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“L’Albania di oggi è migliore di quella comunista, ma non è il sogno che cercavamo”. Il grande scrittore albanese racconta in questa intervista esclusiva le frustrazioni, ma anche il coraggio e le
Lubonja: cosa sogna
il Paese delle Aquile
CULTURA&POTERE1
a cura di Francesca Lancini
speranze che ancora nutre il suo popolo. Sempre in bilico fra l’Europa quale è oggi e un passato di tipo feudale in cui le donne non
potevano avere diritti né rispetto
atos Lubonja è tra gli scrittori più noti
dell’Albania postcomunista, in bilico
tra Nord e Sud del mondo.
Cinquantasei anni, diciassette di lager al
tempo della dittatura di Enver Hoxha, una
laurea in Fisica e due prestigiosi premi letterari, il Moravia e l’Herder. Vive in una
casa quasi in centro, a duecento passi da
piazza Scanderbergh, il cuore di Tirana. La
barba corta, curata, gli lascia le guance libere, in un viso ovale e preoccupato, mentre
da dietro i suoi occhiali guarda scatole, scatolette, bracciali, ciondoli che ha scolpito
nella noce e cartine di sigarette su cui ha
scritto un romanzo al tempo della galera.
“Ho una visione ottimista e tragica del mio
Paese”, dice Lubonja con un tono cordiale,
“anche se qui intorno le case sono fatiscenti, le strade sommerse dal fango solo perché
ieri è piovuto e la gente deve inventarsi
come sopravvivere”.
Il Paese delle Aquile sogna di entrare
nell’Unione Europea, anche se a guardarlo
oggi non sembra possibile che siano solo
poche miglia marine a separarlo dalla
Puglia. Il 25% della popolazione vive sotto
la soglia di povertà e infrastrutture, strade,
ponti, fognature, acquedotti, impianti di
irrigazione sono fantasmi di un altro secolo.
F
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La stampa internazionale si è dimenticata di
questo angolo di vecchio continente, devastato da una corruzione dilagante e nel
quale non è chiaro ancora quale sia il tasso
di alfabetizazione.
Lubonja oggi dirige una rivista,
“Perpjekja”, parola traducibile a stento in
italiano con qualcosa che sta tra “tentativo
e impegno”.
L’Albania cerca un posto nell’Unione
Europea e nella Nato. Ci sono gli standard
per farlo?
Gli standard non ci sono ancora. Il desiderio di entrare nella Nato e nell’Unione
Europea sostituisce oggi l’ideologia comunista di un tempo. I politici lo usano come
strumento di potere e di retorica. Nessuno
pensa al come e ai problemi che una soluzione del genere comporterebbe. È un
miraggio, come lo è stato il comunismo.
Qui si fa poco per costruire un Paese dove
la qualità di vita e i diritti siano paragonabili a quelli dell’Europa.
Quindi cosa accade?
Qui non abbiamo acqua e luce, siamo
oppressi da inquinamento, povertà, crimine
diffuso e organizzato. Non userei però la
Marta Zaccaron_LaPresse
LUBONJA: COSA SOGNA IL PAESE DELLE AQUILE
parola standard. Anche l’Europa di
Bruxelles ha dei problemi. Oggi possiamo
erroneamente prendere come unità di
misura dei codici generali, fare bene i compiti a casa e poi andare a fare un esame per
essere ammessi. Oppure possiamo camminare insieme. L’Albania deve essere concepita come una parte dell’Europa affinché
entrambe ne traggano benefici.
sciuto l’analfabetismo perché il sistema dell’istruzione si è impoverito. Il governo non
investe e ci sono sempre più scuole private
per soli ricchi.
Si è passati da un estremo all’altro…
Non ci sarà libertà, finché non sarà
sconfitto il crimine organizzato. Se durante
il comunismo lo Stato condannava a morte
i dissidenti, oggi si finisce uccisi per traffici
Lei è stato privato della libertà per 17
di droga e altri crimini. Una volta il nostro
anni. Oggi, dopo 15 anni dalla caduta del
comunismo era il peggiore nell’Europa
regime comunista, a che punto è il proces- dell’Est, ma adesso abbiamo il peggior capiso di affermazione dei diritti umani in
talismo.
