categorie:
a) magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio;
b) (…)
c) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, pensionati, scelti in una terna formata, per
ciascuna direzione regionale delle Entrate, dei rispettivi ordini di appartenenza.
3. L’incarico ha durata quadriennale ed è rinnovabile tenendo presenti professionalità, produttività ed
attività svolta. (…)
4. Con decreto del Ministro delle finanze sono determinati il compenso ed i rimborsi spettanti ai componenti del Garante del contribuente.
5. Le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate al Garante del contribuente dagli uffici delle direzioni regionali delle Entrate presso le quali lo stesso
è istituito.
6. Il Garante del contribuente, anche sulla base di
segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da
qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative
anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra
cittadini e Amministrazione finanziaria, rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, i
quali rispondono entro trenta giorni, e attiva le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di
accertamento o di riscossione notificati al contribuente.
Il Garante del contribuente comunica l’esito dell’attività
svolta alla direzione regionale o compartimentale o al
comando di zona della Guardia di finanza competente
nonché agli organi di controllo, informandone l’autore
della segnalazione.
7. Il Garante del contribuente rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi.
LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
8. Il Garante del contribuente ha il potere di accedere agli uffici finanziari e di controllare la funzionalità dei
servizi di assistenza e di informazione al contribuente
nonché l’agibilità degli spazi aperti al pubblico.
9. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al
rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 12 della
presente legge.
10. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al
rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta.
11. Il Garante del contribuente individua i casi di
particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’Amministrazione determinano
un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative
nei loro rapporti con l’Amministrazione, segnalandoli al
direttore regionale o compartimentale o al comandante
di zona della Guardia di finanza competente e all’ufficio
centrale per l’informazione del contribuente, al fine di
un eventuale avvio del procedimento disciplinare. Prospetta al Ministro delle finanze i casi in cui possono essere esercitati i poteri di rimessione in termini previsti
dall’articolo 9.
12. Ogni sei mesi il Garante del contribuente presenta una relazione sull’attività svolta al Ministro delle
finanze, al direttore regionale delle Entrate, ai direttori
compartimentali delle dogane e del territorio nonché al
comandante di zona della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le
relative soluzioni.
13. Il Ministro delle finanze riferisce annualmente
alle competenti Commissione parlamentari in ordine al
funzionamento del Garante del contribuente, all’efficacia dell’azione da esso svolta ed alla natura delle questioni segnalate nonché ai provvedimenti adottati a seguito
delle segnalazioni del Garante stesso.
13 bis. Con relazione annuale, il Garante fornisce al
Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato dei
rapporti fra Fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale.
Art. 19 Diritto al risarcimento dei danni
1. Ogni contribuente ha diritto al risarcimento dei
danni cagionati dagli enti indicati nell’art. 1 e dai loro
funzionari nell’esercizio delle loro funzioni.
///
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
MODIFICHE LUNELLI AL TESTO MARONGIU
Art. 19 Diritto al risarcimento dei danni
1. Idem
2. Salvo diversa e motivata determinazione del giudice, il risarcimento del danno non può essere inferiore al 10%
della sanzione ingiustamente irrogata.
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 14 Contribuenti non residenti
1. Al contribuente residente all’estero sono assicurate le informazioni sulle modalità di applicazione delle
imposte, la utilizzazione di moduli semplificati nonché
agevolazioni relativamente all’attribuzione del codice fiscale e alle modalità di presentazione delle dichiarazioni
e di pagamento delle imposte.
2. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato ai
sensi dell’articolo 17, comma 3, della L. 23.8.1988, n.
400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle
materie di loro competenza, sono emanate le disposizioni di attuazione del presente articolo.
Art. 15 Codice di comportamento per il personale
addetto alle verifiche tributarie
1. Il Ministro delle finanze, sentiti i direttori regionali del Ministero delle finanze ed il Comandante generale
della Guardia di finanza, emana un codice di comportamento che regoli le attività del personale addetto alle
verifiche tributarie, aggiornandolo eventualmente anche
in base alle segnalazioni delle disfunzioni operate annualmente dal Garante del contribuente.
MODIFICHE LUNELLI AL TESTO MARONGIU
Art. 20 Garanzie processuali (nuovo)
Il processo tributario deve garantire che il collegio giudicante abbia l’adeguata competenza tecnica per trattare gli
argomenti sottoposti al suo giudizio.
La conduzione delle pubbliche udienze deve garantire al contribuente la effettiva esposizione completa dei motivi
del ricorso, in contraddittorio con il collegio giudicante e l’ufficio.
Nei procedimenti tributari avanti Suprema Corte di Cassazione il collegio giudicante deve essere composto con
almeno un giudice aventi le necessarie competenze economiche o aziendali richieste dalla materia.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
LEGISLAZIONE
Delle udienze è redatto pubblico verbale dettagliato, con indicazione dell’orario di inizio e di fine di ciascuna
udienza. Le sentenze devono essere firmate, a pena di nullità, da tutti i componenti del collegio giudicante che hanno
condiviso la decisione.
L’Amministrazione della giustizia tributaria istituisce un apposito organo di controllo che valuta il rispetto delle
garanzie processuali e l’adeguatezza delle motivazioni delle sentenze in ogni grado di giudizio, con particolare riguardo alla durata delle udienze rispetto alla consistenza delle motivazioni degli atti delle parti.
Art. 21 Tutela dell’imparzialità – Divieto di incentivazione al risparmio fiscale (nuovo)
Sono illeciti i compensi attribuiti ai rappresentati dei contribuenti, a i lori dipendenti, consulenti ed assistenti che
siano collegati al risparmio fiscale ottenuto in relazione alla loro attività.
Sono illeciti i compensi attribuiti all’Amministrazione Finanziaria, alle Agenzie fiscali ed ai loro rappresentati, dipendenti, consulenti ed assistenti che siano collegati al risultato monetario acquisito all’erario in ragione della loro attività.
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 16 Coordinamento normativo
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente
necessarie a garantire la coerenza con i princìpi desumibili dalle disposizioni della presente legge.
2. Entro il termine di cui al comma 1 il Governo
provvede ad abrogare le norme regolamentari incompatibili con la presente legge.
Art. 17 Concessionari della riscossione
///
1. Le disposizioni della presente legge si applicano
anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’Amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione
di tributi di qualunque natura.
Art. 18 – Disposizioni di attuazione
///
1. I decreti ministeriali previsti dagli articoli 8 e 11
devono essere emanati entro centottanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge.
2. Entro il termine di cui al comma 1 sono nominati i componenti del Garante del contribuente di cui
all’articolo 13.
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LEGISLAZIONE
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
PROF. MARONGIU
LO STATUTO DEI DIRITTI DEL
CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA)
LEGGE 27.7.2000, n. 212
Art. 19 – Attuazione del diritto di interpello del contribuente
///
1. L’Amministrazione finanziaria, nel quadro
dell’attuazione del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300, adotta ogni opportuno adeguamento della
struttura organizzativa ed individua l’occorrente riallocazione delle risorse umane, allo scopo di assicurare
la piena operatività delle disposizioni dell’articolo 11
della presente legge.
2. Per le finalità di cui al comma 1 il Ministro delle
finanze è altresì autorizzato ad adottare gli opportuni
provvedimenti per la riqualificazione del personale di
servizio.
Art. 20 Copertura finanziaria
///
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo
13, valutati in lire 6 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, si provvede mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002,
nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente
utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della
pubblica istruzione.
2. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo
19, determinati nel limite massimo di lire 14 miliardi
annue per il triennio 2000-2002, si provvede, mediante
utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale
di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato
previsionale del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
al Ministero della pubblica istruzione.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 21 Entrata in vigore
///
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
LEGISLAZIONE
Proposte di modifica del D.Lgs. 542/1992
di Salvatore Muleo e Alessandro Palasciano
All’art. 19 lgs. 546 del 1992 in luogo dell’attuale
lettera i) sono inserite le seguenti lettere:
All’art. 27 comma 1 d.lgs 546/1992 si potrebbe
aggiungere:
“i) ogni atto istruttorio che sia direttamente lesivo per il
soggetto sottoposto ad indagine;
l) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda
l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni
tributarie.”
comma 1 bis: “Il presidente di sezione, scaduti i termini
per la costituzione in giudizio delle parti, esaminati
preliminarmente ricorso e controricorso, qualora rilevi,
anche di ufficio, il mancato rispetto del disposto di cui
all’art.12 bis della L. 212/2000, dispone la immediata
trattazione della controversia in camera di consiglio ex
art.33 o in pubblica udienza ex art.34 se richiesto, per la
decisione sulla nullità dell'atto impugnato e, con lo stesso
provvedimento, se richiesto, dispone la sospensione dell’atto
impugnato sino alla pronuncia del Collegio”
All’art. 47 d. lgs. 546 del 1992 è aggiunto i commi 3
e 4 sono così integrati:
“3. In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa
delibazione del merito, può disporre con decreto motivato
l’emanazione di misure cautelari, secondo le circostanze, più
idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione
sul ricorso fino alla pronuncia del collegio.
4. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio
e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata
non impugnabile disponendo l’emanazione di misure
cautelari, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare
interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso. Il
dispositivo dell’ordinanza deve essere immediatamente
comunicato alle parti in udienza.”
N.B.: inserimenti in corsivo rispetto al testo attuale
Salvatore Muleo
All’art. 47 comma 3 d.lgs 546/1992 si potrebbe
aggiungere:
comma 3 bis: “Analogamente Il presidente provvede nel
caso di cui al comma 1bis dell’art.27 del presente decreto
legislativo, sino alla pronuncia del Collegio”
Alessandro Palasciano
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Rassegna di giurisprudenza1 sullo Statuto dei diritti
del contribuente
(Estratti e massime non ufficiali a cura dello Studio del dott. Roberto Lunelli)
- Documento aggiornato al 25.2.2017
di Roberto Lunelli
Legge 27 luglio 2000, n. 212
sullo STATUTO dei DIRITTI del CONTRIBUENTE
Art. 1 – Principi generali
Art. 3 – Efficacia temporale delle norme tributarie
Art. 6 – Conoscenza degli atti e semplificazione
Art. 7 – Chiarezza e motivazione degli atti
Art. 8 – Tutela dell’integrità patrimoniale
Art. 9 – Rimessione dei termini
Art. 10 – Tutela dell’affidamento e della buona
fede. Errori del contribuente
Art. 10-bis – Disciplina dell’abuso del diritto o
elusione fiscale (ex Art. 37-bis/600-73)
Art. 11 – Interpello ordinario
Art. 12 – Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (in generale)
Art. 12, co. 5 – Diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali
Art. 12, co. 7 – (idem) Principio del contraddittorio;
Nullità dell’avviso di accertamento “anticipato”; Legittimità dell’avviso di accertamento “anticipato”; Termini;
Ragioni d’urgenza; Motivazione; Ambito di applicazione; Diritti doganali.
Art. 1 Principi generali
Corte di Cassazione, 27/07/2016, n. 15642
“In tema di garanzie del contribuente, le previsioni
normative contenute nella L. 27.7.2000, n. 212, emanate
in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento
tributario sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e
costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nella
interpretazione delle norme tributarie, anche anteriori,
1 Ultima sentenza riportata nella presente rassegna:
Corte di Cassazione, 22.2.2017, n. 4587
ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e,
conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione
della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse”.
Corte di Cassazione, 30/03/2016, n. 6135 (conformi, Cass. 7488/2016, 24857/2016, 1823/2017,
4171/2017)
“Il principio secondo cui l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale sulla base
dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro … deve ritenersi superato alla
stregua dello ius superveniens di cui all’art. 5, comma 3,
D.Lgs. n. 147 del 2015. In virtù di tale disposizione che,
ponendosi espressamente quale norma di interpretazione
autentica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 212
del 2000, è applicabile retroattivamente, non è, pertanto, più sostenibile l’anzidetta presunzione di corrispondenza del corrispettivo incassato al valore venale in comune
commercio del bene compravenduto, quale accertato ai fini
dell’imposta di registro”.
Corte di Cassazione, 18/12/2014, n. 26687
“Se l’Amministrazione finanziaria, a causa di problemi di natura tecnica attinenti alle reti telematiche,
disponga il differimento di un termine cui è collegato il
compimento di adempimenti fiscali, il contribuente può ritenere quale mezzo idoneo ad assicurare la predetta proroga
anche il comunicato divulgato dall’Agenzia fiscale tramite il proprio Ufficio Stampa”.
Corte di Cassazione, 28/02/2014, n. 4815
“La sospensione dell’utilizzo del credito di imposta, sancita dagli artt. 1 del D.L. 12 novembre 2002, n. 253, e
62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, non è
preclusa dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del contribuente), le cui disposizioni costituiscono meri
criteri guida per il giudice, in sede di applicazione ed interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente
vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici, ma non
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (essendone, invero, ammessa la modifica o la
deroga, purché espressa e non ad opera di leggi speciali), con
la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga
in contrasto con esse, senza che ricorrano le dette condizioni, non è suscettibile di disapplicazione, né può essere di
per sé oggetto di questione di legittimità costituzionale, non
potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente
da norme parametro di costituzionalità. (Rigetta, Comm.
Trib. Reg. Napoli, 17/12/2007)”.
Corte di Cassazione, 15/11/2013, n. 25684
“In generale, le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212
(cd. Statuto del contribuente), emanante in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente
come principi generali dell’ordinamento tributario, sono,
in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in
quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nella interpretazione
delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno
rango superiore alla legge ordinaria. Conseguentemente,
non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse”.
Corte di Cassazione, 24/07/2013, n. 17953
“In tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie,
le disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (lo Statuto del contribuente), non hanno efficacia retroattiva, in
base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., ad
eccezione di quelle costituenti attuazione degli artt. 3, 23,
53 e 97 Cost., in quanto espressione di principi costituzionali vigenti. Ne consegue che anche l’art. 3 della medesima
legge, che ha codificato il principio di irretroattività nella
materia fiscale, non trova applicazione con riferimento alle
leggi anteriormente vigenti.”.
Corte di Cassazione, 05/06/2013, n. 14185
“Le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212, emanate
in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento
tributario sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e
costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nella
interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori),
ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro
di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della
norma tributaria in asserito contrasto con le stesse”.
GIURISPRUDENZA
Corte di Cassazione, 17/04/2013, n. 9308
“Il principio della tutela del legittimo affidamento
del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art.
10, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212
(Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine
nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost.,
espressamente richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e
costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle
sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa
ed amministrativa”.
Corte di Cassazione, 10/04/2013, n. 8699
“In tema di accertamento delle violazioni doganali,
l’art. 9, terzo comma decies, del D.L. 2 marzo 2012, n.
16, convertito nella legge 26 aprile 2012, n. 44 – secondo cui l’ufficio doganale che effettua le verifiche generali
o parziali con accesso presso l’operatore è competente alla
revisione delle dichiarazioni doganali oggetto del controllo
anche se accertate presso un altro ufficio doganale – non ha
carattere retroattivo, sicché non si applica alle fattispecie
verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore; né esso
costituisce norma di interpretazione autentica dell’art.
11, nono comma, del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374,
in quanto, pur prescindendosi dall’art. 1, secondo comma,
della legge 27 luglio 2000, n. 212, che limita, in materia
tributaria, a casi eccezionali l’emanazione di norme siffatte, la natura interpretativa di una disposizione viene stabilita direttamente dal Legislatore, laddove quella in esame,
introdotta nel 2012, non risulta espressamente rivolta ad
interpretare la normativa pregressa, invece disciplinando,
per il futuro, le regole della competenza per l’emissione di
un atto amministrativo, la legittimità del quale, peraltro,
deve essere valutata alla stregua delle norme vigenti al momento della sua emanazione”.
Corte di Cassazione, 01/03/2013, n. 5167
“L’art. 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), limita, nell’ambito della
materia tributaria, a casi eccezionali l’emanazione di norme di interpretazione autentica, richiedendo, altresì, che la
natura interpretativa della disposizione risulti da una
espressa qualificazione legislativa. Ciò non è configurabile
in relazione all’art. 9, comma 3 decies, del D.L. n. 16
del 2012, convertito con modificazioni in legge n. 44 del
2012, che, pertanto, è una norma ordinaria diretta a disporre, in relazione alla competenza dell’autorità doganale,
esclusivamente per l’avvenire”.
Corte di Cassazione, 22/01/2013, n. 1429
“La richiesta di un tributo non può avvenire qualora sia
oggetto di un comportamento capzioso e manifestamente dilatorio ad opera dell’Amministrazione, in quanto i principi
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80
GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
di imparzialità, efficienza della Pubblica amministrazione e del “giusto processo” devono sempre essere tenuti in
debita considerazione dall’Agenzia delle Entrate e, in generale, dagli enti impositori. Per questo motivo, è stato negato
l’assoggettamento a tassazione di una plusvalenza relativa
ad un’indennità di esproprio che sarebbe spettata nel 1982,
ma che il Comune ha erogato ben quindici anni dopo”.
Corte di Cassazione, 07/11/2012, n. 19225
“Nell’interpretazione della norma in materia tributaria, non è d’ostacolo alla qualificazione quale norma interpretativa retroattiva dell’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge
4 agosto 2006, n. 248 (norma che precisa quando un’area
può essere considerata edificabile ai fini tributari) il disposto del comma 2 dell’art. 1 della legge n. 212 del 2000
(Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) – secondo cui “L’adozione di norme interpretative
in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi
eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le
disposizioni di interpretazione autentica” – in quanto l’art.
36, comma 2, dotato della stessa forza della legge n. 212
del 2000 (che non ha valore superiore a quello della legge
ordinaria, come sottolineato dalla Corte costituzionale con
le ordinanze n. 180 del 2007, n. 428 del 2006 e n. 216
del 2004), è idoneo ad abrogare implicitamente quest’ultima e, conseguentemente, ad introdurre nell’ordinamento
una valida norma di interpretazione autentica, ancorché
priva di una espressa autoqualificazione in tal senso”.
