PERIODICO UFFICIALE DELL’A.N.T.I. – ASSOCIAZIONE NAZIONALE TRIBUTARISTI ITALIANI Direttore Responsabile Dott. MARIO NOLA Comitato di Redazione Avv. CLAUDIO BERLIRI Prof. Avv. IVO CARACCIOLI Prof. ANDREA CARINCI Prof. Avv. VALERIO FICARI Dott. PAOLO GAETA Dott. ROBERTO LUNELLI Prof. STELIO MANGIAMELI Prof. Avv. GIANNI MARONGIU Prof. Avv. FRANCESCO MOSCHETTI Avv. ALESSANDRO PALASCIANO Prof. Avv. FRANCO PAPARELLA Prof. Avv. GAETANO RAGUCCI Prof. Avv. SALVATORE SAMMARTINO Prof. Avv. FRANCESCO TESAURO Prof. Avv. MARCO VERSIGLIONI Redazione Piazza del Liberty, 8 - 20121 Milano e-mail: [email protected] sito internet: www.associazionetributaristi.it Anno X • n. 1/2017 Periodico Quadrimestrale Registrato presso il Tribunale di Milano il 24/4/2008 con il n. 266 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 2 - DCB Roma Service Provider: Register.it - Viale Giovine Italia, 17 - Firenze sito internet: www.associazionetributaristi.it Autorizz. Ministero delle Telecomunicazioni n. 243 del 28/01/1997 Impaginazione e Stampa Mengarelli Grafica Multiservice Via Cicerone, 28 - 00193 Roma L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE DOTTRINA • LEGISLAZIONE • GIURISPRUDENZA • CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI ANTI - CONSIGLIO NAZIONALE Presidente Emerito Prof. Dott. Mario Boidi, Torino Presidente Prof. Avv. Gianni Marongiu, Genova Vice Presidenti Dott. Roberto Lunelli (con funzioni di Presidente Vicario), Udine Dott. Riccardo Albo, Ancona Avv. Pasquale Improta, Napoli Segretario Generale e Tesoriere Nazionale Dott. Pietro Mastrapasqua, Roma Consiglieri Nazionali Avv. Andrea Bodrito Prof. Dott. Giovanni Cossu Prof. Dott. Enrico Fazzini Avv. Edoardo Ferragina Prof. Avv. Gianfranco Gaffuri Avv. Italo Doglio Prof. Salvatore Sammartino Dott. Michele Iori Dott. Roberto Lunelli Avv. Mario Martelli Prof. Avv. Francesco Moschetti Prof. Avv. Salvatore Muscarà Dott. Marco Preverin Prof. Avv. Gaetano Ragucci Dott. Ernesto Ramojno Prof. Dott. Francesco Rossi Ragazzi Prof. Avv. Marco Versiglioni Dott. Massimiliano Tasini Presidente Sezione Liguria Presidente Sezione Campania Presidente Sezione Toscana Presidente Sezione Calabria Presidente Sezione Lombardia Presidente Sezione Sardegna Presidente Sezione Sicilia Occidentale Presidente Sezione Trentino Alto Adige Presidente Sezione Friuli Venezia Giulia Presidente Sezione Emilia Romagna Presidente Sezione Veneto Presidente Sezione Sicilia Orientale Presidente Sezione Puglia Presidente Sezione Provinciale Como Presidente Sezione Piemonte-Valle D’Aosta Presidente Sezione Lazio Presidente Sezione Umbria Presidente Sezione Marche-Abruzzo fondata nel 1949 Sede Legale: Viale delle Milizie, 14 • 00192 Roma Segreteria Nazionale: Viale delle Milizie, 14 • 00192 Roma • Tel. 06.3215084 • Fax 06.32507485 Sito Internet: www.associazionetributaristi.it • E-mail: [email protected] Sommario L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI “Perché questa scelta e perché questo tema” di Claudio Berliri 3 DOTTRINA • Il nuovo statuto del contribuente: un contributo di Gianni Marongiu 4 • Lo statuto dei diritti del contribuente (nuova proposta) di Gianni Marongiu 9 • Contraddittorio tributario e “giusto procedimento” nella giurisprudenza costituzionale di Gaetano Ragucci 13 • Il contraddittorio endo-procedimentale nella prospettiva europea di Roberto Iaia 18 • Ragionevolezza e proporzionalità delle indagini tributarie di Giuseppe Vanz 26 • Vizi formali dell’atto impositivo di Massimo Basilavecchia 33 • Le prove illecite nel processo tributario di Francesco Tesauro 35 • La tutela (giudiziale-amministrativa) nella fase istruttoria di Salvatore Muleo 40 LEGISLAZIONE • Legge 27.7.2000 n. 212 Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente. Testo aggiornato con le successive disposizioni legislative sino alla L. 15 dicembre 2016 n. 229. 48 • Prospetto comparativo del nuovo Statuto del contribuente proposto dal Prof. Gianni Marongiu, con accanto il testo vigente della Legge 212/2000 e le ulteriori proposte di modifica di Roberto Iaia, di Giuseppe Vanz, di Massimo Basilavecchia e di Roberto Lunelli 58 • Proposte di modifica del D.Lgs. 542/1992 di Salvatore Muleo e Alessandro Palasciano 77 GIURISPRUDENZA • Rassegna di Giurisprudenza a cura di Roberto Lunelli 78 CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI 107 Perché questa scelta e perché questo tema L o Statuto dei diritti del contribuente è, in quest’ultimo periodo, argomento di grande attualità. Il legislatore ha di recente modificato alcuni articoli della legge 27 luglio 2000 n. 212, da ultimo con le recenti leggi 24.9.2015 n. 156, 28.12.2015 n. 208, 17.10.2016 n. 189. Il nostro Presidente prof. Gianni Marongiu, già autore, quando sedeva in Parlamento, dello Statuto del contribuente, ha predisposto un nuovo testo dello stesso Statuto, che ha formato oggetto del recente convegno ANTI tenuto a Roma il 23.11.2016. Il Convegno è risultato particolarmente interessante per la presenza dei più qualificati esperti di diritto tributario, ed in particolare, oltre al prof. Marongiu, il prof. Gaetano Ragucci, l’avv. Roberto Iaia, il prof. Giuseppe Vanz, il prof. Massimo Basilavecchia, il prof. Augusto Fantozzi, il prof. Francesco Tesauro, il prof. Salvatore Muleo, il prof. Giuseppe Zizzo e il prof. Francesco Moschetti, i quali hanno tra l’altro proposto ulteriori modifiche al testo dello Statuto vigente ed a quello proposto dal prof. Marongiu. Il presente numero di riporta le relazioni tenute dai citati professori al Convegno di novembre e le relative proposte di modifica dello Statuto. Il Consiglio Nazionale dell’ANTI, visto l’interesse suscitato dal Congresso di Roma, ha ritenuto opportuno indire altri analoghi convegni, uno per le Sezioni dell’Italia Settentrionale, che si terrà a Milano il 24 marzo p.v., uno per l’Italia Centrale, che si terrà a Perugia entro la fine di maggio ed uno che si terrà a Catanzaro per l’Italia Meridionale il 7 e 8 aprile. In tali Convegni i partecipanti formuleranno ulteriori proposte che verranno discusse a Roma entro la fine del corrente anno, al fine di poter predisporre, da parte dell’ANTI, un nuovo testo dello Statuto dei diritti del contribuente frutto della collaborazione di tutte le Sezioni. In questo numero di sono quindi riportate le relazioni e le proposte formulate a Roma nel Convegno di novembre, che serviranno di base per i futuri Convegni e le relative proposte. Sono state altresì esaminate le vigenti norme del contenzioso tributario, con particolare riferimento agli articoli 19 e 47 (Salvatore Muleo) e 27 e 47 (Palasciano) del D.Lgs. 542/92. Le singole proposte di modifiche sono riportate, accanto ai testi vigenti, in un apposito prospetto, elaborato da Roberto Lunelli e da me integrate, nel settore “Legislazione”. Personalmente, considerate le ripetute modifiche apportate dal legislatore, quasi sempre a vantaggio del fisco, riterrei preferibile addivenire ad una proposta di legge costituzionale che non possa venir modificata da una legge ordinaria, o magari da un decreto legge, ogniqualvolta il Ministero delle Finanze ritenga scomoda una norma del diritto del contribuente. Naturalmente, se si ritiene che l’iter per addivenire ad una norma costituzionale sia troppo lungo e di difficile attuazione, si potrebbe proporre una legge ordinaria per l’immediata modifica o integrazione delle norme vigenti, e subito dopo formulare una proposta di legge costituzionale che tenga ovviamente conto anche delle prime proposte. Ritengo comunque che questo numero di NEOTEPA sarà molto utile agli effetti dei prossimi, ulteriori Convegni dell’ANTI sul tema, e naturalmente si tornerà in argomento con i successivi numeri della Rivista per esporre le ulteriori considerazioni e proposte che le Sezioni o i Soci dell’ANTI vorranno formulare. Claudio Berliri 4 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Il nuovo statuto del contribuente: un contributo di Gianni Marongiu 1. Mi perdonerete se ricorrerò ad alcune inevitabili semplificazioni. La nostra gloriosa associazione è, nella sua composizione, il riflesso di una lunga storia dei rapporti tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria. Almeno tre generazioni di professionisti, non pochi dei quali autorevoli docenti universitari, sono noti in Italia e nelle rispettive regioni per sapere fare valere le ragioni dei contribuenti nei confronti del fisco. Ragioni sostenute e difese con rigore, con passione, con dedizione in un contesto che, per altro, semplificò, per anni, il ruolo dei contendenti. L’uno, il fisco, chiedeva, il contribuente si opponeva. E il gioco si svolgeva, e si svolge, secondo regole anche esse consolidate da tempo perché le Commissioni tributarie, a torto o a ragione, sono da decenni considerate “giudici”. Il problema nostro, infatti, non ha mai riguardato le regole ma l’arbitro, e cioè il giudice. Si è dubitato e si dubita ancora che le Commissioni abbiano tutti i requisiti di un giudice terzo, indipendente e preparato professionalmente: e non a caso a tutti Voi è nota la lunga e indefessa opera svolta e sostenuta anche dall’Anti per fare delle Commissioni un giudice sempre più capace e idoneo. Ma della validità e anche della semplicità della disciplina di questo particolare processo nessuno ha mai dubitato, specie dopo la riforma del 1992. C’è chi dice, c’è chi replica, chi eccepisce, chi ribatte secondo alcune regole, l’onere della prova, il contradditorio, l’appello, che sono proprie di qualsiasi processo in un paese civile da centinaia di anni. Ma se questo è stato per decenni il nostro habitat, la nostra prevalente funzione, la realtà è, oggi, mutata e non poco mutata. L’ordinamento si è infatti arricchito di una serie di istituti volti a contenere il contenzioso, a deflazionarlo: non è certo il caso che li ricordi a Voi. In altre parole, il difensore del contribuente si trova ad interloquire con la burocrazia fiscale non solo davanti a un giudice terzo, ma direttamente con essa nel tentativo di evitare la successiva lite o di chiuderla, se già instaurata. Queste possibilità comportano effetti non irrilevanti ma soprattutto necessitano che si crei un nuovo contesto nel quale e del quale entrambe le parti condividano alcuni principi primi, alcuni principi generali per evitare che, come si dice con locuzione popolare, “il dialogo avvenga tra sordi”. Non a caso in dottrina si segnala il passaggio da una amministrazione di tipo oppositivo a una amministrazione giustiziale.1 Ma decidere, conciliare, transigere comporta l’assunzione di responsabilità e, come è noto, la nostra amministrazione pubblica, in genere, è restia ad assumersene. Occorre, quindi, coinvolgerla anche nella organizzazione delle nostre manifestazioni e convincerla che il contribuente è, oggi, un soggetto che, per pagare, deve molto fare e “il fare” costa, che esiste un generale contradditorio endoprocedimentale, diverso da quello processuale, che l’affidamento e la conseguente correttezza non sono parole della retorica ma un principio giuridico, che la conduzione e la gestione delle imprese è un’impresa ardua, etc. etc. Occorre, in altre parole, elaborare e diffondere una cultura di principi generali, quali sono consacrati nel vigente Statuto dei diritti del contribuente.2 Proprio per rinvigorirli e per ampliarli ne ho scritto una nuova edizione della quale dirò brevemente e che consegno alle riflessioni dei lettori. 2. Nel 1953 il prestigioso filosofo Norberto Bobbio scriveva: “L’esigenza della certezza rappresenta, senza dubbio, una delle regole più razionali della convivenza sociale poiché dà agli individui la sicurezza delle loro azioni, eliminando l’incertezza che deriva dall’agire irrazionalmente. Come si ottiene la certezza? Attraverso i requisiti fondamentali della norma giuridica: generalità, astrattezza, rigidità”. Al riguardo soggiungo che la certezza del diritto non è un miraggio ma è un dovere fondamentale del legislatore e lo si può ottenere. 1 Si vedano i contributi di R. SCHIAVOLIN, di L. TOSI, di G. RAGUCCI, di M. PIERRO, di F. PICCIAREDDA, di S. MULEO, di A. MARCHESELLI e di P. SELICATO, in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, Studi in onore del prof. Gianni Marongiu, Torino, Giappichelli, 2012, pp. 317 sg. 2 Per coglierne la pratica operatività è sufficiente ricordare la recente rassegna di giurisprudenza di G. Bertone, Lo Statuto dei diritti del contribuente, in Dir. prat. trib., 2016, n. 4, II, pp. 17261768. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Che non sia un miraggio o una vana speranza lo insegna la Corte costituzionale secondo la quale è “un dovere fondamentale degli organi legislativi formulare norme concettualmente e semanticamente precise, chiare e intellegibili nei termini impiegati, nelle finalità cui sono dirette, nelle indicazioni dei comportamenti richiesti perché il soggetto deve trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato” (così Corte cost., n. 364 del 1988). Che questo obiettivo sia raggiungibile è dimostrato dall’esistenza di plurimi strumenti cui non a caso una specifica dottrina dedica una particolare attenzione. E così alla tecnica legislativa in senso stretto che si occupa della redazione degli atti normativi, per migliorare la qualità della normazione si affiancano: a) l’analisi di fattibilità e l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) quali tecniche che permettono di valutare ex ante un testo normativo per verificare la sua adeguatezza sotto il profilo delle risorse materiali, finanziarie e personali in relazione agli obiettivi perseguiti e ai risultati attesi; b) il controllo di gestione o verifica di impatto della regolamentazione (VIR) quale analisi ex post delle effettive conseguenze e traguardi raggiunti nell’applicazione e nella attuazione dell’atto normativo.3 3. Con riguardo alla disciplina dei tributi, oggi, ripetuta, quasi assillante, è l’invocazione della certezza del diritto a fronte dell’ipertrofia legislativa e delle incertezze e delle contraddizioni che, nella interpretazione e nella applicazione delle leggi fiscali, connotano la giurisprudenza.4 Esigenza che non è più manifestata solo dai contribuenti, gravati da onerosi costi di adempimento, ma anche dall’amministrazione finanziaria, appesantita dai costi di gestione, nonché dalla giurisprudenza, sommersa, anche “in apicibus”, dall’enorme peso di un contenzioso continuamente rinnovantesi e impossibile da smaltire perché alimentato dalla mutevolezza e dalla opacità di discipline emergenziali.5 3 Si veda, amplius, G. Tiberi, Tecniche legislative in Dizionario di diritto pubblico, a cura di S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 2006, vol. sesto, pg. 5870. 4 Si veda G. RAGUCCI, L’etica del legislatore tributario e la certezza del diritto, in Riv. trim. trib., 2016, n. 2, pp. 441 sg. 5 “Complicato, instabile, costoso, pieno zeppo di vie di fuga e contraddizioni. Iniquo. Così percepiamo il fisco e per questo lo viviamo con diffidenza” scrive A. GIOVANNINI, Il re fisco è nudo. Per un sistema equo, Milano, Franco Angeli, 2016, p. 9. DOTTRINA Di qui nasce la diffusa invocazione della certezza del diritto, intesa come prevedibilità dell’applicazione della legge e come stabilità dei rapporti giuridici. Ma, a fronte della speranza coltivata da coloro che invocano una caratteristica virtuosa dell’ordinamento giuridico per la quale devono essere prevedibili le conseguenze connesse alle scelte del contribuente, si delineano anche le considerazioni di coloro per i quali la certezza non può indurre alla cristallizzazione delle regole giuridiche e tanto meno alla imposizione di precise regole di condotta. Di fronte all’apparente dilemma occorre, quindi, trovare una via d’uscita e la risposta giunge ancora dalla penna di Bobbio il quale soggiungeva: “Il valore della certezza del diritto è altresì dimostrato dal fatto che tutto il problema interpretativo viene posto e risolto dalla scienza giuridica in modo da non ammettere mai che vi possa essere da parte del giudice un’attività creativa. L’interpretazione potrà essere integrativa, nei limiti dei principi fondamentali, perché lo stesso ordinamento positivo ammette delle lacune ma sarà un processo di auto-integrazione, non di etero-integrazione, com’è sancito dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, per cui l’ordinamento giuridico deve trovare in se stesso i mezzi per colmare le proprie lacune; e, ancora una volta, il fine perseguito è la certezza del diritto”. Significativo il richiamo all’art. 12 del codice civile, ove è esplicito il riferimento “ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”, perché esso dovrebbe imporre all’interprete il rispetto dei “principi generali dell’ordinamento tributario” dettati dallo “Statuto dei diritti del contribuente”, così come, ovviamente, dei principi e delle regole costituzionali. Di qui la necessità di conoscerli, di praticarli e di dettarne di nuovi, se necessario. 4. Nella conseguente analisi è bene ricordare che, per quanto riguarda la disciplina fiscale, il confronto non può ridursi allo scontro tra l’ottimistica volontà degli uni e lo scetticismo degli altri. Infatti, nonostante che questa contrapposizione tra l’aspirazione alla certezza e la continua necessità delle norme di sopperire a nuove esigenze fosse ben presente, da decenni e decenni, coloro che scrissero la nostra Costituzione statuirono. al secondo comma dell’art. 53 Cost., che “il sistema tributario è informato al criterio della progressività”. E sarebbe fare un torto ai padri costituenti e alla loro diffusa cultura umanistica e scientifica, ipotizzare che usarono quella locuzione spinti dall’entusiasmo ottimistico che non può non sorreggere coloro che si accingono a un’opera così importante, impegnativa e fondamentale, la scrittura di una Carta costituzionale. 5 6 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Scrissero “sistema” perché solo un ordinamento chiaro e coerente consente una valutazione in relazione all’obiettivo perseguito, la tendenziale e voluta progressività.6 È bene, quindi, evitare la posizione di coloro, e furono tanti, che, decenni fa, di fronte alle difficoltà di dare un significato alla “capacità contributiva” si ridussero a sostenere che il primo comma dell’art. 53 Cost. era una norma programmatica e quindi era inutile un effettivo approfondimento. Se il costituente ha scritto “sistema” è preferibile, e sicuramente più utile, cercare di individuare quali sono gli strumenti idonei a determinare un sistema di norme la cui portata sia, in ogni caso, determinata o determinabile quanto al loro contenuto precettivo e quanto alla sfera temporale, territoriale, personale di efficacia. Allo scopo, infatti, sussistono gli strumenti volti a meglio soddisfare l’esigenza della certezza e per convincersene è sufficiente ricordare che essi non si limitano alle forme di pubblicità giuridica che consentono l’astratta conoscibilità del diritto per i destinatari. Mi riferisco all’adozione di tecniche redazionali che assicurino la reperibilità, la chiarezza e la comprensibilità del testo, nonché l’assenza di antinomie, l’espressione in forma generale e astratta delle singole fattispecie, il divieto di efficacia retroattiva e di discriminazioni, il contenimento dei trattamenti di favore e di esenzione che possono creare un contro ordinamento più robusto di quello impositivo e presieduto da tante e forti corporazioni che impediscono qualsiasi mutamento; per non dire dei limiti alla modificabilità delle situazioni giuridiche, il giudicato, la preclusione, la prescrizione, la decadenza, per superare qualcuno dei quali, negli anni recenti, si è arrivati a sostenere che non v’è differenza tra raddoppiare un termine (di decadenza) e riaprirlo quando scaduto. 5. I mezzi, gli strumenti esistono, si riconosce, ma oggi la certezza del diritto, si soggiunge, è minata da una ipertrofia legislativa che è necessitata. In altre parole, si osserva, la certezza del diritto era figlia della divisone dei poteri e del dogma della legge quale norma generale e astratta e rappresentava la garanzia delle libertà individuali che si realizzava in ragione dell’astratta prevedibilità del sillogismo, lo strumento di passaggio tra la norma e la sua concreta applicazione: di 6 Si veda L. CARPENTIERI, Prelievo eccessivo vs. equità: il difficile punto di equilibrio dei sistemi fiscali moderni, in Riv. trim. dir. trib., 2015, n. 1 pg. 41-58 e anche G. MARONGIU, La progressività delle imposte nel pensiero e nell’opera di Ezio Vanoni, in Attualità del pensiero di Ezio Vanoni, Atti del convegno organizzato dall’ANTI, 2001, pg. 45-83. qui la gloriosa stagione delle codificazioni con la conseguente emersione di regole destinate a guidare l’attività dell’interprete. Ma, oggi, si scrive, l’affermazione e la diffusione di un diverso stato di diritto, non più legato alla sola tutela delle libertà, ma volto al soddisfacimento dei diritti sociali e di intervento nel settore economico, ha messo in crisi l’ideale codicistico di certezza del diritto. In altre parole si afferma che la generalità e l’astrattezza delle norme sarebbero diventate un mito, irrealizzabile, a fronte della necessità di provvedere, per ragioni sociali, a esigenze concrete e particolari; di qui, si soggiunge, l’inflazione legislativa. Per altro pare di poter replicare che non mancano argomenti a favore della permanente necessità di provvedere nel rispetto della certezza del diritto. In primo luogo la constatazione che il pagamento dei tributi è un vecchio dovere di solidarietà e non un nuovo diritto sociale. E nelle discipline di questo dovere è bene dettare norme generali e astratte perché esse facilitano il controllo sulla loro coerenza e sulla loro intrinseca razionalità cui sono soggette in applicazione del combinato disposto degli artt. 3 e 53 Cost. Anzi soggiungo che questa opzione non è solo opportuna ma anche doverosa perché l’inflazione di esenzioni, agevolazioni, deduzioni rende più difficile il controllo sull’equa distribuzione dei carichi fiscali. Queste regole eccezionali dovrebbero, quindi, essere sottoposte, periodicamente, alla verifica della loro permanente utilità onde evitare che si tramutino in inaccettabili privilegi. E l’indifferenza su questo doveroso riscontro si spiega solo perché non si tende a parlare dei privilegi degli altri per evitare che siano messi in discussione i propri. Ma dietro la congiura del silenzio sta l’offesa alla coerenza intrinseca dell’ordinamento che perde sempre più (come sta accadendo) il suo connotato di “sistema” voluto e consacrato nella Costituzione. In sintesi, l’ideale della giustizia sociale si corrompe e si risolve in un ingovernabile intreccio di arbitri se viene staccato dalla impersonalità delle leggi (Paladin 1965). 6. In secondo luogo si sostiene che, oggi, l’aspirazione alla certezza del diritto sarebbe minata non solo dalla ipertrofia legislativa ma anche dal pluralismo sociale e istituzionale che determina il moltiplicarsi dei centri di produzione normativa con le conseguenze che l’atto normativo “legge” subirebbe la concorrenza di altri atti che godono parimenti del regime giuridico tipico degli atti normativi primari. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI In questo contesto i criteri di svolgimento dell’attività interpretativa non sempre consentirebbero di pervenire agevolmente alla individuazione del diritto applicabile a un determinato caso. Se questa è la descrizione del possibile contrasto tra l’auspicata certezza del diritto e l’incertezza che può realizzarsi a livello interpretativo, ricordo che la disciplina delle prestazioni patrimoniali imposte è subordinata, ex art. 23 Cost., alla riserva di legge. La legge, in senso tecnico-giuridico, dovrebbe quindi essere la parte più importante dei nostri obblighi fiscali. Certo non è l’unica perché un tributo può essere istituito e disciplinato anche da un decreto-legge (convertito in legge) ma, a sua volta, questo atto di normativa primaria dovrebbe essere eccezionale, emanato, come statuisce l'art, 77 della Costituzione, solo in casi straordinari di necessità e d’urgenza e non a fiumi come accade nella nostra concreta esperienza fiscale.7 E i rimedi per arrestare questo diluvio vi sono perché la nostra Costituzione prevede organi autorevoli di garanzia (non toccati dal prossimo referendum) e i padri costituenti non avrebbero potuto esser più chiari nel sancire la residualità del decreto-legge, “previsto in casi straordinari di necessità e d’urgenza”. Nulla di più e nulla di meglio si poteva statuire in quella che alcuni definiscono la “più bella costituzione del mondo”, ma ho la sensazione che, al di là degli omaggi formali, alcuni di questi sacerdoti sonnecchino. E i decreti legge, oggi, in materia fiscale, sono emanati anche per modificare le norme procedimentali offendendo così non solo la certezza del diritto ma anche il diritto alla difesa. Rilievi che anche la Corte di Cassazione condivide là dove a proposito di una norma interpretativa introdotta con decreto legge scrive: “Si aggiunga, poi, che, come è accaduto nel caso di specie, in materia fiscale gli interventi interpretativi sono sempre pro Fisco, in quanto dettati da ragioni di cassa ( nell’intento di realizzare maggiori entrate). Non sono ispirati, quindi, alla esigenza di realizzare la certezza del diritto, ma soltanto a garantire gli interessi di una delle parti in causa. Ciò non facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente basato sul principio della collaborazione e della buonafede, come vorrebbe lo Statuto del contribuente (art. 10, comma 1, della L. n. 212/2000). “Nel caso di specie, poi, non è facile distinguere l’Amministrazione finanziaria, parte in causa, dal legislatore, posto che la norma interpretativa è stata approvata con decre- DOTTRINA to-legge del Governo, convertito in una legge, la cui approvazione è stata condizionata dal voto di fiducia al Governo. “Tanto che se fosse stato diverso l’orientamento del collegio (rispetto alla scelta legislativa) non ci si sarebbe potuti esimere dal valutare la compatibilità della procedura di approvazione dell’art. 36, comma 2, del D.L. n. 23/2006, con il parametro costituzionale di cui all’art. 111 Cost., che presuppone una posizione di parità delle parti nel processo, posto che, nella specie, l’Amministrazione finanziaria ha avuto il privilegio di rivestire il doppio ruolo di parte in causa e di legislatore e che, in questa seconda veste, nel corso del giudizio ha dettato al giudice quale dovesse essere, pro domo sua, la corretta interpretazione della norma sub iudice”.8 In conclusione, il rigoroso rispetto delle regole costituzionali nella produzione normativa gioverebbe anche all’interprete chiamato, comunque, anch’esso al rispetto della coerenza, della razionalità, del sistema. 7. Infine, una parola sulla c.d. “semplificazione normativa”. È evidente, infatti, che la cattiva formulazione del testo normativo, l’ambiguità delle espressioni usate dal legislatore, la stratificazione di atti normativi succeduti nel tempo, richiamati, sostituiti, modificati, autenticamente interpretati rappresentano un fenomeno di forte inquinamento e stravolgimento del dato normativo e sono tra le prime cause che alimentano l’incertezza. Non a caso il popolo dei contribuenti e il ceto dei professionisti invoca, a gran voce, la semplificazione normativa che può contribuire alla certezza del diritto. E la semplificazione a sua volta agevola la comprensione. E in una stagione nella quale continua è l’invocazione dei nuovi diritti sociali credo che non possa mettersi in dubbio che il primario diritto di ciascuno è capire, capire il più facilmente possibile. Se decine di milioni di persone, di diversa estrazione sociale, di differente livello culturale sono chiamati a contribuire alle spese pubbliche, ciascuno di loro ha diritto a comprendere “perché paga, quanto paga, come paga, dove paga”. E quindi la politica di semplificazione deve muoversi curando la tecnica redazionale dei testi normativi, agevolando la loro facile reperibilità, la loro diffusione, la loro conoscenza, la loro comprensione. E se questi “beni” irrinunciabili, questi diritti non sono garantiti, ebbene l’ordinamento deve prevedere una reazione, impedendo che sia sanzionato chi, in presenza di quelle insormontabili difficoltà, non ha rispettato il dettato normativo. 7 Si veda G. MARONGIU, Il Parlamento convertito alle “conversioni”: l’abuso del decreto legge fiscale, in Riv. trim. dir. trib., 2012, n. 3, pp. 653-684. 8 Così Cass. civ., sez. un., 30 novembre 2006, n. 2550. 7 8 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI 8. Ebbene, nel 2000, si fece una apertura di credito al legislatore e ne è riprova la formulazione dell’art. 2 del vigente Statuto di diritti del contribuente ma proprio il legislatore è il soggetto che, a differenza della dottrina e della giurisprudenza, più ha disatteso e tradito le regole dettate dallo Statuto, Ma, cari amici, diciamoci la verità su questo tradimento. Chi è, oggi, il vero legislatore tributario? Il Parlamento, nonostante la sua articolazione in due rami (o forse proprio perciò) ha rinunciato da tempo a svolgere le sue funzioni di legislatore tributario. Con l’uso e l’abuso del decreto legge le norme non sono quasi mai scritte all’interno delle Camere tramite la collaborazione delle qualificate burocrazie che assistono le diverse Commissioni in cui sono articolati la Camera e il Senato. Sono scritte dalle burocrazie ministeriali che se le scrivono molto spesso a loro uso e consumo (quasi sempre per fare cassa), se le interpretano, le applicano e tentano anche di condizionare l’operato dei giudici. 9. In conclusione, cari amici e colleghi, è vero che, oggi, non è facile garantire la certezza degli atti normativi, ma è altrettanto vero che esistono i mezzi per avvicinarsi di più ad essa, all’obiettivo voluto e garantito dalla Costituzione. E fra questi strumenti vi è anche il rinnovato “Statuto dei diritti del contribuente” i cui principi generali, per riprendere le parole di Norberto Bobbio, possono, anzi debbono aiutare l’interprete. Lo insegna la Corte di Cassazione che così scrive: “Il legislatore (è quello dello Statuto) ha manifestato esplicitamente l’intenzione di attribuire ai principi espressi nelle disposizioni dello Statuto, o desumibili da esso una rilevanza del tutto particolare nell’ambito della legislazione tributaria e una sostanziale superiorità rispetto alle altre disposizioni vigenti in materia. Nella categoria dei principi giuridici è insita inoltre la funzione di orientamento ermeneutico e applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto. “Ne consegue, insegna ancora la Corte di Cassazione, che, enucleati, dall’art. 1, 1° comma, quattro enunciati – a) l’autoqualificazione delle disposizioni dello Statuto come attuative della Costituzione; b) il valore di tali norme, come principi generali dell’ordinamento tributario, c) il divieto di deroga o modifica delle orme, in modo tacito; d) il divieto di deroga o modifica mediante leggi speciali, quale che possa essere l’incidenza dei quattro enunciati normativi contenuti nel 1° comma dell’art. 1 della legge n. 212 del 2000… è certo, però, che alle specifiche clausole rafforzative di autoqualificazione delle disposizioni stesse come attuative delle norme costituzionali richiamate e come principi generali dell’ordinamento tributario, deve essere attribuito un preciso valore normativo”. E poiché “…il tratto comune ai quattro distinti significati della locuzione ‘principi generali dell’ordinamento tributario’ è costituito, quanto meno, dalla superiorità assiologica dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete”…“il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge n. 212 del 2000 deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi statutari” (così Cass. sez. trib., 10 dicembre 2001, n. 17576, in Giur.it., I, p. 2194 e anche Cass. sez. trib., 30 marzo 2001, n. 4760). E “questa prescrizione non è diretta soltanto al futuro legislatore tributario, ma si riflette come criterio interpretativo sull’esercizio della stessa attività applicativa dell’interprete, che è chiamato ad applicare quei principi anche con riferimento a leggi tributarie che non siano state oggetto di correzione, vale a dire virtualmente tutte le altre norme dell’ordinamento tributario” ( così Cass. sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080). Quella che presento è appena la bozza di un nuovo Statuto che consegno alle riflessioni, ai suggerimenti, alla operosa attività di tutti i lettori. Genova, 20 ottobre 2016 Gianni Marongiu L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI DOTTRINA Lo statuto dei diritti del contribuente (Nuova proposta) di Gianni Marongiu Art. 1 Principi generali (parzialmente nuovo) 1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3,23,53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. 2. Queste disposizioni si applicano a tutti i tributi quale che sia l’ente impositore. Art. 2 Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie (parzialmente nuovo) 1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge, nonché tutti gli atti normativi che contengono disposizioni tributarie, devono menzionare l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute. 2. Gli atti di cui al 1° comma, che non hanno un oggetto tributario, non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima. 3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio. 4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere formulate riportando il testo conseguentemente modificato. La violazione da parte del leigslatore di questa norma comporta la non applicazione di qualsiasi tipo di sanzione1. Art. 3 Entrata in vigore delle disposizioni tributarie (nuovo) L’entrata in vigore di una norma e/o fonte primaria non può essere subordinata all’emanazione di una fonte secondaria e/o di un regolamento e/o di un atto amministrativo e/o di una circolare. 1 Si veda l'art. 17 Art. 4 Efficacia temporale delle norme (parzialmente nuovo) 1. Le disposizioni tributarie, sostanziali e procedimentali, non hanno mai effetto retroattivo. Le nuove disposizioni o le modificazioni o le integrazioni di quelle già esistenti, intervenute nel corso di un periodo di imposta, si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.2 2. L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta solo in casi eccezionali con legge ordinaria qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica. 3. Le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al novantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. 4. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati, fatta eccezione per quelli riferiti a eventi naturali imprevedibili. Art. 5 Interpretazione delle disposizioni tributarie (nuovo) L’interpretazione delle norme tributarie deve avvenire in coerenza con il fatto individuato dalla legge come indice di capacità contributiva e in applicazione dello stesso principio. Nessuna interpretazione di norme fiscali può comportare la doppia imposizione sullo stesso fatto economico. È legittima l’interpretazione analogica delle norme in bonam partem, e cioè a favore del contribuente. 2 I principi sanciti in questo primo comma sono comunemente accettati da gran parte delle legislazioni nazionali di tutto il mondo e sono codificati nel “Modello di Statuto del contribuente” a carattere internazionale (si veda P.VALENTE – I. HAYES – D. BARMENTLO, Il Model taxpayer Charter). 9 10 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Art. 6 Utilizzazione del decreto legge (nuovo) Con il decreto-legge si possono istituire solo tributi straordinari (della durata di un anno) per provvedere a esigenze straordinarie e urgenti e si possono, altresì, aumentare o diminuire le aliquote dei tributi ordinari; non si può, invece, disporre l’istituzione di nuovi tributi ordinari né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti passivi, né introdurre nuove norme procedimentali. La violazione di questa norma comporta la non applicazione delle sanzioni tribuarie di qualsiasi natura. Art. 7 Informazione del contribuente (identico) Le autorità fiscali devono assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia tributaria, anche curando le predisposizioni di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizioni dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. Le autorità fiscali devono altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale da consentire aggiornamenti in tempo reale, ponendola a disposizione gratuita dei contribuenti. 2. Gli enti impositori e i concessionari della riscossione devono portare a conoscenza dei contribuenti, tempestivamente e con i mezzi idonei, tutte le circolari e le risoluzioni da essi emanate nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti. Art. 8 Conoscenza degli atti e semplificazione (identico) 1. L’amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. A tal fine essa provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da comunicare. Gli atti sono in ogni caso comunicati con modalità idonee a garantire che il loro contenuto non sia conosciuto da soggetti diversi dal loro destinatario. Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari. 2. L’amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dalla quale possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito. 3. L’amministrazione finanziaria assume iniziative volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in generale, ogni altra propria comunicazione siano messe a disposizione del contribuente in tempi utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli. 4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti e informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti e informazioni sono acquisiti ai sensi dell’art. 18, commi 2 e 3, della L. 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d’ufficio di fatto, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa. 5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto a effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma. Art. 9 Buona fede e affidamento (parzialmente nuovo) 1. I rapporti tra i contribuenti e qualsiasi autorità fiscale sono improntati reciprocamente ai principi della collaborazione e della buona fede che si applicano in ogni fase del procedimento applicativo dei tributi, nella fase della dichiarazione, in quella dell’accertamento, in quella processuale nonché nella fase della riscossione. 2. Non sono dovute imposte né sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente qualora L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti delle autorità fiscali, ancorchè successivamente modificati dalle stesse o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti conseguenti a ritardi, omissioni o errori degli enti stessi. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme tributarie o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. DOTTRINA Art. 12 Disciplina dell’abuso del diritto e elusione fiscale (identico salvo l’ultimo comma statuendo la non applicabilità delle sanzioni amministrative tributarie, considerata anche la vaghezza dell’attuale formulazione) Art. 13 Interpello del contribuente (identico) Art. 14 Chiarezza e motivazione degli atti (identico salva la previsione esplicita dell’annullabilità) Art. 10 Tutela dell’integrità patrimoniale (confermato ma ridotto) Art. 11 Autotutela (nuovo) Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi e quindi indicando, a pena di annullamento, i presupposti di fatto, e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, deve essere semore allegato all’atto che lo richiama. 2. Gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, a pena di annullabilità: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) la modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili. 3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. In applicazione dei principi è dovere di qualsiasi ente impositore di adeguare la tassazione al corretto rapporto norma-fatto, indice di capacità contributiva. In applicazione e in coerenza con questo principio, gli enti impositori debbono annullare in autotutela qualsiasi atto e/o pretesa che si riveli in contrasto con il principio di cui al primo comma.3 Art. 15 Diritti del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (identico salva la formulazione dell’ultimo periodo del 7° comma il quale risulta così formulato: “L’avviso di accertamento, a pena di nullità, non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo caso di particolare e motivata urgenza) 1. L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione. 2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario. 3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile. 4. L’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fidejussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata. 5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione. Sono abrogati i commi 6-7-8. 3 Con lettera circolare n. 195 del 5 agosto 1998 (l’anno successivo all’entrata in vigore del regolamento sull’autotutela dell11 febbraio 1997, n. 37) il Ministero delle finanze ricordava agli uffici che l’autotutela non è un “optional” e l’atto illegittimo è annullabile senza limiti di tempo: sui corollari applicativi si veda T. MORINA- G. MORINA, Il fisco riscopre l’autotutela per eliminare le liti inutili, in Il fisco, 2015, n. 43, p. 29-34 i cui provvidi suggerimenti sono in gran parte inattuati. 11 12 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Art. 16 Principio generale del contraddittorio endo-procedimentale4 (nuovo) 1. Nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, ogni provvedimento impositivo o sanzionatorio deve essere preceduto dalla notifica al destinatario di un processo verbale di constatazione, motivato in base alle risultanze della precedente istruttoria. 2. Entro sessanta giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. Prima del decorso di tale termine, l’atto impositivo o sanzionatorio non può essere emanato. 3. Il provvedimento di cui al comma 1 è specificamente motivato, anche in relazione alle osservazioni e richieste fornite dal contribuente nel termine di cui al comma 2. 4. Il contribuente ha l’onere di eccepire la nullità conseguente alla violazione da precetti di cui ai precedenti commi con il ricorso introduttivo del processo di primo grado. Art. 17 Sanzioni (nuovo) In applicazione del principio di proporzionalità di derivazione comunitaria: a) le sanzioni amministrative pecuniarie non possono superare, anche nei casi più gravi, i due terzi della maggiore imposta accertata a carico del contribuente; b) gli interessi sulle somme pagate in ritardo non devono superare il tasso legale; c) qualunque provvedimento sanzionatorio deve essere preceduto da una contestazione specifica e non può comunque essere emanato per una somma inferiore a centro euro. Art. 18 – Garante del contribuente (identico) Art. 19 – Diritto al risarcimento dei danni (nuovo) Ogni contribuente ha diritto al risarcimento dei danni cagionati dagli enti indicati nell’art. 1 e dai loro funzionari nell’esercizio delle loro funzioni. Prof. Gianni Marongiu 4 Si veda F. AMATUCCI, L’autonomia procedimentale tributaria nazionale e il rispetto del principio europeo del contraddittorio, in Riv.trim.dir.trib., 2016, n. 2, pp. 257-276. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI DOTTRINA Contraddittorio tributario e “giusto procedimento” nella giurisprudenza costituzionale di Gaetano Ragucci 1. La giustizia costituzionale è un valore connaturato allo stato di diritto, in quanto fondato sulla tutela dei diritti fondamentali e sulla sottoposizione dell’attività politica a un controllo di tipo giurisdizionale; e, nel tradursi in atto, agisce in equilibrio con gli organi politici e con le altre istituzioni di garanzia. Pertanto l’apporto della Corte costituzionale alla stabilizzazione del c.d. principio del contraddittorio, e cioè al riconoscimento del diritto del destinatario dell’atto a essere sentito prima della sua emanazione, (se vi sarà) potrà essere indiretto, per il rispetto dovuto alla discrezionalità del legislatore, e anche all’autonomia e all’indipendenza della magistratura. A dare profondità a questa prospettiva concorre, sul versante dei rapporti con il legislatore, il trend favorevole alla moltiplicazione delle fattispecie di contraddittorio nei procedimenti tributari, che ha ricevuto impulso anche dai criteri della legge di delega n. 23/2014,1 e dal recente intervento sulla disciplina dell’interpello c.d. disapplicativo.2 Dunque, un intervento positivo della Corte non interferirebbe con la sfera della discrezionalità politica, mentre occorrerebbe verificare la sua compatibilità con le indicazioni della giurisprudenza. Su questo versante le cose sono tuttavia più complicate. 1 La tendenza si manifesta a partire dalla riforma del 1997, con l’introduzione di forme di contraddittorio nel procedimento di irrogazione delle sanzioni (art. 16 d.lgs. n. 472/1997), nei controlli formali (art. 6 L. n. 212/2000; art. 36-bis e 36-ter d.p.r. n. 600/1973; art. 54-bis d.p.r. n. 633/1972), nelle verifiche fiscali (art. 12 c. 7 L. n. 212/2000), nell’accertamento sintetico (art. 38 d.p.r. n. 600/1973), nel recupero a tassazione dei c.d. costi black list (art. 110 c. 11 T.U.I.R.), nella disciplina di contrasto dell’elusione (art. 37-bis d.p.r. n. 600/1973). Nella stessa direzione ha mosso la L. n. 23/2014 per un sistema fiscale più equo trasparente e orientato alla crescita, che, pur senza prefigurare una clausola di applicazione generale, ha tuttavia prescritto l’introduzione di “forme di contraddittorio propedeutiche all’adozione degli atti di accertamento dei tributi” funzionali al rafforzamento della reciproca collaborazione tra le parti del rapporto d’imposta (art. 1 c. 1 lett. b, L. cit.); l’ulteriore rafforzamento “nella fase dell’indagine”, con la “subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione” al suo esaurimento (art. 9 c. 1 lett. b, L. cit.); e la sua conservazione nella disciplina antiabuso (art. 5 lett. f, L. cit.). 2 Art. 6 c. 2 d.lgs. 156/2015. Infatti, a fronte di un’opzione legislativa non ostativa alla generalizzazione del contraddittorio, si pongono indicazioni giurisprudenziali disomogenee. Da un lato, v’è una giurisprudenza di merito consapevole del pregiudizio dipendente dai limiti al potere di accesso del giudice al fatto, e pertanto generosa di applicazioni estensive di un istituto che sembra capace di porvi in qualche misura rimedio. Dall’altro, una giurisprudenza di legittimità incline, invece, a giudicare per principi, quando non in termini di politica legislativa, che in un primo momento si è dimostrata restia a ricavare dalla fattispecie codificate le conseguenze dovute in tema di doverosità del contraddittorio, di motivazione rafforzata e di conseguenze delle relative violazioni sulla validità degli atti. E che, chiamata poi a pronunciarsi su fattispecie prive di copertura legislativa, è caduta in contraddizione nell’ammettere per subito dopo negare – nelle due sentenze SS. UU. n. 19667/2014 sull’ipoteca esattoriale, e SS. UU. n. 24823/2015 sulle verifiche c.d. “a tavolino” – l’immanenza nell’ordinamento tributario di un principio generale che lo avesse prescritto, anche per i c.d. tributi “non armonizzati”. Si tratta di differenze di approccio le cui cause è inutile indagare, ma il cui effetto è un pregiudizio per l’efficienza della ricerca del diritto per via giudiziaria: da qui l’interesse per una verifica dello stato dell’arte sul versante della giurisprudenza costituzionale, in quanto depositaria dei valori fondativi dell’ordinamento. 2. Si potrà anche dire che le sentenze della Corte di legittimità vincolano l’interpretazione delle disposizioni sottoposte al giudizio di costituzionalità. Il dato che tuttavia si impone è che l’accertamento del “diritto vivente” è un potere-dovere che spetta alla Corte costituzionale.3 E che nella sentenza n. 132/2015 questa lo ha esercitato giungendo a conclusioni sull’effettività del principio del contraddittorio, che sembrano lasciare poco spazio a ripensamenti. 3 Corte cost. sentenze n. 210/1992; n. 171/1996; n. 156/1999; n. 336/2002; n. 229/2003; n. 460/2005; n. 480/2005; n. 266/2006; n. 234/2007. 13 14 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Per dimostrarlo non occorrerà soffermarsi sulla parte della sentenza in cui la Corte ha riconosciuto al diritto al contraddittorio il rango di principio generale del diritto europeo – con espressioni che meriterebbero di essere valorizzate all’interno di un circuito di “reciproca influenza” (più che come sintomi di un “contagio”, come si usa ripetere), messo in moto con la codificazione del diritto alla buona amministrazione nella Carta di Nizza – perché l’indagine imboccherebbe un percorso che porterebbe troppo lontano. Da sottolineare, invece, che nel pronunciarsi sull’assunta irragionevolezza della previsione della nullità dell’atto notificato ante tempus contenuta nell’art. 37bis d.p.r. n. 600/1973, la Corte ha preso atto della giurisprudenza che nel frattempo ne aveva dichiarato l’applicabilità anche a fattispecie non codificate di abuso (facendo venire meno l’invocato tertium comparationis). E, soprattutto, che ha “collegato idealmente” la sopravvenuta giurisprudenza, come loro naturale svolgimento, ai precedenti conformi delle Sezioni Unite,4 concludendo che “l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, a pena di nullità dell’atto finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso”. In presenza di un “orientamento non isolato” dei Giudici di legittimità, che “tende a riconoscere forza espansiva” alla regola contenuta nell’art. 37-bis cit., la Corte ha quindi negato la ricorrenza di un diritto vivente in base al quale gli atti emessi senza contraddittorio fossero da considerare ciò non ostante validi. E ne ha persino prospettato conseguenze sull’interpretazione dell’art. 20 d.p.r. n. 131/1986, per l’eventualità che gli si dovesse riconoscere una funzione antielusiva, affermando che “la mancanza dell’espressa previsione, in essa, del contraddittorio anticipato non sarebbe comunque di ostacolo all’applicazione del principio generale di partecipazione del contribuente al procedimento”. Sarebbe stato sufficiente questo passo a rendere chiara la posizione della Corte sul tema in discussione. Ma ancora più eloquenti, se possibile, sono gli argomenti portati a confutazione del secondo profilo di illegittimità sottoposto al suo giudizio, relativo alla sospetta violazione dell’art. 53 Cost. a motivo del fatto che l’art. 37bis cit. avrebbe prescritto la nullità dell’atto impositivo notificato anche a pochi giorni dallo spirare del termine. A esplicitazione della posizione di principio già espressa nella sentenza n. 244/2009, nella sentenza che 4 Corte Cass. SS. UU. n. 18184/2013, e n. 19667/2014. si è pronunciata sulla disciplina del contraddittorio in materia antielusiva si legge: “la sanzione della nullità dell’atto conclusivo del procedimento assunto in violazione del termine [...] trova [...] ragione in una divergenza dal modello normativo che, lungi dall’essere qualificabile come meramente formale o innocua, o come di lieve entità, è invece di particolare gravità, in considerazione della funzione di tutela dei diritti del contribuente della previsione presidiata dalla sanzione della nullità, e del fatto che la violazione del termine da essa previsto a garanzia dell’effettività del contraddittorio procedimentale impedisce il pieno svolgersi di tale funzione”. Dove l’accento cade sulla funzione di garanzia della posizione giuridica soggettiva del contribuente, che il contraddittorio assicura prima che l’amministrazione provveda nei suoi confronti. 