la filosofia platonica

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LA FILOSOFIA PLATONICA
a cura di Federico Trucco
IL PLATONISMO COME RISPOSTA FILOSOFICA A UNA SOCIETA’ E A UNA CULTURA IN CRISI
Il platonismo nasce e si sviluppa in una crisi politico-culturale. Platone essendo un aristocratico è portato ad avvertire
più di altri la crisi, ed essendo un filosofo radicalizza intellettualmente la situazione e la vive come crisi dell’ uomo nella
sua totalità. Idealizza fortemente la figura di Socrate, che per lui è al contempo il simbolo della crisi e la speranza del
superamento di essa. Egli ritiene infatti che con la sua uccisione la crisi abbia toccato il fondo. Decide di abbandonare
la politica in quanto ritiene che non basti cambiare i governi per risolvere la crisi politico-culturale, ma pensa sia
necessaria una riforma globale dell’ esistenza umana. Secondo lui la soluzione al problema è vederlo sotto un’ottica
“filosofica”, cercando nuove certezze di pensiero che possano offrire solide basi per una riedificazione esistenziale e
politica dell’ uomo.
LA VITA
Nato ad Atene nel 427 a.C. da una famiglia aristocratica, si pensa fosse scolaro di Cratilo e seguace di Eraclito, ma
abbiamo solo la certezza che fu un discepolo di Socrate. Egli avrebbe desiderato occuparsi di politica, ma vede l’
uccisione del suo maestro come un’imperdonabile ingiustizia e come la condanna della politica del tempo: il nuovo
compito della filosofia è cambiare le condizioni della vita dell’ uomo nella sua totalità. Dopo la morte del maestro egli
va prima da Euclide, poi in Egitto e poi ancora a Cirene. Egli non racconta nulla di questi viaggi, ma abbiamo notizie
del suo viaggio da Dione in Italia meridionale, per opera del quale venne venduto come schiavo (in quanto ritenuto un
sovvertitore). Quando si seppe che era lui, il riscatto venne rifiutato, e il compenso servì per costruire l’ Accademia, la
sua scuola, fondata sul modello pitagorico. Morì a 80 anni ad Atene (nel 347 a.C.) insegnando, dopo aver provato più
volte senza successo di consigliare in bene ai governanti le riforme politico-sociali da attuare nell’ Italia meridionale.
LE OPERE E LE DOTTRINE NON SCRITTE
Le opere di Platone che ci sono rimaste vennero organizzate da Trasilo in 9 tetralogie. Sia alcuni liberi delle tetralogie,
sia quelli scartati, sono indubbiamente apocrifi, ma oggi la critica storica ci va piano a giudicare spuria un’opera.
Utilizzando come punto di riferimento i rinvii nei dialoghi stessi e i contenuti delle opere, le opere i Platone sono state
suddivise in: primo periodo (scritti giovanili o socratici), secondo periodo (scritti della maturità) e terzo periodo (scritti
della vecchiaia). Tuttavia bisogna dire che egli non scrisse tutte le sue opere, ma ci furono opere “non scritte” per la
profondità dell’ argomento come “Intorno al bene”.
I CARATTERI DELLA FILOSOFIA PLATONICA
Mito e filosofia
Oltre al dialogo e al metodo del “mobile filosofare” Platone è solito usare, per esporre concetti e dottrine filosofiche,
dei racconti fantastici detti miti. In linea generale la maggioranza degli studiosi ritiene che il mito, in Platone, sebbene
sia un’ escogitazione didattico - espositiva che serve ad esporre in modo più chiaro e accessibile le proprie dottrine; sia
anche il mezzo con il quale il filosofo riesce a valicare il muro oltre il quale non può spingersi con l’ indagine
rigorosamente razionale. In questo senso Platone colma una delle lacune dell’ esposizione filosofica.
