A cura di Anffas
Brescia Onlus
Parliamo di Diritti
Piccola guida per essere più informati e sapersi tutelare
Con il contributo di
1. Premessa
Parliamo di diritti
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I diritti possono essere definiti come “l’insieme di principi codificati
allo scopo di fornire ai membri di una comunità regole oggettive di
comportamento su cui fondare una ordinata convivenza”: ciò che ogni
cittadino può giustamente rivendicare di fronte alla comunità; ciò che
l'individuo pensa che gli spetti o crede di potere rivendicare in base a
esigenze naturali o alla cultura e alle consuetudini della comunità in cui
vive.
Quando si parla di DIRITTI le definizioni possono essere tante: più o
meno esaurienti, più o meno tecniche, più o meno enfatiche. Senza
dimenticare la complessità dei temi connessi ai DIRITTI, crediamo però
sia giusto mettere in primo piano gli scenari umani, sociali, culturali ed
economici che questa parola evoca, a partire dalla triade su cui sono
fondate le Costituzioni di molti Stati contemporanei: libertà, fraternità,
uguaglianza. E poi giustizia, non discriminazione, rispetto della dignità
umana e sociale, pari opportunità. Scenari che parlano di futuro
“buono”, di prosperità, di saggezza, di modi di intendere la convivenza
civile secondo leggi naturali, ancora prima che giuridiche.
Basta però mettere a confronto la parola DIRITTI con le molte, troppe
vite vissute in condizioni di mancanza di dignità umana e sociale, ingiustizia e disuguaglianza, per capire che occorre pensare ai modi con i
quali i diritti possano divenire sostanza, concretezza, realtà diffusa.
Perché i diritti, se non sono di tutti (comprese le persone con disabilità
e le loro famiglie), sono privilegi.
Parlare di DIRITTI significa quindi parlare di TUTELA dei diritti. E di questo, in primo luogo, ANFFAS si occupa, consapevole che tanto più la
frontiera dei diritti viene spostata su livelli sempre più alti, tanto più
l’azione di tutela deve trovare vie e modi efficaci per raggiungerli.
ANFFAS è quindi un’Associazione paziente, perché consapevole delle
circostanze storiche che determinano le diverse fasi sociali ed economiche, ma questo non significa sia una realtà inerte. E’ un’Associazione
concreta, che bada alla sostanza, il che non significa chiudersi in una
logica corporativa e difendere, a muso duro, solo ed esclusivamente gli
interessi della propria “categoria”. E’ un’Associazione che, con umiltà,
si fa molte domande, il che non vuol dire limitarsi alle domande o alle
proteste, ma cercare sempre di capire, studiare, fare proposte.
Questa piccola guida nasce da tutto ciò, nella consapevolezza che la sacrosanta esigenza di vedere tutelati i propri diritti non passa certo “per
miracolo” da queste pagine. L’obiettivo immediato è volutamente ridotto
al minimo: dare qualche coordinata generale per muoversi con più sicurezza e senza eccessivi timori nel complicato mare dei diritti e dei modi
per ottenerne il rispetto. La finalità ultima è invece molto, molto ambiziosa: far capire che i diritti ci sono, si possono conquistare (e si possono
perdere), si possono migliorare, si possono rendere fatto del giorno e
non evento del secolo, a una condizione: non muoversi da soli. Non solo
in senso stretto, ma in modo ampio, convincendosi che la conquista del
“mio” diritto non è mai un fatto individuale, ma collettivo, non solo in
relazione alle persone e alle famiglie con disabilità, ma all’intera Comunità.
Che sia con ANFFAS o con una delle altre e tante Associazioni che si occupano di tutela dei diritti, lo scopo ambizioso di questa piccola guida è pertanto un invito caldo e convinto a “mettersi insieme”, a ragionare, agire,
controbattere e difendere non per conto proprio.
Questa guida, insieme alla contemporanea messa in circolo della guida
contro le discriminazioni, è al tempo stesso conclusione e inizio di un unico percorso. Le due guide rappresentano la conclusione di un progetto
che ha ricevuto il sostegno di Fondazione Comunità Bresciana, alla quale
va il nostro sincero e convinto ringraziamento. Rappresentano anche
l’inizio di un nuovo (per noi) percorso di azione concreta per la tutela dei
diritti delle persone con disabilità basato sulla Non Discriminazione. In
questo “nuovo” percorso l’attenzione alla comunicazione sarà importante, nella convinzione che tanto più noi cittadini siamo informati delle possibilità offerte dall’ordinamento legislativo e giuridico, tanto più cresce il
nostro protagonismo e quindi il diritto a partecipare attivamente alle
scelte che ci riguardano.
Buona lettura, quindi, e buon lavoro, perché c’è ancora tanto da fare.
Maria Villa Allegri
Presidente ANFFAS Brescia Onlus
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Avvertenze
1.
La scelta di redigere questa guida per “parole-chiave” nasce dalla volontà di renderla uno strumento agevole in favore del cittadino.
Nella versione cartacea le parole sono state raggruppate per filoni tematici. Nella versione informatica saranno disponibili sia in versione
tematica che in ordine alfabetico.
2.
Ciascuna parola-chiave con caratteristiche giuridiche è stata verificata dai consulenti legali ai quali l’Associazione solitamente si rivolge, oltre che dagli uffici legali di ANFFAS Onlus, della LEDHA (Lega per i
Diritti delle Persone con Disabilità – Milano) e della FISH (Federazione
per il Superamento dell’Handicap – Roma).
3.
Poiché la guida è stata pensata e realizzata nel territorio bresciano, laddove utile e possibile, oltre ai riferimenti alle principali e più
rilevanti norme statali in vigore, sono stati indicati i riferimenti alle
norme della Regione Lombardia.
4.
Per ciascuna parola-chiave descritta, utilizzando totalmente o in
prevalenza, materiali redatti da altri autori, si è garantita la trasparenza citando le fonti.
5.
Molte parole-chiave affrontano temi complessi che richiederebbero maggiori spazi e descrizioni. A ciascun lettore il compito di approfondire quanto qui proposto, magari rivolgendosi ad una Associazione
in grado di fornire adeguate risposte.
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2.
Parole chiave
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Accesso agli atti
Appello
Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU)
Carta dei servizi
Class action
Consiglio di stato
Convenuto
Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
Corte Costituzionale
Corte di Cassazione
Difensore civico
Diritti di partecipazione
Diritto soggettivo
Disobbedienza civile
Fonti esterne
Fonti interne del diritto italiano
Gerarchia delle fonti nell'ordinamento italiano
Giudice di pace
Interesse legittimo
Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)
Privacy (diritto alla)
Protezione giuridica
Ricorrente
Ricorso
Tribunale
Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.)
Ufficio di Protezione Giuridica (U.P.G.)
Ufficio di Pubblica Tutela (U.P.T.)
Ufficio Relazioni con il Pubblico (U.R.P.) - Reclamo
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1. ACCESSO AGLI ATTI
Parliamo di diritti
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Si intende:
per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione
e di avere copia di documenti amministrativi;
per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di
interessi pubblici o diffusi (p.e. un’Associazione) che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto
l'accesso;
per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, foto-cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del
contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti
attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla loro natura
pubblicistica o privatistica;
per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i
soggetti di diritto privato, limitatamente alla loro attività di pubblico
interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
Il diritto di accesso è escluso, per esempio, con riguardo a:
•
documenti coperti da segreto di Stato e nei casi di segreto o di
divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal
regolamento governativo e dalle pubbliche amministrazioni;
•
procedimenti tributari;
•
procedimenti selettivi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale, relativi a terzi.
La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve
essere rivolta all'Amministrazione che ha formato il documento o che
lo detiene stabilmente. Il rifiuto, il differimento e la limitazione all'accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dalla legge e debbono
essere motivati (p.e. nei casi sopra indicati).
Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta.
In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito. Il richiedente può
presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.), ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la
suddetta determinazione.
Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al
difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente
superiore (p.e. la Provincia, se non esiste il difensore civico comunale).
Uno dei casi più frequenti nei quali il cittadino deve invocare la legge
per ottenere copia di un atto emesso da una Pubblica amministrazione
si verifica quando il Comune comunica al cittadino con disabilità (e alla
sua Famiglia) che “in base al regolamento comunale in materia di concorso alla spesa la retta del servizio frequentato è pari a Euro…”.
E’ bene sottolineare che una comunicazione di questo tipo non rispetta
il diritto del cittadino di conoscere in dettaglio i criteri adottati dal Comune per determinare il concorso alla spesa. Chiedere copia del regolamento comunale (o di qualunque altro atto che illustri in dettaglio i criteri utilizzati per determinare il costo a carico del cittadino) è pertanto
una richiesta legittima da parte del cittadino.
NORME DI RIFERIMENTO -Legge 7 agosto 1990 n. 241
-Legge 11 febbraio 2005 n. 15
PER APPROFONDIRE
www.governo.it
www.commissioneaccesso.it
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2. APPELLO
Presentato il ricorso in Tribunale, esaminata la sua ammissibilità, valutati gli elementi, il Giudice emette sentenza. La parte che perde la
causa può, valutate le motivazioni del Giudice, decidere se proseguire
nell’iter giudiziario. In tal caso, questa sorta di “secondo tempo” viene definita “appello”. La seconda sentenza, che può confermare o
rivedere la precedente, si sostituisce ad essa.
Parliamo di diritti
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3. ASSEMBLEA GENERALE
DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (ONU)
L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è la più estesa organizzazione internazionale, poiché ricopre la quasi totalità degli Stati del pianeta
(192 Stati). Possono far parte delle Nazioni Unite tutti i paesi che accettano gli obblighi imposti dallo statuto delle Nazioni Unite e che vengono
considerati in grado di far fronte a questi obblighi. La sede dell'organizzazione si trova a New York e l'attuale segretario generale è Ban KiMoon, che ha sostituito il 1º gennaio 2007 Kofi Annan. La rete di organi
interni, agenzie specializzate e organizzazioni internazionali, creati sulla
base dell'ONU prende il nome di Sistema Nazioni Unite.
Gli organi delle Nazioni Unite, definiti dall’art. 7 dello Statuto dell’ONU,
sono: l’Assemblea Generale, il Consiglio di Sicurezza, il Consiglio Economico e Sociale, il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria, la Corte Internazionale di Giustizia ed il Segretariato.