3. A confronto con queste espressioni, la posizione assunta dalle SS.UU. della Corte di cassazione nella sentenza di poco posteriore n. 24823/2015 ha una valenza marcatamente regressiva. In un contesto di deliberata svalutazione dei precedenti di segno contrario – di cui fanno fede la postulazione di un carattere di eccezionalità alla disciplina dell’ipoteca esattoriale,5 e l’accentuazione della matrice europea del divieto di abuso6, entrambe finalizzate a limitare la portata delle massime giurisprudenziali che vi avevano innestato il principio del contraddittorio – le SS.UU. hanno negato che dalla sentenza Corte Cost. n. 132/2015 sia ricavabile un contributo utile alla soluzione del problema. La Corte, infatti, avrebbe rinunciato a prendere posizione sull’esistenza di una clausola generale che garantisce il contraddittorio, tanto che la sentenza si svilupperebbe attraverso proposizioni del tutto “non significative”. Inoltre, l’evocazione del principio di ascendenza europea sarebbe generica, e finalizzata alla delibazione dell’ammissibilità della questione; mentre la soluzione della questione sottoposta al suo giudizio sarebbe affidata all’unico rilievo della sopravvenuta giurisprudenza di legittimità.7 Perciò cade nel nulla l’importantissimo riferimento alla forza espansiva del principio capace di legittimarne applicazioni anche a fattispecie prive di copertura legale, didascalicamente esemplificato con riferimento 5 Corte Cass. SS.UU. n. 24823/2015, punto 4.1. dei motivi di diritto. 6 Corte Cass. SS.UU. n. 24823/2015, punto 4.2. dei motivi di diritto. 7 Corte Cass. SS.UU. n. 24823/2015, punto 5. dei motivi di diritto. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI al controverso art. 20 d.p.r. n. 131/1986. Ed è del pari trascurato l’argomento che ha negato all’omissione del contraddittorio il rango di irregolarità formale, difendendone invece la funzione di garanzia dei diritti del contribuente. Omissioni tanto più significative in quanto pertinenti a specifiche questioni di rilevanza costituzionale che la Corte di cassazione aveva ritenuto non manifestamente infondate nell’ordinanza di remissione che aveva aperto la strada all’intervento dei Giudici costituzionali. Senza arrivare ad aprire un contrasto tra le due Corti, la sentenza delle SS. UU. n. 24823/2015 ha dunque lasciato emergere una frizione tra gli argomenti delibati nei principali arresti giurisprudenziali sul principio del contraddittorio. Il che non è un male, se, come diceva Eraclito, anche “… la giustizia è contesa, e tutto accade secondo contesa e necessità”. Anzi, non lo sarà nella misura in cui, tornando sull’argomento, la Corte costituzionale vorrà preservare la coerenza della disciplina dei procedimenti tributari, contenere la giurisdizione di legittimità nei limiti propri della nomofilachia, ed evitare i costi dell’inefficienza amministrativa e del contenzioso che dalla negazione di tutto ciò discendono. Si tratta, in una parola, di un problema di certezza del diritto, che è tra i primi valori che la Corte ha il compito di tutelare. 4. Se ci si propone di risolvere il problema secondo la logica che gli è propria, e al riparo dalle pregiudiziali negative che sin qui ne hanno impedito la soluzione, è utile rifarsi alla giurisprudenza costituzionale sul “giusto procedimento”, per osservare in che modo è stato affrontato e risolto con riferimento ai procedimenti amministrativi comuni. Questa prospettiva ha il pregio di mettere sotto gli occhi l’insufficienza del canone della legalità, intesa come corrispondenza al dettato della legge, dell’amministrazione dei tributi; e di dischiudere una dimensione che non sempre la giurisprudenza ordinaria vuole indagare (ed è invece cruciale), ossia legittimità dell’azione pubblica diretta all’applicazione imparziale della legge d’imposta. Il primo dato che si acquisisce una volta guadagnato un più elevato punto di osservazione è che il giusto procedimento fa il proprio ingresso nella giurisprudenza costituzionale oltre cinquanta anni fa con la sentenza n. 13/1962, nella quale per la prima volta compare come forma necessaria della funzione amministrativa. Ad avviso dei Giudici dell’epoca vi avrebbero concorso due regole: a) la separazione, ai fini della limitazione dei diritti individuali, tra norma e provvedimento, assunta a base di una “riserva di amministrazione” concepita come corollario del principio di legalità; b) la previsione di DOTTRINA regole che consentano ai privati di prendere parte al procedimento a tutela dell’interesse proprio e dell’interesse pubblico, prima che l’autorità pubblica abbia provveduto. Ridotte a unità, queste due regole si sarebbero saldate in un “principio generale dell’ordinamento giuridico dello Stato”,8 di cui nell’occasione la Corte non indicò il fondamento costituzionale. È però risaputo che la giurisprudenza successiva ha ridimensionato il varco dischiuso dalla sentenza n. 13/1962 alla definitiva affermazione del principio. La tesi della riserva di amministrazione ha dovuto soccombere alla marea montante di pronunce di ammissibilità delle c.d. leggi-provvedimento (salvo il controllo di legittimità della Corte), e perciò alla negazione della necessità di distinguere il disporre in via generale e astratta dal provvedere per serie o per singoli casi, che essa sottintendeva. Neppure il diritto di essere sentiti prima di subire un provvedimento limitativo ha avuto miglior sorte, se è vero che la Corte ne ha ripetutamente negato la radice costituzionale, pur salvaguardandone il rango di principio generale dell’ordinamento.9 Un punto relativamente fermo (anche se, come dirò, non privo di criticità) è invece che la garanzia dell’art. 24 Cost. sarebbe già assicurata all’interno del giudizio, attraverso un contraddittorio destinato ad attuarsi avanti a una autorità terza e imparziale.10 Dopo un inizio promettente, la giurisprudenza sul giusto procedimento ha dunque subito una involuzione, che conferma un giudizio generale di scarsa incisività dell’opera della Corte, per la diffusione dei valori costituzionali nella pubblica amministrazione. Vi sono state però anche pronunce che, per quanto insufficienti a innovare l’indirizzo prevalente, “ne hanno scalfito, con eloquenti allusioni e obiter dicta, alcuni dei percorsi logici più di sovente seguiti”.11 Talora, il giusto procedimento vi è discusso secondo una logica “soggettivo-garantista”, per la quale esso dovrebbe assicurare la migliore protezione delle situazioni 8 Corte cost. n. 13/1962, punto 4 del considerato in diritto. Corte cost., sentenze n. 59 /1965; n. 212/1972; n. 23 /1978; n. •/1980; nn. 7, 91, 148/1982; n. 301/1983; n. 234/1985; n. 48/1986; n. 344/1990; n. 346/1991; n. 103/1993; n. 57/1995; n. 210/1995; n. 312/1995; n. 68/1998. 10 Così, in particolare, le già citate sentenze Corte Cost. n. 103/1993; n. 57/1995; n. 210/1995; n. 312/1995; n. 68/1998. 11 BUFFONI, Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in Quad. cost. 2009, 277 ss., ma p. 8 dell’estratto pubblicato in http://www.forumcostituzionale. it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0076_ buffoni.pdf, a cui si devono anche le indicazioni giurisprudenziali contenute nelle precedenti note. 9 15 16 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI giuridiche dei soggetti interessati dall’azione pubblica. Altre volte è invece concepito secondo una logica “oggettivo-funzionalistica”, come forma di estrinsecazione di una funzione amministrativa efficiente. Sicchè un tentativo di sistemazione potrebbe consistere nel riportare gli argomenti offerti dalla giurisprudenza a ciascuno dei due poli, per assumerli poi a premessa degli ulteriori possibili sviluppi. 5. Per restare al problema che interessa, senza attardarci in puntuali ricostruzioni, mi pare che vi sia da prendere in primo luogo atto che, a partire dalla sentenza Corte Cost. n. 13/1962, e in numerosissime altre occasioni, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto al giusto procedimento la qualità di principio generale dell’ordinamento, utile all’interpretazione delle disposizioni che non lo prevedono espressamente. Da qui, la prontezza con la quale nella sentenza n. 132/2015 la Corte ne ha riconosciuto la potenzialità espansiva nel settore tributario nella forma del contraddittorio preventivo. Leggendo in continuità i due dati (rispetto ai quali l’ultimo revirement delle SS.UU. della Corte di cassazione appare recessivo), v’è da prendere atto della comune confluenza su di un risultato acquisito, che introduce il contraddittorio nei processi di concretizzazione del diritto come argomento ab auctoritate, nel caso concreto sempre falsificabile, ma con riferimento alla fattispecie sottoposta a giudizio e non in via generale. Inoltre, sotto il profilo della dimensione costituzionale del principio, le indicazioni contenute nelle sentenze Corte Cost. n. 244/2009 e n. 132/2015 sulle conseguenze invalidanti della violazione del contraddittorio anche in assenza di una previsione espressa di nullità, sono da ascrivere alla prospettiva “soggettivo-garantistica”, che ne risulta pertanto confermata come un credibile punto di appoggio per ulteriori applicazioni. Non pare infatti revocabile in dubbio che per la Corte il contraddittorio ha la funzione di tutelare i diritti del contribuente, e che per assolverla deve essere effettivo. Forse la situazione è matura perché tali indicazioni vengano ulteriormente sviluppate attraverso il riferimento a pertinenti norme costituzionali, e perciò alle garanzie degli artt. 24 e 111 Cost.. A sostegno di un intervento della Corte in favore della definitiva acquisizione del principio del contraddittorio tra gli argomenti di interpretazione delle disposizioni che non lo prevedano espressamente muoverebbe la dottrina per la quale la garanzia costituzionale della posizione giuridica del contribuente è complessivamente assicurata dalle regole del procedimento e del processo in necessario e inscindibile concorso tra loro. In effetti, la separazione dei soggetti agenti non implica differenziazione dei modi di agire. Nella logica della teoria costitutiva, il contraddittorio preventivo assicura l’obiettività dell’accertamento aumentando la prossimità al vero della rappresentazione del presupposto da cui sorge l’obbligazione inadempiuta. Questo risultato giustifica il sollevamento del giudice dell’impugnazione dall’onere dell’accertamento del fatto, e ne focalizza il giudizio sulla verifica della legalità della pretesa in via di formazione. La distinzione tra procedimento e processo non ne viene perciò attenuata, ma acquista una giustificazione anche dal punto di vista della tutela integrale della posizione giuridica del contribuente. Fermo il compito dell’amministrazione di applicare la legge d’imposta, essa è chiamata ad assolverlo tenendo anche conto dei fatti addotti dal contribuente a dimostrazione della legalità della propria condotta. L’attività che egli è così messo nelle condizioni di esercitare può dirsi anticipazione delle facoltà difensive proprie del processo solo se è certo che, dopo avere ricevuto l’atto impositivo, potrebbe riprodurla negli stessi identici termini avanti al giudice. Questa possibilità può essere ammesso in astratto, ma nella realtà delle cose vi si oppongono almeno due ordini di fattori. 6. La prima considerazione che si impone è la seguente: ed è che da un punto di vista strutturale, il fatto che la spinta verso una rimozione degli ostacoli all’esercizio del diritto al contraddittorio provenga dalla giurisdizione di merito si presta a essere interpretato come un segno di usura del modello del giudizio impugnatorio, a fronte dello spostamento del controllo di legittimità dall’atto al risultato dell’azione amministrativa, per forza di cose meno avvertito nel giudizio di legittimità. Si tratta di un fenomeno che sul versante amministrativo è stato alla base della codificazione dei vizi degli atti compiuta con la L. n. 15/2005. E che la disciplina del processo ha già scontato con l’adozione del Codice del d.lgs. n. 104/2010 – e quindi per quanto qui rileva con la riforma dei mezzi di prova (fra i quali è ora prevista la prova testimoniale), e di integrazione delle conoscenze del giudice12 – in chiave di potenziamento delle vie di accesso del giudice al fatto. A fronte dell’inerzia del legislatore nei riguardi del processo tributario, che malgrado le pressioni della dottrina non ha conosciuto interventi di questo tipo, l’anticipazione del contraddittorio all’istruttoria amministrativa è concepibile come un primo correttivo delle forme 12 Art. 63 ss. d.lgs. 104/2010. DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI più gravi di scostamento del fondamento della pretesa tributaria dalla fattispecie realizzata. Certo, si tratta di una misura sostitutiva, i cui fini sarebbero meglio realizzati attraverso una riforma del processo. Resta tuttavia il fatto che in presenza di un’istruttoria amministrativa di tipo inquisitorio, i limiti attuali alle facoltà di accesso del giudice al fatto, che nel processo tributario si esprimono nella c.d. residualità dell’istruttoria “secondaria”, privano di sostegno l’argomento che reputa non dovuta l’anticipazione al procedimento della garanzia del contradditorio, perché già assicurata nel processo. In tutti questi casi, l’acquisizione di un elemento di prova su di una circostanza anche esterna al fatto imponibile conseguita nell’istruttoria amministrativa può decidere il processo, pure in deroga all’art. 2729 cod. civ., quindi attraverso la limitazione di facoltà difensive altrimenti riconosciute. Si tratta di una situazione storicamente acquisita di cui la Corte ha già riscontrato la compatibilità con la Costituzione,13 ma suscettibile, se non di una radicale revisione, almeno di un ridimensionamento nella logica garantistica adottata nelle due sentenze che si sono già pronunciate sul contraddittorio tributario. 7. Inoltre v’è da osservare che la residualità dell’istruttoria “secondaria” che caratterizza il giudizio tributario ha determinato il formarsi di una disciplina speciale della prova, per la quale l’idea che l’attività istruttoria dell’Agenzia prima e al di fuori dal processo possa limitare le facoltà difensive del contribuente è tutt’altro che irrealistica. L’ordinanza della CTR della Toscana, che ha rimesso alla Corte la questione di legittimità dell’art. 12 c. 7 L. n. 212/2000 in quanto non applicabile alle verifiche c.d. “a tavolino”, sull’assunta incompatibilità con l’art. 24 Cost., si riferisce ai regimi di prova legale in favore dell’amministrazione, capaci di tali effetti in quanto vincolanti anche per il giudice dell’impugnazione. Ma altrettanto si può dire per tutti i casi di attenuazione dell’onere probatorio gravante sull’amministrazione previsti dalla legge (p.es. accertamento induttivo extracontabile), o creati dalla giurisprudenza (p.es. giudizio di sufficienza anche di un solo indizio nell’accertamento induttivo contabile). Si pensi anche alle inversioni dell’onere della prova (così per la prova della destinazione alla spesa delle disponibilità liquide di inizio di anno nei c.d. accertamenti bancari), e ai vincoli alla prova contraria (p.es. la irrilevanza della prova del pagamento ai fini dell’accertamento della realtà dell’operazione fatturata) operanti per specifiche tipologie di accertamento. 8. In sintesi, il dato su cui il tema del contraddittorio tributario induce a riflettere è che la situazione attuale è caratterizzata dal concorso di caratteri strutturali (la residualità della c.d. istruttoria secondaria) ed effettuali (la disciplina speciale della prova), convergenti nel limitare le facoltà difensive che il contribuente può esercitare nel giudizio. Che, infatti, la disciplina del processo non ponga limiti alla prova dell’insussistenza degli elementi e circostanze di fatto sui quali si basa l’induzione presuntiva adottata dall’amministrazione, non toglie che il perimetro che li racchiude è pur sempre tracciato dall’amministrazione nell’istruttoria che precede il giudizio. E che, nell’esercitare le proprie facoltà difensive in un ambito “precostituito”, il ricorrente soggiace a una disciplina speciale della prova che ne condiziona in modo significativo l’esito. Tutto ciò non può considerarsi privo di rilievo ai fini della verifica delle tenuta delle garanzie degli artt. 24 e 111 Cost., in funzione del rafforzamento delle possibilità di partecipare al procedimento. Sarà perciò interessante osservare quale posizione assumerà la Corte nei giudizi pendenti che investo l’argomento, anche per valutarne le conseguenze su rilevanti tematiche di ordine generale che vi sono sottese. Prof. Gaetano Ragucci. Università degli Studi di Milano 13 Cfr., tuttavia, Corte Cost. n. 283/1987. 17 18 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Il contraddittorio endo-procedimentale nella prospettiva europea di Roberto Iaia 1. Il principio generale nell’ordinamento europeo. In materia di contraddittorio endo-procedimentale, l’individuazione di possibili tendenze evolutive dello Statuto dei diritti del contribuente esige un confronto rigoroso con l’ordinamento dell’Unione europea, alla luce della primazia che lo caratterizza rispetto a quelli degli Stati membri.1 Sono note le generali coordinate dell’istituto da simile prospettiva. Ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare un provvedimento lesivo nei confronti di un soggetto giuridico, ha l’onere di consentirgli di manifestare utilmente il proprio punto di vista, prima dell’eventuale emanazione del provvedimento stesso2. La garanzia è oggetto di un principio generale europeo ossia di una vera e propria norma giuridica precettiva, fonte di diritti e obblighi per i destinatari, ancorché non recepita in un articolato3. La connotazione del principio, espressione di quello più ampio del “rispetto dei diritti della difesa”4, si deve soprattutto alla giurisprudenza della Corte di giustizia, la cui elaborazione ha fatto apparentemente leva sulle “tradizioni costituzionali degli Stati membri”5, ma - in realtà - si è sviluppata in modo autonomo e a titolo originario, prendendo le mosse soprattutto dall’esperienza giuridica tedesca6. Nel diritto derivato, il principio del contraddittorio è stato recepito dall’art. 19, par. 1 del Reg. n. 17/1962, il c.d. “Primo Regolamento” in materia di libera con- 1 Sulla primauté, senza pretesa di esaustività, v. G. Tesauro, Diritto dell’Unione europea, Padova, 2012, 189 ss. 2 Cfr., p. es., Corte di giustizia, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino e a., punto 30. 3 G. Tesauro, Diritto dell’Unione, cit., 105. 4 V., ex multis, Corte di giustizia, 12 dicembre 2002, causa C-395/00, Cipriani, punto 37. 5 Per un riferimento alle “tradizioni costituzionali”, v., p. es., Corte di giustizia, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé, al punto 33. 6 In effetti, il principio del contraddittorio non trovava riscontro nelle “tradizioni costituzionali” di tutti gli Stati membri: cfr. le conclusioni dell’Avvocato generale J.P. Warner, 19 settembre 1974, in relazione alla causa della Corte di giustizia, C-17/74, Transocean Marine Paints Association; v., inoltre, G. Gaja - A. Adinolfi, Introduzione al diritto dell’Unione europea, Bari, 2014, 163. correnza7 e, ora, dall’art. 22, par. 6, comma 1 del Reg. n. 952/20138, il c.d. Codice doganale dell’Unione europea, in vigore dal 1° maggio 20169. Nella giurisprudenza della Corte, una fondamentale affermazione risale al 1963 con la sentenza Alvis in materia di pubblico impiego, la quale, al punto 1A, ha evidenziato la funzionalità del contraddittorio “alle esigenze della giustizia e della buona amministrazione”10. Numerose sono, poi, state le applicazioni della garanzia nei più vari settori del diritto amministrativo, dall’accesso ai fondi europei, alla tutela della sicurezza pubblica, della salute, etc11. In ambito tributaristico, uno dei più rilevanti esempi è individuabile nella sentenza Cipriani del 200212, in ordine a un giudizio a quo promosso da una società per azioni contro il Ministero delle Finanze italiano dinanzi al Tribunale di Trento. 7 “Prima di ogni decisione (…)” amministrativa, “la Commissione dà modo alle imprese e as-sociazioni di imprese interessate di manifestare il proprio punto di vista relativamente agli addebiti su cui essa si basa. dà modo alle imprese e associazioni di imprese interessate di manifestare il proprio punto di vista relativamente agli addebiti su cui essa si basa.”. 8 “Prima di prendere una decisione che abbia conseguenze sfavorevoli per il richiedente, le autorità doganali comunicano le motivazioni su cui intendono basare la decisione al richiedente, cui è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista entro un dato termine a decorrere dalla data in cui il richiedente riceve la comunicazione o si ritiene l'abbia ricevuta. Dopo la scadenza di detto termine, la decisione è notificata nella debita forma al richiedente”. 9 V. art. 288, par. 2 del Codice doganale dell’Unione. Al testo normativo, hanno fatto seguito il Reg. integrativo n. 2446/2015 e il Reg. di esecuzione n. 2447/2015. 10 Corte di giustizia, 4 luglio 1963, causa C-32/62, Alvis. 11 V., ex pluris, Corte di giustizia, 17 marzo 2016, causa C 161/15, Benallal, punto 33; Id., 22 novembre 2012, causa C-277/11, M., punti 85 ss., Id., 21 dicembre 2011, causa C-27/09, PMOI, punto 65; Id., 21 settembre 2000, causa C-462/98 P, Mediocurso, punto 36; Id., 24 ottobre 1996, causa C-32/95 P, Lisrestal e a., punto 21; Id., 29 giugno 1994, causa C-135/92, Fiskano, punto 39; Id., 23 ottobre 1974, causa C-17/74, Transocean Marine Paint Association, punto 15. 12 Corte di giustizia, 12 dicembre 2002, causa C-395/00, Cipriani, cit., spec. al punto 51. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI La pronuncia esprime quella che la dottrina francese ha definito come “diffusione per contagio” dei principi comunitari dai rapporti con gli organi e le istituzioni europee a quelli interni con (le amministrazioni de)gli 13 Stati membri. 2. Il recepimento del principio nella c.d. Carta di Nizza. Il principio generale del contraddittorio è stato recepito quale prima, fondamentale fattispecie di “buona amministrazione”, dall’art. 41, par. 2, della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, la c.d. Carta di Nizza, cui l’attuale art. 6, par. 1 del TUE, riconosce “lo stesso valore giuridico dei trattati”. In Italia, si afferma de plano l’operatività di tale disposizione nelle relazioni giuridiche infra-statuali14, invece tutt’altro che pacifica per la giurisprudenza europea, la quale tende recentemente a sussumervi i soli rapporti con gli organi e le istituzioni dell’Unione15. In realtà, la questione e, ab imis, la stessa disposizione non sono così decisive ai fini che ci occupano. 13 Cfr. S. Cassese, Le basi costituzionali, in AA.VV., Tratt.dir. amm. Dir. amm. gen., a cura di S. Cassese, Milano, 2003, I, 243, ove menziona R. Abraham, Les principes généraux de la protection juridictionnelle administrative en Europe: l’influence des jurisprudences européennes, in Rev.eur.dr.publ., 1997, 577 ss.; v. anche F. Vanistendael, Le nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in AA.VV., Per una Costituzione fiscale europea, a cura di A. Di Pietro, Padova, 2008, 113-4. 14 V., p. es., A. Fantozzi, Dalla non discriminazione all’eguaglianza in materia tributaria, in AA.VV., Per una costituzione fiscale europea, cit., 193 ss., spec. 208 ss.; R. Lunelli, “Contraddittorio procedimentale”: verso la conferma legislativa di un obbligo generalizzato, in “il fisco”, 2014, 3709 ss.; A. Marcheselli, “C’è un giudice a Berlino”: ristabilita l’equità nei rapporti fisco contribuente quanto agli accertamenti accelerati, nota a Cass., Sez. trib., 28 marzo 2014, n. 7315, in Corr.trib., 2014, 1370 ss.; G. Ragucci, p. es. in Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Rass.trib., 2015, 1224; cfr. Cass., Sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823, che riferisce, tuttavia, l’art. 41 alle sole imposte armonizzate. 15 Per la (condivisibile) tesi affermativa, v. le conclusioni dell’Avvocato generale M. Wathelet, 25 febbraio 2014, in relazione alle cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino e a., punto 34, e la stessa relativa sent. cit. della Corte di giustizia, al punto 29; cfr., inoltre, il considerando n. 27 del cit. nuovo Codice doganale dell’Unione. La soluzione trova conforto nell’art. 51, par. 1 della Carta, che ne pone in luce l’applicabilità “pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”. Contra, p.es., Corte di giustizia, 17 dicembre 2015, causa C-419/14, WML, punto 83; Id., 11 dicembre 2014, causa C-249/13, Boudjlida, punto 32; Id., 5 novembre 2014, causa C-166/13, Mukarubega, punto 44; cfr. C. Barnard - S. Peers, European Union Law, Oxford, 2014, 213-4. DOTTRINA Qualora si ritenesse, infatti, che l’art. 41 non fosse operante in ambito interno, vi troverebbe comunque adito il principio generale del diritto dell’Unione, che la Carta ha meramente “fotografato”16. L’art. 41 e l’opinione giurisprudenziale favorevole alla sua applicabilità (anche) ai rapporti interni, piuttosto, appaiono meritevoli di considerazione per ulteriori e diverse ragioni. Il principio è riprodotto in una disposizione (l’art. 41, appunto) dedicata alla imparzialità e all’equità dell’azione amministrativa (v. par. 1). I giudici europei hanno ritenuto di correlare il contraddittorio anche agli artt. 47 e 48 della Carta, i quali riecheggiano, fra l’altro, l’art. 6 della CEDU, riguardo ai principi dell’”equo processo” (in linea con lo stesso art. 41 e con portata chiaramente estesa all’“equo procedimento amministrativo”) e ai diritti della difesa dell’imputato in ambito penalistico. Da parte della Corte, proprio il richiamo all’art. 48 rivela una concezione dell’istruttoria amministrativa tributaria affine a quella penale. Ambedue sono mirate al riscontro di fatti reali, mediante l’esercizio di poteri d’imperio, normativamente definiti, incisivi sulla sfera giuridica dei destinatari e, perciò, sollecitano un comune presidio di garanzie17. Simile approccio rappresenta il leit motiv sotteso al diritto a un effettivo contraddittorio, alla luce del case law della Corte di giustizia, nei termini che passiamo a illustrare. 3. Le articolazioni procedimentali Il primo, imprescindibile baluardo di effettiva attuazione della garanzia è ravvisabile nella comunicazione di un atto motivato di contestazione preliminare al destinatario delle ipotesi di addebito. 16 V., p. es., il preambolo della Carta di Nizza, al 5° periodo, secondo cui essa “riafferma (…) i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali (…) comuni agli Stati membri, (…) nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (…)”. Allo stesso modo, si esprimono le Spiegazioni all’art. 41 della Carta. Sul tema, v. G. Tesauro, Diritto dell’Unione, cit., 132 ss. 17 Con principale riferimento alla legislazione italiana, v., p. es., S. Muleo, p. es. in Contributo allo studio del sistema probatorio nel procedimento di accertamento, Torino, 2000, passim; M. Basilavecchia, p. es. alla voce Accertamento (dir. trib.), in Diz. dir. pubbl., dir. da S. Cassese, Milano, 2006, I, 50. Nella prospettiva europea, cfr. R. Iaia, Le dichiarazioni auto-accusatorie del contribuente nell’istruttoria fiscale, nota a Cass., Sez. trib., 11 novembre 2015, n. 23031, in Riv. giur.trib., 2016, 608 ss., spec. 613. 19 20 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Tale articolazione del principio è correlabile, mutatis mutandis, all’art. 6, par. 3, lett. a) della CEDU, il quale prevede il diritto dell’accusato di un reato a essere informato dell’accusa rivoltagli e dei motivi di essa. Si tratta di un profilo del tutto consolidato nel diritto derivato18 e nella giurisprudenza europea19 e trova rilevante espressione in una delle più importanti decisioni degli ultimi anni: la sentenza Sabou del 2013. La pronuncia, al punto 40, ribadisce che “occorre distinguere, nell’ambito dei procedimenti di controllo fiscale, la fase d’indagine nel corso della quale vengono raccolte le informazioni (…), dalla fase contraddittoria, tra l’amministrazione fiscale e il contribuente cui essa si rivolge, la quale inizia con l’invio a quest’ultimo di una proposta di rettifica”20, con espressione che rievoca la “proposition de rectification” dell’ordinamento francese21. Una volta comunicata l’ipotesi di contestazione, l’amministrato ha diritto a un termine ragionevole, analogamente a quanto previsto, sempre in ambito penalistico, dall’art. 6, par. 3, lett. b) della CEDU, circa il riconoscimento di un “tempo” necessario all’accusato di un reato, per approntare la propria difesa22 23. La celebre sentenza Sopropé del 200824, ritenuta erroneamente quale leading case in tema di contraddit- 18 Così già l’art. 19, par. 1 del cit. “Primo Regolamento” in materia di libera concorrenza e l’art. 2 del Reg. attuativo n. 99/1963. 19 V., p. es., Corte di giustizia, 15 luglio 1970, causa C-41/69, Chemiefarma, punti 26-7 e causa C-45/69, Boehringer, punto 9; Id., 14 luglio 1972, causa C-55-69, Cassella, punto 17; Id., 13 febbraio 1979, causa C-85/76, Hoffmann - La Roche, punto 10. 20 Corte di giustizia, 22 ottobre 2013, causa C-276/12, Sabou, punto 40. 21 Art. L57, comma 1 del Livre des procédures fiscales. 22 V., p. es., Corte di giustizia, 23 ottobre 1974, causa C-17/74, Transocean, cit., punto 15; in ambito fiscale, Id., 12 dicembre 2002, causa C-395/00, Cipriani cit. 23 Riguardo al rapporto fra contraddittorio endo-procedimentale e art. 6 della CEDU, v., inoltre, Comm.trib.prov. di Siracusa, Sez. V, ord. 17 giugno 2016, n. 235, che ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, 39, 41-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 12 della L. n. 212/2000, per violazione, fra l’altro, dell’art. 117, comma 1 Cost., “nella parte in cui prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato nel rispetto degli obblighi internazionali, quale l’obbligo assunto con l’adesione” alla CEDU. Secondo i giudici siciliani, le norme italiane citt. violerebbero, ex pluris, anche l’art. 6 della CEDU, dal versante (ulteriore rispetto a quelli qui approfonditi) della “compromissione della posizione del contribuente non solo nell’ambito del procedimento ma anche nella successiva fase processuale e/o determinandosi (posticipando il contraddittorio nella fase processuale) un irragionevole ampliamento dei tempi di durata del processo.”. 24 Corte di giustizia, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé, cit. torio25, è invece molto importante nella definizione di questo specifico profilo. Secondo i giudici lussemburghesi, il termine deve essere “ragionevole” in senso pratico, alla luce della specifica connotazione della fattispecie concreta26. Da questo punto di vista, la pronuncia afferma che “un procedimento d’ispezione che si svolga nel corso di più mesi, che comporti verifiche in loco e l’audizione dell’impresa coinvolta, le cui dichiarazioni sono verbalizzate, consente di presumere che la predetta impresa sia a conoscenza delle ragioni per le quali il procedimento d’ispezione è stato intrapreso e la natura dei fatti che le vengono addebitati”, con una maggiore “cognizione di causa”, idonea a riflettersi sulla determinazione del tempo per la difesa27. Secondo la giurisprudenza europea, pertanto, la pubblica autorità è sempre onerata al contraddittorio ex ante, a prescindere dal luogo e dalle modalità di espletamento dell’attività istruttoria28. Al più, l’assenza di un “contatto istruttorio” fra amministrazione e amministrato, anteriore alla comunicazione preliminare degli addebiti, autorizza a sostenere che il destinatario possa, poi, beneficiare di un termine maggiore rispetto alle fattispecie caratterizzate, invece, da tale previo “contatto”. Il terzo pilastro di effettività della garanzia è costituito dalla motivazione c.d. rafforzata del provvedimento lesivo, il quale deve “dialogare” con le difese endo-procedimentali dell’interessato, per consentirgli di individuare le ragioni alla base del rigetto di esse29. In questo ambito, assume rilievo di nuovo il concetto di “termine ragionevole”, ma più sullo sfondo e sub specie juris di adeguato lasso di tempo minimo, per 25 V. Cass., Sez. trib., 9 aprile 2010, n. 8481, secondo cui il con- traddittorio rappresenterebbe “una formalità procedimentale la cui osservanza generalizzata non era richiesta dalla prassi della Commissione europea, né dalla giurisprudenza comunitaria, oltre che (…) da specifiche norme comunitarie” prima della ricordata pronuncia; ne deriverebbe l’impossibilità per i giudici nazionali di annullare provvedimenti fiscali, emessi inaudita altera parte, con riferimento alle “decisioni doganali assunte prima della sentenza Sopropé”, che rappresenterebbe, dunque, una fattispecie di jus superveniens. 26 Sent. Sopropé, cit., punto 53. 27 Sent. Sopropé, cit., punti 45-6. 28 A livello logico-concettuale, la conclusione segna un punto di frizione della giurisprudenza italiana di legittimità con quella europea. La prima, all’opposto, afferma la centralità del diritto al contraddittorio per le sole ipotesi di verifiche in loco, disciplinate dall’art. 12, comma 7 della L. n. 212/2000, nelle materie nazionali, in assenza di una specifica previsione normativa espressa. Si allude, in particolare, a Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24283. 29 Corte di giustizia, 22 novembre 2012, causa C-277/11, M., cit., punto 88. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI consentire all’autorità di esprimere una seria valutazione su quanto rappresentato dal contribuente30. L’emanazione troppo ravvicinata di un provvedimento lesivo rispetto alle precedenti difese, può - evidentemente - rivelare un esame superficiale di esse da parte dell’amministrazione. Ciò precisato, la motivazione deve essere specifica, ancorché non eccessivamente puntigliosa31 e, in particolare, non deve investire deduzioni manifestamente pretestuose. Quest’ultima conclusione sollecita l’esame del delicato tema dei limiti della garanzia che ci accingiamo, ora, ad analizzare. 4. I limiti del diritto al contraddittorio e, in particolare, il limite endogeno del “risultato diverso”. Nessuna situazione giuridica soggettiva è incondizionata. Non fa eccezioni il diritto al contraddittorio endo-procedimentale che risente di limiti ad esso endogeni ed esogeni32. Il più importante e dibattuto è quello, “consustanziale” alla garanzia, affermato dalla sentenza Kamino del 2014, la quale ha rilevato che, “secondo il diritto dell’Unione, una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”33. Sul punto, occorre chiarire alcuni aspetti. Anzitutto, i giudici europei riferiscono il limite al (contenuto dell’onere probatorio gravante sul) contribuente che si dolga in un processo della violazione del contraddittorio ante-provvedimentale e al conseguente apprezzamento giudiziale della censura34. Fermo ciò, preme rilevare che il limite del “risultato diverso” non nasce certo con la sentenza Kamino, la quale non ha fatto altro che riprodurre statuizioni risalenti, per lo meno, 30 Sent. Sopropé, cit., punto 54. In tal senso, già Corte di giustizia, 14 luglio 1972, causa C-55-69, Cassella, punto 22. 32 Si ricordano, p. es., quelli della riferibilità della garanzia ai soli provvedimenti di natura “lesiva” e non anche a quelli favorevoli al destinatario oppure all’interazione fra diritto al contraddittorio e interessi generali (es.: alla pronta esazione dei tributi; alla repressione delle frodi, etc.), potenzialmente suscettibili di circoscrivere l'applicazione del principio. 33 V. sentenza Kamino, cit., punto 79. 34 Cfr., sent. Kamino, punti 74 ss., spec. 78 ss. 31 DOTTRINA alla pronuncia Distillers Company del 198035 e ribadite da numerosissime ulteriori decisioni36. Per certi versi, la Corte di giustizia ha affermato tale limite fin dagli albori dell’ordinamento sovranazionale, giacché ha posto in luce l’esistenza di un diritto a manifestare il proprio punto di vista (non sic et simpliciter, ma) “utilmente” o “in modo efficace”, prima dell’eventuale provvedimento lesivo37. Il confronto con tale radicata elaborazione si rivela, perciò, indispensabile per un corretto approccio ermeneutico alla questione. Riveste, in proposito, decisiva importanza la sentenza Foshan del 2009, con la quale la Corte ha ribadito che il limite non comporta un riconoscimento dei “diritti della difesa solo alla persona innocente”38, con espressione, di nuovo, attinta dal lessico penalistico. Ha escluso, inoltre, un rigido nesso eziologico fra una (ipotetica) attuazione del contraddittorio (invece, inattuato in concreto) e un diverso esito istruttorio che ne sarebbe scaturito. Secondo la Corte, infatti, “non si può obbligare la ricorrente a dimostrare che la decisione” amministrativa “avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa (…)”39. 35 Corte di giustizia, 10 luglio 1980, causa C-30/78, DCL, punto 26. 36 V., ex multis, Corte di giustizia, 10 settembre 2013, causa C-383/13 PPU, G. e R., punto 38; Id., 6 settembre 2012, causa C-96/11 P, Storck c. UAMI, punto 80; Id., 15 novembre 2011, cause riunite C-106/09 P e C-107/09 P, Government of Gibraltar e a., punto 179; Id., 1° ottobre 2009, causa C-141/08 P, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware c. Consiglio e a., punto 94, cit. infra nel testo; Id., 2 ottobre 2003, causa C-194/99 P, Thyssen Stahl c. Commissione, punto 31; Id., 15 ottobre 2002, cause C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P, e C-254/99 P, LVM e a. c. Commissione, punto 318; Id., 5 ottobre 2000, causa C-288/96, Repubblica federale di Germania c. Commissione, punto 101; Id., 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Repubblica francese c. Commissione, cit., punto 31; Id., 10 luglio 1986, causa C-40/85, Regno del Belgio c. Commissione, punto 31. 37 Cfr., fra i numerosi esempi, Corte di giustizia, 11 dicembre 2014, causa C-249/13, Boudjlida, punto 36; Id., 5 novembre 2014, causa C-166/13, Mukarubega, punto 46; Id., 13 marzo 2014, cause C-29/13 e C-30/13, Global Trans Lodzhistik, punto 57; Id., 13 febbraio 1979, causa C-85/76, Hoffmann - La Roche, punto 11. Ne deriva che, in tal senso, devono essere interpretate pure le espressioni impiegate dal legislatore europeo nella normativa derivata, come quella cit. retro, sub nt. 7-8. 38 V., in precedenza, Corte di giustizia, 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals, punto 81. 39 Corte di giustizia, 1° ottobre 2009, causa C-141/08, P, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware c. Consiglio e a., cit., ivi. Sulla particolare importanza della pronuncia, v. R. Iaia, I confini di illegittimità del provvedimento lesivo del diritto europeo al contraddittorio preliminare, nota a Corte di giustizia, 3 luglio 2014, cause 21 22 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI L’orientamento è stato ribadito, da ultimo, con la pronuncia Clark e Puma del 2016 in tema di dazi antidumping sulle importazioni40. Nella prospettiva europea, dunque, la valutazione giudiziale sulla lesione del contraddittorio non comporta affatto una cognizione piena sul merito delle doglianze relative al provvedimento tributario. Il giudice, piuttosto, è chiamato ad apprezzare la sussistenza (o meno) di una patologia sul piano formale-procedimentale41 cui segue, in caso di riscontro positivo di essa, una delibazione in ordine alla “non totale esclusione dell’ipotesi di un risultato diverso”. Per certi versi, simile delibazione appare accostabile, sul piano concettuale, a quella che investe il c.d. fumus boni juris nei giudizi cautelari, con la particolarità che sembra qui avvicinarsi alla “non manifesta infondatezza” (più che alla “fondatezza”) delle difese del contribuente. Il limite non risulta potersi applicare agevolmente agli accertamenti lato sensu presuntivi, per i quali, in thesi, è difficile ragionare di una “totale esclusione dell’ipotesi di un risultato diverso”. Appare, infatti, sempre aperta la possibilità di adeguare gli esiti presuntivi alla situazione reale, in ossequio al principio di (effettività della) capacità contributiva (art. 53, comma 1 Cost.). Trova maggiore adito, invece, a fronte di accertamenti di tipo analitico o analitico-contabile qualora, per la singola fattispecie, sia radicalmente escluso ogni possibile margine difensivo42. Il limite costituisce, pertanto, un serio e proporzionato punto di equilibrio fra garanzie del contribuente e interesse erariale, in ossequio al principio di strumentalità delle forme allo scopo dell’azione pubblica e, lato sensu, di conservazione del provvedimento amministrativo, che non può essere certo vanificato da censure già ab imis del tutto ininfluenti sulle conclusioni dell’istruttoria43. 5. La sanabilità ex post della violazione. Il tema della sanabilità a posteriori della violazione del contraddittorio è molto presente e dibattuto a livello europeo. Si ritiene che una mancata dialettica con l’amministrato prima dell’adozione del provvedimento lesivo non possa essere de plano superata dall’apertura di uno spazio difensivo in sede amministrativa o giurisdizionale, riguardo a un provvedimento già emanato. Concorrere ex ante alla ricostruzione della fattispecie e alle determinazioni pubbliche non può equivalere al riconoscimento di un contraddittorio solo ex post, quando il contribuente è già destinatario di un provvedimento lesivo44. La Corte di giustizia è approdata ad esiti analoghi con la sentenza Gerlach del 200745, che non rispecchia, tuttavia, l’attuale posizione della giurisprudenza europea, la quale, con la sentenza Kamino, ha esteso al diritto doganale le conclusioni della pronuncia Texdata del 2013 in materia societaria46. I giudici europei hanno ragionato a contrariis di un concorso di tre elementi, per escludere ex post una violazione dei diritti della difesa: a) l’incardinamento di un procedimento amministrativo di secondo grado, nel caso di specie, innestato da un ricorso-reclamo in opposizione all’atto lesivo; b) l’espletamento di un effettivo contraddittorio nell’ambito di tale secondo procedimento; c) una sospensione automatica o, almeno, non discrezionale del provvedimento impugnato nel corso del secondo procedimento amministrativo, con puntuale riferimento all’inibitoria di cui all’art. 244, par. 2 del Reg. n. 2913/1992, il c.d. “Codice doganale comunitario” (“CDC”), vigente ratione temporis 47. Fra tali elementi, la Corte ha posto in luce la peculiare importanza della sospensione, ritenuta idonea a sterilizzare quoad effectum l’illegittimità del provvedimento inaudita altera parte48. C-129/13 e C-130/14, Kamino, cit., in Riv.giur.trib., 2014, 839 e, poi, Cass., Sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823, cit. nonché da ultimo Cass., Sez. VI-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20855. 40 Corte di giustizia, 4 febbraio 2016, cause riunite C‑659/13 e C‑34/14, Clark e a., punto 140. 41 Sub specie di mancata comunicazione preliminare di una motivata ipotesi di addebito e/o di mancato rispetto di un termine ragionevole e/o di carenza di una motivazione rafforzata in seno al provvedimento lesivo. 42 Cfr. R. Iaia, I confini di illegittimità, cit., 841. 43 Sul tema, in generale, cfr. L. del Federico, p. es. in L’evoluzione del procedimento nell’azione impositiva: verso l’amministrazione di risultato, in Riv. trim. dir. trib., 2013, 866 ss. 44 La conclusione si impone a fortiori riguardo all’ordinamento italiano, con peculiare riferimento al c.d. atto di accertamento esecutivo che cumula le funzioni e gli effetti assai incisivi di provvedimento impositivo, di titolo esecutivo e di precetto. V. art. 29 del D.L. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122/2010. 45 Corte di giustizia, 8 marzo 2007, causa C-44/06, Gerlach, punti 36-9. 46 Corte di giustizia, 26 settembre 2013, causa C-418/11, Texdata. 47 L’art. 244, par. 2 del Reg. 2913/1992 prevede(va) che “l’autorità doganale può sospendere, in tutto o in parte, l’esecuzione della decisione quando abbia fondati motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato”. La norma è stata, ora, recepita nell’art. 45, par. 2 del nuovo Codice doganale dell’Unione. 48 V. sent. Kamino, punti 65 e 66 sulla base della cit. pronuncia Texdata. Sulla rilevanza di tale elemento, cfr. altresì le citt. conclu- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Di recente, il tema ha destato l’attenzione della Corte di cassazione italiana, in un caso afferente avvisi di rettifica nei confronti di una società che non aveva introdotto merci importate in un deposito IVA, come invece aveva dichiarato49. Ciascuno dei provvedimenti specificava che il contribuente avrebbe potuto contestarli mediante ricorso amministrativo di cui agli artt. 66 ss. del D.P.R. n. 43/1973, recante il c.d. Testo Unico delle Leggi doganali (“TUD”), ai quali rinviava l’art. 11, comma 7 del D.Lgs. n. 374 del 199050. Nell’occasione, la Corte Suprema ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267, par. 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) affinché chiarisca “se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice eurounitaria la normativa italiana suesposta laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione dell’impugnazione.” 51. Occorre interrogarsi, tuttavia, se l’ordinanza del giudice a quo abbia completamente colto nel segno. È necessario domandarsi, in particolare, se la mancanza di un regime nazionale siffatto integri un contrasto proprio con il principio europeo del contraddittorio tout court52 o non tocchi, anche e piuttosto, il rapporto fra l’esegesi della disciplina interna di riferimento in materia di ricorsi amministrativi doganali (artt. 66 ss. del TUD) e quella dell’art. 244, par. 2 del CDC, sulla sospensione, la quale non sarebbe da applicarsi o interpretarsi restrittivamente in simili ipotesi, secondo la sentenza Kamino53. sioni dell’Avvocato generale M. Wathelet, punti 74 ss. 49 Cass., Sez. VI-5, ord. 6 maggio 2016, n. 9278. 50 La previsione è stata, poi, abrogata dall’art. 12, comma 1, lett. b), del D.L. n. 16/ 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 44/2012, con effetto per i procedimenti instaurati dal 2 marzo 2012, data di entrata in vigore dello stesso D.L. (v. artt. 12, comma 2 e 14, comma 1). 51 Cass., Sez. VI-5, ord. 6 maggio 2016, n. 9278 cit. 52 In generale, l’eventuale mancanza di una disciplina sulla sospensione di un provvedimento illegittimo, siccome reso inaudita altera parte, ne impedisce sic et simpliciter la sanatoria. In altre parole, la violazione del principio del contraddittorio, considerato dalla Corte italiana, riguarda il provvedimento lesivo della garanzia, più che una norma interna che non contempli l’inibitoria dell’efficacia dell’atto stesso in un procedimento amministrativo di secondo grado. 53 Vedi al punto 70 della pronuncia cit. DOTTRINA Al di là della questione, l’ordinanza denota una significativa attenzione verso il problema della sanatoria a posteriori, tanto avvertito nel diritto dell’Unione, quanto trascurato finora a livello nazionale. 6. Conclusioni per una proposta normativa. Alla luce di quanto analizzato, è possibile trarre le fila per un possibile intervento normativo sullo Statuto, in linea con il principio europeo del contraddittorio. Una norma in materia dovrebbe contemplare la previsione di un atto di contestazione preliminare degli addebiti, cui segua la concessione di un ragionevole arco di tempo, funzionale alla manifestazione delle difese del contribuente. La pienezza di un dialogo effettivo esige, altresì, di consentire all’autorità di poter adeguatamente valutare quanto rappresentato dall’interessato in sede endo-procedimentale. L’ordinamento tributario italiano, per la prima volta, ha concepito per l’amministrazione uno spatium deliberandi di sessanta giorni dalla presentazione delle deduzioni del contribuente o dall’inutile decorso del termine concepito per l’offerta di tali difese. Si tratta degli artt. 10-bis, comma 7 della L. n. 212/2000 e dell’art. 6, comma 2 del D.Lgs. n. 156/2015, in tema, rispettivamente, di contestazioni afferenti l’abuso del diritto o l’elusione fiscale e di contraddittorio anteriore all’avviso di accertamento, ma successivo all’istanza di interpello disapplicativo delle norme antielusive di cui all’art. 11, comma 2 della stessa L. n. 212/2000. Le norme prevedono altresì un possibile superamento dei termini decadenziali dell’accertamento, funzionale ad assicurare il rispetto di tale spatium deliberandi ed esprimono così un ragionevole punto di equilibrio fra l’attuazione della garanzia e il rispetto dell’interesse fiscale. Appaiono meritevoli di essere generalizzate con una nuova disposizione nello Statuto del contribuente, la quale consentirebbe, fra l’altro, di fugare ogni possibile disparità di trattamento, contraria all’art. 3, comma 1 Cost., derivante dalla attuale previsione di una proroga ex lege dei termini decadenziali per due sole ipotesi normative di contraddittorio endo-procedimentale, ma non per tutte le altre54. 54 Cfr. A. Contrino - A. Marcheselli, Abuso del diritto, in AA.VV., Abuso del diritto e novità sul processo tributario. Commento al D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e al D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a cura di C. Glendi - A. Contrino - A. Marcheselli, Milano, 2016, 40. 23 24 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI A conclusione di tale ponderata valutazione delle difese dell’interessato, si ritiene necessaria l’affermazione dell’onere dell’amministrazione a una specifica motivazione, in replica a quanto prospettato dal contribuente prima del provvedimento. Ciascuna di tali previsioni dovrà essere rispettata a pena di illegittimità del provvedimento stesso. Da quest’ultimo punto di vista, d’altro canto, sarebbe assolutamente vano ignorare (o tentare, addirittura, di contrastare) il principio europeo, anche dal versante dei limiti che lo caratterizzano dall’interno. I limiti della garanzia, infatti e comunque, penetrano e si impongono nell’ordinamento italiano, in ragione della evidenziata primauté del diritto dell’Unione rispetto alla legislazione nazionale. È opportuno l’inserimento di una norma generale di rinvio, in modo diretto e incondizionato, al principio generale europeo - e, così, ai confini che lo delimitano con riferimento a ogni provvedimento lesivo, afferente qualsivoglia tributo o sanzione amministrativa tributaria, anche in ambiti disciplinari non armonizzati55. In caso di dubbi ermeneutici, tra l’altro, una previsione siffatta consentirebbe di sollevare questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, pure in relazione a tali ambiti. La c.d. “giurisprudenza Dzodzi”, ispirata da intuibili esigenze nomofilattiche nell’esegesi del diritto europeo, ha infatti esteso la competenza della Corte alle norme in materie nazionali, laddove rinvianti all’ordinamento dell’Unione56. Una simile previsione ribadirebbe quell’effetto di “traboccamento” (spillover effect) del principio generale in settori domestici, già derivante dall’art. 117, comma 1 Cost. secondo cui la potestà legislativa interna è assoggettata ai vincoli dell’ordinamento comunitario57 non- 55 Una simile disposizione recherebbe un “rinvio mobile”, siccome recepirebbe evidentemente le precisazioni o i mutamenti (come sul tema della sanatoria ex post) della giurisprudenza della Corte di giustizia nella connotazione del principio. 