16 TEATRO SPETTACOLI domenica 11 marzo 2012 FINO A STASERA È IMPEGNATO ALL’ACACIA NEI PANNI DI “CAPITAN UNCINO” NELLO SPETTACOLO “PETER PAN” Pietro Pignatelli, artista a tutto tondo di Mimmo Sica NAPOLI. Pietro Pignatelli, napoletano doc, ha iniziato la sua formazione all’Accademia di arte drammatica del teatro Bellini di via Conte di Ruvo. Ha seguito corsi di recitazione e di dizione e ha studiato canto con il soprano Elisa Turrà. Il suo grande maestro, il “padre artistico”, come lo ama definire, è stato Renato Carpentieri. Grazie anche ai suoi insegnamenti oggi “Piè”, per gli amici, è sicuramente una punta di diamante del teatro di casa nostra. Artista a tutto tondo, ha maturato esperienze televisive e cinematografiche, ma il suo grande amore resta il teatro con un occhio particolare rivolto a quello di impegno civile. “Grease”, “C’era una volta... Scugnizzi”, “Pinocchio”, “Il Pianeta proibito”, “Bharati”. Oggi è Capitan Uncino in “Peter Pan” fino a stasera in scena al teatro Acacia. Ad ammirare le sue gesta stasera, per l’ultima replica, anche Edoardo Bennato, autore delle musiche. Una particolare propensione per il musical, perché? «Ho sempre seguito sia la recitazione che il canto. A 18 anni avevo un gruppo musicale con i miei amici, “I Samarcanda”, e facevamo un sacco di serate anche con le dirette radiofoniche. Contemporeamente studiavo recitazione. Durante uno dei tanti laboratori musicali un’amica mi disse che dovevo assolutamente andare a Milano per fare un’audizione per “Grease” con Lorella Cuccarini. Dopo una notte insonne, presi lo zaino e partii. Arrivai e trovai la neve, ma anche Lorella Cuccarini che mi volle nel suo spettacolo. Avevo 24 anni e iniziai il mio percorso nel mondo del musical. Mi diverto tantissimo perché questo genere di spettacolo mi dà la possibilità di Pietro Pignatelli (Foto G. Valenza) esprimermi in più modalità artistiche. Il musical, si sa, ha tre discipline fondamentali e cioè canto, recitazione e danza per cui si arriva al pubblico con più strumenti. In “Peter Pan”, in particolare, ho la possibilità di parlare a giovanissimi e ad adulti perché le favole sono per tutti e ciascuno può cogliere in esse quelle sfumature che meglio gli si addice». L’esperienza artistica alla quale è legato maggiormente? «Nella mia vita artistica ho avuto esperienze straordinarie. “Bharati” è una di queste. Fui selezionato da una produzione israelo-indiana per un musical sull’India e girato lì. Una bellissima storia d’amore che mette in contrapposizione l’India moderna a quella classica, facendo emergere le profonde contraddizioni e differenziazioni tra le due realtà, e nella quale io sono il “sutradan”, il narratore. Nel mio cuore, però, è saldamente ancorata e scolpita quella fatta con il grande Luciano Pavarotti per uno spot pubblicitario. Per due settimane siamo stati su una zattera, in mezzo al mar dei Caraibi, soli io e lui. Ho avuto modo di capire non tanto l’artista, ma l’uomo. Era una persona straordinaria, semplice e di una genuinità solare. Ogni anno organizzava il “Pavarotti & friends”, una manifestazione canora nella quale duettava con il cantante invitato. Ricordo che alla conferenza stampa di uno di questi incontri, ero in fila con tantissimi vip della canzone. Mi vide e urlò “Tino, Tino”, così mi chiamava, e mi fece andare vicino a lui. Mi disse “portami a mangiare. A proposito, tua madre come la fa la pasta e patate con la cotenna?”. Allora io telefonai a mamma, me lo feci spiegare e glielo riferii». Che cosa le ha dato l’esperienza di conduttore della trasmissione televisiva per bambini “L’albero azzurro”? «Ho da poco pubblicato, con la “New music”, “Quante storie”, un cofanetto di musiche e storie, cantate e suonate da me, che affrontano problematiche particolarmente delicate riguardanti i bambini. Sono 14 storie, scritte con Angelo Ruta e Simona Bonariva, le musiche sono di Angelo Giovagnoli, ognuna con un tema. Per esempio i bambini e la paura, i bambini e la violenza, i bambini e la separazione dei genitori, i bambini e il lavoro minorile. Questo lavoro nasce proprio dall’esperienza fatta con “L’albero azzurro” e dai miei studi di psicologia evolutiva». Molto impegno anche nel sociale, perché? «Dal mestiere che faccio ho imparato che l’attore deve essere protagonista del suo tempo. L’attore non può esimersi dal prendere una posizione sociale e politica, naturalmente non quella dei partiti, e