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DAVIDE GIROLA - ANGELA VENNARI
CAPITOLO 1
CORONAROPATIE
INTRODUZIONE
Per vivere e per svolgere la sua funzione di pompa, contraendosi e rilasciandosi ritmicamente, il muscolo cardiaco
(miocardio) ha bisogno del continuo, incessante apporto di
sangue. Questo giunge al cuore attraverso le arterie coronarie. Le coronarie sono due, la destra e la sinistra e originano
dall’aorta, in prossimità della sua origine.
Scorrendo quindi superficialmente, esse circondano il cuore
in senso trasversale formando come una corona attorno ad
esso. Da ciò deriva appunto il loro nome coronarie.
Il circolo coronarico normale è influenzato in modo preponderante dalle richieste miocardiche di ossigeno; queste
richieste sono soddisfatte grazie alla capacità del cuore di
variare considerevolmente le resistenze vascolari coronariche (e quindi del flusso coronarico), mentre il miocardio
estrae una quota di ossigeno elevata e relativamente fissa.
Nel corso dell’esercizio fisico o in caso di stress emotivo, la
necessità di un aumentato apporto di ossigeno determina
una modificazione del tono delle resistenze vascolari coronariche che in questo modo regolano la perfusione di sangue e quindi la disponibilità di ossigeno del miocardio (regolazione metabolica).
Questi stessi vasi si adattano ad alterazioni fisiologiche
della pressione arteriosa in modo tale da mantenere un flusso coronarico a livelli appropriati alle necessità del miocardio (autoregolazione).
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DEFINIZIONE
Un difettoso apporto di sangue al miocardio, in una parte più
o meno vasta di esso, per un ostacolo al flusso all’interno
delle coronarie, è alla base della più frequente delle malattie
cardiache: la cardiopatia ischemica e cioè l’infarto e l’angina
pectoris. L’ostacolo al flusso, che può essere dovuto ad un
semplice restringimento di una coronaria fino alla sua completa ostruzione è, in generale, dato da una patologia della parete
delle arterie, che colpisce, oltre alle coronarie, altri distretti
arteriosi: le aterosclerosi. La causa più comune di ischemia
miocardica è rappresentata dalla malattia aterosclerotica delle
arterie coronariche epicardiche. Restringendo il lume di questi
vasi, l’aterosclerosi provoca una riduzione assoluta della perfusione miocardica a riposo o limita un appropriato incremento
della perfusione quando la domanda è aumentata. Il flusso
coronarico può anche essere ridotto a causa di trombi arteriosi, di spasmo e, raramente, di emboli coronarici.
L’ischemia miocardica può manifestarsi anche in caso di
domanda di ossigeno del miocardio aumentata oltre la
norma (ipertrofia ventricolare), o anche nei casi di riduzione
della capacità di trasporto dell’ossigeno da parte del sangue (gravi anemie).
ATEROSCLEROSI
CORONARICA
L’aterosclerosi è una patologia che si manifesta tipicamente
nella popolazione anziana, tuttavia in alcuni casi compare precocemente, al di sotto dell’età di 50 anni.
Si ritiene che i principali fattori di rischio per questa patologia
(vedi tabella) interferiscano con le normali funzioni della parete delle arterie. Questa disfunzione della parete porta alla
deposizione a livello della stessa di grassi e di cellule, viene
cioè a formarsi la placca aterosclerotica, che si sviluppa a velocità irregolare in segmenti differenti dell’albero coronarico e
determina la riduzione segmentale dell’aria di sezione delle
coronarie. Vari lavori sperimentali hanno dimostrato che quando una stenosi riduce l’aria di sezione di circa il 75%, non è più
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possibile un pieno incremento del flusso in risposta a una
aumentata metabolica del miocardio; quando l’aria di sezione è
ridotta di circa l’80% , anche il flusso a riposo può risultare ridotto e un ulteriore diminuzione dell’orifizio stenotico può ridurre
drammaticamente il flusso e provocare ischemia miocardica.
