Sintesi proteica Sintesi proteica - 1 1 La chiave per comprendere i complessi meccanismi della regolazione del metabolismo cellulare consiste nell’interpretare il flusso delle informazioni che hanno luogo secondo regole comuni alla maggior parte degli organismi viventi. Le informazioni sono conservate all’interno della molecola del DNA e possono essere sia riprodotte per duplicazione che utilizzate per produrre un vero e proprio messaggio, che ha come obiettivo finale una ben determinata azione chimica. Alla base di questo processo, che appare semplice ma semplice non è, si pone il cosiddetto dogma centrale della biologia molecolare: l’informazione è immagazzinata nel DNA, che può sia replicarsi per formare una seconda molecola identica che dare luogo al processo di trascrizione che conduce ad una molecola di RNA a sua volta utilizzata come modello per la sintesi di una specifica proteina (traduzione). Sintesi proteica - 1 2 Dogma centrale della biologia molecolare replicazione DNA trascrizione trascrizione inversa mRNA traduzione proteina Sintesi proteica - 1 3 Sintesi proteica - 1 4 La caratteristica fondamentale del dogma è la sua applicabilità universale, dagli organismi più semplici (virus) a quelli più complessi (eucarioti superiori). Tra i primi sono riscontrabili, d’altro canto, importanti variazioni rispetto allo schema riportato: esistono infatti virus la cui informazione genetica è inscritta nell’RNA anzichè nel DNA. Oltre a ciò, alcuni virus, detti retrovirus, all’interno della cellula ospite infettata convertono il proprio patromonio genetico da RNA nella corrispondente controparte di DNA in virtù dell’azione di un enzima caratteristico, la trascrittasi inversa. Un importante esempio di retrovirus è rappresentato dal virus HIV, responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita, meglio nota come AIDS. Sintesi proteica - 1 5 La natura ha messo a punto un opportuno linguaggio per conservare e scambiare le informazioni genetiche: si tratta di un linguaggio basato su di un alfabeto a quattro lettere, tante quante sono le basi presenti nella molecola del DNA. Tutte le parole di questo linguaggio sono costituite da tre lettere e vengono chiamate codoni; ogni codone identifica o uno specifico amminoacido da utilizzare nella sintesi proteica o un segnale di interruzione della sintesi stessa. Sintesi proteica - 1 6 Il processo di espressione del gene Nessuna molecola è tanto importante quanto quella del DNA: essa contiene infatti sia informazioni che presiedono ai processi di sintesi proteica che sequenze preposte al loro controllo. E’ proprio attraverso i meccanismi di espressione genica, e quindi di sintesi proteica, che viene regolato il metabolismo cellulare e, in stadi diversi della vita della cellula, vengono controllati la crescita ed il differenziamento. Il DNA è dunque il responsabile di tutti i fenomeni di evoluzione e differenziazione di ogni essere vivente, dalla sua comparsa sulla terra. Non solo, ma alla capacità del DNA di modificarsi per dare origine a forme di vita nuove, con migliori caratteristiche di adattabilità all’ambiente esterno, è legata la progressiva comparsa di nuove specie viventi. Sintesi proteica - 1 7 Un clamoroso passo in avanti nelle conoscenze relative ai processi genetici è legato alla determinazione della particolare struttura a doppia elica della molecola di DNA: essa svolge una funzione essenziale nei meccanismi di conservazione e di trasferimento delle informazioni contenute nelle sequenze di nucleotidi che compongono le catene lineari della doppia elica. Dal momento che le basi G e C e le basi A e T sono in grado di stabilire reciproche selettive interazioni, i due filamenti del DNA devono essere complementari affinché la struttura del DNA non ne risulti distorta e le basi siano correttamente accoppiate. Sintesi proteica - 1 8 Dal momento che tutta l’informazione genetica della cellula è depositata nel DNA e poiché il DNA è una molecola lineare a doppio filamento, si rende necessario un riarrangiamento strutturale che ne garantisca un più agevole controllo sia sulle attività di replicazione e trascrizione, sia sulla sua stessa ripartizione fisica al momento della divisione cellulare. I cromosomi sono dunque riorganizzazioni strutturali e funzionali di DNA, RNA e proteine: in particolare, accanto al DNA, nei cromosomi eucariotici è stata riconosciuta anche una classe di piccole proteine basiche (istoni ) che neutralizzano l’acido del DNA stesso e, al contempo, lo compattano fino a generare la struttura cromosomica finale, contribuendo inoltre alla regolazione dell’espressione genica. Sintesi proteica - 1 9 L’unità fondamentale dell’ereditarietà, il gene, è un frammento di DNA in grado di codificare un prodotto specifico o, in generale, una o più funzioni correlate: il processo di espressione genica per assemblare la struttura amminoacidica di una proteina avviene in due fasi, coinvolgendo una molecola di RNA messaggero (mRNA) quale intermedio. Nella prima fase del processo di espressione del gene (trascrizione) un enzima detto RNA polimerasi catalizza la sintesi di una molecola di mRNA usando il gene come modello; nella seconda fase, le informazioni contenute nella sequenza dell’mRNA determinano la sintesi di uno specifico polipeptide (traduzione). Questa seconda fase richiede l’intervento dei ribosomi, in corrispondenza dei quali avviene la sintesi proteica, e di diverse molecole di RNA transfer (tRNA), che hanno il compito di guidare gli amminoacidi nel processo di sintesi secondo la sequenza imposta dall’mRNA. Sintesi proteica - 1 10 Sintesi proteica - 1 11 Volendo apprezzare con maggiore dettaglio il processo di espressione genica, va anzitutto ricordato che la fase di trascrizione ha inizio quando l’enzima RNA polimerasi si lega ad una regione del DNA (promoter). In prossimità del complesso formato da RNA polimerasi e DNA promoter, la doppia elica del DNA si srotola parzialmente e l’enzima può muoversi lungo il filamento modello nella direzione 3’→5’, polimerizzando nella direzione opposta. Ora, dal momento che il promoter impone alla polimerasi l’orientamento sul DNA e che la polimerizzazione può avvenire in una sola direzione (5’→3’), la polimerasi è obbligata a scegliere come modello uno solo dei due filamenti complementari. Se da un lato deve essere scelto un unico filamento di DNA, dall’altro non è detto che la scelta ricada sempre sullo stesso: ciò dipende dal gene. Sintesi proteica - 1 12 Rispettando le regole di accoppiamento delle basi tra DNA ed RNA DNA A ↓ mRNA U T ↓ A C ↓ G G ↓ C la sequenza del DNA modello permette di identificare la sequenza di basi nella molecola complementare di mRNA che scorre in senso antiparallelo rispetto al filamento modello, ovvero in direzione 