Corte di Cassazione, 10/12/2002, n. 17576
“La maggior parte delle disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. “Statuto del contribuente”) costituisce attuazione di “principi generali dell’ordinamento
tributario” come risulta chiaramente dall’autoqualificazione stessa delle disposizioni della legge e dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro
incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e
dell’ordinamento tributari, nonché dei relativi rapporti. In
particolare, alle specifiche “clausole rafforzative” di autoqualificazione delle disposizioni stesse dello Statuto del contribuente come attuative delle norme costituzionali e come
“principi generali dell’ordinamento tributario” deve essere attribuito il preciso valore normativo di formulazione
sintetica di quattro diversi e specifici significati: in primo
luogo, quello di “principi generali del diritto, dell’azione
amministrativa e dell’ordinamento particolare tributari”
(artt. 3 e 5, che dettano disposizioni volte sia a disciplinare
l’efficacia temporale delle norme tributarie, sia ad assicurare la “trasparenza” dell’attività stessa, sia ad orientare in
senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario); in secondo luogo, quello di “principi fon-
damentali della legislazione tributaria”, tesi a vincolare in
vario modo l’attività del futuro legislatore tributario, statale e regionale, sia nella scelta della fonte di produzione (art.
1, comma 2 e 4) e del relativo oggetto (art. 2, comma 2),
sia nella tecnica di redazione delle leggi (art. 2, commi 1, 3
e 4); in terzo luogo, quello di “principi fondamentali della
materia tributaria”, in relazione all’esercizio della relativa
“potestà legislativa concorrente” da parte delle Regioni (cfr.
combinato disposto degli artt. 1, comma 3, dello Statuto
del contribuente, 117, commi 2, lett. e), quarto periodo e
3, e 119, commi 1 e 2 Cost., nei testi sostituiti, rispettivamente, dagli artt. 3 e 5 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3); ed infine, quello di “norme fondamentali di
grande riforma economico sociale”, in relazione all’esercizio
della potestà legislativa “esclusiva” da parte delle Regioni ad
autonomia speciale e delle Province autonome di Trento e
di Bolzano (cfr. artt. 1, comma 3, secondo periodo, dello
Statuto del contribuente e 116, comma 1, Cost., nel testo sostituito dall’art. 2 della legge costituzionale n. 3 del
2001, nonché art. 10 di quest’ultima legge), naturalmente laddove, in tutte o in alcune disposizioni statutarie, sia
possibile individuare, secondo i criteri elaborati dalla Corte
Costituzionale, siffatta caratteristica. Di conseguenza, deve
ritenersi che le disposizioni statutarie (al di là di ogni eventuale ostacolo “formale” o sistematico) magis valeant nella
legislazione tributaria, oltre alla circostanza secondo cui è
insita nella categoria dei “principi giuridici” la funzione
di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante
nell’interpretazione della legge tributaria, pur dovendosi
distinguere nell’ambito delle disposizioni dello Statuto del
contribuente tra quelle di principi già “immanenti” nel diritto o nell’ordinamento tributario (come quelle in tema
di conoscenza, chiarezza e motivazione degli atti) e quelle
che – pur dettate in attuazione delle richiamate norme costituzionali – presentano, invece, un contenuto totalmente o
parzialmente innovativo rispetto allo stato della legislazione
tributaria preesistente (esempi ne sono le disposizioni in materia di interpello del contribuente, dettate dall’art. 11, e,
almeno in parte, quelle in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, dettate dall’art. 12)”.
Art. 3 Efficacia temporale delle norme tributarie
Corte di Cassazione O.N., 22/09/2016, n. 18574
“In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa,
il termine di cui all’art. 76, comma 1-bis, del D.P.R. n.
131 del 1986, per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta non può essere prorogato, ai sensi dell’art.
11, comma 1, della L. n. 289 del 2002, per le violazioni
concernenti la fruizione dell’Iva agevolata al 4 per cento,
in quanto l’art. 11 cit. fa espresso riferimento solo all’im-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
posta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e
donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, sicché, trattandosi di disposizione derogatoria di
termini di decadenza, e, dunque, di stretta interpretazione,
non è ammissibile, neppure attraverso una interpretazione logico-sistematica, un’operazione ermeneutica intesa ad
assegnare all’Amministrazione finanziaria un più ampio
termine per l’accertamento di un tributo per il quale esso
non è espressamente previsto, senza che la diversa disciplina
riservata a tributi differenti possa ritenersi irragionevole.
(Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Toscana,
07/05/2009)”.
Corte di Cassazione, 20/05/2016, n. 10474
“In merito all’impugnazione dell’avviso di accertamento induttivo del reddito, è infondata l’eccezione di decadenza prevedendo, l’art. 10 della legge n. 289 del 2002,
che i termini per l’accertamento, stabiliti dall’art. 43 del
D.P.R. n. 600 del 1973 sono prorogati di due anni per
i contribuenti che non si avvalgono della facoltà di definizione dei rapporti tributari previsti dalla legge. L’art.
3, comma 3, della legge n. 212 del 2000, secondo cui i
termini di decadenza per l’accertamento delle imposte non
possono più essere prorogati, ha natura di legge ordinaria,
passibile di deroga ad opera di una norma di pari rango,
come avvenuto per l’art. 10 della legge n. 289 del 2002
che espressamente prevede la proroga dei termini di decadenza, derogando alla previsione dell’art. 3, comma 3,
della legge n. 212 del 2000”.
Corte di Cassazione, 24/02/2016, n. 3614 (conforme
1248/2014)
“In materia tributaria, l’art. 3, comma 3, della legge
n. 212 del 2000 sancisce il divieto di proroga dei termini
di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta. Premesso che le norme dello statuto del contribuente
non hanno un rango superiore alle norme ordinarie e non
ne consentono la disapplicazione tout court per il solo fatto del contrasto con le stesse, deve rilevarsi che il disposto
dell’art. 11, comma 1, della legge n. 289 del 2002, disciplinante la proroga di due anni dei termini per la rettifica
e la liquidazione della maggiore imposta dovuta sugli atti
pubblici, scritture private e dichiarazioni o denunce, in
caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di
condono, contiene un’espressa deroga al divieto di proroga
dei termini per gli accertamenti di imposta, in perfetta coerenza, dunque, con la previsione di cui all’art. 1, comma
1, della legge n. 212 del 2000”.
Corte di Cassazione, 05/02/2016, n. 2277
“Le controversie aventi ad oggetto la spettanza di
rimborso per crediti Iva non possono essere ricomprese
GIURISPRUDENZA
nell’ambito della sanatoria di cui alla legge 289/2002
e perciò anche della disposizione dell’art. 10 della legge
289/2002 secondo cui “per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli articoli da 7 a 9
della presente legge, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i
termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, e all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni, sono prorogati di due anni”. Di talché, in
tali ipotesi, l’accertamento deve essere effettuato nei termini di cui all’articolo 57 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
Corte Costituzionale, 10/03/2014, n. 43
“È manifestamente inammissibile, per difetto di una
plausibile motivazione in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 della legge della
Regione siciliana 28 dicembre 2004, n. 17, impugnato, in
riferimento all’art. 36 dello Statuto siciliano, in quanto,
assimilando i contributi regionali per i progetti di formazione all’autoimpiego rivolta a soggetti disoccupati (…) alle
borse di studio di cui all’art. 4 della legge n. 476 del 1984,
produrrebbe l’effetto di sottrarre detti contributi all’imposizione sul reddito. Il rimettente (…) muove dall’erroneo
presupposto interpretativo che la norma censurata (…) rivestirebbe natura interpretativa e sarebbe dotata di efficacia
retroattiva. (…) In realtà (…), l’impugnato articolo di legge ha carattere innovativo con riferimento al trattamento
fiscale dei suddetti contributi ed è destinato ad esplicare i
suoi effetti solo dalla sua entrata in vigore. Tale interpretazione in chiave di irretroattività appare conforme alla
regola generale di irretroattività della legge tributaria stabilita dall’art. 3 della legge n. 212 del 2000 i cui principi,
sebbene non costituiscano parametro idoneo a fondare il
giudizio di legittimità costituzionale di leggi statali, forniscono comunque i criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie, anche laddove le stesse
promanino dalle Regioni ad autonomia differenziata”.
Corte di Cassazione, 22/01/2014, n. 1248 (conforme
3614/2016)
“La proroga di due anni, ex art. 11, comma 1, della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, del termine, di cui all’art.
76, comma 1-bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per
la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni,
nonché sull’incremento di valore degli immobili, non è
preclusa dalle previsioni della legge 27 luglio 2000, n.
212 (cd. Statuto del contribuente), atteso che queste ultime, pur costituendo criteri guida per il giudice nell’inter-
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
pretazione ed applicazione delle norme tributarie, anche
anteriori, non hanno rango superiore alla legge ordinaria,
sicché ne è ammessa la modifica o la deroga, purché espressa
(come nella specie), e non ad opera di leggi speciali, non
potendosi, conseguentemente, disporre la disapplicazione
di una disciplina con esse in asserito contrasto. (Cassa con
rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 18/02/2008)”.
Corte di Giustizia UE, 12/12/2013, C-362/12
“In una situazione in cui i contribuenti, in conformità
al diritto nazionale, hanno la scelta tra due mezzi di ricorso
possibili in materia di ripetizione di un’imposta percepita
in violazione del diritto dell’Unione, uno dei quali beneficia di un termine di prescrizione più lungo, i principi
di effettività, di certezza del diritto e di tutela del legittimo
affidamento ostano a che una normativa nazionale riduca tale termine di prescrizione senza preavviso e in modo
retroattivo. La circostanza che, nel momento in cui il contribuente ha presentato il suo ricorso, la possibilità di avvalersi del mezzo di ricorso che offre il termine di prescrizione
più lungo sia stata riconosciuta soltanto recentemente da
un organo giurisdizionale di grado inferiore e sia stata definitivamente confermata soltanto in un secondo momento
dall’autorità giurisdizionale suprema non esplica alcuna
incidenza sulla risposta fornita alla prima questione”.
Corte di Cassazione, 15/11/2013, n. 25684 (conforme
Cass. 20.11.2013, n. 26024)
“In tema di contributi concessi sotto forma di credito
d’imposta dall’art. 8, L. 23 dicembre 2000, n. 388, per
l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate
del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2013 e poi definitivamente fissato al
28 febbraio – entro il quale i soggetti che hanno conseguito
il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio
2002 devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati
occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo
alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sia stato emesso in data
tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni
previsto dall’art. 3, comma 2, L. 27 luglio 2000, n. 212
(cd. Statuto del contribuente), per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato
posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità
della scadenza del termine per adempiere il suo onere di
comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine
legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa”.
Corte di Cassazione, 24/07/2013, n. 17953
“In tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie,
le disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (lo Statuto del contribuente), non hanno efficacia retroattiva, in
base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., ad
eccezione di quelle costituenti attuazione degli artt. 3, 23,
53 e 97 Cost., in quanto espressione di principi costituzionali vigenti. Ne consegue che anche l’art. 3 della medesima
legge, che ha codificato il principio di irretroattività nella
materia fiscale, non trova applicazione con riferimento alle
leggi anteriormente vigenti.”.
Art. 6 Conoscenza degli atti e semplificazione
Corte di Cassazione, 22/02/2017, n. 4587
“L’Amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi
dell’art. 77, D.P.R. n. 602 del 1973 (nella formulazione
vigente ratione temporis), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo
al medesimo un termine … per presentare osservazioni od
effettuare il pagamento, dovendosi ritenere cha l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità della iscrizione ipotecaria per violazione
del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito
anche dagli artt. 41, 47, e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, fermo restando che, attesa la
natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale di illegittimità”.
Corte di Cassazione, 16/12/2016, n. 26044
“L’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente) non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere
ad iscrizione a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi
risultanti da dichiarazioni, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”.
La sanzione di nullità, espressamente comminata dal citato
art. 6, comma 5, deve dunque ritenersi limitata alla sola
ipotesi dì “rilevante incertezza” sui dati esposti nella dichiarazione considerata dalla norma dello statuto dei diritti del
contribuente. Qualora, tuttavia, il contribuente compensi
un credito che non risulti dalla dichiarazione annuale, non
è ravvisabile alcuna incertezza”.
Corte di Cassazione, 11/11/2016, n. 23037 (conformi
Cass.18349/2016, 13115/2016, 23875/2015)
“In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere ipoteca su
beni immobili ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. n. 602 del
1973 (nella formulazione vigente ratione temporis), deve
comunicare al contribuente che procederà alla suddetta
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
GIURISPRUDENZA
iscrizione, concedendo al medesimo un termine – che può
essere determinato (…) in trenta giorni – per presentare
osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere
che l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell’iscrizione ipotecaria per
violazione del diritto alla partecipazione al procedimento,
garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei
diritti fondamentali della Unione europea”.
inoltre, che se nella motivazione si fa riferimento ad un
altro atto (per relationem), questo deve essere allegato
all’atto che lo richiama. Pertanto, è illegittimo l’avviso di accertamento notificato al contribuente qualora questi abbia
partecipato al P.V.C. redatto a suo carico, ma non a quello
presupposto redatto a carico di soggetto terzo e nel quale il
contribuente non aveva avuto alcuna parte, se all’avviso di
accertamento non è allegato tale P.V.C. a carico del terzo”.
Corte di Cassazione, 18/03/2016, n. 5394
“Dopo la liquidazione automatizzata la cartella di
pagamento emessa senza comunicazione al contribuente
dell’avviso di irregolarità è nulla, se sussiste una ipotesi di
rilevante incertezza sui dati esposti in dichiarazione, dovendosi ritenere che il contraddittorio procedimentale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione
costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più
efficace esercizio della potestà impositiva”.
Corte di Cassazione, 14/12/2016, n. 25632
“La giurisdizione del giudice tributario ha carattere
pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all’impugnazione
del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità
di tutti gli atti del procedimento. L’art. 7, comma 4, dello
Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) si limita
ad attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo, in base ai normali criteri di riparto, l’impugnazione
di atti amministrativi a contenuto generale o normativo,
ovvero di atti di natura provvedimentale costituenti un
presupposto dell’esercizio della potestà impositiva”.
Corte di Cassazione SS.UU., 18/09/2014, n. 19667
“Anche nel regime antecedente l’entrata in vigore del
comma 2-bis dell’art. 77, D.P.R. introdotto con D.L. n. 70
del 2011, l’Amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai
sensi dell’art. 77, D.P.R. n. 602 del 1973, deve comunicare
al contribuente che procederà alla predetta iscrizione sui
suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine
– che, per coerenza con alte analoghe previsioni normative
presenti nel sistema, può essere fissato in trenta giorni – perché egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del
dovuto. L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione
dell’obbligo che incombe all’Amministrazione di attivare il
contraddittorio endoprocedimentale, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione
di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti
e sugli interessi del contribuente medesimo. Tuttavia dalla
natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto obbligo conserva la propria efficacia fino a
quando il giudice non ne abbia ordinato la cancellazione,
accertandone l’illegittimità”.
Art. 7 Chiarezza e motivazione degli atti
Corte di Cassazione, 12/01/2017, n. 562
“Lo Statuto del contribuente, nel disciplinare la chiarezza e motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria, stabilisce che questi devono essere motivati indicando i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell’Amministrazione. Stabilisce,
Corte di Cassazione, 06/12/2016, n. 24933
“In materia tributaria, la cartella esattoriale, quando non sia stata preceduta da un avviso di accertamento,
deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere
generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo,
dall’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, e recepiti, per
la materia tributaria, dall’art. 7 della L. 27 luglio 2000,
n. 212”.
Corte di Cassazione, 29/11/2016, n. 24220
“In tema di riscossione tributaria, la necessità di specifica motivazione dell’avviso di liquidazione emesso non si
traduce nel mero richiamo degli atti prodromici (nella specie, della sentenza divenuta definitiva), ma richiede anche
la determinazione del tributo dovuto e l’indicazione degli
elementi matematici posti alla base di tale quantificazione
onde consentire al contribuente la verifica della correttezza
del calcolo operato dall’Amministrazione finanziaria”.
Corte di Cassazione, 28/10/2016, n. 21809
“In tema di motivazione “per relationem” degli atti
di imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge
n. 212 del 2000, nel prevedere che debba allegarsi all’atto
dell’A.F. ogni documento richiamato nella motivazione di
esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per
effetto di precedente comunicazione”.
Corte di Cassazione, 14/10/2016, n. 20776
“La legittimità dell’avviso motivato per relationem
postula la conoscenza o la conoscibilità dell’atto richiama-
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
to, fermo restando che il contribuente deve provare che essi
siano necessari ad integrare la motivazione”.
Corte di Cassazione, 14/01/2015, n. 407
“In tema di motivazione “per relationem” degli atti
d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge 27
luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato
all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento
richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto
integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. (Nella specie, l’avviso di accertamento era
stato motivato con riferimento ad un processo verbale di
constatazione, precedentemente consegnato in copia previa
sottoscrizione)”.
Corte di Cassazione, 20/09/2013, n. 21564
“L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue
il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere
la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di
valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestate efficacemente l’an e il
quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè
inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma
anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità
che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del
diritto di difesa”.
Corte di Cassazione, 19/04/2013, n. 9582
“In tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai
requisiti di validità – che, in generale, possono riferirsi
anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in
grado di conoscere – è compito del giudice tributario e non
è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare
alla Corte di Cassazione una revisione critica, salvo che
non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata
che aveva ritenuto sufficiente, per un atto di accertamento
concernente la vendita di un appezzamento di terreno, il
riferimento, oltre che ai valori dichiarati nel triennio per
terreni similari, altresì a quelli comunicati dall’Osservatorio prezzi dell’Agenzia del territorio, nonché al valore
dichiarato dall’acquirente per l’atto di vendita dello stesso
bene a meno di un mese dall’acquisto)”.
