CANADA to ITALY
Prospects, Foreign Direct Investments & Systems Compared
a cura di Alberto de Sanctis
L’accordo economico e commerciale globale (CETA) è un trattato internazionale che vede coinvolti
l’Unione Europea e il Canada. I negoziati, durati cinque anni, si sono conclusi nell’agosto 2014: prima di
poter entrare in vigore però, dovrà essere approvato dal Parlamento europeo e dai governi degli Stati membri
dell’Ue e dal Governo federale canadese, dalle province e dai territori.
Il CETA è il primo accordo commerciale tra l’Ue e una delle più grandi economie mondiali facente parte del
G7. È inoltre l'accordo commerciale bilaterale più vasto che sia mai stato negoziato fino a oggi e affronta
un’ampia gamma di questioni dell'amministrazione canadese a livello federale e provinciale che incidono
sulle esportazioni europee di beni e servizi verso il Canada. L'accordo faciliterà gli investimenti, creerà un
contesto imprenditoriale più prevedibile e renderà più agevole per gli esportatori e gli investitori europei fare
impresa in Canada (vendendo beni e fornendo servizi sull’altra sponda dell’Atlantico e creando posti di
lavoro in Europa). Il CETA eliminerà i dazi doganali, porrà fine alle limitazioni nell’accesso agli appalti
pubblici, aprirà il mercato dei servizi, offrirà condizioni prevedibili agli investitori e contribuirà a prevenire
le copie illecite di innovazioni e prodotti tradizionali dell’Ue e del Canada. L’Europa avrà così la possibilità
di accedere a un grande mercato che è altresì un’importante destinazione per gli investimenti esteri, nonché
ricco di risorse naturali, energia e materie prime, con enormi opportunità per tutti i settori dell’economia.
L’accordo dovrebbe far crescere di quasi un quarto gli scambi di beni e servizi tra l’Ue e il Canada e
generare, nel complesso, un aumento del PIL dell'Ue pari a circa 12 miliardi di euro l’anno.
The new trans-atlantic relation
Il Canada è stato il primo paese con cui l’Unione Europea ha concluso un accordo di cooperazione, nel 1976.
Potenza amica e alleato naturale, è oggi uno dei dieci Partner strategici di Bruxelles assieme a Brasile, Cina,
Corea del Sud, India, Giappone, Messico, Russia, Stati Uniti e Sud Africa. Soprattutto, è accomunato
all’Europa dal medesimo complesso valoriale, figlio di radici storiche e culturali comuni: colonizzato per
primi da francesi e inglesi, da cui ha ereditato le sue due lingue ufficiali, nel corso del Novecento ha inviato
oltre un milione di uomini a combattere in Europa durante le guerre mondiali.
In quanto partner G7 e G20, nei fori internazionali Canada e Unione Europea perseguono spesso i medesimi
obiettivi politici, economici e di sicurezza, lavorando assieme per promuovere e difendere i principi
democratici, i diritti umani e il primato della legge in tutto il mondo. Proprio come gli europei, i canadesi
sono portati a favorire le soluzioni multilaterali ai problemi e alle crisi internazionali. È anche per questo che
il dialogo politico è molto forte, scandito da incontri regolari a livello di capi di Stato e di governo, nonché
ministeriale.
Assieme allo Strategic Partnership Agreement (Spa), il CETA non farà che rafforzare questo complesso di
legami. Visto da una prospettiva geopolitica, difatti, l’accordo offrirà una nuova sponda atlantica ai paesi
europei in un frangente in cui i negoziati Usa-Ue sul TTIP (Transatlantic trade and investment partnership)
sembrano procedere a rilento e il nuovo Congresso statunitense appare meno favorevole al trattato di quanto
non lo fosse il precedente. In questa fase, la priorità di Washington resta infatti il TPP (Trans-Pacifc
partnership) con le economie del Pacifico, tanto più dal momento che anche la Cina sta provando a realizzare
il proprio ordine regionale e globale attraverso la nuova Via della Seta (progetto infrastrutturale e
commerciale che unirà via terra e via mare il Vecchio Continente all’Asia Orientale) e la Free trade area of
Asia Pacific (FTAAP), ovvero la sua risposta al TPP.
Foreign direct investments: systems compared
Visto da una prospettiva italiana, il CETA rafforzerà i legami con un partner, il Canada, in cima a diverse
classifiche internazionali di competitività: secondo Forbes e Bloomberg, è infatti il migliore paese G-20 in
cui fare affari; è quello fra i G-7 in cui è più semplice aprire un’attività (World Bank); si è classificato
secondo a livello globale per investimenti diretti esteri (Ide) in entrata fra il 2008 e il 2012.