5’→3’. La sintesi della molecola di mRNA ha termine quando l’enzima RNA polimerasi incontra una sequenza particolare nel filamento di DNA modello che segnala la fine del processo. La lunghezza delle molecole di mRNA può variare da 300 a 3000 unità nucleotidiche, anche se in generale ogni molecola di mRNA corrisponde ad un gene del DNA modello negli eucarioti (messaggero monocistronico ), a più di un gene nei procarioti (messaggero policistronico). Sintesi proteica - 1 13 E’ opportuno evidenziare una importante differenza tra procarioti ed eucarioti: • i procarioti sono privi di un involucro nucleare che separi il DNA dal citoplasma; di conseguenza, man mano che il DNA viene trascritto, il messaggio è già disponibile per la sintesi proteica, che dunque ha inizio ancor prima che il messaggio stesso, non sottoposto ad ulteriori maneggiamenti, sia ultimato. Sintesi proteica - 1 14 • per gli eucarioti, dotati invece di un compartimento nucleare distinto che separa il DNA dal citoplasma, la situazione è più complessa: man mano che avviene la trascrizione, la porzione 5’ del RNA è fornita di una protezione (7-metilguanosina). A trascrizione ultimata, l’estremo 3’ è poliadenilato e successivamente l’RNA trascritto è sottoposto a splicing, cioè all’eliminazione di sequenze interne non codificanti ( introni) e alla ricongiunzione, alle estremità, dei tratti rimanenti codificanti (esoni). Questo prodotto, ottenuto a livello del nucleo per processamento del RNA trascritto primario, è il messaggero maturo, o mRNA, che fuoriesce nel citoplasma attraverso i pori nucleari, per divenire disponibile alla sintesi proteica; questo messaggero risulta dunque più corto rispetto alla sequenza originaria del gene. Sintesi proteica - 1 15 Nella successiva fase di traduzione, le molecole di tRNA trasportano ciascuna uno specifico amminoacido attivato: la specificità del trasporto è dovuta al fatto che la molecola di tRNA possiede un enzima in grado di riconoscere selettivamente l’amminoacido richiesto e non altri. Oltre a ciò, la molecola di tRNA possiede una sequenza di tre nucleotidi (anticodone) che risulta complementare ad una sequenza di altrettanti nucleotidi (codone) della molecola di mRNA. Nel linguaggio genetico ciascun codone rappresenta una parola specifica per ogni singolo amminoacido, necessario a decifrare completamente il codice genetico di qualunque organismo vivente. Sintesi proteica - 1 16 Il DNA è costituito di quattro basi (lettere) e le possibili parole frutto della combinazione di tre lettere alla volta sono 64: se si sottraggono le triplette specifiche della terminazione della sintesi proteica, rimangono 61 possibili triplette per i 20 amminoacidi da codificare. C’è dunque una evidente ridondanza di codoni che viene dapprima risolta sapendo che esistono 31 molecole di tRNA disponibili al trasporto dei 20 amminoacidi: quindi, alcuni amminoacidi sono trasportati da più di una molecola di tRNA. Inoltre, il passaggio dai 31 anticodoni di altrettante molecole di tRNA ai 61 codoni è garantito dal fatto che uno stesso tRNA può adattare il proprio anticodone a più codoni diversi. Sintesi proteica - 1 17 Per dare avvio al processo di traduzione, la più piccola delle due subunità del ribosoma si lega alla molecola di mRNA in corrispondenza di uno specifico sito di legame localizzato ad una specifica distanza (diversa tra procarioti e eucarioti) dal codone AUG che, assai spesso, dà inizio alla sintesi: a partire dal codone AUG e procedendo in direzione 5’→3’ si segue la sequenza di codoni che specificano la sequenza di amminoacidi del polipeptide da sintetizzare. Sintesi proteica - 1 18 Una volta che si è stabilito il complesso tra mRNA e ribosoma, le molecole di tRNA che portano i primi due amminoacidi si legano al complesso: a questo punto si ha la formazione del legame peptidico. Allora il ribosoma trasla verso il successivo codone ed avviene il rilascio del tRNA del primo amminoacido ed il contemporaneo attacco del terzo. Questo processo si ripete fino ad incontrare il codone che segnala il termine della sintesi: a questo punto la molecola di mRNA si separa dal ribosoma. Sintesi proteica - 1 19 Il codice genetico: ogni codone è identificato da tre basi, la cui diversa combinazione indica diversi amminoacidi; tre codoni segnalano la fine della sintesi. Sintesi proteica - 1 20 Sito di ancoraggio al ribosoma Promoter Codone di inizio Codone di terminazione Terminatore DNA Trascrizione RNA Traduzione proteina Il processo di espressione genica: il DNA deve possedere le informazioni relative al controllo della traduzione (sito di ancoraggio del ribosoma, codoni di inizio e di terminazione), così da poterle trascrivere nella molecola di mRNA. Sintesi proteica - 1 21 Spesso, nel processo di traduzione intervengono più ribosomi per volta, opportunamente ancorati al filamento di mRNA: si parla allora di polisoma che, al microscopio elettronico, appare come un filo ( mRNA) di perle (ribosomi) e in questo modo, con meccanismi di elevata organizzazione e di efficiente controllo, si può rendere assai più rapida la sintesi proteica. Sintesi proteica - 1 22 Sintesi proteica - 1 23 Modificazioni post-traduzionali Il polipeptide ottenuto per traduzione dell’mRNA solitamente non è il prodotto finale nella forma biologicamente attiva. In alcuni casi viene rimossa la metionina N-terminale, oppure le coppie di cisteina vengono ossidate per dare un ponte disolfuro, determinante ai fini della struttura della proteina. In altri casi, ai gruppi laterali di alcuni amminoacidi vengono legati gruppi funzionali carboidrati per dare origine alle glicoproteine. Alcuni peptidi presentano, in corrispondenza del terminale amminico, una breve sequenza di residui idrofobici (sequenza segnale), che svolge un ruolo importante nel trasporto attraverso la membrana cellulare quando le proteine vengano secrete; una volta superata la membrana, queste sequenze idrofobiche sono rimosse per dare la forma finale della proteina. Con prefisso “pre-” si indica la proteina che supporta la coda idrofobica, per distinguerla dalla proteina nella sua forma finale. Sintesi proteica - 1 24 L’espediente di legare alla proteina una sequenza di amminoacidi da rimuovere prima dell’utilizzo finale, consente alla cellula di provvedere alla sintesi proteica in una medesima regione, per poi dirigere ed “attivare” le diverse proteine ove ne sia richiesta la presenza, sia all’interno che all’esterno della cellula stessa. Un esempio di come questo meccanismo venga applicato è dato dalla preproinsulina. Sintesi proteica - 1 25 Induzione e repressione della sintesi proteica I meccanismi di induzione e di repressione rappresentano gli strumenti di controllo utilizzati nella sintesi delle proteine a livello cellulare, responsabili