Ricongiungimento familiare: nessun diritto per le coppie omosessuali di Anna Lorenzetti (∗) In tema di coppie omosessuali e ricongiungimento familiare è interessante l’analisi di un provvedimento con il quale la Cassazione ha recentemente posto fine ad una vicenda iniziata nell’anno 2004 quando un cittadino neozelandese partner di fatto di un cittadino italiano aveva richiesto il rilascio permesso di soggiorno “per motivi familiari”1. Nonostante fosse supportata da una certificazione, tradotta e autenticata dall’autorità consolare italiana, che attestava l’esistenza e il riconoscimento dell’unione di fatto da parte dello Stato neozelandese, la richiesta era stata qualificata come “irricevibile” per assoluta mancanza dei requisiti previsti dalla legislazione vigente e dunque respinta. Il successivo ricorso presentato al Tribunale di Firenze era stato accolto2, sulla base di una lettura costituzionalmente orientata delle norme previste in materia e sulla scorta dell’efficacia del provvedimento emesso dallo Stato neozelandese3, che tra l’altro aveva consentito il rilascio del permesso di soggiorno al cittadino italiano in Nuova Zelanda. Il Ministero dell’Interno, impugnato il decreto presso la Corte di Appello di Firenze, ne aveva ottenuto la revoca4. Con sentenza 6441/2009, I sez. civile, la Corte di Cassazione ha confermato i risultati del giudizio di appello, escludendo il diritto del cittadino neozelandese al riconoscimento di un titolo di soggiorno per motivi familiari, in virtù della non equiparabilità della condizione di partner di fatto di un cittadino italiano, a quelle di coniuge, della non estendibilità della nozione di “familiare” - dettata specificamente per la disciplina del fenomeno migratorio5 - al partner di fatto e richiamando ad adiuvandum la contrarietà all’ordine pubblico della norma straniera sulla base della quale era stata rilasciata l’attestazione di coppia di fatto. Rispetto all’esclusione dei conviventi (dello stesso sesso o di sesso diverso, legati da una stabile relazione affettiva oggetto di registrazione o di semplice attestazione) dal novero dei soggetti aventi diritto al permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, la Cassazione non rileva alcun contrasto con gli artt. 2, 3 e 29 cost., risultando preclusa tanto la via dell’interpretazione estensiva della normativa, seguendo una lettura conforme a costituzione (via intrapresa dal giudice di primo grado), tanto la proposizione della questione di legittimità costituzionale. Come già aveva fatto la Corte d’Appello, anche la Cassazione richiama la giurisprudenza costituzionale che aveva escluso il contrasto con la Costituzione delle disposizioni limitative del diritto al ricongiungimento, sulla base del bilanciamento fra due diritti di pari dignità6, quello degli stranieri all’unità familiare da un lato e quello dello Stato nella necessaria regolamentazione del fenomeno migratorio dall’altro. Il discrimine fra famiglia legittima e convivenza more uxorio – rapporto di fatto, “privo dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri”7 propri del matrimonio e della famiglia legittima – suffraga l’assenza di qualunque imposizione costituzionale nell’interpretare estensivamente la nozione di “familiare”. Parimenti viene escluso in tal senso l’effetto dell’art. 12 CEDU e dell’art. 9 della Carta di Nizza, in quanto entrambi operano un rinvio alle leggi nazionali, escludendo sia il riconoscimento automatico di unioni di tipo familiare diverse (∗) Dottoranda di ricerca in Diritto pubblico e tributario nella dimensione europea presso l’Università degli Studi di Bergamo. 1 In realtà il ricorrente era già titolare di un permesso di soggiorno per motivi di studio e aveva richiesto la conversione al Commissariato di Cecina, ai sensi dell’art. 30, co. 1, lett. c) D. lgs. 286/1998, in relazione agli artt. 24 e 65 della l. 218/1995. 