Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari

DIAGNOSTICI INNOVATIVI IN ONCOLOGIA E MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Alla realizzazione di questo progetto di Ricerca concorreranno quattro unità operative, in cui sono
localizzati gruppi di ricerca con competenze specifiche e complementari, in particolare:
UNITÀ OPERATIVA DI TORINO,
UNITÀ OPERATIVA DI NAPOLI,
UNITÀ OPERATIVA DI CATANIA,
UNITÀ OPERATIVA DEL PIEMONTE ORIENTALE.
L’obiettivo delle linee di ricerca proposte riguardano lo sviluppo di nuovi sistemi per imaging ad alta
sensibilità e sistemi responsivi. Inoltre verranno studiati nuovi sistemi target specifici per la veicolazione
di mezzi di contrasto sia per l’MRI che la medicina nucleare utilizzabili come agenti teranostici per il
rilascio di farmaci.
1) REPORTER PER MR IMAGING AD ALTA SENSIBILITA’
- Agenti iperpolarizzati
Molti sforzi sono stati rivolti recentemente verso lo sviluppo di procedure di iper-polarizzazione,
principalmente in MRI. In questo contesto, presso l’Unità operativa di Torino sono in fase di studio
entrambi i principali metodi di iperpolareizzazione, ovvero la Dynamic Nuclear Polarization (DNP) e la
Para-Hydrogen Induced Polarization (PHIP), con la preparazione di sostanze iperpolarizzate arricchite in
13
C, per le quali sono gia' state proposte interessanti applicazioni come agenti di contrasto per 13C -MRI.
Con tali agenti di contrasto le immagini sono acquisite mediante l'osservazione diretta del nucleo 13C.
L'assenza del rumore di fondo permette di ottenere immagini con un elevato rapporto segnale-rumore, in
cui il contrasto è dato dalla differenza di intensità del segnale fra le regioni raggiunte dalla molecola
iperpolarizzata e quelle non raggiunte
Il metodo DNP può in linea di principio essere applicato a qualunque molecola purché siano disponibili
opportune metodologie per la rapida dissoluzione del substrato iperpolarizzato e la successiva
separazione del composto paramagnetico che viene impiegato durante la fase di iperpolarizzazione.
Viceversa, il metodo PHIP richiede substrati idrogenabili, ed implica l'impiego di catalizzatori di
idrogenazione che devono essere rimossi rapidamente prima della somministrazione in vivo. Il
principale vantaggio di questo metodo rispetto al DNP consiste nella maggiore semplicita' (non richiede
le bassissime temperature e l'attrezzatura hardware impiegate in DNP), ed economicità.
Pertanto si intende focalizzare la ricerca principalmente sulla progettazione e preparazione di sonde
iperpolarizzate (o iperpolarizzabili) contenenti eteronuclei caratterizzati da valori di T1 particolarmente
lunghi, che consentano quindi di preservare la polarizzazione per il maggior tempo possibile.
Nell’ambito PHIP, lo studio verrà diretto verso molecole contenenti nuclei di 29Si. Il 29Si è caratterizzato
da un basso valore del rapporto giromagnetico ed è solitamente presente in configurazioni altamente
simmetriche: di conseguenza i tempi di rilassamento 29Si sono estremamente lunghi. Alcuni derivati di
alchini contenenti un nucleo di 29Si saranno utilizzati come modelli per la messa a punto del metodo di
para-idrogenazione e per le misure preliminari di T1. Successivamente sarà messo a punto un metodo
per la risoluzione di miscele complesse di composti contenenti gruppi OH, consistente nella
sililizzazione degli ossidrili con un silil derivato insaturo, successivamente para-idrogenato.
Per il DNP, saranno prese in considerazione molecole contenti atomi 13C o 15N isolati in ibridazione sp3
(ad esempio 13CD3 o 15N(CD3)3), anche questi caratterizzati da lunghi valori dei tempi di rilassamento,
anche a campi elevati. Nei casi in cui verranno introdotti dei metili là dove nel substrato di interesse non
erano presenti, tests di attività enzimatica in vitro verranno condotti al fine di determinare quanto la
modificazione strutturale vada a inficiare l’efficienza dei processi metabolici in cui la molecola in
questione è coinvolta.
- Agenti CEST
Questa classe di agenti è basata sull'effetto di trasferimento di saturazione verso il segnale NMR
dell'acqua. L'ammontare di tale trasferimento dipende da un certo numero di fattori (numero di atomi di
idrogeno scambiabili, velocità di scambio chimico, intensità del campo di RF utilizzato, ...). La peculiare
modalità di funzionamento degli agenti CEST li rende particolarmente interessanti per applicazioni
innovative della MRI.