della velocità con cui gli enzimi vengono prodotti e, di conseguenza, della loro concentrazione. In realtà, questi meccanismi sono stati completamente investigati e compresi solo per gli organismi più semplici, quali i batteri; per quelli più evoluti, si suppongono meccanismi di controllo più sofisticati. I batteri sono organismi semplici dal punto di vista evolutivo, in grado di adeguarsi alle mutevoli condizioni dell’ambiente esterno per la loro sopravvivenza. In particolare, i batteri devono sintetizzare enzimi diversi in funzione dei diversi nutrienti che sono di volta in volta disponibili: un esempio eclatante di versatilità è fornito dal batterio Pseudomonas multivorans che può utilizzare fino a 90 diverse fonti di carbonio (!) dai carboidrati agli acidi organici, dai composti azotati al fenolo. Sintesi proteica - 1 26 Dal momento che per ogni nutriente è richiesta la sintesi di più enzimi, il batterio deve possedere nel suo patrimonio genetico le informazioni utili alla sintesi di moltissimi enzimi. Si indica con il nome di genotipo il complesso di informazioni contenute nel DNA, mentre il fenotipo rappresenta l’insieme di informazioni di volta in volta espresse. Il fenotipo deriva dalla combinazione del genotipo e delle caratteristiche dell’ambiente esterno che evidentemente influenzano la velocità di sintesi degli enzimi. Sintesi proteica - 1 27 Secondo il modello biochimico previsto da Monod, induzione e repressione hanno luogo secondo processi analoghi, che regolano l’espressione del gene a livello di trascrizione. La gamma di proteine sintetizzate dalla cellula e le corrispondenti funzioni biologiche ed attività catalitiche, possono variare in funzione di come cambiano le caratteristiche dell’ambiente esterno. Questo fatto rende difficile la modellazione cinetica delle reazioni coinvolte nel metabolismo cellulare e, conseguentemente, ostacola la progettazione dei bioreattori . Sintesi proteica - 1 28 Dogma centrale della biologia molecolare replicazione DNA trascrizione trascrizione inversa mRNA traduzione proteina Sintesi proteica - 1 29 Duplicazione del DNA Dal momento che il DNA contiene tutte le informazione necessarie allo sviluppo ed al funzionamento delle cellule viventi, è fondamentale che il processo di “copiatura” del DNA sia garantito contro ogni possibile errore. Quando la cellula si riproduce, ciascuna cellula figlia riceve lo stesso identico patrimonio genetico: avviene infatti che la doppia elica del DNA contenuto nella cellula madre si srotola, dando origine ai due filamenti complementari separati, ciascuno dei quali apparterrà a ciascuna delle cellule figlie assieme al proprio complementare di cui ha diretto, fungendo da modello, la sintesi. Sintesi proteica - 1 30 In realtà, la duplicazione del DNA procede secondo un meccanismo più complesso, che coinvolge un enzima detto DNA polimerasi. Questo enzima dirige la sintesi dei filamenti figli complementari, appoggiandosi ai filamenti madre in direzione 5’→3’. L’enzima DNA ligasi è poi responsabile dell’accoppiamento fra i diversi frammenti. Sintesi proteica - 1 31 Esistono alcune diversità nella conservazione e nella duplicazione del DNA tra cellule eucariotiche e procariotiche. Le cellule procariotiche possiedono un singolo cromosoma, trasportatore delle informazioni genetiche, costituito da una molecola circolare a doppia elica di DNA. Questa molecola misura 1.2 millimetri di lunghezza, ha uno spessore di circa 20 Å e conserva informazioni utili a codificare oltre 2000 proteine. Nelle cellule eucariotiche, dotate di un compartimento nucleare distinto, un cromosoma è costituito da una molecola di DNA associata a diverse proteine e anche ad alcune molecole di RNA, ed ogni cellula è fornita di più cromosomi; alcuni organismi eucariotici possono essere sia aploidi (ogni cromosoma presente una sola volta) che diploidi (lo stesso cromosoma presente due volte). Sintesi proteica - 1 32 Si indica con il termine mutazione ogni variazione nella sequenza nucleotidica del DNA che venga poi trasferita alle generazioni successive. In una certa misura, la mutazione rappresenta un fenomeno spontaneo che ha comunemente luogo con una incidenza estremamente bassa, dell’ordine di un errore ogni 106 duplicazioni geniche, secondo i seguenti modelli. Nel caso dell’anemia, questo fatto provoca cambiamenti nelle caratteristiche della molecola di emoglobina dal momento che l’amminoacido Glu viene sostituito da Val: il primo viene codificato dai codoni GAA e GAG, mentre il secondo dai codoni GUA e GUG. Appare evidente che anche la sola variazione di un paio di basi in un cromosoma può causare problemi genetici gravissimi; in altri casi, la mutazione del codone può provocare la produzione anticipata di segnali di terminazione della sintesi proteica. Sintesi proteica - 1 33 Gene wild-type A T T C C G A C T T A A G G C T G A Inserzione A T T C C T G A C T T A A G G A C T G A A T T C C A C T T A A G G T G A Transizione A T T C T G A C T T A A G A C T G A T T C G G A C T A A G C C T G A Delezione Transversione A T Esempi di mutazioni genetiche Sintesi proteica - 1 34 Le mutazioni spontanee possono avere luogo secondo meccanismi diversi. Innanzitutto, la mutazione può essere dovuta all’errato accoppiamento fra le basi nucleotidiche, quando queste non siano presenti nella loro forma predominante ma in forme tautomeriche. Un’altra possibile causa di mutazione spontanea è legata alle interferenze con gli enzimi responsabili della sintesi del DNA. Infine, alcuni composti intermedi del normale metabolismo cellulare (perossidi, acido nitroso, formaldeide) risultano mutageni e possono provocare alterazioni nella struttura del DNA. L’azione degli agenti chimici mutageni è stata ampiamente studiata osservando la crescita di colture cellulari in ambienti opportunamente arricchiti con questi composti. Sintesi proteica - 1 35 Agente mutante Effetto provocato Basi analoghe Inserimento nel DNA al posto delle basi naturali Acido nitroso Deamminazione di purina e pirimidina Proflavina, acridina arancio Intercalazione fra la sequenza di basi nel DNA Agenti di alchilazione Depurinazione del DNA Sintesi proteica - 1 36 Una ulteriore causa di mutazione è rappresentata dalle radiazioni: i raggi UV, in particolare, vengono fortemente assorbiti dal DNA al punto che molte cellule ne vengono uccise e quelle che sopravvivono manifestano una elevata velocità di mutazione. Va osservato che tutte le cellule possiedono enzimi in grado di riparare i frammenti di DNA eventualmente danneggiati dai raggi UV. In molti casi, le mutazioni conducono alla comparsa di specie mutanti che, dal punto di vista dei processi biotecnologici, risultano più interessanti della specie originale; in questa prospettiva, risulta vantaggioso