56 V. Corte di giustizia, 18 ottobre 1990, cause C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, punti 36 ss., ribadita ex pluris da Id., 17 luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, punti 23 ss. e causa C-28/95, Leur-Bloem, spec. punti 25 ss.; Id., 8 novembre 1990, causa C-231/89, Gmurzynska, punti 24-5, nonché, da ultimo, Id., 16 giugno 2016, causa C‑351/14, Rodríguez Sanchez, punti 60 ss.; Id., 14 gennaio 2016, causa C‑234/14, Ostas celtnieks, punto 20. 57 In tal senso, L. del Federico, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea. Contributo allo studio della prospettiva italiana, Milano, 2010, 104 ss. La tesi maggioritaria nella dottrina internazionalistica è, tuttavia, nel senso di ritenere che la norma costituzionale si limiterebbe a riaffermare il primato del diritto eu- ché dall’art. 1, comma 1 della L. n. 241/1990, novellato dalla L. n. 15/2005, ove statuisce che (tutta) l’attività amministrativa è retta dai principi comunitari58. Quest’ultima disposizione è mirata proprio a scongiurare le c.d. “discriminazioni a rovescio”, ossia, quelle situazioni di disparità di trattamento, lesive del principio di eguaglianza (art. 3, comma 1 Cost.), scaturenti dall’applicazione del diritto dell’Unione alle sole materie da esso regolate59. Simile “traboccamento” del diritto europeo è posto in particolare rilievo dai lavori preparatori alla novella che ha investito l’art. 1, comma 1 della L. n. 241/199060. Le “fonti comunitarie (…), com’è noto, hanno la forza di imporsi a tutti i soggetti costitutivi della Repubblica. La concezione secondo la quale tali fonti dovevano limitarsi a disciplinare il merito delle materie di loro competenza (…) è ormai superata dalla pervasività della normativa comunitaria su aspetti quali (…) la definizione delle misure di garanzia”61. Una riforma dello Statuto dei diritti del contribuente non potrebbe fisiologicamente prescinderne. Roberto Iaia ropeo sulla legislazione nazionale quanto alle materie armonizzate. Per un panorama delle opinioni sul punto, v. A. Cossiri, Commento all’art. 117, comma 1 Cost., in AA.VV., Comm. breve Cost., a cura di S. Bartole - R. Bin, Padova, 2008, 1046 ss. La tesi non appare condivisibile, perché priverebbe di senso l’art. 117, comma 1 Cost., ove limitato a una mera affermazione di quanto già si desume dal sistema e si risolverebbe in una interpretatio abrogans del precetto costituzionale, contraria al principio ermeneutico di conservazione delle norme giuridiche. 58 V., p. es., C. Califano, Principi comuni e procedimento tributario: dalle tradizioni giuridiche nazionali alle garanzie del contribuente, in Riv.dir.trib., 2004, I, 1022 e 1033; L. del Federico, p. es. in Tutela del contribuente, cit., passim; proprio riguardo al contraddittorio endo-procedimentale, cfr. F. Tesauro, p. es., in Elusione e abuso nel diritto tributario italiano, in Rass.trib., 2012, 693. 59 Cfr. Corte cost., 30 dicembre 1997, n. 443, sulla incostituzionalità dell’art. 30 della L n. 580/1967, in materia di produzione e commercializzazione di paste alimentari. 60 Ne valorizza l’importanza, M.G. Bruzzone, L’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 è davvero incostituzionale?, nota a Comm. trib.reg. Toscana, Sez. I, ord. 18 gennaio 2016, n. 736, in Riv.giur. trib., 2016, 257, nt. 10. 61 Così la Relazione, 11 marzo 2003, n. 1281-A della 1ª Commissione permanente (affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’interno, ordinamento generale dello Stato e della pubblica amministrazione) del Senato della Repubblica italiana, nel corso della 14a legislatura. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI DOTTRINA Ragionevolezza e proporzionalità delle indagini tributarie di Giuseppe Vanz 1. Tratterò della rilevanza dei principi della ragionevolezza e della proporzionalità nell’ambito delle attività conoscitive e di controllo dell’amministrazione finanziaria (accessi, ispezioni e verifiche; inviti a comparire presso gli uffici delle imposte; richieste di esibizione o trasmissione di atti e documenti; ecc.)1. L’assunto da cui muovo, e che cercherò brevemente di dimostrare in via introduttiva, è che le attività conoscitive e di controllo dell’amministrazione finanziaria sono caratterizzate dalla presenza di “discrezionalità amministrativa”. Ricordo che vi è discrezionalità amministrativa quando il legislatore non definisce interamente l’assetto degli interessi coinvolti in un determinato rapporto o situazione, ma lascia all’amministrazione dei margini di scelta più o meno ampi: lascia cioè all’amministrazione il compito di completare la regola del caso concreto sulla base di valutazioni sue proprie, che sono libere tranne che nel fine (il quale è sempre vincolato ed è il fine pubblicistico alle cui cure è preposta la singola amministrazione)2. Questo si verifica quando il legislatore ritiene che l’individuazione, la comparazione e la composizione degli interessi in gioco non possa essere interamente operata a priori (cioè con legge, in via generale e astratta), ma che, almeno in parte, questo possa più utilmente avvenire (e quindi debba avvenire) di volta in volta, a seconda del caso di specie, sulla base di valutazioni di opportunità (demandate appunto all’amministrazione) che sono dalla legge orientate (e quindi vincolate) nel fine, ma che per il resto sono demandate, in misura maggiore o minore, all’amministrazione. 1 Il presente scritto costituisce parte di un più ampio elaborato destinato agli studi in onore del Prof. Gianfranco Gaffuri. Per ulteriori approfondimenti e citazioni sul tema ci permettiamo di rinviare ai nostri precedenti scritti: L’attività conoscitiva dell’Amministrazione finanziaria, ed. provv., Torino, 2005 e I poteri conoscitivi e di controllo dell’amministrazione finanziaria, Padova, Cedam, 2012. 2 In proposito, si veda oggi l’art. 1, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990), il quale espressamente dispone che “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge…”. Si tratta - come è stato osservato - della “canonizzazione legislativa” di una regola insita nel concetto stesso di potere pubblico: D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, 2^ ed., Bologna, il Mulino, 2002, p. 272. I margini di scelta che il legislatore demanda all’amministrazione possono essere più o meno ampi: alcune volte sono minimi, altre volte sono amplissimi. Si distingue così tra discrezionalità nell’an (se adottare o no un certo provvedimento), nel quando (quando adottarlo), nel quid (con quale contenuto) e nel quomodo (con quale procedura). Tutti aspetti (o profili) di discrezionalità che possono variamente comporsi nel definire il contenuto di un potere discrezionale. Nel senso che possono sussistere tutti insieme oppure può sussisterne uno solo, o due o tre variamente assortiti. Ciò che conta, affinché sussista discrezionalità, è che vi sia un margine, anche minimo, di scelta. Diversamente, l’attività amministrativa si dice vincolata, in quanto tutto (presupposti di fatto ed effetti giuridici) viene prestabilito e predefinito dalla legge, e all’amministrazione compete un ruolo di mero esecutore della legge. Com’è, in campo tributario, per l’attività di accertamento in senso stretto, cioè per l’attività decisoria demandata all’amministrazione finanziaria in ordine all’emissione o meno degli avvisi di accertamento. 2. Un interesse pubblico non sta però quasi mai da solo: normalmente sta insieme ad altri interessi, d’ordine pubblico o privato. Non è peraltro necessario che questi interessi, per essere considerarsi rilevanti, siano di per sé tutelati dall’ordinamento. Basta che esistano di fatto3. Viene così chiamato “primario” l’interesse pubblico che un’autorità ha in attribuzione (cioè in competenza) di perseguire; mentre vengono chiamati “secondari” gli altri interessi di diversa natura presenti nel caso concreto (d’ordine pubblico o privato che siano)4. Può quindi dirsi, con la migliore dottrina, che se la scelta è il risultato della discrezionalità amministrativa, questa consta di una “ponderazione comparativa di più interessi secondari in ordine ad un interesse primario” 5. 3 M.S. Giannini, Diritto amministrativo, 3^ ed., vol. II, Milano, Giuffrè, 1993, p. 49. 4 Oltre a M.S. Giannini, op. cit., p. 48, si veda anche A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, XIV ed., Napoli, Iovene, 1984, p. 573. 5 Si veda ancora M.S. Giannini, op. cit., p. 49. 25 26 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI 3. Del tutto diversa è la c.d. “discrezionalità tecnica”, la quale prende il nome di discrezionalità solo “per un errore storico della dottrina”6, ma che con la vera discrezionalità (detta anche “pura” o “amministrativa”) non ha nulla a che vedere. Non è facile definire la discrezionalità tecnica. In via di massima, possiamo dire che a connotarla è la possibilità di scelta che spetta all’amministrazione allorché sia chiamata a qualificare fatti suscettibili di varia valutazione: possibilità di scelta che si riduce pertanto ad una mera attività di giudizio a contenuto scientifico7. In ogni caso, laddove vi sia discrezionalità tecnica (come ad esempio quando l’autorità debba stabilire se una sostanza sia o meno tossica), deve escludersi che l’autorità compia comparazioni di interessi e valutazioni di opportunità. Essa deve semplicemente addivenire a dei giudizi a contenuto tecnico-scientifico: come appunto stabilire la tossicità di una sostanza, oppure la salubrità di un edificio, la coltivabilità di una miniera, l’idoneità all’insegnamento universitario di un candidato professore, e così via. È stato in proposito osservato che “la discrezionalità... si riferisce ad una potestà, e implica giudizio e volontà insieme; la discrezionalità tecnica si riferisce ad un momento conoscitivo, ed implica solo giudizio: ciò che attiene alla volizione viene dopo, e può coinvolgere o non coinvolgere una separata valutazione discrezionale”8. 4. Muovendo da questi concetti, ritengo di poter affermare che le scelte compiute dall’amministrazione finanziaria nell’esercizio delle attività conoscitive e di controllo non siano né libere, né vincolate, né caratterizzate da discrezionalità tecnica. Ma siano invece delle scelte improntate a vera e propria discrezionalità amministrativa. L’interesse primario è fuori discussione: è l’interesse pubblico al controllo della regolarità degli adempimenti posti a carico dei contribuenti e, più in generale, all’acquisizione di dati fiscalmente rilevanti; interesse nel quale si sostanzia la stessa funzione dell’amministrazione finanziaria che più sopra ho definito come funzione conoscitiva e di controllo. A fronte di tale interesse primario, è indubbio, tuttavia, che vi siano anche degli interessi secondari. Ciò in quanto i poteri conoscitivi e di controllo dell’amministrazione finanziaria hanno tutti rilevanza esterna e si esplicano imponendo al soggetto passivo o un facere (ad es. comparire di persona per fornire informazioni), oppure un dare (ad es. trasmettere un documento), oppure un pati (ad es. subire un accesso ispettivo). Il che significa che l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo tributari comporta sempre, inevitabilmente, un’interferenza sulle libertà individuali del privato (contribuente o no), quali in particolare la libertà personale, la libertà di domicilio e quella di comunicazione, il segreto professionale e bancario e, più in generale, il diritto alla riservatezza9. La potestà conoscitiva e di controllo attribuita all’amministrazione finanziaria consente pertanto a quest’ultima di interferire legittimamente sulle libertà individuali del privato (parte della dottrina amministrativistica ricorre in proposito alla tradizionale figura della “degradazione” del diritto), ma ciò non significa che, nel concreto esercizio di tale attività, l’amministrazione non debba tenere conto della presenza degli altri interessi coinvolti, pur se di carattere secondario. Fra cui l’indiscutibile interesse del privato a non subire restrizioni delle proprie libertà individuali, se non nei limiti strettamente necessari al soddisfacimento delle superiori esigenze dell’amministrazione finanziaria. Interesse del privato che trova titolo e fondamento proprio nel riconoscimento e nella tutela che l’ordinamento riconosce a tali libertà, con norme anche di rango costituzionale, come gli artt. 13, 14 e 15 Cost. Oltretutto, se è vero che per qualificare una potestà come discrezionale è sufficiente che vengano (o possano venire) coinvolti degli interessi secondari esistenti di fatto, ancorché non tutelati dall’ordinamento10, ciò deve valere a maggior ragione in quei casi in cui gli interessi secondari trovino il proprio fondamento in diritti e libertà che abbiano una copertura d’ordine costituzionale. Deve per ciò ritenersi che l’amministrazione finanziaria sia comunque tenuta, nel concreto esercizio della sua attività, ad una valutazione comparativa tra l’interesse primario ad acquisire delle conoscenze fiscalmente rilevanti e l’interesse secondario del privato a non veder limitate le proprie libertà. Il che porta conseguentemente ad escludere che la potestà conoscitiva e di controllo tributaria sia improntata a discrezionalità tecnica, rinvenendosi in essa, al contrario, i caratteri tipici della discrezionalità pura o amministrativa. 9 6 M.S. Giannini, op. cit., p. 55-56. 7 In tal senso: E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, 6^ ed., Milano, Giuffrè, 2004, p. 336-337. 8 M.S. Giannini, op. cit., p. 56. Cfr. F. Levi, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino, Giappichelli, 1967, p. 95. 10 Così M.S. Giannini, op. cit., p. 49. Sul punto, cfr. anche F.G. Scoca, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, spec. p. 1052. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI 5. Dire che l’attività conoscitiva e di controllo dell’amministrazione finanziaria è un’attività discrezionale, e che nell’esercizio di tale attività l’amministrazione deve compiere una ponderazione comparativa di interessi, non significa peraltro introdurre particolari ed anomale limitazioni all’esercizio dei poteri conoscitivi tributari. Significa, semplicemente, che anche l’attività conoscitiva e di controllo dell’amministrazione finanziaria, al pari delle altre attività amministrative discrezionali, è soggetta a norme giuridiche che ne condizionano la legittimità, nonché a canoni o regole d’ordine extra-giuridico a carattere interno (c.d. “regole di buona amministrazione”), che ne condizionano l’opportunità, cioè il merito. È in particolare sotto il profilo della legittimità, e cioè dei limiti giuridici all’esercizio del potere, che vengono in rilievo i principi della proporzionalità e della ragionevolezza. Si tratta di principi che non costituiscono, dunque, delle regole di buona amministrazione, afferenti all’opportunità (e quindi al merito) dell’azione amministrativa, ma che integrano gli estremi di veri e propri precetti giuridici, condizionanti come tali la legittimità degli atti posti in essere dall’amministrazione finanziaria. 6. Alle origini dello Stato italiano, sul finire del secolo XIX, i poteri discrezionali erano indirizzati (cioè vincolati) quasi soltanto nel fine: erano sostanzialmente dei poteri “in bianco”. Per perseguire il fine pubblico, i funzionari potevano in buona sostanza fare quel che volevano. Presto ci si rese però conto che questi poteri “in bianco” erano fonte di abusi ed arbitrii, e dovevano per ciò essere “governati” dalla legge, almeno in parte, anche nelle modalità del loro esercizio (oltre che nel fine). Il legislatore cominciò così ad introdurre dei limiti, delle condizioni, dei requisiti, dei presupposti, cioè “argini, paratie e chiuse”, in modo tale che l’esercizio del potere “scorresse” senza troppi danni lungo il suo percorso verso la “foce”. Come il Canale Mussolini nell’Agro Pontino descritto nel bel libro di Pennacchi; o come i fiumi della laguna di Venezia (Piave, Sile, Brenta, ecc.), che dal XIV secolo i veneziani cominciarono a deviare lateralmente, ad evitare l’interramento della laguna. Con una diminuzione, una contrazione, della discrezionalità amministrativa, ma certamente con un maggiore rispetto dei diritti e delle libertà individuali. 7. Per quanto ci riguarda, questi limiti, condizioni, requisiti, presupposti, che restringono la discrezionalità DOTTRINA amministrativa, sono stati introdotti, in primo luogo, dalle singole leggi di imposta o ad esse collegate (pensiamo agli artt. 51 e segg. del D.P.R n. 633/1972 in materia di IVA e agli artt. 31 e segg. del D.P.R. n. 600/1973 in materia di imposte sui redditi) e, più di recente, dallo Statuto dei diritti del contribuente (pensiamo in particolare all’art. 12 della legge n. 212/2000). Le regole dell’agire della pubblica amministrazione non sono però solamente quelle definite da espresse disposizioni di legge, da atti normativi di livello secondario, nonché da atti amministrativi a carattere interno (quali le circolari, costituenti per l’amministrazione degli auto-limiti). Ve ne sono anche altre, di regole, che discendono direttamente dai principi generali dell’ordinamento11, ancorché non esplicitati in specifiche disposizioni normative. È questo un dato ormai acquisito, che trova concorde l’unanime dottrina12, ma che nel diritto amministrativo ed in quello tributario ha assunto una valenza soprattutto giurisprudenziale (non solo nazionale, ma anche europea ed internazionale). Tra i vari principi dell’agire amministrativo che sono stati via via individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza13, due sono i principi che vengono in considerazione: il principio della proporzionalità e il principio della ragionevolezza. Ed è su questi che intendo pertanto soffermare l’attenzione, al fine di valutarne l’effettiva rilevanza con riguardo alle attività conoscitive e di controllo tributarie. 8. Il principio della proporzionalità è da intendersi come necessaria adeguatezza tra mezzi impiegati e fine perseguito. In quanto tale, esso appare idoneo ad assu- 11 Sia dell’ordinamento nazionale, sia dell’ordinamento europeo e di quello internazionale. In proposito, si veda il già citato art. 1, comma 1, della legge 241/1990 sul procedimento amministrativo, il quale espressamente dispone che “L’attività amministrativa… è retta dai principi dell’ordinamento comunitario”. 12 Tra gli altri: S. Bartole, voce Principi del diritto (dir. cost.), in Enc. dir., vol. XXXV, 1986; F. Modugno, voce Principi generali dell’ordinamento, in Enc. giur., vol. XXIV, 1991. 13 Un quadro di sintesi si trova in S. Cassese, Il diritto amministrativo e i suoi principi, in AA.VV., Istituzioni di diritto amministrativo (a cura di S. Cassese), Milano, Giuffrè, 2004, p. 7 s., il quale enumera i seguenti principi: principio di legalità, principio di azionabilità delle pretese, principio di imparzialità, principio di buon andamento, principi di ragionevolezza e di proporzionalità, principio del legittimo affidamento, principi del contraddittorio, dell’obbligo di motivazione e della trasparenza, principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Più di recente, si veda anche il quadro di sintesi prospettato da M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, 2^ ed., 2015, p. 153 s. 27 28 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI mere rilevanza nella fase della scelta di quali e quanti poteri conoscitivi esercitare, tra quelli previsti dalla legge. Con riguardo a quest’ultimo profilo, era opinione diffusa, in passato, quella secondo cui la scelta dello strumento conoscitivo e di controllo in concreto utilizzabile fosse libera e, quindi, insindacabile. A questa tesi è stato però giustamente obiettato che, a prescindere dalla natura libera, discrezionale o vincolata della potestà attribuita all’amministrazione finanziaria, la scelta dello strumento di indagine in concreto utilizzabile deve in ogni caso essere esercitata nei limiti e nel rispetto delle norme di legge, tra le quali vi è il principio “secondo cui l’attività pubblica, quando comporti provvedimenti destinati ad incidere nella sfera dei diritti individuali di libertà, deve, comunque, conformarsi a criteri di adeguatezza o di proporzionalità tra mezzi impiegati e fine perseguito”14. Il che significa che l’amministrazione finanziaria non può interferire sulle libertà individuali oltre quanto strettamente necessario per realizzare i suoi fini. Tra gli strumenti di cui dispone, deve scegliere quello meno restrittivo delle libertà individuali e non deve adottare delle misure tali da arrecare un danno sproporzionato. Per cui, ad esempio, deve considerarsi illegittimo l’accesso domiciliare compiuto per acquisire un documento (ad es. un contratto) che l’amministrazione avrebbe altrimenti potuto ottenere formulando al contribuente una semplice richiesta di trasmissione di atti. La compressione del diritto di libertà domiciliare, in questa ipotesi, è infatti ingiustificata, in quanto non indispensabile al raggiungimento del fine perseguito. Addirittura, se si trattasse di un contratto registrato, l’organo ispettivo non potrebbe neppure richiederlo al contribuente, dovendo invece richiederlo direttamente all’ufficio finanziario che ha provveduto alla sua registrazione, in forza di quanto disposto dagli artt. 18 della legge n. 241/1990 e 6 della legge n. 212/2000. 9. Da un punto di vista storico-comparatistico, la maggiore elaborazione del concetto di proporzionalità si è avuta in Germania e in Svizzera15. 14 I. Manzoni, Potere di accertamento e tutela del contribuente, Milano, Giuffrè, 1993, p. 245. In termini adesivi, si veda anche G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Parte generale, 9^ ed., Padova, Cedam, 2015, p. 501. 15 Cfr. K. Hailbronner, Il principio di proporzionalità, in Impresa, ambiente e p.a., 1979, p. 545 s. Può inoltre vedersi A. Sandulli, Eccesso di potere e controllo di proporzionalità. Profili comparati, in Riv. trim. dir. pubbl., 1995, p. 329 s. Sul principio della proporzionalità nell’ordinamento tedesco, in una prospettiva tribu- Per quanto in particolare riguarda l’ordinamento italiano, a parte l’applicazione che ne ha fatto la Corte costituzionale in tema di giudizio di legittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi16, la giurisprudenza amministrativa ha ormai da tempo riconosciuto la piena operatività del principio della proporzionalità con riguardo alla pubblica amministrazione17. Invece che di proporzionalità, si parla sovente di adeguatezza o di ragionevolezza. Al di là del linguaggio utilizzato, la motivazione delle sentenze in questione allude tuttavia, in modo più o meno esplicito, a un giudizio di proporzionalità dei mezzi adottati nell’azione amministrativa rispetto allo scopo perseguito dall’amministrazione18. Ma vi è di più. Come è noto, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha sovente fatto ricorso all’applicazione dei principi derivanti dal diritto degli stati membri per colmare le lacune del diritto europeo. Orbene, il principio di proporzionalità è stato dalla Corte incluso nel diritto europeo, proprio quale principio fondamentale degli ordinamenti giuridici nazionali19. Tant’è che oggi il riformato art. 5 del Trattato sull’Unione europea prevede espressamente, al par. 4, che “In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati” (comma 1) e che “Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità” (comma 2). Il menzionato protocollo, accluso al Trattato UE come protocollo n. 2, contiene a sua volta ulteriori precisazioni e dettagli relativi al contenuto e all’ambito di applicazione del principio di proporzionalità. Vi è poi la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la c.d. “Carta di Nizza”)20, la quale, dopo aver individuato e definito nel loro contenuto, nell’ambito taria, cfr. altresì G. Moschetti, Il principio di proporzionalità come “giusta misura” del potere nell’evoluzione del diritto tributario, Padova, Cedam, 2015, p. 67 s. 16 A puro titolo esemplificativo, può richiamarsi Corte cost., 3-6-1970, n. 78. 17 Cfr. A. Sandulli, op. cit., p. 561 s., ove ampi richiami di giurisprudenza. Si veda altresì C.E. Gallo, La convenzione europea per i diritti dell’uomo nella giurisprudenza dei giudici amministrativi, in Dir. amm., 1996, spec. p. 509. 18 In proposito cfr. anche M. Clarich, op. cit., p. 154. 19 Si può vedere, ad es., Corte Giustizia CE, 7-12-2010, causa C-285/09, R., punto 45, ove richiami ai precedenti della Corte. 20 Ricordo al riguardo che l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea prevede al par. 1 che “L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI del Capo II, le “Libertà” (tra cui in particolare: Art. 6 – “Diritto alla libertà e alla sicurezza”; Art. 7 – “Rispetto della vita privata e della vita familiare”; Art. 8 – “Protezione dei dati di carattere personale”; Art. 11 – “Libertà di espressione e d’informazione”), stabilisce poi all’art. 52 (“Portata dei diritti garantiti”), par. 1, che “Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà” e che “Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”. Va infine rilevato che anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali21 si richiama, in numerosi articoli, al principio della proporzionalità, proprio con specifico riferimento alle restrizioni che gli stati membri possono imporre ai diritti e alle libertà garantiti dalla Convenzione. In particolare, per quanto di nostro interesse, l’art. 8 della Convenzione dispone che “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza” (comma 1); precisando inoltre che “Non può esservi ingerenza della Pubblica Autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge ed in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del Paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui” (comma 2). Ed è evidente che lo stabilire quando delle restrizioni siano “necessarie in una società democratica” comporta un giudizio che si avvicina molto a quello di proporzionalità sopra descritto22. 21 Firmata a Roma il 4-11-1950 e ratificata dall’Italia con L. 4-8-1955, n. 848. In proposito, va rilevato che l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, dopo aver previsto al par. 2 che “L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (il che, peraltro, non è ancora avvenuto: si veda anzi il parere negativo – di cui al comunicato stampa n. 180/14 – espresso dalla Corte di Giustizia UE sul progetto di adesione elaborato dalla Commissione), stabilisce al par. 3 (con disposizione invece pienamente operante) che “I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”. 22 Cfr. K. Hailbronner, Il principio di proporzionalità, op. cit., p. 563-564. DOTTRINA 10. Da quanto precede può a mio avviso desumersi l’esistenza nel nostro ordinamento, anche in quanto parte degli ordinamenti europeo e internazionale, di un principio generale in forza del quale l’amministrazione finanziaria, nella scelta di quali e quanti poteri conoscitivi esercitare (tra quelli attribuiti dalla legge), deve attenersi ad un criterio di proporzionalità dei mezzi adottati allo scopo in concreto perseguito. Il che significa che gli uffici finanziari hanno, sì, discrezionalità nella scelta; ma l’esercizio di tale discrezionalità è inderogabilmente vincolato al rispetto del principio della proporzionalità. Di tale principio costituisce puntuale e chiara applicazione l’art. 12, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, il quale testualmente dispone che “Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo”23. A maggior ragione, questa stessa regola non può che valere anche nei casi di accessi domiciliari e di accessi presso soggetti terzi, nonché per lo svolgimento (durante ogni tipo di accesso) di perquisizioni personali, oltre che per l’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili e per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale. Regola che vale proprio in forza del generale principio della proporzionalità, di cui il citato art. 12, comma 1, dello Statuto costituisce esplicita attuazione per una specifica ipotesi (quella appunto degli accessi nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali). 11. Accanto al principio della proporzionalità, presenta un suo autonomo ambito di applicazione il connesso principio della ragionevolezza, anche se certamente in un numero più circoscritto di casi rispetto al principio della proporzionalità. I due principi vengono sovente ricondotti l’uno all’altro, in un’unica e indistinta nozione. L’esame della giurisprudenza e della dottrina (non tributarie) che se ne sono occupate dimostra che i due termini sono in larga parte utilizzati come sinonimi. 23 Nella medesima prospettiva, la seconda parte dello stesso art. 12, comma 1, stabilisce inoltre che tali accessi, ispezioni e verifiche “si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente”. 29 30 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Tutt’al più si allude alla ragionevolezza come ad un concetto più ampio, il cui nucleo essenziale sarebbe comunque costituito dalla proporzionalità. A mio avviso, invece, i principi della ragionevolezza e della proporzionalità, pur essendo fra loro strettamente correlati, vanno tenuti concettualmente distinti l’uno dall’altro. Non mi sembra, infatti, che vi sia necessaria coincidenza tra le rispettive sfere di operatività, come può cogliersi dalle considerazioni che seguono, formulate proprio con specifico riferimento alle attività conoscitive e di controllo tributarie. Si può parlare di ragionevolezza quando l’atto, nel quale si estrinseca l’esercizio del potere conoscitivo e di controllo, si giustifichi alla luce del necessario contemperamento degli interessi in gioco, cioè in quanto l’interesse pubblico a realizzare il risultato perseguito risulti prevalente rispetto all’interesse privato. Il principio della proporzionalità richiede invece qualcosa di più e di diverso: l’adeguatezza del mezzo al fine, cioè l’adeguatezza dell’atto o comportamento alla realizzazione del risultato (ragionevolmente) perseguito. Il che impone l’adozione del mezzo che comporti il minor sacrificio possibile per il privato e che si presenti quindi, fra i vari mezzi disponibili, come il più rispettoso dei suoi diritti di libertà. Così, ad esempio, ove si renda necessaria per l’amministrazione finanziaria l’acquisizione di un determinato documento, può considerarsi astrattamente ragionevole farne richiesta al privato che lo detenga, ma non può dirsi che la richiesta soddisfi anche il requisito della proporzionalità, se di tale atto sussistono delle copie autentiche presso altri uffici della stessa amministrazione finanziaria a cui fare agevolmente ricorso. Principio che trova del resto esplicita conferma ed attuazione nel già citato art. 6, comma 4, dello Statuto dei diritti del contribuente, che vieta espressamente di richiedere al privato documenti e informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria (o di altre pubbliche amministrazioni indicate dallo stesso contribuente). Nel caso, invece, che del documento esista un solo originale a mani del privato, è chiaro che la richiesta a lui rivolta non può che considerarsi conforme, per definizione, al principio della proporzionalità, non essendoci alcuna altra via alternativa per procurarselo. Senza che per questo la richiesta sia da considerare necessariamente “ragionevole”. Il documento richiesto potrebbe infatti risultare, in ipotesi, del tutto irrilevante ai fini che interessano. Ciò a riprova del fatto che ragionevolezza e proporzionalità sono concetti fra loro distinti. 12. Può ancora osservarsi che quasi sempre la legittimità dell’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo tributari, sotto il profilo in esame, si risolve in un problema di proporzionalità (cioè di adeguatezza del mezzo di indagine prescelto rispetto al risultato perseguito), più che di ragionevolezza, dato che, a fronte dell’interesse pubblico al controllo degli adempimenti fiscali e all’acquisizione di dati fiscalmente rilevanti, l’interesse del privato risulta normalmente recessivo. Ciò non toglie che in astratto l’attività conoscitiva tributaria, prima ancora che proporzionata, debba essere ragionevole. Il che comporta che, in sede di sindacato di legittimità sull’attività conoscitiva, prima debba accertarsi la sua ragionevolezza e poi la sua proporzionalità. D’altra parte, il fatto che l’attività conoscitiva sia normalmente da considerare ragionevole (risultando normalmente prevalente l’interesse pubblico) non significa che questo si verifichi sempre e comunque. Non mancano dei casi concreti (sia pur limitati) nei quali la ragionevolezza viene chiaramente in rilievo in via autonoma e distinta rispetto alla proporzionalità. Uno di questi è il caso dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria richiesta dall’art. 63 del D.P.R. n. 633/1972 (quanto all’IVA) e dall’art. 33 del D.P.R. n. 600/1973 (quanto alle imposte sui redditi) per l’utilizzazione e la trasmissione di documenti, dati e notizie acquisiti in veste di polizia giudiziaria. In tal caso, infatti, non si pone tanto un problema di adeguatezza del mezzo conoscitivo al fine perseguito (trattandosi di elementi già acquisiti dalla polizia giudiziaria a fini penali, sulla base del codice di procedura penale), quanto invece di valutare se l’utilizzazione o la trasmissione degli elementi acquisiti a fini penali si giustifichi alla luce del necessario contemperamento degli interessi in gioco (interesse fiscale e interesse alla riservatezza), e cioè in quanto l’interesse pubblico a realizzare il risultato perseguito risulti prevalente rispetto all’interesse privato. Valutazione che, nell’ambito di un sindacato di legittimità, va appunto effettuata in conformità al principio della ragionevolezza. Con la conseguenza che l’autorità giudiziaria dovrà negare l’autorizzazione, per evitare una lesione del principio della ragionevolezza, quando la richiesta formulata dalla Guardia di finanza non appaia di alcuna apprezzabile utilità al fine dell’effettuazione dei controlli fiscali amministrativi. 13. Penso pertanto che i principi della ragionevolezza e della proporzionalità possano giocare un ruolo non indifferente in quella dialettica tra autorità e libertà, che un tempo tutta sbilanciata a favore dell’autorità, ha via via trovato un suo maggiore equilibrio (anche a seguito DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI dell’istituzione dell’Unione europea e della stipulazione di altre importanti convenzioni internazionali), ma che a mio avviso richiede sia data ulteriore “voce” alle libertà, affinché possa dirsi raggiunto un equilibrio pienamente conforme ai principi nazionali, europei e internazionali che si sono in precedenza richiamati. In questa prospettiva, propongo l’introduzione nello Statuto dei diritti del contribuente di un apposito articolo, che potrebbe essere numerato come art. 11-bis ed avere il seguente contenuto: 14. Inoltre, affinché il suddetto articolo non finisca con l’essere un “telum imbelle sine ictu”, propongo altresì l’introduzione, sempre nello Statuto, del seguente ulteriore articolo: Art. 12-bis Prove illegittimamente acquisite 1. Le prove acquisite in violazione delle norme che regolano le attività conoscitive e di controllo in materia tributaria non possono essere utilizzate. Art. 11-bis Principi della ragionevolezza e della proporzionalità nelle attività conoscitive e di controllo 1. L’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo in materia tributaria deve in ogni caso avvenire nel rispetto dei principi della ragionevolezza e della proporzionalità. 2. In virtù del principio della ragionevolezza l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo deve giustificarsi sulla base del necessario contemperamento dell’interesse pubblico con le libertà e i diritti dei soggetti coinvolti. 3. In virtù del principio della proporzionalità l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo si limita a quanto strettamente necessario per il conseguimento degli obiettivi perseguiti, in relazione all’esigenza di determinare la minore restrizione possibile delle libertà e dei diritti dei soggetti coinvolti. 15. Potrebbe obiettarsi che i principi generali, per loro stessa natura, non necessitano di una disposizione scritta. Vi è anzi il rischio che una disposizione scritta finisca col risultare troppo “stretta” per il principio, come un abito di alcune taglie più piccolo del necessario. Ma certamente la disposizione scritta aiuta a superare quella “paura del vuoto”, che spesso inibisce agli operatori del diritto l’applicazione dei principi non scritti. Giuseppe Vanz Università degli studi di Torino 31 32 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Vizi dell'atto impositivo di Massimo Basilavecchia Le tipologie di vizi degli atti impositivi (vizi propri, secondo la dizione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/92) devono essere catalogate secondo quattro categorie: vizi dei presupposti dell’atto; vizi della struttura formale; vizi della fase istruttoria; vizi del contenuto dell’atto (infondatezza in fatto o erroneità in diritto). Per vizi formali dobbiamo considerare i secondi, i vizi dell’istruttoria infatti non riguardano l’atto in sé, anche se dovrebbero ridondare in illegittimità derivata, e i vizi dei presupposti dell’atto sono in realtà esterni all’atto stesso, derivano dalla mancanza delle condizioni di legittimità previste per la sua emanazione. È opportuno precisare che non possono essere mai considerati formali i vizi relativi ai presupposti dell’atto (termine di decadenza, conformità alle risposte a interpello, termine dilatorio, rispetto della procedura tipica – richieste di chiarimenti, inviti a comparire; è già previsto dall’art. 19 terzo comma che sia invalidante la mancata necessaria notifica di atti-presupposto, ed è diritto vivente delle sezioni unite sin dal 2007). Ad es. l’emanazione e notificazione di un preavviso di rigetto, in caso di interessi pretensivi del contribuente, dovrebbe essere considerata necessaria prima di respingere un’istanza con un provvedimento di diniego impugnabile, in modo da determinare un contraddittorio stimolato dalla notificazione del preavviso. Andrebbe stabilito che questo tipo di vizi dell’atto impositivo è sempre insanabile e conduce all’annullamento dell’atto, se i vizi sono dedotti nei modi e nei tempi di cui alle norme processuali. È una tipologia di vizi che deve essere valutata dall’amministrazione anche nell’ambito dell’esercizio del riesame in autotutela. Passando ai vizi formali, andrebbe fatta una distinzione tra i vizi invalidanti – sia pure su ricorso – e quelli suscettibili di dequotazione, in una logica ex art. 21 – octies della legge n. 241/90. Tra i primi, certamente vanno inseriti il difetto di motivazione (i contenuti minimi della motivazione vanno desunti in generale dalla 241/90, ed in particolare dalle disposizioni specifiche regolanti ciascuna tipologia di atto), il difetto di sottoscrizione nei modi previsti dalla legge e ogni caso di sottoscrizione apposta da funzionario delegato al di là dei requisiti previsti dalla giurisprudenza della corte di cassazione. Ugualmente invalidante dovrebbe essere la incompetenza, per materia o funzionale, dell’ufficio che emana l’atto impugnato. Potrebbe essere precisato, ad evitare terminologie ingannevoli, che l’invalidità va sempre fatta valere per ricorso nel termine decadenziale, ancorché vi sia una previsione normativa che si esprime in termini di nullità1. I vizi non invalidanti dovrebbero essere individuati in quei vizi che non incidono sul contenuto effettivo dell’atto o sui termini essenziali dell’informazione al destinatario, i quali possono essere rilevanti sotto altri profili (tra questi inserirei la mancata indicazione dell’aliquota, l’indicazione del responsabile del procedimento se non esplicitamente prevista da norme specifiche, l’ndicazione di dove come quando ricorrere, l’indicazione della possibilità di riesame in autotutela). In generale, tutte le istruzioni per l’uso, le avvertenze complementari all’atto, devono trovare sanzione non nell’annullamento del provvedimento, ma attraverso il recupero della garanzia compromessa (rimessione in termini). Non inserirei il vizio di notificazione tra i vizi dell’atto, lasciandolo affidato alle interpretazioni giurisprudenziali e alla possibilità di invalidare l’atto consequenziale. In calce alla presente, formulo una proposta di nuova normativa, ma segnalo che la codificazione delle ipotesi di invalidità, in un sistema aperto in cui i “vizi propri” dell’atto sono innominati e indeterminati, può essere rischiosa proprio per le garanzie: una codificazione infatti per razionalizzare dovrebbe far retrocedere a ipotesi di mera irregolarità i vizi non lesivi di un interesse concreto (es. aliquote e responsabile del procedimento) e deve porsi il problema di come una norma generale andrebbe a interagire con il complesso di disposizioni specifiche che regolano l’apparato formale dei singoli atti tributari. 1 In questo modo, si resterebbe conformi alla giurisprudenza di cassazione; se invece si vuole provare a sovvertire le conclusioni della cassazione, va fatto riferimento all’art. 21-septies della 241/90, che prevede la nullità in ogni caso di espressa previsione di legge, oltre che nei casi di carenze strutturali radicali. Andrebbe allora abrogato l’art. 61 d.p.r. 600/73, che sterilizza le nullità non tempestivamente dedotte. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Non solo: c’è il rischio che fenomeni patologici non siano agevolmente incasellabili nella norma che prevede le invalidità, e che in tal modo si offra il pretesto per il giudice per negarne la rilevanza. Vi è poi un problema di sede: la nuova norma sarebbe perfetta nell’art. 19 d.lgs. 546/92, o integrandolo, o facendo seguire un 19-bis; ma la visibilità e il valore di principio sarebbero certamente maggiori inserendo un articolo 7-bis nello statuto dei diritti del contribuente. In realtà, il metodo migliore per codificare le invalidità dell’atto sarebbe quello di procedere ad un testo unico delle disposizioni su accertamento e riscossione, rivedendo complessivamente tutte le norme interne o esterne ai decreti del 1973. Ma questo compito arduo esula dall’ambito della proposta che ci si prefigge di avanzare. Nella proposta non c’è la previsione di un’invalidità assoluta per mancata previa audizione del contribuente, essendo opportuno che l’inserimento di tale disciplina sia valutata dagli studiosi che affrontano il tema specifico del contraddittorio. Art. 7-bis legge n. 212/2000 Invalidità dei provvedimenti tributari. 1. Costituiscono vizi propri di carattere generale dei provvedimenti tributari: a) la carenza delle condizioni e dei presupposti previsti dalla legge per l’emanazione del provvedimento (incompetenza per materia e per territorio, pendenza del termine decadenziale, decorso del termine dilatorio previsto a garanzia del diritto al contraddittorio, conformità a precedenti risposte ad interpelli, adozione dei procedimenti specificamente previsti, avvenuta notificazione di atti presupposti); b) per gli atti di diniego opposti ad istanze pretensive, la mancata preventiva comunicazione di un preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990; c) l’acquisizione degli elementi probatori posti a base del provvedimento in violazione di disposizioni di legge a tutela di diritti costituzionalmente garantiti2; d) il difetto assoluto o l’insufficienza della motivazione richiesta dalle disposizioni specifiche regolanti ciascuna tipologia di atto, il difetto di motivazio- 2 Questa previsione recepisce la giurisprudenza di cassazione secondo la quale le illegittimità degli atti istruttori hanno rilievo solo se riguardano diritti costituzionalmente tutelati: da ultimo in tal senso la sentenza resa sul famoso caso Falciani. DOTTRINA ne sulle deduzioni difensive presentate dal contribuente3, il difetto di sottoscrizione nei modi previsti dalla legge e ogni caso di sottoscrizione apposta da funzionario delegato sulla base di una delega immotivata, o impersonale, o che abbia durata ed oggetto indeterminati o in ogni caso in cui resti incerta la competenza del funzionario a sottoscrivere l’atto al momento dell’emanazione dell’atto. 2. I vizi di cui al comma 1 sono insanabili, sono rilevabili dal giudice solo se dedotti nei motivi di ricorso, non precludono la riedizione dell’atto emendato nei termini di decadenza, devono essere valutati dalle amministrazioni finanziarie in sede di riesame in autotutela e nell’ambito dei procedimenti di adesione, di reclamo/ mediazione, di conciliazione. 3. Resta ferma ogni altra invalidità prevista esplicitamente dalla legge o desumibile dalla difformità dell’atto impugnato da quanto previsto dalle norme applicabili al potere esercitato. 4. Sono affetti da nullità assoluta e possono essere dichiarati nulli proponendo azione in tal senso entro il termine di decadenza di un anno dalla loro notificazione, solo i provvedimenti che manchino degli elementi essenziali, che siano viziati da difetto assoluto di attribuzione, che siano stati adottati in violazione o elusione del giudicato. Al di fuori di tali casi, la sanzione di nullità prevista nelle disposizioni di legge comporta i soli effetti di cui al comma 2. 5. Costituiscono vizi non invalidanti, salva diversa espressa indicazione di legge, i vizi della struttura formale dell’atto diversi da quelli indicati nei precedenti commi e che non risultino lesivi di situazioni giuridiche del contribuente, quali ad es. le carenti indicazioni sui comportamenti da tenere o sull’aliquota applicabile, se desumibile dal contesto dell’atto. Essi comportano le conseguenze risarcitorie o recuperatorie che appaiano proporzionali all’interesse leso, ferma restando la validità del provvedimento. 6. Restano ferme le disposizioni vigenti, ove compatibili con quanto disposto ai precedenti commi. Resta ferma l’invalidità dell’atto conseguente alla violazione delle norme regolatrici dei metodi di accertamento e delle norme sostanziali rilevanti ai fini dell’applicazione dell’atto impositivo. Massimo Basilavecchia 3 Questo passaggio supera la giurisprudenza di cassazione attuale, che considera invece irrilevante la mancata motivazione sulle deduzioni difensive. 33 34 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Le prove illecite nel processo tributario di Francesco Tesauro 1. Casi di dati bancari illecitamente acquisiti. 2. Lo scambio di informazioni. 3. Le prove illecite nel processo penale. 4. Le prove illecite nel processo civile. Il bilanciamento. 5. Il bilanciamento del diritto tributario. 6. De iure condendo tilizzo dei dati contenuti nelle «liste Falciani» sono stati formati attraverso la raccolta illegale di informazioni; li ha dichiarati non utilizzabili e ha disposto che fossero immediatamente secretati e distrutti, a norma dell’art. 240 c.p.p.. 2. Lo scambio di informazioni 1. Casi di dati bancari illecitamente acquisiti. I casi di dati bancari acquisiti in modo illecito sono noti1. Nel caso Kredietbank Luxembourg (del 1994) erano stati trafugati dati bancari relativi a clienti belgi e olandesi. Il fisco belga acquisì i dati bancari trafugati e li trasferì al fisco olandese. La giurisprudenza belga ha dichiarato inutilizzabili i dati bancari; la giurisprudenza olandese, invece, li ha dichiarati utilizzabili. La lista Vaduz (2008) è una lista di nominativi e conti correnti di clienti di una società fiduciaria di Vaduz sottratti agli archivi della società da un archivista che ha successivamente venduto la documentazione all’Amministrazione tedesca, che l’ha trasmessa al fisco inglese, che a sua volta l’ha trasmessa ad altre amministrazioni finanziarie, tra cui quella italiana2. Alcune decisioni di merito dei giudici tributari hanno annullato gli accertamenti emessi utilizzando la lista Vaduz (CTP di Mantova e Milano). Nel caso Falciani, i dati bancari svizzeri sono stati sequestrati dal fisco francese. La Corte di appello di Parigi, nel 2011, con una sentenza confermata dalla Cassazione, ha dato rilievo al fatto che la lista era stata acquisita commettendo un reato3. Il GIP di Pinerolo, su istanza del Procuratore della Repubblica, ha ritenuto che i documenti basati sull’u- 1 Si veda P. MASTELLONE, Tutela del contribuente nei confronti delle prove illecitamente acquisite all’estero, in Dir. prat. trib., 2013, I, 791. 2 Sulla lista Vaduz cfr. Cass., 19 agosto 2015, n. 16950, in Dir. prat. trib., 2015, 6, 1120. 3 Cour d’appel di Parigi, 8 febbraio 2011, in Riv. dir. trib., 2011, II, 402, con nota di F. D’AYALA VALVA, Acquisizione di prove illecite - Un caso pratico: la lista Falciani. Un primo profilo da considerare è la normativa sullo scambio di informazioni, regolato dalle direttive europee e dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. A proposito della lista Falciani e dei dati acquisiti dalle autorità fiscali francesi, in forza della dir. CEE 77/779, è stato rilevato che la direttiva non disciplina i diritti del contribuente, che sono tutelati dalle norme nazionali4. Non appare però condivisibile l’affermazione che l’autorità fiscale che riceve la documentazione non avrebbe alcun onere di controllo del materiale che proviene dall’estero5. Non è previsto che il contribuente sia avvertito dello scambio di informazioni, ma è stato rilevato che esiste ormai una chiara tendenza – a livello comunitario e anche a livello interno – ad ampliare i confini del contraddittorio in materia tributaria6. 4 Corte di giustizia, Grande Sezione, 22 ottobre 2013, causa C-276/12. 5 Afferma Cass., sez. VI, ord. 28 aprile 2015, n. 8605, in Giur. it., 2015, 1610, con nota critica di A. TURCHI, Legittimi gli accertamenti fiscali basati sulla lista Falciani e nota adesiva di C. BESSO, Illiceità della prova, segreto bancario e giusto processo, da un lato, che l’acquisizione di informazioni mediante lo strumento di cooperazione previsto dalla direttiva non ha la capacità di “purgare” gli elementi acquisiti da illegittimità o vizi, e, dall’altro lato, che la direttiva «non contiene alcun elemento dal quale potere inferire che l’autorità fiscale interna avesse l’obbligo di controllare l’autenticità, provenienza e riferibilità della documentazione acquisita». 6 TURCHI, Legittimi gli accertamenti fiscali basati sulla lista Falciani, cit., pag. 1616, che richiama Corte di Giustizia, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Il nostro diritto interno non concede neppure il diritto di accesso7. È solo quando l’Amministrazione utilizza la documentazione agendo nei confronti di un contribuente che possono essere esercitati i diritti di difesa, nel procedimento amministrativo d’imposizione e nel processo. 