La sede dell’ostruzione condiziona l’estensione dell’aria ischemica e la gravità delle manifestazioni cliniche.
Fattori di rischio per aterosclerosi
• Sesso maschile
• Anamnesi familiare di cardiopatia ischemica
insorta prima dei 55 anni in un genitore o in un fratello
• Iperlipidemia
• Fumo di sigaretta (abitualmente più di 10 sigarette/die)
• Ipertensione
• Bassi livelli di colesterolo HDL
• Diabete mellito
• Iperinsulinemia
• Obesità localizzata prevalentemente a livello addominale
• Livelli elevati di lipoproteina a
• Anamnesi positiva per malattia cerebrovascolare
od occlusioni vascolari periferiche
EFFETTI
DELL’ISCHEMIA
L’inadeguata ossigenazione provocata dall’aterosclerosi coronarica può provocare disturbi transitori delle funzioni meccaniche, biochimiche ed elettriche del miocardio.
Quando gli eventi ischemici sono transitori, il sintomo caratteristico è l’angina pectoris, ma quando sono prolungati possono determinare una necrosi miocardica con o senza il quadro clinico dell’infarto miocardico acuto.
La reversibilità o meno del danno e l’eventuale sviluppo di
necrosi miocardica sono determinati dalla gravità e dalla
durata dell’inadeguata perfusione.
L’ischemia causa anche modificazioni elettrocardiografiche
caratteristiche (inversione onda T, sottoslivellamento o
sopraslivellamento del tratto ST).
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MANIFESTAZIONI
CLINICHE
La coronaropatia aterosclerotica spesso inizia a svilupparsi
prima dei 20 anni ed è estremamente diffusa tra gli adulti asintomatici nel corso della loro vita. Considerando tutte le fasce
di età, la cardiopatia ischemica risulta essere la causa di mortalità più frequente sia tra gli uomini sia tra le donne.
Le valutazioni ergometriche eseguite su persone asintomatiche
possono dimostrare la presenza di un’ischemia miocardica
silente, per esempio modificazioni elettrocardiografiche indotte
dallo sforzo non accompagnate da angina; in queste persone
spesso la coronarografia rivela una coronaropatia ostruttiva.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che circa il 25% degli
infarti miocardici acuti non viene diagnosticato e che questi
infarti presentano la stessa prognosi negativa di quelli che si
manifestano con la classica sindrome clinica.
Al contrario la fase sintomatica della cardiopatia ischemica è
caratterizzata da precordialgie dovute ad angina pectoris o a
infarto miocardico acuto; il decorso in questa fase può essere
stabile o progressivo; si può osservare un ritorno alla fase
asintomatica o una morte improvvisa.
Si possono avere anche casi di angina pectoris cronica stabile
dovuti a episodi di ischemia miocardica transitoria. Gli episodi
di angina sono classicamente provocati dallo sforzo, o da emozioni e sono risolti dal riposo.
La soglia per la comparsa di angina pectoris varia da soggetto a soggetto, nelle ore della giornata e in rapporto alle condizioni emotive del paziente.
Il segno caratteristico dell’ischemia miocardica è il disturbo al
torace di solito descritto come una sensazione di peso, di
oppressione, bruciore o fastidio, e solo raramente come franco dolore. Quando si chiede al paziente di localizzare la sensazione, abitualmente egli comprime lo sterno, a volte con il
pugno chiuso per indicare la sede centrale e sottosternale del
disturbo. La sensazione si può irradiare alla spalla sinistra e a
entrambe le braccia, soprattutto alle superfici ulnari dell’avambraccio e della mano; può anche diffondersi al dorso, al collo,
alla mandibola, ai denti e all’epigastrio.
Meno classicamente le manifestazioni possono manifestarsi a
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riposo e di notte quando il paziente dorme (angina pectoris
instabile); il paziente può essere svegliato di notte dal tipico
disturbo toracico (angina da decubito) e dalla dispnea.