provocare mutazioni selettive e controllate di alcuni ceppi di cellule per ottenerne altre, mutate, con caratteristiche migliori in termini di produttività. Diventano dunque essenziali, a questi fini, i metodi necessari all’isolamento delle specie mutanti. Sintesi proteica - 1 37 Tecnologia del DNA ricombinante Sintesi proteica - 1 38 La tecnologia del DNA ricombinante consiste in un insieme di tecniche di manipolazione del DNA attraverso cui è possibile: • isolare una qualsivoglia sequenza genica eucariotica, virale o batterica; • definirne il messaggio in termini di sequenza nucleotidica ed eventualmente alterarlo inserendo modifiche mirate. Il frammento di DNA così ottenuto (od eventualmente anche sintetizzato artificialmente) viene clonato, ovvero amplificato previa introduzione in un ospite unicellulare (procariotico od eucariotico): l’ospite, oltre a produrre svariate copie identiche del frammento di DNA, può anche essere indotto a tradurne il messaggio in un prodotto proteico, isolabile e purificabile. Sintesi proteica - 1 39 Il materiale genetico può essere estratto dalle cellule sottoponendo queste ultime a shock osmotico o frammentazione meccanica o sonicazione: si interrompe così la continuità della membrana plasmatica, il materiale intracellulare fuoriesce ed è frazionabile per centrifugazione, consentendo di isolare il DNA, l’RNA totale e gli altri componenti cellulari. Il DNA è quindi sottoposto a frammentazione per idrolisi enzimatica del legame fosfoestereo dello scheletro zucchero-fosfato: gli enzimi impiegati sono di origine batterica e prendono il nome di endonucleasi (enzimi che introducono dei tagli per idrolisi negli acidi nucleici) di restrizione (perché riconoscono sequenze specifiche di 4-8 nucleotidi, dette siti di restrizione, diverse ed esclusive per ciascuna delle 150 nucleasi scoperte). Sintesi proteica - 1 40 I tagli introdotti dai suddetti enzimi nel DNA possono essere perpendicolari ai due filamenti generando quindi estremità tronche o, cosa estremamente utile per la tecnologia del DNA ricombinante, sfalsati: prendono origine in questo caso estremità a singolo filamento complementari e riassociabili C T C G A C G A A T T C C A G C T G C T T A A G Infatti, frammenti di DNA, anche di origine diversa, ottenuti tramite una stessa endonucleasi, possiedono gli estremi atti a riconoscersi reciprocamente per appaiamento di basi complementari consentendo la formazione di DNA ibrido. La continuità dello scheletro zucchero-fosfato è assicurata dall’intervento di un altro enzima, la DNA ligasi, che ricostituisce il ponte fosfoestereo. Sintesi proteica - 1 41 Elettroforesi e autoradiografia I frammenti di DNA possono essere separati gli uni dagli altri deponendo la miscela che li contiene all’estremità superiore di un gel (di agarosio o poliacrilamide) e sottoponendoli ad un campo elettrico: i frammenti, carichi negativamente, migrano facendosi strada attraverso le maglie del gel (la cui composizione può essere variata in funzione delle dimensioni dei frammenti da separare), distribuendosi in relazione al peso molecolare. La risoluzione della miscela può essere tale da consentire la separazione di frammenti che differiscono di un solo nucleotide. Sintesi proteica - 1 42 Al termine, la serie dei frammenti separati è visualizzabile come pattern di bande colorando il gel con bromuro di etidio, colorante dotato di affinità per le molecole di DNA; in alternativa, se il DNA da risolvere è marcato radiattivamente, le bande sono evidenziabili apponendo al gel una lastra fotografica, lasciandola impressionare e sviluppandola: una volta identificata, ciascuna bandina presente nel gel è ritagliabile ed eluibile consentendo il recupero del materiale separato. Questa tecnica, attraverso cui è visualizzabile un preparato radiattivo , è denominata autoradiografia. Sintesi proteica - 1 43 Sequenziamento enzimatico o metodo di Sanger Il campione di DNA (composto dal tratto da sequenziare congiunto ad una sequenza nota) a singolo filamento, è posto in quattro distinte provette. A ciascuna sono aggiunti: • un piccolo primer oligonucleotidico (marcato e quindi riconoscibile) complementare alla sequenza nota: esso, associandovisi, crea un breve tratto a doppia elica che funge da innesco per la DNA polimerasi, l’enzima che copia il DNA stampo nella controparte complementare; • DNA polimerasi e i precursori del DNA, i deossinucleosidi trifosfato delle quattro basi; • quantità mirate di dideossinucleosidi trifosfato, sintetici, caratterizzati da una base diversa per ciascuna delle quattro provette; i dideossinucleotidi, essendo privi della funzione OH in posizione 3’, fungono, se utilizzati nella polimerizzazione, da terminatori della catena, essendo impossibilitati a stabilire il ponte fosfoestereo con la funzione OH in 5’ del deossinucleotide successivo. Sintesi proteica - 1 44 La DNA polimerasi , sfruttando l’innesco, inizia a polimerizzare il filamento complementare a quello da sequenziare. Quando la base da introdurre è disponibile anche sotto forma di terminatore, se la polimerasi sceglie quest’ultima la polimerizzazione si arresta, altrimenti prosegue sino al successivo punto in cui si ripropone la scelta. Nelle quattro provette si avranno dunque frammenti interrotti a diversi stadi di polimerizzazione e dunque riproducenti in forma più o meno estesa il tratto di DNA da sequenziare. Inoltre, nell’ambito di ciascuno dei quattro gruppi, i tratti terminano tutti con la stessa base, una delle quattro (A, T, C, G) per gruppo. Le quattro miscele sono quindi risolte in elettroforesi e i frammenti di neosintesi di ciascun gruppo sono evidenziati tramite autoradiografia in quanto tutti dotati dell’innesco marcato. Sintesi proteica - 1 45 La sequenza del tratto di DNA di partenza è ricavabile, in quanto complementare, a quelle ottenibili leggendo in successione le bande del gel, dal basso (frammento più corto generato dall’incorporazione, dopo l’innesco marcato, di una sola base) verso l’alto (frammenti che sono via via cresciuti prima di incorporare il terminatore). Sintesi proteica - 1 46 Sonde geniche Come precedentemente accennato, dalla cellula è possibile anche estrarre l’RNA totale, comprendente sia l’mRNA (utilizzato dalla cellula nella traduzione per la sintesi proteica), che l’rRNA e il tRNA. Sottoponendo questa miscela a cromatografia di affinità su una matrice inerte funzionalizzata con oligonucleotidi omopolimerici della deossitimidina, è possibile purificare l’mRNA eucariotico (che, solo tra tutti gli RNA, riconosce per complementarietà gli oligo-dT in virtù della coda che lo caratterizza di adenosina fosfato). L’mRNA totale quindi, trattenuto dalla colonna, è eluibile separatamente: rappresenta quella frazione dei geni cellulari espressi, cioè