3. Le prove illecite nel processo penale. In tema di prove illecite nel processo penale l’art. 191 c.p.p., dispone che «Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate». Ma questa disposizione, di per sé, nulla aggiunge alle norme che già pongono dei divieti probatori e già sanciscono la inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di quei divieti. Ecco perché la giurisprudenza penale, che ha escluso ogni possibilità di utilizzo della lista Falciani nel processo penale, non si basa sull’art. 191 c.p.p., ma sull’art. 240, commi 2, ultima parte, 5 e 6, c.p.p.8. In base alle norme del codice di procedura penale alcune commissioni tributarie hanno ritenuto inutilizzabile la lista Falciani anche nel processo tributario; hanno ritenuto cioè che l’inutilizzabilità in sede penale si trasferisse in sede tributaria9. 7 Ha ritenuto il Consiglio di Stato, sez. IV, 9 dicembre 2011, n. 6472, in Rass. trib., 2012, 1549, con nota di M. BAMBINO, Accesso agli atti dell’amministrazione finanziaria e tutela del contribuente, che il contribuente non ha diritto di accesso ai dati contenuti nella «lista Falciani», acquisita dal Comando generale della Guardia di finanza tramite la cooperazione del governo francese, in quanto tali atti possono essere ricondotti alle «categorie generali» normativamente indicate come ostative all’accesso. 8 Si veda il decreto di archiviazione del Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Pinerolo, 4 ottobre 2011, in Dir. pen. e proc., 2012, 723, secondo il quale, poiché «non vi è dubbio che i documenti in questione siano stati formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, trattandosi della stampa di files contenuti in un sistema informatico riservato nel quale il Falciani si è abusivamente introdotto contro la volontà espressa o tacita di chi aveva diritto ad escluderlo o, ammesso che fosse autorizzato all’accesso dei dati, quanto meno si è abusivamente trattenuto nel sistema nel momento in cui ha attuato la decisione di copiare i files per fini diversi da quelli relativi allo svolgimento delle sue mansioni così integrando il reato di cui all’art. 515-ter del c.p., oltre ad aver senz’altro posto in essere il reato di appropriazione indebita aggravata di documenti ai sensi degli artt. 646 e 61 n. 11 c.p.». Secondo Cass. pen., sez. III, 26 settembre 2012, n. 38753, in Bollettino trib., 2013, 396, le schede della lista Falciani, acquisite in violazione di divieti stabiliti dalla legge, non possono essere utilizzate nel giudizio (penale); tuttavia, il magistrato non può procedere alla loro distruzione se, in atti, non vi è la prova che sono state raccolte illegalmente. 9 Comm. trib. prov. Como, 15 novembre 2011, in Corriere trib., DOTTRINA Ma è agevole osservare che le norme del processo penale non si applicano al processo tributario. E, come ha detto la Cassazione, «non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso ed esclusi, ovviamente, i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale (quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.)»10. Nel diritto tributario non vi sono norme come quelle che, nel processo penale, prevedono la inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di un divieto. Né si possono invocare l’art. 75 del d.p.r. n. 633 del 1972 e l’art. 70 del d.p.r. n. 600 del 197311, ove si prevede che, «per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, in materia di accertamento delle violazioni e di sanzioni si applicano le norme del codice penale e del codice di procedura penale, della legge 7 gennaio 1929, n. 4 e del regio decreto legge 3 gennaio 1926, n. 63, convertito nella legge 24 maggio 1926, n. 898, e successive modificazioni». Quelle norme non possono essere richiamate per due motivi. Il rinvio serve a colmare le lacune delle norme dei decreti legislativi n. 600 e n. 633 in materia di accertamento delle violazioni, cioè di norme che non esistono più. Inoltre, il rinvio non concerne l’accertamento delle imposte dirette e Iva, ma l’accertamento delle relative violazioni, per le quali si applicano ora le disposizioni contenute nel decreto 472 del 1997. 2011, 3913, con nota di A. MARCHESELLI, «Lista Falciani»: le prove illecite sono utilizzabili nell’accertamento tributario ?; Comm. trib. prov. Lecco, 28 agosto 2013, in Rass. trib., 2014, 1317 (m); Comm. trib. prov. Varese, 25 febbraio 2013, in Riv. dir. trib., 2013, II, 169. Invece, nel senso della utilizzabilità, cfr, Comm. trib. prov. Genova, 5 giugno 2012, n. 193, in Riv. Giur. Trib., 8-9/2012, 710 e segg.; Comm. trib. prov. Verbania, 21 febbraio 2013, in Riv. dir. trib., 2013, II, 168; Comm. trib. prov. Milano, 6 maggio 2013, in Corriere trib., 2013, 3130; Comm. trib. prov. Treviso, 10 luglio 2012, in Corriere trib., 2012, 3264. Nel senso della utilizzabilità si è espressa anche Cass., sez. VI, ord. 28 aprile 2015, n. 8605, cit. 10 Cass., sez. VI, ord. 28 aprile 2015, n. 8605, cit. 11 Cfr. S. MULEO, Acquisizioni probatorie illegittime e vizi dell’atto: il caso della lista Falciani, in Rass. Trib., 2016, 1, 147. 35 36 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI 4. Le prove illecite nel processo civile. Il bilanciamento. Nel processo tributario rilevano le norme del processo civile. E la pronuncia della Cassazione sulla lista Falciani è stata considerata rilevante anche per il processo civile. Il problema delle prove illecite è da esaminare distinguendo tra prove costituende e prove precostituite. Sulle prove costituende nel processo civile la dottrina ha sostenuto l’inefficacia delle prove ammesse ed esperite in contrasto con un divieto di legge, indicando, in via di esempio, la testimonianza di persona che non è ammessa a testimoniare (ex art. 247 c.p.c.)12. Le medesime considerazioni valgono per l’ammissione e l’esperimento, nel processo tributario, di una testimonianza o di un giuramento. Al riguardo si è precisato che, se il provvedimento di ammissione della prova è contrario a un divieto di legge, ne consegue l’inefficacia del provvedimento. Ed è stata posta l’equazione: prova irritualmente ammessa = prova processualmente inefficace13. Per le prove precostituite non c’è un provvedimento ammissivo; il documento è prodotto in giudizio dalla parte, senza un previo provvedimento di ammissione. L’atto viziato potrebbe essere non la produzione, ma un momento precedente, cioè il modo con cui la parte ha conseguito il possesso del documento. In giurisprudenza si è ritenuto che, nel processo civile, non esiste un divieto esplicito di utilizzo delle prove illecite, e, poiché per le prove precostituite i momenti di illiceità sono di natura preprocessuale, un documento illecitamente ottenuto è comunque utilizzabile come prova, salve le conseguenze extraprocessuali, civili e penali, del comportamento illecito14. Secondo questa impostazione, per rifiutare l’ingresso nel processo di un documento ottenuto illecitamente è necessaria una specifica regola processuale di esclusione probatoria (come l’art. 222 c.p.c., che dispone l’inuti- 12 E. Allorio, Efficacia di prove ammesse e esperite in contrasto con divieti di legge, in Giur. it., 1960, I, 2, 871. 13 E. Allorio, op. cit.. La tesi dell’inefficacia non è sempre condivisa. In giurisprudenza, si sostiene talvolta che la prova inammissibile, una volta ammessa e assunta, ha una efficacia ridotta: vale come indizio, non come prova. In dottrina si è sostenuto che, quando è assunta una prova inammissibile, il risultato non può essere trascurato dal giudice (G.F. RICCI, La prove illecite nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1987, 34 ss.). 14 Trib. Bari, 16 febbraio 2007, in Merito, 2007, fasc. 4, 22; Trib. Bari, 8 novembre 2007, in Mass. Lex 24, 2007 e Trib. Torino, 28 settembre 2007, in Giur. Lav., 2008, 9. lizzabilità di un documento, se, proposta la querela di falso, la parte dichiari di non volersene avvalere, e l’art. 216 c.p.c., che impedisce di utilizzare la scrittura privata disconosciuta, ma non seguita da richiesta di verificazione). In assenza di una norma processuale, che attribuisca rilevanza nel processo alla violazione di norme sostanziali, il giudice non può sanzionare l’illecito extraprocessuale con una sanzione processuale. In senso opposto è stata sostenuta anche la tesi della inutilizzabilità in ogni caso15. Una terza tesi è quella della utilizzabilità, salvo il caso che vi sia violazione di principi costituzionali. Si tratta di operare un bilanciamento tra interessi contrapposti16. È da richiamare, al riguardo, una pronuncia del Tribunale di Torino, secondo cui, «Nel silenzio di legge, la valutazione in merito all’utilizzabilità delle prove documentali illecite, ottenute dal producente violando specifiche norme di legge, è demandata al singolo giudice del caso concreto, chiamato a compiere un giudizio di bilanciamento tra tutti i diritti e gli interessi emersi nel caso concreto»17. 15 Cfr. A. Graziosi, Usi e abusi di prove illecite e prove atipiche nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 693. 16 Cfr. Cass., 5 agosto 2010, n. 18279, in Giust. civ., 2011, I, 132, secondo cui, nelle controversie in cui si configura una contrapposizione tra due diritti, aventi entrambi copertura costituzionale, e cioè tra valori ugualmente protetti, va applicato il cd. criterio di «gerarchia mobile», dovendo il giudice procedere di volta in volta, ed in considerazione dello specifico thema decidendum, all’individuazione dell’interesse da privilegiare a seguito di un’equilibrata comparazione tra diritti in gioco, volta ad evitare che la piena tutela di un interesse finisca per tradursi in una limitazione di quello contrapposto, capace di vanificarne o ridurne il valore contenutistico; ne consegue che il richiamo ad opera di una parte processuale al doveroso rispetto del diritto (suo o di un terzo) alla privacy non può legittimare una violazione del diritto di difesa che, essendo inviolabile in ogni stato e grado del procedimento ex art. 24, 2 comma, cost., non può incontrare nel suo esercizio ostacoli ed impedimenti nell’accertamento della verità materiale a fronte di gravi addebiti suscettibili di determinare ricadute pregiudizievoli alla controparte in termini di un irreparabile vulnus alla sua onorabilità e, talvolta, anche alla perdita di altri diritti fondamentali, come quello al posto di lavoro (fattispecie relativa a licenziamento disposto a carico di un dipendente per reiterate molestie sessuali a carico di colleghe, annullato per genericità delle contestazioni in quanto privo dell’identificazione delle vittime). Si veda altresì Cass., Sez. un., 8 febbraio 2011, n. 3034, in Giust. civ., 2011, 3, 605. 17 Trib. Torino, 8 maggio 2013, in Giur. it., 2014, 2480, con nota adesiva di C. PIOVANO, Sull’utilizzabilità dei documenti illecitamente ottenuti. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Era accaduto che un coniuge, in una causa di separazione, aveva dimostrato la relazione extraconiugale del convenuto, tramite documentazione che riproduceva messaggi telefonici e di posta elettronica. Il convenuto ne aveva eccepito l’inammissibilità, in quanto le prove prodotte in giudizio erano frutto di un illecito di rilevanza penale, senza peraltro operarne il disconoscimento ai sensi degli arti. 2712 ss. c.c.. Il Tribunale, con ordinanza istruttoria recepita in sentenza, ha ritenuto utilizzabile la documentazione prodotta. La pronuncia è stata ritenuta particolarmente interessante laddove afferma – per la prima volta – che, nel silenzio di legge, il giudice è chiamato a valutare l’utilizzabilità del documento ottenuto grazie all’illecito, scegliendo la soluzione costituzionalmente più opportuna alla luce di un giudizio di bilanciamento tra tutti i diritti e interessi coinvolti nel caso concreto18. Nel caso concreto si trattava di comporre due diversi interessi a rilevanza costituzionale: da un lato, il diritto alla riservatezza del marito (ed eventualmente dell’amante), violato dalla moglie; dall’altro, il diritto di difesa della moglie. Il Tribunale di Torino ha ritenuto prevalente il diritto di difesa, che, essendo inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, non può incontrare ostacoli e impedimenti nell’accertamento della verità materiale per il richiamo di una parte processuale al rispetto del diritto alla privacy, proprio o di un terzo. La dottrina ha apprezzato l’abbandono della tesi di sostanziale indifferenza per ogni comportamento illecito ed ha condiviso l’idea di un bilanciamento da effettuarsi caso per caso, componendo i profili coinvolti nel caso concreto: effettività della tutela giurisdizionale, accertamento della verità nel processo, giusto processo e repressione di qualunque comportamento antigiuridico (ancorché esclusivamente finalizzato a precostituirsi un mezzo di prova)19. 5. Il bilanciamento nel diritto tributario. La tesi del bilanciamento è accolta in materia tributaria dalla Cassazione civile20, con ordinanza nella quale si afferma tra l’altro che: 18 Così C. PIOVANO, Sull’utilizzabilità dei documenti illecitamente ottenuti, cit. 19 Così C. PIOVANO, Sull’utilizzabilità dei documenti illecitamente ottenuti, cit. 20 Cass., Sez. VI, 28 aprile 2015, n. 8605, cit. DOTTRINA - non può dubitarsi della piena utilizzabilità di elementi rispetto ai quali l’eventuale illiceità si colloca a monte dell’azione dell’Ufficio fiscale (francese); - tanto il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, che l’art. 41, comma 2, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 1, prendono esplicitamente in considerazione l’utilizzo di elementi ‘‘comunque’’ acquisiti, e perciò anche nell’esercizio di attività istruttorie attuate con modalità diverse da quelle indicate nel D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33 e nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51; - tali disposizioni individuano, quindi, un principio generale di non tipicità della prova che consente l’utilizzabilità – in linea di massima – di qualsiasi elemento che il giudice correttamente qualifichi come possibile punto di appoggio per dimostrare l’esistenza un fatto rilevante e non direttamente conosciuto, ma ciò trova, peraltro, un limite quando gli elementi probatori siano stati direttamente acquisiti dall’Amministrazione in spregio di un diritto fondamentale del contribuente; - l’eventuale responsabilità penale dell’autore materiale della lista e, comunque, l’illiceità della di lui condotta nei confronti dell’istituto bancario presso il quale operava non è in grado di determinare l’inutilizzabilità della documentazione anzidetta nel procedimento fiscale a carico del contribuente utilizzata dal Fisco italiano al quale è stata trasmessa dalle autorità francesi; - l’utilizzazione, nel procedimento amministrativo volto all’accertamento di violazioni di natura fiscale, dei documenti provenienti dalla lista Falciani, non determina una lesione di diritti costituzionalmente garantiti del contribuente. Fatte queste premesse, la Cassazione affronta il problema del bilanciamento tra i due interessi, costituzionalmente protetti, che sono rilevanti nel caso concreto: da un lato, l’interesse fiscale, dall’altro l’interesse del contribuente al segreto bancario. Così impostato il problema, la soluzione appare sostanzialmente obbligata, alla luce di quanto osservato dalla Corte costituzionale, nella sentenza in tema di segreto bancario21, nella quale si afferma che il «dovere di riserbo cui sono tradizionalmente tenute le imprese bancarie in relazione alle operazioni, ai conti e alle posizioni concernenti gli utenti dei servizi da esse erogati... non corrisponde nei singoli clienti delle banche una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente protetta, né, men che meno, un diritto della personalità, poiché la sfera di riservatezza con la quale 21 2087. Corte cost., 18 febbraio 1992, n. 51, in Giur. it., 1992, I, 1, 37 38 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI vengono tradizionalmente i conti e le operazioni degli utenti dei servizi bancari è direttamente strumentale all’obiettivo della sicurezza e del buon andamento dei traffici commerciali». Inoltre, secondo la Corte costituzionale, «alla riservatezza cui le banche sono tenute nei confronti delle operazioni dei propri clienti non si può applicare il paradigma di garanzia proprio dei diritti di libertà personale, poiché alla base del segreto bancario non ci sono valori della persona umana da tutelare: ci sono, più semplicemente, istituzioni economiche e interessi patrimoniali, ai quali, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, quel paradigma non è applicabile». A ciò va aggiunto che la Corte di Strasburgo ritiene che l’utilizzazione di una prova acquisita illegalmente non costituisce violazione dell’art. 6 CEDU, perché tale disposizione non disciplina espressamente le questioni relative all’ammissibilità delle prove, che sono rimesse alle leggi nazionali22. Da ultimo, va osservato che, se è utilizzabile la prova assunta in violazione del segreto bancario, cui non corrisponde un diritto costituzionalmente garantito, resta ferma la inutilizzabilità delle prove assunte in violazione di diritti costituzionalmente protetti, come il diritto all’inviolabilità del domicilio23. 6. De iure condendo De iure condendo, appare opportuno regolare nel processo tributario il tema delle prove illecite, riconoscendo formalmente che non sono utilizzabili le prove assunte in violazione di diritti costituzionalmente protetti. Potrebbe essere introdotta nel diritto tributario una norma simile all’art. 191 c.p.c. (secondo cui «Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate»), precisando però a quali divieti e a quale legge ci si riferisce (essendo incerto se si tratta della sola legge processuale o anche della legge sostanziale). Potrebbe poi essere prevista nel processo tributario, con gli adattamenti del caso, una disciplina simile a quella contenuta nell’art. 240, comma 2, ultima parte, secondo cui «Il pubblico ministero dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato». Nel processo tributario l’ordine di distruzione delle prove assunte illegalmente non potrebbe che spettare al giudice tributario. Francesco Tesauro 22 Si veda la giurisprudenza citata da Cass., Sez. VI, 28 aprile 2015, n. 8605, cit. 23 Cass., 8 agosto 1990, n. 8062, in Fisco, 1990, 6353; Id., 20 marzo 2009, n. 6836; Id., 15 dicembre 2010, n. 25335; Id., 25 marzo 2011, n. 6908; Id., 11 novembre 2011, n. 23595; Id., 22 febbraio 2013, n. 4498. DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI La tutela (giudiziale-amministrativa) nella fase istruttoria di Salvatore Muleo 1. Lo “stato dell’arte” circa la tutela nella fase istruttoria avverso gli atti del procedimento tributario. Nel trattare il tema della tutela del contribuente nella fase istruttoria del procedimento amministrativo-tributario, non può prescindersi da un preliminare richiamo ai principi sovranazionali in materia. Il riferimento è alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea1, la quale sancisce un generale principio di effettività della tutela in favore del privato, che si specifica nel c.d. diritto ad una buona amministrazione, ex art. 41, e nel diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, ex art. 47. Con particolare riferimento alla tutela del privato nell’ambito dei procedimenti amministrativi, la prima delle citate norme richiede che le relative questioni siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole. Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale; c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Occorre, dunque, valutare se ed in quali termini il diritto interno, ed in particolare il sistema di tutele apprestate dall’ordinamento a presidio della posizione del soggetto privato sottoposto a verifica fiscale, sia compatibile con il modello di “buona amministrazione” di derivazione europea e sia idoneo a perseguire il noto principio della effettività della tutela giurisdizionale. Sul punto, le prime perplessità sorgono dal dato normativo. Com’è noto, infatti, gli atti istruttori non sono ricompresi nell’elenco degli atti autonomamente impugnabili di cui all’art. 19 D.lgs. 546/1992, per cui possono essere impugnati solo in via differita, al momento dell’impugnazione del provvedimento finale da parte del contribuente. 1 Proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e successivamente a Strasburgo, con adattamenti, il 12 dicembre 2007 e che a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009 ha assunto lo stesso valore giuridico dei Trattati. I vizi degli atti endoprocedimentali, infatti, si ripercuotono sull’atto impositivo (illegittimità derivata) e possono essere rilevati esclusivamente in sede di impugnazione di quest’ultimo. Taluni spazi per una tutela immediata avverso gli atti istruttori immediatamente lesivi sono rinvenibili nei casi in cui tali atti abbiano come destinatari soggetti diversi dal contribuente. In tali casi, l’atto è privo di valenza tributaria specifica e come tale non può essere impugnato dinanzi al giudice tributario: i terzi, dunque, possono chiedere tutela al giudice amministrativo o al giudice ordinario, a seconda della situazione soggettiva di cui si lamenti la lesione2. Come si vede, il problema della immediata impugnabilità degli atti istruttori involge quello, connesso, della immediata ed autonoma lesività di tali atti. Occorre, cioè, domandarsi se a fronte di un atto c.d. endoprocedimentale che, tuttavia, sia immediatamente lesivo di un interesse (patrimoniale o non patrimoniale) del contribuente, il meccanismo di impugnazione differita sia idoneo ad assicurare la tutela effettiva di cui agli artt. 41 e 47 della Carta di Nizza. Si consideri, infatti, che l’attività istruttoria dell’amministrazione finanziaria implica normalmente una ponderazione di interessi contrapposti e come tale è qualificabile in termini di attività amministrativa discrezionale, sorretta dai principi di imparzialità e di buon andamento. Tale attività, pertanto, incide senz’altro su posizioni giuridiche soggettive facenti capo al contribuente (di natura patrimoniale e non patrimoniale) che spesso si differenziano rispetto al mero interesse alla corretta determinazione della pretesa fiscale. Tra gli interessi coinvolti spicca quello della riservatezza, specie nell’ambito delle indagini bancarie (artt. 13 e 14 Cost.). Si consideri, infatti, che l’atto di autorizzazione alle indagini bancarie è atto amministrativo di carattere discrezionale, il quale, previa valutazione dell’esistenza delle condizioni necessarie, ha l’effetto di rimuovere l’ostacolo all’esecuzione degli accertamenti bancari. Come tale, l’autorizzazione deve essere motivata ai sensi 2 51. F. Tesauro, Manuale del processo tributario, Torino, 2014, p. 39 40 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI dell’art. 3 della L. 241/1990, e può considerarsi soggetta agli altri vizi tipici degli atti amministrativi. Può quindi considerarsi illegittimo, e quindi annullabile, l’atto autorizzativo privo di firma dell’autorità concedente, quello adottato da autorità incompetente o con motivazione carente o contraddittoria. Alla luce dell’autonoma potenziale lesività di tale atto, la giurisprudenza amministrativa ne ha affermato l’autonoma impugnabilità. In un precedente giurisprudenziale3, era stata negata al contribuente la possibilità di prendere visione dell’atto con il quale il comandante di zona della Guardia di finanza aveva autorizzato l’avvio di un’indagine bancarie nei confronti del medesimo. Dopo aver negato che l’autorizzazione ad effettuare indagini bancarie avesse natura di atto interno al procedimento tributario, il tribunale amministrativo ha affermato che tale autorizzazione «si appalesa quindi come un atto destinato ad incidere direttamente su posizioni soggettive che trovano tutela nell’ordinamento (…) come tale acquista un immediato rilievo esterno, in quanto dotato di autonoma efficacia lesiva di dette posizioni». In tale occasione il Tar ha escluso, pertanto, la natura meramente preparatoria dell’atto istruttorio in questione, disapplicando l’art. 24, ultimo comma, della legge n. 241/1990 (formulazione precedente alle modificazioni e integrazioni introdotte dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15) che esclude il diritto di accesso rispetto agli atti preparatori dei provvedimenti indicati nell’art. 13 della medesima legge, tra i quali rientrano anche gli atti del procedimento tributario. Inoltre, secondo la medesima pronuncia, la rilevanza esterna dell’autorizzazione prevista sarebbe da riconoscersi anche alla luce della potenziale utilizzabilità delle conseguenti risultanze per finalità diverse da quelle fiscali che hanno originato l’acquisizione di quegli elementi: «l’autorizzazione alle verifiche bancarie (...) comporta pur sempre l’acquisizione di atti, dati ed elementi che, una volta nella disponibilità degli organi verificatori competenti, ben potrebbero, pure in via di fatto, essere utilizzati anche per finalità diverse dall’accertamento fiscale; si consideri inoltre che sovente è ritenuta, anche in punto di diritto, l’ammissibilità dell’utilizzazione di documentazione bancaria in procedimenti diversi da quelli nei quali è avvenuta l’acquisizione (cfr. Cass., Sez. I, 5 maggio 1991, n. 4980)». Occorre, in ogni caso, rilevare che in sede di appello, il Consiglio di Stato4 ha concluso, invece, per l’esclusio- 3 T.A.R. Emilia Romagna, Sez. II, sent. 19 novembre 1994, n. 1630. 4 Sez. IV, sent. 19 aprile 1995, n. 264. ne del diritto di accesso, affermando che l’autorizzazione in questione appartiene agli atti istruttori, quali le verifiche, gli accessi, le ispezioni, le ricerche, ecc., che si inseriscono, tipicamente, nell’ambito di un sub-procedimento interno culminante, infine, nel definitivo accertamento tributario, costituente il provvedimento impugnabile. Solo in questo momento, si legge in sentenza, «scompare la limitazione oggettiva all’accesso e il contribuente può ottenere copia dell’assenso per controllarne la legittimità e sindacarne in via derivativa l’atto di accertamento». Secondo il Consiglio di Stato, gli atti volti all’acquisizione di dati e notizie nel corso di una verifica fiscale non implicano mai una modifica della posizione giuridica del contribuente nei confronti del fisco. Prima di questo momento, cioè, l’attività di verifica sarebbe fiscalmente neutra, perché non farebbe sorgere alcun obbligo in capo al contribuente, e non potrebbe pregiudicare alcun suo diritto o interesse relativo all’esercizio del potere5. Tali posizioni, invero, suscitano perplessità. Come si è accennato, non può negarsi che nel corso dell’attività istruttoria assumano estrema rilevanza le modalità e gli strumenti con i quali sono esercitati i poteri dell’Amministrazione finanziaria, i quali incidono su diritti e libertà costituzionalmente protetti, e richiedono il rispetto di principi, quali l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa, ex art. 97 Cost. Inoltre, ai fini del perseguimento di una tutela piena ed effettiva ai sensi dell’art. 47 della Carta di Nizza-Strasburgo, il sistema dell’impugnazione differita, con eventuale caducazione dell’atto impositivo, appare senz’altro inidoneo a tutelare il soggetto rispetto alla lesione di valori (di natura anche diversa da quella strettamente patrimoniale) incisi dall’attività istruttoria. 5 Negli stessi termini, Cons. St., Sez. IV, sent. 5 dicembre 1995, n. 982, secondo cui, qualora «nell’esercizio del potere di verifica la Amministrazione avrà commesso delle irregolarità il contribuente potrà dedurre e far valere i vizi degli atti preparatori impugnando l’atto conclusivo del procedimento e facendolo cadere per invalidità derivata secondo i consueti principi generali. A questa tradizionale impostazione logica risponde, peraltro, lo stesso contenzioso tributario il quale dopo aver elencato gli atti impugnabili (art. 16 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) tutti riconducibili ad atti di imposizione o sanzionatori, dispone che tutti gli altri non sono impugnabili autonomamente e ciò ovviamente in ragione della loro mancanza di autonomia funzionale e cioè per non essere idonei a far sorgere l’obbligazione tributaria. In altri termini» (…) «se si conviene che il potere di verifica è stato attribuito in funzione strumentale al corretto adempimento degli obblighi tributari, tale funzione rimane inalterata, anche se per accertare dati e notizie rilevanti per gli obblighi tributari si incide su interessi diversi da quelli strettamente patrimoniali su cui andrà a incidere il provvedimento fiscale finale». In senso conforme Consiglio di Stato, sent. 7 febbraio 1995, n. . L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Si è in presenza, in altri termini, di una deroga, difficilmente accettabile, al principio per il quale ad ogni atto o comportamento autoritativo imputabile all’amministrazione, immediatamente lesivo di diritti e interessi protetti dall’ordinamento, debba far capo un corrispondente potere di azione a tutela del soggetto privato. Peraltro, nell’ordinamento tributario si registrano ipotesi sempre più numerose di anticipazioni di effetti a momenti che in precedenza erano a tal fine irrilevanti. Si pensi, ad es., all’adesione ex art. 5 bis d. lgs. 218 del 1997. O si pensi agli effetti dannosi che un processo verbale di constatazione errato può comportare per un contribuente in alcuni casi (ad es. in tema di sospensione dei rimborsi). DOTTRINA ministrativo, risultava pur sempre diretto a censurare la pronuncia di primo grado. Nello stesso senso, il parere della sezione terza n. 199 del 14 maggio 2002, nonché il parere, sempre della sezione terza, n. 1403 del 6 maggio 2003, in materia di impugnazione con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica di una cartella di pagamento (in tale occasione, il Consiglio di Stato ha affermato che essendo la cartella esattoriale ricompresa tra gli atti impugnabili innanzi alle commissioni tributarie, ne consegue l’impossibilità di impugnarla con ricorso in sede straordinaria). 3. Possibili esigenze di tutela e modalità di articolazione della tutela giudiziale. 2. Ammissibilità della tutela giustiziale. Prima di procedere ad un’analisi più dettagliata delle possibilità di tutela nella fase istruttoria, pare opportuno soffermarsi brevemente sul problema della configurabilità della tutela giustiziale avverso gli atti dell’amministrazione finanziaria. Nessuna preclusione in tal senso è posta dalla disciplina positiva. Al contrario, secondo l’art. 7, comma 4, dello Statuto diritti contribuente: «La natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti». Di conseguenza, non pare possa essere negata l’esperibilità del ricorso gerarchico e del ricorso in opposizione avverso atti non definitivi emessi dall’amministrazione finanziaria. Non può ammettersi, invece, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica se la materia rientra nella giurisdizione del giudice tributario, poiché tale tipologia di impugnazione richiede la definitività dell’atto. In un caso posto all’attenzione del Consiglio di Stato (parere n. 3366/03), a seguito della pubblicazione della pronuncia di primo grado favorevole all’ufficio, quest’ultimo aveva iscritto a ruolo imposte e sanzioni dovute, previa emissione di un provvedimento di revoca della sospensione dell’esecuzione degli atti d’accertamento impugnati. Avverso il suddetto provvedimento, il contribuente aveva proposto ricorso straordinario all’ufficio, ai sensi degli articoli 8 e seguenti del Dpr n. 1199 del 24 novembre 1971, chiedendone l’annullamento; parallelamente, lo stesso contribuente aveva impugnato anche la sentenza della commissione tributaria provinciale. Secondo il Consiglio di Stato, il rimedio straordinario era, nel caso specifico, da considerarsi senz’altro inammissibile, in quanto, sebbene fosse stato formalmente esperito avverso un provvedimento am- Venendo ora all’analisi delle concrete esigenze di tutela che possono emergere nel corso della fase istruttoria, pare opportuno preliminarmente domandarsi quali siano i comportamenti e gli atti potenzialmente lesivi imputabili al verificatore. In via esemplificativa, può trattarsi di: a) Mancata esibizione delle autorizzazioni agli accessi. b) Accessi eseguiti in mancanza delle prescritte autorizzazioni o senza la dovuta comunicazione al Presidente dell’ordine di riferimento (se previsto dalla legge) o che si protraggono oltre il termine legale. c) Ogni ipotesi di eccesso del mezzo rispetto al fine, con violazione del principio di proporzionalità, il quale come è noto impone di agire in modo da provocare il minor sacrificio per il privato a fronte del perseguimento del fine pubblico. Sul punto, di particolare rilevanza sono le questioni che attengono alla violazione della privacy senza necessità o oltre la necessità. Occorre infatti bilanciare le esigenze di completezza dell’istruttoria con la tutela della riservatezza del contribuente6, rispetto all’esercizio di: poteri che prevedono la collaborazione del contribuente controllato; poteri rispetto ai quali il contribuente è in posizione di mera soggezione (verifiche); poteri che si esplicano nei confronti di terzi soggetti; 6 Cfr. M. Basilavecchia, La tutela della riservatezza nelle indagini tributarie, in Corriere tributario, 2009, n. 44, p. 3577, il quale sottolinea come un primo potenziale conflitto in tal senso emerge ancor prima che possa dirsi in corso una indagine su un determinato soggetto: la tutela della riservatezza riguarda la generalità dei contribuenti e si pone già nella fase di scelta del contribuente da sottoporre a controllo. 41 42 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI d) Istruttoria incompleta, ossia mancata integrazione dell’istruttoria a seguito di indicazioni fornite dal contribuente. e) Violazione del principio di non aggravamento. Tale principio, espressione del più generale principio di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, vieta che siano richiesti al contribuente documenti e informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente (art. 6 Statuto dei diritti del Contribuente). Si tratta, invero, dell’applicazione, nella materia tributaria, del principio generale di cui all’art. 18 della legge 7 agosto 1990 n. 241, il quale opera anche nella fase processuale, ogniqualvolta il contribuente invochi un fatto la cui prova documentale si trova nella disponibilità dell’amministrazione finanziaria. Le conseguenze del mancato rispetto di tale principio, in assenza di una espressa sanzione di nullità della richiesta, possono riconoscersi nella illegittimità di ogni forma di conseguenze sfavorevole per il contribuente, scaturente dalla mancata o incompleta risposta alla suddetta richiesta. Secondo la Corte di Cassazione7, se il ricorrente dichiara che la prova di una circostanza emerge da documenti di cui sia in esclusivo possesso l’amministrazione finanziaria, quest’ultima deve «pronunciarsi in modo non generico od immotivato sull’effettivo possesso e sul reale contenuto degli atti in questione», non potendo limitarsi ad invocare il mancato assolvimento dell’onere probatorio del ricorrente. f ) In via generale, ogni variazione rispetto al modello dell’art. 41 Carta di Nizza in tema di giusto procedimento in materia tributaria. Come si avrà modo di mettere in risalto, rispetto a tali fattispecie lo strumento del solo rimedio dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto conclusivo del procedimento appare senza dubbio inidoneo a fornire adeguata tutela, essendo invece necessario predisporre strumenti di tutela inibitoria idonei a paralizzare immediatamente l’azione amministrativa lesiva in atto. 7 Cass. civ., sez. trib., sent. 5 ottobre 2001, n. 12284, in Riv. dir. trib., 2002, II, p. 264, con nota di F. D’Ayala Valva, L’onere della prova ed il principio di collaborazione fra pubblica amministrazione e contribuente nella fase amministrativa e nella fase processuale. 4. Il problema della immediata impugnabilità e il riparto di giurisdizione. Procedendo con ordine, la prima questione che occorre affrontare in tema di tutela giurisdizionale nella fase istruttoria, è quella del riparto di giurisdizione. In merito, le Sezioni Unite della Corte di Cassazio8 ne si sono di recente pronunciate ponendo taluni punti fermi che, tuttavia, presentano rilevanti criticità. Preliminarmente, la Corte ha affrontato il problema della qualificazione delle posizione soggettive coinvolte nel procedimento amministrativo tributario; qualificazione che non può ritenersi priva di rilevanza, dal momento che è la stessa Costituzione che, all’art. 103, fonda il riparto di giurisdizione proprio sulla distinzione tra diritti soggettivi, devoluti alla cognizione del giudice ordinario, ed interessi legittimi, demandati al giudice amministrativo (fatte salve le particolari ipotesi di giurisdizione esclusiva). Peraltro, secondo la Corte, non è corretto affermare che qualsiasi lesione di interessi legittimi sia devoluta al giudice amministrativo. Al contrario, l’art. 103 Cost. non vieta di attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla lesione di tali posizioni soggettive. Non esiste, infatti, una riserva di giurisdizione in favore del giudice amministrativo in materia di atti istruttori tributari. La giurisdizione del giudice amministrativo non potrebbe essere affermata nemmeno in base all’art. 7, comma 4, Statuto diritti contribuente («La natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti»), perché tale norma si riferirebbe soltanto agli atti amministrativi a contenuto generale o normativo, come i regolamenti. Parallelamente, la giurisdizione del giudice tributario, ex art. 2, D.lgs. 546/1992, è piena e non limitata al solo atto finale del procedimento, estendendosi invece anche quelli prodromici, che possono essere impugnati in via differita, unitamente a quest’ultimo. Peraltro - ed è qui che il ragionamento della Corte pare criticabile - l’incidenza della specifica attività amministrativa contestata su “posizioni soggettive aventi rango costituzionale” (ex artt. 2, 13, 14 e 15 Cost., che sovraintendono alle libertà inviolabili), limitabili quindi solo nei casi e nei modi indicati dalla legge, non consente di ravvisare nell’eventuale lesione di quelle posizioni una situazione giuridica avente la consistenza di interesse legittimo. Si tratterebbe, invece, di diritti soggettivi. Di conseguenza, conclude la Corte, sussisterebbe una duplice alternativa, a seconda dell’esito del procedimento. 8 Cass. civile, Sez. Un., 16 marzo 2009, n. 6315. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Se quest’ultimo si conclude con un atto impositivo, la giurisdizione è del giudice tributario, senza che il differimento della tutela comporti una violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Tali norme non imporrebbero una correlazione assoluta tra il sorgere del diritto e la sua azionabilità, la quale potrebbe essere differita ad un momento successivo ove ricorrano esigenze di ordine generale e superiori finalità di giustizia, sempre che il legislatore osservi il limite imposto dell’esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa, in conformità al principio della piena attuazione della garanzia stabilita dalle suddette norme costituzionali. Se invece il procedimento di accertamento si conclude con esito negativo (senza emissione di alcun provvedimento fiscale), la valutazione in ordine alla legittimità dell’istruttoria sarebbe attratta nell’orbita della giurisdizione del giudice ordinario (non del giudice amministrativo), siccome ipoteticamente lesiva di diritti squisitamente soggettivi del contribuente a non subire, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, verifiche fiscali con compressione dei diritti coinvolti, anche costituzionalmente garantiti, come la libertà di domicilio, di corrispondenza, di iniziativa economica. Tali conclusioni sono state di recente confermate da un’altra pronuncia delle Sezioni Unite9, relativa al riparto di giurisdizione in materia di impugnazione dell’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 3, per consentire, nel corso di una verifica fiscale, l’esame di documenti rispetto ai quali il contribuente abbia eccepito l’esistenza del segreto professionale. Nel caso di specie, i ricorrenti (studio professionale sottoposto a verifica) avevano sottolineato l’estraneità dell’interesse azionato dinanzi al tribunale amministrativo rispetto al mero interesse alla esatta determinazione dell’imponibile, precisando che la loro azione era proposta in qualità di professionisti che paventavano la compromissione della riservatezza dei clienti, e non di meri contribuenti. Secondo le Sezioni Unite, peraltro, nonostante il carattere discrezionale dell’atto impugnato, la controversia appartiene in ogni caso alla giurisdizione del giudice tributario, in quanto dall’esame degli atti riservati dei clienti emergono pur sempre profili di rilievo fiscale a carico del professionista. Dell’eventuale violazione del segreto professionale potrebbe dolersi, invece, semmai il cliente cui i dati si riferiscono. Ad una prima lettura della pronuncia, appare evidente una certa contraddizione nel ragionamento: da un lato, infatti, la Corte afferma che il diritto alla riservatezza appartiene al cliente, e non al professionista; dall’altro dichiara che se il procedimento si conclude con un atto impositivo, le doglianze relative al mancato rispetto di tale diritto sono assorbite dalla prevalente vicenda tributaria ed attratte alla giurisdizione tributaria10. Le maggiori perplessità, tuttavia, sorgono in merito all’affermazione della effettività della tutela differita, la quale secondo la Corte, non sarebbe perciò solo meno incisiva. Non vi sarebbe, dunque, alcuna differenza tra l’immediata impugnabilità dell’atto istruttorio lesivo (con eventuale inibitoria, al ricorrere dei relativi presupposti), e l’impugnazione successiva, assieme al provvedimento finale. Una simile costruzione è senz’altro inaccettabile. E del resto, la stessa Corte non è parsa del tutto categorica sul punto, affermando in un significativo obiter dictum che, in ogni caso, le considerazioni in merito alla eventuale inadeguatezza del sistema di tutela rispetto alle garanzie affermate dalla Cedu e dalla Corte Edu, non sarebbero comunque idonee ad influenzare le scelte in merito al riparto di giurisdizione: è solo dopo aver individuato la giurisdizione (nella specie quella del giudice tributario) che deve essere affrontato il problema dell’adeguatezza delle forme di tutela assicurate. In altri termini, le inadeguatezza del sistema di tutela (nel nostro caso, l’impossibilità di una impugnazione immediata degli atti istruttori dinanzi al giudice tributario) non possono essere fronteggiate mediante la rimodulazione del riparto di giurisdizione, ma devono essere, se si è ben compreso, affrontate e risolte in primo luogo dal legislatore. 4.1. Criticità della tutela differita. Come si è accennato, appare senz’altro artificiosa e inappagante11 la ricostruzione fornita dalle Sezioni Unite, imperniata sull’esito del procedimento: - se è emesso l’atto impositivo, la giurisdizione in merito ai vizi dell’istruttoria (ad es. violazione della riservatezza) è del giudice tributario; 10 Cfr. il commento di M. Basilavecchia, 9 Cass. SS UU n. 11082 del 2010. In senso conforme, v. anche Cassazione civile, SS. UU. 02/05/2016, n. 8587. DOTTRINA Il segreto professionale nella verifica fiscale e la tutela giurisdizionale, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, 2010, n. 9, p. 768). 11 In termini, M. Basilavecchia, Il segreto professionale nella verifica fiscale e la tutela giurisdizionale, in GT – Rivista di giurisprudenza tributaria, cit. 43 44 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI - se invece l’atto finale non sopraggiunge o risulta fondato su altri elementi, la giurisdizione, afferma la Corte, è del giudice ordinario. Come si vede, si tratta di una giurisdizione solo ipotetica e condizionata, occorrendo pur sempre attendere la conclusione del procedimento. L’unica certezza che emerge dalle pronunce di legittimità è che durante la fase istruttoria non sussiste uno strumento di tutela immediato utilizzabile per intervenire nell’istruttoria in corso. Tuttavia, l’affermazione secondo la quale il sistema di tutela differita sarebbe idoneo ad assicurare una tutela effettiva per il contribuente non è convincente. Al contrario, il differimento dell’impugnazione dell’atto istruttorio può considerarsi compatibile con il principio dell’effettività della tutela solo se non sussiste un interesse immediatamente leso. In altri termini, se sussiste una lesione immediata, non può negarsi una tutela immediata e, nello specifico, una tutela inibitoria. Sul punto, particolarmente significativo appare il ragionamento seguito dal Consiglio di Stato (sentenza n. 3199 del 26 maggio 2006), nell’ambito del giudizio nel quale si è inserita la prima delle citate sentenze emesse dalle Sezioni Unite (n. 6315 del 2009). Nell’affermare il proprio difetto di giurisdizione, i giudici amministrativi sembrano porre in risalto proprio la centralità dell’interesse leso, allorquando affermano che il differimento della impugnazione non incide sulla giustiziabilità dell’atto istruttorio, ma costituisce mera applicazione della regola processuale secondo la quale per agire in giudizio (ed ottenere una pronuncia di merito) occorre avere quell’interesse concreto. Nel caso specifico, afferma il Consiglio di Stato, l’appellante non avrebbe dedotto il carattere lesivo delle specifiche modalità con le quali era stata in concreto espletata la verifica: «ne consegue che non viene qui in rilievo il dibattuto problema della tutela (specie cautelare) del contribuente a fronte di indagine istruttoria dell’Amministrazione che si svolga in modo potenzialmente lesivo del diritto del professionista o dell’imprenditore alla riservatezza o ad evitare intralci nell’esercizio dell’attività economica». Con l’appello il ricorrente avrebbe dedotto l’insussistenza dei presupposti legali in base ai quali poteva essere ordinata la verifica, azionando, in sostanza, la pretesa a non essere sottoposto a tale forma di controllo amministrativo: «in questo ambito, l’ordine di rinnovo della verifica e la verifica stessa costituiscono momento strumentale e prodromico rispetto alla esatta determinazione del presupposto di imposta, contenuta nell’atto di accertamento eccesso nei confronti del destinatario del controllo, concretizzandosi perciò in attività giuridicamente infraprocedimentale e dunque non immediatamente lesiva». Di conseguenza, sarebbe appagante un’impugnazione differita, al momento dell’impugnazione del provvedimento finale dinanzi al giudice tributario. Peraltro, dalle argomentazioni del Consiglio di Stato sembra potersi desumere, a contrario, che qualora sussista, invece, l’interesse immediato ad agire e tale interesse sia dimostrato in giudizio, non possa essere negata la tutela giurisdizionale e, in particolar modo, quella cautelare, in presenza dei relativi presupposti 4.2 Strumenti di tutela immediata nella fase istruttoria. Affermata la sussistenza di interessi (patrimoniali e/o non patrimoniali) suscettibili di essere lesi in sede di verifica fiscale, nonché l’autonomia di tali interessi rispetto all’interesse alla corretta determinazione della pretesa fiscale da parte dell’Amministrazione finanziaria ed affermata, di conseguenza, la necessità di una tutela immediata di tali situazioni giuridiche soggettive, anche e soprattutto di carattere cautelare ed indipendentemente dal futuro esito del procedimento, occorre valutare, de iure condito, quali sono le possibilità di azione da parte del contribuente. Come si è detto, secondo Cass. civile, Sez. Un., 16 marzo 2009, n. 6315 e Cds n. 3199 del 2006, l’atto istruttorio, se non è emesso il provvedimento di accertamento, è impugnabile dinanzi al giudice ordinario, venendo in rilievo diritti assoluti “non degradabili”. La citata giurisprudenza non fornisce, tuttavia, alcuna soluzione in merito alla tutela immediata, dovendo il contribuente in ogni caso attendere l’esito del procedimento tributario, prima di adire il tribunale ordinario. Peraltro, possibili spazi per una tutela cautelare immediata dinanzi al giudice ordinario, nelle more del procedimento amministrativo, potrebbero essere affermati qualora siano coinvolti diritti costituzionalmente garantiti, attraverso lo strumento offerto dall’art. 700 c.p.c.. Si tratta, tuttavia, di una soluzione meramente ipotetica, che in ogni caso contrasta con la configurazione di una giurisdizione piena del giudice tributario. Qualora, invece, in contrasto con la giurisprudenza maggioritaria, volesse affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo, le possibilità di tutela sarebbero più ampie. Preliminarmente, occorrerebbe qualificare la posizione giuridica soggettiva del contribuente sottoposto a verifica in termini di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, scardinando l’assunto secondo cui in presenza di un diritto costituzionalmente garantito la giurisdizione sarebbe sempre quella del giudice ordinario. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI È principio consolidato della giurisprudenza amministrativa, infatti, che «quando l’atto amministrativo sia assunto nel giudizio non come fatto materiale o come semplice espressione di una condotta illecita, ma sia considerato nel ricorso quale attuazione illegittima di un potere amministrativo, di cui si chiede l’annullamento, la posizione del cittadino si concreta come posizione di interesse legittimo» (CdS, sez. 6^, n. 556/2006) ed in proposito non ha alcuna rilevanza il fatto che l’azione sia proposta a tutela (anche) di un diritto costituzionale, dal momento che non esiste una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario in materia di interessi costituzionalmente garantiti. L’unico criterio di riparto di giurisdizione, secondo l’insegnamento della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, è la circostanza che l’azione sia diretta (o meno) contro un atto che costituisce esercizio di un pubblico potere. Dunque, riconosciuta in ipotesi la giurisdizione amministrativa avverso gli atti istruttori tributari, potrebbe estendersi alla materia in esame il sistema di tutela cautelare apprestato dal codice del processo amministrativo che, come noto, si fonda sul principio della atipicità (sul modello dell’art. 700 c.p.c.). Tale principio, introdotto dapprima con l’art. 21, comma 7, L. 6 dicembre 1971, n. 1034 (Legge Tar), come riformulato dall’art. 3, L. 205 del 2000, è ora desumibile dall’art. 55 c.p.a., per il quale «Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso, chiede l’emanazione di misure cautelari (…), secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio». All’atipicità delle misure cautelari previste da tale articolo potrebbe ispirarsi il legislatore, ampliando il ventaglio dei provvedimenti giudiziali contemplati dall’attuale art. 47 d. lgs. 546 del 1992. 