Corte di Cassazione, 04/04/2013, n. 8293
“Anteriormente alle modifiche operate prima dall’art. 7,
L. 27 luglio 2000, n. 212 e dall’art. 1, D.Lgs. 26 gennaio
2001, n. 32 – con riferimento all’obbligo di allegazione
dell’atto richiamato o di riproduzione del suo contenuto
nell’atto notificato – il requisito motivazionale dell’avviso
di accertamento, atto conclusivo di una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi amministrativi diversi – poteva essere assolto per relationem, cioè
mediante il rinvio ad altri atti conosciuti o conoscibili da
parte del contribuente, ed in particolare al verbale redatto
dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, senza che ciò arrechi alcun pregiudizio al
diritto del contribuente. In caso di impugnazione, il giudice di merito deve accertare, motivando adeguatamente
sul punto, se detto verbale sia stato posto nella sfera di conoscenza del contribuente, tenendo presente che tale presupposto deve considerarsi in re ipsa quando il riferimento
attiene a verbali di ispezione o verifica redatti alla presenza del contribuente, o a lui comunicati o notificati
nei modi di legge”.
Corte di Cassazione, 16/10/2012, n. 17755
“L’obbligo dell’allegazione degli atti richiamati in accertamento è ineludibile e non surrogabile dalla conoscibilità in astratto, in considerazione dell’esigenza di tutelare
l’effettività del diritto di difesa (art. 7, Statuto del contribuente). La mancata allegazione, quindi, del processo
verbale di constatazione della Guardia di Finanza rende
nullo l’accertamento”.
Art. 8 Tutela dell’integrità patrimoniale
Corte di Cassazione, 13/05/2016, n. 9834
“Nell’ambito dell’attività accertativa tributaria resta
fermo il principio per cui l’obbligo di conservazione di
atti e documenti contabili non può eccedere il termine
di 10 anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione,
contenuto negli artt. 2220 c.c. e 8, comma 5, della legge n.
212/2000. Infatti, il disposto di cui al comma 2 dell’art.
22 del D.P.R. n. 600/1973 – per cui le scritture contabili
obbligatorie devono essere conservate fino a quando non
siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine decennale – trova
applicazione solo quando l’accertamento abbia avuto inizio prima del decorso del decennio e si protragga oltre tale
periodo. Se così non fosse, infatti, il contribuente sarebbe
costretto a conservare la documentazione probatoria per
un tempo indefinito, in violazione della normativa citata
nonché del diritto di difesa”.
Corte di Cassazione, 05/08/2015, n. 16409
“L’art. 8 della legge n. 212 del 2000, concernente il diritto al rimborso del costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del
pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha
natura immediatamente precettiva, imponendo all’A.F.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
GIURISPRUDENZA
l’obbligo di provvedere quando sia definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura
inferiore rispetto a quella accertata. Trattasi di una disciplina sufficientemente compiuta, essendo stabiliti i presupposti
dell’insorgenza del diritto al rimborso, il suo oggetto, il soggetto tenuto a provvedere ed il soggetto avente diritto, e dunque tale da attribuire al contribuente un diritto soggettivo
perfetto, posto a tutela della sua integrità patrimoniale”.
legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del
contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione,
ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti,
demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale
istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002. (Rigetta, Comm. Trib.
Reg. Napoli, 26/02/2010)”.
Corte di Cassazione, 20/05/2015, n. 10264
“Anche nell’ambito delle violazioni tributarie trova
applicazione il principio “genus numquam perit” che
sta alla base del carattere oggettivamente ingiustificato
sempre assegnato al mancato pagamento di cose fungibili
ed in particolare di somme di denaro. In applicazione di
siffatto principio il debitore non può addurre come causa
giustificatrice del suo inadempimento o della violazione di
un altro comportamento doveroso, il semplice fatto di non
avere denaro, dovendo dimostrare l’esistenza di circostanze
eccezionali, impreviste ed insuperabili con l’ordinaria diligenza, che gli abbiano impedito di accantonare le somme
necessarie per fronteggiare alle sue obbligazioni, o comunque di procurarseli sul mercato, ricorrendo ad apposite forme di finanziamento. In tale ultima evenienza, ai sensi
del comma 4° dell’art. 8 dello Statuto del contribuente è
previsto che l’Amministrazione finanziaria rimborsi al
contribuente il costo delle fideiussioni che lo stesso abbia
dovuto contrarre per pagare i tributi ed ottenerne la rateizzazione, quando si dimostri che l’imposta non era dovuta”.
Corte di Cassazione, 10/02/2010, n. 2957
“In materia tributaria la compensazione è ammessa,
in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei
casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso, ed ogni deduzione è regolata da specifiche,
inderogabili norme di legge. Né tale principio può ritenersi superato per effetto dell’art. 8, comma 1, della legge n.
212/2000, il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha
lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti;
ovvero per effetto dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, il
quale, nell’ammettere la compensazione in sede di versamenti unitari delle imposte, ne ha limitato l’applicazione
alla ipotesi di crediti dello stesso periodo, nei confronti dei
medesimi soggetti e risultanti dalle dichiarazioni e dalle
denunce periodiche presentate successivamente alla data
della sua entrata in vigore”.
Art. 9 Rimessione dei termini
Corte di Cassazione, 28/08/2013, n. 19751
“L’art. 8 della L. n. 212 del 2000 impone all’Amministrazione finanziaria di rimborsare il costo delle fideiussioni sostenuto dal contribuente qualora, con sentenza definitiva, sia stata accertata la non debenza dell’imposta, e il
tenore della norma non lascia alcun margine di discrezionalità in capo all’ente impositore (non a caso, “l’obbligo di
rimborso insorge al momento del definitivo accertamento
della insussistenza del tributo per il quale la garanzia è
stata prestata”). Sostenere che il regolamento attuativo cui
fa riferimento l’art. 8 della L. n. 212/2000 non è ancora
stato approvato, da qui l’inapplicabilità della disposizione,
è errato, siccome si verte in un’ipotesi di norma precettiva
e non programmatica”.
Corte di Cassazione, 09/07/2013, n. 17001
“In materia tributaria, la compensazione è ammessa,
in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei
casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione
e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e
inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della
Corte di Cassazione, 18/12/2014, n. 26687
“Se l’Amministrazione finanziaria, a causa di problemi
di natura tecnica attinenti alle reti telematiche, disponga
il differimento di un termine cui è collegato il compimento
di adempimenti fiscali, il contribuente può ritenere quale
mezzo idoneo ad assicurare la predetta proroga anche il comunicato divulgato dall’Agenzia fiscale tramite il proprio
Ufficio Stampa”.
Corte di Cassazione, 20/01/2014, n. 1074
“In tema di agevolazioni tributarie, la sospensione dei
termini di adempimento degli obblighi tributari, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 del D.L. 4 novembre
2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge
27 dicembre 2002, n. 286, e 9, comma 2, della legge 27
luglio 2000, n. 212, si applica anche alle rate di condono
non pagate ed iscritte a ruolo, in quanto tale norma, alla
stregua di una interpretazione letterale, logica e costituzionalmente orientata, non consente, tenuto conto della sua
“ratio”, che è quella di favorire i contribuenti “interessati
da eventi eccezionali o imprevedibili”, e della tipologia di
agevolazioni da essa previste, di limitarne la portata gene-
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86
GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
rale, introducendo eccezioni non contemplate. (Cassa con
rinvio, Comm. Trib. Reg. Catania, 23/07/2010”).
Art. 10 Tutela dell’affidamento e della buona fede.
Errori del contribuente
Corte di Cassazione, 15/12/2016, n. 25853
“L’incertezza normativa giuridicamente rilevante è
quella, di carattere obiettivo, concernente le norme tributarie, la cui violazione da parte del contribuente determina l’emissione dell’avviso di accertamento e l’irrogazione
delle sanzioni. Tale incertezza sussiste quando il complesso
normativo di riferimento si articoli in una pluralità di
prescrizioni, il cui coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso, a causa della relativa equivocità. Pertanto,
poiché la questione relativa alla rilevanza impositiva Irap
del reddito professionale è stata oggetto di articolato e complesso dibattito, sia in dottrina come pure in giurisprudenza, solo di recente concluso a seguito delle pronunce delle
Sezioni Unite del 2016, per gli anni d’imposta precedenti
è applicabile l’esimente sanzionatoria per la sussistenza di
obiettive condizioni di incertezza”.
Corte di Cassazione, 14/07/2016, n. 14402
“In tema di sanzioni amministrative per violazioni di
norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di
legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di
obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del
contribuente formulata nei modi e nei termini processuali
appropriati, che non può essere proposta per la prima volta
nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità”.
Corte di Cassazione, 10/02/2016, n. 2605
“In tema di sanzioni tributarie, il ritardo nella fatturazione integra una violazione sostanziale e non formale
dell’art. 21, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, in
quanto arreca pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, ed è, pertanto, punibile anche quando non determina omesso versamento dell’Iva, sicché va esclusa l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 10 dello Statuto del
contribuente”.
Corte di Cassazione, 02/12/2015, n. 24589
“In tema di sanzioni amministrative per violazioni di
norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che,
ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, n. 6, comma 2 e della L. 27
luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, costituisce causa
di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile
incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità
del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico
contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia
professionale siano capaci di interpretazione normativa
qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giudici
di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento
cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione”.
Corte di Cassazione, 17/09/2015, n. 18297
“Le disposizioni di cui all’art. 10, commi 1 e 2, della
legge 27 luglio 2000, n. 212, nel tutelare l’affidamento del
contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute
in atti dell’Amministrazione finanziaria, limita gli effetti di
tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi,
senza incidere in alcun modo sull’obbligazione tributaria”.
Corte di Cassazione, 22/04/2015, n. 18197
“Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte cui intende darsi continuità, il principio della tutela del legittimo
affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art. 10, comma 1, della L. 27 luglio 2000, n. 212
(Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nei
principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., espressamente richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno
dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa.
La previsione dell’art. 10 dello Statuto è dunque espressione di principi generali, anche di rango costituzionale,
immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche
prima della legge, sicché essa risulta applicabile ai rapporti fra contribuente ed ente impositore diverso dall’Amministrazione finanziaria dello Stato, nonché ad elementi
dell’imposizione diversi da sanzioni e interessi, giacché i
casi di tutela espressamente enunciati dal comma 2 del detto art. 10 riguardano situazioni meramente esemplificative, legate a ipotesi maggiormente frequenti, ma non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare
una serie indeterminata di casi concreti.
È stato pertanto affermato che l’applicabilità della sanzione amministrativa presuppone che l’inadempimento (o
l’inesatto adempimento) del contribuente sia almeno colposo e cioè, caratterizzato da una sua negligenza o imperizia
o inosservanza di obblighi tributari (Cass. 2153/2006 e
Cass. 9308/2013, nonché Cass. 17626/14)”.
Corte di Cassazione, 01/10/2014, n. 20710
“In nome della tutela della buona fede, l’adeguamento del contribuente alle istruzioni poi riviste dell’Ammi-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
nistrazione finanziaria non elide anche il corrispondente
obbligo tributario, giacché l’inosservanza dell’obbligo per
fatto dell’Amministrazione può riflettersi solo sulle conseguenze di quell’inosservanza ovvero sulle sanzioni e sugli
interessi moratori ordinariamente applicabili in quel caso,
ma non fa perciò venire meno il dovere del contribuente
di adempiere comunque l’obbligazione tributaria, che resta
vincolante e perciò pienamente cogente”.
Corte di Cassazione, 17/04/2013, n. 9308
“Il principio della tutela del legittimo affidamento del
cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art. 10,
comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto
dei diritti del contribuente), trovando origine nei principi
affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., espressamente
richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente
in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei
fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa ed amministrativa”.
Art. 10-bis Disciplina dell’abuso del diritto
o elusione fiscale
Corte di Cassazione, Sez. Pen., 29/08/2016, n. 35575
“a) L’abuso del diritto – che è concetto del tutto equivalente a quello di elusione fiscale – è configurabile qualora
vi siano l’assenza di sostanza economica delle operazioni
effettuate e la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito che rappresenti l’effetto essenziale dell’operazione (L.
n. 212/2000, art. 10-bis, commi 1 e 2); b) le operazioni abusive non danno luogo a reati puniti ai sensi delle
disposizioni tributarie (comma 13); c) l’abuso del diritto
non è configurabile in presenza di una diretta violazione
di norme, con la conseguenza che, in tal caso, i fatti posti
in essere non perdono la loro eventuale rilevanza penale
(comma 12); d) l’introduzione della disciplina dell’abuso
del diritto ha, per i fatti che risultino riconducibili a tale
categoria, gli effetti di una aboliti criminis, con la conseguenza che la stessa opera retroattivamente senza condizioni (comma 13); e) la disciplina sostanziale dell’abuso
del diritto è applicabile anche ai diritti doganali (D.Lgs.
n. 128 del 2015, art. 1, comma 4)”.
Corte di Cassazione, 09/08/2016, n. 16675
“Il carattere abusivo, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, nel fondarsi normativamente sul
difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento
di un indebito vantaggio fiscale (…), presuppone quanto
meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che,
pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico
GIURISPRUDENZA
perseguito (…) e si deve indagare se vi sia reale fungibilità
con le soluzioni eventualmente prospettate dal Fisco.
Del tutto in linea con questa impostazione risultano
tanto la Raccomandazione 2012/772/UE (…), quanto
(…) la L. n. 212 del 2000, nuovo art. 10-bis, che (…)
rappresenta indubbiamente un termine interpretativo di
riferimento, sia pure in chiave evolutiva”.
Corte di Cassazione O.N., 11/05/2016, n. 9582
“L’art. 20 D.P.R. 131 cit. non è disposizione che dal
Legislatore sia stata predisposta al recupero di imposte “eluse”, questo perché l’istituto dell’“abuso del diritto” d’imposte
in attualità disciplinato dall’art. 10-bis L. 27 luglio 2000
n. 212 presuppone una mancanza di “causa economica” che
non è invece prevista per l’applicazione dell’art. 20 D.P.R.
n. 131 cit.. Norma che, invece, impone (…) di qualificare l’atto o il “collegamento” negoziale (…) in ragione degli
effetti “oggettivamente” raggiunti dal negozio o dal “collegamento” negoziale. (…) Ed è utile ulteriormente precisare
che la fattispecie regolata dall’art. 20 D.P.R. n. 131 cit.
nemmeno ha a che fare con l’istituto della simulazione. (…)
Ciò che importa non è cosa le parti hanno scritto (mediante i contratti conclusi), ma cosa esse hanno effettivamente realizzato col complessivo regolamento negoziale
adottato, anche indipendentemente dal contenuto delle
dichiarazioni rese”.
Corte di Cassazione, Sez. Pen., 29/01/2016, n. 3876
“La riforma con la quale viene esclusa la punibilità
penale della elusione fiscale (D.Lgs. 128 del 2015) è retroattiva e si applica agli illeciti commessi prima di ottobre
dello scorso anno”.
Corte di Cassazione, Sez. Pen. O.N., 07/10/2015, n.
40272
“Il divieto di “abuso del diritto” è pacificamente operante per tutti i tipi di imposte, essendo contenuto non più nel
D.P.R. n. 600/73, bensì nella L. n. 212/2000 (…).
Questa nuova collocazione muove dalla esigenza di introdurre un istituto che (…) unifichi i concetti di elusione
e di abuso e conferisca a questo regime valenza generale con
riguardo a tutti i tributi (…).
La previsione individua, quindi, i tre presupposti per la
esistenza dell’abuso:
1) l’assenza di sostanza economica delle operazioni
effettuate;
2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
3) la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale
dell’operazione. (…)
Deve sussistere la violazione della ratio delle norme o
dei principi generali dell’ordinamento e (…) la ricerca della ratio e la dimostrazione della violazione di essa deve co-
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
stituire il presupposto oggettivo imprescindibile per distinguere il perseguimento del legittimo risparmio d’imposta
dalla elusione (…).
Il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta esercitando la propria libertà di iniziativa
economica e scegliendo tra gli atti, i fatti e i contratti quelli
meno onerosi sotto il profilo impositivo. (…) L’unico limite
alla suddetta libertà è costituito dal divieto di perseguire
un vantaggio fiscale indebito. Di qui la già sottolineata
delicatezza dell’individuazione delle rationes delle norme
tributarie ai fini della configurazione dell’abuso. (…)
La disciplina dell’abuso del diritto ha applicazione solo
residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, in particolare, l’evasione e la frode: queste fattispecie vanno perseguite con gli strumenti che
l’ordinamento già offre. (…)
Tale definizione, per un verso, postula l’assenza, nel
comportamento elusivo del contribuente, di tratti riconducibili ai paradigmi, penalmente rilevanti, della simulazione, della falsità o, più in generale, della fraudolenza; per
altro verso, imprime alla disciplina dell’abuso caratteri di
residualità rispetto agli altri strumenti di reazione previsti
dall’ordinamento tributario. (…)
Il nuovo art. 10-bis (…) esclude espressamente che le operazioni che siano prive di sostanza economica e realizzino
vantaggi fiscali indebiti possano dar luogo a fatti punibili ai
sensi delle leggi penali tributarie (…) ed è applicabile anche
alle operazioni asseritamente abusive poste in essere prima
dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 128 del 2015. (…)
La disposizione (…) è destinata ad esplicare effetto (anche
per le operazioni poste in essere prima del 1.10.2015) (…)
per il principio di retroattività della legge penale più favorevole sancito dall’art. 2 del c.p.. (…)
[È da ritenere che il co. 5 sia] volto a regolamentare
esclusivamente la efficacia della nuova disciplina tributaria dell’abuso del diritto e non anche di quella penale. (…)
La previsione d’inapplicabilità della statuizione
d’irrilevanza penale delle operazioni abusive anche alle
operazioni abusive poste in essere prima della data del
1.10.2015 per le quali sia stato già emanato il relativo
atto impositivo risulterebbe in contrasto anche con l’art. 7
della CEDU (…) che sancisce non solo “il principio della
irretroattività delle leggi penali più severe, ma anche, e
implicitamente, il principio della retroattività della legge
penale meno severa””.