•
Sistemi Responsivi al pH
E’ possibile determinare un protocollo per la determinazione del pH extracellulare in modelli di
melanoma murino attraverso l’utilizzo del complesso YbHPDO3A. Tale complesso presenta due pool di
protoni mobili appartenenti a due forme isomeriche in scambio lento sulla scala dei tempi NMR. La
velocità di scambio di questi protoni mobili è fortemente influenzata dal pH poichè lo scambio con
l’acqua di bulk è mediato dalla catalisi basica. La presenza di due set di protoni mobili rende il sistema
idoneo come agente CEST responsivo in quanto si presta all’elaborazione su base raziometrica dei dati
di trasferimento di saturazione a cui danno origine. Il valore raziometrico di queste misure è tale da non
dipendere dalla concentrazione totale di agente di contrasto ma solamente dal parametro di interesse
(presupposto fondamentale perchè un probe possa fungere da responsivo). Questa sonda si rivela
estremamente efficiente, sia per quanto riguarda la precisione con cui è in grado di determinare il pH sia
per la bassa tossicità. Infatti, YbHPDO3A è equivalente al complesso di GdHPDO3A che viene
comunemente utilizzato nella pratica clinica come agente di contresto T1, la differenza delle proprietà
magnetiche dei due lantanidi (Yb e Gd) determina la loro diversificazione come tipologia di contrasto
generato. Ci si aspetta che i risultati che saranno ottenuti possano mostrare una buona correlazione
fisiopatologica tra il pH misurato e il grado di ossigenazione del tessuto tumorale.
•
Utilizzo in protocolli di labelling cellulare
Gli agenti di contrasto convenzionali per MRI non consentono la visualizzazione simultanea di più
sonde contemporaneamente presenti in un immagine. In particolare, la visualizzazione multipla, è uno
strumento di grande interesse per applicazioni di cell tracking. Gli agenti di contrasto CEST offrono la
possibilità di ottenere un contrasto nell’immagine MRI codificato in frequenza che consente di
discriminare tra le varie sonde presenti. Complessi paramagnetici neutri (Yb- ed Eu-HPDO3A) possono
garantire un elevato uptake da parte delle cellule marcate. Verranno quindi condotti studi cellulare per
determinare la validità dell’approccio..
•
Iopamidolo come agente CEST
Si intende sviluppare un protocollo per la misura del pH extracellulare sfruttando come agente CEST lo
Iopamidolo, un agente di contrasto per Tomografia Computerizzata a Raggi X ampiamente utilizzato in
ambito clinico negli ultimi trent’anni. La presenza di due gruppi amidici aventi un differente chemical
shift permette di ottenere delle immagini il cui contrasto è funzione della velocità di scambio tra i
protoni amidici e i protoni delle molecole dell’acqua di bulk, e pertanto è funzione del pH. La presenza
di due pool di protoni mobili nella stessa molecola permette a questo agente di sfruttare il metodo
ratiometrico, attraverso il quale la misura del pH diventa indipendente dalla concentrazione dell’agente
stesso.
La capacità di misurare il pH può essere valutata a livello renale, sfruttando la completa eliminazione
della molecola mediante il processo della filtrazione che porta ad un accumulo dello stesso a livello del
rene. Prove verranno pertanto effettuate su topi per verificare l’effettiva risposta a misurazioni di pH in
vivo.
•
Modello farmaco-cinetico per la valutazione del trafficking liposomiale.
Liposomi caricati con complessi paramagnetici possono agire contemporaneamente sia da agenti T2* sia
da agenti CEST. Tuttavia, quando queste sostanze sono catturate dai macrofagi l'effetto CEST viene
perso mentre permane l'effetto T2*. Paragonando quindi il decorso di questi due tipi di contrasto nelle
immagini MRI, è possibile ricostruire una mappa dell'attività sequestrante dei macrofagi I liposomi sono
nanovescicole lipidiche in grado di assemblare e veicolare più componenti sia sulla membrana
fosfolipidica che all’interno del core acquoso. Questa peculiarità è stata sfruttata per sviluppare sistemi
che possano essere visualizzati in un’immagine MRI attraverso più modalità di contrasto (T1, T2 e
CEST). L’evoluzione di queste tre tipologie di contrasto in seguito all’uptake macrofagico e al
conseguente deassembling delle nanovescicole è molto diversa. Un modello matematico consente di
fittare simultaneamente la variazione dei tre contrasti in un tessuto tumorale e ricavarne informazioni
relative alla velocità con cui tali vescicole vengono fagocitate e deassemblate dai macrofagi associati al
tumore. Il modello scelto è un melanoma murino. Come tipologie liposomiali saranno selezionati esempi
con membrana “stealth” e esempi con membrana “pH-sensitive”.