5. Argomenti a favore della giurisdizione del giudice tributario e lettura evolutiva del sistema alla luce degli artt. 41 e 47 Carta di Nizza e artt. 6 e 13 CEDU. Peraltro, la soluzione senz’altro più appagante impone una rilettura del sistema e la predisposizione di strumenti di tutela più incisivi nell’ambito della stessa giurisdizione tributaria. Anzitutto, occorre superare la posizione dottrinaria classica secondo la quale, attesa la tassatività dell’elencazione contenuta nell’art. 19 del D.lgs. 546/1992 e affermata l’impossibilità di impugnare autonomamente ed immediatamente l’atto istruttorio lesivo, si afferma la DOTTRINA giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo a seconda che la lesione riguardi, rispettivamente, un diritto soggettivo o un interesse legittimo12. Invero, già in sede di commento della citata Cass. civile, Sez. Un., 16 marzo 2009, n. 631513, si è avuto modo di notare come, sebbene nella sentenza difetti un collegamento testuale espresso dal quale possa desumersi la sicura impugnabilità degli ordini di verifica illegittimi dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, proprio questa è la lettura preferibile della pronuncia, al fine di allineare le conclusioni della Corte di Cassazione alla sensibilità dimostrata sul tema dalla Corte EDU (Cfr. sentt. “Jussila”, “Ravon”, “”Maschino”, “IFB”, “Andrè”, “Kandler”, nelle quali si è affermata la risarcibilità delle lesioni causate alla sfera domiciliare del soggetto sottoposto a verifica fiscale). A tal fine, si è proposta la seguente alternativa: - o limitare ad ipotesi fisse l’accesso alla giurisdizione tributaria, prevedendo tuttavia adeguati mezzi di tutela cautelare che siano anche antecedenti all’instaurazione del processo sugli atti definitivi; - oppure consentire, in ipotesi eccezionali, quando sussistano i requisiti dell’interesse ad agire per la lesività egli atti istruttori, l’allargamento del catalogo dell’art. 19 D.Lgs. 546/199214. Peraltro, l’attrazione della materia alla giurisdizione del giudice tributario è senz’altro opportuna anche per esigenze di concentrazione della tutela. Tuttavia, sussiste la necessità di potenziare le forme di tutela esperibili nel processo tributario. Ed in tal senso sembra essere orientata anche la Suprema Corte (Cass. SS. UU. n. 11082 del 2010), secondo la quale, come si è detto, le considerazioni in merito alla eventuale inadeguatezza del sistema di tutela rispetto alle 12 Cfr. R. Schiavolin, Poteri istruttori dell’Amministrazione finanziaria, in Digesto, 4^ ed., Disc. Priv., sez. comm., Torino, 1995; V. Uckmar – A. Marcheselli, Il diritto tributario tra tutela della riservatezza e trasparenza delle attività economiche, in Dir. prat. trib., I, 1998, p.227). 13 Volendo, cfr. S. Muleo, Le Sezioni Unite dichiarano non impugnabili dinanzi al Tar gli atti istruttori del procedimento, in Corriere tributario, 2009, n. 24, p. 1914. 14 Sul punto, di recente, cfr. Cassazione civile, sez. un., 02/05/2016, n. 8587: la giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo e si estende non solo all’impugnazione del provvedimento impositivo ma anche alla legittimità di tutti gli atti del relativo procedimento; gli eventuali vizi di atti istruttori prodromici possono essere fatti valere dinanzi al giudice tributario soltanto in caso di impugnazione del provvedimento che conclude l’iter di accertamento; il problema della riconducibilità dell’atto impugnato alle categorie indicate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, è questione che non attiene alla giurisdizione del giudice adito bensì alla proponibilità della domanda dinanzi a quel giudice 45 46 DOTTRINA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI garanzie affermate dalla Cedu e dalla Corte Edu non sarebbero in ogni caso idonee ad influenzare le scelte in merito al riparto di giurisdizione: è solo dopo aver individuato la giurisdizione del giudice tributario che deve essere affrontato il problema dell’adeguatezza delle forme di tutela assicurate. Sussiste quindi la necessità di introdurre nel sistema processuale tributario azioni di tipo risarcitorio e tutele anticipate, anche di carattere sommario15. Allo stato attuale, infatti, sono presenti talune problematicità, derivanti ad esempio dalla configurazione della tutela cautelare dinanzi al giudice tributario in termini di sola sospensiva (ex art. 47 D.lgs. 546/1992). Cfr. M. Basilavecchia, Il segreto professionale nella verifica fiscale e la tutela giurisdizionale, cit., il quale, in sede di commento di Cass. SS UU n. 11082 del 2010 condivisibilmente ha rilevato come sarebbe stato senz’altro preferibile che le Sezioni Unite, una volta negata la giurisdizione del giudice amministrativo, avessero affermato che la giurisdizione in materia di atti istruttori è sempre (senza limiti né condizionamenti) del giudice tributario, quale che sia l’esito della verifica sospettata di illegittimità; ciò anche al fine di indurre il legislatore a prendere posizione sulla tutela preventiva, sui profili risarcitori e in generale sul controllo giurisdizionale nella fase istruttoria. Occorrerebbe, pertanto, ripensare il sistema, prevedendo: - l’inclusione, nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del D.lgs. 546/1992, anche degli atti istruttori e, in generale, di ogni atto o comportamento dell’amministrazione idoneo a ledere un interesse meritevole di tutela facente capo al contribuente16; - l’atipicità della tutela cautelare nel giudizio tributario, con una riformulazione del citato art. 47, sul modello dell’art 55 c.p.a. Salvatore Muleo 15 16 Occorrerebbe riflettere anche, de jure condendo, sulla possibile attrazione alla giurisdizione tributaria delle controversie relative alle azioni di tipo risarcitorio. LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Legge 27.7.2000 n. 212 e successive modificazioni Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente. EPIGRAFE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA LA SEGUENTE LEGGE: Preambolo Art. 1. Princìpi generali Art. 1. (Princìpi generali) Art. 2. (Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie) Art. 3. (Efficacia temporale delle norme tributarie) Art. 4. (Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria) Art. 5. (Informazione del contribuente) Art. 6. (Conoscenza degli atti e semplificazione) Art. 7. (Chiarezza e motivazione degli atti) Art. 8. (Tutela dell’integrità patrimoniale) Art. 9. (Rimessione in termini) Art. 10. (Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente) Art. 10-bis. (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale) Art. 11. (Diritto di interpello) Art. 12. (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali) Art. 13. (Garante del contribuente) Art. 14. (Contribuenti non residenti) Art. 15. (Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie) Art. 16. (Coordinamento normativo) Art. 17. (Concessionari della riscossione) Art. 18. (Disposizioni di attuazione) Art. 19. (Attuazione del diritto di interpello del contribuente) Art. 20. (Copertura finanziaria) Art. 21. (Entrata in vigore) 1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. 2. L'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica . 3. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla presente legge in attuazione delle disposizioni in essa contenute; le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella medesima legge. 4. Gli enti locali provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai princìpi dettati dalla presente legge. Legge 27 luglio 2000, n. 2121. Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente. La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; 1 Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 luglio 2000, n. 177. Art. 2. Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie 1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l'oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l'oggetto delle disposizioni ivi contenute. 2. Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima. 3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio. 4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato. 47 48 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Art. 3. Efficacia temporale delle norme tributarie2 3 Art. 4. Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono . 2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. 3. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati4. 1. Non si può disporre con decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi né prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti. 2 In deroga alle disposizioni di cui al presente articolo vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 20 marzo 2007, n. 23, l'art. 1, comma 264, L. 24 dicembre 2007, n. 244, l'art. 81, comma 17 e l'art. 82, commi 2, 4, 8, 13 e 29, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, l'art. 1, comma 16, L. 13 dicembre 2010, n. 220, l'art. 2, comma 59, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, l'art. 7, comma 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, l’ art. 24, comma 31, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, l'art. 88, comma 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, l'art. 68, comma 3, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, l'art. 1, comma 2-bis, D.L. 24 settembre 2002, n. 209, come modificato dall'art. 1, comma 506, L. 24 dicembre 2012, n. 228, l'art. 2, comma 2, D.L. 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 gennaio 2014, n. 5, l'art. 1, commi 624 e 655, L. 23 dicembre 2014, n. 190 e l’ art. 1, comma 551, L. 11 dicembre 2016, n. 232. 3 Per la determinazione dell'acconto IRES e IRAP relativo alle attività di distribuzione di gas naturale e di energia elettrica per il periodo d'imposta 2005, cfr. art. 2, comma 10, D.L. 17 ottobre 2005, n. 211 non convertito in legge e art. 11-quater, comma 10, D.L. 30 settembre 2005, n. 203. 4 Per la proroga dei termini per la liquidazione e l'accertamento dell'imposta comunale sugli immobili, cfr. art. 18, comma 4, legge 23 dicembre 2000, n. 388 , art. 27, comma 9, legge 28 dicembre 2001, n. 448 , art. 31, comma 16, legge 27 dicembre 2002, n. 289 , art. 2, comma 33, legge 24 dicembre 2003, n. 350 , art. 1, comma 67, legge 30 dicembre 2004, n. 311 e art. 1-quater, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314. Per la proroga dei termini per gli accertamenti in caso di mancata definizione, cfr. art. 10, legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione in caso di mancata definizione, cfr. art. 11, comma 1, legge 27 dicembre 2002, n. 289 e art. 2, comma 46, legge 24 dicembre 2003, n. 350. Per la proroga dei termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo per le dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, cfr. art. 1, comma 2-octies, D.L. 24 giugno 2003, n. 143. Per la proroga del termine di decadenza per l'iscrizione a ruolo per le dichiarazioni presentate nell'anno 2003, cfr. art. 1, comma 424, abrogato, legge 30 dicembre 2004, n. 311. Per la proroga dei termini per la liquidazione dell'imposta comunale sugli immobili, con scadenza 31 dicembre 2004, cfr. art. 1-quater, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314. Art. 5. Informazione del contribuente 1. L'amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. L'amministrazione finanziaria deve altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale da consentire aggiornamenti in tempo reale, ponendola a disposizione gratuita dei contribuenti. 2. L'amministrazione finanziaria deve portare a conoscenza dei contribuenti tempestivamente e con i mezzi idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate, nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti. Art. 6. Conoscenza degli atti e semplificazione 1. L'amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. A tal fine essa provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da comunicare. Gli atti sono in ogni caso comunicati con modalità idonee a garantire che il loro contenuto non sia conosciuto da soggetti diversi dal loro destinatario. Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari. 2. L'amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l'irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito. 3. L'amministrazione finanziaria assume iniziative volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in generale, ogni altra propria comunicazione siano messi a disposizione del contribuente in tempi L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli. 4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell'articolo 18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d'ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa. 5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta5. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma. Art. 7. Chiarezza e motivazione degli atti 1. Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama. 2. Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: 5 Per le modalità di effettuazione delle comunicazioni per le dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 2006, cfr. art. 2-bis, comma 1, D.L. 30 settembre 2005, n. 203 LEGISLAZIONE a) l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili. 3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. 4. La natura tributaria dell'atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti. Art. 8. Tutela dell'integrità patrimoniale 1. L'obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione. 2. È ammesso l'accollo del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario. 3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile. 4. L'amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l'imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata. 5. L'obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione. 6. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le disposizioni di attuazione del presente articolo. 7. La pubblicazione e ogni informazione relative ai redditi tassati, anche previste dall'articolo 15 della legge 5 luglio 1982, n. 441, sia nelle forme previste dalla stessa legge sia da parte di altri soggetti, deve sempre comprendere l'indicazione dei redditi anche al netto delle relative imposte. 8. Ferme restando, in via transitoria, le disposizioni vigenti in materia di compensazione, con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è disciplinata l'estinzione dell'obbli- 49 50 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI gazione tributaria mediante compensazione, estendendo, a decorrere dall'anno d'imposta 2002, l'applicazione di tale istituto anche a tributi per i quali attualmente non è previsto. Art. 9. Rimessione in termini Testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 48, comma 15, lett. b), D.L. 17 ottobre 2016, n. 189 In vigore dal 19 ottobre 2016 1. Il Ministro delle finanze, con decreto6 da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rimette in termini i contribuenti interessati, nel caso in cui il tempestivo adempimento di obblighi tributari è impedito da cause di forza maggiore. Qualora la rimessione in termini concerna il versamento di tributi, il decreto è adottato dal Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. 2. Con proprio decreto il Ministro delle finanze, sentito il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica7 8, può sospendere o differire 6 Cfr. D.M. 12 settembre 2002. Per la sospensione dei termini nei confronti di soggetti residenti nel comune di Roma (esequie del Santo Padre), cfr. art. 1, Ordinanza 14 aprile 2005, n. 3424, art. 1, D.M. 1° settembre 2016 (regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria). 8 Vedi, art. 1, commi 1 e 2, D.M. 17 ottobre 2000 (Piemonte, Valle d’Aosta e provincia di Savona); art. 1, D.M. 16 novembre 2000 (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Calabria); D.M. 29 novembre 2000 (Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, Puglia e provincia autonoma di Trento); art. 2, D.L. 14 febbraio 2001, n. 8, abrogato, D.M. 14 marzo 2001, D.M. 7 agosto 2001(BSE); D.M. 28 maggio 2001, D.M. 13 dicembre 2001 (imposta unica sui concorsi e sulle scommesse); D.M. 5 luglio 2001 (vertice G8 di Genova); D.M. 12 luglio 2001 (Lombardia), D.M. 9 agosto 2001 (provincia di Catania), D.M. 13 novembre 2001 (province di Avellino, Caserta, Napoli e Salerno), D.L. 6 maggio 2002, n. 81(Lombardia) , D.M. 24 maggio 2002 (sciopero generale del 16 aprile 2002), D.M. 28 giugno 2002 (sede della regione Lombardia), art. 1, commi 1 e 2, D.M. 14 novembre 2002 (provincia di Campobasso), art. 1, commi 1 e 2, D.M. 14 novembre 2002 (provincia di Catania), art. 1, commi 1 e 2, D.M. 15 novembre 2002 (province di Campobasso e Foggia), art. 1, commi 1 e 2, D.M. 5 dicembre 2002 (Italia settentrionale), art. 1, commi 1 e 2, D.M. 9 gennaio 2003 (comuni di Provvidenti e Pietra Montecorvino), D.M. 19 settembre 2003 (Friuli-Venezia Giulia), D.M. 25 agosto 2004 (Marche e Umbria), D.M. 23 novembre 2004 (imprenditori agricoli della Puglia) D.M. 29 novembre 2004 (sciopero generale del 30 novembre 2004), D.M. 30 novembre 2004 e D.M. 21 dicembre 2004 (Provincia di Brescia), D.M. 13 marzo 2009 (comune di Roma), D.M. 9 aprile 2009 (provincia di L’Aquila), D.M. 8 ottobre 2009 e art. 29, comma 15-bis, D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (provincia di Messina), art. 1, D.M. 4 dicembre 2009 (provincia di Trento); art. 1, D.M. 26 febbraio 2010 (Emilia-Romagna, Liguria e Toscana), art. 29, comma 15, D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 7 il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili. 2-bis. La ripresa dei versamenti dei tributi sospesi o differiti, ai sensi del comma 2, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, relativi al periodo di sospensione, anche mediante rateizzazione fino a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese successivo alla data di scadenza della sospensione. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definiti le modalità e i termini della ripresa dei versamenti, tenendo anche conto della durata del periodo di sospensione, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo dal fondo previsto dall'articolo 1, comma 430, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. I versamenti dei tributi oggetto di sospensione sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al predetto fondo.9 [2-ter. Per i tributi non sospesi né differiti ai sensi del comma 2, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo, i contribuenti residenti o aventi sede legale o sede operativa nei territori colpiti da eventi calamitosi con danni riconducibili all'evento e individuati con la medesima ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri con la quale è dichiarato lo stato di emergenza possono chiedere la rateizzazione, fino a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo, dei tributi che scadono nei sei mesi successivi alla dichiarazione dello stato di emergenza, con istanza da presentare al competente ufficio, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.10 11] (province di La Spezia, Massa Carrara, Genova, Livorno, comune di Ginosa e provincia di Matera); art. 1, D.M. 1° giugno 2012 (comuni delle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo); art. 1, D.M. 30 novembre 2013 (regione Sardegna); art. 3, comma 2, D.L. 28 gennaio 2014, n. 4 (provincia di Modena e regione Veneto); art. 1, D.M. 20 ottobre 2014 (regioni Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Friuli-Venezia Giulia); art. 1, D.M. 5 dicembre 2014 (provincia di Foggia); art. 1, D.M. 5 dicembre 2014 (regione Toscana); art. 1, D.M. 8 maggio 2015(regione Emilia-Romagna); art. 1, D.M. 12 febbraio 2016 (province di Parma e Piacenza). 9 Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 429, L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e, successivamente, così sostituito dall’ art. 48, comma 15, lett. a), D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2016, n. 229. 10 Comma aggiunto dall’ art. 1, comma 429, L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016. 11 Comma abrogato dall’ art. 48, comma 15, lett. b), D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 di- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Art. 10. Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106 In vigore dal 17 giugno 2005 1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. 2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa.12 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria13. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.14 Art. 10-bis. Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale15 Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 7, comma 15, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 In vigore dal 1 gennaio 2016 1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce cembre 2016, n. 229. 12 Per le agevolazioni indebitamente fruite da enti creditizi, cfr. art. 23, comma 16, D.L. 6 luglio 2011, n. 98. 13 Per l’inapplicabilità delle presenti disposizioni per l’acconto dell’IRAP dovuto per il periodo d’imposta in corso alla data del 17 giugno 2005, cfr. art. 1, comma 2, D.L. 17 giugno 2005, n. 106. 14 Comma modificato dall›art. 1, comma 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156. 15 Articolo inserito dall’ art. 1, comma 1, D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128; per l’efficacia e l’applicabilità delle disposizioni del presente articolo vedi l’ art. 1, comma 5, del medesimo D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128. LEGISLAZIONE i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni. 2. Ai fini del comma 1 si considerano: a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato; b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. 3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente. 4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. 5. Il contribuente può proporre interpello ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.16 17 6. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.16 7. La richiesta di chiarimenti è notificata dall’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo 16 Sull’applicabilità delle disposizioni del presente comma, vedi l’ art. 1, comma 4, D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128. 17 Comma così sostituito dall’ art. 7, comma 15, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 12, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 156/2015. 51 52 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.16 8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6.16 9. L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.16 10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni, e dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.16 11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall’amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all’Agenzia delle entrate, che provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.16 12. In sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie. 13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. Art. 11. Diritto di interpello18 19 Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 In vigore dal 1 gennaio 2016 1. Il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a: 18 Articolo così sostituito dall›art. 1, comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 12, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 156/2015. 19 Vedi, anche, gli artt. da 2 a 6, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, il Provvedimento 4 gennaio 2016 e il D.M. 15 giugno 2016. a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147; b) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti; c) l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie. 2. Il contribuente interpella l’amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. 3. L’amministrazione risponde alle istanze di cui alla lettera a) del comma 1 nel termine di novanta giorni e a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma 1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante. 4. Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai sensi dell’articolo 5, comma 2. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI 5. La presentazione delle istanze di cui ai commi 1 e 2 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione. 6. L’amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in cui il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali, nei casi in cui siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti. Art. 12. Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali20 Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 92, comma 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 In vigore dal 24 gennaio 2012 1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente. 2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. 3. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta. 4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica. 5. La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.21 6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 13. 7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.22 21 20 Per l’estensione dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, vedi l’ art. 7, comma 2, lett. d), D.L. 13 maggio 2011, n. 70. LEGISLAZIONE Comma così modificato dall’ art. 7, comma 2, lettera c), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106. 22 Comma così modificato dall›art. 92, comma 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27. 53 54 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Art. 13. Garante del contribuente Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 4, comma 36, legge 12 novembre 2011, n. 183 In vigore dal 1 gennaio 2012 1. Presso ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome è istituito il Garante del contribuente. 2. Il Garante del contribuente, operante in piena autonomia, è organo monocratico scelto e nominato dal presidente della commissione tributaria regionale o sua sezione distaccata nella cui circoscrizione è compresa la direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, tra gli appartenenti alle seguenti categorie:23 a) magistrati, professori universitari di materie giuriridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio; [b) dirigenti dell’amministrazione finanziaria e ufficiali generali e superiori della Guardia di finanza, a riposo da almeno due anni, scelti in una terna formata, per ciascuna direzione regionale delle entrate, rispettivamente, per i primi, dal direttore generale del Dipartimento delle entrate e, per i secondi, dal Comandante generale della Guardia di finanza;24] c) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, pensionati, scelti in una terna formata, per ciascuna direzione regionale delle entrate, dai rispettivi ordini di appartenenza. 3. L’incarico ha durata quadriennale ed è rinnovabile tenendo presenti professionalità, produttività ed attività già svolta.25 4. Con decreto del Ministro delle finanze sono determinati il compenso ed i rimborsi spettanti ai componenti del Garante del contribuente.26 5. Le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate al Garante del contribuente dagli uffici delle direzioni regionali delle entrate presso le quali lo stesso è istituito. 23 Alinea così sostituito dall'art. 4, comma 36, lett. a), n. 1), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012; vedi anche l’art. 4, comma 37, L. n. 183/2011 24 Lettera abrogata dall'art. 4, comma 36, lett. a), n. 2), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012; vedi anche l’art. 4, comma 37, L. n. 183/2011. 25 Comma modificato dall›art. 94, comma 7, L. 27 dicembre 2002, n. 289, a decorrere dal 1° gennaio 2003 e dall’art. 4, comma 36, lett. b), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012; vedi anche l’art. 4, comma 37, L. n. 183/2011. 26 Vedi, anche, l’ art. 1, commi 404 e 405, L. 27 dicembre 2013, n. 147. 6. Il Garante del contribuente, anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria, rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, i quali rispondono entro trenta giorni, e attiva le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente. Il Garante del contribuente comunica l’esito dell’attività svolta alla direzione regionale o compartimentale o al comando di zona della Guardia di finanza competente nonché agli organi di controllo, informandone l’autore della segnalazione. 7. Il Garante del contribuente rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi. 8. Il Garante del contribuente ha il potere di accedere agli uffici finanziari e di controllare la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente nonché l’agibilità degli spazi aperti al pubblico. 9. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 12 della presente legge. 10. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta. 11. Il Garante del contribuente individua i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’amministrazione determinano un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’amministrazione, segnalandoli al direttore regionale o compartimentale o al comandante di zona della Guardia di finanza competente e all’ufficio centrale per l’informazione del contribuente, al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare. Prospetta al Ministro delle finanze i casi in cui possono essere esercitati i poteri di rimessione in termini previsti dall’articolo 9. 12. Ogni sei mesi il Garante del contribuente presenta una relazione sull’attività svolta al Ministro delle finanze, al direttore regionale delle entrate, ai direttori compartimentali delle dogane e del territorio nonché al comandante di zona della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni. 13. Il Ministro delle finanze riferisce annualmente alle competenti Commissioni parlamentari in ordine al funzionamento del Garante del contribuente, all’efficacia dell’azione da esso svolta ed alla natura delle questio- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI ni segnalate nonché ai provvedimenti adottati a seguito delle segnalazioni del Garante stesso. 13-bis. Con relazione annuale, il Garante fornisce al Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale27. Art. 14. Contribuenti non residenti 1. Al contribuente residente all’estero sono assicurate le informazioni sulle modalità di applicazione delle imposte, la utilizzazione di moduli semplificati nonché agevolazioni relativamente all’attribuzione del codice fiscale e alle modalità di presentazione delle dichiarazioni e di pagamento delle imposte. 2. Con decreto del Ministro delle finanze28, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le disposizioni di attuazione del presente articolo. LEGISLAZIONE Art. 17. Concessionari della riscossione 1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura. Art. 18. Disposizioni di attuazione 1. I decreti ministeriali previsti dagli articoli 8 e 11 devono essere emanati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Entro il termine di cui al comma 1 sono nominati i componenti del Garante del contribuente di cui all’articolo 13. Art. 19. Attuazione del diritto di interpello del contribuente 1. Il Ministro delle finanze, sentiti i direttori generali del Ministero delle finanze ed il Comandante generale della Guardia di finanza, emana un codice di comportamento che regoli le attività del personale addetto alle verifiche tributarie, aggiornandolo eventualmente anche in base alle segnalazioni delle disfunzioni operate annualmente dal Garante del contribuente. 1. L’amministrazione finanziaria, nel quadro dell’attuazione del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, adotta ogni opportuno adeguamento della struttura organizzativa ed individua l’occorrente riallocazione delle risorse umane, allo scopo di assicurare la piena operatività delle disposizioni dell’articolo 11 della presente legge. 2. Per le finalità di cui al comma 1 il Ministro delle finanze è altresì autorizzato ad adottare gli opportuni provvedimenti per la riqualificazione del personale in servizio. Art. 16. Coordinamento normativo Art. 20. Copertura finanziaria 1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente necessarie a garantirne la coerenza con i princìpi desumibili dalle disposizioni della presente legge. 2. Entro il termine di cui al comma 1 il Governo provvede ad abrogare le norme regolamentari incompatibili con la presente legge. 1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 13, valutati in lire 6 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, si provvede mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione. 2. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 19, determinati nel limite massimo di lire 14 miliardi annue per il triennio 2000-2002, si provvede, mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale Art. 15. Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie 27 Comma aggiunto dall›art. 94, comma 8, L. 27 dicembre 2002, n. 289, a decorrere dal 1° gennaio 2003. 28 Cfr. D.M. 17 maggio 2001, n. 281. 55 56 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione. 3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 21. Entrata in vigore 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Copyright 2011 Wolters Kluwer Italia Srl Tutti i diritti riservati UTET Giuridica® è un marchio registrato e concesso in licenza da UTET S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l. LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROSPETTO COMPARATIVO DEL NUOVO STATUTO DEL CONTRIBUENTE PROPOSTO DAL PROF. GIANNI MARONGIU Con il testo vigente dello statuto e le proposte di modifica di alcuni articoli formulate dai soci ANTI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA1) LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 1. Princìpi generali Art. 1. Princìpi generali 1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. 2. Queste disposizioni si applicano a tutti i tributi quale che sia l’ente impositore. 1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. 2. L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica. 3. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla presente legge in attuazione delle disposizioni in essa contenute; le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nella medesima legge. 4. Gli enti locali provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai princìpi dettati dalla presente legge. Art. 2. Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie Art. 2. Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie 1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge, nonché tutti gli atti normativi che contengono disposizioni tributarie, devono menzionare l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute. 1. Le leggi e gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l’oggetto nel titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l’oggetto delle disposizioni ivi contenute. 1 Statuto (nuova proposta luglio 2016) 57 58 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 2. Gli atti di cui al 1° comma, che non hanno un oggetto tributario, non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima. 3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio. 4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere formulate riportando il testo conseguentemente modificato. 2. Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all’oggetto della legge medesima. 3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale di intende fare rinvio. 4. Le disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato. Art. 3. Entrata in vigore delle disposizioni tributarie 1. L’entrata in vigore di una norma e/o fonte primaria non può essere subordinata all’emanazione di una fonte secondaria e/o di un regolamento e/o di un atto amministrativo e/o di una circolare. /// Art. 4. Efficacia temporale delle norme Art. 3. Efficacia temporale delle norme tributarie 1. Le disposizioni tributarie, sostanziali e procedimentali, non hanno mai effetto retroattivo. Le nuove disposizioni o le modificazioni o le integrazioni di quelle già esistenti, intervenute nel corso di un periodo di imposta, si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. 2. L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta solo in casi eccezionali con legge ordinaria qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica. 3. Le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al novantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. 4. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati, fatta eccezione per quelli riferiti a eventi naturali imprevedibili. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. /// 2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGISLAZIONE LEGGE 27.7.2000, n. 212 3. I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati. Art. 5. Interpretazione delle disposizioni tributarie disposizione proposta NUOVA manca una disposizione corrispondente nel testo vigente 1. 1.L’interpretazione delle norme tributarie deve avvenire in coerenza con il fatto individuato dalla legge come indice di capacità contributiva e in applicazione dello stesso principio. Nessuna interpretazione di norme fiscali può comportare la doppia imposizione sullo stesso fatto economico. È legittima l’interpretazione analogica delle norme in bonam partem, e cioè a favore del contribuente. Art. 6. Utilizzazione del decreto legge Art. 4. Utilizzo del decreto-legge in materia tributaria 1. Con il decreto-legge si possono istituire solo tributi straordinari (della durata di un anno) per provvedere a esigenze straordinarie e urgenti e si possono, altresì, aumentare o diminuire le aliquote dei tributi ordinari; non si può, invece, disporre l’istituzione di nuovi tributi ordinari né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti passivi, né introdurre nuove norme procedimentali. La violazione di questa norma comporta la non applicazione delle sanzioni tributarie di qualsiasi natura. 1. Non si può disporre con decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti. Art. 7. Informazione del contribuente Art. 5. Informazione del contribuente 1. Le autorità fiscali devono assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia tributaria, anche curando le predisposizioni di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. Le autorità fiscali devono altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale da consentire aggiornamenti in tempo reale, ponendola a disposizione gratuita dei contribuenti. 2. Gli enti impositori e i concessionari della riscossione devono portare a conoscenza dei contribuenti, tempestivamente e con i mezzi idonei, tutte le circolari e le risoluzioni da essi emanate nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti. 1. L’Amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore. L’Amministrazione finanziaria deve altresì assumere idonee iniziative di informazione elettronica, tale da consentire aggiornamenti in tempo reale, ponendola a disposizione gratuita dei contribuenti. 2. L’Amministrazione finanziaria deve portare a conoscenza dei contribuenti tempestivamente e con i mezzi idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate, nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti. 59 60 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) Art. 8. Conoscenza degli atti e semplificazione Identico LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 6. Conoscenza degli atti e semplificazione 1. L’Amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. A tal fine essa provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa Amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti da comunicare. Gli atti sono in ogni caso comunicati con modalità idonee a garantire che il loro contenuto non sia conosciuto da soggetti diversi dal loro destinatario. Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari. 2. L’Amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito. 3. L’Amministrazione finanziaria assume iniziative volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in generale, ogni altra propria comunicazione siano messi a disposizione del contribuente in tempi utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli. 4. Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell’articolo 18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa. 5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma. Art. 9. Buona fede e affidamento 1. I rapporti tra i contribuenti e qualsiasi autorità fiscale sono improntati reciprocamente ai princìpi della collaborazione e della buona fede che si applicano in ogni fase del procedimento applicativo dei tributi, nella fase della dichiarazione, in quella dell’accertamento, in quella processuale nonché nella fase della riscossione. 2. Non sono dovute imposte né sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti delle autorità fiscali, ancorché successivamente modificati dalle stesse o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti conseguenti a ritardi, omissioni o errori degli enti stessi. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme tributarie o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. Art. 10. Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente 1. I rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. 2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’Amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di atti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’Amministrazione stessa. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto. MODIFICHE LUNELLI AL TESTO DI MARONGIU 1. I rapporti tra i contribuenti e qualsiasi autorità fiscale sono improntati reciprocamente ai princìpi della collaborazione, della imparzialità e della buona fede… Art. 10. Tutela dell’integrità patrimoniale Art. 8. Tutela dell’integrità patrimoniale 1. L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione. 2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario. 1. L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione. 2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario. 61 62 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile. 4. L’Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fidejussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata. 5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione. Sono abrogati i commi 6-7-8. 3. Le disposizioni tributarie non possono stabilire né prorogare termini di prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile. 4. L’Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata. 5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione e dalla loro formazione. 6. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le disposizioni di attuazione del presente articolo. 7. La pubblicazione e ogni formazione relative ai redditi tassati, anche previste dall’articolo 15 della legge 5 luglio 1982, n. 441, sia nelle forme previste dalla stessa legge sia da parte di altri soggetti, deve sempre comprendere l’indicazione dei redditi anche al netto delle relative imposte. 8. Ferme restando, in via transitoria, le disposizioni vigenti in materia di compensazione, con regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è disciplinata l’estinzione dell’obbligazione tributaria mediante compensazione, estendendo, a decorrere dall’anno d’imposta 2002, l’applicazione di tale istituto anche a tributi per i quali attualmente non è previsto. Art. 9. Rimessione in termini 1. Il Ministro delle finanze, con decreto da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rimette in termini i contribuenti interessati, nel caso in cui il tempestivo adempimento di obblighi tributari è impedito da cause di forza maggiore. Qualora la rimessione in termini concerna il versamento di tributi, il decreto è adottato dal Ministro delle finanze di concerto on il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. 2. Con proprio decreto il Ministro delle finanze, sentito il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, può sospendere o differire il LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 termine per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili. 2 bis. La ripresa dei versamenti dei tributi sospesi o differiti, ai sensi del comma 2, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, relativi al periodo di sospensione, anche mediante rateizzazione fino a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese successivo alla data di scadenza della sospensione. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono definiti le modalità e i termini della ripresa dei versamenti, tenendo anche conto della durata del periodo di sospensione, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo dal fondo previsto dall’articolo 1, comma 430, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. I versamenti dei tributi oggetto di sospensione sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al predetto fondo. MODIFICHE LUNELLI AL TESTO DI MARONGIU In applicazione dei princìpi di collaborazione, imparzialità e buona fede è dovere di qualsiasi ente impositore di adeguare la tassazione al corretto rapporto norma-fatto, indice di capacità contributiva. In applicazione e in coerenza con questo principio, gli enti impositori debbono annullare in autotutela qualsiasi atto e/o pretesa che si riveli in contrasto con il principio di cui al primo comma. 2. Tale dovere opera in qualsiasi fase amministrativa o giudiziaria durante la quale emerga l’errore sul fatto od in diritto che ha generato la pretesa. L’omissione ingiustificata dell’annullamento della pretesa dà luogo al risarcimento del danno in favore del contribuente. Art. 11. Autotutela 1. In applicazione dei princìpi è dovere di qualsiasi ente impositore di adeguare la tassazione al corretto rapporto norma-fatto, indice di capacità contributiva. In applicazione e in coerenza con questo principio, gli enti impositori debbono annullare in autotutela qualsiasi atto e/o pretesa che si riveli in contrasto con il principio di cui al primo comma. Art. 12. Disciplina dell’abuso del diritto e elusione fiscale 1. Identico /// Art. 10 bis. Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale 1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono op- 63 64 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) 2. Identico 3. Identico 4. Identico 5. Identico 6. Identico 7. Identico LEGGE 27.7.2000, n. 212 ponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei princìpi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni. 2. Ai fini del comma 1 si considerano: a) operazioni prive di sostanza economica, i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato; b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i princìpi dell’ordinamento tributario. 3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente. 4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. 5. Il contribuente può proporre interpello ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto. 6. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto. 7. La richiesta di chiarimenti è notificata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell’Amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notifi- LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) 8. Identico 9. Identico 10. Identico 11. Identico 12. Identico 13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Le sanzioni amministrative tributarie non sono applicabili, considerata anche la vaghezza della attuale formulazione. Art. 13. Interpello del contribuente Identico LEGGE 27.7.2000, n. 212 cazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni. 8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l’atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai princìpi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6. 9. L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3. 10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni, e dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. 11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l’accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza dell’Agenzia delle Entrate, che provvede nei limiti dell’imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure. 12. In sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie. 13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. Art. 11. Diritto di interpello 1. Il contribuente può interpellare l’Amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a: a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualifica- 65 66 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) Identico LEGGE 27.7.2000, n. 212 zione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147; b) la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti; c) l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie. 2. Il contribuente interpella l’Amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. 3. L’Amministrazione risponde alle istanze di cui alla lettera a) del comma 1 nel termine di novanta giorni e a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma 1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della Amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’Amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’Amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante. 4. Non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l’Amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai sensi dell’articolo 5, comma 2. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGISLAZIONE LEGGE 27.7.2000, n. 212 5. La presentazione delle istanze di cui ai commi 1 e 2 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione. 6. L’Amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in cui la parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali, nei casi in cui siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti. Art. 14 Chiarezza e motivazione degli atti Art. 7. Chiarezza e motivazione degli atti 1. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi e quindi indicando, a pena di annullamento, i presupposti di fatto, e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, deve essere sempre allegato all’atto che lo richiama. 2. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, a pena di annullabilità: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) la modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili. 3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. 1. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. 2. Gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili. 3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. 4. La natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti. /// 67 68 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI MODIFICHE BASILAVECCHIA AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE Art. 7-bis Invalidità dei provvedimenti tributari. 1. Costituiscono vizi propri di carattere generale dei provvedimenti tributari: a) la carenza delle condizioni e dei presupposti previsti dalla legge per l’emanazione del provvedimento (incompetenza per materia e per territorio, pendenza del termine decadenziale, decorso del termine dilatorio previsto a garanzia del diritto al contraddittorio, conformità a precedenti risposte ad interpelli, adozione dei procedimenti specificamente previsti, avvenuta notificazione di atti presupposti); b) per gli atti di diniego opposti ad istanze pretensive, la mancata preventiva comunicazione di un preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990; c) l’acquisizione degli elementi probatori posti a base del provvedimento in violazione di disposizioni di legge a tutela di diritti costituzionalmente garantiti; d) il difetto assoluto o l’insufficienza della motivazione richiesta dalle disposizioni specifiche regolanti ciascuna tipologia di atto, il difetto di motivazione sulle deduzioni difensive presentate dal contribuente, il difetto di sottoscrizione nei modi previsti dalla legge e ogni caso di sottoscrizione apposta da funzionario delegato sulla base di una delega immotivata, o impersonale, o che abbia durata ed oggetto indeterminati o in ogni caso in cui resti incerta la competenza del funzionario sottoscrittore al momento dell’emanazione dell’atto. 2. I vizi di cui al comma 1 sono insanabili, sono rilevabili dal giudice solo se dedotti nei motivi di ricorso, non precludono la riedizione dell’atto emendato nei termini di decadenza, devono essere valutati dalle amministrazioni finanziarie in sede di riesame in autotutela e nell’ambito dei procedimenti di adesione, di reclamo/mediazione, di conciliazione. 