Classica S. RACHMANINOV Piano Concerto n.2 (DG/Clearaudio) Tra le più apprezzate incisioni della storia del disco, questa registrazione del Secondo Concerto per pianoforte di Rachmaninov celebra il titanico pianismo di Sviatoslav Richter. Pagina tra le più famose del repertorio il n.2 di Rachmaninov è da sempre un pezzo di grande virtuosismo, coinvolgendo il pubblico anche il meno “esperto” sin dai tempi delle esecuzioni curate dallo stesso autore. Il compositore russo ha dato il meglio di sé proprio nei quattro grandi Concerti dedicati al suo strumento (certamente più ispirati delle Sinfonie), affreschi sonori che sulla scia della nobile tradizione del secondo Ottocento propongono un dialogo sempre serrato con l’orchestra. L’influenza del celebre Concerto di Tchaikovsky si coglie in più parti, tuttavia la spontaneità della scrittura, fatta apposta per porre in risalto il solista, si fa apprezzare per la bellezza dei temi e toni “russici” ora come allora di grande effetto. Con Richter siamo lontani da letture intrise di eccessi di sentimentalismo. Il taglio asciutto ed incisivo, di grande equilibrio ed efficacia, dimostra tecnica sicura, un fraseggio spavaldo che percorre con espressione le parti più veloci e impegnative con un “fortissimo” che evidenzia ogni dettaglio della scrittura. L’accompagnamento è fornito dalla Orchestra Filarmonica di Varsavia, formazione che con tutta la buona volontà non può competere in disco con lo smalto di Vienna o Berlino. Ma poco importa. La direzione di Rowicki è più che corretta e sorregge la struttura sonora del brano e soprattutto riesce a dialogare con un solista di tale levatura senza momenti di incertezza. L’insieme evidenzia una concertazione accurata, una “messa a punto” di alto profilo. Una certa leggerezza timbrica nell’orchestra non fa che porre ancor più sotto i riflettori il pianista, che mai si tira indietro. Anche il languido secondo movimento è perfettamente centrato nel suo carattere cantabile. Incisione dal timbro chiaro e luminoso, poco corposa nel registro medio-basso, ma trasparente e naturale nella resa del pianoforte. Eccellente ristampa da parte dei tecnici della tedesca Clearaudio, che mette a segno un’altra fondamentale tappa di una già ricca discografia in vinile. Marco Cicogna Rock’n’roll ELVIS PRESLEY Elvis Is Back (Sound & Music) OK, lo ammetto: la musica di Elvis non è ai vertici dei miei “desiderata” sonori, tuttavia la mia firma qui non è una svista editoriale. Ancora una volta lo spunto per questa recensione è giunto (come tante idee in abito di riproduzione musicale) in occasione del sempre più ghiotto evento del CES di Las Vegas. Avevamo intitolato l’apertura della prova del giradischi Thorens sullo scorso numero con “Elvis torna a Las Vegas”. In effetti nel nuovo megaresort Citycenter, all’interno dell’hotel-casino “Aria”, apriva i battenti lo scorso gennaio un teatro concepito per ospitare il nuovo spettacolo del Cirque du Soleil dedicato, per l’appunto, al re del rock. Dopo il successo (che dal 2005 continua strepitoso) di “Beatles Love” al Mirage, la rivisitazione in chiave di “entertainment assoluto” dei mostri sacri della storia musicale continua proprio con Elvis, che in modo assolutamente originale torna protagonista nella Las Vegas del nuovo decennio. La curiosità è grande. Nel frattempo ho trovato nel catalogo di Sound & Music un ricco assortimento di vinili di Elvis. La mia scelta è caduta (anche per il titolo quanto mai evocativo) su “Elvis Is Back”, un classico senza tempo che ha tutto il sapore delle buone cose di una volta senza dover ammiccare a certe tendenze “archeologiche” in ambito discografico che a me non piacciono proprio. Si tratta di un accurato remastering del celebre LP del 1960. Che suono! Quali morbide rotondità si apprezzano in questa incisione, realizzata evidentemente con i migliori mezzi del tempo. Compie mezzo secolo questo disco e perdonate la mia ingenuità (sembra che abbia scoperto l’acqua calda), ma pur avendo ascoltato “Fever” ormai in tutte le salse, sono riuscito a commuovermi per questo analogico che celebra con tutti gli onori i meritati fasti del vinile. Si tratta del primo album pubblicato da Elvis dopo il suo forzato ritiro imposto dalla leva militare, session di registrazione cui prendevano parte i vertici della RCA ansiosi di verificare che il mito di Elvis fosse ancora intatto. Ritorna assieme ai vecchi compagni come il chitarrista Scotty Moore, il pianista Floyd Cramer e il batterista D.J. Fontana, il quartetto vocale “The Jordanaires” e una new entry come Charlie Hodge. C’è un’evoluzione rispetto al sound degli anni Cinquanta e si apprezzano contaminazioni gospel e blues, mentre il tono jazzistico di “Fever” ha trasformato negli anni questo pezzo in un classico audiofilo anche per la presenza naturale della resa sonora. Bellissimo. Immancabile. Marco Cicogna Ska SPECIALS The Specials (EMI) A trentunanni dacché raggiunse il quarto posto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti fu la prima collezione di ska a entrare nei Top 100 di “Billboard”, “The Specials” emoziona e scatena frenesie come il primo giorno. Album ska? Certo, ma è come dire blues il primo Led Zeppelin. La sua forza è quella di partire dal canone stabilito nei Sessanta dagli Skatalites e andare oltre, aggiungendo piglio punk e il cantato ricercatamente monotono di Terry Hall che è pura new wave. Oltre alla Giamaica successiva allo ska e a tutto quanto ispirò lo ska stesso, dal grezzo errebì di Rufus Thomas, omaggiato con una metallica lettura di “Do The Dog”, al soul che infiltra la voce calorosa di Neville Staples e a tanto jazz. Le cover sono rese con bella personalità, a partire dalla sorniona “A Message To You Rudy”, capolavoro di Dandy Livingstone in cui riluce (come già nella versione primigenia) il trombone del giamaicano Rico Rodriquez, e proseguendo con “Do The Dog”, con la corale “Too Hot” di Prince Buster, la travolgente “Monkey Man” già dei Maytals e il dolcissimo congedo di “You’re Wondering Now”, ufficialmente farina del sacco di Clement Dodd e una rarità datata 1964 di tali Andy & Joey. Financo più grandi gli originali, inenarrabile apice “Doesn’t Make It Alright”, dolente inno in levare a quell’integrazione razziale di cui, per il semplice e raro esibire organico bicolore (cinque bianchi, tre neri) gli Specials furono da subito un simbolo. Vi costerà quei venti euro che non rimpiangerete mai. Eddy Cilìa AUDIOREVIEW n. 312 giugno 2010 10