- Nanoparticelle di GdF3 come alternativa alle particelle di ossido di Fe
Le nanoparticelle magnetiche a base di GdF3 possono essere considerate valide alternative, in termini di
efficienza di contrasto e proprietà di relassività, ai complessi di Gd(III) ampliamente impiegati negli
ultimi anni in fase pre-clinica e clinica. Il principale vantaggio di utilizzare un sistema basato su
nanoparticelle rispetto ai complessi chelati sono sia l’elevata relassività a causa di una maggiore densità
di ioni magnetici sia l’opportunità di funzionalizzazione e pertanto di proprietà di targeting. La
dimensione delle nanoparticelle è fondamentale. Il nanomateriale deve essere abbastanza piccolo per
essere filtrato efficacemente e progettato per il targeting specifico per consentire l'interazione con le
biomolecole o recettori della superficie cellulare. La modifica della superficie delle nanoparticelle è di
grande importanza per prevenire la loro aggregazione prima dell'iniezione, diminuirne la tossicità, e
aumentarne la solubilità e la biocompatibilità in un sistema vivente. Le particelle di GdF3 vengono
preparate tramite reazione di co-precipitazione di NaF e GdCl3 in fase acquosa ed in presenza di
molecole di un chelante quale citrato oppure EDTA in grado di rivestire la superficie delle particelle
finali. Esse presentano proprietà morfologiche e di superficie opportunamente modulabili in funzione
delle metodologie di sintesi adottate. Inoltre, possono essere modificate o in fase di sintesi o tramite
trattamenti post-sintesi per ospitare altri lantanidi dotati per esempio di proprietà luminescenti (Tb od
Ho), ottenendo dei sistemi bimodali in grado di agire come agenti di contrasto sia per MRI che per
imaging ottico. Lo stesso 19F presente nella struttura potrebbe essere sostituito con isotopi 18F, rendendo
tali particelle impiegabili anche come sonde PET. Il chelante svolge due funzioni principali in fase di
sintesi: aumenta l’idrofilicità di superficie delle particelle rendendole ben solubili in fase acquosa e ne
limita la crescita e la dimensione. Adottando tale metodologia sintetica sono state sintetizzate particelle
di circa 5 nm con buone relassività e stabilità in condizioni fisiologiche. Lo sviluppo di tali particelle
prevede sia l’utilizzo di un chelante che ottimizzi sia le proprietà di stabilità che quelle di idrofilicità e
sospendibilità sia la funzionalizzazione con sonde per imaging ottico o con vettori specifici.
2) AGENTI RESPONSIVI A BASE DI Gd
Gli agenti responsivi per MRI sono sostanze la cui relassività dipende da un particolare parametro
fisiologico caratteristico del microambiente nel quale si distribuiscono (pH, temperatura, attività
enzimatica, ... ). La loro applicazione dà origine alla formazione di immagini il cui contrasto dipende dal
valore del particolare parametro. Il problema cruciale da risolvere è assicurarsi che le differenze di
relassività osservate siano dovute solamente alla variazione di relassività e non alla differente
concentrazione dell'agente di contrasto.
- Agente responsivo alla beta-galattosidasi per lo sviluppo di “gene-reporter” per MRI
Si è sintetizzato e testato sia in vitro che in vivo, un agente di contrasto a base di Gd(III) capace di dare
informazioni riguardo l’espressione genica dell’enzima agalattosidasi in cellule di melanoma. La sonda è
costituita da un Gd-DOTA funzionalizzato con un gruppo tirosina-galattosio che, in seguito alla
rimozione dello zucchero operata dall’enzima, reagisce, in presenza di tirosinasi, per dare delle specie
aggregate di tipo melaninico. La formazione di questi oligomeri contenenti il complesso paramagnetico
è accompagnata da un marcato aumento nella relassività del sistema. Tutti gli step relativi al rilascio
dell’unità di galattosio e alla formazione della struttura supramolecolare saranno studiati e caratterizzati
a fondo, in vitro, tramite misure rilassometriche e di spettroscopia UV-Vis. Prove di uptake cellulare in
cellule di melanoma (B16F10) hanno dimostrato che la sonda viene internalizzata dalle cellule e che non
sembra essere compartimentalizzata all’interno delle vescicole endosomiali. L’utilizzo di cellule
B16F10lacZ, transfettate per l’espressione di a-galattosidasi, permette di evidenziare un rapido
incremento nella velocità di rilassamento associata alla formazione della specie di tipo melaninico
contenente il complesso paramagnetico. L’uso di questo complesso verrà esteso ad altre tipologie
cellulari e relativi modelli animali.