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LA DIFESA DI SOCRATE E LA POLEMICA CONTRO I SOFISTI
Il Protagora, l’Eutidemo e il Gorgia
Nel primo dialogo, Socrate risponde a Protagora, che si ritiene “maestro di virtù” che le virtù sono costituite da un’
insieme di abilità acquisite accidentalmente con esperienze private; e come tali non possono essere insegnate agli
altri. Solo la scienza, che è una delle tante virtù, si può insegnare; ma non le virtù nel loro complesso. Platone, nel
Protagora, nega alla sofistica ogni valore educativo e formativo e fa apparire l’ insegnamento di Socrate in tutto il suo
valore.
L’Eutidemo è diretto contro la filosofia dell’ eristica, ovvero quel tipo di filosofia che consiste nel confutare quello che
via via si dice (vero o falso che sia). Nel dialogo i due fratelli, Eutidemo e Dionisdoro si divertono in tal senso prima a
affermare concetti che poco dopo confutano. L’ eristico vero e proprio pensa che non esista l’ errore e che ogni cosa
che si dice è vera. Socrate si oppone a ciò dicendo che in tal caso non ci sarebbe nulla da imparare e da insegnare e l’
eristica in sé sarebbe inutile. Inoltre spiega che solo la sapienza si può insegnare, ma per farlo occorre che il
“discepolo” la ami (filosofando). A questo punto il colloquio si tramuta in una critica dell’ eristica in esortazione alla
filosofia: Platone espone inoltre la sua personale definizione della filosofia nonché il suo compito, ovvero l’ uso del
sapere a vantaggio dell’ uomo.
Il gorgia, infine, è scritto direttamente contro la retorica (la tecnica persuasiva utilizzabile in maniera del tutto
indipendente rispetto al contenuto o alla tesi trattati) alla quale Platone dice che ogni arte o scienza è davvero
persuasiva solo se si esprime in merito all’ oggetto che le è proprio. Essa non avendo un oggetto “proprio” di cui
parlare, riesce solo a convincere gli ignoranti (quelli che non hanno una conoscenza approfondita dell’ argomento che
si tratta). Questa tecnica è utile a fare un discorso per evitare una pena dopo un rato, ma non è un vantaggio, perché il
male per un criminale è essersi macchiato l’ anima con un crimine, non subire la pena. La retorica ritiene inoltre che
sia da stupidi rispettare le leggi, in quanto sono state ingegnate da altri uomini, e poiché in natura c’è solo la legge del
più forte (che segue solo i suoi piaceri). Platone si oppone a ciò dicendo che il piacere è la soddisfazione di un bisogno,
e il bisogno è mancanza di qualcosa, dunque colui che segue solo e sempre il bisogno di soddisfare i suoi piaceri è un
uomo che soffre infelicemente.
LA DOTTRINA DELLE IDEE
La teoria delle idee e la sua importanza
Nei dialoghi del primo periodo Platone illustra i pilastri filosofici socratici “filtrandoli” alla luce dei suoi interessi e delle
sue tendenze speculative. La sua battaglia contro la limitatezza del pensiero dei sofisti, lo avvia verso la sua seconda
fase: l’ elaborazione di un proprio pensiero personale “la dottrina delle idee”. La dottrina delle idee rappresenta il
cuore del platonismo maturo.