Art. 37-bis, D.P.R. 600/1973 Disposizioni antielusive
Corte Costituzionale, 07/07/2015, n. 132
“È infondata, con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.,
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37-bis,
quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973, dettato nell’am-
bito delle procedure antielusive, nella parte in cui sanziona espressamente con la nullità l’avviso di accertamento
che non sia stato preceduto dalla richiesta al contribuente
di “chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni
dalla data di ricezione della richiesta”, perché dall’origine
comunitaria del principio generale del divieto di abuso
del diritto in materia tributaria non deriva, di per sé, la
incompatibilità con lo stesso diritto dell’Unione europea
di una norma nazionale che preveda misure a garanzia
del contraddittorio preventivo con il contribuente. La disciplina dello stesso art. 37-bis non è ingiustificatamente derogatoria, anzi esprime ragionevolezza la sanzione
di nullità, in caso di violazione del termine stabilito per
garantire la effettività di tale partecipazione, considerate
le peculiarità dell’accertamento delle fattispecie elusive e
il ruolo decisivo che in esso possono svolgere gli elementi
forniti dal contribuente, in particolare in vista della valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere
della esistenza di valide ragioni economiche sottese alle
operazioni esaminate”.
Corte di Cassazione, 14/01/2015, n. 406
“Il principio del contraddittorio anticipato, disciplinato dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000
(Statuto del Contribuente), costituisce norma imperativa
immanente nell’ordinamento comunitario e nazionale,
con conseguente invalidità (nullità) dell’atto impositivo
adottato ante tempus. Al fine di garantire la effettività
del diritto di difesa, invero, l’Autorità pubblica prima di
emanare un atto produttivo di effetti pregiudizievoli nei
confronti del destinatario, deve mettere quest’ultimo nella
condizione di contraddire preventivamente e di esporre le
eventuali ragioni di dissenso in ordine all’emanando provvedimento. L’esposto principio deve ritenersi operante anche in
ipotesi di violazione della disposizione di cui all’art. 37-bis,
comma 4, D.P.R. n. 600 del 1973. Né il principio generale
del diritto comunitario secondo cui il soggetto destinatario
di un atto della Pubblica Autorità suscettivo di produrre
effetti pregiudizievoli nella sua sfera giuridica, deve essere
messo in condizione di contraddire prima di subire tali effetti, può tollerare discriminazioni in relazione alla natura
armonizzata o meno del tributo. Ne consegue che anche
nel caso in cui l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, indipendentemente dalla riconducibilità
o meno delle stesse alle ipotesi contemplate dall’art. 37-bis
citato, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al
contribuente e ad osservare il termine dilatorio di sessanta
giorni prima di emettere l’atto accertativo, che dovrà essere
specificamente motivato anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal
contribuente. In mancanza, l’atto impositivo emesso in difformità da tale modello procedimentale, risulterà inficiato
dal vizio di nullità”.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 05/12/2014, n. 25759
“In materia tributaria, il principio generale di diritto comunitario del contraddittorio anticipato, di cui sono
espressione sia l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio
2000, n. 212, sia l’art. 37-bis, quarto comma, del D.P.R.
29 settembre 1973, n. 600, trova applicazione anche nel
caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti fattispecie elusive non riconducibili alle ipotesi tipiche contemplate
dal citato art. 37-bis, con conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento emesso, in assenza di particolari ragioni di urgenza, prima del termine dilatorio di sessanta
giorni, decorrente dal rilascio al contribuente – nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, una ispezione o una
verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività – della
copia del processo verbale di chiusura delle operazioni,
che deve sempre essere redatto, non essendo giustificata la
sua omissione neppure dall’assenza fisica del soggetto verificato o dalla chiusura della sede legale”.
Art. 11 Interpello del contribuente
Corte di Cassazione, 17/07/2014, n. 16331
“Il contribuente è tenuto a proporre interpello ex art.
11, della legge 27 luglio 2000, n. 212, prima di porre
in essere, nell’esercizio della propria attività economica, la
condotta oggetto della richiesta di informazioni all’Amministrazione finanziaria, atteso che, diversamente, non
si giustificherebbe l’efficacia vincolante, per entrambe le
parti del rapporto tributario, dell’interpretazione fornita
dall’Amministrazione medesima delle norme applicabili
alla specifica fattispecie concreta”.
Corte di Cassazione, 29/09/2010, n. 20421
“L’istanza di interpello ex art. 11, legge 27 luglio
2000, n. 212, è validamente inoltrata da un soggetto che,
pur se delegato a rappresentare la società interessata alla
risposta dell’Amministrazione, non abbia fatto menzione di tale delega o procura, quando dagli atti di causa
emerga, comunque, l’esistenza di un collegamento tra il
richiedente e la società. (In applicazione del principio, la
S.C. ha ritenuto validamente proposta l’istanza, ex art.
11 legge n. 212 del 2000, da un dottore commercialista
nell’interesse di una società, in quanto nel quesito erano
indicate varie attività dallo stesso commercialista effettuate nell’interesse della società medesima, per farle conseguire un rimborso dell’Iva)”.
Corte Costituzionale, 14/06/2007, n. 191
“La risposta all’interpello di cui all’art. 11 della L. n.
212/2000 deve considerarsi un mero parere, che non integra alcun esercizio di potestà impositiva nei confronti del
GIURISPRUDENZA
richiedente. Essa, infatti, configura lo strumento attraverso
cui si esplica in via generale l’attività consultiva delle Agenzie fiscali in ordine all’interpretazione delle norme tributarie. Pertanto, il parere emesso, in occasione di una risposta
ad interpello, dall’Amministrazione finanziaria:
- è vincolante per l’Amministrazione che l’ha reso;
- non è vincolante per il contribuente.
Per questi motivi, il parere reso in sede di risposta ad
interpello non è in grado di violare le attribuzioni costituzionali delle Regioni ed è, quindi, inammissibile il ricorso
per conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Sicilia
avverso lo Stato, in relazione ad una risposta ad interpello
resa da un ufficio dell’Agenzia delle Entrate della Regione
Sicilia in ordine al trattamento fiscale applicabile a determinati contributi erogati al fine di favorire l’occupazione,
in forza di apposita legge regionale”.
Art. 12 Diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali (In generale)
Corte di Cassazione, 18/09/2015, n. 18370
“Gli obblighi informativi previsti a tutela del contribuente dall’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, non
sono previsti a pena di nullità valendo, anche in materia
tributaria, la regola generale della tassatività delle nullità
medesime”.
“Il ritardo nella comunicazione al contribuente dell’estensione delle indagini bancarie per ulteriori periodi d’imposta rispetto a quelli originari non comporta alcuna nullità dell’avviso di accertamento, non essendo questa prevista
dalla legge, né con previsione specifica, né, in generale, dallo Statuto dei diritti del contribuente. La comunicazione
dell’autorizzazione effettivamente rilasciata alle indagini
bancarie per ulteriori periodi d’imposta rispetto a quelli
originari non risponde infatti ad esigenze essenziali alla
funzione assegnata alla verifica e non vale a tutelare apprezzabili ragioni di difesa del contribuente”.
Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14290
“L’attività accertativa della Guardia di Finanza e
degli Uffici finanziari, avendo natura di attività amministrativa, pur dovendo svolgersi nel rispetto di ben determinate cautele previste per evitare arbitri e violazioni
dei diritti fondamentali del contribuente, non è retta, in
linea di massima e salvo specifici casi, dal principio del
contraddittorio, per cui va escluso che le risultanze emerse
dall’attività di verifica non possano costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva per il solo fatto
della mancata immediata loro contestazione al contribuente in sede di verifica”.
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 23/09/2011, n. 19524
“In tema di accertamento tributario, a norma dell’art.
12, commi 2 e 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, quando viene iniziata una verifica fiscale, il contribuente ha
diritto di essere informato “della facoltà di farsi assistere
da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria” e può chiedere che l’esame dei
documenti amministrativi e contabili sia effettuato “presso
il professionista che lo assiste o rappresenta”; pertanto, l’informazione fornita – come nella specie – dai verificatori
al contribuente relativamente alla possibilità di farsi “rappresentare” (e non, invece, “assistere”) da un professionista,
pur se connotata da imprecisione lessicale, costituisce, tanto
più in quanto giustificata dalle espressioni impiegate dal
Legislatore, l’inequivoca prospettazione della facoltà di avvalersi nelle operazioni di un soggetto dotato di competenze
tecniche, dovendosi escludere che le successive attività di verifica siano da ritenersi, per ciò solo, illegittime”.
Art. 12, co. 5, Diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali
Corte di Cassazione, 26/01/2016, n. 1334
“Il termine previsto dall’art. 12, comma 5, della legge
n. 212 del 2000 in relazione alla durata massima delle
verifiche fiscali, ha natura ordinatoria e giammai perentoria. Di talché la relativa violazione non determina
la nullità del provvedimento di accertamento che dalla verifica dipende, apparendo sproporzionata la sanzione del
venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio
arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli
agenti dell’Amministrazione”.
Corte di Cassazione, 20/01/2016, n. 966
“In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione
finanziaria presso la sede del contribuente non determina
la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o la inutilizzabilità
delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è
stata prevista dal Legislatore. Ciò in quanto, dal raffronto
tra la disposizione che fissa la durata massima delle verifiche e quella che vieta l’emissione dell’atto impositivo prima
del decorso di 60 giorni dal rilascio del P.V.C. – la cui
violazione comporta l’invalidità dell’accertamento, essendo
il termine ivi previsto posto a garanzia del contraddittorio
procedimentale – non può istituirsi una diretta corrispondenza fra le fattispecie contemplate dalle dette disposizioni,
in ragione della diversa rilevanza degli interessi sostanziali
considerati (interesse negativo del contribuente alla presenza di soggetti estranei nei locali in cui si svolge l’attività
economica nel primo caso; corretta formazione del rapporto
tributario nel secondo). Con ciò si giustifica razionalmente
la scelta del Legislatore di non ricollegare alla violazione
del termine di permanenza nei locali la sanzione d’invalidità dell’atto impositivo, non incidendo la violazione della
durata della verifica su diritti costituzionalmente tutelati
riferibili al contribuente”.
Corte di Cassazione, 17/04/2015, n. 7870
“In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto
a verifiche fiscali, la violazione del termine di permanenza
di cui all’art. 12, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n.
212 non determina la inutilizzabilità delle prove raccolte o la nullità degli atti di accertamento compiuti mancando, in tal senso, una specifica norma sanzionatoria”.
Corte di Cassazione, 15/04/2015, n. 7584
“In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione
finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall’art.
12, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non
determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali
sanzioni è stata prevista dal Legislatore, la cui scelta risulta
razionalmente dal mancato coinvolgimento di diritti del
contribuente costituzionalmente tutelati”.
Corte di Cassazione, 21/05/2014, n. 11183
“L’art. 12 dello Statuto del contribuente, nella parte in
cui dispone in materia di durata degli accessi, ispezioni e
verifiche presso il luogo nel quale il contribuente esercita la
propria attività, si riferisce ai soli giorni di effettiva attività lavorativa svolta presso tale sede, escludendo, quindi,
dal computo quelli impiegati per verifiche ed attività eseguite in altri luoghi”.
Corte di Cassazione, 29/11/2013, n. 26732
“In tema di verifiche fiscali, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione
finanziaria presso la sede del contribuente è meramente
ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara
perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il
suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale
a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga
permanenza degli agenti dell’Amministrazione”.
Corte di Cassazione O.D., 05/10/2012, n. 17002
“In tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazio-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
ne finanziaria presso la sede del contribuente è meramente
ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara
perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo
il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla
“ratio” delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo
fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla
più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione”.
Art. 12, co. 7, Diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali
Principio del contraddittorio
Corte di Cassazione, 05/12/2016, n. 24831
“In tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo
dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatti obbligo risulti specificamente sancito”.
Corte di Cassazione, 29/11/2016, n. 24199
“Vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”, in
tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria
alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per
gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale; mentre per i tributi
“armonizzati”, l’Amministrazione finanziaria è gravata di
un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione tuttavia comporta l’invalidità dell’atto
purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare
in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non
abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa”.
Corte di Cassazione, 14/10/2016, n. 20849
“Le Sezioni Unite hanno dato atto della sostanziale univocità dell’orientamento di questa Corte diretto a circoscrivere l’ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art.
12, comma 7 – in linea con lo stesso dato nominativo testuale – ai soli accertamenti conseguenti ad “accessi”, “ispezioni” e “verifiche” fiscali nei locali del contribuente. (…)
Peraltro, il tema del contraddittorio endoprocedimentale segue diverse logiche a seconda che si tratti o meno di
tributi cd. armonizzati, ossia soggetti al diritto dell’Unione europea. (…)
Poiché nel caso di specie costituisce oggetto dell’accertamento anche l’Iva, è necessario che in sede di rinvio il
giudice di merito verifichi in concreto se, con riguardo a
detto tributo, la lamentata violazione del principio del
contraddittorio endoprocedimentale sia effettiva e se, in
GIURISPRUDENZA
concreto, il suo rispetto avrebbe consentito al contribuente
di far valere ragioni difensive da ritenersi, ex ante, non
meramente pretestuose”.
Corte di Cassazione, 19/09/2016, n. 18350
“In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto
a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata
di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché
il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbero potuto far valere e non abbia
proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non
armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo
per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”.
Corte di Corte di Cassazione, 30/08/2016, n. 17426
“A differenza del diritto dell’U.E., il diritto nazionale non pone in capo all’A.F. che si appresti ad adottare un
provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di una specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di
contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di
violazione, l’invalidità dell’atto. Ne discende che, in tema
di tributi “non armonizzati”, l’obbligo della P.A. di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità
dell’atto, sussiste esclusivamente in merito alle ipotesi per le
quali detto obbligo risulti specificamente sancito. Le garanzie
previste dall’art. 12, comma 7 della legge n. 212 del 2000
trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad ispezioni e verifiche fiscali, effettuate
nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente” (non in ipotesi di controllo fiscale
a seguito di acquisizione documentale ex art. 32, D.P.R.
600/1973: nel caso specifico, di indagini finanziarie).
Cassazione, 19/05/2016, n. 10394
“Le ipotesi del controllo eseguito presso la sede del contribuente e del controllo cd. a tavolino non possono essere
assimilate giacché (…) “la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti fra
Fisco e contribuente non giunge fino al punto da imporre
termini dilatori all’azione di accertamento che derivi da
controlli fatti dall’Amministrazione nella propria sede, in
base ai dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente””.
Corte di Cassazione, 12/04/2016, n. 7137 (conforme
Cass. 6966/2016)
“Il contribuente ha l’onere di prospettare in concreto
le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. (…)
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92
GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Il dato testuale della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contraddittorio procedimentale alle sole “verifiche
in loco”, è da ritenersi “non irragionevole”, in quanto giustificato dalla peculiarità stessa di tali verifiche, “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione
nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che
giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio
al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del
contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi
acquisiti presso i locali aziendali””.
Corte di Cassazione, 17/03/2016, n. 5362
“Le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, L. 212/2000
trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, indipendentemente
dal fatto che l’operazione abbia o meno comportato constatazione di violazioni.
(…) Quanto all’accertamento a fini Iva (…), va verificato se il contribuente ha assolto l’onere di enunciare
in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il
contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato”.
Corte di Cassazione, 30/12/2015, n. 26117
“Con riferimento ai tributi “non armonizzati” (…) le
garanzie fissate dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma
7, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali
effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale
o professionale del contribuente. Per quanto riguarda i tributi “armonizzati” il contribuente deve indicare specificatamente le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il
contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato”.
Corte di Cassazione, SS.UU. 09/12/2015, n. 24823
“Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in
capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare
un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo
di contraddittorio endoprocedimentale, comportante,
in caso di violazione, la invalidità dell’atto. Ne consegue
che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo
dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto
obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di
tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del
contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni
che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio
fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione
di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del
mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà
processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto
alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per
le quali è stato predisposto”.
Corte di Cassazione, 18/09/2015, n. 18370
“In forza del criterio della “strumentalità della forma”,
particolarmente utilizzato dalla giurisprudenza eurocomunitaria, l’inadempimento di una prescrizione formale
può comportare invalidità solo nel caso in cui l’esito del
procedimento sarebbe stato diverso ove tale prescrizione fosse stata rispettata”.
Corte di Cassazione, Ord. 14/01/2015, n. 527
“Il Collegio ritiene …
A) che permangono significative incertezze intorno ai
limiti di applicazione del principio secondo cui, nella
materia tributaria, ogni volta che debba essere adottato un
provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente, l’Amministrazione sarebbe tenute a pena di invalidità dell’atto, ad attivare il contraddittorio endoprocedimentale, indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto
espressamente da una norma positiva;
B) la eventuale riaffermazione della esistenza di un obbligo generale di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale postula la precisazione delle concrete modalità di esplicazione del contraddittorio e degli effetti
della eventuale inosservanza di tali modalità ….
La esistenza di una molteplicità di norme che prevedono il contraddittorio procedimentale in materia tributaria
non pare costituire argomento sufficiente per affermare la
esistenza di tale obbligo anche in quei procedimenti in relazione ai quali manchi una norma che lo sancisca …
Peraltro, un argomento contrario”alla esistenza di detto principio generale “è rinvenibile nel rilievo che la L.