3. Resta ferma ogni altra invalidità prevista esplicitamente dalla legge o desumibile dalla difformità dell’atto impugnato dalle norme applicabili al potere esercitato. 4. Sono affetti da nullità assoluta e possono essere dichiarati nulli entro il termine di decadenza di un anno dalla loro notificazione, solo i provvedimenti che manchino degli elementi essenziali, che siano viziati da difetto assoluto di attribuzione, che siano stati adottati in violazione o elusione del giudicato. Al di fuori di tali casi, la sanzione di nullità prevista nelle disposizioni di legge comporta i soli effetti di cui al comma 2. 5. Costituiscono vizi non invalidanti, salva diversa espressa indicazione di legge, i vizi della struttura formale dell’atto diversi da quelli indicati nei precedenti commi e che non risultino lesivi di situazioni giuridiche del contribuente, quali ad es. le carenti indicazioni sui comportamenti da tenere o sull’aliquota applicabile, se desumibile dal contesto dell’atto. Essi comportano le conseguenze risarcitorie o recuperatorie che appaiano proporzionali all’interesse leso, ferma restando la validità del provvedimento. 6. Restano ferme le disposizioni vigenti, ove compatibili con quanto disposto ai precedenti commi. MODIFICHE VANZ AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE Art. 11-bis Principi della ragionevolezza e della proporzionalità Nelle attività conoscitive e di controllo 1. L’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo in materia tributaria deve in ogni caso avvenire nel rispetto dei principi della ragionevolezza e della proporzionalità. 2. In virtù del principio della ragionevolezza l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo deve giustificarsi sulla base del necessario contemperamento dell’interesse pubblico con le libertà e i diritti dei soggetti coinvolti. 3. In virtù del principio della proporzionalità l’esercizio dei poteri conoscitivi e di controllo si limita a quanto strettamente necessario per il conseguimento degli obiettivi perseguiti, in relazione all’esigenza di determinare la minore restrizione possibile delle libertà e dei diritti dei soggetti coinvolti. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) Art. 15. Diritti del contribuente sottoposto a verifiche fiscali 1. Identico 2. Identico 3. Identico 4. Identico 5. Identico LEGISLAZIONE LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 12. Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali 1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente. 2. Quando viene iniziata a verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. 3. Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta. 4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica. 5. La permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavoratici, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente. 69 70 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) 6. Identico 7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento, a pena di nullità, non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo caso di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374. LEGGE 27.7.2000, n. 212 6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 13. 7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374. MODIFICHE VANZ AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE Art. 12-bis Prove illegittimamente acquisite 1. Le prove acquisite in violazione delle norme che regolano le attività conoscitive e di controllo in materia tributaria non possono essere utilizzate. MODIFICHE IAIA AL TESTO DELLA LEGGE VIGENTE Art. 12-bis della L. n. 212/2000 (Principio del contraddittorio endo-procedimentale) 1. Il principio generale europeo del contraddittorio si applica a conclusione dell’istruttoria, in modo diretto e incondizionato, ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare un provvedimento lesivo per il destinatario, attinente ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati o alle sanzioni amministrative tributarie. 2. Ogni provvedimento impositivo o sanzionatorio è preceduto, a pena di nullità, da un atto di contestazione, motivato in relazione alle risultanze dell’istruttoria, notificato dall’amministrazione ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni. 3. Il contribuente ha il diritto di comunicare osservazioni e richieste all’amministrazione, la quale non può emanare il provvedimento, a pena di nullità, prima di sessanta giorni dalla notificazione dell’atto di contestazione di cui al comma 2. Fra il predetto termine e quello di decadenza dal potere di notificazione del provvedimento, intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione del provvedimento è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni. 4. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, il provvedimento è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle risultanze dell’istruttoria e alle osservazioni e richieste comunicate dal contribuente nel termine di cui al primo periodo del comma 3. LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 16. Principio generale del contraddittorio endo-procedimentale 1. Nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, ogni provvedimento impositivo o sanzionatorio deve essere preceduto dalla notifica al destinatario di un processo verbale di constatazione, motivato in base alle risultanze della precedente istruttoria. 2. Entro sessanta giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. Prima del decorso di tale termine, l’atto impositivo o sanzionatorio non può essere emanato. 3. Il provvedimento di cui al comma 1 è specificamente motivato, anche in relazione alle osservazioni e richieste fornite dal contribuente nel termine di cui al comma 2. 4. Il contribuente ha l’onere di eccepire la nullità conseguente alla violazione da precetti di cui ai precedenti commi con il ricorso introduttivo del processo di primo grado. Art. 17 Sanzioni 1. In applicazione del principio di proporzionalità di derivazione comunitaria: a) le sanzioni amministrative pecuniarie non possono superare, anche nei casi più gravi, i due terzi della maggiore imposta accertata a carico del contribuente; b) gli interessi sulle somme pagate in ritardo non devono superare il tasso legale; c) qualunque provvedimento sanzionatorio deve essere preceduto da una contestazione specifica e non può comunque essere emanato per una somma inferiore a cento euro. MODIFICHE LUNELLI AL TESTO MARONGIU … d) In nessun caso la sanzione può consistere nella applicazione di un’imposta altrimenti indebita. 71 72 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) Art. 18 Garante del contribuente Identico LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 13 Garante del contribuente 1. Presso ogni direzione regionale delle Entrate e direzione delle Entrate delle province autonome è istituito il Garante del contribuente. 2. Il Garante del contribuente, operante in piena autonomia, è organo monocratico scelto e nominato dal presidente della commissione tributaria regionale o sua sezione distaccata nella cui circoscrizione è compresa la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, tra appartenenti alle seguenti categorie: a) magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, sia a riposo sia in attività di servizio; b) (…) c) avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, pensionati, scelti in una terna formata, per ciascuna direzione regionale delle Entrate, dei rispettivi ordini di appartenenza. 3. L’incarico ha durata quadriennale ed è rinnovabile tenendo presenti professionalità, produttività ed attività svolta. (…) 4. Con decreto del Ministro delle finanze sono determinati il compenso ed i rimborsi spettanti ai componenti del Garante del contribuente. 5. Le funzioni di segreteria e tecniche sono assicurate al Garante del contribuente dagli uffici delle direzioni regionali delle Entrate presso le quali lo stesso è istituito. 6. Il Garante del contribuente, anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione finanziaria, rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, i quali rispondono entro trenta giorni, e attiva le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente. Il Garante del contribuente comunica l’esito dell’attività svolta alla direzione regionale o compartimentale o al comando di zona della Guardia di finanza competente nonché agli organi di controllo, informandone l’autore della segnalazione. 7. Il Garante del contribuente rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi. LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 8. Il Garante del contribuente ha il potere di accedere agli uffici finanziari e di controllare la funzionalità dei servizi di assistenza e di informazione al contribuente nonché l’agibilità degli spazi aperti al pubblico. 9. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al rispetto di quanto previsto dagli articoli 5 e 12 della presente legge. 10. Il Garante del contribuente richiama gli uffici al rispetto dei termini previsti per il rimborso d’imposta. 11. Il Garante del contribuente individua i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in vigore ovvero i comportamenti dell’Amministrazione determinano un pregiudizio dei contribuenti o conseguenze negative nei loro rapporti con l’Amministrazione, segnalandoli al direttore regionale o compartimentale o al comandante di zona della Guardia di finanza competente e all’ufficio centrale per l’informazione del contribuente, al fine di un eventuale avvio del procedimento disciplinare. Prospetta al Ministro delle finanze i casi in cui possono essere esercitati i poteri di rimessione in termini previsti dall’articolo 9. 12. Ogni sei mesi il Garante del contribuente presenta una relazione sull’attività svolta al Ministro delle finanze, al direttore regionale delle Entrate, ai direttori compartimentali delle dogane e del territorio nonché al comandante di zona della Guardia di finanza, individuando gli aspetti critici più rilevanti e prospettando le relative soluzioni. 13. Il Ministro delle finanze riferisce annualmente alle competenti Commissione parlamentari in ordine al funzionamento del Garante del contribuente, all’efficacia dell’azione da esso svolta ed alla natura delle questioni segnalate nonché ai provvedimenti adottati a seguito delle segnalazioni del Garante stesso. 13 bis. Con relazione annuale, il Garante fornisce al Governo ed al Parlamento dati e notizie sullo stato dei rapporti fra Fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale. Art. 19 Diritto al risarcimento dei danni 1. Ogni contribuente ha diritto al risarcimento dei danni cagionati dagli enti indicati nell’art. 1 e dai loro funzionari nell’esercizio delle loro funzioni. /// 73 74 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI MODIFICHE LUNELLI AL TESTO MARONGIU Art. 19 Diritto al risarcimento dei danni 1. Idem 2. Salvo diversa e motivata determinazione del giudice, il risarcimento del danno non può essere inferiore al 10% della sanzione ingiustamente irrogata. PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 14 Contribuenti non residenti 1. Al contribuente residente all’estero sono assicurate le informazioni sulle modalità di applicazione delle imposte, la utilizzazione di moduli semplificati nonché agevolazioni relativamente all’attribuzione del codice fiscale e alle modalità di presentazione delle dichiarazioni e di pagamento delle imposte. 2. Con decreto del Ministro delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della L. 23.8.1988, n. 400, relativo ai poteri regolamentari dei Ministri nelle materie di loro competenza, sono emanate le disposizioni di attuazione del presente articolo. Art. 15 Codice di comportamento per il personale addetto alle verifiche tributarie 1. Il Ministro delle finanze, sentiti i direttori regionali del Ministero delle finanze ed il Comandante generale della Guardia di finanza, emana un codice di comportamento che regoli le attività del personale addetto alle verifiche tributarie, aggiornandolo eventualmente anche in base alle segnalazioni delle disfunzioni operate annualmente dal Garante del contribuente. MODIFICHE LUNELLI AL TESTO MARONGIU Art. 20 Garanzie processuali (nuovo) Il processo tributario deve garantire che il collegio giudicante abbia l’adeguata competenza tecnica per trattare gli argomenti sottoposti al suo giudizio. La conduzione delle pubbliche udienze deve garantire al contribuente la effettiva esposizione completa dei motivi del ricorso, in contraddittorio con il collegio giudicante e l’ufficio. Nei procedimenti tributari avanti Suprema Corte di Cassazione il collegio giudicante deve essere composto con almeno un giudice aventi le necessarie competenze economiche o aziendali richieste dalla materia. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI LEGISLAZIONE Delle udienze è redatto pubblico verbale dettagliato, con indicazione dell’orario di inizio e di fine di ciascuna udienza. Le sentenze devono essere firmate, a pena di nullità, da tutti i componenti del collegio giudicante che hanno condiviso la decisione. L’Amministrazione della giustizia tributaria istituisce un apposito organo di controllo che valuta il rispetto delle garanzie processuali e l’adeguatezza delle motivazioni delle sentenze in ogni grado di giudizio, con particolare riguardo alla durata delle udienze rispetto alla consistenza delle motivazioni degli atti delle parti. Art. 21 Tutela dell’imparzialità – Divieto di incentivazione al risparmio fiscale (nuovo) Sono illeciti i compensi attribuiti ai rappresentati dei contribuenti, a i lori dipendenti, consulenti ed assistenti che siano collegati al risparmio fiscale ottenuto in relazione alla loro attività. Sono illeciti i compensi attribuiti all’Amministrazione Finanziaria, alle Agenzie fiscali ed ai loro rappresentati, dipendenti, consulenti ed assistenti che siano collegati al risultato monetario acquisito all’erario in ragione della loro attività. PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 16 Coordinamento normativo 1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti strettamente necessarie a garantire la coerenza con i princìpi desumibili dalle disposizioni della presente legge. 2. Entro il termine di cui al comma 1 il Governo provvede ad abrogare le norme regolamentari incompatibili con la presente legge. Art. 17 Concessionari della riscossione /// 1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’Amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura. Art. 18 – Disposizioni di attuazione /// 1. I decreti ministeriali previsti dagli articoli 8 e 11 devono essere emanati entro centottanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge. 2. Entro il termine di cui al comma 1 sono nominati i componenti del Garante del contribuente di cui all’articolo 13. 75 76 LEGISLAZIONE L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI PROF. MARONGIU LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE (NUOVA EPROPOSTA) LEGGE 27.7.2000, n. 212 Art. 19 – Attuazione del diritto di interpello del contribuente /// 1. L’Amministrazione finanziaria, nel quadro dell’attuazione del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, adotta ogni opportuno adeguamento della struttura organizzativa ed individua l’occorrente riallocazione delle risorse umane, allo scopo di assicurare la piena operatività delle disposizioni dell’articolo 11 della presente legge. 2. Per le finalità di cui al comma 1 il Ministro delle finanze è altresì autorizzato ad adottare gli opportuni provvedimenti per la riqualificazione del personale di servizio. Art. 20 Copertura finanziaria /// 1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 13, valutati in lire 6 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, si provvede mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione. 2. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 19, determinati nel limite massimo di lire 14 miliardi annue per il triennio 2000-2002, si provvede, mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato previsionale del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione. 3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 21 Entrata in vigore /// 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI LEGISLAZIONE Proposte di modifica del D.Lgs. 542/1992 di Salvatore Muleo e Alessandro Palasciano All’art. 19 lgs. 546 del 1992 in luogo dell’attuale lettera i) sono inserite le seguenti lettere: All’art. 27 comma 1 d.lgs 546/1992 si potrebbe aggiungere: “i) ogni atto istruttorio che sia direttamente lesivo per il soggetto sottoposto ad indagine; l) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.” comma 1 bis: “Il presidente di sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, esaminati preliminarmente ricorso e controricorso, qualora rilevi, anche di ufficio, il mancato rispetto del disposto di cui all’art.12 bis della L. 212/2000, dispone la immediata trattazione della controversia in camera di consiglio ex art.33 o in pubblica udienza ex art.34 se richiesto, per la decisione sulla nullità dell'atto impugnato e, con lo stesso provvedimento, se richiesto, dispone la sospensione dell’atto impugnato sino alla pronuncia del Collegio” All’art. 47 d. lgs. 546 del 1992 è aggiunto i commi 3 e 4 sono così integrati: “3. In caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del merito, può disporre con decreto motivato l’emanazione di misure cautelari, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso fino alla pronuncia del collegio. 4. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede con ordinanza motivata non impugnabile disponendo l’emanazione di misure cautelari, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso. Il dispositivo dell’ordinanza deve essere immediatamente comunicato alle parti in udienza.” N.B.: inserimenti in corsivo rispetto al testo attuale Salvatore Muleo All’art. 47 comma 3 d.lgs 546/1992 si potrebbe aggiungere: comma 3 bis: “Analogamente Il presidente provvede nel caso di cui al comma 1bis dell’art.27 del presente decreto legislativo, sino alla pronuncia del Collegio” Alessandro Palasciano 77 78 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Rassegna di giurisprudenza1 sullo Statuto dei diritti del contribuente (Estratti e massime non ufficiali a cura dello Studio del dott. Roberto Lunelli) - Documento aggiornato al 25.2.2017 di Roberto Lunelli Legge 27 luglio 2000, n. 212 sullo STATUTO dei DIRITTI del CONTRIBUENTE Art. 1 – Principi generali Art. 3 – Efficacia temporale delle norme tributarie Art. 6 – Conoscenza degli atti e semplificazione Art. 7 – Chiarezza e motivazione degli atti Art. 8 – Tutela dell’integrità patrimoniale Art. 9 – Rimessione dei termini Art. 10 – Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente Art. 10-bis – Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale (ex Art. 37-bis/600-73) Art. 11 – Interpello ordinario Art. 12 – Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (in generale) Art. 12, co. 5 – Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali Art. 12, co. 7 – (idem) Principio del contraddittorio; Nullità dell’avviso di accertamento “anticipato”; Legittimità dell’avviso di accertamento “anticipato”; Termini; Ragioni d’urgenza; Motivazione; Ambito di applicazione; Diritti doganali. Art. 1 Principi generali Corte di Cassazione, 27/07/2016, n. 15642 “In tema di garanzie del contribuente, le previsioni normative contenute nella L. 27.7.2000, n. 212, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nella interpretazione delle norme tributarie, anche anteriori, 1 Ultima sentenza riportata nella presente rassegna: Corte di Cassazione, 22.2.2017, n. 4587 ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse”. Corte di Cassazione, 30/03/2016, n. 6135 (conformi, Cass. 7488/2016, 24857/2016, 1823/2017, 4171/2017) “Il principio secondo cui l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro … deve ritenersi superato alla stregua dello ius superveniens di cui all’art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 147 del 2015. In virtù di tale disposizione che, ponendosi espressamente quale norma di interpretazione autentica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000, è applicabile retroattivamente, non è, pertanto, più sostenibile l’anzidetta presunzione di corrispondenza del corrispettivo incassato al valore venale in comune commercio del bene compravenduto, quale accertato ai fini dell’imposta di registro”. Corte di Cassazione, 18/12/2014, n. 26687 “Se l’Amministrazione finanziaria, a causa di problemi di natura tecnica attinenti alle reti telematiche, disponga il differimento di un termine cui è collegato il compimento di adempimenti fiscali, il contribuente può ritenere quale mezzo idoneo ad assicurare la predetta proroga anche il comunicato divulgato dall’Agenzia fiscale tramite il proprio Ufficio Stampa”. Corte di Cassazione, 28/02/2014, n. 4815 “La sospensione dell’utilizzo del credito di imposta, sancita dagli artt. 1 del D.L. 12 novembre 2002, n. 253, e 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, non è preclusa dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto Statuto del contribuente), le cui disposizioni costituiscono meri criteri guida per il giudice, in sede di applicazione ed interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici, ma non L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (essendone, invero, ammessa la modifica o la deroga, purché espressa e non ad opera di leggi speciali), con la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga in contrasto con esse, senza che ricorrano le dette condizioni, non è suscettibile di disapplicazione, né può essere di per sé oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Napoli, 17/12/2007)”. Corte di Cassazione, 15/11/2013, n. 25684 “In generale, le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente), emanante in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nella interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria. Conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse”. Corte di Cassazione, 24/07/2013, n. 17953 “In tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie, le disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (lo Statuto del contribuente), non hanno efficacia retroattiva, in base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., ad eccezione di quelle costituenti attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., in quanto espressione di principi costituzionali vigenti. Ne consegue che anche l’art. 3 della medesima legge, che ha codificato il principio di irretroattività nella materia fiscale, non trova applicazione con riferimento alle leggi anteriormente vigenti.”. Corte di Cassazione, 05/06/2013, n. 14185 “Le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nella interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse”. GIURISPRUDENZA Corte di Cassazione, 17/04/2013, n. 9308 “Il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art. 10, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., espressamente richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa ed amministrativa”. Corte di Cassazione, 10/04/2013, n. 8699 “In tema di accertamento delle violazioni doganali, l’art. 9, terzo comma decies, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito nella legge 26 aprile 2012, n. 44 – secondo cui l’ufficio doganale che effettua le verifiche generali o parziali con accesso presso l’operatore è competente alla revisione delle dichiarazioni doganali oggetto del controllo anche se accertate presso un altro ufficio doganale – non ha carattere retroattivo, sicché non si applica alle fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore; né esso costituisce norma di interpretazione autentica dell’art. 11, nono comma, del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, in quanto, pur prescindendosi dall’art. 1, secondo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che limita, in materia tributaria, a casi eccezionali l’emanazione di norme siffatte, la natura interpretativa di una disposizione viene stabilita direttamente dal Legislatore, laddove quella in esame, introdotta nel 2012, non risulta espressamente rivolta ad interpretare la normativa pregressa, invece disciplinando, per il futuro, le regole della competenza per l’emissione di un atto amministrativo, la legittimità del quale, peraltro, deve essere valutata alla stregua delle norme vigenti al momento della sua emanazione”. Corte di Cassazione, 01/03/2013, n. 5167 “L’art. 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), limita, nell’ambito della materia tributaria, a casi eccezionali l’emanazione di norme di interpretazione autentica, richiedendo, altresì, che la natura interpretativa della disposizione risulti da una espressa qualificazione legislativa. Ciò non è configurabile in relazione all’art. 9, comma 3 decies, del D.L. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni in legge n. 44 del 2012, che, pertanto, è una norma ordinaria diretta a disporre, in relazione alla competenza dell’autorità doganale, esclusivamente per l’avvenire”. Corte di Cassazione, 22/01/2013, n. 1429 “La richiesta di un tributo non può avvenire qualora sia oggetto di un comportamento capzioso e manifestamente dilatorio ad opera dell’Amministrazione, in quanto i principi 79 80 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI di imparzialità, efficienza della Pubblica amministrazione e del “giusto processo” devono sempre essere tenuti in debita considerazione dall’Agenzia delle Entrate e, in generale, dagli enti impositori. Per questo motivo, è stato negato l’assoggettamento a tassazione di una plusvalenza relativa ad un’indennità di esproprio che sarebbe spettata nel 1982, ma che il Comune ha erogato ben quindici anni dopo”. Corte di Cassazione, 07/11/2012, n. 19225 “Nell’interpretazione della norma in materia tributaria, non è d’ostacolo alla qualificazione quale norma interpretativa retroattiva dell’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (norma che precisa quando un’area può essere considerata edificabile ai fini tributari) il disposto del comma 2 dell’art. 1 della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) – secondo cui “L’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica” – in quanto l’art. 36, comma 2, dotato della stessa forza della legge n. 212 del 2000 (che non ha valore superiore a quello della legge ordinaria, come sottolineato dalla Corte costituzionale con le ordinanze n. 180 del 2007, n. 428 del 2006 e n. 216 del 2004), è idoneo ad abrogare implicitamente quest’ultima e, conseguentemente, ad introdurre nell’ordinamento una valida norma di interpretazione autentica, ancorché priva di una espressa autoqualificazione in tal senso”. Corte di Cassazione, 10/12/2002, n. 17576 “La maggior parte delle disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. “Statuto del contribuente”) costituisce attuazione di “principi generali dell’ordinamento tributario” come risulta chiaramente dall’autoqualificazione stessa delle disposizioni della legge e dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell’ordinamento tributari, nonché dei relativi rapporti. In particolare, alle specifiche “clausole rafforzative” di autoqualificazione delle disposizioni stesse dello Statuto del contribuente come attuative delle norme costituzionali e come “principi generali dell’ordinamento tributario” deve essere attribuito il preciso valore normativo di formulazione sintetica di quattro diversi e specifici significati: in primo luogo, quello di “principi generali del diritto, dell’azione amministrativa e dell’ordinamento particolare tributari” (artt. 3 e 5, che dettano disposizioni volte sia a disciplinare l’efficacia temporale delle norme tributarie, sia ad assicurare la “trasparenza” dell’attività stessa, sia ad orientare in senso garantistico tutta la prospettiva costituzionale del diritto tributario); in secondo luogo, quello di “principi fon- damentali della legislazione tributaria”, tesi a vincolare in vario modo l’attività del futuro legislatore tributario, statale e regionale, sia nella scelta della fonte di produzione (art. 1, comma 2 e 4) e del relativo oggetto (art. 2, comma 2), sia nella tecnica di redazione delle leggi (art. 2, commi 1, 3 e 4); in terzo luogo, quello di “principi fondamentali della materia tributaria”, in relazione all’esercizio della relativa “potestà legislativa concorrente” da parte delle Regioni (cfr. combinato disposto degli artt. 1, comma 3, dello Statuto del contribuente, 117, commi 2, lett. e), quarto periodo e 3, e 119, commi 1 e 2 Cost., nei testi sostituiti, rispettivamente, dagli artt. 3 e 5 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); ed infine, quello di “norme fondamentali di grande riforma economico sociale”, in relazione all’esercizio della potestà legislativa “esclusiva” da parte delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano (cfr. artt. 1, comma 3, secondo periodo, dello Statuto del contribuente e 116, comma 1, Cost., nel testo sostituito dall’art. 2 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nonché art. 10 di quest’ultima legge), naturalmente laddove, in tutte o in alcune disposizioni statutarie, sia possibile individuare, secondo i criteri elaborati dalla Corte Costituzionale, siffatta caratteristica. Di conseguenza, deve ritenersi che le disposizioni statutarie (al di là di ogni eventuale ostacolo “formale” o sistematico) magis valeant nella legislazione tributaria, oltre alla circostanza secondo cui è insita nella categoria dei “principi giuridici” la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione della legge tributaria, pur dovendosi distinguere nell’ambito delle disposizioni dello Statuto del contribuente tra quelle di principi già “immanenti” nel diritto o nell’ordinamento tributario (come quelle in tema di conoscenza, chiarezza e motivazione degli atti) e quelle che – pur dettate in attuazione delle richiamate norme costituzionali – presentano, invece, un contenuto totalmente o parzialmente innovativo rispetto allo stato della legislazione tributaria preesistente (esempi ne sono le disposizioni in materia di interpello del contribuente, dettate dall’art. 11, e, almeno in parte, quelle in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, dettate dall’art. 12)”. Art. 3 Efficacia temporale delle norme tributarie Corte di Cassazione O.N., 22/09/2016, n. 18574 “In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, il termine di cui all’art. 76, comma 1-bis, del D.P.R. n. 131 del 1986, per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta non può essere prorogato, ai sensi dell’art. 11, comma 1, della L. n. 289 del 2002, per le violazioni concernenti la fruizione dell’Iva agevolata al 4 per cento, in quanto l’art. 11 cit. fa espresso riferimento solo all’im- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI posta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, sicché, trattandosi di disposizione derogatoria di termini di decadenza, e, dunque, di stretta interpretazione, non è ammissibile, neppure attraverso una interpretazione logico-sistematica, un’operazione ermeneutica intesa ad assegnare all’Amministrazione finanziaria un più ampio termine per l’accertamento di un tributo per il quale esso non è espressamente previsto, senza che la diversa disciplina riservata a tributi differenti possa ritenersi irragionevole. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Toscana, 07/05/2009)”. Corte di Cassazione, 20/05/2016, n. 10474 “In merito all’impugnazione dell’avviso di accertamento induttivo del reddito, è infondata l’eccezione di decadenza prevedendo, l’art. 10 della legge n. 289 del 2002, che i termini per l’accertamento, stabiliti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 sono prorogati di due anni per i contribuenti che non si avvalgono della facoltà di definizione dei rapporti tributari previsti dalla legge. L’art. 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000, secondo cui i termini di decadenza per l’accertamento delle imposte non possono più essere prorogati, ha natura di legge ordinaria, passibile di deroga ad opera di una norma di pari rango, come avvenuto per l’art. 10 della legge n. 289 del 2002 che espressamente prevede la proroga dei termini di decadenza, derogando alla previsione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000”. Corte di Cassazione, 24/02/2016, n. 3614 (conforme 1248/2014) “In materia tributaria, l’art. 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000 sancisce il divieto di proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta. Premesso che le norme dello statuto del contribuente non hanno un rango superiore alle norme ordinarie e non ne consentono la disapplicazione tout court per il solo fatto del contrasto con le stesse, deve rilevarsi che il disposto dell’art. 11, comma 1, della legge n. 289 del 2002, disciplinante la proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta dovuta sugli atti pubblici, scritture private e dichiarazioni o denunce, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono, contiene un’espressa deroga al divieto di proroga dei termini per gli accertamenti di imposta, in perfetta coerenza, dunque, con la previsione di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 212 del 2000”. Corte di Cassazione, 05/02/2016, n. 2277 “Le controversie aventi ad oggetto la spettanza di rimborso per crediti Iva non possono essere ricomprese GIURISPRUDENZA nell’ambito della sanatoria di cui alla legge 289/2002 e perciò anche della disposizione dell’art. 10 della legge 289/2002 secondo cui “per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli articoli da 7 a 9 della presente legge, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono prorogati di due anni”. Di talché, in tali ipotesi, l’accertamento deve essere effettuato nei termini di cui all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. Corte Costituzionale, 10/03/2014, n. 43 “È manifestamente inammissibile, per difetto di una plausibile motivazione in ordine alla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 della legge della Regione siciliana 28 dicembre 2004, n. 17, impugnato, in riferimento all’art. 36 dello Statuto siciliano, in quanto, assimilando i contributi regionali per i progetti di formazione all’autoimpiego rivolta a soggetti disoccupati (…) alle borse di studio di cui all’art. 4 della legge n. 476 del 1984, produrrebbe l’effetto di sottrarre detti contributi all’imposizione sul reddito. Il rimettente (…) muove dall’erroneo presupposto interpretativo che la norma censurata (…) rivestirebbe natura interpretativa e sarebbe dotata di efficacia retroattiva. (…) In realtà (…), l’impugnato articolo di legge ha carattere innovativo con riferimento al trattamento fiscale dei suddetti contributi ed è destinato ad esplicare i suoi effetti solo dalla sua entrata in vigore. Tale interpretazione in chiave di irretroattività appare conforme alla regola generale di irretroattività della legge tributaria stabilita dall’art. 3 della legge n. 212 del 2000 i cui principi, sebbene non costituiscano parametro idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale di leggi statali, forniscono comunque i criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie, anche laddove le stesse promanino dalle Regioni ad autonomia differenziata”. Corte di Cassazione, 22/01/2014, n. 1248 (conforme 3614/2016) “La proroga di due anni, ex art. 11, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, del termine, di cui all’art. 76, comma 1-bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, non è preclusa dalle previsioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente), atteso che queste ultime, pur costituendo criteri guida per il giudice nell’inter- 81 82 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI pretazione ed applicazione delle norme tributarie, anche anteriori, non hanno rango superiore alla legge ordinaria, sicché ne è ammessa la modifica o la deroga, purché espressa (come nella specie), e non ad opera di leggi speciali, non potendosi, conseguentemente, disporre la disapplicazione di una disciplina con esse in asserito contrasto. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 18/02/2008)”. Corte di Giustizia UE, 12/12/2013, C-362/12 “In una situazione in cui i contribuenti, in conformità al diritto nazionale, hanno la scelta tra due mezzi di ricorso possibili in materia di ripetizione di un’imposta percepita in violazione del diritto dell’Unione, uno dei quali beneficia di un termine di prescrizione più lungo, i principi di effettività, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento ostano a che una normativa nazionale riduca tale termine di prescrizione senza preavviso e in modo retroattivo. La circostanza che, nel momento in cui il contribuente ha presentato il suo ricorso, la possibilità di avvalersi del mezzo di ricorso che offre il termine di prescrizione più lungo sia stata riconosciuta soltanto recentemente da un organo giurisdizionale di grado inferiore e sia stata definitivamente confermata soltanto in un secondo momento dall’autorità giurisdizionale suprema non esplica alcuna incidenza sulla risposta fornita alla prima questione”. Corte di Cassazione, 15/11/2013, n. 25684 (conforme Cass. 20.11.2013, n. 26024) “In tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dall’art. 8, L. 23 dicembre 2000, n. 388, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2013 e poi definitivamente fissato al 28 febbraio – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 3, comma 2, L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente), per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa”. Corte di Cassazione, 24/07/2013, n. 17953 “In tema di efficacia nel tempo delle norme tributarie, le disposizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212 (lo Statuto del contribuente), non hanno efficacia retroattiva, in base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., ad eccezione di quelle costituenti attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., in quanto espressione di principi costituzionali vigenti. Ne consegue che anche l’art. 3 della medesima legge, che ha codificato il principio di irretroattività nella materia fiscale, non trova applicazione con riferimento alle leggi anteriormente vigenti.”. Art. 6 Conoscenza degli atti e semplificazione Corte di Cassazione, 22/02/2017, n. 4587 “L’Amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi dell’art. 77, D.P.R. n. 602 del 1973 (nella formulazione vigente ratione temporis), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine … per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere cha l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità della iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47, e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, fermo restando che, attesa la natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale di illegittimità”. Corte di Cassazione, 16/12/2016, n. 26044 “L’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente) non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”. La sanzione di nullità, espressamente comminata dal citato art. 6, comma 5, deve dunque ritenersi limitata alla sola ipotesi dì “rilevante incertezza” sui dati esposti nella dichiarazione considerata dalla norma dello statuto dei diritti del contribuente. Qualora, tuttavia, il contribuente compensi un credito che non risulti dalla dichiarazione annuale, non è ravvisabile alcuna incertezza”. Corte di Cassazione, 11/11/2016, n. 23037 (conformi Cass.18349/2016, 13115/2016, 23875/2015) “In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere ipoteca su beni immobili ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. n. 602 del 1973 (nella formulazione vigente ratione temporis), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI GIURISPRUDENZA iscrizione, concedendo al medesimo un termine – che può essere determinato (…) in trenta giorni – per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l’omessa attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell’iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea”. inoltre, che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto (per relationem), questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Pertanto, è illegittimo l’avviso di accertamento notificato al contribuente qualora questi abbia partecipato al P.V.C. redatto a suo carico, ma non a quello presupposto redatto a carico di soggetto terzo e nel quale il contribuente non aveva avuto alcuna parte, se all’avviso di accertamento non è allegato tale P.V.C. a carico del terzo”. Corte di Cassazione, 18/03/2016, n. 5394 “Dopo la liquidazione automatizzata la cartella di pagamento emessa senza comunicazione al contribuente dell’avviso di irregolarità è nulla, se sussiste una ipotesi di rilevante incertezza sui dati esposti in dichiarazione, dovendosi ritenere che il contraddittorio procedimentale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”. Corte di Cassazione, 14/12/2016, n. 25632 “La giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento. L’art. 7, comma 4, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) si limita ad attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo, in base ai normali criteri di riparto, l’impugnazione di atti amministrativi a contenuto generale o normativo, ovvero di atti di natura provvedimentale costituenti un presupposto dell’esercizio della potestà impositiva”. Corte di Cassazione SS.UU., 18/09/2014, n. 19667 “Anche nel regime antecedente l’entrata in vigore del comma 2-bis dell’art. 77, D.P.R. introdotto con D.L. n. 70 del 2011, l’Amministrazione prima di iscrivere ipoteca ai sensi dell’art. 77, D.P.R. n. 602 del 1973, deve comunicare al contribuente che procederà alla predetta iscrizione sui suoi beni immobili, concedendo a quest’ultimo un termine – che, per coerenza con alte analoghe previsioni normative presenti nel sistema, può essere fissato in trenta giorni – perché egli possa esercitare il proprio diritto di difesa, presentando opportune osservazioni, o provveda al pagamento del dovuto. L’iscrizione di ipoteca non preceduta dalla comunicazione al contribuente è nulla, in ragione della violazione dell’obbligo che incombe all’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, mediante la preventiva comunicazione al contribuente della prevista adozione di un atto o provvedimento che abbia la capacità di incidere negativamente, determinandone una lesione, sui diritti e sugli interessi del contribuente medesimo. Tuttavia dalla natura reale dell’ipoteca, l’iscrizione eseguita in violazione del predetto obbligo conserva la propria efficacia fino a quando il giudice non ne abbia ordinato la cancellazione, accertandone l’illegittimità”. Art. 7 Chiarezza e motivazione degli atti Corte di Cassazione, 12/01/2017, n. 562 “Lo Statuto del contribuente, nel disciplinare la chiarezza e motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria, stabilisce che questi devono essere motivati indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione. Stabilisce, Corte di Cassazione, 06/12/2016, n. 24933 “In materia tributaria, la cartella esattoriale, quando non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, e recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 della L. 27 luglio 2000, n. 212”. Corte di Cassazione, 29/11/2016, n. 24220 “In tema di riscossione tributaria, la necessità di specifica motivazione dell’avviso di liquidazione emesso non si traduce nel mero richiamo degli atti prodromici (nella specie, della sentenza divenuta definitiva), ma richiede anche la determinazione del tributo dovuto e l’indicazione degli elementi matematici posti alla base di tale quantificazione onde consentire al contribuente la verifica della correttezza del calcolo operato dall’Amministrazione finanziaria”. Corte di Cassazione, 28/10/2016, n. 21809 “In tema di motivazione “per relationem” degli atti di imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000, nel prevedere che debba allegarsi all’atto dell’A.F. ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione”. Corte di Cassazione, 14/10/2016, n. 20776 “La legittimità dell’avviso motivato per relationem postula la conoscenza o la conoscibilità dell’atto richiama- 83 84 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI to, fermo restando che il contribuente deve provare che essi siano necessari ad integrare la motivazione”. Corte di Cassazione, 14/01/2015, n. 407 “In tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. (Nella specie, l’avviso di accertamento era stato motivato con riferimento ad un processo verbale di constatazione, precedentemente consegnato in copia previa sottoscrizione)”. Corte di Cassazione, 20/09/2013, n. 21564 “L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestate efficacemente l’an e il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa”. Corte di Cassazione, 19/04/2013, n. 9582 “In tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai requisiti di validità – che, in generale, possono riferirsi anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in grado di conoscere – è compito del giudice tributario e non è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di Cassazione una revisione critica, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sufficiente, per un atto di accertamento concernente la vendita di un appezzamento di terreno, il riferimento, oltre che ai valori dichiarati nel triennio per terreni similari, altresì a quelli comunicati dall’Osservatorio prezzi dell’Agenzia del territorio, nonché al valore dichiarato dall’acquirente per l’atto di vendita dello stesso bene a meno di un mese dall’acquisto)”. Corte di Cassazione, 04/04/2013, n. 8293 “Anteriormente alle modifiche operate prima dall’art. 7, L. 27 luglio 2000, n. 212 e dall’art. 1, D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32 – con riferimento all’obbligo di allegazione dell’atto richiamato o di riproduzione del suo contenuto nell’atto notificato – il requisito motivazionale dell’avviso di accertamento, atto conclusivo di una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi amministrativi diversi – poteva essere assolto per relationem, cioè mediante il rinvio ad altri atti conosciuti o conoscibili da parte del contribuente, ed in particolare al verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, senza che ciò arrechi alcun pregiudizio al diritto del contribuente. In caso di impugnazione, il giudice di merito deve accertare, motivando adeguatamente sul punto, se detto verbale sia stato posto nella sfera di conoscenza del contribuente, tenendo presente che tale presupposto deve considerarsi in re ipsa quando il riferimento attiene a verbali di ispezione o verifica redatti alla presenza del contribuente, o a lui comunicati o notificati nei modi di legge”. Corte di Cassazione, 16/10/2012, n. 17755 “L’obbligo dell’allegazione degli atti richiamati in accertamento è ineludibile e non surrogabile dalla conoscibilità in astratto, in considerazione dell’esigenza di tutelare l’effettività del diritto di difesa (art. 7, Statuto del contribuente). La mancata allegazione, quindi, del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza rende nullo l’accertamento”. Art. 8 Tutela dell’integrità patrimoniale Corte di Cassazione, 13/05/2016, n. 9834 “Nell’ambito dell’attività accertativa tributaria resta fermo il principio per cui l’obbligo di conservazione di atti e documenti contabili non può eccedere il termine di 10 anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione, contenuto negli artt. 2220 c.c. e 8, comma 5, della legge n. 212/2000. Infatti, il disposto di cui al comma 2 dell’art. 22 del D.P.R. n. 600/1973 – per cui le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine decennale – trova applicazione solo quando l’accertamento abbia avuto inizio prima del decorso del decennio e si protragga oltre tale periodo. Se così non fosse, infatti, il contribuente sarebbe costretto a conservare la documentazione probatoria per un tempo indefinito, in violazione della normativa citata nonché del diritto di difesa”. Corte di Cassazione, 05/08/2015, n. 16409 “L’art. 8 della legge n. 212 del 2000, concernente il diritto al rimborso del costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, ha natura immediatamente precettiva, imponendo all’A.F. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI GIURISPRUDENZA l’obbligo di provvedere quando sia definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura inferiore rispetto a quella accertata. Trattasi di una disciplina sufficientemente compiuta, essendo stabiliti i presupposti dell’insorgenza del diritto al rimborso, il suo oggetto, il soggetto tenuto a provvedere ed il soggetto avente diritto, e dunque tale da attribuire al contribuente un diritto soggettivo perfetto, posto a tutela della sua integrità patrimoniale”. legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Napoli, 26/02/2010)”. Corte di Cassazione, 20/05/2015, n. 10264 “Anche nell’ambito delle violazioni tributarie trova applicazione il principio “genus numquam perit” che sta alla base del carattere oggettivamente ingiustificato sempre assegnato al mancato pagamento di cose fungibili ed in particolare di somme di denaro. In applicazione di siffatto principio il debitore non può addurre come causa giustificatrice del suo inadempimento o della violazione di un altro comportamento doveroso, il semplice fatto di non avere denaro, dovendo dimostrare l’esistenza di circostanze eccezionali, impreviste ed insuperabili con l’ordinaria diligenza, che gli abbiano impedito di accantonare le somme necessarie per fronteggiare alle sue obbligazioni, o comunque di procurarseli sul mercato, ricorrendo ad apposite forme di finanziamento. In tale ultima evenienza, ai sensi del comma 4° dell’art. 8 dello Statuto del contribuente è previsto che l’Amministrazione finanziaria rimborsi al contribuente il costo delle fideiussioni che lo stesso abbia dovuto contrarre per pagare i tributi ed ottenerne la rateizzazione, quando si dimostri che l’imposta non era dovuta”. Corte di Cassazione, 10/02/2010, n. 2957 “In materia tributaria la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso, ed ogni deduzione è regolata da specifiche, inderogabili norme di legge. Né tale principio può ritenersi superato per effetto dell’art. 8, comma 1, della legge n. 212/2000, il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti; ovvero per effetto dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, il quale, nell’ammettere la compensazione in sede di versamenti unitari delle imposte, ne ha limitato l’applicazione alla ipotesi di crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti e risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data della sua entrata in vigore”. Art. 9 Rimessione dei termini Corte di Cassazione, 28/08/2013, n. 19751 “L’art. 8 della L. n. 212 del 2000 impone all’Amministrazione finanziaria di rimborsare il costo delle fideiussioni sostenuto dal contribuente qualora, con sentenza definitiva, sia stata accertata la non debenza dell’imposta, e il tenore della norma non lascia alcun margine di discrezionalità in capo all’ente impositore (non a caso, “l’obbligo di rimborso insorge al momento del definitivo accertamento della insussistenza del tributo per il quale la garanzia è stata prestata”). Sostenere che il regolamento attuativo cui fa riferimento l’art. 8 della L. n. 212/2000 non è ancora stato approvato, da qui l’inapplicabilità della disposizione, è errato, siccome si verte in un’ipotesi di norma precettiva e non programmatica”. Corte di Cassazione, 09/07/2013, n. 17001 “In materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della Corte di Cassazione, 18/12/2014, n. 26687 “Se l’Amministrazione finanziaria, a causa di problemi di natura tecnica attinenti alle reti telematiche, disponga il differimento di un termine cui è collegato il compimento di adempimenti fiscali, il contribuente può ritenere quale mezzo idoneo ad assicurare la predetta proroga anche il comunicato divulgato dall’Agenzia fiscale tramite il proprio Ufficio Stampa”. Corte di Cassazione, 20/01/2014, n. 1074 “In tema di agevolazioni tributarie, la sospensione dei termini di adempimento degli obblighi tributari, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, e 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, si applica anche alle rate di condono non pagate ed iscritte a ruolo, in quanto tale norma, alla stregua di una interpretazione letterale, logica e costituzionalmente orientata, non consente, tenuto conto della sua “ratio”, che è quella di favorire i contribuenti “interessati da eventi eccezionali o imprevedibili”, e della tipologia di agevolazioni da essa previste, di limitarne la portata gene- 85 86 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI rale, introducendo eccezioni non contemplate. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Catania, 23/07/2010”). Art. 10 Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente Corte di Cassazione, 15/12/2016, n. 25853 “L’incertezza normativa giuridicamente rilevante è quella, di carattere obiettivo, concernente le norme tributarie, la cui violazione da parte del contribuente determina l’emissione dell’avviso di accertamento e l’irrogazione delle sanzioni. Tale incertezza sussiste quando il complesso normativo di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso, a causa della relativa equivocità. Pertanto, poiché la questione relativa alla rilevanza impositiva Irap del reddito professionale è stata oggetto di articolato e complesso dibattito, sia in dottrina come pure in giurisprudenza, solo di recente concluso a seguito delle pronunce delle Sezioni Unite del 2016, per gli anni d’imposta precedenti è applicabile l’esimente sanzionatoria per la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza”. Corte di Cassazione, 14/07/2016, n. 14402 “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità”. Corte di Cassazione, 10/02/2016, n. 2605 “In tema di sanzioni tributarie, il ritardo nella fatturazione integra una violazione sostanziale e non formale dell’art. 21, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, in quanto arreca pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, ed è, pertanto, punibile anche quando non determina omesso versamento dell’Iva, sicché va esclusa l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 10 dello Statuto del contribuente”. Corte di Cassazione, 02/12/2015, n. 24589 “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, n. 6, comma 2 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giudici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione”. Corte di Cassazione, 17/09/2015, n. 18297 “Le disposizioni di cui all’art. 10, commi 1 e 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel tutelare l’affidamento del contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, limita gli effetti di tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi, senza incidere in alcun modo sull’obbligazione tributaria”. Corte di Cassazione, 22/04/2015, n. 18197 “Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte cui intende darsi continuità, il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art. 10, comma 1, della L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., espressamente richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa. La previsione dell’art. 10 dello Statuto è dunque espressione di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche prima della legge, sicché essa risulta applicabile ai rapporti fra contribuente ed ente impositore diverso dall’Amministrazione finanziaria dello Stato, nonché ad elementi dell’imposizione diversi da sanzioni e interessi, giacché i casi di tutela espressamente enunciati dal comma 2 del detto art. 10 riguardano situazioni meramente esemplificative, legate a ipotesi maggiormente frequenti, ma non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti. È stato pertanto affermato che l’applicabilità della sanzione amministrativa presuppone che l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) del contribuente sia almeno colposo e cioè, caratterizzato da una sua negligenza o imperizia o inosservanza di obblighi tributari (Cass. 2153/2006 e Cass. 9308/2013, nonché Cass. 17626/14)”. Corte di Cassazione, 01/10/2014, n. 20710 “In nome della tutela della buona fede, l’adeguamento del contribuente alle istruzioni poi riviste dell’Ammi- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI nistrazione finanziaria non elide anche il corrispondente obbligo tributario, giacché l’inosservanza dell’obbligo per fatto dell’Amministrazione può riflettersi solo sulle conseguenze di quell’inosservanza ovvero sulle sanzioni e sugli interessi moratori ordinariamente applicabili in quel caso, ma non fa perciò venire meno il dovere del contribuente di adempiere comunque l’obbligazione tributaria, che resta vincolante e perciò pienamente cogente”. Corte di Cassazione, 17/04/2013, n. 9308 “Il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art. 10, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., espressamente richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa ed amministrativa”. Art. 10-bis Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale Corte di Cassazione, Sez. Pen., 29/08/2016, n. 35575 “a) L’abuso del diritto – che è concetto del tutto equivalente a quello di elusione fiscale – è configurabile qualora vi siano l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate e la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito che rappresenti l’effetto essenziale dell’operazione (L. n. 212/2000, art. 10-bis, commi 1 e 2); b) le operazioni abusive non danno luogo a reati puniti ai sensi delle disposizioni tributarie (comma 13); c) l’abuso del diritto non è configurabile in presenza di una diretta violazione di norme, con la conseguenza che, in tal caso, i fatti posti in essere non perdono la loro eventuale rilevanza penale (comma 12); d) l’introduzione della disciplina dell’abuso del diritto ha, per i fatti che risultino riconducibili a tale categoria, gli effetti di una aboliti criminis, con la conseguenza che la stessa opera retroattivamente senza condizioni (comma 13); e) la disciplina sostanziale dell’abuso del diritto è applicabile anche ai diritti doganali (D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 1, comma 4)”. Corte di Cassazione, 09/08/2016, n. 16675 “Il carattere abusivo, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, nel fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale (…), presuppone quanto meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico GIURISPRUDENZA perseguito (…) e si deve indagare se vi sia reale fungibilità con le soluzioni eventualmente prospettate dal Fisco. Del tutto in linea con questa impostazione risultano tanto la Raccomandazione 2012/772/UE (…), quanto (…) la L. n. 212 del 2000, nuovo art. 10-bis, che (…) rappresenta indubbiamente un termine interpretativo di riferimento, sia pure in chiave evolutiva”. Corte di Cassazione O.N., 11/05/2016, n. 9582 “L’art. 20 D.P.R. 131 cit. non è disposizione che dal Legislatore sia stata predisposta al recupero di imposte “eluse”, questo perché l’istituto dell’“abuso del diritto” d’imposte in attualità disciplinato dall’art. 10-bis L. 27 luglio 2000 n. 212 presuppone una mancanza di “causa economica” che non è invece prevista per l’applicazione dell’art. 20 D.P.R. n. 131 cit.. Norma che, invece, impone (…) di qualificare l’atto o il “collegamento” negoziale (…) in ragione degli effetti “oggettivamente” raggiunti dal negozio o dal “collegamento” negoziale. (…) Ed è utile ulteriormente precisare che la fattispecie regolata dall’art. 20 D.P.R. n. 131 cit. nemmeno ha a che fare con l’istituto della simulazione. (…) Ciò che importa non è cosa le parti hanno scritto (mediante i contratti conclusi), ma cosa esse hanno effettivamente realizzato col complessivo regolamento negoziale adottato, anche indipendentemente dal contenuto delle dichiarazioni rese”. Corte di Cassazione, Sez. Pen., 29/01/2016, n. 3876 “La riforma con la quale viene esclusa la punibilità penale della elusione fiscale (D.Lgs. 128 del 2015) è retroattiva e si applica agli illeciti commessi prima di ottobre dello scorso anno”. Corte di Cassazione, Sez. Pen. O.N., 07/10/2015, n. 40272 “Il divieto di “abuso del diritto” è pacificamente operante per tutti i tipi di imposte, essendo contenuto non più nel D.P.R. n. 600/73, bensì nella L. n. 212/2000 (…). Questa nuova collocazione muove dalla esigenza di introdurre un istituto che (…) unifichi i concetti di elusione e di abuso e conferisca a questo regime valenza generale con riguardo a tutti i tributi (…). La previsione individua, quindi, i tre presupposti per la esistenza dell’abuso: 1) l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate; 2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito; 3) la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione. (…) Deve sussistere la violazione della ratio delle norme o dei principi generali dell’ordinamento e (…) la ricerca della ratio e la dimostrazione della violazione di essa deve co- 87 88 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI stituire il presupposto oggettivo imprescindibile per distinguere il perseguimento del legittimo risparmio d’imposta dalla elusione (…). Il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta esercitando la propria libertà di iniziativa economica e scegliendo tra gli atti, i fatti e i contratti quelli meno onerosi sotto il profilo impositivo. (…) L’unico limite alla suddetta libertà è costituito dal divieto di perseguire un vantaggio fiscale indebito. Di qui la già sottolineata delicatezza dell’individuazione delle rationes delle norme tributarie ai fini della configurazione dell’abuso. (…) La disciplina dell’abuso del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, in particolare, l’evasione e la frode: queste fattispecie vanno perseguite con gli strumenti che l’ordinamento già offre. (…) Tale definizione, per un verso, postula l’assenza, nel comportamento elusivo del contribuente, di tratti riconducibili ai paradigmi, penalmente rilevanti, della simulazione, della falsità o, più in generale, della fraudolenza; per altro verso, imprime alla disciplina dell’abuso caratteri di residualità rispetto agli altri strumenti di reazione previsti dall’ordinamento tributario. (…) Il nuovo art. 10-bis (…) esclude espressamente che le operazioni che siano prive di sostanza economica e realizzino vantaggi fiscali indebiti possano dar luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie (…) ed è applicabile anche alle operazioni asseritamente abusive poste in essere prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 128 del 2015. (…) La disposizione (…) è destinata ad esplicare effetto (anche per le operazioni poste in essere prima del 1.10.2015) (…) per il principio di retroattività della legge penale più favorevole sancito dall’art. 2 del c.p.. (…) [È da ritenere che il co. 5 sia] volto a regolamentare esclusivamente la efficacia della nuova disciplina tributaria dell’abuso del diritto e non anche di quella penale. (…) La previsione d’inapplicabilità della statuizione d’irrilevanza penale delle operazioni abusive anche alle operazioni abusive poste in essere prima della data del 1.10.2015 per le quali sia stato già emanato il relativo atto impositivo risulterebbe in contrasto anche con l’art. 7 della CEDU (…) che sancisce non solo “il principio della irretroattività delle leggi penali più severe, ma anche, e implicitamente, il principio della retroattività della legge penale meno severa””. Art. 37-bis, D.P.R. 600/1973 Disposizioni antielusive Corte Costituzionale, 07/07/2015, n. 132 “È infondata, con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37-bis, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973, dettato nell’am- bito delle procedure antielusive, nella parte in cui sanziona espressamente con la nullità l’avviso di accertamento che non sia stato preceduto dalla richiesta al contribuente di “chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta”, perché dall’origine comunitaria del principio generale del divieto di abuso del diritto in materia tributaria non deriva, di per sé, la incompatibilità con lo stesso diritto dell’Unione europea di una norma nazionale che preveda misure a garanzia del contraddittorio preventivo con il contribuente. La disciplina dello stesso art. 37-bis non è ingiustificatamente derogatoria, anzi esprime ragionevolezza la sanzione di nullità, in caso di violazione del termine stabilito per garantire la effettività di tale partecipazione, considerate le peculiarità dell’accertamento delle fattispecie elusive e il ruolo decisivo che in esso possono svolgere gli elementi forniti dal contribuente, in particolare in vista della valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere della esistenza di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate”. Corte di Cassazione, 14/01/2015, n. 406 “Il principio del contraddittorio anticipato, disciplinato dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente), costituisce norma imperativa immanente nell’ordinamento comunitario e nazionale, con conseguente invalidità (nullità) dell’atto impositivo adottato ante tempus. Al fine di garantire la effettività del diritto di difesa, invero, l’Autorità pubblica prima di emanare un atto produttivo di effetti pregiudizievoli nei confronti del destinatario, deve mettere quest’ultimo nella condizione di contraddire preventivamente e di esporre le eventuali ragioni di dissenso in ordine all’emanando provvedimento. L’esposto principio deve ritenersi operante anche in ipotesi di violazione della disposizione di cui all’art. 37-bis, comma 4, D.P.R. n. 600 del 1973. Né il principio generale del diritto comunitario secondo cui il soggetto destinatario di un atto della Pubblica Autorità suscettivo di produrre effetti pregiudizievoli nella sua sfera giuridica, deve essere messo in condizione di contraddire prima di subire tali effetti, può tollerare discriminazioni in relazione alla natura armonizzata o meno del tributo. Ne consegue che anche nel caso in cui l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, indipendentemente dalla riconducibilità o meno delle stesse alle ipotesi contemplate dall’art. 37-bis citato, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio di sessanta giorni prima di emettere l’atto accertativo, che dovrà essere specificamente motivato anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal contribuente. In mancanza, l’atto impositivo emesso in difformità da tale modello procedimentale, risulterà inficiato dal vizio di nullità”. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 05/12/2014, n. 25759 “In materia tributaria, il principio generale di diritto comunitario del contraddittorio anticipato, di cui sono espressione sia l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, sia l’art. 37-bis, quarto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, trova applicazione anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti fattispecie elusive non riconducibili alle ipotesi tipiche contemplate dal citato art. 37-bis, con conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento emesso, in assenza di particolari ragioni di urgenza, prima del termine dilatorio di sessanta giorni, decorrente dal rilascio al contribuente – nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, una ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività – della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, che deve sempre essere redatto, non essendo giustificata la sua omissione neppure dall’assenza fisica del soggetto verificato o dalla chiusura della sede legale”. Art. 11 Interpello del contribuente Corte di Cassazione, 17/07/2014, n. 16331 “Il contribuente è tenuto a proporre interpello ex art. 11, della legge 27 luglio 2000, n. 212, prima di porre in essere, nell’esercizio della propria attività economica, la condotta oggetto della richiesta di informazioni all’Amministrazione finanziaria, atteso che, diversamente, non si giustificherebbe l’efficacia vincolante, per entrambe le parti del rapporto tributario, dell’interpretazione fornita dall’Amministrazione medesima delle norme applicabili alla specifica fattispecie concreta”. Corte di Cassazione, 29/09/2010, n. 20421 “L’istanza di interpello ex art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212, è validamente inoltrata da un soggetto che, pur se delegato a rappresentare la società interessata alla risposta dell’Amministrazione, non abbia fatto menzione di tale delega o procura, quando dagli atti di causa emerga, comunque, l’esistenza di un collegamento tra il richiedente e la società. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto validamente proposta l’istanza, ex art. 11 legge n. 212 del 2000, da un dottore commercialista nell’interesse di una società, in quanto nel quesito erano indicate varie attività dallo stesso commercialista effettuate nell’interesse della società medesima, per farle conseguire un rimborso dell’Iva)”. Corte Costituzionale, 14/06/2007, n. 191 “La risposta all’interpello di cui all’art. 11 della L. n. 212/2000 deve considerarsi un mero parere, che non integra alcun esercizio di potestà impositiva nei confronti del GIURISPRUDENZA richiedente. Essa, infatti, configura lo strumento attraverso cui si esplica in via generale l’attività consultiva delle Agenzie fiscali in ordine all’interpretazione delle norme tributarie. Pertanto, il parere emesso, in occasione di una risposta ad interpello, dall’Amministrazione finanziaria: - è vincolante per l’Amministrazione che l’ha reso; - non è vincolante per il contribuente. Per questi motivi, il parere reso in sede di risposta ad interpello non è in grado di violare le attribuzioni costituzionali delle Regioni ed è, quindi, inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Sicilia avverso lo Stato, in relazione ad una risposta ad interpello resa da un ufficio dell’Agenzia delle Entrate della Regione Sicilia in ordine al trattamento fiscale applicabile a determinati contributi erogati al fine di favorire l’occupazione, in forza di apposita legge regionale”. Art. 12 Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (In generale) Corte di Cassazione, 18/09/2015, n. 18370 “Gli obblighi informativi previsti a tutela del contribuente dall’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, non sono previsti a pena di nullità valendo, anche in materia tributaria, la regola generale della tassatività delle nullità medesime”. “Il ritardo nella comunicazione al contribuente dell’estensione delle indagini bancarie per ulteriori periodi d’imposta rispetto a quelli originari non comporta alcuna nullità dell’avviso di accertamento, non essendo questa prevista dalla legge, né con previsione specifica, né, in generale, dallo Statuto dei diritti del contribuente. La comunicazione dell’autorizzazione effettivamente rilasciata alle indagini bancarie per ulteriori periodi d’imposta rispetto a quelli originari non risponde infatti ad esigenze essenziali alla funzione assegnata alla verifica e non vale a tutelare apprezzabili ragioni di difesa del contribuente”. Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14290 “L’attività accertativa della Guardia di Finanza e degli Uffici finanziari, avendo natura di attività amministrativa, pur dovendo svolgersi nel rispetto di ben determinate cautele previste per evitare arbitri e violazioni dei diritti fondamentali del contribuente, non è retta, in linea di massima e salvo specifici casi, dal principio del contraddittorio, per cui va escluso che le risultanze emerse dall’attività di verifica non possano costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva per il solo fatto della mancata immediata loro contestazione al contribuente in sede di verifica”. 89 90 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 23/09/2011, n. 19524 “In tema di accertamento tributario, a norma dell’art. 12, commi 2 e 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, quando viene iniziata una verifica fiscale, il contribuente ha diritto di essere informato “della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria” e può chiedere che l’esame dei documenti amministrativi e contabili sia effettuato “presso il professionista che lo assiste o rappresenta”; pertanto, l’informazione fornita – come nella specie – dai verificatori al contribuente relativamente alla possibilità di farsi “rappresentare” (e non, invece, “assistere”) da un professionista, pur se connotata da imprecisione lessicale, costituisce, tanto più in quanto giustificata dalle espressioni impiegate dal Legislatore, l’inequivoca prospettazione della facoltà di avvalersi nelle operazioni di un soggetto dotato di competenze tecniche, dovendosi escludere che le successive attività di verifica siano da ritenersi, per ciò solo, illegittime”. Art. 12, co. 5, Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali Corte di Cassazione, 26/01/2016, n. 1334 “Il termine previsto dall’art. 12, comma 5, della legge n. 212 del 2000 in relazione alla durata massima delle verifiche fiscali, ha natura ordinatoria e giammai perentoria. Di talché la relativa violazione non determina la nullità del provvedimento di accertamento che dalla verifica dipende, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione”. Corte di Cassazione, 20/01/2016, n. 966 “In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o la inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal Legislatore. Ciò in quanto, dal raffronto tra la disposizione che fissa la durata massima delle verifiche e quella che vieta l’emissione dell’atto impositivo prima del decorso di 60 giorni dal rilascio del P.V.C. – la cui violazione comporta l’invalidità dell’accertamento, essendo il termine ivi previsto posto a garanzia del contraddittorio procedimentale – non può istituirsi una diretta corrispondenza fra le fattispecie contemplate dalle dette disposizioni, in ragione della diversa rilevanza degli interessi sostanziali considerati (interesse negativo del contribuente alla presenza di soggetti estranei nei locali in cui si svolge l’attività economica nel primo caso; corretta formazione del rapporto tributario nel secondo). Con ciò si giustifica razionalmente la scelta del Legislatore di non ricollegare alla violazione del termine di permanenza nei locali la sanzione d’invalidità dell’atto impositivo, non incidendo la violazione della durata della verifica su diritti costituzionalmente tutelati riferibili al contribuente”. Corte di Cassazione, 17/04/2015, n. 7870 “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la violazione del termine di permanenza di cui all’art. 12, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212 non determina la inutilizzabilità delle prove raccolte o la nullità degli atti di accertamento compiuti mancando, in tal senso, una specifica norma sanzionatoria”. Corte di Cassazione, 15/04/2015, n. 7584 “In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall’art. 12, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal Legislatore, la cui scelta risulta razionalmente dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati”. Corte di Cassazione, 21/05/2014, n. 11183 “L’art. 12 dello Statuto del contribuente, nella parte in cui dispone in materia di durata degli accessi, ispezioni e verifiche presso il luogo nel quale il contribuente esercita la propria attività, si riferisce ai soli giorni di effettiva attività lavorativa svolta presso tale sede, escludendo, quindi, dal computo quelli impiegati per verifiche ed attività eseguite in altri luoghi”. Corte di Cassazione, 29/11/2013, n. 26732 “In tema di verifiche fiscali, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione”. Corte di Cassazione O.D., 05/10/2012, n. 17002 “In tema di verifiche tributarie, il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazio- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI ne finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla “ratio” delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione”. Art. 12, co. 7, Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali Principio del contraddittorio Corte di Cassazione, 05/12/2016, n. 24831 “In tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatti obbligo risulti specificamente sancito”. Corte di Cassazione, 29/11/2016, n. 24199 “Vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale; mentre per i tributi “armonizzati”, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione tuttavia comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa”. Corte di Cassazione, 14/10/2016, n. 20849 “Le Sezioni Unite hanno dato atto della sostanziale univocità dell’orientamento di questa Corte diretto a circoscrivere l’ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 – in linea con lo stesso dato nominativo testuale – ai soli accertamenti conseguenti ad “accessi”, “ispezioni” e “verifiche” fiscali nei locali del contribuente. (…) Peraltro, il tema del contraddittorio endoprocedimentale segue diverse logiche a seconda che si tratti o meno di tributi cd. armonizzati, ossia soggetti al diritto dell’Unione europea. (…) Poiché nel caso di specie costituisce oggetto dell’accertamento anche l’Iva, è necessario che in sede di rinvio il giudice di merito verifichi in concreto se, con riguardo a detto tributo, la lamentata violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale sia effettiva e se, in GIURISPRUDENZA concreto, il suo rispetto avrebbe consentito al contribuente di far valere ragioni difensive da ritenersi, ex ante, non meramente pretestuose”. Corte di Cassazione, 19/09/2016, n. 18350 “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbero potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”. Corte di Corte di Cassazione, 30/08/2016, n. 17426 “A differenza del diritto dell’U.E., il diritto nazionale non pone in capo all’A.F. che si appresti ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di una specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne discende che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo della P.A. di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in merito alle ipotesi per le quali detto obbligo risulti specificamente sancito. Le garanzie previste dall’art. 12, comma 7 della legge n. 212 del 2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad ispezioni e verifiche fiscali, effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente” (non in ipotesi di controllo fiscale a seguito di acquisizione documentale ex art. 32, D.P.R. 600/1973: nel caso specifico, di indagini finanziarie). Cassazione, 19/05/2016, n. 10394 “Le ipotesi del controllo eseguito presso la sede del contribuente e del controllo cd. a tavolino non possono essere assimilate giacché (…) “la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti fra Fisco e contribuente non giunge fino al punto da imporre termini dilatori all’azione di accertamento che derivi da controlli fatti dall’Amministrazione nella propria sede, in base ai dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente””. Corte di Cassazione, 12/04/2016, n. 7137 (conforme Cass. 6966/2016) “Il contribuente ha l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. (…) 91 92 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Il dato testuale della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contraddittorio procedimentale alle sole “verifiche in loco”, è da ritenersi “non irragionevole”, in quanto giustificato dalla peculiarità stessa di tali verifiche, “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali””. Corte di Cassazione, 17/03/2016, n. 5362 “Le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, L. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o meno comportato constatazione di violazioni. (…) Quanto all’accertamento a fini Iva (…), va verificato se il contribuente ha assolto l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato”. Corte di Cassazione, 30/12/2015, n. 26117 “Con riferimento ai tributi “non armonizzati” (…) le garanzie fissate dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente. Per quanto riguarda i tributi “armonizzati” il contribuente deve indicare specificatamente le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato”. Corte di Cassazione, SS.UU. 09/12/2015, n. 24823 “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, la invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Corte di Cassazione, 18/09/2015, n. 18370 “In forza del criterio della “strumentalità della forma”, particolarmente utilizzato dalla giurisprudenza eurocomunitaria, l’inadempimento di una prescrizione formale può comportare invalidità solo nel caso in cui l’esito del procedimento sarebbe stato diverso ove tale prescrizione fosse stata rispettata”. Corte di Cassazione, Ord. 14/01/2015, n. 527 “Il Collegio ritiene … A) che permangono significative incertezze intorno ai limiti di applicazione del principio secondo cui, nella materia tributaria, ogni volta che debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente, l’Amministrazione sarebbe tenute a pena di invalidità dell’atto, ad attivare il contraddittorio endoprocedimentale, indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto espressamente da una norma positiva; B) la eventuale riaffermazione della esistenza di un obbligo generale di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale postula la precisazione delle concrete modalità di esplicazione del contraddittorio e degli effetti della eventuale inosservanza di tali modalità …. La esistenza di una molteplicità di norme che prevedono il contraddittorio procedimentale in materia tributaria non pare costituire argomento sufficiente per affermare la esistenza di tale obbligo anche in quei procedimenti in relazione ai quali manchi una norma che lo sancisca … Peraltro, un argomento contrario”alla esistenza di detto principio generale “è rinvenibile nel rilievo che la L. 11.3.2014, n. 23, … inserisce tra i principi e i criteri direttivi della delega la previsione di forme di contraddittorio propedeutiche alla adozione degli atti di accertamento dei tributi … nonché il rafforzamento del contraddittorio nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione all’esaurimento del contraddittorio procedimentale … così dimostrando, a contrariis, che, allo stato attuale, non sussiste nell’ordinamento L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI un principio generale di tutela necessaria generale del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria. Il diritto del contraddittorio costituisce principio generale dell’ordinamento europeo … tuttavia … il diritto dell’Unione Europea non è direttamente applicabile in materia di procedimenti relativi a tributi non armonizzati … Tanto premesso, ritiene il Collegio che la opzione ermeneutica più lineare per garantire il contraddittorio procedimentale … nei procedimenti di verifica c.d. “a tavolino” sia quella di applicare anche a tali verifiche il disposto dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000. Non si tratterebbe di una interpretazione estensiva dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000 … ma di una interpretazione analogica tendente a colmare la lacuna di regolazione del contraddittorio endoprocedimentale nelle verifiche “a tavolino”, utilizzando la norma dettata per il diverso (ma analogo) caso delle verifiche in loco. … In conclusione, si ritiene necessario rimettere gli atti al Primo presidente della Corte per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374 c.p.c.”. Corte di Cassazione, 29/07/2014, n. 16036 “A prescindere da talune circoscritte linee interpretative isolatamente espansive di garanzie endoprocedimentali in peculiari fattispecie limitative della sfera giuridica del contribuente (…), ogni enfatizzazione dell’orientamento espresso dalla Corte di giustizia sul caso Sopropè, non può che fare i conti con le precisazioni contenute nelle successive decisioni sul caso Sabou e soprattutto sul caso Kamino. Quest’ultima recentissima pronunzia (…) chiarisce che “il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso””. Corte di Giustizia, 03/07/2014, C-129/13, C-130/13 “1) Il principio del rispetto dei diritti della difesa da parte dell’Amministrazione e il diritto che ne deriva, per ogni persona, di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (…), possono essere fatti valere direttamente, dai singoli, dinanzi ai giudici nazionali. 2) Il principio del rispetto dei diritti della difesa e, segnatamente, il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento individuale lesivo, devono essere interpretati nel senso che, quando il destinatario di una intimazione di pagamento adottata a titolo di GIURISPRUDENZA un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione (…) non è stato sentito dall’Amministrazione prima dell’adozione di tale decisione, i suoi diritti della difesa sono violati quand’anche abbia la possibilità di far valere la sua posizione nel corso di una fase di reclamo amministrativo ulteriore, se la normativa nazionale non consente ai destinatari di siffatte intimazioni, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della loro esecuzione fino alla loro eventuale riforma. (…) 3) Le condizioni in cui deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa e le conseguenze della violazione di tali diritti rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”. Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14290 “L’attività accertativa della Guardia di Finanza e degli Uffici finanziari, essendo soltanto di carattere amministrativo, pur dovendo svolgersi nel rispetto di ben determinate cautele previste per evitare arbitri e violazioni dei diritti fondamentali del contribuente, non è retta dal principio del contraddittorio”. Corte di Giustizia, 22/10/2013, C-276/12 “Il diritto dell’Unione, quale risulta in particolare dalla direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e delle imposte sui premi assicurativi (…) e dal diritto fondamentale al contraddittorio, deve essere interpretato nel senso che esso non conferisce al contribuente di uno Stato membro il diritto di essere informato della richiesta di assistenza inoltrata da tale Stato a un altro Stato membro al fine di verificare i dati forniti dallo stesso contribuente nell’ambito della sua dichiarazione dei redditi, né il diritto di partecipare alla formulazione della domanda indirizzata allo Stato membro richiesto né il diritto di partecipare alle audizioni di testimoni organizzate da quest’ultimo Stato”. 93 94 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 11/05/2012, n. 7318 “La Corte di Cassazione ha rimesso all’attenzione del Primo Presidente, stante la presenza di orientamento contrastanti sul punto, la questione circa gli effetti dell’inosservanza, ad opera della parte pubblica, del disposto di cui all’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, per l’eventuale trasmissione della causa alle Sezioni Unite. Tale norma afferma che l’avviso di accertamento, eccezion fatta per i casi di particolare e motivata urgenza, non può essere emanato prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del P. V.C., per consentire al contribuente di produrre memorie che, se del caso, possono evitare l’emanazione dell’atto. In seno alla Corte di Cassazione si sono formati diversi orientamenti: - un primo, che ritiene non possibile la nullità dell’accertamento per mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, in quanto la tutela del contribuente è garantita sia mediante l’autotutela ordinaria sia all’interno della fase contenziosa (Cass. n. 19875/2008 e n. 3988/2011); - un secondo, secondo cui la nullità può essere dichiarata in quanto la violazione della norma impedisce al contribuente di interagire con la parte pubblica, e di evitare l’emanazione dell’atto di accertamento (Cass. n. 6088/2011); - un terzo, secondo cui la nullità, sulla scia di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 244/2009, può essere dichiarata solo se l’Ufficio, nella parte motivata dell’accertamento, non abbia specificato le ragioni di “particolare e motivata” urgenza che hanno dato origine all’emanazione dell’accertamento in via anticipata (Cass. n. 22320/2010 e n. 10381/2011)”. Per quanto riguarda la riscossione di un debito doganale al fine di procedere al recupero a posteriori di dazi doganali all’importazione, un termine da otto a quindici giorni concesso all’importatore sospettato di aver commesso un’infrazione doganale affinché questi presenti le proprie osservazioni è, in linea di principio, conforme alle prescrizioni del diritto comunitario. Spetta al giudice nazionale adìto stabilire se, alla luce delle circostanze particolari della causa, il termine concretamente concesso a detto importatore gli abbia consentito di essere utilmente ascoltato dalle Autorità doganali. Il giudice nazionale deve, inoltre, verificare se, in considerazione del periodo intercorso tra il momento in cui l’Amministrazione interessata ha ricevuto le osservazioni dell’importatore e la data in cui ha adottato la sua decisione, sia possibile o meno ritenere che essa abbia tenuto adeguatamente conto delle osservazioni che le sono state trasmesse”. Corte di Giustizia UE, 18/12/2008, C-349/07 “La regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro. In tale contesto, il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista, che l’Amministrazione esamini, con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell’impresa coinvolta. Nullità dell’avviso di accertamento “anticipato” Corte di Cassazione, 28/07/2006, n. 17229 “In tema di accertamenti tributari, gli studi di settore, di cui all’art. 62-bis del D.L. n. 331 del 1993, convertito nella legge n. 427 del 1993, costituiscono atti amministrativi generali di organizzazione che non sono sufficienti a realizzare l’accertamento di un rapporto giuridico tributario. Infatti, perché si pervenga a tale risultato occorre il completamento dell’attività istruttoria amministrativa, nel rispetto del principio generale del giusto procedimento, consentendo al contribuente, che voglia vincere la presunzione posta dagli studi di settore, ai sensi, dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 212 del 2000, di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di adire il giudice tributario”. Corte di Cassazione, 27/05/2016, n. 10988 “La inosservanza dell’obbligo di notificare apposito avviso al contribuente e di concedergli il previsto termine dilatorio al fine di fornire le prove richieste (obbligo che non ammette equipollenti) determina (…) un vizio di legittimità dell’atto impositivo emesso in assenza dell’avviso o prima della scadenza del termine dilatorio: si tratta (…) di garantire il pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, con la conseguenza che la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale”. Corte di Cassazione, 13/05/2016, n. 9865 “Il riconoscimento che non c’è violazione (dell’art. 12, co. 7, L. 212/2000) (…) allorquando il contribuente ab- L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI bia potuto approntare ampia ed articolata impugnativa dell’atto, vìola il principio di diritto affermato da questa Corte” con la decisione 18184/2013. Corte di Cassazione, 29/04/2016, n. 8542 “L’art. 12, co. 7, della L. 212/2000, deve essere interpretato nel senso che la inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per la emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, una ispezione o una verifica, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus”. Corte di Cassazione, 16/03/2016, n. 5137 “In tema di avviso di accertamento costituisce ius receptum che il comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, laddove impone che “l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza”, deve interpretarsi nel senso che la inosservanza di detto termine dilatorio di sessanta giorni, per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus. Trattasi, infatti, di termine posto a garanzia del contraddittorio procedimentale, quale primaria espressione dei princìpi di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente, diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”. Corte di Cassazione SS.UU., 09/12/2015, n. 24823 “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, la invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio GIURISPRUDENZA fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Corte di Cassazione, 18/11/2015, n. 23547 “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, deve ritenersi che la inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di recupero di credito d’imposta – cui va estesa la disciplina procedimentale fissata da tale disposizione con specifico riferimento all’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, a nulla rilevando che il P.V.C. sia noto al contribuente in quanto notificato prima dell’avviso impugnato, laddove tale termine risulta posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi di buona fede e collaborazione tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva”. Corte di Cassazione, 11/11/2015, n. 23050 “Il mancato rispetto del termine è causa di nullità dell’avviso di accertamento indipendentemente dalla prova di un effettivo pregiudizio, dovendosi questo ritenere in re ipsa una volta accertato il mancato rispetto del termine procedurale predetto. (…) La ratio della disposizione non può che individuarsi nella esigenza di tutelare il diritto di difesa e al contraddittorio nella fase procedimentale prodromica alla emissione dell’avviso di accertamento, oltre che lo stesso diritto/dovere della Amministrazione di pervenire ad un esercizio corretto e informato dei propri poteri di accertamento e imposizione. (…) La sanzione di invalidità dell’atto tributario – anche laddove non espressamente prevista (…) – deriva o comunque è riconducibile al “sistema ordinamentale comunitario e nazionale”. Corte di Cassazione, 07/08/2015, n. 16602 “Il mancato rispetto del termine di sessanta giorni determina “di per sé” la illegittimità dell’atto impositivo, senza che sia necessario provare il pregiudizio concre- 95 96 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI tamente patito dal contribuente per il mancato rispetto del suddetto termine”. Corte di Cassazione, 10/06/2015, n. 11993 “Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ai sensi del primo comma dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, il verbale di chiusura delle operazioni deve in ogni caso – e salvo i casi di comprovata impossibilità oggettiva non imputabile alla Pubblica Amministrazione – essere redatto e consegnato alla parte contribuente non oltre il sessantunesimo giorno precedente la scadenza del termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva, nella specie stabilito dall’articolo 57 D.P.R. 633/72, essendo tenuta l’Amministrazione finanziaria, a pena di nullità dell’avviso di accertamento o di rettifica, alla osservanza del termine dilatorio (di giorni sessanta decorrenti dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni) prescritto dal comma sette dell’articolo 12 legge 212/22 per la emissione dell’atto impositivo”. Corte di Cassazione, 05/03/2015, n. 4543 “La nullità dell’avviso di accertamento “anticipato” deriva anche dalla dizione testuale della norma e non soltanto dal “principio del contraddittorio”, per cui non si pone il problema di verificare se il mancato rispetto del termine abbia determinato o meno una effettiva compressione del diritto di difesa del contribuente”. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 29/07/2013, n. 18184 (conformi Cass. 2279/2014, 8482/2014; 20074/2014; 5642/2015; 16602/2015) “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscale, l’art. 12, co. 7, della L. 212/2000, deve essere interpretato nel senso che la inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per la emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, una ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentali, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato la emissione anticipata, bensì nella effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dalla osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio”. Corte di Cassazione, 15/02/2013, n. 3804 “L’efficacia del giudicato esterno nel contenzioso tributario trova applicazione anche in presenza di qualificazioni giuridiche preliminari a carattere permanente, il che può ravvisarsi nella nullità dell’atto di accertamento per violazione del termine dilatorio di cui all’art. 12 della L. n. 212/2000. La sentenza passata in giudicato che ha dichiarato la nullità per questo motivo, estende la propria efficacia anche nei processi coinvolgenti i periodi d’imposta successivi, qualora gli accertamenti siano stati emessi sulla base del medesimo “P.V.C.”. Pertanto, in costanza di detti presupposti, non ha rilievo il fatto che l’oggetto dei due avvisi di accertamento (e di conseguenza dei due processi) fosse diverso”. Corte di Cassazione, 16/09/2011, n. 18906 “Lo Statuto del contribuente concede al contribuente un termine per comunicare osservazioni e richieste al fine di garantire la possibilità di interloquire con l’Amministrazione finanziaria prima che essa pervenga all’emissione di un avviso di accertamento. In tal senso, il mancato rispetto del termine, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito”. Corte di Cassazione, 15/03/2011, n. 6088 “Ai sensi dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, l’atto di accertamento deve essere dichiarato invalido se notificato prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del verbale di constatazione, posto che detto termine, essendo strumentale alla difesa del contribuente nonché al contraddittorio tra le parti, deve ritenersi perentorio. Inoltre, non ha rilievo la denominazione formale dei verbali redatti dai verificatori, quindi il termine deve essere rispettato anche ove il verbale, non denominato formalmente come “P.V.C.”, sia un verbale meramente descrittivo delle operazioni di verifica (circostanza che, tra l’altro, non risultava dai fatti di causa)”. Legittimità dell’avviso di accertamento “anticipato” Corte di Cassazione, 13/01/2017, n. 724 “L’art. 12, co. 7, dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212 del 2000), riguardo al contribuente sottoposto a un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI all’esercizio dell’attività, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza nel termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza. Conseguentemente qualora la verifica condotta sia stata solo documentale (senza accessi e ispezioni nei locali destinati all’esercizio dell’attività) il vizio invalidante non si verifica”. Corte di Cassazione, 20/07/2016, n. 14861 “È valido l’accertamento emesso prima di sessanta giorni dall’ingresso della Finanza presso il commercialista dove viene prelevata la contabilità. Si tratta, infatti, di un atto a tavolino per il quale non valgono le garanzie sancite dall’articolo 12 dello Statuto del contribuente”. Corte di Cassazione, 07/06/2016, n. 11665 (conforme Cass. 24823/2015) “È valido l’accertamento emesso prima di sessanta giorni dall’acquisizione, da parte dell’Ufficio delle Entrate, di documenti e dati bancari. Le garanzie sancite dall’articolo 12 dello Statuto del contribuente si applicano, infatti, solo in caso di ispezioni o accessi presso la sede del cittadino”. Corte di Cassazione, 23/07/2015, n. 15547 “In caso di recupero di imposta per l’uso illegittimo di aiuti di Stato, il Fisco può emettere l’accertamento prima dei sessanta giorni garantiti dallo Statuto del contribuente dal momento che la legge del 2008 concede all’Amministrazione finanziaria solo centoventi giorni per chiudere la pratica”. Corte di Cassazione, 18/10/2013, n. 23690 “La notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda, considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, e restando comunque garantito al contribuente il diritto di difesa tanto in via amministrativa con il ricorso all’autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge”. Corte di Cassazione, 05/10/2012, n. 16992 “La notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12, co. 7, della Legge n. 212 del 2000 non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto GIURISPRUDENZA rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda e considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso”. Corte di Cassazione, 13/10/2011, n. 21103 “Il principio di tassatività delle nullità dell’atto di pretesa tributaria è immanente al sistema dello Statuto del contribuente, dovendosi escludere che, ove la L. n. 212 del 2000, non precisa gli effetti della violazione dell’obbligo indicato, la nullità possa poi dedursi dai principi di cui all’art. 97 Cost., da quelli del diritto tributario e, in generale, dell’azione amministrativa. Conseguentemente la notifica dell’avviso di accertamento (e dell’eventuale consequenziale avviso di irrogazione di sanzioni) prima dello scadere del termine di 60 giorni previsto dall’art. 12, co. 7, della L. n. 212 del 2000, non ne determina in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda”. Corte Costituzionale, 24/07/2009, n. 244 “È manifestatamente inammissibile la censura di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. (relativi al diritto di difesa ed al giusto processo), dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 nella parte in cui non prevede la nullità dell’atto di accertamento, qualora il medesimo venga notificato prima dello spirare del termine di 60 giorni che deve trascorrere dalla data di consegna del processo verbale di constatazione e la notifica dello stesso atto di accertamento”. Corte di Cassazione, 18/07/2008, n. 19875 “La notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, 7° comma, non ne determina ipso iure la nullità stante la natura vincolata dell’atto rispetto al processo verbale di constatazione sul quale si fonda, in mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, perché resta comunque garantito al contribuente il diritto di difesa in via amministrativa (autotutela) e giudiziaria (ricorso alla Commissione tributaria)”. Termini Corte di Cassazione, 14/09/2016, n. 18110 “Il termine di 60 giorni per l’avviso di accertamento ex art. 12, L. 212/2000 va computato dalla data dell’ultimo accesso. La particolare forma di tutela prevista da detto articolo, infatti, non può che postulare il completamento della verifica e, dunque, la completezza degli elementi dalla stessa risultanti”. 