La genesi della teoria delle idee
In antitesi ai sofisti, ma procedendo oltre socrate, Platone ritiene che la scienza debba avere i caratteri della stabilità e
dell’ immutabilità per essere perfetta. Ritenendo la filosofia socratica perfetta, si chiede allora quale sia l’ oggetto
proprio di questa scienza, e giunge alla conclusione, in quanto gli oggetti materiali sono mutevoli e imperfetti, che
l’oggetto della disciplina socratica sono le idee. Platone riteneva che solo l’ idea fosse perfetta, e che tutte le idee
stessero in una dimensione d’essere diversa dalla nostra (nell’ iperuranio). Egli pensa che le idee siano legati agli
oggetti con un rapporto “modello-copia” in quanto gli oggetto sono copie imperfette della perfezione stessa delle
idee. Il filosofo ritiene che nell’ iperuranio sia contenuto i modelli unici e perfetti delle cose molteplici e imperfette
terrene. La dottrina delle idee è formata da due pilastri: l’ opinione (mutevole e imperfetta) che rispecchia le cose
(mutevoli e imperfette) e la scienza (immutabile e perfetta) che rispecchia le cose (immutabili e perfette). Questa
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dottrina accetta da Eraclito che il nostro mondo è il regno della mutevolezza, da Parmenide che l’ essere autentico è
immutabile e dall’ eleatismo il dualismo gnoseologico tra sensibilità e ragione e il dualismo ontologico tra le cose e l’
essere.
Quali sono le idee
Esse si dividono in “idee-valori” (i supremi principi etici) e in “idee matematiche” (corrispondenti all’ entità dell’
aritmetica e della geometria) in quanto in realtà non troviamo mai il quadrato o la forma perfetta, che però possiamo
pensare. Ci sono poi altri due tipi di idee le “cose naturali” come l’ umanità e le “cose artificiali” il letto, ma anche lui è
un po’ scettico su questi ultimi due tipi. L’ idea platonica finirà col configurarsi come la forma unica e perfetta di
qualsiasi gruppo, o classe di cose che in quanto tale può essere fatto oggetto di scienza. L’ idea del bene si trova al di
là dell’ essere, non crea le idee, ma comunica a loro la perfezione.
Il rapporto tra le idee e le cose
Anche se sono distinte le idee sono legate alle cose in quanto sono il loro criterio di giudizio (condizione di pensabilità
degli oggetti) e sono la loro causa (condizione della loro esistenza). La rapporto fra idee e cose lo tormenterà sino alla
morte, e non giungerà mai a una conclusione soddisfacente, infatti anche parlando di “mimesi” (le cose imitano le
idee), “metessi” (le cose partecipano delle idee) e “parusia” (le idee sono presenti nelle cose), continuerà a pensarci
su.
Come e dove esistono le idee
Gli studiosi sono tutti d’accordo sul fatto che secondo Platone le idee esistano nell’ iperuranio, citato proprio da lui.
Tuttavia l’ elemento di polemica è il come intendere quest’ iperuranio, per l’ appunto. Alcuni ritengono che sia una
specie di “al di là”, un luogo metafisico oltre il cielo, dove le idee esistono fisicamente; altri pensando che questa
definizione si attenga troppo al mito Platonico dicono che esse non sono materiali, ma sono solo dei modelli di
classificazione delle cose: sostengono che le idee esistano come un ordine eterno di forme e valori ideali al di fuori del
tempo dello spazio e dell’ intelletto umano.
La conoscenza delle idee
Secondo Platone le idee non derivano dai sensi, ma sono il risultato di una visione intellettuale “lo sguardo della
mente”. Egli spiega questo con il mito della “reminiscenza” (il ricordo) secondo il quale le nostre anime prima di essere
incarnate sulla Terra vissero disincarnate nel mondo delle idee, dove contemplarono gli esemplari perfetti delle cose.
A noi allora basta sforzarci per riuscire a tirar fuori le idee, che in parte, seppur in modo sopito sono già dentro di noi.
La sua gnoseologia dunque prefigura un certo innatismo dicendo che la conoscenza non deriva dall’ esperienza
sensibile, ma essa è solo il mezzo per sollecitare il ricordo di qualcosa che la nostra anima ha già contemplato.