11.3.2014, n. 23, … inserisce tra i principi e i criteri direttivi della delega la previsione di forme di contraddittorio propedeutiche alla adozione degli atti di accertamento
dei tributi … nonché il rafforzamento del contraddittorio
nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti
di accertamento e di liquidazione all’esaurimento del contraddittorio procedimentale … così dimostrando, a contrariis, che, allo stato attuale, non sussiste nell’ordinamento
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
un principio generale di tutela necessaria generale del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria.
Il diritto del contraddittorio costituisce principio generale dell’ordinamento europeo … tuttavia … il diritto
dell’Unione Europea non è direttamente applicabile in materia di procedimenti relativi a tributi non armonizzati …
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la opzione ermeneutica più lineare per garantire il contraddittorio procedimentale … nei procedimenti di verifica c.d. “a tavolino” sia quella di applicare anche a tali verifiche il disposto
dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000.
Non si tratterebbe di una interpretazione estensiva
dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000 … ma di una interpretazione analogica tendente a colmare la lacuna di regolazione del contraddittorio endoprocedimentale nelle
verifiche “a tavolino”, utilizzando la norma dettata per il
diverso (ma analogo) caso delle verifiche in loco. …
In conclusione, si ritiene necessario rimettere gli atti al
Primo presidente della Corte per l’assegnazione del ricorso
alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374 c.p.c.”.
Corte di Cassazione, 29/07/2014, n. 16036
“A prescindere da talune circoscritte linee interpretative isolatamente espansive di garanzie endoprocedimentali
in peculiari fattispecie limitative della sfera giuridica del
contribuente (…), ogni enfatizzazione dell’orientamento
espresso dalla Corte di giustizia sul caso Sopropè, non può
che fare i conti con le precisazioni contenute nelle successive decisioni sul caso Sabou e soprattutto sul caso Kamino.
Quest’ultima recentissima pronunzia (…) chiarisce che “il
giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena
efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento
amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza
di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto
comportare un risultato diverso””.
Corte di Giustizia, 03/07/2014, C-129/13, C-130/13
“1) Il principio del rispetto dei diritti della difesa da
parte dell’Amministrazione e il diritto che ne deriva, per
ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi
interessi (…), possono essere fatti valere direttamente, dai
singoli, dinanzi ai giudici nazionali.
2) Il principio del rispetto dei diritti della difesa e,
segnatamente, il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento individuale lesivo,
devono essere interpretati nel senso che, quando il destinatario di una intimazione di pagamento adottata a titolo di
GIURISPRUDENZA
un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali
all’importazione (…) non è stato sentito dall’Amministrazione prima dell’adozione di tale decisione, i suoi diritti
della difesa sono violati quand’anche abbia la possibilità di
far valere la sua posizione nel corso di una fase di reclamo
amministrativo ulteriore, se la normativa nazionale non
consente ai destinatari di siffatte intimazioni, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della
loro esecuzione fino alla loro eventuale riforma. (…)
3) Le condizioni in cui deve essere garantito il rispetto
dei diritti della difesa e le conseguenze della violazione di
tali diritti rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso
genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di
diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento
giuridico dell’Unione (principio di effettività).
Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la
piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le
conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in
particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della
circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe
potuto comportare un risultato diverso”.
Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14290
“L’attività accertativa della Guardia di Finanza e degli
Uffici finanziari, essendo soltanto di carattere amministrativo, pur dovendo svolgersi nel rispetto di ben determinate
cautele previste per evitare arbitri e violazioni dei diritti
fondamentali del contribuente, non è retta dal principio
del contraddittorio”.
Corte di Giustizia, 22/10/2013, C-276/12
“Il diritto dell’Unione, quale risulta in particolare dalla direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre
1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette
e delle imposte sui premi assicurativi (…) e dal diritto fondamentale al contraddittorio, deve essere interpretato nel
senso che esso non conferisce al contribuente di uno Stato
membro il diritto di essere informato della richiesta
di assistenza inoltrata da tale Stato a un altro Stato
membro al fine di verificare i dati forniti dallo stesso contribuente nell’ambito della sua dichiarazione dei redditi,
né il diritto di partecipare alla formulazione della domanda indirizzata allo Stato membro richiesto né il diritto
di partecipare alle audizioni di testimoni organizzate da
quest’ultimo Stato”.
93
94
GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 11/05/2012, n. 7318
“La Corte di Cassazione ha rimesso all’attenzione del
Primo Presidente, stante la presenza di orientamento contrastanti sul punto, la questione circa gli effetti dell’inosservanza, ad opera della parte pubblica, del disposto di cui
all’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, per l’eventuale
trasmissione della causa alle Sezioni Unite. Tale norma afferma che l’avviso di accertamento, eccezion fatta per i casi
di particolare e motivata urgenza, non può essere emanato
prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del P.
V.C., per consentire al contribuente di produrre memorie
che, se del caso, possono evitare l’emanazione dell’atto.
In seno alla Corte di Cassazione si sono formati diversi
orientamenti:
- un primo, che ritiene non possibile la nullità dell’accertamento per mancato rispetto del termine dilatorio
di sessanta giorni, in quanto la tutela del contribuente è
garantita sia mediante l’autotutela ordinaria sia all’interno della fase contenziosa (Cass. n. 19875/2008 e n.
3988/2011);
- un secondo, secondo cui la nullità può essere dichiarata in quanto la violazione della norma impedisce
al contribuente di interagire con la parte pubblica, e di
evitare l’emanazione dell’atto di accertamento (Cass. n.
6088/2011);
- un terzo, secondo cui la nullità, sulla scia di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia
n. 244/2009, può essere dichiarata solo se l’Ufficio, nella
parte motivata dell’accertamento, non abbia specificato le
ragioni di “particolare e motivata” urgenza che hanno dato
origine all’emanazione dell’accertamento in via anticipata
(Cass. n. 22320/2010 e n. 10381/2011)”.
Per quanto riguarda la riscossione di un debito doganale al fine di procedere al recupero a posteriori di dazi
doganali all’importazione, un termine da otto a quindici
giorni concesso all’importatore sospettato di aver commesso
un’infrazione doganale affinché questi presenti le proprie
osservazioni è, in linea di principio, conforme alle prescrizioni del diritto comunitario.
Spetta al giudice nazionale adìto stabilire se, alla luce
delle circostanze particolari della causa, il termine concretamente concesso a detto importatore gli abbia consentito di
essere utilmente ascoltato dalle Autorità doganali. Il giudice
nazionale deve, inoltre, verificare se, in considerazione del
periodo intercorso tra il momento in cui l’Amministrazione interessata ha ricevuto le osservazioni dell’importatore e
la data in cui ha adottato la sua decisione, sia possibile o
meno ritenere che essa abbia tenuto adeguatamente conto
delle osservazioni che le sono state trasmesse”.
Corte di Giustizia UE, 18/12/2008, C-349/07
“La regola secondo cui il destinatario di una decisione
ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere
le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha
lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener
conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una
tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la
suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a
queste ultime di correggere un errore o far valere elementi
relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la
decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un
contenuto piuttosto che un altro.
In tale contesto, il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti
sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il
proprio punto di vista, che l’Amministrazione esamini, con
tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o
dell’impresa coinvolta.
Nullità dell’avviso di accertamento “anticipato”
Corte di Cassazione, 28/07/2006, n. 17229
“In tema di accertamenti tributari, gli studi di settore,
di cui all’art. 62-bis del D.L. n. 331 del 1993, convertito
nella legge n. 427 del 1993, costituiscono atti amministrativi generali di organizzazione che non sono sufficienti a
realizzare l’accertamento di un rapporto giuridico tributario. Infatti, perché si pervenga a tale risultato occorre il
completamento dell’attività istruttoria amministrativa, nel
rispetto del principio generale del giusto procedimento, consentendo al contribuente, che voglia vincere la presunzione posta dagli studi di settore, ai sensi, dell’art. 12,
comma 7, della Legge n. 212 del 2000, di intervenire
già in sede procedimentale amministrativa, prima di
adire il giudice tributario”.
Corte di Cassazione, 27/05/2016, n. 10988
“La inosservanza dell’obbligo di notificare apposito
avviso al contribuente e di concedergli il previsto termine
dilatorio al fine di fornire le prove richieste (obbligo che
non ammette equipollenti) determina (…) un vizio di legittimità dell’atto impositivo emesso in assenza dell’avviso
o prima della scadenza del termine dilatorio: si tratta (…)
di garantire il pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, con la conseguenza che la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non
espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema
ordinamentale, comunitario e nazionale”.
Corte di Cassazione, 13/05/2016, n. 9865
“Il riconoscimento che non c’è violazione (dell’art. 12,
co. 7, L. 212/2000) (…) allorquando il contribuente ab-
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
bia potuto approntare ampia ed articolata impugnativa
dell’atto, vìola il principio di diritto affermato da questa
Corte” con la decisione 18184/2013.
Corte di Cassazione, 29/04/2016, n. 8542
“L’art. 12, co. 7, della L. 212/2000, deve essere interpretato nel senso che la inosservanza del termine dilatorio
di sessanta giorni per la emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei
cui confronti sia stato effettuato un accesso, una ispezione
o una verifica, della copia del processo verbale di chiusura
delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano
specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus”.
Corte di Cassazione, 16/03/2016, n. 5137
“In tema di avviso di accertamento costituisce ius receptum che il comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212 del
2000, laddove impone che “l’avviso di accertamento non
può essere emanato prima della scadenza”, deve interpretarsi nel senso che la inosservanza di detto termine dilatorio di sessanta giorni, per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui
confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una
verifica, della copia del processo verbale di chiusura delle
operazioni, determina di per sé, l’illegittimità dell’atto
impositivo emesso ante tempus. Trattasi, infatti, di termine posto a garanzia del contraddittorio procedimentale,
quale primaria espressione dei princìpi di collaborazione e
buona fede tra Amministrazione e contribuente, diretto al
migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”.
Corte di Cassazione SS.UU., 09/12/2015, n. 24823
“Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in
capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare
un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo
di contraddittorio endoprocedimentale, comportante,
in caso di violazione, la invalidità dell’atto. Ne consegue
che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo
dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto
obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di
tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del
contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni
che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio
GIURISPRUDENZA
fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione
di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del
mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà
processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto
alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per
le quali è stato predisposto”.
Corte di Cassazione, 18/11/2015, n. 23547
“In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, deve ritenersi che la inosservanza
del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione
dell’avviso di recupero di credito d’imposta – cui va estesa
la disciplina procedimentale fissata da tale disposizione con
specifico riferimento all’avviso di accertamento – termine
decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti
sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica
nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del
processo verbale di chiusura delle operazioni – determina
di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza,
la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, a nulla rilevando che il P.V.C. sia noto al contribuente
in quanto notificato prima dell’avviso impugnato, laddove
tale termine risulta posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce
primaria espressione dei principi di buona fede e collaborazione tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al
migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”.
Corte di Cassazione, 11/11/2015, n. 23050
“Il mancato rispetto del termine è causa di nullità
dell’avviso di accertamento indipendentemente dalla
prova di un effettivo pregiudizio, dovendosi questo ritenere in re ipsa una volta accertato il mancato rispetto del
termine procedurale predetto. (…)
La ratio della disposizione non può che individuarsi nella esigenza di tutelare il diritto di difesa e al contraddittorio nella fase procedimentale prodromica alla
emissione dell’avviso di accertamento, oltre che lo stesso
diritto/dovere della Amministrazione di pervenire ad un
esercizio corretto e informato dei propri poteri di accertamento e imposizione. (…)
La sanzione di invalidità dell’atto tributario – anche
laddove non espressamente prevista (…) – deriva o comunque è riconducibile al “sistema ordinamentale comunitario e nazionale”.
Corte di Cassazione, 07/08/2015, n. 16602
“Il mancato rispetto del termine di sessanta giorni determina “di per sé” la illegittimità dell’atto impositivo,
senza che sia necessario provare il pregiudizio concre-
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
tamente patito dal contribuente per il mancato rispetto
del suddetto termine”.
Corte di Cassazione, 10/06/2015, n. 11993
“Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria proceda
ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali “nei locali destinati
all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ai sensi del primo comma
dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, il verbale
di chiusura delle operazioni deve in ogni caso – e salvo i casi
di comprovata impossibilità oggettiva non imputabile alla
Pubblica Amministrazione – essere redatto e consegnato
alla parte contribuente non oltre il sessantunesimo giorno
precedente la scadenza del termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva, nella specie stabilito dall’articolo 57 D.P.R. 633/72, essendo tenuta l’Amministrazione
finanziaria, a pena di nullità dell’avviso di accertamento o
di rettifica, alla osservanza del termine dilatorio (di giorni
sessanta decorrenti dalla consegna del verbale di chiusura
delle operazioni) prescritto dal comma sette dell’articolo 12
legge 212/22 per la emissione dell’atto impositivo”.
Corte di Cassazione, 05/03/2015, n. 4543
“La nullità dell’avviso di accertamento “anticipato”
deriva anche dalla dizione testuale della norma e non soltanto dal “principio del contraddittorio”, per cui non si
pone il problema di verificare se il mancato rispetto
del termine abbia determinato o meno una effettiva
compressione del diritto di difesa del contribuente”.
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 29/07/2013,
n. 18184 (conformi Cass. 2279/2014, 8482/2014;
20074/2014; 5642/2015; 16602/2015)
“In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscale, l’art. 12, co. 7, della L. 212/2000,
deve essere interpretato nel senso che la inosservanza del
termine dilatorio di sessanta giorni per la emanazione
dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato
un accesso, una ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé,
salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la
illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus,
poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentali, il quale costituisce
primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e
contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio
della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste
nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato la emissione anticipata,
bensì nella effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dalla osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella
concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere
provata dall’Ufficio”.
Corte di Cassazione, 15/02/2013, n. 3804
“L’efficacia del giudicato esterno nel contenzioso tributario trova applicazione anche in presenza di qualificazioni giuridiche preliminari a carattere permanente, il che
può ravvisarsi nella nullità dell’atto di accertamento per
violazione del termine dilatorio di cui all’art. 12 della
L. n. 212/2000. La sentenza passata in giudicato che
ha dichiarato la nullità per questo motivo, estende la propria efficacia anche nei processi coinvolgenti i periodi d’imposta successivi, qualora gli accertamenti siano stati emessi
sulla base del medesimo “P.V.C.”. Pertanto, in costanza di
detti presupposti, non ha rilievo il fatto che l’oggetto dei due
avvisi di accertamento (e di conseguenza dei due processi)
fosse diverso”.
Corte di Cassazione, 16/09/2011, n. 18906
“Lo Statuto del contribuente concede al contribuente un
termine per comunicare osservazioni e richieste al fine di
garantire la possibilità di interloquire con l’Amministrazione finanziaria prima che essa pervenga all’emissione di
un avviso di accertamento. In tal senso, il mancato rispetto del termine, sacrificando un diritto riconosciuto
dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna
specifica previsione in proposito”.
Corte di Cassazione, 15/03/2011, n. 6088
“Ai sensi dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000,
l’atto di accertamento deve essere dichiarato invalido se
notificato prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del verbale di constatazione, posto che detto termine,
essendo strumentale alla difesa del contribuente nonché al
contraddittorio tra le parti, deve ritenersi perentorio. Inoltre, non ha rilievo la denominazione formale dei verbali
redatti dai verificatori, quindi il termine deve essere rispettato anche ove il verbale, non denominato formalmente
come “P.V.C.”, sia un verbale meramente descrittivo delle
operazioni di verifica (circostanza che, tra l’altro, non risultava dai fatti di causa)”.
Legittimità dell’avviso di accertamento “anticipato”
Corte di Cassazione, 13/01/2017, n. 724
“L’art. 12, co. 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212 del 2000), riguardo al contribuente sottoposto
a un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
all’esercizio dell’attività, deve essere interpretato nel senso
che l’inosservanza nel termine dilatorio di sessanta giorni
per l’emanazione dell’avviso di accertamento – decorrente
dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale
di chiusura delle operazioni – determina di per sé l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, salvo che
ricorrano specifiche ragioni di urgenza.
Conseguentemente qualora la verifica condotta sia
stata solo documentale (senza accessi e ispezioni nei locali destinati all’esercizio dell’attività) il vizio invalidante
non si verifica”.
Corte di Cassazione, 20/07/2016, n. 14861
“È valido l’accertamento emesso prima di sessanta giorni dall’ingresso della Finanza presso il commercialista dove
viene prelevata la contabilità. Si tratta, infatti, di un atto
a tavolino per il quale non valgono le garanzie sancite
dall’articolo 12 dello Statuto del contribuente”.
Corte di Cassazione, 07/06/2016, n. 11665 (conforme
Cass. 24823/2015)
“È valido l’accertamento emesso prima di sessanta giorni dall’acquisizione, da parte dell’Ufficio delle Entrate, di
documenti e dati bancari. Le garanzie sancite dall’articolo
12 dello Statuto del contribuente si applicano, infatti, solo
in caso di ispezioni o accessi presso la sede del cittadino”.
Corte di Cassazione, 23/07/2015, n. 15547
“In caso di recupero di imposta per l’uso illegittimo di
aiuti di Stato, il Fisco può emettere l’accertamento prima
dei sessanta giorni garantiti dallo Statuto del contribuente
dal momento che la legge del 2008 concede all’Amministrazione finanziaria solo centoventi giorni per chiudere
la pratica”.
Corte di Cassazione, 18/10/2013, n. 23690
“La notifica dell’avviso di accertamento prima dello
scadere del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27
luglio 2000, n. 212, art. 12, non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto
al verbale di constatazione sul quale si fonda, considerata
la mancanza di una specifica previsione normativa in tal
senso, e restando comunque garantito al contribuente il diritto di difesa tanto in via amministrativa con il ricorso
all’autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine
ordinario previsto dalla legge”.
Corte di Cassazione, 05/10/2012, n. 16992
“La notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12,
co. 7, della Legge n. 212 del 2000 non ne determina in
assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto
GIURISPRUDENZA
rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda e
considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso”.