2 Trib. Firenze, decreto n. 266 del 7 luglio 2005. 3 L. 218/1995, art. 65, secondo cui hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa. 4 App. Firenze Dec., 06 dicembre 2006, con nota di V. DE LISA, in NGCC, 2007 – parte prima, 1171 ss.; cfr. pure L. PASCUCCI, Coppie di fatto. Un limite al ricongiungimento familiare?, in Famiglia e Diritto, 2007, 11, 1040. 5 In tale nozione vengono ricompresi il coniuge, i figli minori e maggiorenni se non autosufficienti per ragioni di salute, i genitori che non dispongano di un sostegno familiare adeguato nel paese di origine o provenienza (art. 29, co. 1, D. lgs. 286/1998). 6 Ord. 464/05. 7 Sentt. 45/1980, 237/1986, 127/1997. A proposito della sent. 237/1986 cfr. nota 12. da quelle previste dagli ordinamenti interni, sia l’obbligo per gli Stati di adeguarsi al pluralismo delle relazioni familiari, non necessariamente eterosessuali. Infine secondo la Cassazione la non applicabilità delle direttive 2003/86 e 2004/38 richiamate dai ricorrenti a sostegno delle proprie posizioni, deriva dal fatto che la prima non si riferisce ai familiari dei cittadini dell’Unione, ma ai familiari di cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti nello Stato membro; quanto alla direttiva 38, essa riguarda il cittadino dell’Unione che abbia esercitato il diritto alla libera circolazione e soggiorno nel territorio di uno Stato membro diverso da quello di appartenenza e, nel caso di specie, non troverebbe applicazione in quanto si tratta del ricongiungimento di un cittadino extra comunitario con un cittadino italiano, residente in Italia. Viene poi affrontata, in relazione all’art. 3 cost., la presunta discriminazione fra un cittadino italiano e un cittadino comunitario, in quanto al partner di quest’ultimo sarebbe riconosciuto il diritto al ricongiungimento: la non fondatezza della questione è motivata ricordando che il fenomeno delle cosiddette discriminazioni a rovescio, che rileva sul solo piano interno, consiste in situazioni di disparità a danno dei cittadini comunitari come effetto indiretto dell’applicazione del diritto comunitario8. La Cassazione sottolinea poi che la diversità di trattamento non è legata alla nazionalità ma alla circostanza che sia stato o meno esercitato il diritto di circolazione e di soggiorno in uno Stato dell’Unione diverso da quello di appartenenza. Da ultimo la questione di costituzionalità, che la Corte Suprema ritiene sia stata prospettata dai ricorrenti “in termini generali”, non viene condivisa, in quanto al cittadino italiano potrebbe essere riconosciuto il diritto al ricongiungimento con un partner di un’unione registrata o attestata in un paese che riconosca a questa gli stessi effetti del matrimonio o non richieda che l’attestazione debba provenire necessariamente da parte dello stato di appartenenza9. La pronuncia della Corte di Cassazione di cui si è tentato di illustrare brevemente i contenuti, si presta ad alcune riflessioni. Nessuna osservazione può essere fatta in relazione alla non applicazione della direttiva 38 che esulava dal caso concreto anche se si sarebbe forse potuta assumere quale lente interpretativa. Così pure in relazione alle disposizioni della CEDU (art. 12) di cui la Corte di Cassazione riconosce il valore di “fonte integratrice del parametro di costituzionalità introdotto dall’art. 117, 1° comma” e della Carta di Nizza (art. 9), cui non può essere riconosciuto valore cogente anche se come affermato dalla stessa Corte Suprema, in virtù del suo carattere ricognitivo delle tradizioni costituzionali comuni, dovrebbe costituire uno strumento interpretativo privilegiato. Al contrario suscita qualche perplessità che l’assenza della portata discriminatoria di una normativa che vieti il ricongiungimento ai conviventi, venga