Albania?
Quando vado all’estero parlo sia con
altri albanesi che con occidentali. I miei
connazionali nutrono un senso di frustrazione perché vorrebbero trovare un giudizio positivo sul nostro Paese. Agli altri, agli
occidentali, non si possono raccontare favole e dipingere un quadro ottimistico della
situazione. Così mi limito a dire: l’Albania
di oggi è meglio di quella comunista, ma
non è il sogno che cercavamo. Non esistono
più prigionieri politici. L’economia non è
più pianificata, ci sono partiti, media privati, una televisione pubblica più aperta e le
frontiere non sono più chiuse. Ma sono
queste vere libertà o un modo di “Escape
from Freedom”, ovvero di evadere dalla
libertà come direbbe Erich Fromm?
In che senso?
L’Albania non è più isolata come quindici anni fa, ma continua a esserci un isolamento culturale ed economico. Adesso noi
possiamo espatriare, ma sono gli altri che
non ci vogliono. Verso la migrazione incontrollata l’Occidente ha eretto una barriera,
tanto che per chiunque di noi è molto difficile ottenere visti per uscire. C’è un’immensa differenza fra pochi ricchi e molti
poveri. Una nuova nomenclatura sfrutta i
cittadini. È una miscela di potere politico,
finanziario e mediatico che si è concentrata
in quattro mani, spesso le stesse della casta
comunista di un tempo. I più giovani
seguaci di Hoxha sono diventati oggi
padroni in una società capitalista. Anche il
mercato, in realtà, non è libero per l’intreccio di poteri che prende a modello il
Berlusconi italiano, ma in modo ancor più
selvaggio e incontrollato.
Infine, un cittadino non è libero se non ha
cultura. Nel periodo post-comunista è cre162
Cosa pensa del maschilismo imperante,
dello scarso rispetto per le donne e per i
loro diritti?
Il regime comunista era una presenza
capillare nella società. Nella sua ideologia
c’era, per esempio, la condanna del Kanun,
una legge orale delle società primitive e
delle montagne che codificava per esempio
la vendetta, dove lo Stato era assente. La
famiglia patriarcale c’era anche nel periodo
di Enver Hoxha, che era appunto un padrepadrone. Il nostro comunismo era una
miscela di paternalismo e controllo capillare
della popolazione. Però c’erano elementi di
emancipazione per le donne. Erano obbliga-
_Dopo la caduta di Hoxha è sparito il modello sociale comunista, ma non ne è arrivato un altro. Esiste una schizofrenia tra la miseria del presente e la comprensibile voglia di rivalsa della popolazione
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Quali valori mancano oggi alla società
albanese?
I valori condivisi, quelli di libertà, eguaglianza, solidarietà. Il comunismo aveva
distrutto le individualità e creato una società dove le persone avevano senso solo come
soggetti anonimi di un grande collettivo
obbligatorio. Dopo la caduta di Hoxha è
sparito il modello sociale comunista, ma
non ne è arrivato un altro. Si è prodotta
una frammentazione della società e un caos
dove si sopravvive con la violenza. Ne sono
un esempio il traffico senza segnali e semafori o il boom edilizio senza piano urbanistico. Solo dalla condivisione della cosa
pubblica può nascere un vero Stato.
Perché questi argomenti sono quasi tabù
in Albania?
Gli albanesi sono molto divisi fra il riconoscimento di tutte queste problematiche e
l’orgoglio identitario. C’è una schizofrenia
fra la miseria del presente e la voglia di
rivalsa. Quando Gianni Amelio girò
Lamerica ci fu una reazione negativa. Gli
albanesi non vogliono accettare di essere
visti secondo uno stereotipo negativo, ma
allo stesso tempo sono consapevoli delle
difficoltà in patria e fuggono all’estero. La
spazzatura che invade le strade o i furti di
tutti i coperchi dei tombini sono i segnali di
una crisi: noi siamo stati e rimaniamo tra
un’incudine e un martello, tra comunismo e
democrazia, non scegliamo e non ci ribelliamo.