L’Assemblea Generale è l’organo più rappresentativo dell’ONU, è composta dai rappresentanti di tutti gli Stati aderenti alle Nazioni Unite, è il
principale organo deliberativo ed è l’unico organo in cui tutti gli Stati
Membri sono ugualmente rappresentati (ogni Membro dispone di un
voto). La maggior parte delle discussioni nell’Assemblea Generale si svolgono in uno dei suoi principali Comitati: disarmo e sicurezza internazionale, economia e finanza, sociale umanitario e culturale, politica e decolonizzazione. L’Assemblea può decidere di costituire uno specifico Comitato per affrontare temi di particolare rilevanza e specificità. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è stata discussa in un
Comitato specificatamente costituito (comitato ad hoc). Il Comitato venne istituito a seguito di una risoluzione presentata dal Messico e poi approvata dall’Assemblea Generale (Risoluzione 56/168 del 19 dicembre
2001).
NORME DI RIFERIMENTO Statuto ONU
FONTI
Wikipedia
Manuale di formazione sui diritti umani delle persone con disabilità, a cura di G.Griffo e
F.Ortali, Bologna, AIFO e DPI, 2007
PER APPROFONDIRE
www.unric.org/it/documenti-onu-initaliano
www.wikipedia.org (portale Nazioni Unite)
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4. CARTA DEI SERVIZI
Parliamo di diritti
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La Carta dei Servizi è il documento con il quale un soggetto (sia pubblico che privato) dichiara il tipo di servizio/prestazione fornito, le modalità di erogazione e di accesso a tale servizio/prestazione, le modalità
con le quali il cittadino/utente può inoltrare reclami, i tempi di risposta, ecc..
La Carta del Servizio non è (o non dovrebbe essere) un modo come un
altro per fare pubblicità al proprio servizio, ma uno strumento trasparente e di facile consultazione che mette il cittadino nella condizione
di conoscere i propri diritti e doveri nel momento in cui accede al
servizio/prestazione erogato dall’ente.
Possedere la Carta del Servizio è un diritto del cittadino, che dovrebbe
riceverla al momento in cui accede al servizio/prestazione, se non, addirittura, al momento del primo contatto diretto.
Nell’ambito dei servizi sociali la Carta dei Servizi è stata definita dalla
Legge 8 novembre 2000 n. 328 “Nella carta dei servizi sociali sono definiti i criteri per l'accesso ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni per facilitarne le valutazioni da parte degli utenti e
dei soggetti che rappresentano i loro diritti, nonché le procedure per
assicurare la tutela degli utenti. Al fine di tutelare le posizioni soggettive e di rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti,
la carta dei servizi sociali, ferma restando la tutela per via giurisdizionale, prevede per gli utenti la possibilità di attivare ricorsi nei confronti
dei responsabili preposti alla gestione dei servizi” (art. 13 comma 2
Legge 8 novembre 2000 n.328).
In Regione Lombardia, il riferimento normativo è la Legge Regionale
12 marzo 2008 n. 3 (a cui sono poi seguiti altri atti emanati dalla Giunta Regionale): “Le unità d'offerta sociali accreditate si dotano della
carta dei servizi sociali, finalizzata ad assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e ad informare i soggetti che fruiscono della rete
sulle condizioni che danno diritto all'accesso e sulle modalità di erogazione delle prestazioni, nonché sulle condizioni per facilitarne le valutazioni da parte degli utenti e sulle procedure per la loro tutela nei casi di
inadempienza“ (art. 9 comma 1 Legge Regionale 12 marzo 2008 n. 3).
Inoltre “Le persone che accedono alla rete delle unità d’offerta sociali e
sociosanitarie hanno diritto a [...] essere informate sulle prestazioni di
cui è possibile usufruire, sulle condizioni e sui requisiti per accedere alle
prestazioni stesse, nonché sulle modalità di erogazione, ed esprimere il
consenso sulle proposte di intervento che le riguardano […] ricevere una
valutazione globale, di norma scritta, del proprio stato di bisogno” (art. 7
comma 1 lett. c – g Legge Regionale 12 marzo 2008 n. 3).
NORME DI RIFERIMENTO -Legge 8 novembre 2000 n.328 (art. 13)
-Legge Regione Lombardia 12 marzo 2008 n.
3
PER APPROFONDIRE
www.cartaservizi.com
www.nuovenergie.org (materiali –
M.Giambalvo)
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5. CLASS ACTION
Parliamo di diritti
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Con il termine class action (azione di classe) si fa riferimento a iniziative giudiziarie di tutela collettiva, che consentono di attivare un unico
processo per ottenere il rispetto dei propri diritti di consumatori e/o
cittadini. Nei confronti di un’impresa privata, la class action può essere
promossa da un gruppo di consumatori per ottenere un risarcimento a
seguito di danni prodotti da illeciti contrattuali, da prodotto difettoso,
da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali. Nei confronti della Pubblica Amministrazione la class
action ha lo scopo di garantire il cittadino-utente da qualsiasi violazione dei parametri di qualità del servizio. Non è quindi un’azione giudiziaria che può essere attivata per ottenere risarcimenti.
Alcuni esempi di class action attivate per la tutela dei diritti delle persone con disabilità:
1) TAR Sicilia
“L’Assemblea Regionale Siciliana, con l’articolo 91 della Legge Regionale 12 maggio 2010 n.11, ha previsto l’adozione di piani personalizzati per i minori affetti da disabilità. Pur essendo passato oltre un anno
dall’entrata in vigore della citata legge regionale, l’Assessorato Regionale per la Famiglia non ha ancora adottato alcun provvedimento […]
L’Associazione Nuove Ali di Agrigento[…] ha, pertanto, proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) per la Sicilia – Palermo una “class action” contestando la mancata adozione, da parte
dell’Assessorato alla Famiglia, delle citate direttive. Il TAR Palermo,
con sentenza del 04.04.12, ha accolto il ricorso ritenendo che “la norma regionale (l’articolo 91 della Legge Regionale n.11 del 12 maggio
2010) ha inteso rafforzare gli strumenti a tutela dei minori affetti da
disabilità, prevedendo anche la redazione di piani personalizzati, la cui
concreta attuazione è, in atto, concretamente vanificata dal contegno
inerte tenuto dal competente Assessorato” ed ha ordinato
all’Assessorato Regionale della famiglia, delle politiche sociali e del
lavoro di emanare – entro 60 giorni – le direttive necessarie
all’adozione da parte dei Comuni di piani personalizzati per i minori
disabili ed a garantire le risorse necessarie per la realizzazione di tali
piani” ( www.lavalledeitempli.net).
2) Class action per la Legge 12 marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”
La class action è promossa dall’Associazione UNAPS (Unione Nazionale
Associazioni di Promozione Sociale) per salvaguardare il diritto dell'inserimento nel lavoro dei disabili e avere la certezza del pagamento delle
sanzioni per mancato inserimento lavorativo protetto(www.unaps.it ).
3) TAR Lazio
Nel primo ricorso collettivo sul tema, alcuni genitori della Capitale contestavano la riduzione delle ore di sostegno in alcune scuole. Accolto il
ricorso, ma solo per alunni in situazione di handicap grave. “In presenza
di bambini con handicap “particolarmente gravi” occorre integrare il numero degli insegnanti ricorrendo a una flessibilità organizzativa o assumendo insegnanti di sostegno con contratti a tempo determinato”. Lo ha
affermato la III sezione bis del TAR del Lazio con la sentenza n.
2199/2012 depositata il 5 marzo 2012, nella quale si accoglie la class
action organizzata dal “Coordinamento Scuole Elementari di Roma”. Nel
ricorso alcune famiglie romane contestavano i provvedimenti amministrativi con cui le scuole deliberavano la riduzione delle ore di sostegno a
causa della carenza di personale idoneo. Si tratta del primo ricorso collettivo presentato sulla tematica, volto a ribadire la necessità di mantenere il rapporto di un insegnante di sostegno per ciascun bambino, in
caso di handicap grave ( www.leggioggi.it).
NORME DI RIFERIMENTO -Codice del Commercio (art. 140)
-Decreto Legislativo 20 dicembre 2009 n.
198
FONTI
PER APPROFONDIRE
www.classaction.it
www.communityclassaction.it
www.registroclassaction.it
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6. CONSIGLIO DI STATO
Organo, composto da apposite sezioni, che si occupa di:
- Giustizia amministrativa – è organo giurisdizionale di secondo grado,
al quale può essere proposto ricorso contro le sentenze emesse dai
TAR. Decide con l’intervento di 5 magistrati, di cui un presidente di
sezione e quattro consiglieri. Le sentenze del Consiglio di Stato sono
definitive e non più appellabili, tranne che per gli aspetti meramente
formali che possono essere rimessi all’attenzione della Corte di Cassazione (p.e. contestare la sentenza di un TAR non dal punto di vista del
contenuto ma per presunta non competenza territoriale).
- Consulenza giuridico-amministrativa – è organo tecnico che esprime
pareri richiesti dalla Pubblica Amministrazione statale o regionale in
materia giuridico-amministrativa.
NORME DI RIFERIMENTO
PER APPROFONDIRE
- Costituzione Italiana (art. 100, art. 111)
- Codice del processo amministrativo
(art. 5, art. 6)
www.giustizia-amministrativa.it
7. CONVENUTO
Parliamo di diritti
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È il soggetto passivo, ovvero colui contro il quale è stato predisposto
e presentato il ricorso. Sempre stando all’esempio del Comune che
ha adottato un regolamento per il concorso alla spesa (ISEE) illegittimo, il ricorrente è il cittadino o l’Associazione e il convenuto è il Comune (v. ricorrente).
8. CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON
DISABILITA’
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella seduta del 13
dicembre 2006. Il testo della Convenzione è il frutto del lavoro svolto
nel Comitato ad hoc, la cui costituzione venne decisa nella risoluzione
56/168 del 19 dicembre 2001. La definizione del testo della Convenzione ha visto la partecipazione di circa 70 organizzazioni di persone con
disabilità e loro familiari. L’iter di definizione e approvazione della Convenzione è stato il più breve e il più partecipato nella storia dell’ONU.
Dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale, avvenuta in
data 30 marzo 2007 si è aperto il processo di firma e ratifica, necessario
all’entrata in vigore della Convenzione stessa. Alla firma hanno partecipato 82 Paesi (tra cui l’Italia). La Convenzione è entrata definitivamente
a far parte del diritto internazionale il 3 maggio 2008, grazie alla ratifica
da parte di 20 Stati Membri. Il Parlamento Italiano ha ratificato la Convenzione nella seduta del 24 febbraio 2009, con la Legge 3 marzo 2009
n.18, che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2009
n. 61. A seguito dell’entrata in vigore della Legge, è stato costituito
l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
Questi i suoi compiti:
- promuovere l'attuazione della Convenzione ed elaborare il rapporto
dettagliato sulle misure adottate - di cui all'articolo 35 della stessa Convenzione - in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti umani;
- predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei
diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della
legislazione nazionale e internazionale;
- promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni
territoriali;
- predisporre la relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla
disabilità;
- promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi
per la promozione dei diritti delle persone con disabilità (art. 3 comma
5 Legge 3 marzo 2009 n.18).
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La Convenzione ONU è già entrata operativamente in funzione anche
sotto il profilo giurisprudenziale.
Segnaliamo, in particolare, alcune sentenze relative al tema del concorso alla spesa, nelle quali si mettono in evidenza il principio
dell’autonomia e indipendenza della persona e della dignità intrinseca, descritti nell’art. 3 della Convenzione ONU sui diritti delle persone
con disabilità: sentenza TAR Lombardia – sede di Brescia – del 2 aprile 2008 n.350; le sentenze TAR Lombardia – sede di Milano – del 14
maggio 2010 n. 1482, 1483, 1485, 1486, 1488, 1581, 1582, 1583,
1584, 1585, 1586, 1587; sentenza Consiglio di Stato sezione V del 16
marzo 2011 n. 1807 e 16 settembre 2011 n.5185.
NORME DI RIFERIMENTO
-Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
-Legge 3 marzo 2009 n.18
-Consiglio Regionale della Lombardia deliberazione VIII/0813 3 marzo 2009
FONTI
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità: dalla ratifica
all’applicazione. Manuale facilitato Anffas Onlus, Roma.
Manuale di formazione sui diritti umani
delle persone con disabilità a cura di
G.Griffo, F.Ortali, Bologna, 2007
PER APPROFONDIRE
Parliamo di diritti
16
www.ledha.it
www.superando.it
www.fish.it
www.anffas.net
9. CORTE COSTITUZIONALE
Organo giurisdizionale con sede a Roma, a cui è affidato il compito di
verificare che le norme emanate dallo Stato e dalle Regioni siano rispettose della Costituzione. La Corte Costituzionale decide anche in
merito alle proposte di referendum abrogativi promossi dai cittadini
(per indire un referendum occorrono 500.000 firme valide di cittadini
italiani o la richiesta da parte di almeno 5 consigli regionali – art. 75
Costituzione Italiana). Le decisioni della Corte Costituzionale hanno
valore di legge.
NORME DI RIFERIMENTO Costituzione (Parte II- Ordinamento della
Repubblica ; Titolo VI – Garanzie costituzionali; Sezione I – La Corte Costituzionale)
10. CORTE DI CASSAZIONE
È il vertice dell’organizzazione giudiziaria che ha sede in Roma e ha giurisdizione su tutto il territorio dello Stato. È composta da sezioni suddivise
a seconda della materia da giudicare: civile; penale; lavoro; tributaria.
Assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge e il
rispetto delle competenze dei diversi organi della magistratura. La corte
giudica solo sui vizi della sentenza e non entra nel merito della decisione.
La Corte di Cassazione giudica a sezioni semplici e a sezioni unite; le sezioni unite si costituiscono quando i Giudici devono risolvere o prevenire
contrasti interpretativi insorti tra le Sezioni e per decidere su questioni
di particolare importanza.
NORME DI RIFERIMENTO Costituzione (art. 104)
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11. DIFENSORE CIVICO
Fino al 25 marzo 2010 operavano nel nostro Paese, oltre ai Difensori
Civici Regionali e ai Difensori Civici Provinciali, anche i Difensori Civici
Comunali.
Tale funzione era regolata dal Decreto Legislativo 28 settembre 2000
n. 267 (Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali), che,
all’art. 11, così definiva tale funzione: “Lo statuto comunale e quello
provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico con
compiti di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di
propria iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi
dell'amministrazione nei confronti dei cittadini. Lo statuto disciplina
l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi
rapporti con il consiglio comunale o provinciale”
Con la Legge 26 marzo 2010 n. 42 i Difensori Civici Comunali hanno
cessato di esistere (operando fino alla scadenza del mandato), mentre
sono rimasti in funzione solo i Difensori Civici Provinciali (ora definiti:
Difensori Civici Territoriali). Tuttavia, in alcune realtà regionali (p.e. la
Regione Toscana) sono state definite convenzioni tra le diverse Istituzioni per mantenere attivo anche il livello comunale. Ciascun cittadino
dovrà quindi verificare se il proprio Comune ha scelto di mantenere
questo importante strumento di tutela civica, controllando, in primo
luogo nello Statuto Comunale, le funzioni ad esso attribuite.
Parliamo di diritti
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Difensore Civico Regionale della Lombardia
La Regione Lombardia ha definito il ruolo del Difensore Civico Regionale tramite due principali atti: lo Statuto Regionale (art. 61) e la Legge
Regionale 6 dicembre 2010 n. 18 (Disciplina del Difensore regionale). Il
Difensore Civico della Lombardia è un’autorità pubblica indipendente;
è incaricato di tutelare i diritti e gli interessi dei cittadini e degli altri
soggetti della società civile (associazioni, imprese, comitati) nei confronti della Regione Lombardia e delle altre amministrazioni pubbliche
rientranti nella sua competenza. E’ eletto ogni sei anni dal Consiglio
Regionale e non è rieleggibile. Svolge le sue funzioni in piena autonomia, non ricevendo direttive dagli organi politici regionali. Si occupa,
su richiesta dei cittadini o d’ufficio, di tutti i casi di cattiva amministrazione: illegittimità o irregolarità amministrative, iniquità o discriminazioni, mancanza di risposta o rifiuto d’informazione o d’accesso agli
atti amministrativi, ritardi ingiustificati, carenza qualitativa dei servizi e
simili.
Il servizio è gratuito e aperto a tutti, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Il Difensore Regionale svolge anche le funzioni di Garante del contribuente regionale e di Garante dei detenuti.
NORME DI RIFERIMENTO -Decreto Legislativo 28 settembre 2000
n.267
-Statuto della Regione Lombardia
-Legge Regionale 6 dicembre 2010 n.18
PER APPROFONDIRE
www.difensorecivico.lombardia.it
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12. DIRITTI DI PARTECIPAZIONE (nella vita civica e politica)
1) Presentare una proposta di legge
A livello statale la norma che regola questo diritto è l’art. 71 della
Costituzione Italiana: “Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi,
mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”.
A livello regionale (Regione Lombardia) la norma che regola questo diritto è l’art. 34 dello Statuto che dispone che per presentare una proposta di legge occorrono le firme di almeno 5.000
elettori.
Parliamo di diritti
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2) Indire un referendum
A livello statale non esiste, al momento, la possibilità di indire
referendum consultivi (per chiedere agli elettori il parere su
un determinato argomento). Esiste invece la possibilità di indire referendum abrogativi (per cancellare una Legge, o parte di
essa). Per indire un referendum abrogativo occorrono almeno
500.000 firme di elettori (art. 75 Costituzione Italiana) o la
richiesta da parte di almeno 5 Consigli Regionali.
A livello regionale (Regione Lombardia) esistono tre tipi di referendum:
referendum abrogativo: occorrono le firme autenticate di almeno
300.000 elettori (art. 51 dello Statuto);
referendum consultivo: è una prerogativa del Consiglio Regionale;
può essere indetto solo se la richiesta è sottoscritta da almeno
i due terzi dei consiglieri regionali (art. 52 dello Statuto). Attualmente il Consiglio Regionale della Lombardia è composto
da 80 consiglieri. Per indire referendum consultivo servono
quindi le firme di almeno 53 consiglieri;
referendum territoriale: è sempre un referendum consultivo e
può riguardare le proposte di legge per l’istituzione di nuovi
Comuni, i mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali (art. 53 dello Statuto).
3)Presentare una petizione
A livello Europeo: qualsiasi cittadino può esercitare in qualsiasi momento il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo (ai sensi dell'articolo 227 del trattato sul funzionamento
dell'Unione Europea) su una materia che lo riguarda direttamente e che rientra nel campo d'attività dell'Unione Europea. Il diritto di petizione, garantito dal trattato, è riconosciuto anche alle
società, organizzazioni o associazioni con sede sociale nell'Unione Europea. Una petizione può assumere la forma di una denuncia o di una richiesta e può fare riferimento a questioni d'interesse pubblico o privato. La petizione può contenere una richiesta personale, un reclamo o un'osservazione riguardo all'applicazione della normativa comunitaria, o invitare il Parlamento europeo a pronunciarsi su una determinata questione. Questo tipo di
petizione offre al Parlamento europeo la possibilità di richiamare l'attenzione su eventuali violazioni dei diritti dei cittadini europei da parte di uno Stato membro, di autorità locali o di un'istituzione.
A livello statale: ai sensi dell'articolo 50 della Costituzione, tutti i
cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere
provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.
Le petizioni possono essere presentate alla Camera dei Deputati
per posta ordinaria, per fax (al numero 0667609874) o per posta
elettronica (all'indirizzo [email protected]), oppure tramite consegna a mano presso gli uffici competenti. In tutti
i casi, occorre che la petizione sia personalmente sottoscritta dal
presentatore (o dai presentatori). In caso di invio tramite posta
elettronica è quindi necessario allegare il file, acquisito tramite
scanner, della petizione con la firma del presentatore . Al fine di
accertare il possesso del requisito della cittadinanza italiana,
inoltre, è necessario allegare copia di un documento di identità
valido (solo del primo firmatario, in caso di più presentatori).