Corte di Cassazione, 13/10/2011, n. 21103
“Il principio di tassatività delle nullità dell’atto di pretesa tributaria è immanente al sistema dello Statuto del
contribuente, dovendosi escludere che, ove la L. n. 212 del
2000, non precisa gli effetti della violazione dell’obbligo
indicato, la nullità possa poi dedursi dai principi di cui
all’art. 97 Cost., da quelli del diritto tributario e, in generale, dell’azione amministrativa.
Conseguentemente la notifica dell’avviso di accertamento (e dell’eventuale consequenziale avviso di irrogazione di sanzioni) prima dello scadere del termine di 60
giorni previsto dall’art. 12, co. 7, della L. n. 212 del 2000,
non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura
vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda”.
Corte Costituzionale, 24/07/2009, n. 244
“È manifestatamente inammissibile la censura di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111
Cost. (relativi al diritto di difesa ed al giusto processo),
dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 nella parte in cui non prevede la nullità dell’atto di accertamento,
qualora il medesimo venga notificato prima dello spirare
del termine di 60 giorni che deve trascorrere dalla data di
consegna del processo verbale di constatazione e la notifica
dello stesso atto di accertamento”.
Corte di Cassazione, 18/07/2008, n. 19875
“La notifica dell’avviso di accertamento prima dello
scadere del termine di sessanta giorni previsto dalla L. n.
212 del 2000, art. 12, 7° comma, non ne determina ipso
iure la nullità stante la natura vincolata dell’atto rispetto al processo verbale di constatazione sul quale si fonda,
in mancanza di una specifica previsione normativa in tal
senso, perché resta comunque garantito al contribuente
il diritto di difesa in via amministrativa (autotutela) e
giudiziaria (ricorso alla Commissione tributaria)”.
Termini
Corte di Cassazione, 14/09/2016, n. 18110
“Il termine di 60 giorni per l’avviso di accertamento
ex art. 12, L. 212/2000 va computato dalla data dell’ultimo accesso. La particolare forma di tutela prevista da
detto articolo, infatti, non può che postulare il completamento della verifica e, dunque, la completezza degli elementi dalla stessa risultanti”.
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 20/04/2016, n. 7995
“La giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo
feriale ai procedimenti non giurisdizionali” compresa la
fase del contraddittorio procedimentale che, in quanto
priva del carattere giurisdizionale, “non richiede l’esplicazione della difesa tecnica, ciò determinando la esclusione
della operatività della sospensione feriale dei termini di cui
all’art. 1. L. 742/1969”.
Corte di Cassazione, 17/03/2016, n. 5361
“La violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dall’art. 12, c. 7, L. 212/2000, sussiste quando l’avviso di accertamento risulta emesso prima della
scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del
processo verbale di constatazione indipendentemente
dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente”.
Corte di Cassazione, 09/03/2016, n. 4650
“La inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni ex art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 postula la notifica dell’atto impositivo al destinatario o, in ogni caso,
l’avvenuta conoscenza legale dell’atto da parte di quest’ultimo, in quanto l’atto, prima della notifica, rimane nella
sfera interna dell’Amministrazione ed è inidoneo a costituire esercizio della potestà impositiva, sicché non sussiste
alcuna violazione ove l’atto sia stato formato e sottoscritto
prima dello spirare del termine ma notificato successivamente alla sua scadenza”.
Corte di Cassazione, 28/05/2015, n. 11088
“Ai fini del rispetto del termine di cui all’articolo 12,
comma 7, L. 212/00, per data di emanazione dell’atto
deve intendersi quella in cui lo stesso è stato sottoscritto
dal funzionario munito del relativo potere, ossia, in definitiva, deve intendersi la data dell’atto medesimo”.
Corte di Cassazione, 09/07/2014, n. 15648
“L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni
ex art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 postula la notifica
dell’atto impositivo al destinatario o, in ogni caso, l’avvenuta conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario
medesimo, prima dello spirare del predetto termine”.
Corte di Cassazione, 02/07/2014, n. 15010
“Il termine di sessanta giorni per emettere l’atto impositivo decorre dalla chiusura delle indagini e prescinde
dalla nomenclatura usata dalla Guardia di finanza. Infatti, il verbale di accesso equivale ad un P.V.C.”.
Ragioni d’urgenza
Corte di Cassazione, 14/09/2016, n. 18110
“L’Amministrazione finanziaria, al fine di contrastare
l’eccezione di nullità per inosservanza dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000, non può limitarsi ad allargare, quale
ragione dell’urgenza, l’imminente scadenza del termine
di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento,
ma ha l’onere di specificare e dimostrare, in conformità del
principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non sia
dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da
ragioni che hanno impedito il tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo”.
Corte di Cassazione, 27/07/2016, n. 15527
“Il pericolo derivante da reiterate condotte penali
tributarie è, in astratto, un’indubitabile e valida ragione
d’urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo in deroga al termine imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 - cfr. Cass. n.
2587/2014. (…)
L’urgenza dell’atto impositivo ben può profilarsi “...allo
scopo di infrenare per tal verso una condotta, che appariva
di patente e grave violazione continuata degli obblighi fiscali” - cfr. Cass. n. 14287/2014”.
Corte di Cassazione, 28/06/2016, n. 13296
“In presenza di casi di urgenza, l’effetto derogatorio opera a prescindere dalla sua esternazione all’interno
dell’atto impositivo, che non è richiesto né dallo Statuto
dei diritti del contribuente (posto che l’art. 7 della legge n.
212 del 2000 prescrive che l’atto deve contenere soltanto i
“presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione”), né da altre specifiche disposizioni
(quali l’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 56 del
D.P.R. n. 633 del 1972) che disciplinano il contenuto degli
atti impositivi e non i tempi della loro emanazione. Ovviamente, in presenza di contestazione da parte del contribuente, è onere dell’Ufficio allegare e provare la sussistenza in concreto delle ragioni dell’urgenza, in particolare
che la inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a
inerzia o negligenza, ma da altre circostanze che abbiano
ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano
reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del
tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine
(Cass. n. 24316/14 citata), come si verifica nell’ipotesi in
cui il contribuente versi in grave stato di insolvenza (cfr.
Cass. n. 9424 del 2014)”.
Corte di Cassazione, 20/04/2016, n. 7914
“Il mancato rispetto del termine dilatorio di giorni
sessanta previsto dall’art. 12, co. 7, comporta la nullità
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
dell’avviso (…) a cagione della difformità dal modello
procedimentale di accertamento dei tributi ex lege previsto. (…) La violazione del termine dilatorio di giorni
sessanta non può essere scriminata dal semplice approssimarsi della decadenza del potere di accertamento
dell’imposta. E questo perché, la “particolare e motivata urgenza” che consente di derogare al termine dilatorio
può essere soltanto quella che non sia dipesa da ritardi
“interni” all’Amministrazione”.
Corte di Cassazione, 15/04/2016, n. 7598
““In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria,
ove alleghi l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento al fine di
contrastare l’eccezione di nullità per inosservanza dell’art.
12, comma 7, ha l’onere di specificare e dimostrare, in
conformità del principio di vicinanza del fatto da provare,
che ciò non sia dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che hanno impedito il tempestivo
ed ordinato svolgimento delle attività di controllo entro il
sessantesimo giorno antecedente la chiusura delle operazioni, come, ad esempio, nuovi fatti emersi nel corso delle indagini fiscali o di procedimenti penali svolti nei confronti
di terzi, eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività
degli uffici, condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica”; (…) le dette
specifiche ragioni di urgenza, riferite al rapporto tributario controverso “non possono identificarsi nell’imminente
spirare del termine di decadenza di cui al D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633, art. 57, che comporterebbe anche la
convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza, mentre, per contro, è dovere dell’Amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”; né può ritenersi che l’Agenzia
non risponda del ritardo con il quale le è stato trasmesso il
P.V.C. di verifica da parte degli organi accertatori, atteso
che è l’Amministrazione finanziaria nel suo complesso che
deve attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi
del contraddittorio procedimentale”.
Corte di Cassazione, 17/07/2015, n. 15121
“Le ragioni di urgenza che legittimano la deroga al
rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7,
L. 212/2000 possono consistere in nuovi fatti emersi nel
corso delle indagini fiscali o di procedimenti penali svolti
nei confronti di terzi, in eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici, in condotte dolose o pretestuose o
volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica
(cfr. Sent. n. 25759/2014). (…)
GIURISPRUDENZA
Ai fini del riconoscimento delle ragioni di urgenza che
legittimano la deroga al rispetto del termine dilatorio di cui
all’art. 12, comma 7, L. 212/2000, non rileva per quanto
tempo sia protratta la verifica fiscale”.
Corte di Cassazione, 10/06/2015, n. 11993
“Qualora, per contrastare la eccezione di nullità
dell’avviso per violazione del termine di cui all’articolo 12,
comma 7, della legge 212/00, formulata con i motivi di
ricorso dalla contribuente, l’Amministrazione finanziaria
alleghi, quale fatto di “particolare e motivata urgenza”, di
non aver potuto rispettare il termine dilatorio indicato, essendosi chiuse le operazioni di verifica in data successiva al
sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine
di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento
della imposta, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento all’obbligo ex lege e
dunque grava sull’Amministrazione finanziaria, in conformità al principio di vicinanza del fatto da provare, l’onere
di dimostrare che la imminente scadenza del termine di
decadenza, che non ha consentito di adempiere all’obbligo
di legge, sia dipesa da altri fatti o condotte ad essa non
imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza”.
Corte di Cassazione, 26/03/2015, n. 6057
“La inosservanza del termine dilatorio previsto dall’art.
12, co. 7 determina di per sé la illegittimità dell’atto di
accertamento emesso ante tempus, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, riferite al rapporto tributario
controverso, che non possono identificarsi nell’imminente
spirare del termine di decadenza di cui all’art. 57,
D.P.R. 633/1972, che comporterebbe anche la convalida,
in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza, mentre, per contro, è dovere dell’Amministrazione finanziaria
attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del
contraddittorio procedimentale”.
Corte di Cassazione, 20/03/2015, n. 5642
“Le specifiche ragioni di urgenza, esonerative del rispetto del termine in quesitone non possono identificarsi
nell’imminente spirare del termine di decadenza per
l’accertamento. Tale conclusione comporterebbe, invero,
anche la convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in
scadenza, mentre, per contro, è dovere dell’Amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”.
Corte di Cassazione, 05/12/2014, n. 25759
“In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto
a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria, ove alleghi la imminente scadenza del termine di decadenza
per l’esercizio del potere di accertamento al fine di contra-
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100
GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
stare l’eccezione di nullità per inosservanza dell’art. 12,
comma 7, della legge 31 luglio 2000, n. 212, ha l’onere
di specificare e dimostrare, in conformità del principio di
vicinanza del fatto da provare, che ciò non sia dipeso dalla
sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che
hanno impedito il tempestivo ed ordinato svolgimento delle
attività di controllo entro il sessantesimo giorno antecedente
la chiusura delle operazioni, come, ad esempio, nuovi fatti
emersi nel corso delle indagini fiscali o procedimenti penali
svolti nei confronti di terzi, eventi eccezionali che hanno
inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici, condotte dolose o pretestuose o
volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica”.
Corte di Cassazione, 20/11/2014, n. 24781
“L’assenza di garanzie patrimoniali del contribuente non legittimano il Fisco a emettere l’accertamento prima
di sessanta giorni. Infatti, i motivi di urgenza dell’Amministrazione finanziaria devono essere reali e la mancanza
di disponibilità economica del contribuente va accertata
con una sentenza”.
Corte di Cassazione, 30/04/2014, n. 9424
“Le particolari ragioni di urgenza che, ove sussistenti
e provate del Fisco, consentono la inosservanza del termine
dilatorio di cui all’art. 12, co. 7, L. 212/2000, non possono consistere nella imminente scadenza del termine decadenziale utile ai fini dell’accertamento da parte dell’Ufficio, qualora ciò sia dovuto esclusivamente ad inerzia o
negligenza di quest’ultimo e non anche ad altre circostanze
che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso – come nel caso in cui il contribuente
versi in un grave stato di insolvenza – difficoltoso con
il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario
procedere senza il rispetto del termine”.
Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14287
“La urgenza dell’atto impositivo si profila di tutta evidenza allo scopo di infrenare una condotta di grave violazione continuata degli obblighi fiscali”.
Corte di Cassazione, 28/03/2014, n. 7316
“La eventualità di evitare una decadenza non può
integrare, in se stessa, la ragione di urgenza contemplata
dalla norma, opinando diversamente, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in
contrasto col principio secondo il quale il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al
singolo rapporto tributario controverso. (…)
La ratio della norma (…) non consente di affermare le
ragioni di urgenza come riferibili a profili o a deficienze organizzative tutte interne all’Amministrazione procedente”.
Corte di Cassazione, 28/03/2014, n. 7315
“L’art. 12, 7° co., nel riferimento generale ai “casi di
particolare e motivata urgenza”, implica un giudizio in
iure che resta soggetto al controllo di legittimità, al pari di
ogni altro giudizio fondato su norme di legge. (…)
Ora l’eventualità di evitare una decadenza non può
integrare di per sé, contrariamente a quanto sostenuto
dall’Amministrazione finanziaria, la ragione di urgenza
contemplata dalla norma. (…)
Opinando diversamente, si verrebbero a convalidare, in
via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col
principio secondo il quale il requisito della urgenza deve
essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al singolo rapporto tributario controverso. (…)
Il principio partecipativo, posto a tutela del soggetto
destinatario dell’azione accertativa, (…) non consente di
affermare le ragioni di urgenza come riferibili a profili
o a deficienze organizzative interne all’Amministrazione
procedente”.
Corte di Cassazione, 21/03/2014, n. 6666
“È nullo l’avviso emesso prima di sessanta giorni dalla
fine della ispezione fiscale, emesso dall’Ufficio per evitare
la prescrizione del credito d’imposta. In altri termini,
l’avvicinarsi del termine ultimo per chiedere il pagamento
dell’imposta non è una valida ragione d’urgenza che giustifica procedure affrettate”.
Corte di Cassazione, 05/02/2014, n. 2595
“L’annualità in scadenza non legittima il Fisco a
notificare l’accertamento prima di sessanta giorni. Infatti,
non sussiste in questi casi l’urgenza che giustifica il mancato rispetto del termine”.
Corte di Cassazione O.N., 05/02/2014, n. 2587
“Quando l’Amministrazione finanziaria fa un’ispezione presso un contribuente più volte accusato di evasione
fiscale può emettere l’avviso di accertamento prima del termine di sessanta giorni dalla consegna del verbale da parte
della Guardia di finanza; perché le reiterate violazioni
penali tributarie sono un valido motivo d’urgenza”.
Corte di Cassazione, 29/01/2014, n. 1869
“Non essendo state allegate specifiche ragioni d’urgenza, esonerative dalla osservanza del termine, la ritenuta legittimità dell’atto impositivo non è conforme
a diritto, non essendo rilevante che era in scadenza il
termine di decadenza di cui all’art. 57 del D.P.R. n.
633 del 1972, per la rettifica relativa all’Iva per lo stesso periodo d’imposta, senza dire che tale circostanza non
chiarisce, comunque, le ragioni per le quali l’Ufficio non
si è tempestivamente attivato, onde rispettare il termine
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
dilatorio in esame e così consentire il doveroso dispiegarsi
del contraddittorio procedimentale”.
Corte di Cassazione, 13/12/2013, n. 27911
“L’Amministrazione finanziaria può emettere avviso
di accertamento prima della scadenza dei sessanta giorni
dalla ispezione se il fornitore è una cartiera. Infatti, la inesistenza della società alla quale viene fatto il versamento
figurativo dell’Iva configura la particolare urgenza che deroga alle garanzie contenute nello Statuto del contribuente
Corte di Cassazione, 12/12/2013, n. 27831
“La imminenza della decadenza dei termini per
l’accertamento non è un motivo urgente per emettere l’atto
impositivo prima dei sessanta giorni dall’ispezione”.
Corte di Cassazione, 11/09/2013, n. 20769
“L’esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertare eventuali violazioni da parte del contribuente, con
conseguente recupero a tassazione dell’imposta, in ipotesi,
evasa, oltre alle sanzioni eventualmente applicabili (…) –
in quanto si iscrive nell’esigenza di carattere pubblicistico,
connessa all’efficiente esercizio della potestà amministrativa
nel fondamentale settore delle entrate tributarie (art. 97
Cost.) (…) – ben può giustificare la notifica dell’avviso di
accertamento prima del decorso del predetto termine di cui
all’art. 12, co. 7, L. 212/00”.
Corte di Cassazione, 05/10/2012, n. 16999
“La previsione dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000, secondo cui l’avviso di accertamento non può essere emanato
prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal
verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di
“particolare e motivata urgenza”, implica – in applicazione degli artt. 7, comma 1, L. 212/2000, 3 e 21 septies L.
241/1990 nonché 42, commi 2 e 3, D.P.R. 600/1973 e
56, comma 5, D.P.R. 633/1972 – la sanzione di nullità
dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza
che ne ha determinato l’adozione. E ciò, peraltro, senza
che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente
presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma 7, L. 212/2000, posto che ai sensi
di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si
consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste
all’Ufficio impositore”.
Motivazione
Corte di Cassazione, 27/07/2016, n. 15616
“L’ art. 12, comma 7, introduce un obbligo di cooperazione e contraddittorio consentendo al contribuente la
GIURISPRUDENZA
conoscenza delle operazioni e la possibilità di comunicare
osservazioni, ma non introduce uno specifico obbligo di
motivazione sulle stesse ne è previsto in sede di impugnazione un sindacato sulla scelta della Amministrazione”.