97 98 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 20/04/2016, n. 7995 “La giurisprudenza di questa Corte è nel senso di ritenere inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali” compresa la fase del contraddittorio procedimentale che, in quanto priva del carattere giurisdizionale, “non richiede l’esplicazione della difesa tecnica, ciò determinando la esclusione della operatività della sospensione feriale dei termini di cui all’art. 1. L. 742/1969”. Corte di Cassazione, 17/03/2016, n. 5361 “La violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dall’art. 12, c. 7, L. 212/2000, sussiste quando l’avviso di accertamento risulta emesso prima della scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del processo verbale di constatazione indipendentemente dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente”. Corte di Cassazione, 09/03/2016, n. 4650 “La inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni ex art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 postula la notifica dell’atto impositivo al destinatario o, in ogni caso, l’avvenuta conoscenza legale dell’atto da parte di quest’ultimo, in quanto l’atto, prima della notifica, rimane nella sfera interna dell’Amministrazione ed è inidoneo a costituire esercizio della potestà impositiva, sicché non sussiste alcuna violazione ove l’atto sia stato formato e sottoscritto prima dello spirare del termine ma notificato successivamente alla sua scadenza”. Corte di Cassazione, 28/05/2015, n. 11088 “Ai fini del rispetto del termine di cui all’articolo 12, comma 7, L. 212/00, per data di emanazione dell’atto deve intendersi quella in cui lo stesso è stato sottoscritto dal funzionario munito del relativo potere, ossia, in definitiva, deve intendersi la data dell’atto medesimo”. Corte di Cassazione, 09/07/2014, n. 15648 “L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni ex art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 postula la notifica dell’atto impositivo al destinatario o, in ogni caso, l’avvenuta conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario medesimo, prima dello spirare del predetto termine”. Corte di Cassazione, 02/07/2014, n. 15010 “Il termine di sessanta giorni per emettere l’atto impositivo decorre dalla chiusura delle indagini e prescinde dalla nomenclatura usata dalla Guardia di finanza. Infatti, il verbale di accesso equivale ad un P.V.C.”. Ragioni d’urgenza Corte di Cassazione, 14/09/2016, n. 18110 “L’Amministrazione finanziaria, al fine di contrastare l’eccezione di nullità per inosservanza dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000, non può limitarsi ad allargare, quale ragione dell’urgenza, l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento, ma ha l’onere di specificare e dimostrare, in conformità del principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non sia dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che hanno impedito il tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo”. Corte di Cassazione, 27/07/2016, n. 15527 “Il pericolo derivante da reiterate condotte penali tributarie è, in astratto, un’indubitabile e valida ragione d’urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo in deroga al termine imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 - cfr. Cass. n. 2587/2014. (…) L’urgenza dell’atto impositivo ben può profilarsi “...allo scopo di infrenare per tal verso una condotta, che appariva di patente e grave violazione continuata degli obblighi fiscali” - cfr. Cass. n. 14287/2014”. Corte di Cassazione, 28/06/2016, n. 13296 “In presenza di casi di urgenza, l’effetto derogatorio opera a prescindere dalla sua esternazione all’interno dell’atto impositivo, che non è richiesto né dallo Statuto dei diritti del contribuente (posto che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 prescrive che l’atto deve contenere soltanto i “presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione”), né da altre specifiche disposizioni (quali l’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 56 del D.P.R. n. 633 del 1972) che disciplinano il contenuto degli atti impositivi e non i tempi della loro emanazione. Ovviamente, in presenza di contestazione da parte del contribuente, è onere dell’Ufficio allegare e provare la sussistenza in concreto delle ragioni dell’urgenza, in particolare che la inosservanza del termine dilatorio non sia dovuta a inerzia o negligenza, ma da altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine (Cass. n. 24316/14 citata), come si verifica nell’ipotesi in cui il contribuente versi in grave stato di insolvenza (cfr. Cass. n. 9424 del 2014)”. Corte di Cassazione, 20/04/2016, n. 7914 “Il mancato rispetto del termine dilatorio di giorni sessanta previsto dall’art. 12, co. 7, comporta la nullità L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI dell’avviso (…) a cagione della difformità dal modello procedimentale di accertamento dei tributi ex lege previsto. (…) La violazione del termine dilatorio di giorni sessanta non può essere scriminata dal semplice approssimarsi della decadenza del potere di accertamento dell’imposta. E questo perché, la “particolare e motivata urgenza” che consente di derogare al termine dilatorio può essere soltanto quella che non sia dipesa da ritardi “interni” all’Amministrazione”. Corte di Cassazione, 15/04/2016, n. 7598 ““In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria, ove alleghi l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento al fine di contrastare l’eccezione di nullità per inosservanza dell’art. 12, comma 7, ha l’onere di specificare e dimostrare, in conformità del principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non sia dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che hanno impedito il tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo entro il sessantesimo giorno antecedente la chiusura delle operazioni, come, ad esempio, nuovi fatti emersi nel corso delle indagini fiscali o di procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici, condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica”; (…) le dette specifiche ragioni di urgenza, riferite al rapporto tributario controverso “non possono identificarsi nell’imminente spirare del termine di decadenza di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, che comporterebbe anche la convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza, mentre, per contro, è dovere dell’Amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”; né può ritenersi che l’Agenzia non risponda del ritardo con il quale le è stato trasmesso il P.V.C. di verifica da parte degli organi accertatori, atteso che è l’Amministrazione finanziaria nel suo complesso che deve attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”. Corte di Cassazione, 17/07/2015, n. 15121 “Le ragioni di urgenza che legittimano la deroga al rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, L. 212/2000 possono consistere in nuovi fatti emersi nel corso delle indagini fiscali o di procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, in eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici, in condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica (cfr. Sent. n. 25759/2014). (…) GIURISPRUDENZA Ai fini del riconoscimento delle ragioni di urgenza che legittimano la deroga al rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, L. 212/2000, non rileva per quanto tempo sia protratta la verifica fiscale”. Corte di Cassazione, 10/06/2015, n. 11993 “Qualora, per contrastare la eccezione di nullità dell’avviso per violazione del termine di cui all’articolo 12, comma 7, della legge 212/00, formulata con i motivi di ricorso dalla contribuente, l’Amministrazione finanziaria alleghi, quale fatto di “particolare e motivata urgenza”, di non aver potuto rispettare il termine dilatorio indicato, essendosi chiuse le operazioni di verifica in data successiva al sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento della imposta, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento all’obbligo ex lege e dunque grava sull’Amministrazione finanziaria, in conformità al principio di vicinanza del fatto da provare, l’onere di dimostrare che la imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere all’obbligo di legge, sia dipesa da altri fatti o condotte ad essa non imputabili a titolo di incuria, negligenza o inefficienza”. Corte di Cassazione, 26/03/2015, n. 6057 “La inosservanza del termine dilatorio previsto dall’art. 12, co. 7 determina di per sé la illegittimità dell’atto di accertamento emesso ante tempus, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, riferite al rapporto tributario controverso, che non possono identificarsi nell’imminente spirare del termine di decadenza di cui all’art. 57, D.P.R. 633/1972, che comporterebbe anche la convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza, mentre, per contro, è dovere dell’Amministrazione finanziaria attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”. Corte di Cassazione, 20/03/2015, n. 5642 “Le specifiche ragioni di urgenza, esonerative del rispetto del termine in quesitone non possono identificarsi nell’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento. Tale conclusione comporterebbe, invero, anche la convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza, mentre, per contro, è dovere dell’Amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”. Corte di Cassazione, 05/12/2014, n. 25759 “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria, ove alleghi la imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento al fine di contra- 99 100 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI stare l’eccezione di nullità per inosservanza dell’art. 12, comma 7, della legge 31 luglio 2000, n. 212, ha l’onere di specificare e dimostrare, in conformità del principio di vicinanza del fatto da provare, che ciò non sia dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che hanno impedito il tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo entro il sessantesimo giorno antecedente la chiusura delle operazioni, come, ad esempio, nuovi fatti emersi nel corso delle indagini fiscali o procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici, condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica”. Corte di Cassazione, 20/11/2014, n. 24781 “L’assenza di garanzie patrimoniali del contribuente non legittimano il Fisco a emettere l’accertamento prima di sessanta giorni. Infatti, i motivi di urgenza dell’Amministrazione finanziaria devono essere reali e la mancanza di disponibilità economica del contribuente va accertata con una sentenza”. Corte di Cassazione, 30/04/2014, n. 9424 “Le particolari ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate del Fisco, consentono la inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, co. 7, L. 212/2000, non possono consistere nella imminente scadenza del termine decadenziale utile ai fini dell’accertamento da parte dell’Ufficio, qualora ciò sia dovuto esclusivamente ad inerzia o negligenza di quest’ultimo e non anche ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l’accertamento ovvero abbiano reso – come nel caso in cui il contribuente versi in un grave stato di insolvenza – difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine”. Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14287 “La urgenza dell’atto impositivo si profila di tutta evidenza allo scopo di infrenare una condotta di grave violazione continuata degli obblighi fiscali”. Corte di Cassazione, 28/03/2014, n. 7316 “La eventualità di evitare una decadenza non può integrare, in se stessa, la ragione di urgenza contemplata dalla norma, opinando diversamente, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo il quale il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al singolo rapporto tributario controverso. (…) La ratio della norma (…) non consente di affermare le ragioni di urgenza come riferibili a profili o a deficienze organizzative tutte interne all’Amministrazione procedente”. Corte di Cassazione, 28/03/2014, n. 7315 “L’art. 12, 7° co., nel riferimento generale ai “casi di particolare e motivata urgenza”, implica un giudizio in iure che resta soggetto al controllo di legittimità, al pari di ogni altro giudizio fondato su norme di legge. (…) Ora l’eventualità di evitare una decadenza non può integrare di per sé, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, la ragione di urgenza contemplata dalla norma. (…) Opinando diversamente, si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo il quale il requisito della urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie, e cioè al singolo rapporto tributario controverso. (…) Il principio partecipativo, posto a tutela del soggetto destinatario dell’azione accertativa, (…) non consente di affermare le ragioni di urgenza come riferibili a profili o a deficienze organizzative interne all’Amministrazione procedente”. Corte di Cassazione, 21/03/2014, n. 6666 “È nullo l’avviso emesso prima di sessanta giorni dalla fine della ispezione fiscale, emesso dall’Ufficio per evitare la prescrizione del credito d’imposta. In altri termini, l’avvicinarsi del termine ultimo per chiedere il pagamento dell’imposta non è una valida ragione d’urgenza che giustifica procedure affrettate”. Corte di Cassazione, 05/02/2014, n. 2595 “L’annualità in scadenza non legittima il Fisco a notificare l’accertamento prima di sessanta giorni. Infatti, non sussiste in questi casi l’urgenza che giustifica il mancato rispetto del termine”. Corte di Cassazione O.N., 05/02/2014, n. 2587 “Quando l’Amministrazione finanziaria fa un’ispezione presso un contribuente più volte accusato di evasione fiscale può emettere l’avviso di accertamento prima del termine di sessanta giorni dalla consegna del verbale da parte della Guardia di finanza; perché le reiterate violazioni penali tributarie sono un valido motivo d’urgenza”. Corte di Cassazione, 29/01/2014, n. 1869 “Non essendo state allegate specifiche ragioni d’urgenza, esonerative dalla osservanza del termine, la ritenuta legittimità dell’atto impositivo non è conforme a diritto, non essendo rilevante che era in scadenza il termine di decadenza di cui all’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, per la rettifica relativa all’Iva per lo stesso periodo d’imposta, senza dire che tale circostanza non chiarisce, comunque, le ragioni per le quali l’Ufficio non si è tempestivamente attivato, onde rispettare il termine L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI dilatorio in esame e così consentire il doveroso dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”. Corte di Cassazione, 13/12/2013, n. 27911 “L’Amministrazione finanziaria può emettere avviso di accertamento prima della scadenza dei sessanta giorni dalla ispezione se il fornitore è una cartiera. Infatti, la inesistenza della società alla quale viene fatto il versamento figurativo dell’Iva configura la particolare urgenza che deroga alle garanzie contenute nello Statuto del contribuente Corte di Cassazione, 12/12/2013, n. 27831 “La imminenza della decadenza dei termini per l’accertamento non è un motivo urgente per emettere l’atto impositivo prima dei sessanta giorni dall’ispezione”. Corte di Cassazione, 11/09/2013, n. 20769 “L’esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertare eventuali violazioni da parte del contribuente, con conseguente recupero a tassazione dell’imposta, in ipotesi, evasa, oltre alle sanzioni eventualmente applicabili (…) – in quanto si iscrive nell’esigenza di carattere pubblicistico, connessa all’efficiente esercizio della potestà amministrativa nel fondamentale settore delle entrate tributarie (art. 97 Cost.) (…) – ben può giustificare la notifica dell’avviso di accertamento prima del decorso del predetto termine di cui all’art. 12, co. 7, L. 212/00”. Corte di Cassazione, 05/10/2012, n. 16999 “La previsione dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000, secondo cui l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di “particolare e motivata urgenza”, implica – in applicazione degli artt. 7, comma 1, L. 212/2000, 3 e 21 septies L. 241/1990 nonché 42, commi 2 e 3, D.P.R. 600/1973 e 56, comma 5, D.P.R. 633/1972 – la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. E ciò, peraltro, senza che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma 7, L. 212/2000, posto che ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore”. Motivazione Corte di Cassazione, 27/07/2016, n. 15616 “L’ art. 12, comma 7, introduce un obbligo di cooperazione e contraddittorio consentendo al contribuente la GIURISPRUDENZA conoscenza delle operazioni e la possibilità di comunicare osservazioni, ma non introduce uno specifico obbligo di motivazione sulle stesse ne è previsto in sede di impugnazione un sindacato sulla scelta della Amministrazione”. Corte di Cassazione, 22/04/2016, n. 8231 “È senz’altro vero che l’art. 12, co. 7 prescrive che l’Amministrazione finanziaria deve valutare le osservazioni del contribuente, ma se queste non sono state formulate nell’ambito del procedimento amministrativo ma si sono esteriorizzate per la prima volta nell’ambito del giudizio promosso dal contribuente contro l’atto emesso in assenza del termine dilatorio, nessun onere può ritenersi esistente a carico dell’ufficio di confutare le difese spiegate dal contribuente”. Corte di Cassazione, 24/02/2016, n. 3583 “Sulla questione della omessa considerazione, nell’atto impositivo, delle osservazioni formulate dal contribuente, questo Collegio non intende discostarsi dall’approdo per cui “non tutte le irregolarità possono dal luogo a nullità, ma soltanto quelle così sanzionate dalla legge, ovvero quelle che, anche in difetto di una comminatoria espressa, sono talmente lesive di specifici diritti o garanzie da impedire la produzione di qualsiasi effetto da parte dell’atto cui ineriscono””. Corte di Cassazione, 14/01/2015, n. 406 “Il principio del contraddittorio anticipato, disciplinato dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente), costituisce norma imperativa immanente nell’ordinamento comunitario e nazionale, con conseguente invalidità (nullità) dell’atto impositivo adottato ante tempus. Anche nel caso in cui l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, …, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio di sessanta giorni prima di emettere l’atto accertativo, che dovrà essere specificamente motivato anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal contribuente. In mancanza, l’atto impositivo emesso in difformità da tale modello procedimentale, risulterà inficiato dal vizio di nullità”. Corte di Cassazione, 17/07/2014, n. 16336 “L’avviso di rettifica parziale è stato emesso anteriormente al decorso del termine di gg. 60 dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni di verifica prescritto dall’art. 12 comma 7 della legge n. 212/2000, con conseguente invalidità dell’atto impositivo, non essendo stata indicata dall’Amministrazione finanziaria nel corso del giudizio di merito alcuna ragione di urgenza impeditiva dell’osservanza del termine dilatorio”. 101 102 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 24/06/2014, n. 14287 “L’esonero dalla osservanza del termine di sessanta giorni (…) opera in presenza del requisito della urgenza per la emissione dell’atto, anche se in questo non sia enunciato il fatto determinativo dell’urgenza stessa”. n. 212, può discendere, non dalla natura perentoria a pena di nullità del termine, ma solo dal difetto di motivazione o, in altri termini, dalla mancata esternazione nell’atto dei motivi di urgenza che hanno giustificato l’anticipata notifica”. Corte di Cassazione, 10/06/2014, n. 13099 “È nullo l’accertamento emesso prima dello scadere di sessanta giorni dalla fine della ispezione quando l’Amministrazione indichi solo i motivi di urgenza senza che questi, poi, ricorrano effettivamente”. Corte di Giustizia UE, 18/12/2008, C-349/07 “La regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro. In tale contesto, il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista, che l’Amministrazione esamini, con tutta l’attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell’impresa coinvolta. Corte di Cassazione, 13/07/2012, n. 11944 “Lecito l’accertamento fatto prima della scadenza dei sessanta giorni dall’ispezione anche senza che il Fisco indichi le particolari ragioni d’urgenza. Sarà poi il contribuente a contestare l’atto chiedendone l’annullamento in via di autotutela o in sede giurisdizionale. Infatti, l’esonero dalla osservanza del termine di cui all’art. 12, co. 7 della L. n. 212 del 2000 opera in concorrenza del requisito dell’urgenza nell’emissione dell’avviso, pure se di tale ragione non si fa menzione nella motivazione dell’avviso stesso; in altri termini l’effetto derogatorio dell’urgenza sussiste ex se senza che sia a tal fine necessario che il fatto che la determini sia enunciato nell’atto impositivo, il quale, a norma del menzionato art. 7 dello Statuto del contribuente, deve indicare esclusivamente le ragioni della pretesa tributaria. Corte di Cassazione, 05/07/2012, n. 11347 “L’avviso di accertamento, come prevede l’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, non può essere emesso prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del “P.V.C.”, a meno che non sussistano situazioni di “particolare e motivata” urgenza. Il mancato rispetto del predetto termine non causa sempre la nullità dell’accertamento, ma solo ove nella parte motiva di esso non siano state illustrate le ragioni di urgenza che hanno spinto alla cd. “emanazione anticipata” dell’accertamento”. Corte di Cassazione, 12/05/2011, n. 10381 “Non è nullo l’avviso di accertamento notificato al contribuente prima del termine previsto (60 giorni dal rilascio della copia del P.V.C.) qualora riporti l’indicazione delle motivazioni che hanno giustificato l’urgenza”. Corte di Cassazione, 03/11/2010, n. 22320 “La nullità dell’atto di accertamento, nell’ipotesi in cui quest’ultimo risulti portato a legale conoscenza del contribuente senza il rispetto del termine di 60 giorni previsto dal comma 7 dell’art. 12 della Legge 27/07/2000, Ambito di applicazione Corte di Cassazione, 08/02/2017, n. 3404 “In tema di tributi non armonizzati (quale l’Irap) (…), le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività (…), indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (Cass. 15010/14; 9424/14; 5374/14; 20770/13; 10381/14)”. Corte di Cassazione, 28/10/2016, n. 21870 (conforme 21867/2016) “In generale, il presupposto di applicabilità del complessivo Statuto di diritti e di garanzie contemplato dall’art. 12 L. 212/00, compresa l’applicazione del termine dilatorio di sessanta giorni (…) è dato dall’accesso, dall’ispezione o dalla verifica nei locali aziendali. (…) Ne consegue che le garanzie in questione (…) non si estendono al terzo a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento (…); né diritti e garanzie sono operativi se l’Amministrazione si avvale di verifiche compiute nei confronti di terzi”. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 28/10/2016, n. 21822 “La verifica della rituale attivazione del contraddittorio con il contribuente è richiesta a pena di nullità dell’accertamento fondato sugli studi di settore”. Corte di Cassazione, 27/09/2016, n. 19013 “Le garanzie previste dall’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (…) non si estendono al terzo a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento”. Corte di Cassazione, 14/09/2016, n. 18110 “La garanzia di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000 n. 212 si applica a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione, ivi compresi gli atti di accesso istantanei finalizzati all’acquisizione di documentazione, in quanto la citata disposizione non prevede alcuna distinzione ed è, comunque, necessario redigere un verbale di chiusura delle operazioni anche in quest’ultimo caso, come prescrive l’art. 52, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”. Corte di Cassazione, 07/09/2016, n. 17720 “Il Collegio (…) riconosce che l’accertamento induttivo può fondarsi sull’antieconomicità dell’attività svolta dal contribuente anche senza considerare i cd. studi di settore (…); e che in tal caso la garanzia della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, vale unicamente per gli accertamenti con verifica in loco o per quelli concernenti l’Iva”. Corte di Cassazione, 27/06/2016, n. 13227 “Non sussiste in capo all’Amministrazione finanziaria obbligo di contraddittorio endoprocedimentale in caso di accertamento redditometrico senza accesso nei locali dell’impresa. Tanto più se, come nel caso di specie, c’è stato l’invio del questionario da parte dell’ufficio e si sono svolte le fasi di invio delle informazioni”. Corte di Cassazione, 26/05/2016, n. 10908 “L’art. 12, u.c. trova applicazione solo nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività e non nel caso di verifiche fiscali conseguenti ad accertamenti bancari, ovvero a tavolino”. Corte di Cassazione, 20/04/2016, n. 8009 “Nel caso di controllo fiscale eseguito a seguito di acquisizione documentale ex art. 38 D.P.R. 600/1973 (ante modifica di cui al D.L. 78/2010) e non a seguito di “accesso, ispezione, verifica” presso il domicilio del contribuente”, non si applica l’art. 12, co. 7, L. 212/2000. GIURISPRUDENZA Corte di Cassazione, 04/04/2016, n. 6527 “È legittimo l’avviso di accertamento emesso dopo 60 giorni dal rilascio del P.V.C. di accesso e acquisizione della documentazione presso la sede del contribuente, consentendo così la instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale in relazione alla verifica in loco, anche se il controllo fiscale è poi proseguito e materialmente avvenuto presso l’Ufficio tributario”. Corte di Cassazione, 07/10/2015, n. 20033 “L’invalidità dell’atto conclusivo del procedimento di cui all’art. 110, co. 11, D.P.R. 917/1986, pur non espressamente prevista, deriva necessariamente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nel quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo di non lieve entità, considerata la rilevanza della funzione, di diretta derivazione da princìpi costituzionali, alla quale la disposizione in esame assolve e la forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante”. Corte di Cassazione, 17/04/2015, n. 7843 “A norma del comma 6 (dell’articolo 52 D.P.R. 633/1972) di ogni accesso deve essere redatto processo verbale. (…) Come è evidente, l’art. 52 citato impone la redazione di verbale in ogni caso di accesso per procedere ad ispezioni documentali, verifiche, ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile, pertanto non è corretta l’affermazione (…) secondo la quale nella specie, trattandosi di un accesso per la raccolta di documentazione, non sarebbe stato necessario il rilascio al contribuente di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni”. Corte di Cassazione, 27/03/2015, n. 6232 “Per l’accertamento della base imponibile, è legittima l’utilizzazione, da parte dell’Erario, dei movimenti bancari, ancorché senza previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, atteso che la legge tributaria lo prevede come mera facoltà dell’Amministrazione e non già come obbligo”. Corte di Cassazione, 26/03/2015, n. 6054 “In tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, non è applicabile il termine dilatorio di 60 giorni per la emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, essendo già prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e la interlocuzione del contribuente prima della emissione dell’accertamento”. 103 104 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI Corte di Cassazione, 04/03/2015, n. 6054 “Il presupposto per la instaurazione del contraddittorio “preventivo” che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2), e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2), prevedono espressamente come eventuale (…) è la incontestata titolarità, riferibilità o disponibilità, da parte del contribuente, dei conti e depositi verificati, il quale proprio in considerazione di tale circostanza (…) appare l’unico soggetto in grado di poter fornire giustificazioni sulla provenienza e destinazione degli accrediti e dei prelievi rilevati sul conto. (…) Laddove (…) manchi qualsiasi collegamento, o comunque riferibilità al contribuente (…), viene meno proprio lo scopo cui tende la instaurazione del contraddittorio preventivo, in quanto volto a consentire al contribuente, titolare o comunque che ha la disponibilità del conto, di far pervenire all’Ufficio finanziario ulteriori elementi conoscitivi idonei a modificare od evitare la emissione del provvedimento impositivo”. Corte di Cassazione, 21/01/2015, n. 961 “L’art. 2, co. 2-bis del TUIR non prevede alcuna forma di contraddittorio anticipato riguardo alla applicazione della disciplina sul trasferimento del contribuente in Stati o territori a fiscalità privilegiata”. Corte di Cassazione O.N., 13/06/2014, n. 13588 “L’Amministrazione finanziaria può emettere l’accertamento anche prima del termine di sessanta giorni se l’atto impositivo scaturisce da controlli a tavolino dell’ufficio, in questo caso sul questionario, e non da una vera e propria ispezione nella sede del contribuente”. Corte di Cassazione O.N., 04/04/2014, n. 7960 In tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, il termine previsto dall’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che deve necessariamente intercorrere tra il rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni (accessi, ispezioni o verifiche eseguite nei locali destinati all’esercizio dell’attività) e la emanazione del relativo avviso di accertamento, non è applicabile, essendo già prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e la interlocuzione del contribuente prima della emissione dell’accertamento. La disciplina dell’accertamento con adesione non è sovrapponibile con le garanzie dettate dallo Statuto del contribuente in tema di spatium deliberandi al termine del procedimento di accesso, ispezione o verifica condotto dagli uffici fiscali”. Corte di Cassazione, 02/04/2014, n. 7598 “La ipotesi in cui la pretesa impositiva sia scaturita dall’esame degli atti sottoposti all’Amministrazione dallo stesso contribuente e dall’Amministrazione esaminati in ufficio è estranea alla fattispecie disciplinata dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7”. Corte di Cassazione O.N., 07/03/2014, n. 5367 “Non vi sono ragioni, al di là del mero dato testuale della norma, per non estendere all’avviso di recupero di credito di imposta, anch’esso accertativo della pretesa tributaria ed impositivo, la particolare disciplina procedimentale fissata dal Legislatore dello Statuto del contribuente all’art. 12, comma 7, la quale (…) introduce nell’ordinamento la particolare e concreta forma di collaborazione tra Amministrazione e contribuente (data dalla previsione del termine dilatorio) destinata a favorire tra le parti quel contraddittorio procedimentale che ha assunto nella materia tributaria un valore sempre maggiore, quale strumento diretto non solo a garantire il contribuente ma anche ad assicurare il miglior esercizio della potestà impositiva con evidenti riflessi positivi anche in termini di deflazione del contenzioso”. Corte di Cassazione, 05/02/2014, n. 2594 “Con specifico riferimento all’ampiezza oggettiva della fattispecie di nullità di cui all’art. 12, comma 7, n. 212, cit., deve essere rammentato (…) come la nullità di che trattasi non sia limitata alla sola verifica da concludersi con sottoscrizione e consegna del processo verbale di constatazione, bensì comprenda pure l’accesso in quanto anche questo è da concludersi con sottoscrizione e consegna del processo verbale delle operazioni svolte e ciò secondo le prescrizioni contenute all’art. 52, comma 6, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ovvero all’art. 33 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”. Corte di Cassazione, 05/02/2014, n. 2593 “In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che prevede che l’avviso di accertamento, salva la ricorrenza di specifiche e motivate ragioni di urgenza, non può essere emesso pena la sua nullità, prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, si applica non solo nell’ipotesi di verifica ma anche di accesso, concludendosi anche tale accertamento con la sottoscrizione e consegna del processo verbale delle operazioni svolte, e ciò alla stregua delle prescrizioni di cui agli artt. 52, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ovvero 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600”. Corte di Cassazione, 18/10/2013, n. 23690 “In tema di accertamento tributario, le garanzie previste dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, si riferiscono L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI GIURISPRUDENZA espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, e, quindi, sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo, a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento”. emetta avvisi di accertamento fondati in tutto od in parte sulla documentazione od informative acquisite presso terzi, è posto comunque in grado di esercitare in modo pieno e senza alcun limite il proprio diritto di difesa sia nella fase extragiudiziale con la richiesta di attivazione della autotutela, sia nella fase giudiziale con la opposizione all’atto impositivo avanti le Commissioni tributarie”. Corte di Cassazione, 11/09/2013, n. 20770 “In tema di Iva, qualora ai fini dell’accertamento dell’imposta sia stato effettuato un accesso nel locali destinati all’esercizio dell’attività o negli altri luoghi indicati dall’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, i funzionari che hanno proceduto sono tenuti a redigere processo verbale secondo le indicazioni contenute nel sesto comma del medesimo art. 52, che non prescrive affatto, tantomeno a pena di nullità, che nello stesso debbano essere formulati rilievi o addebiti, essendo tale fase del procedimento finalizzata soltanto all’acquisizione di dati, elementi, notizie, successivamente utilizzabili dall’Amministrazione per l’emanazione dell’eventuale avviso di accertamento. La mancata redazione del processo verbale impedisce la emanazione dell’avviso di accertamento”. Corte di Cassazione, 23/03/2012, n. 4687 “L’avviso di recupero del credito d’imposta disciplinato dalla L. n. 388 del 2000 è equiparato all’avviso di accertamento o all’avviso di liquidazione in quanto comunica al contribuente una pretesa tributaria definita. Conseguentemente, essendo l’atto di recupero un atto propedeutico all’emissione del successivo avviso di accertamento, esso non è soggetto al rispetto del termine di 60 giorni per la sua notifica previsto dall’art. 12, co. 7 della L. n. 212 del 2000 quando è stato preceduto dal processo verbale di constatazione”. Corte di Cassazione, 26/09/2012, n. 16354 “Non possono invocarsi le garanzie di cui all’articolo 12 della Legge 212/00 (cosiddetto “Statuto del contribuente”) predisposte in favore di chi è sottoposto a verifica laddove gli elementi su cui si fonda la pretesa tributaria risultano acquisiti “aliunde” dall’Amministrazione finanziaria che emette l’avviso di accertamento, ad esempio trattandosi di elementi rilevati dalla polizia giudiziaria che sta svolgendo una indagine penale su soggetti terzi”. Corte di Cassazione, 06/06/2012, n. 9108 “La L. n. 212 del 2000, art. 12, trova, chiara collocazione esclusivamente nell’ambito dei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, che devono svolgersi nel rispetto del principio di cooperazione, risultando pertanto coerente l’invito alla partecipazione alla fase della acquisizione documentale rivolto al solo soggetto che ha la disponibilità dei documenti ritenuti rilevanti ai fini della verifica fiscale. Nessun pregiudizio al diritto di difesa subisce, peraltro, il terzo che dai documenti acquisiti nel corso della verifica risulti avere intrattenuto rapporti commerciali con il contribuente verificato, tenuto conto da un lato che l’utilizzo di dati, documenti ed informative acquisite presso terzi ai fini dell’attività di accertamento di ufficio o in rettifica è pienamente legittimo in quanto espressamente contemplata dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33, e dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52; dall’altro che il contribuente, nei cui confronti l’Amministrazione finanziaria Corte di Cassazione, 15/03/2011, n. 6088 “Ai sensi dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000, l’atto di accertamento deve essere dichiarato invalido se notificato prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna del verbale di constatazione, posto che detto termine, essendo strumentale alla difesa del contribuente nonché al contraddittorio tra le parti, deve ritenersi perentorio. Inoltre, non ha rilievo la denominazione formale dei verbali redatti dai verificatori, quindi il termine deve essere rispettato anche ove il verbale, non denominato formalmente come “P.V.C.”, sia un verbale meramente descrittivo delle operazioni di verifica (circostanza che, tra l’altro, non risultava dai fatti di causa)”. Diritti doganali Corte di Cassazione, 06/05/2016, n. 9278 “Deve essere rimessa alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la questione pregiudiziale diretta a chiarire se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice eurounitaria la normativa italiana di cui all’art. 66 del D.P.R. n. 43/1973, laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell’adozione dell’atto fiscale da parte dell’amministrazione doganale, la sospensione dell’atto come conseguenza normale della proposizione dell’impugnazione”. Corte di Cassazione, 02/07/2014, n. 15032 “Il procedimento di revisione dell’accertamento doganale ex art. 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, è regolato da uno “jus speciale” e risulta preordi- 105 106 GIURISPRUDENZA L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI nato a garantire un contraddittorio pieno, con conseguente inapplicabilità della disciplina in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cosiddetto “Statuto dei diritti del contribuente”); inoltre, tale procedimento trova applicazione in qualsiasi ipotesi di mancata od inesatta contabilizzazione dei diritti doganali, non potendosi ravvisare alcuna norma nazionale o comunitaria che espressamente subordini il recupero del dazio alla previa revoca dei titoli AGRIM”. Corte di Cassazione, 08/04/2013, n. 8399 “In tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile l’art. 12, ultimo comma della legge 212/2000, operando in tale ambito lo jus speciale di cui all’art. 11, D.Lgs. 374/1990 – nel testo utilizzabile ratione temporis – preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto alla impugnazione in giudizio del suddetto avviso”. Corte di Cassazione, 04/04/2013, n. 8324 “Il rispetto del diritto al contraddittorio è pienamente tutelato attraverso la partecipazione della società contribuente alla contestazione esposta nei suoi confronti all’interno del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza risalente ad oltre un anno prima della notifica dell’avviso di rettifica. In tale atto, infatti, venne espressamente richiamato il diritto del contribuente a rendere osservazioni sulla contestazione entro il termine di sessanta giorni, alla stregua della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Ciò che dimostra come, nel caso concreto, la società controricorrente non ha subito alcun vulnus al principio di cui si è detto, non avendo nemmeno contestato di essersi avvalsa della facoltà riconosciutale dalla legge”. Corte di Cassazione, 03/04/2013, n. 8060 “In tema di rettifica di accertamento per maggiori diritti doganali, allorquando non sia in contestazione la motivazione del provvedimento impugnato, ma soltanto la sua adozione, perché asseritamente non preceduta dal contraddittorio con il destinatario, deve ritenersi tutelato tale diritto – desumibile dall’art. 11, D.Lgs. 374/1990 e costituente principio generale del diritto eurounitario ogni qual volta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo – se sia stata assicurata la partecipazione di quest’ultimo alla contestazione esposta nei suoi confronti avvenuta nel processo verbale di constatazione, per il richiamo espresso al diritto del contribuente di rendere osservazioni nel termine fissato dall’art. 12, ultimo comma, della legge 212/2000”. Corte di Cassazione, 11/06/2010, n. 14105 “In materia doganale, la ingiunzione di pagamento emessa, ai sensi dell’art. 82, D.P.R. 43/1973, all’esito del procedimento di revisione dell’accertamento previsto dall’art. 11, D.Lgs. 374/1990, è illegittima se l’operatore interessato (nella specie l’importatore) non sia stato ascoltato e messo in condizioni di manifestare utilmente il proprio punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione, in quanto il diritto al contraddittorio e di difesa anche nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente riconosciuto dal codice doganale comunitario, si evince dalle espresse previsioni dell’art. 11 citato e costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogni qual volta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ed esso lesivo”. Corte di Cassazione, 09/04/2010, n. 8481 “In tema di efficacia delle sentenze della Corte di Giustizia nel nostro ordinamento, il cd. “principio del contraddittorio” – elaborato dai giudici comunitari nella sentenza 18 dicembre 2008, causa n. C-349/07, al fine di garantire il rispetto dei diritti di difesa nel procedimento di recupero a posteriori di dazi all’importazione – non può comportare la invalidità delle decisioni doganali assunte prima della citata sentenza della Corte di Giustizia, né può rientrare nella cognizione del giudice nazionale ove non sia stato dedotto dalle parti o non sia rilevabile d’ufficio”. L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI A.N.T.I. CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI I convegni organizzati o sponsorizzati dall’ANTI successivamente a quelli già segnalati nel precedente numero di sono stati i seguenti che come tradizione sono tutti pubblicati sul nostro sito web www.associazionetributaristi.it nella sezione “Eventi”. Segnaliamo: - incontro di approfondimento “L’attuazione della delega fiscale” organizzato dalla Sez. Campania il 20 ottobre 2016 a Mercato San Severino (SA) presso San Severino Park Hotel & Spa sul tema: “Le nuove sanzioni tributarie”. Relatore Prof. Avv. Gaetano Ragucci. - convegno di studi organizzato dalla Sez. Friuli Venezia Giulia per l’11 novembre 2016 ad Udine presso il Salone del Parlamento del Castello sul tema: “IVA fra detraibilità e detrazione: aspetti amministrativi e penali”. Relatori: Dott. Roberto Lunelli, Prof. Avv. Gianni Marongiu, Prof. Adriano Di Pietro, Prof. Enrico Fazzini, Dott. Mario Cicala, Dott. Giovanni Spalletta, Prof. Giovanni Flora, Dott. Vieri Ceriani, Prof. Livia Salvini. - incontro di approfondimento “L’attuazione della delega fiscale” organizzato dalla Sez. Campania per il 18 novembre 2016 a Mercato San Severino (SA) presso San Severino Park Hotel & Spa sul tema: “La nuova disciplina degli interpelli e la nuova conciliazione giudiziale”. Relatore: Prof. Avv. Marco Versiglioni. - Convegno Nazionale Anti organizzato per il 25 novembre 2016 a Roma, Piazza della Pilotta n. 4 sul tema: “L’evoluzione dello Statuto dei diritti del contribuente dal contraddittorio endo-procedimentale ed altri traguardi”. Relatori: Prof. Avv. Gianni Marongiu, Prof. Avv. Gaetano Ragucci, Avv. Roberto Iaia, Prof. Avv. Giuseppe Vanz, Prof. Avv. Massimo Basilavecchia, Prof. Avv. Francesco Tesauro, Prof. Avv. Salvatore Muleo, Prof. Avv. Giuseppe Zizzo, Prof. Avv. Francesco Moschetti, Prof. Avv. Augusto Fantozzi. - “La riforma del catasto tra esigenze di gettito e tutela del contribuente” - sezione ANTI Campania - il 20 ot- tobre 2016 presso la ACEN in Napoli – Introduzione: Giovanni Cossu; Vincenzo Moretta; Cinzia Romagnolo; Francesco Tuccillo; Luigi Vinci - Relatori: Pasquale Improta; Gaetano Allodi; Giovanni B. Cantisani; Vincenzo Del Giudice; Michele Oricchio; Prospero Pizzolla; Tullio Elefante; Enrico Morando. - “Pianificazione doganale e nuovo codice europeo: rischi e opportunità” – sezione ANTI Piemonte Valle d’Aosta – il 27 ottobre 2016 presso il Salone delle Conferenze della BANCA POPOLARE DI NOVARA in Torino – Relatore: Prof. Avv. Benedetto Santacroce. - Convegno di studio e approfondimento “La revisione del sistema sanzionatorio tributario (D.Lgs. 158/2015)” – Sezione ANTI Sardegna – il 4 novembre 2016 presso l’Aula Magna della Corte d’Appello di Cagliari – Introduzione: Avv. Rita Dedola; Avv. Giuseppe Lai; Avv. Italo Doglio. Relatori: Prof. Avv. Mario Miscali; Avv. Michele Doglio. - Seminario di diritto tributario “Falso in bilancio. Evoluzione giurisprudenziale” – sezione ANTI Veneto – il 4 novembre 2016 presso l’Università di Padova Palazzo del Bo’ - Aula E – Presiede: Prof. Avv. Gianni Marongiu – Introduzione: Prof. Avv. Francesco Moschetti - Relatori: Prof. Roberto Schiavolin; Avv. Piero Longo; Dott. Vittorio Borraccetti; Dott. Arturo Toppan. - Convegno di Studio Senato della Repubblica: Disegno di Legge 2257/2016 “Disposizioni in materia di rottamazione dei ruoli”, sezione ANTI Sicilia Orientale – il 5 novembre 2016 presso l’Aula Magna Palazzo delle Scienze dell’Università di Catania – Relatori: Vittorio Romano; Michela Cavallaro; Enzo Bianco; Salvo Muscarà; Giuseppe Berretta; Antonio Fiumefreddo; Antonio Pogliese; Agatino Cariola; Anna Maria Bernini; Giacomo Pignataro. - “I nuovi principi contabili OIC: novità salienti ed impatto sul Bilancio 2016” – sezione ANTI Piemonte Valle d’Aosta – il 1° dicembre 2016 presso il Salone delle Conferenze della BANCA POPOLARE DI NOVARA in Torino – Relatori: Dott.ssa Sonia Bianchi; Dott.ssa Sabrina Rigo. 107 108 CONVEGNI ED ATTIVITÀ ANTI L’EVOLUZIONE DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE E PROBLEMI CONNESSI - incontro di approfondimento “L’attuazione della delega fiscale” organizzato dalla Sez. Campania per il 16 dicembre 2016 a Mercato San Severino (SA) presso San Severino Park Hotel & Spa sul tema: “Il contenzioso tributario tra legge delega e decreto delegato”. Relatore Prof. Avv. Gianni Marongiu. - “Le influenze fiscali e la determinazione del valore aziendale” - sezione ANTI Lombardia - il 21 dicembre 2016 presso l’Hotel De La Ville in Milano – Introduzione del Prof. Avv. Gianfranco Gaffuri e del Dott. Alberto Borgia - Relatori: Dott.ssa Emanuela Fusa; Dott. Alberto Borgia, Dott. Fabio Ghiselli; Dott. Guido Marzorati. - convegno organizzato dalla Sezione Friuli Venezia Giulia a Torreano di Martignacco (Udine) il 9 gennaio 2017 presso Ente Fiera sul tema: “Novità Tributarie 2017”. Relatori: Dott.ssa Silvia Pelizzo, Dott. Luca Lunelli e Rag. Giovanni Sgura; - convegno organizzato dalla Sezione Friuli Venezia Giulia a Udine l’11 gennaio 2017 presso Palazzo Torriani sul tema: “Novità Tributarie 2017”. Relatori: Dott.ssa Silvia Pelizzo, Dott. Luca Lunelli e Rag. Giovanni Sgura; - convegno organizzato dalla Sez. Piemonte e Valle d’Aosta a Torino il 19 gennaio 2017 presso il Salone delle Conferenze della Banca Popolare di Novara sul tema: “I nodi del Diritto Tributario Internazionale: Direttiva UE Anti-elusione, BEPS, Transfer pricing, Indirizzi sovranazionali (UE e OCSE) e impatti per il sistema italiano”. Relatore: Prof. Dott. Piergiorgio Valente; - seminario organizzato dalla Sez. Sicilia Occidentale a Palermo il 27 gennaio 2017 presso l’Aula Magna della C.C.I.A.A. sul tema: “La “rottamazione” dei ruoli e le novità contenute nel D.L. n. 193/2016”. Relatori: Dott.ssa Giuseppina Buccheri, Avv. Alessandro Dagnino, Dott. Marco Cedro e Dott. Massimo Strazzeri; - convegno organizzato dalla Sez. Piemonte e Valle d’Aosta a Torino il 23 febbraio 2017 presso il Salone delle Conferenze della Banca Popolare di Novara sul tema: “Voluntary disclosure bis, nuovi provvedimenti fiscali – sintesi”. Relatori: Dott. Gianluca Odetto e Dott. Salvatore Sanna; - “Le Novità della LEGGE DI STABILITÀ” – Sezione ANTI Puglia - il 10 marzo 2017 presso l’Auditorium Istituto A. Volta di Monopoli –Introduzione: Rag. Antonio Vito Renna; Dott. Marco Preverin; Ing. Emilio Romani; Dott. Elbano De Nuccio; Avv. Giovanni Stefanì; Dott. Filippo Continisio – Relatori: Dott. Luigi Lovecchio; Prof. Saverio Belviso. - “LE VERIFICHE TRIBUTARIE – Legislazione, prassi e giurisprudenza” – Sezione ANTI Friuli Venezia Giulia il 21 marzo 2017 presso la Sala Consiliare della Provincia di Pordenone – Introduzione: Dott. Roberto Lunelli - Relatori: Stefano Commentucci; Ippolito Gallovich; Bruno Malattia; Paolo Gandolfo. - convegno organizzato dalla Sez. Lombardia a Milano il 24 marzo 2017 presso l’Università degli Studi di Milano- Aula Crociera Alta sul tema: “L’evoluzione dello statuto deli diritti del contribuente – La prospettiva europea”. Relatori: Prof. Gianfranco Gaffuri, Prof. Vincenzo Salvatore, Dott. Raffaele Botta, Prof. Antonio Viotto, Dott. Antonio Tangorra, Prof.ssa Cecilia Fregni, Prof. Massimo Basilavecchia, Prof. Giuseppe Zizzo, Prof. Francesco Moschetti. - convegno organizzato dalla Sez. Calabria a Catanzaro il 7 e 8 aprile 2017 presso l’Hotel Guglielmo per tutte le Sezioni dell’Italia Meridionale sul tema: “L’evoluzione dello Statuto dei diritti del contribuente”. - convegno organizzato dalla Sez. Lombardia a Milano il 19 aprile 2017 presso l’Hotel De La Ville sul tema: “Nuovi principi elaborati dall’Organismo italiano di contabilità: profili civilistici e fiscali, e criteri applicativi”. Relatori: Prof. Gianfranco Gaffuri, Dott.ssa Emanuela Fusa, Dott. Franco Vernassa, Prof. Giovanni Strampelli, Prof. Francesco Tundo L’A.N.T.I. Associazione Nazionale Tributaristi Italiani è stata costituita il 13 giugno 1949 e, nella sua lunghissima storia, ha avuto illustri Presidenti quali: Giovanni Battista Adonnino, Ernesto D’Albergo, Epicarmo Corbino, Ignazio Manzoni, Victor Uckmar, Giuseppe De Angelis e Mario Boidi. Attualmente è presieduta dal Prof. Gianni Marongiu. L’Associazione, che ha sezioni in tutta Italia, si propone, attraverso incontri di studio, convegni e pubblicazioni, di approfondire le tematiche fiscali, sotto il profilo scientifico, ma attenta anche alle applicazioni professionali. Essa tiene, altresì, contatti con Governo e Parlamento collaborando quando richiesto allo studio e alla formazione delle leggi. L’A.N.T.I. è socia della Confédération Fiscale Européenne, l’unico raggruppamento Europeo di consulenti tributari che opera a livello Comunitario e nell’anno 2004 è stato presieduto dal Prof. Mario Boidi. SEDE LEGALE Viale delle Milizie, 14 • 00192 Roma • Tel. 06.3215084 • Fax 06.32507485 Sito Internet: www.associazionetributaristi.it PRESIDENZA Via Roma, 11 • 16121 Genova • Tel 010.29117911 • Fax 010.29117912 E-mail: [email protected] SEGRETERIA NAZIONALE E TESORERIA NAZIONALE Viale delle Milizie, 14 • 00192 Roma • Tel. 06.3215084 • Fax 06.32507485 E-mail: [email protected] • [email protected]