DIAGNOSI
Elettrocardiogramma
Un ECG normale non esclude la diagnosi di cardiopatia ischemica, comunque la presenza di alcune anomalie caratteristiche
nel tracciato a riposo può confermare la diagnosi. Nella metà
circa dei pazienti che presentano angina pectoris tipica, la registrazione dell’ECG a riposo è normale, mentre possono essere presenti segni di pregressi infarti miocardici.
L’esecuzione di elettrocardiogrammi seriati è particolarmente
utile nel caso di un infarto pregresso o in evoluzione.
Coronarografia
Questa metodica diagnostica invasiva permette di delineare
l’anatomia delle coronarie ed è quindi utile nell’evidenziare o
nell’escludere l’aterosclerosi coronarica; consente di stabilire
la gravità delle lesioni ostruttive e di studiare, se eseguita in
associazione con una ventricolografia, la funzione globale o
regionale del ventricolo sinistro.
ECG
DA SFORZO
È l’esame non invasivo di prima scelta per la diagnosi di cardiopatia ischemica e la selezione dei pazienti da indirizzare ad
accertamenti più complessi.
Per la sua interpretazione sono però fondamentali le informazioni cliniche ed anamnestiche del paziente.
L’esame diagnostico di riferimento per la cardiopatia ischemica
è la coronarografia. Poiché si tratta, però, di una pratica invasiva, sono necessari altri test praticabili di routine per confermare il sospetto clinico di angina pectoris, e per la selezione dei
pazienti da avviare all’esame radiologico. L’ECG da sforzo è il
test più usato a questo scopo.
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Utilità dell’ECG da sforzo
• Diagnosi di cardiopatia ischemica in pazienti con dolore toracico
Valutazione
funzionale, del rischi e della prognosi in pazienti
•
con cardiopatia coronarica o pregresso infarto
Valutazione
dell’efficacia della terapia
•
Valutazione
prima e dopo l’intervento di rivascolarizzazione
•
• Valutazione di aritmie in casi particolari
L’ECG da sforzo è un normale tracciato elettrocardiografico,
che viene eseguito prima a riposo e successivamente nel corso
di un esercizio fisico standardizzato e progressivamente incrementato. Lo sforzo si misura in watt, ma il dato di riferimento
per valutare l’intensità relativamente al singolo soggetto è la
frequenza cardiaca raggiunta. Contestualmente si misura la
pressione arteriosa per valutarne l’incremento e per calcolare il
cosiddetto doppio prodotto, indice del lavoro cardiaco ricavato
dalla moltiplicazione del valore di pressione sistolica per la frequenza cardiaca al minuto. Sono tre gli esercizi standardizzati: il
test dei gradini di Master è stato pressochè abbandonato; quello del tappeto rotante viene usato per lo più nelle persone
anziane, perché è semplice, o dopo un infarto, mentre di uso
corrente è soprattutto il test al cicloergometro (una cyclette),
che permette di regolare l’intensità dello sforzo aumentando la
resistenza dei pedali al movimento.
Sono disponibili tabelle che specificano la frequenza cardiaca
che deve essere raggiunta perché lo sforzo effettuato sia massimale o sottomassimale, in base all’età e al sesso. In genere
si cerca di raggiungere quello massimale, mentre uno inferiore
è indicato in situazioni di rischio, come per esempio in caso di
recente infarto. L’incapacità del soggetto di raggiungere la frequenza cardiaca prevista (per esempio per insufficiente forma
fisica o per limitazioni nei movimenti) rende la prova incompleta
e non consente di trarre informazioni in caso di negatività, ma
ne può dare ugualmente in caso di positività.
Diversi farmaci e alcune particolari condizioni possono interferire con la valutazione. Perciò in alcuni casi le cure debbono
essere sospese con un certo anticipo.