ricondotta al discrimine tracciato rispetto alle coppie coniugate. Se su tale punto potrebbe in astratto condividersi la distinzione, trattandosi di situazioni obiettivamente differenti che non possono essere automaticamente equiparate, ciò che non può condividersi è che attraverso tale diversificazione venga esclusa la portata discriminatoria in ragione dell’orientamento sessuale, fittiziamente motivando che la mancata equiparazione fra convivenza e matrimonio sussiste anche per le coppie eterosessuali. In tal senso va evidenziato un aspetto su cui sia la Cassazione, sia la Corte d’Appello hanno mostrato scarsa sensibilità, liquidandola sbrigativamente. La discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale è rinvenibile non nella distinzione fra due situazioni che, come riconosciuto dalla Corte costituzionale, sono di certo distinte ma nel fatto che mentre nel caso di coppie eterosessuali, il matrimonio rappresenta una delle scelte potenzialmente percorribili (accanto alla convivenza more uxorio priva di formalizzazione e all’unione registrata), nel caso di coppie omosessuali questa facoltà non viene riconosciuta, quantomeno nel nostro ordinamento. Il risultato che ne deriva è il diniego di accesso, sulla base dell’orientamento sessuale, ad un istituto, il matrimonio, a cui sono collegati una serie di diritti oltre che di doveri10, tra cui il ricongiungimento, pure ammesso da parte di altri ordinamenti che non riconoscono il matrimonio fra persone dello 8 Art. 2, l. 62/2005 e art. 12 TUE, Corte cost. 443/1997. Come previsto dalla direttiva 38 infatti la restrizione deriva dal mancato esercizio del diritto di circolazione o soggiorno in un altro Stato dell’Unione, che il diritto comunitario considera requisito per l’applicazione della disciplina più favorevole. 10 B. PEZZINI, Uguaglianza e matrimonio. Considerazioni sui rapporti di genere e sul paradigma eterosessuale nel matrimonio secondo la costituzione italiana, in B. PEZZINI (a cura di), Tra famiglie, matrimoni e unioni di fatto. Un itinerario di ricerca plurale, Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Bergamo, Jovene Ed., 2007, 110 ss. 9 stesso sesso11. In tal senso la Cassazione avrebbe potuto colmare una lacuna dell’ordinamento che determina la compressione di un diritto individuale, percorrendo la via dell’interpretazione conforme a costituzione (come pure aveva fatto il giudice di primo grado) e interpretare estensivamente la disciplina. Essa afferma invece come tale lettura non possa certo dirsi “imposta” da alcuna norma costituzionale, ma va sottolineato come ragionando diversamente verrebbe a generarsi un contrasto con gli artt. 2, 3, 29 cost. che invece la Cassazione ha escluso liquidandolo con rapidità in riferimento al solo art. 3. Tuttavia è alla luce dell’art. 2, in combinato disposto con l’art. 29, che si sarebbe potuto procedere ampliando estensivamente la nozione di familiare. La giurisprudenza costituzionale richiamata dalla Suprema Corte se infatti tracciava un discrimine fra famiglia legittima e convivenza more uxorio, aveva tuttavia ribadito come l’inviolabilità dello diritto dello straniero all’unità familiare deve ricevere la più ampia tutela in riferimento alla famiglia nucleare12. Il fatto che nel caso di specie si tratti di una coppia omosessuale non vale per ciò soltanto ad escluderla dal novero della famiglia nucleare, venendosi diversamente a precludere, per le persone omosessuali, la stessa ipotizzabilità di una famiglia13. Peraltro il caso in esame difficilmente potrebbe considerarsi come una convivenza more uxorio, priva dei caratteri della stabilità e della certezza, in quanto comprovata da una attestazione da parte di una pubblica autorità, sia pure di uno Stato estero. Questo aspetto offre un’ulteriore riflessione in relazione all’ipotesi che