A livello regionale (Regione Lombardia): le persone che risiedono in
Lombardia possono rivolgere, singolarmente o in forma associata, petizione al Consiglio Regionale per richiederne l’intervento
su questioni di interesse generale (art. 50 dello Statuto).
21
Le forme di partecipazione previste a livello comunale.
1) La norma che regola i diritti di partecipazione dei cittadini è il Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n.267 (Testo Unico delle Leggi
sull’Ordinamento degli Enti Locali).
2) Innanzitutto è bene sapere che ogni Comune e ogni Provincia si deve dotare di uno Statuto (art. 6).
3) Negli Statuti devono essere indicati i criteri generali in materia di
partecipazione popolare, di decentramento, di accesso dei cittadini
alle informazioni e ai procedimenti amministrativi.
4) Inoltre, devono essere indicate le modalità con le quali vengono
adottati i regolamenti comunali, in particolare per l’organizzazione e il
funzionamento degli organismi di partecipazione (art. 7).
5) Sempre negli Statuti comunali e provinciali devono essere indicate:
le modalità per valorizzare le libere forme associative e la promozione
degli organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale;
le forme di consultazione della popolazione, le procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresi', determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.
6) Possono essere inoltre previsti referendum anche su richiesta di un
adeguato numero di cittadini. Le consultazioni e i referendum devono
riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali
e circoscrizionali (art. 8).
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NORME DI RIFERIMENTO -Costituzione
-Decreto legislativo 18.08.2000 n. 267
-Statuto della Regione Lombardia
Parliamo di diritti
PER APPROFONDIRE
www.europetition.it
www.europarl.europa.eu
www.labsus.org
www.cittadinanzattiva.it
13. DIRITTO SOGGETTIVO
Posizione giuridica soggettiva di vantaggio prevista dalla legge in capo
alla persona. Si ha condizione di diritto soggettivo quando la legge riconosce alla persona determinate utilità e, di conseguenza, prevede la
tutela dei relativi interessi, in modo pieno ed immediato. In altri termini, il diritto soggettivo è direttamente garantito dalla legge, senza che
vi sia necessità di interventi da parte di alcuna autorità. Nel caso in cui
il godimento del diritto viene ostacolato (p.e. da una istituzione) il cittadino può rivolgersi all’autorità giudiziaria per sanzionare l’illiceità del
comportamento di chi impedisce (o limita) l’accesso al diritto, oltre
che, ovviamente, per godere pienamente di quanto stabilito dalla legge. Uno dei diritti soggettivi maggiormente tutelati dalla legge in favore
delle persone con disabilità è, per esempio, il diritto all’istruzione, sancito dalla Costituzione Italiana (articolo 34) e dalla Legge 5 febbraio
1992 n.104 (art. 12 – Diritto all’educazione e all’istruzione). Anche il
riconoscimento della condizione di invalidità civile e il conseguente accesso ai benefici previsti, purché in possesso dei requisiti previsti dalla
legge, è connesso a un notevole corpo di diritti soggettivi (p.e. i congedi
parentali previsti dall’art. 33 della Legge 5 febbraio 1992 n.104,
l’erogazione dell’indennità di accompagnamento o di frequenza, della
pensione di invalidità, ecc.). Recentemente, anche la redazione del
progetto individuale, previsto dall’art. 14 della Legge 8 novembre 2000
n.328, è stata riconosciuta come diritto soggettivo in capo alla persona
con disabilità (Sentenza TAR Catania 243/11).
NORME DI RIFERIMENTO -Costituzione
-Legge 5 febbraio 1992 n.104
-Legge 8 novembre 2000 n.328
FONTI
PER APPROFONDIRE
P. Zatti, Manuale di diritto civile , 2006, Edizioni Cedam
L. Delpino, F. Del Giudice, Diritto Amministrativo, 2007, Edizioni Simone
www.altalex.com
23
14. DISOBBEDIENZA CIVILE
Parliamo di diritti
24
La disobbedienza civile è una forma di protesta attuata da un singolo
individuo o, più spesso, da un gruppo di persone, che comporta la consapevole violazione di una precisa norma di legge, considerata particolarmente ingiusta. La violazione si svolge pubblicamente, in modo da
rendere evidenti a tutti e immediatamente operative le sanzioni previste dalla legge stessa (da: http://it.wikipedia.org).
La disobbedienza civile non è evidentemente prevista, né tutelata da
nessuna norma, visto che la finalità di questa forma di protesta è proprio la contestazione radicale di una norma ritenuta ingiusta.
Una delle forme più utilizzate di disobbedienza civile è la disobbedienza fiscale, adottata per protestare contro le spese militari e promossa
da molte Associazioni e realtà non-violente, religiose e di impegno civile, che da anni contestano alla radice il concetto stesso di esercito, uso
delle armi, ecc. L’obiezione fiscale è giuridicamente da considerare
una forma di protesta illegale.
Intraprendere forme di disobbedienza civile presuppone, come già
esplicitato, l’adozione di forme di comunicazione pubblica evidenti e
ripetute, in modo da rendere chiaro che la finalità dei cittadini che vi
aderiscono non è l’elusione della norma (p.e. il pagamento delle tasse), ma l’invocazione del rispetto dei propri diritti.
Un’esperienza concreta.
Nel 2000, le Associazioni delle persone con disabilità del Comune di
Brescia organizzarono una forma di disobbedienza civile per imporre il
rispetto della norma statale che prevede, in caso di compartecipazione
al costo delle rette dei servizi per le persone con disabilità, di considerare la condizione economica del solo assistito e non quella dell’intero
nucleo familiare. Alla richiesta, da parte dell’Amministrazione Comunale, di presentare le autodichiarazioni ISEE riferite al nucleo familiare,
le Associazioni (dopo ripetuti e inutili tentativi di conciliazione) decisero di invitare le famiglie a presentare delle autodichiarazioni riferite
esclusivamente alla persona con disabilità, utilizzando moduli diversi
da quelli predisposti dal Comune. All’iniziativa aderirono decine di famiglie. La trattativa che ne seguì permise la modifica del regolamento
comunale e il rispetto di quanto stabilito dalla Legge (Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n.109).
PER APPROFONDIRE
www.unimondo.org
http://ospiti.peacelink.it/mir/
15. FONTI ESTERNE DI DIRITTO
Oltre alle leggi e alle norme emanate dallo Stato e dalle Regioni Italiane,
sempre di più assumono importanza le norme emanate in ambito internazionale (vedi Gerarchia delle fonti nell’ordinamento italiano).
Diritto internazionale
Il diritto internazionale è l’insieme delle norme che regolano i rapporti
tra gli Stati (o le monarchie) della Comunità internazionale.
Diritto dell’Unione Europea
Il diritto comunitario è l’insieme delle norme che regolano
l’organizzazione e lo sviluppo dell’Unione Europea e i rapporti con e tra
gli Stati membri. Si distingue in:
Diritto originario – comprende i trattati istitutivi dell’Unione Europea,
cioè quegli accordi che impegnano formalmente e solennemente gli
Stati che li sottoscrivono al rispetto di regole fondamentali e generali
(p.e. la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea).
La Corte Costituzionale ha affermato che la legge italiana contrastante
con il diritto comunitario deve essere disapplicata.
Diritto derivato – comprende le norme emanate dalle istituzioni europee in applicazione delle disposizioni dei Trattati. Sono norme di diritto
derivato:
I regolamenti – hanno portata generale (ossia sono un insieme di
norme e regole di comportamento per tutti gli Stati membri
dell’UE) e sono vincolanti (hanno cioè la forza di modificare le
leggi ordinarie ed i regolamenti interni allo Stato membro).
Le direttive – non hanno portata generale (vincolano solo alcuni Stati) e non sono obbligatori in tutti i loro elementi, impongono
infatti degli obblighi, lasciando allo Stato destinatario la scelta
dei mezzi e dei modi per raggiungere il risultato.
Le decisioni – sono atti destinati a precisi soggetti (p.e. una Pubblica
Amministrazione di uno degli Stati membri dell’UE) e sono vincolanti nei loro elementi.
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Gli atti non vincolanti - 1) Le raccomandazioni (emanate dal Parlamento Europeo, dal Consiglio e dalla Commissione con il
preciso scopo di sollecitare il destinatario a tenere un determinato comportamento giudicato più rispondente agli interessi
comuni). 2) I pareri (emanati dal Parlamento europeo, dal
Consiglio, dalla Commissione, dalla Corte di giustizia, dal Comitato economico e sociale europeo e dal Comitato delle regioni
con lo scopo di fissare il punto di vista della istituzione che li
emette, in ordine ad una specifica questione).
NORME DI RIFERIMENTO
PER APPROFONDIRE
Parliamo di diritti
26
Trattato Comunità Europea (art. 249, art.
254)
Sentenza Corte Costituzionale del 1984
n.170
16. FONTI INTERNE DEL DIRITTO ITALIANO
L’ordinamento giuridico italiano è composto da due tipi di documenti:
le cosiddette fonti di produzione (ossia le leggi o un qualunque altro
atto che definisca regole/diritti/doveri) e i documenti (denominati fonti
di cognizione) che raccolgono e pubblicano le leggi, le norme, ecc.. Appartiene a questa categoria di documenti la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, l’organo di stampa che pubblica le leggi e le norme
approvate dallo Stato (Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica, ecc.) e che rappresenta l’organo ufficiale con il quale lo Stato rende note le proprie decisioni. Le leggi e le norme regionali sono invece
pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione (per la Lombardia è il
BURL – Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia).
27
17. GERARCHIA DELLE FONTI NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
(v. schema pagg. 54-55)
Le leggi e le norme non sono tutte uguali e quindi non sono da mettere tutte sullo stesso piano; esiste una gerarchia.
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
(denominata nella presente guida “Costituzione”)
In vigore dal 1 gennaio del 1948, è la legge fondamentale dello Stato.
Contiene le norme e i principi generali relativi all’organizzazione e al
funzionamento della società, le norme riguardanti i diritti e i doveri
fondamentali dei cittadini e le norme sull’ordinamento della Repubblica. La Costituzione è la norma fondamentale che dà origine all’intero
ordinamento giuridico.