- Agente responsivo alla Glutammato Decarbossilasi (GAD)
Al momento un’indagine accurata delle varie tipologie neuronali è possibile solo con metodi invasivi
oppure con tecniche di imaging ottico. La Risonanza Magnetica per Immagini ha la capacità di
visualizzare la struttura e l’anatomia cerebrale in modo non invasivo e ad un’elevata risoluzione, ma, per
la maggior parte dei casi, non è in grado di dare informazioni su specifici distretti cellulari o di tipo
funzionale. Questo lavoro consistie nella sintesi e nello studio di una sonda a base di Gd(III) la cui
relassività è sensibile all’azione dell’enzima Glutammato Decarbossilasi (GAD), la cui espressione è
specifica dei neuroni di tipo inibitorio. In seguito all’azione dell’enzima, il complesso aumenta la sfera
di idratazione del metallo e si carica di una carica netta positiva che ne promuove l’interazione con
macromolecole endogene. Ci si aspetta che entrambi questi effetti vengano a contribuire in modo
sinergico e diano origine ad un aumento di relassività che renderebbe il sistema responsivo
all’attivazione da parte dell’enzima. La sonda sarà testata in vitro tramite misure rilassometriche e MRI
in presenza di GAD estratto da cellule di Clostridium Perfrigens.
- Agenti responsivi al pH
L’utilizzo della tecnica MRI per la misura accurata del pH dei tessuti in vivo ha un valore clinico molto
elevato sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Per agire da agenti responsivi al pH, le sonde
MRI devono dare una risposta al pH che sia indipendente dalla concentrazione dell’agente stesso. Per
questo motivo, è stato progettato un sistema costituito da liposomi caricati con complessi paramagnetici,
le cui proprietà rilassometriche sono influenzate dal pH ma, attraverso un metodo raziometrico, non
dipendono dalla concentrazione di Gd(III). In questo sistema la cavità interna dei liposomi è caricata con
un complesso di Gd(III) anfifilico che contiene una funzione (solfonammide) il cui equilibrio di
protonazione/deprotonazione cambia le proprietà di coordinazione del metallo. In seguito a questo
processo il complesso subisce una differente distribuzione intraliposomiale che ne condiziona la
relassività. Queste variazioni saranno seguite con l’acquisizione di profili di relassività a campo variabile
(NMRD) la cui forma caratteristica diventerà funzione del pH. Il metodo raziometrico consiste nel
misurare la dipendenza dal pH del rapporto tra la velocità di rilassamento longitudinale del sistema a due
diversi campi magnetici applicati rimuovendo così la dipendenza dalla concentrazione.
Oltre ai complessi basati sul sistema DO3A-etilsolfonammide si è sviluppato un legante in cui si sfrutta
un gruppo amminoetilico legato al DO3A, recante quindi una ammina primaria distanziata in modo tale
da consentire la chelazione del metallo quando non protonata. Anche in questo caso si evidenzia la
risposta della relassività in funzione del pH del complesso caratterizzata da un flesso centrato intorno a
pH 6-8 in funzione della sostituzione sul gruppo amminico. Saranno effettuati studi di ottimizzazione del
sostituente e quindi del salto di relassività in funzione del pH, ed anche di funzionalizzazione con gruppi
che permettano una misura della concentrazione indipendente dalla relassività e quindi il suo effettivo
utilizzo come agente responsivo.
- Agenti responsivi all’ambiente redox
Per questo scopo sono stati sviluppati dei dendrimeri a base di βciclodestrine per la formazione di
addotti supramolecolari in modo da veicolare sonde MRI. Il dendrimero PAMAM
(poliammidoammina), inizialmente di generazione 1, è stato funzionalizzato in modo tale che ogni
braccio porti un anello ciclodestrinico connesso tramite ponte disolfuro alla struttura macromolecolare
dendrimerica. Tale sistema è stato utilizzato come host per interazioni non covalenti con complessi
paramagnetici contenenti una funzionalità idrofobica in grado di interagire con la cavità delle
ciclodestrine (es., anelli aromatici o adamantani) in modo tale da formare addotti con elevate relassività.
Inoltre, in ambiente riducente i ponti disolfuro si rompono rilasciando le singole ciclodestrine e, per
effetto della riduzione delle dimensioni dei sistemi paramagnetici, viene osservata una parallela
diminuzione della performance MRI. Saranno sviluppati vettori o farmaci contenenti gruppi in grado di
interagire con β-ciclodestrine in modo tale da permettere l’utilizzo di tali sonde macromolecolari in
esperimenti di targeting o per veicolare farmaci a siti di interesse.
3) AGENTI DI TARGETING
Target: fibrina
Un sistema costituito da un peptide e da quattro complessi di Gd cercando di ottimizzare sia l'affinità di
legame al target sia il contrasto generato nell'immagine MRI. Un certo numero di malattie
invariabilmente mostra la presenza di accumuli di fibrina (tumori, placche trombi ). Lo sviluppo di
sistemi efficienti di diagnosi di questi depositi avrebbe importanti ricadute in diverse applicazioni
cliniche.