deve servire cioè rendersi utile alla causa che ha scelto. E in questa ottica mi sono espresso nel teatro civile con spettacoli di giovani per i giovani. In questo percorso una pietra miliare è “Lunga è la notte”, ispirato al poemetto di Peppino Impastato. Uno spettacolo dove ci sono attori, cantanti e ballerini. La protagonista dei cinque siparietti sulla legalità è la brava attrice e cantante Anna Capasso, che si sta affermando in vari ambiti, che si è misurata anche in quello della “sceneggiata”, genere che amo moltissimo perché è una ricchezza unica del patrimonio artistico napoletano. Ho scritto, ancora, “Mi rifiuto”, dove affronto problemi sull’ambiente, e due spettacoli sul tema della libertà, “Vincent” e “Il poeta volante”. Il primo parla degli ultimi mesi della vita di Van Gogh trascorsi in manicomio. Il secondo è la storia di Paolo de Bosis, un poeta che nel 1931 sorvolò Roma lanciando volantini contro il fascismo e che morì precipitando con l’aereo sull’isola d’Elba». Ha in cantiere nuovi lavori sul sociale? «Nell’immediato c’è uno spettacolo che ho fatto di recente con l’associazione “Il poeta volante” che costituii con alcuni amici, con i quali condivido la passione per il teatro civile, contestualmente all’allestimento dell’omonimo spettacolo. Parla della storia di Dino Campana, il poeta maledetto, e della sua relazione con Sibilla Aleramo. Un’analisi sui lati oscuri dell’amore. Nel mio impegno civile, oltre all’esperienza fatta con don Luigi Ciotti, c’è quella con il cardinale Crescenzio Sepe. Con lui sto seguendo un percorso di crescita formativo, anche mio. Mi sta facendo presentare moltissime manifestazioni tra cui l’asta annuale di beneficenza». Il sogno nel cassetto? «Una rubrica in televisione tutta mia che riguardi l’arte in generale e che sia quanto più trasversale possibile». L’ARTISTA SALENTINA REDUCE DA SANREMO E Dolcenera alla “Feltrinelli” racconta il rapporto con Napoli di Fabio Fiume NAPOLI. Nel nuovo centro “Feltrinelli express”, situato nella stazione centrale di Napoli, l’incontro con Dolcenera (nella foto), l’artista salentina reduce dal Festival di Sanremo, dove ha presentato il brano “Ci vediamo a casa”, sesto classificato in quel della manifestazione, che le ha dato l’opportunità di ripubblicare l’album “Evoluzione della specie”, disco i cui singoli sono stati accolti in maniera eccezionale dalle radio, ma che non ha ricevuto grandi riscontri di vendita, in versione arricchita; nella nuova veste del lavoro, oltre al brano di Sanremo, spicca infatti il duetto con Prefossor Green, “Read all about it”, che ha spopolato a cavallo tra il 2011 ed il 2012 ed altri due inediti. L’accoglienza da parte dei fans accorsi per l’occasione è buona, anche se la cantante arriva con un considerevole ritardo, tale che l’intervista concessa a Ida Di Martino di Radio Kiss Kiss Italia, si rivelerà in realtà molto più breve dello sperato. Giusto il tempo di ricordare quando, proprio in uno degli alberghi di piazza Garibaldi, la cantante ha soggiornato in occasione della sua partecipazione nel 2002 a “Destinazione Sanremo”, show evento in tre mesi, condotto dall’inedita coppia Cecchetto & Baudo, andato in onda su Raidue ed in cui attraverso una gara, si sceglievano i partecipanti alla sezione “Giovani” del festival dell’anno successivo; In quella occasione Manuela (questo il suo vero nome), racconta di essersi goduta Napoli, IN “RITORNANTI, PAROLE DA UN NON LUOGO” Moscato in... viaggio NAPOLI. “Ri-tornare, ri-percorre- re, ri-sentire, ri-pronunciare, è, forse, l’atteggiamento che pratico di più, e più spesso, con le mie cose di teatro”. Così Enzo Moscato inizia la nota di presentazione di “Ritornanti, parole da un non luogo”, lo spettacolo in scena da martedì a domenica al teatro San Ferdinando, di cui è autore, regista e interprete, con Cristina Donadio, Carlo Guitto e Giuseppe Affinito. Presentato dalla Compagnia Teatrale di Enzo Moscato, lo spettacolo - che sostituisce il titolo “Sull'ordine e il disordine dell'ex macello pubblico” della compagnia annunciato dal cartellone - è un viaggio a ritroso nel teatro dell’autore napoletano. Con la complicità di fidi compagni - tra cui Cristina Donadio, da sempre attrice di riferimento del regista - rivivranno in scena “pezzi”, “brani” e “frammenti” di testi e di pièce cari all’autore, riproposti “per farli agire, Lʼattore Enzo Moscato respirare, dibattersi, accanto o dentro