Parliamo di diritti
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LEGGI COSTITUZIONALI E LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE
Leggi costituzionali: contengono norme di rango costituzionale, ma
non modificano il testo della Costituzione (ad esempio Legge Costituzionale 11 marzo 1953 n. 1 sul funzionamento della Corte Costituzionale).
Leggi di revisione costituzionale: norme che modificano il testo della
Costituzione (ad esempio Legge Costituzionale 18 ottobre 2001 n.3
che ha modificato il Titolo V – Parte Seconda della Costituzione “Le
Regioni, le Province e i Comuni” ).
STATUTI REGIONALI SPECIALI
Le Regioni ad autonomia speciale (art. 116 Costituzione), ovvero Friuli
Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta,
hanno statuti adottati con legge costituzionale, direttamente dallo
Stato, che quindi attribuiscono a queste Regioni competenze e autonomie più ampie rispetto alle Regioni ordinarie.
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
I trattati istitutivi e quelli successivi godono nel nostro ordinamento di
una particolare posizione garantita costituzionalmente dall’art. 11, il
quale prevede che l’Italia consenta, in condizioni di parità con gli altri
Stati membri, le limitazioni alla propria sovranità, necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni e che promuova e favorisca le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Questa forza si riflette anche sulle fonti di diritto europeo.
NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALMENTE RICONOSCIUTE
La Corte Costituzionale ha stabilito che il rango di tali norme è sostanzialmente pari a quello delle leggi costituzionali e di revisione
costituzionale. L’adattamento di tali norme nell’ordinamento italiano
è continuo e automatico. L’art. 10 della Costituzione, infatti, stabilisce che il nostro ordinamento “si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute”.
Fonti primarie
TRATTATI INTERNAZIONALI
Norme internazionali di origine pattizia (frutto cioè di accordi tra gli
Stati), la cui applicazione nel nostro ordinamento avviene attraverso
una legge di ratifica e successive leggi di esecuzione. Le norme contenute nei trattati internazionali sono fonti primarie. Tali norme, dopo
la legge di ratifica, hanno una forza superiore alle leggi, nel senso che
le leggi ordinarie non possono modificare tali norme, ma devono anzi
modificarsi se contrastanti con le norme del Trattato internazionale.
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è stata
ratificata con la Legge 3 marzo 2009 n. 18. Con questo provvedimento la Convenzione ONU è divenuta a tutti gli effetti legge dello Stato
Italiano che deve essere rispettata e applicata.
LEGGI ORDINARIE DEL PARLAMENTO
Norme deliberate dal Parlamento, secondo il procedimento di formazione disciplinato dagli articoli 70 e seguenti della Costituzione e dai
regolamenti parlamentari. Alcuni esempi di leggi importanti per le
persone con disabilità: Legge 5 febbraio 1992 n.104 (Legge-quadro
per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), Legge 1 marzo 2006 n.67 (Misure per la tutela giudiziaria
delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), Legge 8 novembre 2000 n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali), Legge 3 marzo 2009 n. 18
(Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità).
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TESTI UNICI E CODICI
Parliamo di diritti
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Il testo unico è un testo normativo che raccoglie disposizioni di molti
testi normativi succedutisi nel tempo e accomunati dal fatto di disciplinare la stessa materia (ad esempio il Testo Unico degli Enti Locali deliberato con il Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n.267). Da tempo si
parla di produrre un Testo Unico che riunisca le leggi che riguardano
l’assistenza sociale, ma al momento non esiste alcuna iniziativa in Parlamento.
Il Codice è una raccolta di norme o di leggi finalizzata a disciplinare
organicamente una determinata materia (ad esempio il Codice Civile
che si occupa di norme relative ai rapporti tra privati – persone e famiglia, successioni, proprietà, obbligazioni, lavoro, tutela dei diritti – emanato con Regio Decreto 16 marzo 1942 n.262).
Mentre il Testo Unico è una mera raccolta senza carattere innovativo,
in quanto mira a sistematizzare in un unico atto tutto il materiale normativo vigente, il Codice ha carattere sostanzialmente innovativo e ha
l’effetto di abrogare tutte le precedenti disposizioni.
DECRETO LEGISLATIVO (art. 76 Costituzione)
Atto con efficacia di legge emanato dal Governo in base ad una delega
conferita dal Parlamento. La delega deve essere esercitata in un termine prefissato e nel rispetto di principi e criteri direttivi indicati nella
legge. Sono Decreti Legislativi, e quindi norme aventi efficacia di Legge, il Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 109 (Definizioni di criteri
unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che
richiedono prestazioni sociali agevolate – ISEE) e il Decreto Legislativo
3 maggio 2000 n. 130 (che ha introdotto il principio della valutazione
della condizione economica del solo assistito).
DECRETO LEGGE (art. 77 Costituzione)
Provvedimenti provvisori con forza di legge adottati dal Governo di
propria iniziativa e sotto la sua responsabilità in casi straordinari di
necessità e urgenza. I decreti legge diventano definitivi solo se entro
60 giorni dalla loro pubblicazione vengono convertiti dal Parlamento in
legge.
REFERENDUM ABROGATIVO (art. 75 Costituzione)
Istituto che consente al corpo elettorale di abrogare intere leggi, singole disposizioni normative o parti di esse, quando lo richiedono almeno cinquecentomila elettori o cinque Consigli Regionali.
STATUTI REGIONALI ORDINARI (art. 123 Costituzione)
Secondo la Costituzione, ciascuna Regione ha uno Statuto che, in armonia con la stessa, ne determina: forma di governo, principi fondamentali
di organizzazione e funzionamento, regole per l’esercizio del diritto di
iniziativa e di referendum su leggi e provvedimenti amministrativi .
Lo Statuto è approvato e modificato dal Consiglio Regionale ed è considerato fonte gerarchicamente sovraordinata alle leggi regionali. Lo Statuto della Regione Lombardia è in vigore dal 1 settembre 2008.
LEGGI REGIONALI (E DELLE PROVINCE DI TRENTO E BOLZANO) (articoli 117, 121,
127 Costituzione)
Le Regioni ordinarie e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno il
potere di emanare leggi che hanno efficacia nel solo territorio regionale.
Le leggi per le Regioni a statuto ordinario possono disciplinare solo le
materie previste dalla Costituzione all’art. 117, mentre per le Regioni a
statuto speciale le materie sono determinate dai singoli Statuti.
L’art. 117 della Costituzione individua tre tipi di competenza legislativa:
la competenza esclusiva dello Stato; la competenza concorrente tra Stato e Regioni (nelle materie indicate); la competenza esclusiva delle Regioni, in tutte le materie non indicate (residuali). Ad esempio, la definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) è competenza esclusiva dello Stato. Molti dei servizi rivolti alle persone con disabilità fanno parte
dei LEA: i centri diurni per persone con disabilità (CDD); le comunità alloggio socio-sanitarie (CSS); le residenze sanitarie assistenziali (RSD). I
LEA sono stati definiti dallo Stato con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001.
STATUTI COMUNALI E PROVINCIALI (articoli 5 e 114 Costituzione)
Sono strumenti giuridici che contengono le norme dell’organizzazione
dell’ente, ovvero gli aspetti essenziali e fondamentali connessi alla organizzazione burocratica, agli aspetti politico-istituzionali (p.e. funzionamento del Consiglio Comunale) e ai rapporti con i cittadini (p.e. petizioni popolari, referendum, accesso ai documenti pubblici, ecc.). Gli Statuti
comunali e provinciali sono subordinati alle leggi ordinarie.
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Fonti secondarie
REGOLAMENTI DEL GOVERNO (art. 87 Costituzione; Legge 23 agosto 1988 n.
400)
I regolamenti sono adottati dal Consiglio dei Ministri su parere del
Consiglio di Stato e emanati dal Capo dello Stato. Non possono derogare alla Costituzione e alle leggi ordinarie; non possono regolare materie riservate alla legge; non possono contenere sanzioni penali.
REGOLAMENTI REGIONALI (articoli 117, 118, 121 Costituzione)
Le Regioni possono emanare propri regolamenti nelle materie previste
dall’art. 117 della Costituzione (p.e. assistenza sociale).
REGOLAMENTI COMUNALI E PROVINCIALI (articoli 117, 118 Costituzione; art.
4 Legge 5 giugno 2003 n.131)
Nel rispetto della legge e del proprio Statuto, anche gli Enti locali
(Comuni, Province, Città metropolitane) adottano regolamenti per la
disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite.
CIRCOLARI
Parliamo di diritti
32
Viene così denominato l'atto amministrativo con cui l'amministrazione
centrale (p.e. l’INPS) si rivolge alle autorità inferiori impartendo loro
istruzioni di servizio. Con lo stesso atto molto spesso vengono risolti
dubbi in relazione all'applicazione di una legge o vengono indicati i
criteri da seguire nella sua pratica esecuzione. La circolare, così intesa,
non ha efficacia di legge né di regolamento, ma è vincolante per gli
uffici sottoposti. È quindi una norma amministrativa interna, priva di
piena efficacia normativa, ma costituisce comunque un aiuto per bene
interpretare e applicare le norme. Il limitato raggio d’azione delle circolari è confermato dalla Cassazione, che sostiene che le stesse esprimono esclusivamente un parere dell’amministrazione e sono prive del
potere di modificare l’ordinamento giuridico.
SENTENZE MAGISTRATURA
Le sentenze non sono vere fonti, non hanno infatti la forza di innovare
l’ordinamento giuridico, ma sono rilevanti per l’interpretazione e il continuo processo culturale di rinnovamento del nostro ordinamento. Le
uniche sentenze con valore di legge sono quelle emesse dalla Corte Costituzionale.
NORME DI RIFERIMENTO - Costituzione
- Codice Civile (articoli 1, 8, 9)
- Legge 23 agosto 1988 n.400
- Trattato CE
FONTI
Sentenza Corte Costituzionale n. 48 del
1979 e n. 170 del 1984
Sentenza Corte Cassazione a Sezioni Unite
n. 23031 del 2007 e Corte Cassazione n.237
del 2009
Il Diritto – Enciclopedia giuridica, a cura di S.
Patti, Milano, Il Sole 24 ore e Corriere della
Sera, 2007
Statuto della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja
http://ec.europa.eu
www.unipa.it
33
18.GIUDICE DI PACE
Figura di magistrato ordinario che, per dislocazione territoriale, è il
più vicino al cittadino. È nominato con decreto del Ministro della Giustizia, su deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, tra
cittadini italiani laureati in giurisprudenza, cha hanno superato
l’esame di abilitazione forense e che presentano gli ulteriori requisiti
richiesti dalla legge.