Reminiscenza, verità ed eristica
Questa teoria ritiene dunque inutile indagare ciò che si sa, in quanto si sa già; e ciò che non si sa, in quanto non si sa in
maniera assolutistica. A questa considerazione che può rendere pigri, Platone contrappone il fatto che,a suo avviso,
“apprendere” significa ricordare ciò che si era obliato, e non partire da zero. A questo punto alcuni, che prendono il
mito alla lettera, ritengono che le idee secondo Platone fossero davvero iperuraniche e che l’ anima di ciascuno di noi
le avesse contemplate prima di essere incarnata sulla Terra, mentre altri, che tendono a modernizzare il mito,
pensano che l’ anima in quanto tale le coglie indipendentemente dai sensi. Il mito è raccontato nel Menone.
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L’ immortalità dell’ anima e il mito di Er
Il mito della reminiscenza postula di per sé l’ immortalità dell’ anima a cui Platone dedica il Fedone. Platone prende
per buone tre prove a riguardo dell’ immortalità dell’ anima: la prima, detta “dei contrari”, afferma che dato che ogni
cosa si genera dal suo contrario, la vita si genera dalla morte e dalla morte di nuovo la vita, dunque quando un uomo
muore, l’ anima continua a vivere, rigenerata dalla morte; la seconda, detta “della somiglianza”, sostiene che dato che
muoiono solo le cose complesse suddividendosi nei loro elementi madre, le cose semplici come l’ anima e le idee non
possono morire; la terza, detta “della vitalità” argomenta che l’ anima in quanto “soffio vitale” è vita e partecipa alla
vita, non potendo esser parte dell’ opposta morte. Egli vede la filosofia come una preparazione alla morte, perché
morendo ai sensi del corpo si può contemplare la bellezza e la purezza delle idee. Si nota dunque un Platone
fortemente religioso a contatto di un Platone con interessi politico-mondani (insomma una grande e ricca
personalità). Egli crede infine che il destino di una persona sia segnato da una scelta che la sua anima ha compiuto nel
mondo delle idee, e lo spiega col mito di Er. Questo guerriero, morto e resuscitato dopo 12 giorni spiega che nell’ al di
là, prima di essere incarnate le anime sono tenute a scegliere il destino delle persone in cui vengono incarnate.
Dunque l’ uomo sceglie il proprio destino, condizionato da ciò che in vita è stato ed è voluto essere.
La dottrina delle idee come “salvezza” dal relativismo sofistico
Egli fa di tutte le diverse dottrine sofistiche, un fascio e le giudica come la filosofia negatrice di ogni stabile punto di
vista sulle cose. Dato che per Platone la nuova filosofia avrebbe dovuto basarsi su nuove certezze assolute, la dottrina
delle idee, possiamo dire che sia il cuore della sua filosofia, in questo senso. Egli sovverte l’ uomo protegoreo e
socratico che plasmava le idee e la verità con l’ uomo plasmato dalla verità, dalle idee e dalla sua anima. Inoltre
rivaluta il linguaggio, tanto disprezzato dai sofisti, ritenendolo in grado perfettamente di rivelarci l’ essere e la verità,
in quanto basato sulle idee che ne formano il perno extralinguistico.
La finalità politica della teoria delle idee
Politicamente la dottrina delle idee è l’ antidoto al caos e al disordine generati dal relativismo conoscitivo dei sofisti,
responsabile della crisi dell’ uomo nella sua totalità, imperante in quell’ epoca. Con la sua teoria Platone, vuole donare
all’ intera umanità il mezzo che le consente di evitare i danni provocati da quell’ errata concezione filosofica. Inoltre
egli è convinto che la conoscenza delle idee porti alla fondazione di una scienza politica universale, che garantirà la
pace fra gli uomini.