un nostro spirito cambiato, nuovo; accanto o dentro un nostro differente modo di capirli o percepirli, e, con essi, con questi “altri” sentimenti, investirli, nutrirli, vivificarli. In una parola: ri-amarli”. Le scene e i costumi dello spettacolo sono di Tata Barbalato. di aver visto posti bellissimi e soprattutto di aver mangiato meravigliosamente bene, anche in luoghi in cui, in apparenza, non si sarebbe mai fermata. Dichiara poi altresì di essere riuscita a dire in questo album, tutto quello che aveva da comunicare in questo momento, come dovrebbe essere per chiunque scrive le proprie canzoni; raccontarsi e raccontare la personale visione delle cose, permettendo agli altri, magari leggendo tra le righe dei testi, di capire fino in fondo il pensiero di chi ascoltano. Pertanto “Evoluzione della specie 2” (così è stata ribattezzata la ristampa) è ancor più fotografia di ciò che realmente è Dolcenera adesso, mettendo anche un po’ da parte la rabbia, poco nascosta, di testi come “Il sole di domenica” o per lo meno mischiandola alla positività di un brano come “Ci vediamo a casa”, in cui resta di fondo la voglia di riscatto e di speranza dei giovani di oggi, nonostante i problemi comuni. Sul come mai invece abbia virato sull’elettronica, per gli arrangiamenti di questo disco, Dolcenera spiega che era un po’ stanca di interpretazioni melodrammaticche, che in questo momento non la rappresentano e di essere stata influenzata da molti gruppi, soprattutto francesi, di cui, di tanto in tanto è solita anche postare dei titoli di lavori su Twitter, per condivederli con i fans. Intanto proprio coi fans, magari per la stanchezza dovuta al saltellare tra un impegno e l’altro, o forse per la delusione di non esser riuscita a mangiare una tanto agognata pizza, o semplicemente per una ripartenza troppo repentina, la cantante non sembra proprio interessata ad interagire; non vuole baci, vuole firmare solo le copie del cd ed evitare quanto più possibile foto e contatti. Insomma, non ci è sembrata tanto una bella cosa. Frattempo la seconda versione di “Evoluzione della specie”, si è riarrampicata fino alla 23ª piazza della classifica dei dichi più venduti, riuscendo a portare a circa 10mila copie, il risultato di vendita di un disco, che era effettivamente andato troppo al di sotto delle aspettative e per cui Sanremo forse rappresentava l’ultima speranza per rianimarlo. AL TEATRO NUOVO SI CONCLUDE OGGI LA RASSEGNA “NON SOLO SOLO” Il dramma ignorato dalla società NAPOLI. Si conclude oggi “Non solo solo”, la rassegna di danza contemporanea che al teatro Nuovo ha messo in scena il complesso mondo delle sperimentazioni fino a sfociare nella provocazione come nel caso dell’attesissimo “Your Girl” che ha portato in scena la nudità di Chiara Bersani, l’attrice affetta da nanismo. Ma lo spettacolo che ha raccolto più consensi riempiendo la sala grande del teatro Nuovo è stato quello di Guy De Bock, il coreografo belga con un passato da primo ballerino insieme a Rudolf Nureyev all’Opera di Parigi e all’Opera di Sofia. De Bock nel suo spettacolo “Luci, ombre, opposti” ha portato in scena Emilio Caruso, Sonia Di Gennaro, Antonella Migliore, Nicola Picardi, che tra sedie, tavoli, scale, hanno rappresentato in dramma della solitudine, non solo quella imposta dai ritmi frenetici del nostro tempo, ma quella più intima, quella dell’anima a cui nessun dottore sa trovare cura. I quattro “danzattori” si sono esibiti in assoli, passi a due intervallati dalla recitazione di versi di filosofi greci e testi tratti dall’“Elogio alla follia” di Erasmo da Rotterdam, di Antonella Migliore, della scrittrice Sarah Kane. La luce, grande protagonista dello spettacolo, ha messo in evidenza tramite il suo opposto, l’ombra, i corpi di individui che sulla scena, come calamite si attraggano, si respingono, si uniscono, si dividono, si capiscono, si scontrano traghettando il pubblico in un’atmosfera surreale. Le suggestive musiche di Christophe Zurfluh sono state interrotte dalla provocazione della “danzattrice” bendata Antonella Migliore che ha abbandonato il palco per irrompere in platea e coinvolgere il pubblico sul tema della follia. Vera provocazione della rassegna è stata proprio il racconto del dramma di una solitudine inespressa, mascherata, ignorata dalla società contemporanea che non si scandalizza più per un nudo ma che considera ancora tabù il dramma della malattia mentale.