qualora il caso avesse riguardato non un’unione registrata ma un matrimonio (pure ammesso in molti stati, europei14 ed extraeuropei, fra persone dello stesso sesso) l’esito sarebbe stato diverso; ma come testimoniato dalla giurisprudenza che ha avuto modo di occuparsi del tema ci sono ampi margini per nutrire dubbi in proposito15. Riguardo alla questione di costituzionalità, la Cassazione in un inciso conclusivo ne esclude la rilevanza, “così come prospettata in termini generali”, aprendo forse uno spiraglio nell’eventualità in cui la questione sia maggiormente circostanziata e strutturata. Tuttavia tale riflessione non può non tenere in adeguata considerazione il fatto che la delicatezza del tema avrebbe posto la Corte costituzionale nella condizione di affrontare una materia sulla quale è emersa la difficoltà di intervento da parte del legislatore, palesata dai numerosi progetti di legge (rimasti tali16). Peraltro a breve la Consulta dovrà occuparsi della tematica delle coppie omosessuali, vagliando la costituzionalità delle disposizioni che non consentono alle persone di orientamento omosessuale di contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso17. Per quanto riguarda il limite dell’ordine pubblico, limite posto dalla legge per la produzione di effetti in sede nazionale dei provvedimenti da parte di autorità di altri stati, questo non viene affrontato per l’assorbimento da parte delle precedenti censure18. Richiamando quanto affermato in sede di 11 La Finlandia e la Francia consentono il ricongiungimento familiare anche al partner omosessuale extracomunitario, in base all’art. 3, co. 2, lett. b), della direttiva 2004/38, che consente di offrire tutela ai rapporti di fatto. 12 Cfr. la posizione della Corte costituzionale che nell’affermare l’opportunità di un intervento legislativo, ricorda la non irrilevanza dei rapporti consolidati ancorché di fatto, quando si abbia riguardo al riconoscimento offerto alle formazioni sociali ex art. 2 cost. (sentt. 6/1977, 237/1986). 13 B. PEZZINI, op. cit, 110. 14 Oltre ad Olanda, Belgio, Spagna, Norvegia, recentemente anche la Svezia ha aperto l’istituto del matrimonio alle coppie eterosessuali. 15 Tribunale Latina, decreto 10 giugno 2005, su cui M. CASINI, M.L. DI PIETRO, Il matrimonio tra omosessuali non è vero matrimonio, in Il diritto di famiglia e delle persone, 2006, fasc. 2, 606 ss; A. SINAGRA, Matrimonio omosessuale validamente celebrato all’estero ed ordine pubblico italiano, in Il diritto di famiglia e delle persone, 2006, fasc. 2, 622 ss.; F. RICCO, Matrimonio tra persone dello stesso sesso: spunti di analisi critica, in Lo stato civile italiano, 2006, 8, 579 ss.; cfr. pure il giudizio di appello: App. Roma, 13 luglio 2006 (decr.); cfr. pure Tribunale di Roma, 28 giugno 1980, Cass. 7877/2000. Tuttavia vi sono state alcune aperture in materia di sublocazione di immobile (Tribunale Roma, 20 novembre 1982, n. 13445), qualifica di obbligazione naturale alle donazioni fra conviventi (Tribunale Firenze, 11 agosto 1986), diritto di astenersi dal testimoniare contro il partner (Corte di Assise Torino, 19 novembre 1993). 16 Numerose sono state le proposte di legge in materia di coppie omosessuali (ad oggi 39). 17 Ci si riferisce alla ordinanza di rinvio alla Corte costituzionale del Tribunale di Venezia del 3 aprile 2009, con cui è stata sollevata questione di legittimità costituzionale degli articoli 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis e 243 c.c. (rimettendo alla Corte la valutazione di eventuali illegittimità consequenziali) per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e co. 1, 117 cost. 18 Su questo ultimo punto la Cassazione evita di approfondire la scivolosa questione circa la contrarietà all’ordine pubblico della normativa straniera invocata dai ricorrenti, sostenendo di