LA DOTTRINA DELL’ AMORE E DELL’ ANIMA
Il sapere forma fra uomo e idee un rapporto non solo intellettuale, ma che coinvolge l’ uomo nella sua totalità:
Platone nomina questo rapporto “amore”.
l Simposio
E’ un susseguirsi di discorsi riguardanti l’ amore. Pausania fa distinzione tra “amore volgare” che si rivolge ai corpi e
“amore celeste” che guarda alle anime. Erissimaco vede nell’ amore una forza cosmica che determina le proporzioni
dell’ uomo e della natura. Aristofane esprime il concetto di “insufficienza” con il mito degli androgini (uomini mezzo
uomo e mezzo donna, separati per punizione). In questo senso l’ amore anche per Socrate è mancanza, ed è filosofo in
quanto creatura intermedia tra umano e dio, non è sapiente ma aspira alla sapienza. La bellezza è suddivisa in gradi: al
più basso c’è la bellezza del corpo, poi quella dell’ anima, poi ancora quella delle leggi, poi quella delle scienze e infine
la bellezza in sé, perfetta, sempre uguale a se stessa, fonte di bellezza e oggetto di filosofia.
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Il Fedro
La natura dell’ anima è simile a una coppia di cavalli guidati da un auriga: quello bianco è ottime, mentre quello nero è
pessimo, e l’ opera dell’ auriga è penosa. L’ auriga cerca di condurre i cavalli verso l’ iperuranio, sede dell’ essere
autentico. Là si trova la “vera sostanza” contemplabile solo con la ragione. Quella sostanza è la totalità delle idee, ma
dato che il cavallo nero spinge verso il basso la si riesce a contemplare per poco. Ogni anima perciò contempla la
sostanza di più o di meno e quando perde le ali, si incarna in un uomo rendendolo tale e quale a sé. Se un uomo
possiede un’ anima che ne ha contemplato molto sarà filosofo, mentre se possiede un’ anima che ne ha contemplato
poco s’ allontanerà dalla ricerca. L’ elemento che ricorda all’ anima che si è incarnata, la contemplazione nell’
iperuranio è la bellezza. All’ appello di essa, l’ uomo risponde con amore, in quanto fa da mediatrice fra lui e il mondo
delle idee. Se l’ amore non si limita a voler godere solo della bellezza, ma si realizza nella sua natura, allora diventa
procedimento razionale, dialettica. La dialettica è al contempo ricerca dell’ essere in sé e l’ unione delle anime nell’
apprendere. Inoltre essa è psicagogia e retorica, insomma l’ arte dell’ idea in sé.
LO STATO E IL COMPITO FILOSOFICO
Lo stato ideale
Lo stato ideale deve mirare a costruire una comunità perfetta all’ interno della quale l’ uomo possa trovare la sua
perfetta formazione. Si può fare solo se politica e filosofia coincidono e per fare ciò ci vanno dei governanti filosofi. A
questo punto Platone si chiede: qual è lo scopo e il fondamento di tale comunità? Chi sono propriamente i filosofi?
La giustizia
Alla prima domanda egli risponde “la giustizia”, motivando tale risposta affermando che nessuna comunità umana è in
grado di sussistere senza di essa: neppure una banda di briganti potrebbe venire a capo di nulla, se i membri della
banda violassero le norme della giustizia l’ uno a danno dell’ altro. Dunque la giustizia è essenziale per la nascita della
vita dello Stato, il quale deve possedere tre classi sociali: i governanti, i guerrieri e i cittadini (che fanno qualsiasi altro
mestiere). I governanti dovranno essere saggi, per avere un popolo saggio, i guerrieri dovranno avere coraggio, e tutte
e tre le classi dovranno essere dotate di temperanza. La giustizia contiene tutte e tre le caratteristiche in quanto si
realizza quando ciascun cittadino fa i suoi doveri e ha ciò che gli spetta. Essa giova all’ unità e alla forza, pertanto, dello
Stato stesso. Detto questo, Platone non scarta la parte individuale dello Stato (l’ uomo) ritenendolo portatore di tre
parti: quella razionale, in cui l’ anima ragiona e domina gli impulsi, quella concupiscibile, il principio di tutti gli impulsi
corporei, quella irascibile, che fa lottare l’ individuo per ciò che la ragione ritiene giusto. Nell’ uomo singolo si avrà la
giustizia quando l’ anima svolgerà solo la propria funzione. Dunque la giustizia si realizza in parallelo tra stato e
individuo.