Target: i gruppi -SH
La facile ossidazione a cui vanno incontro le funzioni tioliche rappresentano un eccellente indicatore
dello stato redox in cui si trova il microambiente biologico. Inoltre, la presenza di gruppi -SH esposti
può essere risultare da mutazione e conseguenti variazioni conformazionali che sono associate a
importanti malattie (PPL/sclerosi multipla). Per queste ragioni si sta ottimizzando una sonda capace di
legarsi specificamente a tioli liberi.
Target: MMPs
Le Metallo Proteasi di Membrana (MMP) sono enzimi che sono presenti in un certo numero di situazioni
che comportano la rimodellazione tissutale e rappresentano importanti indicatori di malattie (tumori,
sclerosi multipla, placche aterosclerotiche). La sonda è rappresentata da particelle insolubili che possono
essere solubilizzate in presenza di enzimi specifici; in questo modo si ha la trasformazione dell'effetto da
T2* a T1. L'insolubilità è dovuta alla presenza di una catena lipofila separata dal complesso di Gd da un
opportuno spaziatore che può essere riconosciuto e tagliato dalle MMP. Le particelle sono costituite da
aggregati dl complesso di Gd, ciclodestrine, agenti aggreganti e agenti in grado di veicolare le particelle
al sito di interesse.
Agenti di contrasto multimerici per migliorare l’efficienza delle sonde ad alto campo
Recentemente, è stato dimostrato che CA di peso molecolare intermedio (2-6 kDa) forniscono i risultati
migliori sugli strumenti ad alto campo (1.5 – 3 T) tanto che un agente multimerico può permettere
l’accumulo al sito di interesse di un alto numero di complessi di Gd(III) individualmente caratterizzati
da elevata relassività ovviando così il problema della bassa concentrazione dei siti recettoriali. Sono stati
perciò sintetizzati e caratterizzati sistemi multimerici basati su complessi di Gd(III) multipli (ca. 2-16)
legati a una struttura centrale. Questi sistemi multimerici dovranno in seguito essere funzionalizzati con
un opportuno vettore che ne permetta il targeting selettivo per applicazioni in Imaging Molecolare.
4) VALUTAZIONE DELLA PERMEABILITÀ VASCOLARE
Questa attività di ricerca riguarda principalmente lo sviluppo dei protocolli di acquisizione delle
immagini per DCE-MRI e di elaborazione delle immagini ottenute.
Gli agenti di contrasto approvati e attualmente utilizzati nelle applicazioni cliniche sono chelati di Gd3+
di piccole dimensioni (ca. 500 Da). Questi tipi di agenti di contrasto sono noti come Small Molecular
Contrast Media (SMCM), non entrano nelle cellule, e vengono solitamente escreti per via renale. La loro
limitata massa molecolare li rende però poco capaci di differenziare tra tessuti sani e neoplastici, in
quanto sono in grado di diffondere liberamente attraverso l’endotelio vascolare (eccezion fatta per la
barriera emato-encefalica). In molte sperimentazioni tale differenziazione è stata osservata solo in
seguito all’utilizzo di agenti di contrasto di maggiori dimensioni (Macromolecular Contrast Media,
MMCM), che riescono a diffondere anche nei tessuti tumorali, caratterizzati da vasi con maggiore
porosità rispetto ai tessuti sani. Un ulteriore vantaggio degli MMCM consiste nella loro maggiore
velocità di rilassamento che è direttamente dipendende dalla massa molecolare.
L’agente di contrasto utilizzato è una molecola avente una struttura a base DTPA (= acido
DietilenTetraamminoPentaAcetico) alla quale è covalentemente legato un residuo di acido deossicolico.
Questo residuo permette al complesso di Gd3+ di legarsi in maniera non covalente e reversibile
all’albumina presente nel siero. Studi in vitro hanno mostrato che la percentuale di complesso
paramagnetico legato all’albumina varia tra il 94% (alb. umana) ed l’84% (alb. di ratto). Questo legame
fa aumentare la massa molecolare dell’agente di contrasto che viene ad avere un valore maggiore di
relassività rispetto al DTPA-Gd3+. Il massimo di relassività che si osserva in presenza di queste
associazioni si posiziona solitamente attorno ai 40 MHz; gli strumenti MRI a nostra disposizione
operano a 7T (300 MHz, Bruker) e 1T (42 MHz, Aspect).
Le prime indagini saranno effettuate sullo strumento ad alto campo in quanto le sequenze di impulso
erano già utilizzabili per la DCE-MRI. Lo strumento a basso campo è uno strumento in fase di sviluppo
per questo motivo inizialmente il software di elaborazione deve essere sviluppato per accettare in input il
formato dei dati Bruker mentre di concerto con i tecnici Aspect si lavora alla modifica delle sequenze di
impulso presenti sulla macchina operante ad 1T per renderle utilizzabili per studi DCE-MRI.