Corte di Cassazione, 22/04/2016, n. 8231
“È senz’altro vero che l’art. 12, co. 7 prescrive che l’Amministrazione finanziaria deve valutare le osservazioni del
contribuente, ma se queste non sono state formulate nell’ambito del procedimento amministrativo ma si sono esteriorizzate per la prima volta nell’ambito del giudizio promosso dal
contribuente contro l’atto emesso in assenza del termine dilatorio, nessun onere può ritenersi esistente a carico dell’ufficio
di confutare le difese spiegate dal contribuente”.
Corte di Cassazione, 24/02/2016, n. 3583
“Sulla questione della omessa considerazione, nell’atto
impositivo, delle osservazioni formulate dal contribuente,
questo Collegio non intende discostarsi dall’approdo per
cui “non tutte le irregolarità possono dal luogo a nullità, ma soltanto quelle così sanzionate dalla legge, ovvero
quelle che, anche in difetto di una comminatoria espressa,
sono talmente lesive di specifici diritti o garanzie da impedire la produzione di qualsiasi effetto da parte dell’atto
cui ineriscono””.
Corte di Cassazione, 14/01/2015, n. 406
“Il principio del contraddittorio anticipato, disciplinato dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000
(Statuto del Contribuente), costituisce norma imperativa
immanente nell’ordinamento comunitario e nazionale, con
conseguente invalidità (nullità) dell’atto impositivo adottato ante tempus.
Anche nel caso in cui l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, …, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio di sessanta giorni prima di emettere l’atto
accertativo, che dovrà essere specificamente motivato
anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal contribuente. In mancanza, l’atto impositivo emesso in difformità da tale modello procedimentale, risulterà inficiato dal vizio di nullità”.
Corte di Cassazione, 17/07/2014, n. 16336
“L’avviso di rettifica parziale è stato emesso anteriormente al decorso del termine di gg. 60 dalla consegna del
verbale di chiusura delle operazioni di verifica prescritto
dall’art. 12 comma 7 della legge n. 212/2000, con conseguente invalidità dell’atto impositivo, non essendo stata
indicata dall’Amministrazione finanziaria nel corso del
giudizio di merito alcuna ragione di urgenza impeditiva dell’osservanza del termine dilatorio”.
101
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14287
“L’esonero dalla osservanza del termine di sessanta giorni (…) opera in presenza del requisito della urgenza per la
emissione dell’atto, anche se in questo non sia enunciato il
fatto determinativo dell’urgenza stessa”.
n. 212, può discendere, non dalla natura perentoria a
pena di nullità del termine, ma solo dal difetto di motivazione o, in altri termini, dalla mancata esternazione
nell’atto dei motivi di urgenza che hanno giustificato
l’anticipata notifica”.
Corte di Cassazione, 10/06/2014, n. 13099
“È nullo l’accertamento emesso prima dello scadere di
sessanta giorni dalla fine della ispezione quando l’Amministrazione indichi solo i motivi di urgenza senza che questi,
poi, ricorrano effettivamente”.
Corte di Giustizia UE, 18/12/2008, C-349/07
“La regola secondo cui il destinatario di una decisione
ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere
le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha
lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener
conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una
tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la
suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a
queste ultime di correggere un errore o far valere elementi
relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la
decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un
contenuto piuttosto che un altro.
In tale contesto, il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti
sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il
proprio punto di vista, che l’Amministrazione esamini,
con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della
persona o dell’impresa coinvolta.
Corte di Cassazione, 13/07/2012, n. 11944
“Lecito l’accertamento fatto prima della scadenza dei
sessanta giorni dall’ispezione anche senza che il Fisco
indichi le particolari ragioni d’urgenza. Sarà poi il
contribuente a contestare l’atto chiedendone l’annullamento in via di autotutela o in sede giurisdizionale. Infatti,
l’esonero dalla osservanza del termine di cui all’art. 12, co.
7 della L. n. 212 del 2000 opera in concorrenza del requisito dell’urgenza nell’emissione dell’avviso, pure se di tale
ragione non si fa menzione nella motivazione dell’avviso stesso; in altri termini l’effetto derogatorio dell’urgenza sussiste ex se senza che sia a tal fine necessario che il
fatto che la determini sia enunciato nell’atto impositivo,
il quale, a norma del menzionato art. 7 dello Statuto del
contribuente, deve indicare esclusivamente le ragioni della
pretesa tributaria.
Corte di Cassazione, 05/07/2012, n. 11347
“L’avviso di accertamento, come prevede l’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, non può essere emesso prima
del decorso di sessanta giorni dalla consegna del “P.V.C.”,
a meno che non sussistano situazioni di “particolare e motivata” urgenza.
Il mancato rispetto del predetto termine non causa
sempre la nullità dell’accertamento, ma solo ove nella parte motiva di esso non siano state illustrate le ragioni di
urgenza che hanno spinto alla cd. “emanazione anticipata” dell’accertamento”.
Corte di Cassazione, 12/05/2011, n. 10381
“Non è nullo l’avviso di accertamento notificato al
contribuente prima del termine previsto (60 giorni dal rilascio della copia del P.V.C.) qualora riporti l’indicazione
delle motivazioni che hanno giustificato l’urgenza”.
Corte di Cassazione, 03/11/2010, n. 22320
“La nullità dell’atto di accertamento, nell’ipotesi
in cui quest’ultimo risulti portato a legale conoscenza del
contribuente senza il rispetto del termine di 60 giorni previsto dal comma 7 dell’art. 12 della Legge 27/07/2000,
Ambito di applicazione
Corte di Cassazione, 08/02/2017, n. 3404
“In tema di tributi non armonizzati (quale l’Irap)
(…), le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, legge n.
212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni
e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività (…), indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni
fiscali (Cass. 15010/14; 9424/14; 5374/14; 20770/13;
10381/14)”.
Corte di Cassazione, 28/10/2016, n. 21870 (conforme
21867/2016)
“In generale, il presupposto di applicabilità del complessivo Statuto di diritti e di garanzie contemplato dall’art.
12 L. 212/00, compresa l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni (…) è dato dall’accesso, dall’ispezione
o dalla verifica nei locali aziendali. (…)
Ne consegue che le garanzie in questione (…) non si
estendono al terzo a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di
accertamento (…); né diritti e garanzie sono operativi se
l’Amministrazione si avvale di verifiche compiute nei confronti di terzi”.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 28/10/2016, n. 21822
“La verifica della rituale attivazione del contraddittorio con il contribuente è richiesta a pena di nullità dell’accertamento fondato sugli studi di settore”.
Corte di Cassazione, 27/09/2016, n. 19013
“Le garanzie previste dall’art. 12 della legge 27 luglio
2000, n. 212 (…) non si estendono al terzo a carico del
quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento”.
Corte di Cassazione, 14/09/2016, n. 18110
“La garanzia di cui all’art. 12, comma 7, della legge
27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione, ivi compresi
gli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione
di documentazione, in quanto la citata disposizione non
prevede alcuna distinzione ed è, comunque, necessario redigere un verbale di chiusura delle operazioni anche in
quest’ultimo caso, come prescrive l’art. 52, sesto comma, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”.
Corte di Cassazione, 07/09/2016, n. 17720
“Il Collegio (…) riconosce che l’accertamento induttivo
può fondarsi sull’antieconomicità dell’attività svolta dal
contribuente anche senza considerare i cd. studi di settore
(…); e che in tal caso la garanzia della L. n. 212 del 2000,
art. 12, comma 7, vale unicamente per gli accertamenti
con verifica in loco o per quelli concernenti l’Iva”.
Corte di Cassazione, 27/06/2016, n. 13227
“Non sussiste in capo all’Amministrazione finanziaria
obbligo di contraddittorio endoprocedimentale in caso
di accertamento redditometrico senza accesso nei locali
dell’impresa. Tanto più se, come nel caso di specie, c’è stato
l’invio del questionario da parte dell’ufficio e si sono svolte
le fasi di invio delle informazioni”.
Corte di Cassazione, 26/05/2016, n. 10908
“L’art. 12, u.c. trova applicazione solo nel caso in cui
l’Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività e non nel caso di verifiche fiscali conseguenti ad accertamenti bancari, ovvero a tavolino”.
Corte di Cassazione, 20/04/2016, n. 8009
“Nel caso di controllo fiscale eseguito a seguito di acquisizione documentale ex art. 38 D.P.R. 600/1973 (ante
modifica di cui al D.L. 78/2010) e non a seguito di “accesso, ispezione, verifica” presso il domicilio del contribuente”, non si applica l’art. 12, co. 7, L. 212/2000.
GIURISPRUDENZA
Corte di Cassazione, 04/04/2016, n. 6527
“È legittimo l’avviso di accertamento emesso dopo 60
giorni dal rilascio del P.V.C. di accesso e acquisizione
della documentazione presso la sede del contribuente,
consentendo così la instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale in relazione alla verifica in loco, anche se
il controllo fiscale è poi proseguito e materialmente avvenuto presso l’Ufficio tributario”.
Corte di Cassazione, 07/10/2015, n. 20033
“L’invalidità dell’atto conclusivo del procedimento
di cui all’art. 110, co. 11, D.P.R. 917/1986, pur non
espressamente prevista, deriva necessariamente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nel quale la
norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del
procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza
dal modello normativo di non lieve entità, considerata la
rilevanza della funzione, di diretta derivazione da princìpi
costituzionali, alla quale la disposizione in esame assolve e
la forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale
funzione, che assume il fatto viziante”.
Corte di Cassazione, 17/04/2015, n. 7843
“A norma del comma 6 (dell’articolo 52 D.P.R.
633/1972) di ogni accesso deve essere redatto processo
verbale. (…)
Come è evidente, l’art. 52 citato impone la redazione di verbale in ogni caso di accesso per procedere ad
ispezioni documentali, verifiche, ricerche e ad ogni altra
rilevazione ritenuta utile, pertanto non è corretta l’affermazione (…) secondo la quale nella specie, trattandosi di
un accesso per la raccolta di documentazione, non sarebbe
stato necessario il rilascio al contribuente di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni”.
Corte di Cassazione, 27/03/2015, n. 6232
“Per l’accertamento della base imponibile, è legittima
l’utilizzazione, da parte dell’Erario, dei movimenti
bancari, ancorché senza previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, atteso che la legge tributaria lo prevede come mera
facoltà dell’Amministrazione e non già come obbligo”.
Corte di Cassazione, 26/03/2015, n. 6054
“In tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, non è applicabile il termine
dilatorio di 60 giorni per la emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale
di chiusura delle operazioni, essendo già prevista, a pena di
nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale,
che garantisce pienamente la partecipazione e la interlocuzione del contribuente prima della emissione dell’accertamento”.
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
Corte di Cassazione, 04/03/2015, n. 6054
“Il presupposto per la instaurazione del contraddittorio
“preventivo” che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2,
n. 2), prevedono espressamente come eventuale (…) è la
incontestata titolarità, riferibilità o disponibilità, da parte
del contribuente, dei conti e depositi verificati, il quale
proprio in considerazione di tale circostanza (…) appare
l’unico soggetto in grado di poter fornire giustificazioni sulla provenienza e destinazione degli accrediti e dei prelievi
rilevati sul conto. (…) Laddove (…) manchi qualsiasi collegamento, o comunque riferibilità al contribuente (…),
viene meno proprio lo scopo cui tende la instaurazione del
contraddittorio preventivo, in quanto volto a consentire al
contribuente, titolare o comunque che ha la disponibilità
del conto, di far pervenire all’Ufficio finanziario ulteriori
elementi conoscitivi idonei a modificare od evitare la emissione del provvedimento impositivo”.
Corte di Cassazione, 21/01/2015, n. 961
“L’art. 2, co. 2-bis del TUIR non prevede alcuna forma di contraddittorio anticipato riguardo alla applicazione della disciplina sul trasferimento del contribuente in
Stati o territori a fiscalità privilegiata”.
Corte di Cassazione O.N., 13/06/2014, n. 13588
“L’Amministrazione finanziaria può emettere l’accertamento anche prima del termine di sessanta giorni se l’atto
impositivo scaturisce da controlli a tavolino dell’ufficio,
in questo caso sul questionario, e non da una vera e propria ispezione nella sede del contribuente”.
Corte di Cassazione O.N., 04/04/2014, n. 7960
In tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, il termine previsto dall’art.
12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che deve
necessariamente intercorrere tra il rilascio al contribuente
del verbale di chiusura delle operazioni (accessi, ispezioni
o verifiche eseguite nei locali destinati all’esercizio dell’attività) e la emanazione del relativo avviso di accertamento,
non è applicabile, essendo già prevista, a pena di nullità,
una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che
garantisce pienamente la partecipazione e la interlocuzione
del contribuente prima della emissione dell’accertamento.
La disciplina dell’accertamento con adesione non
è sovrapponibile con le garanzie dettate dallo Statuto del
contribuente in tema di spatium deliberandi al termine
del procedimento di accesso, ispezione o verifica condotto
dagli uffici fiscali”.
Corte di Cassazione, 02/04/2014, n. 7598
“La ipotesi in cui la pretesa impositiva sia scaturita
dall’esame degli atti sottoposti all’Amministrazione dallo
stesso contribuente e dall’Amministrazione esaminati in
ufficio è estranea alla fattispecie disciplinata dalla L. n.
212 del 2000, art. 12, comma 7”.
Corte di Cassazione O.N., 07/03/2014, n. 5367
“Non vi sono ragioni, al di là del mero dato testuale
della norma, per non estendere all’avviso di recupero
di credito di imposta, anch’esso accertativo della pretesa
tributaria ed impositivo, la particolare disciplina procedimentale fissata dal Legislatore dello Statuto del contribuente all’art. 12, comma 7, la quale (…) introduce
nell’ordinamento la particolare e concreta forma di collaborazione tra Amministrazione e contribuente (data dalla
previsione del termine dilatorio) destinata a favorire tra le
parti quel contraddittorio procedimentale che ha assunto
nella materia tributaria un valore sempre maggiore, quale
strumento diretto non solo a garantire il contribuente ma
anche ad assicurare il miglior esercizio della potestà impositiva con evidenti riflessi positivi anche in termini di
deflazione del contenzioso”.
Corte di Cassazione, 05/02/2014, n. 2594
“Con specifico riferimento all’ampiezza oggettiva della
fattispecie di nullità di cui all’art. 12, comma 7, n. 212,
cit., deve essere rammentato (…) come la nullità di che trattasi non sia limitata alla sola verifica da concludersi con
sottoscrizione e consegna del processo verbale di constatazione, bensì comprenda pure l’accesso in quanto anche questo
è da concludersi con sottoscrizione e consegna del processo
verbale delle operazioni svolte e ciò secondo le prescrizioni
contenute all’art. 52, comma 6, D.P.R. 26 ottobre 1972, n.
633 ovvero all’art. 33 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”.
Corte di Cassazione, 05/02/2014, n. 2593
“In materia di garanzie del contribuente sottoposto a
verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio
2000, n. 212, che prevede che l’avviso di accertamento,
salva la ricorrenza di specifiche e motivate ragioni di urgenza, non può essere emesso pena la sua nullità, prima
della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dal
rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle
operazioni da parte degli organi di controllo, si applica non
solo nell’ipotesi di verifica ma anche di accesso, concludendosi anche tale accertamento con la sottoscrizione e consegna del processo verbale delle operazioni svolte, e ciò alla
stregua delle prescrizioni di cui agli artt. 52, sesto comma,
del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ovvero 33 del D.P.R.
29 settembre 1973, n. 600”.
Corte di Cassazione, 18/10/2013, n. 23690
“In tema di accertamento tributario, le garanzie previste dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, si riferiscono
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
GIURISPRUDENZA
espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali,
industriali, agricole, artistiche o professionali”, e, quindi,
sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo, a
carico del quale emergano dati, informazioni o elementi
utili per l’emissione di un avviso di accertamento”.
emetta avvisi di accertamento fondati in tutto od in parte
sulla documentazione od informative acquisite presso terzi,
è posto comunque in grado di esercitare in modo pieno
e senza alcun limite il proprio diritto di difesa sia nella
fase extragiudiziale con la richiesta di attivazione della autotutela, sia nella fase giudiziale con la opposizione all’atto
impositivo avanti le Commissioni tributarie”.
Corte di Cassazione, 11/09/2013, n. 20770
“In tema di Iva, qualora ai fini dell’accertamento
dell’imposta sia stato effettuato un accesso nel locali destinati all’esercizio dell’attività o negli altri luoghi indicati
dall’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i funzionari che hanno proceduto sono tenuti a redigere processo
verbale secondo le indicazioni contenute nel sesto comma
del medesimo art. 52, che non prescrive affatto, tantomeno
a pena di nullità, che nello stesso debbano essere formulati
rilievi o addebiti, essendo tale fase del procedimento finalizzata soltanto all’acquisizione di dati, elementi, notizie,
successivamente utilizzabili dall’Amministrazione per l’emanazione dell’eventuale avviso di accertamento.
La mancata redazione del processo verbale impedisce la emanazione dell’avviso di accertamento”.
Corte di Cassazione, 23/03/2012, n. 4687
“L’avviso di recupero del credito d’imposta disciplinato dalla L. n. 388 del 2000 è equiparato all’avviso di
accertamento o all’avviso di liquidazione in quanto comunica al contribuente una pretesa tributaria definita.
Conseguentemente, essendo l’atto di recupero un atto
propedeutico all’emissione del successivo avviso di accertamento, esso non è soggetto al rispetto del termine di 60
giorni per la sua notifica previsto dall’art. 12, co. 7 della
L. n. 212 del 2000 quando è stato preceduto dal processo
verbale di constatazione”.
Corte di Cassazione, 26/09/2012, n. 16354
“Non possono invocarsi le garanzie di cui all’articolo 12
della Legge 212/00 (cosiddetto “Statuto del contribuente”)
predisposte in favore di chi è sottoposto a verifica laddove
gli elementi su cui si fonda la pretesa tributaria risultano
acquisiti “aliunde” dall’Amministrazione finanziaria che
emette l’avviso di accertamento, ad esempio trattandosi di
elementi rilevati dalla polizia giudiziaria che sta svolgendo
una indagine penale su soggetti terzi”.