Caratteri e motivazioni delle classi sociali
Platone ritiene che le classi sociali debbano esistere in quanto in uno Stato ci sono compiti diversi da tutti da
assolvere, da gente diversa. Rifacendosi alla tripartizione dell’ anima spiega che la destinazione sociale di ogni
individuo, è data dalla preponderanza di una parte sulle altre. Dunque non considera l’ ereditarietà della classe
sociale. Egli spiega il tutto non “mito delle stirpi”, in cui ci sono uomini di natura “ferrea”, altri “argentea” e altri
ancora “bronzea”. Dunque Platone ammette, anzi obbliga quasi alla mobilità sociale. Detto questo, è doveroso dire
però che la società ideale di Platone, anche se incongruente con gli stati dell’ epoca, non vede la democrazia come
forma governativa.
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Il “comunismo “platonico
Per compiere tutto ciò, egli propone l’ eliminazione della proprietà privata e la comunanza dei beni per le classi
superiori, in modo che esse gestiscano la cosa pubblica più efficacemente. I custodi dovranno avere il minimo
indispensabile per vivere e l’ oro e l’ argento saranno proibiti. La classe al potere non avrà famiglia: anche le donne
saranno in comune. Ciò non implica però la veduta della donna come un oggetto, anzi essa dovrà avere pari diritti e
dignità dell’ uomo. I bambini saranno strappati alla nascita ai loro genitori in modo che nessuno sappia chi sono i suoi
figli e chi sono i suoi genitori. In questo modo si vivrà come in una grande famiglia.
I guardiani sono felici?
Platone ritiene che i custodi si sentono felici quando c’è giustizia e poiché tale stato ideale gode di giustizia, anch’ essi
saranno felici. I filosofi invece, sono già felici di per sé, in quanto godono della beatitudine più alta (la conoscenza) e
non hanno bisogno di ricercare la felicità nei beni materiali.
Le degenerazioni dello stato
Le degenerazioni degli Stati (tranne il suo ideale) sono tante: la timocrazia, a cui corrisponde l’ uomo timocratico che
basa la sua vita sull’ onore, ma evita i sapienti e i filosofi; l’ oligarchia, a cui corrisponde l’ uomo oligarchico avido di
ricchezze, la democrazia (confusa da lui con l’ anarchia) a cui corrisponde l’ uomo troppo libero, che si abbandona
eccessivamente ai suoi desideri; e la tirannide che deriva talvolta dall’ eccessiva libertà democratica, a cui corrisponde
l’ uomo tirannico, schiavo delle proprie passioni, che è il più infelice di tutti.
I gradi della conoscenza e l’ educazione
Platone ritiene che quando una cosa assolutamente è, è assolutamente conoscibile (all’ essere corrisponde la
conoscenza); al non essere corrisponde l’ ignoranza; al divenire corrisponde l’ opinione, che sta a metà fra conoscenza
e ignoranza. Egli vede la conoscenza come divisa in: “conoscenza sensibile”(quella del nostro mondo mutevole) a sua
volta suddivisa in “congettura”(che ha per oggetto le impressioni superficiali delle cose) e “credenza”(la percezione
chiara e degna di fede degli oggetti); e “conoscenza razionale”(riguardante il mondo immutabile delle idee) che si
suddivide in “ragione matematica”(che ha per oggetto le idee matematiche) e “intelligenza filosofica”(che ha per
oggetto le idee-valori).Possiamo dire che egli considera migliore la filosofia alla matematica in quanto quest’ ultima
attinge dal mondo sensibile e parte da presupposti indimostrati. La superiorità della filosofia è inoltre dettata dal fatto
che non solo vuol essere “problematica dei fondamenti” e non vuole fermarsi a ipotesi indimostrate, ma anche dal suo
volersi occupare dei problemi dell’ uomo. Platone ritiene tuttavia importantissime la musica, l’ aritmetica, la
geometria e l’ astronomia, in quanto a suo avviso costituiscono la propedeutica alla filosofia, poiché conferiscono agli
oggetti del mondo mutevole conoscenza (come dimensioni, peso ecc…) che sono oggettive e stabili (non più
mutevoli).Platone riteneva inoltre che dapprima i giovani dovevano essere educati studiando ginnastica e musica, poi
le discipline propedeutiche alla filosofia; giunti ai 35 anni i migliori si cimenteranno nella filosofia e nella dialettica; dai
35 ai 50 in cariche civili e militari; e dai 50 in poi, i migliori potranno ambire alla guida dello Stato.