Il Canada costituisce dunque un partner privilegiato per un’ulteriore espansione delle imprese tricolori
(l’interscambio commerciale fra i due paesi è passato da 3,8 a 4,6 miliardi fra il 2010 e il 2013, con un saldo
positivo per l’Italia di circa 1,4 miliardi) anche in ragione della sua ricca disponibilità di energia e materie
prime, dell’elevato livello di istruzione, della qualità della ricerca scientifica e tecnologica e soprattutto della
presenza di un’ampia comunità canadese di origine italiana, forte di oltre 1,5 milioni di persone.
Per le imprese italiane, il paese nordamericano è anche un punto d’ingresso privilegiato nel NAFTA (North
American Free Trade Agreement), mercato da oltre 470 milioni di consumatori, con importanti possibilità di
espansione nei settori più disparati, soprattutto in campo energetico, agroalimentare, delle energie
rinnovabili, manifatturiero, aerospaziale e automobilistico. Garantendo regole d’investimento comuni e la
possibilità di accedere più facilmente ai rispettivi mercati, nonché aumentando la trasparenza mediante gli
accordi commerciali, l’accordo finirà così per beneficiare i flussi d’investimento fra le due sponde
dell’Atlantico.
Per l’Italia, il cui stock di Ide dal Canada assommava a 409 milioni di euro alla fine del 2012 (contro uno
stock di investimenti italiani in Canada pari a oltre 2 miliardi di euro), significherà confrontarsi con un paese
che solo nel 2013 è stato capace di raccogliere Ide per oltre 55 miliardi di euro.
Energy & Agribusiness: a trade success
Secondo la Nota Agroalimentare 2014 di Ice Canada, l’Italia ha registrato 33,6 miliardi di euro di
esportazioni nel 2013 e 34,3 miliardi nel 2014. In Canada l’agroalimentare italiano gioca dunque un ruolo di
primo piano, rappresentando oltre il 16% del totale esportato e rimane senza dubbio una costante affidabile
delle esportazioni tricolori. Il comparto dei vini si conferma, con oltre 465 milioni di dollaro canadesi, il più
importante nell’export agroalimentare italiano. Nel corso del 2014, il settore ha confermato un trend di
crescita positivo e ha raggiunto quota 1 miliardo di dollari canadesi (+6,6% sul 2013), collocando l’Italia al
quarto posto dei paesi fornitori, immediatamente dopo Usa, Messico, Cina e precedendo la Francia. L’Italia è
dunque il primo fornitore agroalimentare europeo del Canada. Anche se Stati Uniti e Messico, entrambi
partner NAFTA del Canada, rimangono inavvicinabili per quantità e valori esportati, se si considerano in
blocco i paesi Ue, ecco che il secondo fornitore agroalimentare del Canada diviene l’Unione Europea (alle
spalle degli Stati Uniti), con 4,4 miliardi di dollari canadesi esportati nel 2014 contro gli 1,8 miliardi del
Messico.
Nel caso dell’Italia, il CETA comporterà l’abbattimento dei dazi doganali su alcuni prodotti-chiave del suo
export come vino (possono arrivare fino ai 7 centesimi al litro), pasta (fino all’8,5%), cioccolata (fino al 6%)
e pomodori (fino all’11,5%). In campo energetico, l’accordo giunge in un frangente caratterizzato dalla
rivoluzione degli idrocarburi non convenzionali negli Stati Uniti e dal brusco peggioramento delle relazioni
fra i paesi europei e la Russia a seguito della crisi in Ucraina. Se gli Stati Uniti dispongono così degli
strumenti con cui spezzare la loro dipendenza dall’estero per quanto riguarda le forniture energetiche
(soprattutto dal Medio Oriente e quindi anche da altri importatori, come appunto il Canada), la crisi fra Kiev
e Mosca ha finito per rimettere in discussione lo stato delle relazioni fra l’intera Ue e la Russia, suo primo
fornitore estero di idrocarburi. E mentre l’arco di crisi si estende fino al Medio Oriente e al Nord Africa,
diversificare le proprie fonti di approvvigionamento è diventata una priorità per svariati paesi europei.
Il Canada è oggi il terzo produttore di gas dopo gli Stati Uniti e la Russia, dispone delle riserve petrolifere
più vaste alle spalle di Arabia Saudita e Venezuela e di un complesso di infrastrutture energetiche orientato
soprattutto verso i mercati asiatici e nordamericani (grazie alla loro rimuneratività e vicinanza), alla cui
realizzazione hanno concorso colossi europei come Saipem, Total, Statoil, BP e Royal Dutch Shell.
L’accordo potrebbe dunque aprire la via a una nuova relazione transatlantica, anche in campo energetico.
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