Corte di Cassazione, 06/06/2012, n. 9108
“La L. n. 212 del 2000, art. 12, trova, chiara collocazione esclusivamente nell’ambito dei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, che devono svolgersi nel rispetto del principio di cooperazione, risultando
pertanto coerente l’invito alla partecipazione alla fase della
acquisizione documentale rivolto al solo soggetto che ha la
disponibilità dei documenti ritenuti rilevanti ai fini della
verifica fiscale.
Nessun pregiudizio al diritto di difesa subisce, peraltro,
il terzo che dai documenti acquisiti nel corso della verifica
risulti avere intrattenuto rapporti commerciali con il contribuente verificato, tenuto conto da un lato che l’utilizzo
di dati, documenti ed informative acquisite presso terzi ai
fini dell’attività di accertamento di ufficio o in rettifica è
pienamente legittimo in quanto espressamente contemplata
dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33, e dal D.P.R.
n. 633 del 1972, artt. 51 e 52; dall’altro che il contribuente, nei cui confronti l’Amministrazione finanziaria
Corte di Cassazione, 15/03/2011, n. 6088
“Ai sensi dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000,
l’atto di accertamento deve essere dichiarato invalido se notificato prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna
del verbale di constatazione, posto che detto termine, essendo strumentale alla difesa del contribuente nonché al contraddittorio tra le parti, deve ritenersi perentorio. Inoltre,
non ha rilievo la denominazione formale dei verbali
redatti dai verificatori, quindi il termine deve essere rispettato anche ove il verbale, non denominato formalmente
come “P.V.C.”, sia un verbale meramente descrittivo delle
operazioni di verifica (circostanza che, tra l’altro, non risultava dai fatti di causa)”.
Diritti doganali
Corte di Cassazione, 06/05/2016, n. 9278
“Deve essere rimessa alla Corte di Giustizia, ai sensi
dell’art. 267 TFUE, la questione pregiudiziale diretta a
chiarire se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice eurounitaria la normativa italiana di cui all’art. 66 del D.P.R. n. 43/1973,
laddove non prevede, in favore del contribuente che non
sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale
da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione
dell’atto come conseguenza normale della proposizione
dell’impugnazione”.
Corte di Cassazione, 02/07/2014, n. 15032
“Il procedimento di revisione dell’accertamento doganale ex art. 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990,
n. 374, è regolato da uno “jus speciale” e risulta preordi-
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GIURISPRUDENZA
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
nato a garantire un contraddittorio pieno, con conseguente
inapplicabilità della disciplina in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali di cui
all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212
(cosiddetto “Statuto dei diritti del contribuente”); inoltre,
tale procedimento trova applicazione in qualsiasi ipotesi di
mancata od inesatta contabilizzazione dei diritti doganali,
non potendosi ravvisare alcuna norma nazionale o comunitaria che espressamente subordini il recupero del dazio
alla previa revoca dei titoli AGRIM”.
Corte di Cassazione, 08/04/2013, n. 8399
“In tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile l’art. 12, ultimo comma della legge
212/2000, operando in tale ambito lo jus speciale di cui
all’art. 11, D.Lgs. 374/1990 – nel testo utilizzabile ratione temporis – preordinato a garantire al contribuente un
contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato
rispetto alla impugnazione in giudizio del suddetto avviso”.
Corte di Cassazione, 04/04/2013, n. 8324
“Il rispetto del diritto al contraddittorio è pienamente
tutelato attraverso la partecipazione della società contribuente alla contestazione esposta nei suoi confronti all’interno del processo verbale di constatazione redatto dalla
Guardia di Finanza risalente ad oltre un anno prima della
notifica dell’avviso di rettifica.
In tale atto, infatti, venne espressamente richiamato il
diritto del contribuente a rendere osservazioni sulla contestazione entro il termine di sessanta giorni, alla stregua
della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Ciò che dimostra come, nel caso concreto, la società controricorrente non
ha subito alcun vulnus al principio di cui si è detto, non
avendo nemmeno contestato di essersi avvalsa della facoltà
riconosciutale dalla legge”.
Corte di Cassazione, 03/04/2013, n. 8060
“In tema di rettifica di accertamento per maggiori
diritti doganali, allorquando non sia in contestazione la
motivazione del provvedimento impugnato, ma soltanto
la sua adozione, perché asseritamente non preceduta dal
contraddittorio con il destinatario, deve ritenersi tutelato
tale diritto – desumibile dall’art. 11, D.Lgs. 374/1990 e
costituente principio generale del diritto eurounitario ogni
qual volta l’Amministrazione si proponga di adottare nei
confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo – se sia stata assicurata la partecipazione di quest’ultimo alla contestazione esposta nei suoi confronti avvenuta nel processo
verbale di constatazione, per il richiamo espresso al diritto
del contribuente di rendere osservazioni nel termine fissato
dall’art. 12, ultimo comma, della legge 212/2000”.
Corte di Cassazione, 11/06/2010, n. 14105
“In materia doganale, la ingiunzione di pagamento emessa, ai sensi dell’art. 82, D.P.R. 43/1973, all’esito
del procedimento di revisione dell’accertamento previsto
dall’art. 11, D.Lgs. 374/1990, è illegittima se l’operatore
interessato (nella specie l’importatore) non sia stato ascoltato e messo in condizioni di manifestare utilmente il proprio
punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione, in quanto il
diritto al contraddittorio e di difesa anche nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente riconosciuto
dal codice doganale comunitario, si evince dalle espresse
previsioni dell’art. 11 citato e costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogni
qual volta l’Amministrazione si proponga di adottare nei
confronti di un soggetto un atto ed esso lesivo”.
Corte di Cassazione, 09/04/2010, n. 8481
“In tema di efficacia delle sentenze della Corte di Giustizia nel nostro ordinamento, il cd. “principio del contraddittorio” – elaborato dai giudici comunitari nella sentenza
18 dicembre 2008, causa n. C-349/07, al fine di garantire
il rispetto dei diritti di difesa nel procedimento di recupero
a posteriori di dazi all’importazione – non può comportare
la invalidità delle decisioni doganali assunte prima della
citata sentenza della Corte di Giustizia, né può rientrare
nella cognizione del giudice nazionale ove non sia stato dedotto dalle parti o non sia rilevabile d’ufficio”.
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI
A.N.T.I.
CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI
I convegni organizzati o sponsorizzati dall’ANTI successivamente a quelli già segnalati nel precedente numero di
sono stati i seguenti che come
tradizione sono tutti pubblicati sul nostro sito web
www.associazionetributaristi.it nella sezione “Eventi”.
Segnaliamo:
- incontro di approfondimento “L’attuazione della delega fiscale” organizzato dalla Sez. Campania il 20 ottobre
2016 a Mercato San Severino (SA) presso San Severino
Park Hotel & Spa sul tema: “Le nuove sanzioni tributarie”. Relatore Prof. Avv. Gaetano Ragucci.
- convegno di studi organizzato dalla Sez. Friuli Venezia Giulia per l’11 novembre 2016 ad Udine presso il
Salone del Parlamento del Castello sul tema: “IVA fra
detraibilità e detrazione: aspetti amministrativi e penali”. Relatori: Dott. Roberto Lunelli, Prof. Avv. Gianni
Marongiu, Prof. Adriano Di Pietro, Prof. Enrico Fazzini, Dott. Mario Cicala, Dott. Giovanni Spalletta, Prof.
Giovanni Flora, Dott. Vieri Ceriani, Prof. Livia Salvini.
- incontro di approfondimento “L’attuazione della delega fiscale” organizzato dalla Sez. Campania per il 18
novembre 2016 a Mercato San Severino (SA) presso San
Severino Park Hotel & Spa sul tema: “La nuova disciplina degli interpelli e la nuova conciliazione giudiziale”.
Relatore: Prof. Avv. Marco Versiglioni.
- Convegno Nazionale Anti organizzato per il 25 novembre 2016 a Roma, Piazza della Pilotta n. 4 sul tema:
“L’evoluzione dello Statuto dei diritti del contribuente dal
contraddittorio endo-procedimentale ed altri traguardi”.
Relatori: Prof. Avv. Gianni Marongiu, Prof. Avv. Gaetano Ragucci, Avv. Roberto Iaia, Prof. Avv. Giuseppe Vanz, Prof. Avv. Massimo Basilavecchia, Prof. Avv.
Francesco Tesauro, Prof. Avv. Salvatore Muleo, Prof.
Avv. Giuseppe Zizzo, Prof. Avv. Francesco Moschetti,
Prof. Avv. Augusto Fantozzi.
- “La riforma del catasto tra esigenze di gettito e tutela
del contribuente” - sezione ANTI Campania - il 20 ot-
tobre 2016 presso la ACEN in Napoli – Introduzione:
Giovanni Cossu; Vincenzo Moretta; Cinzia Romagnolo; Francesco Tuccillo; Luigi Vinci - Relatori: Pasquale
Improta; Gaetano Allodi; Giovanni B. Cantisani; Vincenzo Del Giudice; Michele Oricchio; Prospero Pizzolla;
Tullio Elefante; Enrico Morando.
- “Pianificazione doganale e nuovo codice europeo: rischi
e opportunità” – sezione ANTI Piemonte Valle d’Aosta
– il 27 ottobre 2016 presso il Salone delle Conferenze
della BANCA POPOLARE DI NOVARA in Torino –
Relatore: Prof. Avv. Benedetto Santacroce.
- Convegno di studio e approfondimento “La revisione
del sistema sanzionatorio tributario (D.Lgs. 158/2015)”
– Sezione ANTI Sardegna – il 4 novembre 2016 presso
l’Aula Magna della Corte d’Appello di Cagliari – Introduzione: Avv. Rita Dedola; Avv. Giuseppe Lai; Avv. Italo
Doglio. Relatori: Prof. Avv. Mario Miscali; Avv. Michele
Doglio.
- Seminario di diritto tributario “Falso in bilancio. Evoluzione giurisprudenziale” – sezione ANTI Veneto – il
4 novembre 2016 presso l’Università di Padova Palazzo
del Bo’ - Aula E – Presiede: Prof. Avv. Gianni Marongiu
– Introduzione: Prof. Avv. Francesco Moschetti - Relatori: Prof. Roberto Schiavolin; Avv. Piero Longo; Dott.
Vittorio Borraccetti; Dott. Arturo Toppan.
- Convegno di Studio Senato della Repubblica: Disegno
di Legge 2257/2016 “Disposizioni in materia di rottamazione dei ruoli”, sezione ANTI Sicilia Orientale – il
5 novembre 2016 presso l’Aula Magna Palazzo delle
Scienze dell’Università di Catania – Relatori: Vittorio
Romano; Michela Cavallaro; Enzo Bianco; Salvo Muscarà; Giuseppe Berretta; Antonio Fiumefreddo; Antonio Pogliese; Agatino Cariola; Anna Maria Bernini;
Giacomo Pignataro.
- “I nuovi principi contabili OIC: novità salienti ed impatto sul Bilancio 2016” – sezione ANTI Piemonte Valle d’Aosta – il 1° dicembre 2016 presso il Salone delle
Conferenze della BANCA POPOLARE DI NOVARA
in Torino – Relatori: Dott.ssa Sonia Bianchi; Dott.ssa
Sabrina Rigo.
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CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI
L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI
- incontro di approfondimento “L’attuazione della delega fiscale” organizzato dalla Sez. Campania per il 16
dicembre 2016 a Mercato San Severino (SA) presso San
Severino Park Hotel & Spa sul tema: “Il contenzioso
tributario tra legge delega e decreto delegato”. Relatore
Prof. Avv. Gianni Marongiu.
- “Le influenze fiscali e la determinazione del valore aziendale” - sezione ANTI Lombardia - il 21 dicembre 2016
presso l’Hotel De La Ville in Milano – Introduzione del
Prof. Avv. Gianfranco Gaffuri e del Dott. Alberto Borgia - Relatori: Dott.ssa Emanuela Fusa; Dott. Alberto
Borgia, Dott. Fabio Ghiselli; Dott. Guido Marzorati.
- convegno organizzato dalla Sezione Friuli Venezia
Giulia a Torreano di Martignacco (Udine) il 9 gennaio 2017 presso Ente Fiera sul tema: “Novità Tributarie
2017”. Relatori: Dott.ssa Silvia Pelizzo, Dott. Luca Lunelli e Rag. Giovanni Sgura;
- convegno organizzato dalla Sezione Friuli Venezia Giulia a Udine l’11 gennaio 2017 presso Palazzo Torriani sul
tema: “Novità Tributarie 2017”. Relatori: Dott.ssa Silvia
Pelizzo, Dott. Luca Lunelli e Rag. Giovanni Sgura;
- convegno organizzato dalla Sez. Piemonte e Valle d’Aosta a Torino il 19 gennaio 2017 presso il Salone delle
Conferenze della Banca Popolare di Novara sul tema: “I
nodi del Diritto Tributario Internazionale: Direttiva UE
Anti-elusione, BEPS, Transfer pricing, Indirizzi sovranazionali (UE e OCSE) e impatti per il sistema italiano”.
Relatore: Prof. Dott. Piergiorgio Valente;
- seminario organizzato dalla Sez. Sicilia Occidentale a
Palermo il 27 gennaio 2017 presso l’Aula Magna della
C.C.I.A.A. sul tema: “La “rottamazione” dei ruoli e le novità contenute nel D.L. n. 193/2016”. Relatori: Dott.ssa
Giuseppina Buccheri, Avv. Alessandro Dagnino, Dott.
Marco Cedro e Dott. Massimo Strazzeri;
- convegno organizzato dalla Sez. Piemonte e Valle d’Aosta a Torino il 23 febbraio 2017 presso il Salone delle
Conferenze della Banca Popolare di Novara sul tema:
“Voluntary disclosure bis, nuovi provvedimenti fiscali –
sintesi”. Relatori: Dott. Gianluca Odetto e Dott. Salvatore Sanna;
- “Le Novità della LEGGE DI STABILITÀ” – Sezione
ANTI Puglia - il 10 marzo 2017 presso l’Auditorium
Istituto A. Volta di Monopoli –Introduzione: Rag. Antonio Vito Renna; Dott. Marco Preverin; Ing. Emilio
Romani; Dott. Elbano De Nuccio; Avv. Giovanni Stefanì; Dott. Filippo Continisio – Relatori: Dott. Luigi
Lovecchio; Prof. Saverio Belviso.
- “LE VERIFICHE TRIBUTARIE – Legislazione, prassi e
giurisprudenza” – Sezione ANTI Friuli Venezia Giulia il 21 marzo 2017 presso la Sala Consiliare della Provincia di Pordenone – Introduzione: Dott. Roberto Lunelli
- Relatori: Stefano Commentucci; Ippolito Gallovich;
Bruno Malattia; Paolo Gandolfo.
- convegno organizzato dalla Sez. Lombardia a Milano
il 24 marzo 2017 presso l’Università degli Studi di Milano- Aula Crociera Alta sul tema: “L’evoluzione dello
statuto deli diritti del contribuente – La prospettiva europea”. Relatori: Prof. Gianfranco Gaffuri, Prof. Vincenzo
Salvatore, Dott. Raffaele Botta, Prof. Antonio Viotto,
Dott. Antonio Tangorra, Prof.ssa Cecilia Fregni, Prof.
Massimo Basilavecchia, Prof. Giuseppe Zizzo, Prof.
Francesco Moschetti.
- convegno organizzato dalla Sez. Calabria a Catanzaro
il 7 e 8 aprile 2017 presso l’Hotel Guglielmo per tutte
le Sezioni dell’Italia Meridionale sul tema: “L’evoluzione
dello Statuto dei diritti del contribuente”.
- convegno organizzato dalla Sez. Lombardia a Milano
il 19 aprile 2017 presso l’Hotel De La Ville sul tema:
“Nuovi principi elaborati dall’Organismo italiano di contabilità: profili civilistici e fiscali, e criteri applicativi”.
Relatori: Prof. Gianfranco Gaffuri, Dott.ssa Emanuela
Fusa, Dott. Franco Vernassa, Prof. Giovanni Strampelli,
Prof. Francesco Tundo
L’A.N.T.I. Associazione Nazionale Tributaristi Italiani è stata costituita
il 13 giugno 1949 e, nella sua lunghissima storia, ha avuto illustri Presidenti
quali: Giovanni Battista Adonnino, Ernesto D’Albergo, Epicarmo Corbino,
Ignazio Manzoni, Victor Uckmar, Giuseppe De Angelis e Mario Boidi.
Attualmente è presieduta dal Prof. Gianni Marongiu. L’Associazione,
che ha sezioni in tutta Italia, si propone, attraverso incontri di studio,
convegni e pubblicazioni, di approfondire le tematiche fiscali, sotto il
profilo scientifico, ma attenta anche alle applicazioni professionali. Essa
tiene, altresì, contatti con Governo e Parlamento collaborando quando
richiesto allo studio e alla formazione delle leggi. L’A.N.T.I. è socia della
Confédération Fiscale Européenne, l’unico raggruppamento Europeo di
consulenti tributari che opera a livello Comunitario e nell’anno 2004 è
stato presieduto dal Prof. Mario Boidi.
SEDE LEGALE
Viale delle Milizie, 14 • 00192 Roma • Tel. 06.3215084 • Fax 06.32507485
Sito Internet: www.associazionetributaristi.it
PRESIDENZA
Via Roma, 11 • 16121 Genova • Tel 010.29117911 • Fax 010.29117912
E-mail: [email protected]
SEGRETERIA NAZIONALE E TESORERIA NAZIONALE
Viale delle Milizie, 14 • 00192 Roma • Tel. 06.3215084 • Fax 06.32507485
E-mail: [email protected][email protected]
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