Il Giudice di pace decide nei seguenti campi di attività:
1) Civile per cause relative a:
•
apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite
dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento
degli alberi e delle siepi;
•
misura e modalità d'uso dei servizi di condominio di case;
•
rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile
abitazione, in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la
normale tollerabilità.
•
beni mobili di valore non superiore a 5.000,00 euro, quando
dalla legge non sono attribuiti alla competenza di altro giudice;
•
circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi i 20.000,00 euro.
2) Il giudice di pace ha anche una funzione conciliativa su richiesta
delle parti interessate, senza alcun limite di valore e per tutte le materie, purché non siano di competenza esclusiva di altri giudici, come nel
caso di lavoro e di matrimoniali.
Parliamo di diritti
34
3) Penale per reati:
•
contro la persona, quali le percosse e le lesioni, l'omissione di
soccorso;
•
contro l'onore, quali l'ingiuria e la diffamazione;
•
contro il patrimonio, quali il danneggiamento e l'ingresso abusivo nel fondo altrui.
Per tali reati il giudice di pace applica pene pecuniarie, l’obbligo alla
permanenza domiciliare o al lavoro di pubblica utilità, mentre non
applica pene detentive.
4)Violazioni al codice della strada e opposizioni a molte sanzioni amministrative con importi inferiori a € 15.493,71.
PER APPROFONDIRE
www.giustizia.it
19.INTERESSE LEGITTIMO
Si tratta della situazione giuridica soggettiva della quale è titolare un
soggetto nei confronti della Pubblica Amministrazione (PA), che esercita
un potere autoritativo attribuitole dalla legge, e consiste nella pretesa
del cittadino che tale potere sia esercitato in conformità alla legge.
L’interesse legittimo non ha una tutela immediata e piena come il diritto
soggettivo (vedi), perché dipende da come la Pubblica Amministrazione
esercita il suo potere.
Ad esempio, nel caso di un concorso pubblico, se la PA viola le norme
che regolano il concorso escludendo dalla graduatoria un soggetto che
aveva i requisiti per essere inserito, lo stesso può ricorrere al Giudice
Amministrativo per vedere annullato l’atto in quanto illegittimo.
L’eliminazione dell’atto segue l’interesse primario della legalità amministrativa, ma anche l’interesse legittimo del candidato ad essere inserito
nella graduatoria, essendo in possesso dei titoli. Altro esempio è quanto
disposto dal secondo comma dell’art. 14 della Legge 8 novembre 2000
n.328, che, in relazione alla realizzazione del progetto individuale, pone
un limite relativamente alle risorse disponibili in quel momento.
NORME DI RIFERIMENTO -Costituzione Italiana (articoli 24, 103 e 113)
-Legge 31 marzo 1889 n.5992
-Legge 8 novembre 2000 n.328
FONTI
PER APPROFONDIRE
P. Zatti, Manuale di diritto civile, Padova,
Edizioni Cedam, 2006
L. Delpino, F. Del Giudice, Diritto Amministrativo, Edizioni Simone, 2007
www.altalex.com
35
20.ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (ONU)
“NOI, POPOLI DELLE NAZIONI UNITE, DECISI
a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due
volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni
all'umanità,
a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti
degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole,
a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi
derivanti dai trattati e dalle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti,
a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in
una più ampia libertà,
E PER TALI FINI
a praticare la tolleranza ed a vivere in pace l'uno con l'altro in rapporti di buon vicinato,
ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale,
ad assicurare, mediante l'accettazione di principi e l'istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell'interesse comune,
ad impiegare strumenti internazionali per promuovere il progresso
economico e sociale di tutti i popoli,
ABBIAMO RISOLUTO DI UNIRE I NOSTRI SFORZI PER IL RAGGIUNGIMENTO DI TALI FINI”.
Parliamo di diritti
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Inizia così il Preambolo allo Statuto dell’Organizzazione Mondiale delle
Nazioni Unite (ONU), costituitasi il 25 giugno 1945, formata da 193
Stati su 202 esistenti ad oggi nel Mondo. L’Italia ha aderito all’ONU il
14 dicembre 1955. La denominazione Nazioni Unite fu suggerita per la
prima volta nel 1942 dal Presidente degli Stati Uniti d’America F.D.
Roosvelt.
NORME DI RIFERIMENTO
FONTI
Statuto ONU
www.unric.org
www.wikipedia.org (portale Nazioni Unite)
21.PRIVACY (diritto alla)
Il diritto alla privacy è strettamente connesso al diritto alla vita privata e
familiare, rientra quindi nell’ambito dei diritti e delle libertà fondamentali, riconosciuti dalla “Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” e dalla “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”. Quest’ultima ribadisce che “ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano” e che “tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà,
per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o
a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni persona ha il
diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente.”
La normativa di riferimento in Italia è ad oggi il Decreto Legislativo 30
giugno 2003 n.196 (che ha sostituito la precedente Legge 31 dicembre
1996 n.675). Tale norma ribadisce che il trattamento dei dati personali
deve avvenire nel rispetto della dignità dell’interessato, con particolare
riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.
I principi ai quali deve ispirarsi il trattamento dei dati sono:
• semplificazione;
• armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per l'adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento nonché
per l’ esercizio da parte degli interessati delle forme di tutela previste dalla Legge;
Nell’utilizzo dei dati, laddove preventivamente autorizzati, bisogna quindi assicurarsi che essi siano:
a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali
scopi;
c) esatti e, se necessario, aggiornati;
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali
sono raccolti o successivamente trattati;
e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato
per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per
i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
37
La Legge 31 dicembre 1996 n.675, ora Decreto Legislativo 30 giugno
2003 n.196, ha inoltre istituito il “Garante per la protezione dei dati
personali”, un’autorità indipendente che assicura la tutela dei diritti e
delle libertà fondamentali ed il rispetto della dignità nel trattamento
dei dati personali. E’ un organo collegiale, composto da quattro membri eletti dal Parlamento, i quali rimangono in carica per un mandato di
sette anni non rinnovabile.
NORME DI RIFERIMENTO -Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n.196
Convenzione Europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (4 novembre 1950)
-Direttiva 95-46-CE del 24 ottobre 1995
(Tutela delle persone fisiche con riguardo
al trattamento dei dati personali, nonchè
alla libera circolazione di tali dati)
-Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea (2000)
PER APPROFONDIRE
Parliamo di diritti
38
www.garanteprivacy.it
22. PROTEZIONE GIURIDICA
Protezione prevista e garantita dalla legge per le persone che non sono
in grado di auto rappresentarsi e quindi di esercitare autonomamente i
propri diritti e doveri.
E’ la legge – il Codice Civile – a stabilire i casi, le ragioni, i modi per accertare e dichiarare che le persone sono prive, in tutto o in parte, di autonomia e hanno quindi bisogno di qualcuno che li rappresenti e li aiuti.
La disciplina relativa alla protezione giuridica è stata riformata dalla Legge 9 gennaio 2004 n.6, che ha rivisitato la materia, introducendo
l’istituto dell’amministrazione di sostegno e modificando i pre-esistenti
istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione.
Le finalità della nuova legge possono essere così riepilogate:
• offrire un nuovo strumento che si affianchi a quelli già previsti dal
codice civile, in grado di tutelare soggetti non pienamente capaci di
provvedere ai propri interessi;
• assicurare la migliore tutela con la minore limitazione possibile della capacità di agire delle persone in tutto o in parte prive di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante
interventi di sostegno temporaneo o permanente;
• limitare ai casi estremi il ricorso agli istituti dell’inabilitazione e
dell’interdizione, attraverso l’istituzione dell’amministratore di sostegno.
Le misure di protezione giuridica previste dal codice civile sono, dunque,
secondo l’ordine voluto dal legislatore:
1)l’amministrazione di sostegno, attraverso la quale la persona viene
sostituita nel compimento di determinati atti (concetto della rappresentanza esclusiva) e/o assistita nel compimento di altri (concetto
dell’assistenza necessaria) da un amministratore di sostegno;
2)l’interdizione, attraverso la quale la persona viene sostituita, nel compimento della generalità degli atti e dei negozi giuridici che la concernono, da un tutore;
3)l’inabilitazione, attraverso la quale la persona viene sostituita, nel
compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione patrimoniale, da un curatore.
L’amministrazione di sostegno non si pone a metà fra interdizione e inabilitazione, ma è identificato dal legislatore come lo strumento principale, mediante cui assicurare adeguata protezione alle persone impossibilitate a provvedere autonomamente ai propri interessi.
39
NORME DI RIFERIMENTO Legge 9 gennaio 2004 n. 6
PER APPROFONDIRE
www.anffas.net
www.anffasbrescia.it
www.personaedanno.it
www.aslbrescia.it
23.RICORRENTE
Parliamo di diritti
40
È il soggetto, persona fisica (il cittadino) o giuridica (un’impresa, un
ente pubblico o privato), che propone ricorso davanti all’Autorità Giudiziaria.
Il ricorrente deve avere:
- la legittimazione ad agire attiva – significa possedere il potere di agire in giudizio (p.e. non essere interdetto) che di norma coincide con la
titolarità della posizione che si vuol far valere;
- l’interesse ad agire – significa che il cittadino che presenta un ricorso
deve avere un interesse diretto rispetto alla presunta violazione di una
legge o di una norma. E’ un requisito importante, tanto che il giudice,
ancora prima di decidere se il cittadino sia stato leso nei suoi diritti,
verifica che, al momento della presentazione del ricorso, egli possa
trarre un vantaggio dall’eventuale accoglimento dello stesso.
Ad esempio: nel caso in cui un Comune abbia adottato un regolamento per il concorso alla spesa non rispettoso della legge, i cittadini che
possono presentare un ricorso contro quel regolamento sono solamente coloro che sono direttamente coinvolti dalle disposizioni previste del regolamento comunale. Altro soggetto legittimato ad agire,
nell’esempio qui citato, potrebbe essere una Associazione, sempre
ammesso che il Giudice valuti che quella Associazione sia portatrice di
interessi diffusi.