dover semplicemente verificare la sussistenza di requisiti soggettivi richiesti dalla normativa in materia di immigrazione per il rilascio del permesso di soggiorno e non di dichiarare uno status o un diritto della personalità del ricorrente. Appello, senza peraltro approfondire la questione e in contrasto con il giudice di primo grado19, la qualifica di conviventi di fatto a persone dello stesso viene definita come certamente contraria all’ordine pubblico italiano, tanto più se interpretata come costitutiva anche della qualità di familiari, intesa come coppia assimilabile ai coniugi, ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno. Un altro profilo discriminatorio potrebbe rilevarsi fra cittadini italiani e cittadini comunitari, configurando il diritto al ricongiungimento quale posizione giuridica soggettiva non autonoma ma funzionale rispetto alla libertà di circolazione entro il territorio dell’Unione. Nella sentenza viene affermato come in mancanza di uno spostamento fra almeno due paesi membri, il ricongiungimento familiare fra un cittadino italiano residente in Italia che voglia qui riunirsi col familiare straniero viene a ricadere nell’ambito dell’applicazione delle norma sull’immigrazione, trattandosi di una fattispecie interna. A tale proposito vi è ritenere che ove la questione venisse presentata da un cittadino comunitario, partner di fatto di un cittadino extracomunitario e trasferitosi in Italia con l’intenzione di avvalersi della libertà di circolazione o soggiorno, l’esito andrebbe nel senso di riconoscere il diritto al ricongiungimento familiare, pure se in presenza di una coppia omosessuale. Se infatti è vero che la direttiva 2004/38 è stata inutilmente invocata, non potendosi il caso in esame farsi rientrare nelle fattispecie da essa disciplinate, è tuttavia ipotizzabile che la Corte di Giustizia verrà chiamata ad occuparsi dei vincoli posti dalla normativa italiana, sotto il profilo della libertà di circolazione e soggiorno delle coppie omosessuali20. Per quanto riguarda poi l’ambito interno è altrettanto facile ipotizzare che ai giudici sarà preclusa una analoga via di fuga ad un problema a cui il legislatore si è finora rifiutato di porre rimedio, riconoscendosi altrimenti la legittimità del diniego di accesso ad un istituto sulla base del proprio orientamento sessuale e lasciando persistere nell’ordinamento italiano una discriminazione in tal senso, vigente l’art. 3 cost.21. Se pure è vero che “il riconoscimento delle nuove realtà di tipo familiare (…) deve trovare ingresso nella sede e nelle forme istituzionali”22, va però ricordato come nell’inerzia del legislatore spetti comunque al giudice la risoluzione dei casi concreti nel rispetto dei principi costituzionali23, di cui l’art. 3 costituisce l’asse portante. 19 Secondo il Tribunale di Firenze il provvedimento straniero non si può dire contrario all’ordine pubblico in quanto “è pacifico nel nostro ordinamento che la coppia di fatto omo o etero sessuale non solo ha una rilevanza sociale, ma ha ottenuto anche specifici riconoscimenti giuridici, da ultimo nella legge n. 154/2001”. 20 Recentemente, F. VARI, Famiglia e competenze dell’Unione: potenziale conflitto?, in Quad. cost., 2008, I, 160-2. La Corte di Giustizia si è occupata a più riprese del tema delle coppie omosessuali. Tra i numerosi casi: Reed, 17 aprile 1986, causa 59/85; Tribunale di 1° grado, sentenza 17 giugno 1993, Arauxo-Dumay c. Commissione, causa T-65/92, C – 122/99 P e C 125/99, D. v. Consiglio; C – 117/01, K.B. v. National Health Service Pensions Agency; C – 249/96, Grant. 21 Cfr. nota 17 del presente lavoro. 22 Cfr. App. Firenze Dec., 06 dicembre 2006. 23 M. GATTUSO, Appunti sulla famiglia naturale e il principio di uguaglianza (A proposito della questione omosessuale), in Questione giustizia, 2007, 2, 261 ss.