5) NUOVI STRUMENTI TERAGNOSTICI PER LA DIAGNOSI E LA TERAPIA
ONCOLOGICA
La nuova frontiera della ricerca per la terapia e la diagnosi oncologica consiste nell’avere a disposizione
entrambe le funzioni in nanomateriali capaci di evidenziare i tessuti oncologici in particolare con l’MRI
e nello stesso tempo rilasciare un farmaco. L’integrazione della nanomedicina con l’ imaging molecolare
con la chimica dei peptidi, la chimica inorganica e dei polimeri, la biologia cellulare e molecolare sono il
futuro sviluppo per costituire una piattaforma per i) la diagnosi precoce, ii) il monitoraggio della
risposta terapeutica e iii) targeted delivery degli agenti terapeutici. In questa attività di ricerca sono
integrate le unità di Torino e di Napoli.
Teragnostici per il rilascio di farmaci e la diagnosi
Negli ultimi anni la ricerca delle due unità si è focalizzata sull’ottenimento di nuovi sistemi di trasporto
per l’accumulo di un elevato numero di mezzi di contrasto nel sito tumorale da evidenziare. Per
raggiungere questo risultato sono stati preparati e studiati numerosi aggregati supramolecolari quali
micelle e liposomi mediante l’aggregazione di uno o più monomeri anfipatici. Recentemente le attività
hanno previsto la preparazione di nuovi aggregati supramolecolari lamellari a fase inversa (cubosomi,
spugne e fasi cubiche esagonali) come mezzi contrasto per l’MRI. Questi nanovettori posseggono una
struttura interna ad alveare più o meno ordinata e possono essere preparati a partire da monooleina (MO)
e dioleina (DO) in miscela con acqua seguendo i loro diagrammi di fase (rapporto in massa tra H2O e
MO o DO pari a 98/2) stabilizzando l’aggregato con il pluronic 127 un copolimero a blocchi. Questi
aggregati possono ospitare una percentuale variabile di altre molecole anfifiliche senza perdere la
caratteristica struttura. Pertanto può essere aggiunto il complesso DTPA(Gd)con code idrofobiche in
percentuale variabile da 1 a 20%. Per poter rendere target specifiche queste strutture possono essere
aggiunte altre molecole anfifiliche contengano nella parte idrofilica una molecola bioattiva come ad
esempio l’acido folico (AF) per il target selettivo dei recettori del folato.
Questi sistemi dopo essere stati studiati per determinarne le proprietà strutturali (mediante tecniche
chimico fisiche) e rilassometriche, saranno testati in vitro mediante tecniche di microscopia confocale e
imaging su cellule tumorali che sovraesprimono i recettori del folato. Terminata questa fase preliminare
verrà studiata l’interazione dei nanosistemi a diversi gradi di funzionalizzazione con AF con la proteina
BFP (binding folate protein) che sovraesprime i recettori dell’acido folico. Tali studi saranno eseguiti sia
mediante la tecnica del Surface Plasmon Resonance (SPR, Risonanza plasmatica di superficie) sia
mediante ITC (micro calorimetria). Una volta identificata la migliore formulazione si proverà ad
incapsulare nei sistemi a fase inversa un farmaco antitumorale per ottenere un sistema teranostico target
selettivo.
Rilascio di farmaci da liposomi.
Saranno utilizzati liposomi caricati con agenti di contrasto MRI e molecole di farmaco. Essi saranno
somministrati ad animali modello e la loro visualizzazione nelle immagini MRI permetterà di
quantificare il numero di liposomi (e di farmaco) presenti al sito di interesse. I liposomi saranno
progettati in modo da essere sensibili all’effetto di ultrasuoni che causeranno il rilascio (possibilmente
“triggerato”) di farmaco e di mezzo di contrasto dal liposoma. Il mezzo di contrasto sarà ulteriormente
ingegnerizzato al fine di agire da reporter sull’efficacia terapeutica del farmaco stesso. Saranno utilizzate
sia sonde MRI a base di Gd che a base di agenti CEST.
Imaging e terapia a cattura di neutroni (NCT).