NORME DI RIFERIMENTO Codice di Procedura Civile (articoli 99 e
100)
FONTI
Luigi De Felice, Diritto Processuale Amministrativo, Edizioni Simone, 2012
24.RICORSO
Il ricorso giudiziario consiste nella richiesta fatta da un soggetto (un cittadino, un’impresa, un ente, ecc.) all’Autorità Giudiziaria di esaminare
una determinata situazione al fine di ottenere una decisione. Il contenuto e le modalità con cui deve essere presentato il ricorso dipendono dalla materia e dal procedimento oggetto di controversia.
25.TRIBUNALE
Organo di giudizio che ha competenza in materia civile e penale ed il cui
ambito territoriale è definito “circondario”. Il tribunale decide in composizione:
monocratica – giudice che esercita da solo la giurisdizione;
collegiale – la giurisdizione è esercitata da più giudici riuniti in Collegio,
uno dei quali svolge le funzioni di Presidente.
26.TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE (T.A.R.)
Il Tribunale Amministrativo Regionale è organo di giustizia amministrativa di primo grado, previsto dall’art. 125 della Costituzione, istituito presso ciascun capoluogo regionale (per la Lombardia, oltre alla sede di Milano - per le Province di Milano, Sondrio, Varese, Pavia, Lecco, Como, Lodi,
Monza - è attiva una sede decententrata a Brescia - per le Province di
Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona).
Il Tribunale Amministrativo Regionale decide con l'intervento di tre magistrati, compreso il presidente. I magistrati sono giudici professionisti,
debbono appartenere all’apposito ruolo del T.A.R. a cui si accede con
pubblico concorso. Le sentenze del TAR sono immediatamente esecutive
e sono appellabili al Consiglio di Stato.
NORME DI RIFERIMENTO
FONTI
- Costituzione Italiana
- Codice del processo amministrativo (art.
5)
www.giustizia-amministrativa.it
41
27.UFFICIO DI PROTEZIONE GIURIDICA (U.P.G.)
Regione Lombardia
Parliamo di diritti
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L’Ufficio di Protezione Giuridica (UPG) o di tutela delle persone incapaci è una struttura costituita nell’ambito dell’Azienda Sanitaria Locale il
cui fine è promuovere o favorire i procedimenti per il riconoscimento
degli strumenti di tutela delle persone incapaci e dell’amministratore
di sostegno.
L’UPG si occupa, nello specifico di:
a) promuovere una ricognizione della situazione degli assistiti, in particolare presenti nelle unità d’offerta pubbliche e private residenziali, e
di assumere i necessari contatti con gli uffici comunali e giudiziari per
assicurare un’adeguata presa in carico della persona e per attivare,
ove necessario, l’adeguata protezione giuridica;
b) collaborare con le strutture competenti in materia di vigilanza e di
accreditamento sociosanitario e sociale, perché, fin dal momento della
richiesta di accesso, sia assicurata una puntuale ed esaustiva informazione alla persona e alla famiglia sulle diverse scelte di protezione giuridica, privilegiando quella più adeguata ai bisogni e necessità della
persona per la realizzazione del suo progetto individuale;
c) promuovere azioni di informazione, di consulenza e di sostegno a
favore della persona e della famiglia sia nella fase della eventuale presentazione del ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno,
di cui agli articoli 406 e 407 Codice Civile, sia per il corretto svolgimento delle funzioni di amministrazione, che tutelino i bisogni e le aspirazioni della persona fragile e gli garantiscano un’adeguata qualità della
vita;
d) fornire assistenza ai servizi sanitari e sociali competenti nella fase di
presentazione del ricorso di cui all’art.407 Codice Civile;
e) svolgere, per mezzo di delega da parte del direttore generale, i compiti dell’amministratore di sostegno, nei casi in cui la scelta del Giudice
Tutelare sia ricaduta sull’ASL;
f) amministrare, sempre per mezzo di delega del direttore generale, le
tutele e le curatele nei casi in cui l’ASL sia stata individuata come tutore o curatore di persone incapaci;
g) gestire i rapporti, in questa materia, con i difensori civici, gli uffici di
pubblica tutela (UPT), gli uffici relazioni con il pubblico (URP);
h) gestire i rapporti con le associazioni di volontariato e con gli altri soggetti del terzo settore, prevedendo l’instaurazione con questi anche di
forme di collaborazione, al fine di sviluppare conoscenze, competenze,
azioni di supporto, che consentano di coinvolgere i volontari adeguatamente preparati e gli enti operanti in questo settore nella gestione delle
amministrazioni di sostegno, delle tutele e delle curatele.
NORME DI RIFERIMENTO -Legge Regionale (Regione Lombardia) 12
marzo 2008 n. 3 (art. 9, comma 6);
-Circolare Regione Lombardia n. 5 del 7 aprile 2008 (Prime indicazioni sui provvedimenti da adottare in ottemperanza alla legge 12 marzo 2008 n. 3 “Governo della rete
degli interventi e dei servizi alla persona in
ambito sociale e sociosanitario”);
-Circolare Regione Lombardia n. 7 del 12
giugno 2008 (Indicazioni organizzative relative alla Direzione Sociale – anno 2008);
-Circolare Regione Lombardia 9 del 27 giugno 2008 (Costituzione dell’Ufficio di protezione giuridica delle persone prive di autonomia o incapaci di provvedere ai propri
interessi);
-Circolare Regione Lombardia n. 10 dell’11
maggio 2009 (Ufficio di protezione giuridica).
PER APPROFONDIRE
www.regione.lombardia.it
43
28.UFFICIO DI PUBBLICA TUTELA (U.P.T.)
Regione Lombardia
Parliamo di diritti
44
L’Ufficio di Pubblica Tutela (UPT) è un ufficio autonomo ed indipendente istituito obbligatoriamente in ogni azienda sanitaria (ASL, Aziende Ospedaliere), il cui fine è la concreta realizzazione dei diritti dei cittadini in materia di prestazioni sanitarie e socio sanitarie (il riferimento per le prestazioni sociali è il Difensore Civico Regionale).
L’UPT non decide, ma interviene mediante l'esame, lo studio e l'indagine di casi concreti, al fine di consentire agli utenti di tutelare i propri
diritti relativamente a:
a) informazione;
b) modalità di organizzazione ed erogazione dei servizi che garantiscano nel concreto il rispetto dei diritti degli utenti e della libertà di scelta;
c) espressione di consenso alle proposte di intervento da attuarsi nei
propri confronti;
d) tutela amministrativa dei propri diritti ed interessi, senza pregiudizio della possibilità di tutela giurisdizionale nelle forme previste dalla
legislazione vigente;
e) tutela della riservatezza;
f) possibilità di inoltro di reclami per disservizi o limitazioni nella fruizione delle prestazioni.
L’attività dell’UPT può essere sollecitata dal soggetto interessato o da
segnalazione delle associazioni del Terzo settore, con particolare riguardo ai soggetti portatori di interessi diffusi come gli enti rappresentativi delle istanze dei soggetti deboli, associazioni di tutela dei diritti,
patronati, enti di espressione delle esigenze delle persone che vivono
specifiche condizioni di disagio.
L’UPT è tenuto a fornire una risposta esauriente entro 30 giorni dal
ricevimento della segnalazione.
Nel caso in cui a seguito del coinvolgimento dell’UPT, la situazione oggetto del reclamo non sia risolta, l’utente può rivolgersi al Difensore
Civico Regionale.
NORME DI RIFERIMENTO - Legge Regionale (Regione Lombardia) 11
luglio 1997 n.31 (art. 11);
- Legge Regionale (Regione Lombardia) 12
marzo 2008 n. 3 (art. 9);
- Deliberazione Giunta Regionale (Regione
Lombardia) n. 8/10884 del 23 dicembre
2009.
FONTI
www.regione.lombardia.it
45
29.UFFICIO RELAZIONI CON IL PUBBLICO (U.R.P.) - RECLAMO
Parliamo di diritti
46
Le pubbliche amministrazioni, in base all’art. 8 della Legge 7 giugno
2000 n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e comunicazione
delle pubbliche amministrazioni), hanno l’obbligo di organizzare un
proprio Ufficio di Relazioni con il Pubblico. Queste le funzioni attribuite
all’URP:
•
garantire l'esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive
modificazioni;
•
agevolare l'utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l'illustrazione delle disposizioni normative e amministrative
e l'informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni medesime;
•
promuovere l'adozione di sistemi di interconnessione telematica
e coordinare le reti civiche;
•
attuare, mediante l'ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento
degli stessi da parte degli utenti;
•
garantire la reciproca informazione fra l'ufficio per le relazioni
con il pubblico e le altre strutture operanti nell'amministrazione,
nonché fra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie amministrazioni.
Anche se non menzionato, è evidente che rientra tra le funzioni
dell’URP anche la gestione dei reclami, ossia delle proteste formali
che si avanzano verbalmente o per iscritto quando si ritiene di essere
stati vittime di un'ingiustizia o di un danno. La presentazione di un
reclamo presuppone sempre l’obbligo di risposta da parte dell’URP (o
di altra struttura o ufficio della Pubblica Amministrazione competente).
NORME DI RIFERIMENTO - Direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri 27 gennaio 1994 (Principi sull'erogazione dei servizi pubblici)
- Legge 7 giugno 2000 n. 150
FONTI
www.urp.it
3. Le regole d’oro per la tutela dei diritti
3.1 Chiedere di ricevere sempre comunicazioni in forma scritta
Ricevere comunicazioni formali (da parte di uffici della Pubblica Amministrazione) ci consente di raggiungere due risultati:
1. avere maggiore chiarezza e certezza rispetto a ciò che l’Istituzione o
l’ente intende effettivamente comunicarci (una disposizione, una risposta, una richiesta);
2. avere la possibilità di dialogare con maggiore efficacia riguardo a ciò
che riteniamo abbia leso i nostri diritti.
In ogni caso, che l’Istituzione comunichi formalmente le proprie scelte e
le proprie richieste al cittadino/utente è di per sé un comportamento
serio che dovrebbe sempre essere attuato, indipendentemente dalla
richiesta e da eventuali ricorsi o contestazioni.