destinati ad essere tradotti in proteine. Sintesi proteica - 1 47 I geni espressi costituiscono solo una parte dei geni presenti nel DNA cellulare: due cellule specializzate appartenenti allo stesso organismo pluricellulare, pur possedendo lo stesso patrimonio genetico, differiscono nel corredo dei geni espressi da cui attingono le peculiari caratteristiche morfologiche e funzionali. L’mRNA estratto, inoltre, riporta tutta la porzione codificante del gene della quale è copia, essendo priva, negli eucarioti, delle sequenze interne non codificanti (introni). La sequenza dell’mRNA può essere convertita in vitro nella corrispondente sequenza di DNA a doppio filamento. L’mRNA dapprima funge da stampo per l’enzima trascrittasi inversa virale: questi costruisce il filamento di DNA complementare sfruttando un breve innesco a doppia elica, realizzato ibridando un oligo-dT sintetico in corrispondenza della coda poliA del messaggero. Sintesi proteica - 1 48 L’mRNA è quindi degradato selettivamente con alcali; il cDNA (DNA complementare) a singolo filamento rimanente appare dotato di un’estremità a guisa di uncino (lasciata dalla trascrittasi inversa) che funge da innesco per la DNA polimerasi responsabile della sua duplicazione. Ad avvenuta polimerizzazione interviene una nucleasi specifica a recidere il tratto di congiunzione residuante tra i due filamenti: si ha ora la copia dell’mRNA di partenza in DNA a doppia elica (cDNA a doppio filamento). Un mRNA di sequenza nota, o il suo corrispondente cDNA a singolo filamento, marcati, possono essere impiegati come sonde geniche per individuare il gene loro complementare. Ad esempio, negli esperimenti di ibridazione in situ, la sonda radioattiva, incubata con un preparato cellulare nel quale i cromosomi sono stati opportunamente fissati e denaturati, consente, dopo autoradiografia, di visualizzare in maniera precisa la localizzazione del gene in seno ai cromosomi. cromosomi Sintesi proteica - 1 49 Sintesi proteica - 1 50 La sonda marcata può anche essere utilizzata per individuare tra i frammenti di restrizione la sequenza di un particolare gene (Southern blotting). Il pattern dei frammenti, separati per via elettroforetica, è trasferito su un foglio di carta speciale. Dopo denaturazione del DNA in essi contenuto, si procede incubando la sonda marcata e successivamente operando lavaggi onde rimuoverne l’eccesso non legato. Lo sviluppo autoradiografico localizza, sotto forma di bande discrete, i frammenti ibridatisi con la sonda, recanti quindi l’informazione ad essa complementare. Sintesi proteica - 1 51 Estrarre il DNA e tagliare con enzimi di restrizione Separare i frammenti con elettroforesi Trasferire i frammenti su filtro di cellulosa Incubare il filtro con sonda radioattiva Autoradiografare per localizzare il DNA marcato Tecnica del Southern blotting Sintesi proteica - 1 52 Plasmidi I plasmidi sono piccoli elementi di DNA circolare, a doppia elica, reperibili in più copie nel citoplasma delle cellule batteriche, fisicamente distinte dal cromosoma principale e a replicazione autonoma (ovvero indipendente dai ritmi di crescita cellulare). Dotati di geni che conferiscono resistenza a specifici antibiotici, sono isolabili ed impiegabili nella tecnologia del DNA ricombinante quali vettori per introdurre un frammento di DNA delle dimensioni di un gene in un organismo unicellulare. A tal scopo, la molecola plasmidica viene dapprima linearizzata utilizzando un enzima di restrizione per il quale essa contiene il sito specifico di taglio; un tratto qualsiasi di DNA, trattato col medesimo enzima, presenta estremità complementari e riassociabili a quelle del plasmide e dunque tali da consentire la creazione di un costrutto ibrido , stabilizzato dalla DNA ligasi, detto plasmide ricombinante. Sintesi proteica - 1 53 Il vettore ricombinante viene successivamente introdotto nel citoplasma di cellule batteriche sottoposte a temporanea permeabilizzazione; a questo punto si selezionano le cellule che hanno incorporato il plasmide perché recanti la resistenza ad uno specifico antibiotico che viene addizionato, per consentirne la selezione, al terreno di coltura. Volendo inoltre selezionare tra le cellule che hanno introdotto il plasmide quelle dotate del costrutto ricombinante, si sfrutta il fatto che in queste ultime, come diretta conseguenza della presenza del vettore ibrido, è assente un enzima responsabile di una reazione colorimetrica. Sintesi proteica - 1 54 Ciascun batterio recante il plasmide ricombinante a questo punto, per duplicazione cellulare, origina un clone di cellule geneticamente identiche, tutte recanti nel proprio citoplasma più copie del costrutto gene-vettore. Oltre a garantire un’amplificazione del gene, l’ospite unicellulare offre anche l’apparato biosintetico necessario per consentirne l’espressione, ovvero la sintesi del prodotto proteico che questi codifica. È così possibile utilizzare questi microorganismi come bioreattori, inducendoli a sintetizzare grandi quantità di proteine esogene utilizzabili da un punto di vista terapeutico, industriale e diagnostico. Sintesi proteica - 1 55 Rottura Plasmide + Fusione DNA estraneo DNA ricombinante Introduzione nella cellula ospite crescita dei cloni Sintesi proteica - 1 56 Virus Accanto ai plasmidi esiste un’altra classe di vettori: i virus. I virus sono organismi difettivi: non essendo in grado di riprodursi autonomamente, parassitano le cellule sfruttandone l’apparato biosintetico. Essi introducono il proprio genoma all’interno dell’ospite, trasportando così anche eventuali geni esogeni che abbiano sostituito parte della loro informazione genetica. Difatti il DNA virale, estratto, può essere ricombinato in vitro con DNA di origine diversa, tramite gli estremi creati da un opportuno enzima di restrizione. Sintesi proteica - 1 57 I virus ricostituiti in vitro , recanti genomi virali ricombinanti, vengono utilizzati per infettare una cultura di cellule, in modo che queste ricevano col DNA virale anche il gene esogeno. Un tipico esempio di virus batterico impiegato negli esperimenti con il DNA ricombinante è rappresentato dal fago T4. Come diretta conseguenza della moltiplicazione del virus nella cellula, anche il gene che esso trasporta viene amplificato; la progenie virale, originatasi dall’infezione perpetrata dal fago ai danni dell’ospite batterico, fuoriesce al termine della replicazione lisando la cellula ed è evidenziabile in coltura come area definita, denominata placca di lisi. Sintesi proteica - 1 58 Sintesi proteica - 1 59 Genoteca genomica e genoteca cDNA Una prima fonte di DNA è reperibile frammentando con enzimi di restrizione il genoma cellulare; i singoli frammenti di DNA così ottenuti possono essere singolarmente clonati negli ospiti