L'approccio NCT è di grande interesse principalmente per i tumori cerebrali, ed è basato sull'abilità di
certi nuclei (ad esempio il 10B) di assorbire neutroni iniziando una reazione nucleare che causa la
distruzione delle cellule tumorali. Il successo del trattamento dipende dalla quantità di composto attivo
che raggiunge le cellule malate rispetto a quanto si distribuisce fra i vasi e le cellule sane. Vengono
utilizzati probes contenenti 10B e Gd: dalle immagini MRI è possibile risalire alla concentrazione di Gd
e quindi calcolare quella del boro. I probes contengono carborani, complessi di Gd e un vettore che li
trasporta fino al target di interesse. L’ isotopo 157Gd presente nel gadolinio naturale circa al 15% è
sensibile alla cattura neutronica rafforzando l'azione terapeutica. Per operare un trasporto selettivo al
tessuto tumorale si procederà con l’utilizzo di Lipoproteine a bassa densità (LDL) che vengono
trasportate all’interno delle cellule attraverso specifici recettori che sono sovraespressi in caso di
patologie tumorali. La sonda (Gd/B/L) duale sarà costituita da un carborano (contente 10 atomi di boro)
legato covalentemente da una parte ad un complesso di Gd(III) per l’analisi MRI e dall’altra da una
catena alifatica di 15 atomi di carbonio per permettere l’interazione con la il “core” lipidico delle LDL.
L’addotto Gd/B/L/LDL può essere testato su cellule tumorali in coltura (melanomi murini, epatomi
umani e gliomi umani) e su modelli murini. Attraverso l’analisi MRI sarà quindi possibile misurare la
concentrazione di boro internalizzata dalle cellule tumorali sia “in vitro” che “in vivo” L’irraggiamento
con neutroni sarà effettuato al reattore TRIGAMARK II all’università di Pavia in collaborazione con il
gruppo del prof. Altieri.
Nanocarriers naturali per il trasporto di sonde per la diagnosi e per la terapia
dell’epatocarcinoma.
Il carcinoma epatico (HCC) è una delle forme di tumore più letali. L’infezione cronica dal virus
dell’epatite B (HBV) è la causa più frequente di HCC. La distruzione o promozione di geni associati con
la crescita e ciclo cellulare che sono presenti in prossimità del sito di integrazione del virus HBV, sono
implicati nello sviluppo del carcinoma. Allo stesso modo, le proteine codificate dal virus HBV possono
contribuire all’instaurarsi della patologia. L’utilizzo di topi transgenici aventi espressione organospecifica di geni virali, offre una buona opportunità di studio dei vari aspetti della biologia del virus
HBV. Per questo motivo, il modello transgenico di topi HBV (Tg (Alb-1HBV) Bri44) che contiene la
sequenza genomica di HBV per la codifica delle proteine pre-S, S ed X rappresenta un modello ideale
per lo studio degli eventi molecolari che portano allo sviluppo dell’HCC. In questo modello di topi HBV
gli epatociti mostrano una alterazione degenerativa a partire dal terzo mese di vita, seguita da un
prolungato danno e morte cellulare che provoca l’aumento di specie attive contenenti O2 generando
iperplasia rigenerativa intorno al sesto mese. Al nono mese di vita si osserva la formazione di noduli
displastici mentre lo sviluppo di HCC avviene dal 15 al 18 mese. Lo spegnimento epigenetico di geni
oncosoppressori è un evento critico durante la carcinogenesi. Recentemente è stato osservato che lo
scavenger receptor classe A tipo 5 (SCARA5) è espresso in minor quantità negli HCC umani.
Fisiologicamente, SCARA 5 inibisce l’attività di chinasi focali di adesione (FAK) legandosi
direttamente ad esse. In questo modo, la minore espressione di SCARA5 in HCC può contribuire alla
tumorigenesi e progressione attraverso l’attivazione del Fak-Src-p130Cas pathway. Inoltre, SCARA5 è
stato identificato come un nuovo recettore della ferritina in grado di internalizzare ferro all’interno delle
cellule epatiche in alternativa all’utilizzo della transferrina. Nel nostro studio cercheremo di valutare il
ruolo di SCARA5-FAK signaling pathway nel processo della HBV carcinogenesi utilizzando come
sonda molecolare per MRI l’apoferritina contenente all’interno della cavità particelle di ossido-idrossido
di manganese al posto degli ossidi di ferro. E’ stata infatti messa a punto una procedura che permette di
inserire nella cavità interna dell’apoferritina (Mn-Apo), con un diametro di 8 nm, particelle di ossidoidrossido di Mn, utilizzati come agenti di contrasto in MRI. Mn-Apo contiene all’interno della cavità
circa 1000 atomi di manganese che sono in parte presenti come Mn-OOH ed in parte come ioni Mn2+
che rendono il sistema estremamente efficiente nella capacità di generare contrasto nell’immagine MRI.
Studi “in vitro” possono dimostrare la capacità degli epatociti di internalizzare Mn-Apo attraverso i
recettori della ferritina. L’utilizzo di carriers naturali come l’apoferritina per applicazioni di imaging
molecolare offre i seguenti vantaggi: i) il loro destino metabolico è ben controllato e conosciuto; ii) non
producono risposte immunologiche avverse ; iii) ridotto uptake da parte di macrofagi.