La condanna dell’ arte imitativa
Platone ritiene che l’ arte vada esclusa dal gruppo di discipline propedeutiche alla filosofia, in quanto è un’imitazione
dell’ imitazione: essa è l’ imitazione delle cose del mondo, che come sappiamo, sono l’ imitazione delle idee. Egli pensa
che l’ arte abbia un potere corruttore sugli animi, che nei re-filosofi devono essere distaccati dalle emozioni. Alcune
arti, tuttavia, come la musica dorica e i miti, non vengono racchiuse in questo gruppo, anzi secondo Platone
dovrebbero essere insegnate in quanto tentano, anziché di imitare le cose del mondo mutevole, di imitare le idee.
Dunque secondo il filosofo, l’ arte ha senso di esistere solo se assoggettata alla filosofia (come momento ausiliario di
espressione della verità). Abbandonata a se stessa, è falsa.
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Il dibattito filosofico sulla Repubblica
Alcuni critici giudicano Platone (in maniera dispregiativa) come un filosofo sognatore, ritenendo che La Repubblica
platonica tratti di temi puramente e unicamente utopici, pertanto giudicando l’ utopia come una cosa negativa. Altri,
invece, riconoscendo nell’ utopia, la vera filosofia e l’ autentica politica, in quanto criticando i regimi non utopici
fornisce stimoli per migliorarli. Altri ancora sostengono che il possesso del potere corrompe inevitabilmente il libero
giudizio della ragione, rendendo implicito che non si debbono attendere grossi miglioramenti con i filosofi al potere.
Infine altri ancora, ritenendo che l’ organizzazione pratica deve essere prima di tutto mentale, affermano che i filosofi
sono i più adatti a reggere e ad amministrare la cosa pubblica.
Il dibattito politico sulla Repubblica
Alcuni critici vedono La Repubblica “da sinistra” riconoscendone all’ interno i valori propedeutici al comunismo e al
socialismo, fondati sulla maggior rilevanza del bene comune e collettivo, rispetto al bene individuale, da mettere in
secondo piano. Altri vedono l’ opera “da destra” riconoscendone all’ interno i valori propedeutici al nazismo e al
fascismo, come la purezza del sangue, l’ adorazione dei capi, lo statalismo e la struttura gerarchica della società.
Secondo filosofi come Popper invece la società ideali platonica rappresenta la fine della libertà dell’ individuo, in
quanto soggetto a prender per buona una verità che gli viene imposta; e il paradigma di un regime autoritario e
dispotico. ltri filosofi ancora, come Russel, ritengono che sia uno scandalo l’ ammirazione politica che l’ opera ha
riscosso. Personalmente ritengo che l’ apparente buona fede di Platone, riguardo ai più poveri e alle persone con
meno possibilità, sia da elogiare. Detto questo sono da sottolineare la sua grave dimenticanza e la sua altrettanto
grave ingiustizia nei confronti dei lavoratori che si sono creati un po’ di benessere attorno a loro: infatti ritengo che
per nessuna causa al mondo tali ricchezze debbano essergli strappate. Dettò ciò ho i miei dubbi, che una società
chiusa e impossibilitata allo sviluppo (in quanto l’ essenziale filosofia individuale sarebbe stata posta in secondo
piano), avesse potuto portare al relativo benessere di cui noi oggi beneficiamo.