Perché?
Per ragioni storiche. Durante il comunismo tutto era delegato allo Stato. Poi lo
Stato ha cominciato a essere usato dai politici per arricchirsi e non per servire la
popolazione. Oggi c’è un abisso fra la società disillusa e le istituzioni.
È stato fatto qualcosa per non perdere la
memoria dei crimini commessi durante il
regime comunista?
Si è fatto molto per dimenticarli. Ai gruppi
di potere non interessa ricordare. Il primo
ministro Berisha è un ex comunista e il
capo dell’opposizione, Edi Rama, è figlio
dello scultore di Enver Hoxha e ha ereditato il partito comunista di Fatos Nano. Ci
sono stati dei cambiamenti, ma parziali.
Una società malata non può avere un
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te a studiare e potevano lavorare fuori casa.
Dopo la caduta del comunismo si è verificato un ritorno alle regole del clan, soprattutto nel nord. La latitanza di un potere centrale onesto e la criminalità come soluzione
per continuare a vivere e guadagnare hanno
reintrodotto il Kanun, peggiorandolo. Alla
base del traffico della prostituzione c’è il
disprezzo e l’uso delle donne come merce,
che distruggono però il concetto d’onore
della famiglia sacro al Kanun. Un tempo
anche la vendetta si faceva con una sola
pallottola nel fucile, mentre ora si vedono
giovani che fanno strage di più persone con
un kalashnikov.
LUBONJA: COSA SOGNA IL PAESE DELLE AQUILE
Fatos Lubonja nasce a Tirana nel 1951 all’interno di una
famiglia dell’establishment comunista. Il padre, Todi
Lubonja, direttore della televisione comunista, gli
procura però di nascosto libri della letteratura
contemporanea proibiti dal regime di Enver Hoxha. Nel
1973 Fatos si laurea in Fisica e solo un anno più tardi
viene arrestato con il padre all’interno di una campagna
contro “i liberali che si annidavano all’interno dello
Stato”. Fatos, in particolare, farà 17 anni di carcere,
compresi i lavori forzati in miniera, perché gli vengono
scoperti alcuni scritti critici verso il potere. Sarà liberato
solo a 40 anni nel 1991, dopo la caduta del regime
comunista. Della prigionia resta il Diario di un
intellettuale nel gulag albanese, che gli è valso il premio
Moravia nel 2002 e l’Herder nel 2003. Uscito dal carcere,
si presenta come uno degli spiriti più lucidi dell’Albania
contemporanea. Teme un’adesione acritica ai valori
dell’Occidente, ma invita anche il suo Paese a riflettere
sulla sua storia e sui miti salvatori che lo hanno
caratterizzato: nazionalismo, comunismo e oggi
consumismo capitalistico. Le sue riflessioni sono raccolte
anche nel libro Intervista sull’Albania. Dalle carceri di
Enver Hoxha al liberismo selvaggio del 2004. Dal 1994 è
direttore della rivista “Perpjekja”, dove esprime tutto il
suo impegno culturale.
approccio sano al passato. Churchill diceva:
“Nei Balcani si produce più storia di quanta
se ne possa assimilare”. La catarsi può
avvenire solo quando produci storia e impari da essa. Noi dopo il comunismo abbiamo
avuto le rivolte del ’97, la tragedia della
crisi economica, il furto indiscriminato dei
risparmi dei cittadini senza una sola condanna, ma con nuove e ripetute ingiustizie.
Da dove può arrivare un cambiamento?
Dall’osmosi con l’Europa. Al momento
l’Albania non possiede una capacità autonoma per riformarsi, ma per fortuna si
trova in una collocazione geopolitica che la
porterà a subire le “interferenze”
dell’Europa. Sarà un processo lungo e
dipenderà molto da come crescerà l’Unione
Europea. Al momento però anche questo è
un mistero.
_La miseria del presente è ancora ben visibile nelle strade e nei quartieri. La spazzatura che invade le vie o i furti di tutti i coperchi dei tombini sono gli inequivocabili
segnali di una crisi
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