“Mettere nero su bianco” in genere comporta dedicare una maggiore
attenzione al proprio operato in rapporto al cittadino e in ogni caso significa assumersi le proprie responsabilità, anche davanti alla legge.
Un esempio su tutti.
In questo periodo di crisi capita di dovere fare i conti (letteralmente) con
la scarsità di risorse finanziarie. Una situazione che ha colpito anche il
settore sociale e che sta costringendo le Istituzioni a ridurre o negare
servizi e prestazioni, prima erogati con maggiore facilità. Una delle conseguenze più diffuse è il blocco degli inserimenti nei servizi (diurni o residenziali che siano), a meno che la persona (o meglio, la sua Famiglia)
non si renda disponibile all’assunzione del costo della retta, con buona
pace delle norme in materia di concorso alla spesa. Molte famiglie segnalano che questa “condizione” non viene comunicata formalmente dal
Comune, ma verbalmente, magari in un colloquio telefonico. Come mai,
ci potremmo chiedere, una comunicazione così importante e delicata
non viene formalizzata nei confronti della Famiglia? Possiamo solo avanzare una ipotesi. Se il servizio di cui si parla rientra tra i livelli essenziali di
assistenza, riteniamo che un Comune (o una ASL) che dovesse assumere
questo atteggiamento potrebbe essere costretta, dai Giudici, a garantire
l’accesso a quel servizio, applicando le norme vigenti in materia di concorso alla spesa e, quindi, limitandosi a chiedere che il cittadino/utente
47
paghi solo in relazione alla propria condizione economica. Tutto parte
però dall’esistenza provata del comportamento “illegittimo” di quel
Comune ed è chiaro a tutti che, in assenza di una comunicazione formale, il percorso di tutela dei propri diritti può risultare più complesso
e difficile.
3.2 “Occhio ai tempi”
Muoversi subito e nel modo più preciso possibile. E’ solo in questo
modo che, in caso di difficoltà nel rapporto con la Pubblica Amministrazione, si può lasciare aperta e senza rischi la strada per eventuali
ricorsi giudiziari contro un atto che si ritiene abbia leso i propri diritti.
Accade spesso infatti che ancor prima di entrare nel merito della questione che ha attivato il ricorso, i Giudici debbano esaminare questioni
di ammissibilità del ricorso stesso, per esempio proprio in relazione al
termine entro il quale è consentito avviare l’iter giudiziario.
Se parliamo di una delibera comunale che vogliamo impugnare davanti
al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) tale termine coincide, in
genere, con il 60° giorno calcolato dall’ultimo giorno di pubblicazione
nell’Albo Pretorio comunale.
Questo non significa impostare il confronto con la Pubblica Amministrazione come se ogni discussione debba sfociare in un ricorso. E’ bene però sapere che, in caso di gravi e palesi violazioni dei propri diritti
e di ragionevoli dubbi sulla possibilità di avere un confronto serio per
trovare soluzioni di mediazione, è utile tenere conto delle “regole temporali” previste dalle norme.
Parliamo di diritti
48
3.3 Non farsi intimidire
Senza ipotizzare situazioni più serie e pesanti (“da codice penale”), può
capitare che il cittadino che inizia un confronto con la Pubblica Amministrazione si possa trovare in difficoltà a causa di atteggiamenti che
incutono timori e dubbi.
Più frequentemente, può capitare che il cittadino si senta “accusato”
di recare danno – indirettamente – ad altri cittadini che, a causa della
maggiore spesa che l’Istituzione dovrà sostenere nel suo interesse,
non potranno ricevere i servizi o le prestazioni previste.
In entrambi i casi è bene che tutto ciò sia energicamente respinto. Nel
caso in cui l’Istituzione faccia velate o aperte minacce di interruzione o di
modifica del servizio/prestazione in questione (p.e. un servizio di trasporto), è bene che tale atteggiamento sia denunciato attraverso un reclamo (vedi le voci: Carta dei Servizi – Reclamo) o una segnalazione, rivolti oltre che al Responsabile del Settore, al Sindaco.
Ricordiamo a tale proposito che la Costituzione pone in capo alla Repubblica il compito di “…rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Costituzione). La Repubblica è composta dai Comuni, dalle
Province, dalle Regioni e dallo Stato (art. 114 Costituzione).
Il Sindaco di un Comune, pertanto, è non solo il “primo cittadino”, ma
deve rappresentare, tramite il suo operato, i compiti e gli interessi della
Repubblica, tra cui, come qui ricordato, la rimozione degli ostacoli che
creano discriminazioni.
Un cittadino che chiede di tutelare i propri diritti quindi non può in alcun
modo essere posto in condizioni di imbarazzo, o peggio, di difficoltà.
Questo non significa accogliere ogni istanza e ogni rivendicazione, come
se fosse dovuto. Ogni richiesta e ogni rivendicazione va certamente esaminata e valutata, ma è diverso considerare l’azione del cittadino come
una opportunità di cambiamento e di miglioramento, piuttosto che considerarla, come spesso capita, una “scocciatura”. La segnalazione al Sindaco di tali comportamenti è pertanto parte integrante dell’azione di
tutela dei propri diritti che, per i motivi qui ricordati, appare quanto mai
opportuna.
Infine, va precisato che da tempo la Pubblica Amministrazione è tenuta
ad agire tendendo a raggiungere il soddisfacimento dell’interesse del
destinatario (tra cui, certamente al primo posto, il cittadino/utente). In
particolare, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27
gennaio 1994 stabilisce che “I soggetti erogatori e i loro dipendenti sono
tenuti a trattare gli utenti con rispetto e cortesia e ad agevolarli nell'esercizio dei diritti e nell'adempimento degli obblighi (art. 4).
49
3.4 Mai da soli
Parliamo di diritti
50
Emerge un quadro in cui l’azione del singolo, specie se già resa debole
dalla propria condizione di fatica e disagio, potrebbe trovare esiti più
positivi e più rapidi se condotta non “da soli”, ma insieme ad altri cittadini e/o Famiglie che vivono il medesimo problema. Oppure, laddove
questo non sia possibile, agendo con il sostegno di una Associazione
che possa sostenere l’azione di tutela anche grazie alla più approfondita conoscenza dei diritti della persona.
A questo scopo esistono molte associazioni, tra queste la nostra.
Senza che questo possa apparire come un messaggio “pubblicitario” in
favore di ANFFAS, riteniamo legittimo concludere questa Guida con un
breve richiamo alle origini e alle finalità primarie di questa Associazione.
ANFFAS Brescia Onlus è una delle 170 Associazioni che compongono la
base sociale di ANFFAS Onlus, Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e Relazionale.
Il percorso svolto da ANFFAS è articolato e complesso, ma soprattutto
lungo. ANFFAS nasce a Roma nel 1958, mentre a Brescia è dal 1966
che l’Associazione opera per promuovere la cultura dei diritti delle
persone con disabilità. Si può solo immaginare come questi anni di
lavoro, soprattutto i primi, siano stati impegnativi, difficili e per niente
scontati.
Oggi però, grazie alle famiglie fondatrici e a quell’impegno, ANFFAS si
sente a pieno titolo membro attivo del movimento delle persone con
disabilità. Il movimento che ha conquistato la Convenzione ONU sui
diritti delle persone con disabilità (approvata a New York il 13 dicembre 2006), che ha convinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità che
la disabilità non è una malattia, ma è la risultante di una condizione di
salute in un ambiente sfavorevole. Il movimento che, per quanto riguarda l’Italia, ha conquistato la Legge 104 del 1992, la Legge 67 del
2006 per la tutela dalla discriminazione e che, nel 2009, ha convinto il
Parlamento Italiano a ratificare la Convenzione ONU (Legge 3 marzo
2009 n.18 ).
ANFFAS Brescia si è strutturata in Associazione che intende sviluppare
pienamente il proprio ruolo di advocacy. Un termine che coniughiamo in
questo modo:
- darsi da fare per tutelare e ampliare i diritti delle persone con disabilità
e di chi li rappresenta;
- non limitarsi a rivendicare diritti, ma agire per creare le condizioni affinché quei diritti, ancor prima di trovare giustizia nelle aule dei Tribunali, nascano e crescano nella consapevolezza e nella mentalità delle persone e delle Istituzioni;
- convincersi che tutelare e ampliare i diritti vuol dire conoscere, approfondire, fare proposte e che per fare questo occorre sempre mettersi
dalla parte della persona con disabilità e di chi la rappresenta e adottare
il punto di vista di chi è discriminato e in condizione di svantaggio;
- e infine, convincersi che agire per la tutela dei diritti delle persone con
disabilità vuol dire agire per la tutela di un miglioramento per tutte e per
tutti.
Cose complicate e complesse, difficili per definizione, ma alle quali cerchiamo di dedicare tempo, attenzione e risorse: umane, professionali,
organizzative.
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Parliamo di diritti
Indice
Parliamo di diritti
52
1. Premessa
pag. 2
2. Parole chiave
pag. 5
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Accesso agli atti
Appello
Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)
Carta dei servizi
Class action
Consiglio di stato
Convenuto
Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
Corte Costituzionale
Corte di Cassazione
Difensore civico
Diritti di partecipazione
Diritto soggettivo
Disobbedienza civile
Fonti esterne di diritto
Fonti interne del diritto italiano
Gerarchia delle fonti nell'ordinamento italiano
Giudice di pace
Interesse legittimo
Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)
Privacy (diritto alla)
Protezione giuridica
Ricorrente
Ricorso
Tribunale
Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.)
Ufficio di Protezione Giuridica (U.P.G.)
Ufficio di Pubblica Tutela (U.P.T.)
Ufficio Relazioni con il Pubblico (U.R.P.) - Reclamo
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Parliamo di diritti
Indice
3. Le regole d’oro per la tutela dei diritti
3.1
3.2
3.3
3.4
Chiedere di ricevere sempre le comunicazioni in forma scritta
“Occhio ai tempi”
Non farsi intimidire
Mai da soli
pag. 47
pag.
pag.
pag.
pag.
47
48
48
50
Si ringraziano:
−
Anffas Onlus Nazionale;
−
Anffas Lombardia Onlus;
−
Avv.to Salvatore Nocera (FISH Onlus) per la preziosa collaborazione.
53
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GERARCHIA D
54
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55
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