IL TIMEO E LA DOTTRINA DELLE IDEE-NUMERI
Il mito del demiurgo
Nel Timeo, Platone approfondisce il tema dell’ origine e della formazione dell’ universo. Secondo Platone il mondo
naturale non ha la saldezza r la stabilità di quello delle idee, e dunque può solo essere fatto oggetto d’ opinione
verosimile, ma non di scienza. In attesa di capire meglio il rapporto che lega le idee alle cose, egli introduce un nuovo
termine mediatore: il “demiurgo” (divino artefice che sta a metà tra le ide e le cose). All’ inizio il mondo era caos e il
demiurgo, amante del Bene, plasmò il caos ad immagine e somiglianza rispetto al mondo delle idee. Il demiurgo dotò
il mondo di un anima che plasma l’ informe e trasforma l’ universo nel riflesso del mondo perfetto delle idee; e del
tempo “l’ immagine mobile dell’ eternità” (la copia sulla Terra della perfetta eternità). Platone associa tutte le cose
buone e intelligenti alla volontà del demiurgo, tutte le cose ingiuste, disarmoniche e negative alla materia e alla
necessità.
IL PROBLEMA POLITICO COME IL PROBLEMA DELLE LEGGI
Le Leggi
Le leggi sono essenziali perché è impossibile dare indicazioni precise per il bene di ognuno, e devono servire a dare a
ciascuno un’ indicazione su ciò che è bene. Il problema analizzato in quest’ opera è il problema di come (monarchia,
aristocrazia e democrazia) possano, con il far osservare le leggi ai cittadini, indirizzarli verso la comunità umana
perfetta e non verso i loro deterioramenti (tirannide, oligarchia, demagogia). Le leggi devono quindi, secondo Platone,
educare i cittadini a tutte le virtù, e non devono servire a imporre concetti.
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La religione e la teoria astrale
La religione è da lui vista come un incentivo verso il rispetto delle virtù e delle leggi (un solido fondamento per la
società umana perfetta). Egli propone l’ esilio o la pena di morte agli atei, considerandoli il “cancro” della società
ideale. Il suo tipo dei religione ideale, però, è diversa da quella classica, in quanto si basa sul moto astrale. Andando
contro i fisici e contro Democrito, egli ritiene che gli astri siano divinità. Questo ci fa capire come l’ etica e la politica
perfette dello stato ideale derivino direttamente dagli dèi, in quanto sono il riflesso della loro perfezione e della loro
bellezza. Infatti la teologia astrale tende ad assumere il ruolo della dialettica e a tradursi in una nuova filosofia politica
che ha il compito di donare o quantomeno di cercare di donare all’ umanità un po’ della perfezione divina.
Differenze e analogie tra la Repubblica e le Leggi
Tra la Repubblica e le Leggi ci sono numerose differenze. Intanto Platone sottintende che il fantomatico Stato Ideale è
realizzabile solo ad opera di dèi o di loro discendenti. Inoltre abbandona la tripartizione delle classi sociali: i governanti
non sono più filosofi, i guerrieri sono formati da milizie cittadine, riconosce la famiglia punendo addirittura i celibi con
più di 35 anni e reintroduce, sempre sotto stretta osservazione statale un leggero margine di proprietà privata, senza
che venga abbandonato l’ ideale comunista. Tuttavia in ambedue le opere vediamo che non c’è alcun spazio per alcun
tipo di iniziativa personale, in quanto in tutto e per tutto si è sotto stretta osservazione da parte dello stato. Infine l’
istituzione più caratteristica delle Leggi è il “consiglio notturno” che si sostituisce ai re filosofi e fa da supervisore
generale della vita collettiva e funge da garante della legga, della religione e dei costumi.
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