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Interferenze con ECG da sforzo
FARMACI
ALTRE CONDIZIONI
Digitale
Anomalie elettrolitiche
Triciclici
Batabloccanti
Iperventilazione
Prolasso mitralico
Nitroderivati
Ipertrofia ventricolare sx
Calcioantagonisti
S. di Wolff-Parkinson-White
Anomalie di ECG a riposo
Blocco di branca sx
Ritardo di conduzione
ventricolare sx
I segni di ischemia miocardica si manifestano principalmente con
un sottoslivellamento del tratto ST; la digitale rende l’esame difficilmente interpretabile proprio per questo motivo (un test negativo ha però la stessa validità anche sotto terapia digitalica).
Secondo l’American Heart Association, l’ECG da sforzo può
causare infarto del miocardio in circa un caso ogni 2.500 prove.
La morte è rarissima e riportata in meno di un caso su 40.000,
mentre aritmie gravi che richiedono una defibrillazione possono
verificarsi in circa un caso ogni 1.250. Le controindicazioni assolute e relative sono indicate nella tabella qui sotto.
Controindicazioni all’ECG da sforzo
ASSOLUTE
RELATIVE
• Infarto miocardico da meno di 48 ore
• Stenosi del tronco coronarico sx
• Angina instabile
• Stenosi valvolari moderate
• Aritmie sintomatiche non controllate
• Ipertensione arteriosa grave
• Stenosi aortica grave
• Anomalie elettrolitiche
• Scompenso cardiaco non controllato • Tachiaritmie o bradiaritmie
• Embolia o infarto polmonare
• Miocardiopatia ipertrofica
• Miocardite o pericardite acuta
• Incapacità fisica o psichica
• Aneurisma aortico dissecante
• Blocco atrioventricolare di alto grado
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L’insorgenza di aritmie gravi (incluso il blocco atriovantricolare), la comparsa di una depressione del tratto ST di oltre
4 mm, di insufficienza circolatoria periferica (pallore, diminuzione del polso, caduta pressoria, vertigini ecc), di dolore
toracico anginoso o di marcata dispnea comportano l’interruzione dell’esame. L’American Heart Association e
l’America College of Cardiology elencano, inoltre, numerose
condizioni in cui l’ECG da sforzo non è indicato o comunque
non è di provata utilità.
Casi in cui l’ECG da sforzo non è utile
Lo screening periodico o occasionale di soggetti asintomatici
La valutazione di soggetti sedentari che programmano
l’inizio di attività fisica
I
• pazienti con alta o bassa probabilità pre test
di cardiopatia ischemica
• Il monitoraggio periodico o routinario (in assenza di
variazioni cliniche) di pazienti con cardiopatia ischemica già nota
• La valutazione di pazienti con fattori di rischio cardiovascolare
anche multipli
• La valutazione di aritmie, specialmente di battiti ectopici
ventricolari isolati
• Il monitoraggio periodico in soggetti con precedente
intervento di rivascolarizzazione in assenza di variazioni cliniche.
•
•
INDICAZIONI
CERTE PER ESEGUIRE UN
ECG
DA SFORZO
L’indicazione principale di interesse per la medicina generale è
la diagnosi di cardiopatia ischemica in soggetti con dolore toracico, ma ci sono comunque altre indicazioni.
Diagnosi di cardiopatia ischemica
• Soggetti adulti e probabilità pretest intermedia
di coronaropatia
Valutazione rischi e prognosi in pazienti
con sintomi o precedente ischemia
• Valutazione iniziale per sospetta o accertata cardiopatia ischemica
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•
Pazienti con cardiopatia ischemica nota e significativa
variazione dei sintomi
Dopo infarto miocardico
• Prima della dimissione per la prognosi, la prescrizione
dell’attività fisica e la valutazione della terapia
• 2-3 sett dopo l’infarto se non effettuata prima della dimissione
• 3-6 sett dopo la dimissione se il precedente test
era submassimale
Prima e dopo interventi di rivascolarizzazione
Per dimostrare l’ischemia prima dell’intervento
Nei pazienti con ricorrenza di angina dopo l’intervento
•
•
Aritmie
• Per la regolazione di pace maker dipendenti dalla frequenza
Una volta effettuato l’esame, vanno prese in considerazione la
sensibilità e la specificità dei segni elettrocardiografici rilevabili
sottosforzo e nella fase immediatamente successiva.