unicellulari e successivamente sottoposti a screening, per giungere all’individuazione del particolare frammento oggetto di ricerca. Non necessariamente questo riporta per esteso tutta la sequenza codificante di un gene: infatti negli eucarioti tratti di DNA non codificante intervallano i geni e ne inframezzano la sequenza. Una seconda fonte di DNA è costituita dal cDNA, DNA a doppia elica complementare all’mRNA cellulare. In genere si converte in cDNA la totalità dei messaggeri estratti e li si clona separatamente in coltura cellulare. Sintesi proteica - 1 60 Quali sono le differenze riscontrabili tra l’amplificazione dei frammenti del DNA cellulare (genoteca genomica) e dei cDNA (genoteca cDNA)? La composizione dei cloni di una genoteca cDNA è diversa per ogni campione di cellule di uno stesso organismo riflettendo essa il grado di differenziazione (corredo di geni specifici espressi) delle cellule stesse. Ciò non vale nel caso della genoteca genomica, i cui cloni corrispondenti sono un “flash” della composizione del genoma dell’organismo, costantemente uguale in tutte le sue cellule. I cloni cDNA risultano arricchiti in quanto recanti solo determinati geni e dunque la loro purificazione risulta più agevole. I prodotti dei cloni cDNA, anche se fatti esprimere in cellule batteriche o di lievito incapaci di modificare l’RNA trascritto primario per rimozione degli introni, derivando l’informazione da mRNA già maturi originano comunque proteine funzionali. Sintesi proteica - 1 61 Screening delle genoteche Lo screening delle genoteche, alla ricerca del gene prescelto può essere condotto seguendo diverse strategie. Utilizzando una sonda genica, ovvero un tratto di DNA marcato, a singola elica, riproducente parte della sequenza del gene cercato. Il procedimento prevede che una replica su carta speciale del pattern di colonie, che hanno ciascuna amplificato un tratto di DNA ignoto, sia sottoposta ad esposizione (per denaturazione) dei filamenti complementari di DNA: la sonda individua, per ibridazione, le colonie recanti il gene prescelto, le quali, grazie alla marcatura, sono individuabili per autoradiografia ed isolabili dalla piastra principale. Sintesi proteica - 1 62 Potrebbe non essere nota la sequenza del gene (presupposto per la progettazione di una sonda genica secondo quanto appena visto) ma essere stata purificata una proteina cellulare della quale si vorrebbe ora isolare il gene. Stabilita parte della sequenza amminoacidica della proteina, ed individuate in seno ad essa le regioni a livello delle quali la corrispondenza in nucleotidi è meno ambigua, si costruiscono pool di sonde marcate in grado di coprire, da un punto di vista combinatorio, tutte le possibili sequenze nucleotidiche corrispondenti alle regioni amminoacidiche stesse. Le colonie recanti il gene oggetto di ricerca saranno in grado di legare una sonda (quella recante la parziale sequenza genica corretta) per ciascun pool. Sintesi proteica - 1 63 Si supponga ora di voler stabilire quale informazione caratterizzi un gene clonato ignoto; si potrebbe: • indurre l’ospite batterico ad utilizzare l’informazione contenuta nel gene per tradurla nel prodotto proteico corrispondente, isolabile e caratterizzabile; • tradurre in vitro l’informazione contenuta nel gene in modo tale da ottenere anche un breve polipeptide; gli anticorpi specifici contro quest’ultimo, ottenibili immunizzando un animale, se opportunamente marcati, possono essere impiegati per localizzare la proteina direttamente nel contesto cellulare; • utilizzare l’informazione contenuta nel gene per selezionare tra l’mRNA totale cellulare, attraverso l’ibridazione tra filamenti complementari, la copia del gene stesso. L’mRNA complementare è così individuato e tradotto in vitro . Sintesi proteica - 1 64 Ingegneria genetica Geni isolati e purificati possono essere modificati in maniera estremamente mirata e, successivamente, inseriti in un ospite adatto in grado di tradurre il messaggio nel corrispondente prodotto proteico; quest’ultimo può essere quindi raccolto e caratterizzato. Alterazioni estese del tratto codificante consentono di far luce sulle caratteristiche funzionali dei diversi domini costituenti una proteina. Viceversa modifiche più puntuali, quali sostituzioni di singoli nucleotidi, consentono di operare studi sull’assetto tridimensionale di una proteina (interazioni con eventuali ligandi, effetti sulla catalisi enzimatica) o sulla funzione di un particolare gene. Sintesi proteica - 1 65 Il plasmide ricombinante, recante il gene da modificare, viene ottenuto come preparazione a singolo filamento. In condizioni particolari, un oligonucleotide di sintesi, riproducente parte della sequenza del gene e recante rispetto a questo un’alterazione nucleotidica, è in grado di riconoscere quest’ultimo per complementarietà ed associarvisi, purché la regione ad appaiamento corretto sia sufficientemente estesa rispetto a quella, alterata, ad appaiamento errato. La DNA polimerasi , in presenza dei quattro precursori deossiribonucleosidici trifosfato, ripristina per polimerizzazione il plasmide ricombinante a doppio filamento: un filamento riproduce la sequenza corretta del gene, l’altro quella provvista della base errata. Sintesi proteica - 1 66 Il costrutto viene quindi sottoposto a clonazione: nella coltura cellulare trasformata coesisteranno cloni di cellule a livello delle quali la mutazione si è fissata (in quanto, per duplicazione, ora ambedue i filamenti recano l’informazione del gene errata) e cloni recanti, a livello dei plasmidi, solo copie a doppio filamento, normali, del gene. I cloni mutanti sono selezionabili, e quindi caratterizzabili, utilizzando, come sonda, il tratto oligonucleotidico impiegato inizialmente per introdurre la sostituzione nucleotidica nel gene. Sintesi proteica - 1 67 La tecnica PCR È attualmente di grande attualità la tecnica PCR (Polimerase Chain Reaction, ovvero Reazione a Catena dell’enzima DNA Polimerasi), che consente l’amplificazione di specifiche sequenze nucleotidiche del DNA, che possono essere poi oggetto di successiva clonazione. La sequenza bersaglio è generalmente rappresentata da un gene di cui devono essere note due sequenze nucleotidiche - una per ciascun filamento complementare e poste alle estremità del tratto da amplificare in grado di individuare lungo l’intera catena del DNA il gene medesimo. Riscaldando il DNA (95°C per 5 minuti) si separano i filamenti; riducendo la temperatura (30÷65°C), si permette a due oligonucleotidi (detti primer), complementari rispetto alle sequenze che identificano il gene, di legarsi ai filamenti corrispondenti. Sintesi proteica - 1 68 Aggiungendo alla miscela di reazione l’enzima polimerasi e le quattro basi in eccesso, si consente ora la sintesi