Sistemi a rilascio programmato di Gd.
E’ noto che lo ione Gd3+ è molto tossico. Pertanto viene utilizzato nelle applicazioni MRI sottoforma di
complessi estremamente stabili. In questa linea di ricerca si vuole sfruttare l’effetto citotossico dello ione
Gd3+ attraverso un controllo del suo rilascio al sito di interesse. Saranno preparate sonde che riconoscano
“target” su cellule tumorali dalle quali si liberi lo ione Gd3+ per entrare nella cellula alla quale la sonda si
è ancorata. Al fine di limitare una tossicità sistemica, la sonda verrà progettata in modo tale che possa
essere disattivata (rispetto al rilascio di ioni Gd3+) poco tempo dopo che essa ha raggiunto il “target”.
6) SONDE PER LA DIAGNOSI IN MEDICINA NUCLEARE BASATE SU PEPTIDI
La diagnosi precoce mediante le tecniche di medicina nucleare costituisce una delle strategie della lotta
contro il cancro. Per ottenere una diagnosi più precisa che rilevi la presenza di cellule tumorali si può
puntare sull'impiego di marcatori molecolari che risultano sovraespressi nei tumori solidi. I ligandi dei
recettori possono essere dei peptidi che grazie alla loro bassa massa molecolare, facilità di sintesi e bassa
immunogenicità possono essere utilizzati come vettori per migliorare l’accumulo di mezzi di contrasto
in cellule patogene e migliorarne l’immagine. Inoltre le stesse sonde possono essere utilizzate in terapia
o legando un radionuclide opportuno oppure un farmaco chemioterapico. Da diversi anni l’unità di
Napoli è impegnata nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di questi sistemi basati su molecole
bioattive come i peptidi in grado di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali. In particolare
i sistemi che si intende progettare e studiare nel prossimo triennio sono nuove sonde che riconoscano i
recettori della somatostatina, delle integrine e altri recettori come quelli dell’EGF per migliorare in
particolare la biodistribuzione di quelle precedentemente preparati.
Nuovi analoghi peptidici come carriers di mezzi di contrasto e farmaci
Utilizzando un approccio multidisciplinare finalizzato allo sviluppo di nuovi diagnostici radiomarcati
saranno sviluppati nuove sonde basate su peptidi in grado di riconoscere i recettori sovraespressi da
recettori dell’EGF. Inizialmente una fase di discovery sarà dedicata all’individuazione, mediante rational
design, studi conformazionali e sintesi chimica, delle migliori sequenze peptidiche. I peptidi saranno
coniugati con un chelante bifunzionale opportunamente prescelto fra quelli presenti in letteratura o di
nuova sintesi per l’isotopo dell’Indio 111In e del tecnezio 99mTc per applicazioni SPECT oppure con
l’agente chelante che è in grado di coordinare gli isotopi 67Ga e 68Ga (per applicazioni SPECT e PET
rispettivamente). Sarà anche studiato un approccio innovativo, basato sull’uso combinato di peptidi
radiomarcati differenti appartenenti alle diverse classi, che saranno testati come cocktail di peptidi
marcati sia in vitro che in vivo. Un altro aspetto che in questa linea di ricerca verrà preso in
considerazione sarà quello di utilizzare sonde già presenti in fase clinica e migliorare la biodistribuzione
ed il tempo di permanenza in circolo. In particolare quest’ultimo aspetto permetterà la coniugazione a
chelanti per la veicolazione di metalli per la terapia beta emittori e la coniugazione a farmaci che devono
essere accumulati nel sito di interesse.
Nuovi tools molecole antagonisti dell’integrina αvβ3
L'integrina αvβ3 è considerata un interessante marcatore molecolare sovraespresso in diverse forme
tumorali oltre che sulle cellule endoteliali attivate. In tale ambito saranno progettati nuovi ligandi
inserendo nella sequenza dall'’antagonista selettivo RGDechi legami pseudopeptidici per aumentare la
stabilità enzimatica del sistema.
Parallelamente si svilupperanno nuovi analoghi riducendo progressivamente la lunghezza
amminoacidica. In questo modo si otterrà una sequenza peptidica ridotta in grado di conservare l’elevata
attività e la selettività del peptide capostipite nei confronti dell’integrina avb3.
Un altro aspetto che sarà preso in considerazione consisterà nel funzionalizzare con sequenze peptidiche
che riconoscono l’integrina in questione nanoparticelle di oro e di altri metalli da utilizzare nella
diagnosi e nella terapia. Gli analoghi ottenuti verranno in seguito studiati dal punto di vista strutturale e
funzionale in vitro.
Infine verranno studiate le caratteristiche farmacocinetiche e di biodistribuzione e l’attività in vivo
antitumorale su modelli animali mediante impiego di traccianti radioattivi.