I dati da considerare sono il sottoslivellamento dell’ST, l’insorgenza di angor durante lo sforzo o nel recupero, il carico di
lavoro al quale compaiono le alterazioni o l’angor (che ha anche
un significato prognostico), le variazioni pressorie da sforzo e
l’insorgenza di aritmie ventricolari.
Il dato più affidabile del test a cui porre l’attenzione è il sottoslivellamento del tratto ST. specificità e sensibilità sono strettamente correlate alla sua entità espressa in millimetri. Nelle
donne il risultato è probabilmente meno specifico che nell’uomo.
COME
RIDURRE IL RISCHIO DI CARDIOPATIA ISCHEMICA
Una grande mole di dati scientifici ha ormai ampiamente documentato che gli interventi di riduzione del rischio globale di
morte o di attacco cardiaco in pazienti con cardiopatia ischemica sono in grado di:
• prolungare la sopravvivenza
• migliorare la qualità di vita
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•
ridurre il rischio a procedure diagnostiche e terapeutiche
interventistiche, quali l’angioplastica coronarica
e il by-pass aorto-coronarico
• ridurre l’incidenza di infarto miocardico.
Ciononostante, nella pratica clinica, si assiste in genere ad una
applicazione solo parziale delle varie norme igienico-dietetiche
e delle misure farmacologiche che si sono dimostrate efficaci
per la prevenzione secondaria. L’America heart Association ha
messo a punto una guida che riassume in forma schematica le
raccomandazioni da effettuare in ogni caso di coronaropatia o
altra forma clinica di arterosclerosi. Riassumiamo i fattori di
rischio e le relative raccomandazioni.
Fumo
L’obiettivo è l’astensione completa. È importante incoraggiare
il paziente e i familiari a smettere di fumare.
Gestione dei lipidi
In tutti i pazienti è opportuno iniziare una dieta ipolipidica contenente un 30% di grassi, con meno del 7% di grassi saturi, al
fine di raggiungere un colesterolo sotto i 200 mg/dl. È importante valutare il profilo lipidico a digiuno ed eventualmente iniziare una terapia farmacologica.
Attività fisica: è importante prima di iniziare qualsiasi attività
fisica accertare i rischi preferibilmente con una prova da sforzo. Bisogna incoraggiare almeno 30-60 minuti di moderataintensa attività fisica 3-4 volte a settimana (es. camminare, fare
jogging, ciclismo o altre attività aerobiche) in aggiunta ad un
incremento delle attività fisiche quotidiane (es. camminare
durante le interruzioni di lavoro, far uso delle scale, fare giardinaggio, fare i lavori di casa). Il massimo beneficio si ottiene
praticando 5-6 ore a settimana un’attività fisica. Nei pazienti
con moderato-alto rischio i programmi di riabilitazione devono
essere eseguiti con la supervisione medica.
Peso
Nei pazienti con più del 120% del peso ideale per l’altezza
bisogna iniziare una dieta rigida e un’attività fisica appropriata.
È necessario enfatizzare l’importanza di una perdita di peso in
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particolare in pazienti con ipertensione arteriosa o elevati valori
di trigliceridi e glicemia.
Controllo della pressione arteriosa
In tutti i pazienti che hanno per tre mesi una pressione arteriosa sistolica superiore ai 140 mmHg o diastolica superiore ai 90
mmHg o una pressione sistolica iniziale superiore ai 160
mmHg o una pressione diastolica superiore ai 100 mmHg biosogna consigliare le seguenti modifiche dello stile di vita: controllare il peso, praticare attività fisica, usare con moderazione
gli alcolici, ridurre al massimo l’assunzione di sodio.
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