dei filamenti complementari a partire dai primer, utilizzando come modelli i filamenti originari (65°C per 2÷5minuti). Con un ulteriore aumento della temperatura (94°C) si provoca la separazione dei filamenti sintetizzati, che diventano a loro volta modelli per un nuovo ciclo di sintesi. Sintesi proteica - 1 69 5’ 3’ 3’ 5’ DNA a doppio filamento 94°C - 5 minuti 5’ 3’ 3’ 5’ I filamenti di DNA si separano 30/60°C - 30 secondi 5’ 3’ 3’ 5’ I filamenti di DNA si appaiano ai primer 65°C - 2/5 minuti 5’ 3’ I primer si estendono secondo sequenze complementari 94°C - 5 minuti 3’ 5’ 5’ 3’ Sintesi proteica - 1 I nuovi filamenti si separano 70 È evidente che l’enzima utilizzato deve essere termostabile, per consentire la sintesi dei filamenti di DNA a temperature superiori ai 60°C: si preferisce ricorrere all’enzima Taq polimerasi, isolato dal batterio Thermus aquaticus che, una volta aggiunto al sistema di reazione, rimane attivo per una serie completa di cicli di amplificazione. Questo consente di condurre i cicli di amplificazione in modo automatico, con l’impiego di blocchi termostatati alle diverse temperature programmate. Al termine di n cicli si ottiene un numero massimo teorico di 2n molecole di DNA a doppia elica; tra queste sarà necessario isolare quelle sintetizzate correttamente da quelle cresciute in modo non specifico a causa di possibili errori di appaiamento dei primer. Va detto che l’impiego del Taq polimerasi, consentendo l’amplificazione a temperature più elevate (e quindi in condizioni di maggiore specificità di appaiamento) di quanto non permettano altri analoghi enzimi, ha di molto ridotto l’insorgere di eventuali errori. Sintesi proteica - 1 71 La tecnica PCR può essere utilizzata anche nell’amplificazione di DNA umano: quando cellule dell’uomo vengono fuse con cellule animali (roditori), ne risultano cellule ibride dalle quali tendenzialmente vengono rilasciati i cromosomi umani. Si ottengono in tal modo linee cellulari contenenti, accanto a quelli dei topi, un unico cromosoma umano (o anche solo una sua parte), fonte di DNA idoneo alla clonazione, se il cromosoma residuo contiene il gene di interesse. In questo caso si ricorre alla cosiddetta Alu-PCR, semplice metodo di amplificazione e caratterizzazione del DNA umano. Il metodo impiega dei primer per le sequenze ripetute in zone diverse del genoma umano: in particolare, la sequenza Alu (di 300 coppie di basi) è presente in un numero che arriva fino a 900.000 copie, di composizione variabile tranne che per una particolare sequenza costante tipica dell’uomo. Sintesi proteica - 1 72 I primer sintetizzati permettono l’amplificazione di frammenti del DNA umano compresi fra due sequenze Alu orientate in direzioni opposte. A seconda della lunghezza del DNA contenuto nelle linee cellulari di partenza, si producono frammenti di DNA umano di numero e lunghezza variabili. Allo stesso modo si può isolare il DNA umano in mezzo ad altri DNA. La tecnica PCR si è rilevata di enorme utilità nello studio di malattie ereditarie o di malattie che, come il cancro, sono prodotte da mutazioni nel materiale genetico. La PCR permette infatti di compiere lo screening di particolari geni alla cui mutazione sia imputabile la malattia in esame. Per quanto riguarda il cancro, è ormai accertato che la sua insorgenza è dovuta a mutazioni specifiche e riproducibili: la PCR ha infatti consentito di vagliare velocemente i campioni prelevati da numerosi pazienti giungendo alla conclusione che esiste una relazione stretta tra la natura della mutazione ed il tipo di tumore. Sintesi proteica - 1 73 In modo analogo, si può seguire il decorso della malattia, per poter interrompere il trattamento chemioterapico non appena il cancro sia scomparso o, in caso contrario, per poterlo tempestivamente riprendere. Altre applicazioni della tecnica PCR riguardano la determinazione del sesso nelle cellule fetali e negli studi sull’evoluzione molecolare. Un aspetto di non trascurabile rilievo è rappresentato dal fatto che la minima contaminazione del materiale genetico di partenza può portare a conseguenze gravissime: si potrebbe amplificare, oltre al materiale in esame, anche materiale genetico estraneo con il rischio di giungere a conclusioni assolutamente indesiderate. Operando con le opportune e necessarie cautele, la tecnica PCR fornisce uno strumento rivoluzionario per la genetica molecolare. Sintesi proteica - 1 74 Applicazioni La tecnologia del DNA ricombinante si presta ad innumerevoli applicazioni, raggruppabili fondamentalmente nei seguenti settori: • farmaceutico • medico • agricolo-vegetale • igienico ambientale e industriale Sintesi proteica - 1 75 Settore farmaceutico La tecnologia del DNA ricombinante consente di ottenere, in quantità sufficienti in vista di un impiego terapeutico, nonché sicuri in quanto esenti da agenti contaminanti ed identici nella sequenza alla sostanza naturale, le molecole di seguito elencate: Ormoni e proteine umane da somministrarsi nella cura di patologie derivanti da carenze congenite degli stessi (p. es., insulina nel diabete, ormone della crescita nel nanismo, fattore VIII della coagulazione nell’emofilia). L’insulina, ad esempio, è un ormone peptidico costituito da due catene, A e B, caratterizzate da ponti disolfuro inter- ed intra-catena. È responsabile del controllo del metabolismo glucidico e la sua carenza si manifesta patologicamente nel diabete. Viene sintetizzata come catena polipeptidica unica, denominata preproinsulina. La sequenza “pre”, necessaria alla secrezione dell’ormone, è rimossa dalle proteasi cellulari, e, con essa, viene eliminata successivamente anche la sequenza “pro”, responsabile dell’assunzione, da parte dell’ormone, della corretta conformazione spaziale. Sintesi proteica - 1 76 Fattori di crescita specifici tissutali. Enzimi ad attività terapeutica (p. es., attivatore del plasminogeno per sciogliere i trombi), di interesse diagnostico e di impiego industriale. Modulatori della risposta immunitaria: queste sostanze, presenti normalmente nell’organismo, mettono in relazione le cellule deputate alla difesa immunitaria concertandone l’azione. La somministrazione d’interferone, ad esempio, ha effetti antivirali ed in certi casi antitumorali . Subunità vacciniche, ovvero porzioni antigeniche dell’agente infettante microbico, virale o parassitario, sufficienti a sensibilizzare l’organismo (cioè ad indurre una risposta immunitaria che “prepara e rende più agguerrito” l’ospite in vista del possibile incontro con l’agente integro e virulento) e più sicure del vaccino tradizionale costituito dall’intero microrganismo inattivato od attenuato (p. es., vaccino contro il virus dell’epatite B, costituito da aggregati proteici immunogenici simili a quelli rinvenibili naturalmente nel sangue di pazienti infettati: viene prodotto nel lievito ed iniettato al posto del virus). Sintesi proteica - 1 77 Anticorpi catalitici, ovvero in grado di riconoscere analoghi di stati di transizione di determinate reazioni enzimatiche, che dai dati preliminari pare esplichino attività catalitiche. Proteine utilizzabili come immunogeni (antigeni) per ottenere anticorpi monoclonali, anch’essi ingegnerizzabili ed impiegabili: • nel settore diagnostico, per accertare la presenza di alcune malattie grazie al riconoscimento, mediato dall’anticorpo, di marcatori caratteristici e specifici del microrganismo (p. es., sifilide) o della cellula (p. es., cancro); • per la determinazione degli antigeni di gruppo tissutali od ematici, per stabilire eventuali compatibilità nei trapianti o nelle trasfusioni; • a scopo terapeutico nei tumori, utilizzando l’anticorpo come proiettile magico capace d’individuare la cellula tumorale (dotata, in certi casi più fortunati, di marker specifici) anche a livello delle metastasi e veicolarvi una tossina letale. Sintesi proteica - 1 78 Settore medico In questo campo ci si avvale della tecnologia del DNA ricombinante: • per la diagnosi prenatale di malattie ereditarie: il DNA estratto dalle cellule fetali viene sottoposto a frammentazione con enzimi di restrizione; certune mutazioni si identificano proprio con la perdita di un particolare sito di restrizione e la conseguente alterazione, rispetto ad un individuo sano, del pattern di bande ottenibile per separazione elettroforetica dei frammenti di DNA. La mutazione però può non interessare un sito di restrizione: in questo caso viene individuata grazie al riconoscimento per ibridazione, mediato da una sonda genica recante la mutazione, del frammento di restrizione alterato; Sintesi proteica - 1 79 • in medicina legale nella risoluzione di enigmi e dispute giudiziarie: sono state individuate nel genoma umano delle sequenze che si ripetono, a livello di diverse regioni del DNA cromosomico, un numero di volte variabile e caratteristico per ciascun individuo. Il DNA estratto da campioni anche vecchi o quantitativamente esigui, viene frammentato con enzimi di restrizione; i vari frammenti, risolti in elettroforesi ed incubati con sonde geniche riproducenti le sequenze ripetitive, disegnano un pattern di bande unico ed individuale, equiparabile ad una impronta digitale. Sintesi proteica - 1 80 Settore agricolo-vegetale La tecnologia del DNA ricombinante consente anche di introdurre un gene purificato in un organismo pluricellulare, animale o vegetale, sicché esso entri a far parte del patrimonio genetico di ogni cellula costituente l’organismo stesso e possa essere trasmesso alla progenie. Un organismo così manipolato è definito transgenico. Animale transgenico All’atto della fecondazione, il patrimonio genetico aploide maschile (pronucleo) penetra nella cellula uovo e si fonde col pronucleo femminile. La cellula uovo fecondata, diploide (zigote), costituisce il capostipite di tutte le cellule, somatiche e germinali, dell’individuo originantesi attraverso successive divisioni cellulari. Tutte le cellule dell’organismo, pertanto, condividono la medesima informazione genetica, quella parentale. Sintesi proteica - 1 81 Per ottenere un animale transgenico (p. es., un topo), il gene esogeno prescelto viene introdotto in uno dei due pronuclei, coesistenti prima della fusione nel citoplasma della cellula uovo fecondata. Gli zigoti così manipolati vengono quindi impiantati nell’utero di femmine pseudogravide (cioè predisposte artificialmente - previo trattamento ormonale - alla gravidanza). Alla nascita, i topolini sono sottoposti a screening per stabilire se siano portatori del gene tramite PCR su biopsia tissutale: gli animali positivi sono sottoposti ad ulteriori accertamenti atti a stabilire la presenza nella linea germinale e dunque la sua ereditabilità. Sintesi proteica - 1 82 Pianta transgenica Cellule vegetali differenziate, private della parete cellulare (protoplasti) e poste in cultura, possono, dietro stimolazioni ormonali adeguate, sdifferenziarsi e tornare totipotenti, ovvero capaci di moltiplicarsi e di riorganizzarsi in una piantina completa. Non è però facile ottenere piante intere a partire dai protoplasti per cui si preferisce partire da porzioni circolari ritagliate dalle foglie (dischi fogliari): questa tecnica è particolarmente importante perché fornisce anche i presupposti necessari alla creazione dei vegetali transgenici. Le cellule incise ai margini dei dischi fogliari, infatti, oltre ad avere proprietà rigeneranti, inviano segnali che favoriscono l’infezione, a loro danno, del batterio A. Tumefaciens. Questa prevede il trasferimento da parte del microrganismo, di una porzione denominata T-DNA che egli rigenera, del proprio plasmide Ti. La sostituzione in vitro di parte della sequenza T-DNA, oggetto di trasferimento dal batterio alla cellula vegetale, con un gene esogeno, crea i presupposti per l’ingresso del gene stesso nella cellula e il suo inserimento nel DNA vegetale. Sintesi proteica - 1 83 I dischi fogliari sono quindi selezionati per la presenza del T-DNA e posti in coltura sotto adeguate stimolazioni ormonali attraverso le quali, con la rigenerazione dei germogli prima e delle radici poi, si ottiene la piantina completa, mentre A. Tumefaciens viene ucciso selettivamente con antibiotici specifici. Sintesi proteica - 1 84 Gli obbiettivi nella creazione di un animale o vegetale transgenico sono essenzialmente due: • creazione di specie con migliori caratteristiche di sopravvivenza e resistenza alle infezioni e che, a parità di condizioni di allevamento o coltura, consentano di ottenere derivati più abbondanti e di qualità migliore; • trasformazione dell’animale o del vegetale in un bioreattore, capace di produrre quantità significative di proteine umane d’interesse terapeutico facilmente isolabili e purificabili. Sintesi proteica - 1 85 Settore igienico-ambientale ed industriale Sonde geniche riproducenti sequenze caratteristiche ed esclusive di un dato microrganismo, possono rilevarne la presenza quale contaminante alimentare o ambientale. L’attuale ricerca sta inoltre procedendo alla messa a punto di: • microrganismi capaci di convertire scarti della produzione agricola in biomassa proteica per l’alimentazione umana ed animale; • ceppi microbici capaci di operare con rese migliori le fermentazioni tradizionali (ceppi resistenti all’alcool), e ceppi ingegnerizzati in grado di fermentare anche la cellulosa; • ceppi microbici in grado di concentrare o modificare metalli (per favorirne l’estrazione) o sostanze tossiche (per consentirne la biodegradazione); • enzimi da utilizzarsi nelle varie fasi di lavorazione industriale. Sintesi proteica - 1 86