DIAGNOSTICI INNOVATIVI IN ONCOLOGIA E MALATTIE CARDIOVASCOLARI Alla realizzazione di questo progetto di Ricerca concorreranno quattro unità operative, in cui sono localizzati gruppi di ricerca con competenze specifiche e complementari, in particolare: UNITÀ OPERATIVA DI TORINO, UNITÀ OPERATIVA DI NAPOLI, UNITÀ OPERATIVA DI CATANIA, UNITÀ OPERATIVA DEL PIEMONTE ORIENTALE. L’obiettivo delle linee di ricerca proposte riguardano lo sviluppo di nuovi sistemi per imaging ad alta sensibilità e sistemi responsivi. Inoltre verranno studiati nuovi sistemi target specifici per la veicolazione di mezzi di contrasto sia per l’MRI che la medicina nucleare utilizzabili come agenti teranostici per il rilascio di farmaci. 1) REPORTER PER MR IMAGING AD ALTA SENSIBILITA’ - Agenti iperpolarizzati Molti sforzi sono stati rivolti recentemente verso lo sviluppo di procedure di iper-polarizzazione, principalmente in MRI. In questo contesto, presso l’Unità operativa di Torino sono in fase di studio entrambi i principali metodi di iperpolareizzazione, ovvero la Dynamic Nuclear Polarization (DNP) e la Para-Hydrogen Induced Polarization (PHIP), con la preparazione di sostanze iperpolarizzate arricchite in 13 C, per le quali sono gia' state proposte interessanti applicazioni come agenti di contrasto per 13C -MRI. Con tali agenti di contrasto le immagini sono acquisite mediante l'osservazione diretta del nucleo 13C. L'assenza del rumore di fondo permette di ottenere immagini con un elevato rapporto segnale-rumore, in cui il contrasto è dato dalla differenza di intensità del segnale fra le regioni raggiunte dalla molecola iperpolarizzata e quelle non raggiunte Il metodo DNP può in linea di principio essere applicato a qualunque molecola purché siano disponibili opportune metodologie per la rapida dissoluzione del substrato iperpolarizzato e la successiva separazione del composto paramagnetico che viene impiegato durante la fase di iperpolarizzazione. Viceversa, il metodo PHIP richiede substrati idrogenabili, ed implica l'impiego di catalizzatori di idrogenazione che devono essere rimossi rapidamente prima della somministrazione in vivo. Il principale vantaggio di questo metodo rispetto al DNP consiste nella maggiore semplicita' (non richiede le bassissime temperature e l'attrezzatura hardware impiegate in DNP), ed economicità. Pertanto si intende focalizzare la ricerca principalmente sulla progettazione e preparazione di sonde iperpolarizzate (o iperpolarizzabili) contenenti eteronuclei caratterizzati da valori di T1 particolarmente lunghi, che consentano quindi di preservare la polarizzazione per il maggior tempo possibile. Nell’ambito PHIP, lo studio verrà diretto verso molecole contenenti nuclei di 29Si. Il 29Si è caratterizzato da un basso valore del rapporto giromagnetico ed è solitamente presente in configurazioni altamente simmetriche: di conseguenza i tempi di rilassamento 29Si sono estremamente lunghi. Alcuni derivati di alchini contenenti un nucleo di 29Si saranno utilizzati come modelli per la messa a punto del metodo di para-idrogenazione e per le misure preliminari di T1. Successivamente sarà messo a punto un metodo per la risoluzione di miscele complesse di composti contenenti gruppi OH, consistente nella sililizzazione degli ossidrili con un silil derivato insaturo, successivamente para-idrogenato. Per il DNP, saranno prese in considerazione molecole contenti atomi 13C o 15N isolati in ibridazione sp3 (ad esempio 13CD3 o 15N(CD3)3), anche questi caratterizzati da lunghi valori dei tempi di rilassamento, anche a campi elevati. Nei casi in cui verranno introdotti dei metili là dove nel substrato di interesse non erano presenti, tests di attività enzimatica in vitro verranno condotti al fine di determinare quanto la modificazione strutturale vada a inficiare l’efficienza dei processi metabolici in cui la molecola in questione è coinvolta. - Agenti CEST Questa classe di agenti è basata sull'effetto di trasferimento di saturazione verso il segnale NMR dell'acqua. L'ammontare di tale trasferimento dipende da un certo numero di fattori (numero di atomi di idrogeno scambiabili, velocità di scambio chimico, intensità del campo di RF utilizzato, ...). La peculiare modalità di funzionamento degli agenti CEST li rende particolarmente interessanti per applicazioni innovative della MRI. • Sistemi Responsivi al pH E’ possibile determinare un protocollo per la determinazione del pH extracellulare in modelli di melanoma murino attraverso l’utilizzo del complesso YbHPDO3A. Tale complesso presenta due pool di protoni mobili appartenenti a due forme isomeriche in scambio lento sulla scala dei tempi NMR. La velocità di scambio di questi protoni mobili è fortemente influenzata dal pH poichè lo scambio con l’acqua di bulk è mediato dalla catalisi basica. La presenza di due set di protoni mobili rende il sistema idoneo come agente CEST responsivo in quanto si presta all’elaborazione su base raziometrica dei dati di trasferimento di saturazione a cui danno origine. Il valore raziometrico di queste misure è tale da non dipendere dalla concentrazione totale di agente di contrasto ma solamente dal parametro di interesse (presupposto fondamentale perchè un probe possa fungere da responsivo). Questa sonda si rivela estremamente efficiente, sia per quanto riguarda la precisione con cui è in grado di determinare il pH sia per la bassa tossicità. Infatti, YbHPDO3A è equivalente al complesso di GdHPDO3A che viene comunemente utilizzato nella pratica clinica come agente di contresto T1, la differenza delle proprietà magnetiche dei due lantanidi (Yb e Gd) determina la loro diversificazione come tipologia di contrasto generato. Ci si aspetta che i risultati che saranno ottenuti possano mostrare una buona correlazione fisiopatologica tra il pH misurato e il grado di ossigenazione del tessuto tumorale. • Utilizzo in protocolli di labelling cellulare Gli agenti di contrasto convenzionali per MRI non consentono la visualizzazione simultanea di più sonde contemporaneamente presenti in un immagine. In particolare, la visualizzazione multipla, è uno strumento di grande interesse per applicazioni di cell tracking. Gli agenti di contrasto CEST offrono la possibilità di ottenere un contrasto nell’immagine MRI codificato in frequenza che consente di discriminare tra le varie sonde presenti. Complessi paramagnetici neutri (Yb- ed Eu-HPDO3A) possono garantire un elevato uptake da parte delle cellule marcate. Verranno quindi condotti studi cellulare per determinare la validità dell’approccio.. • Iopamidolo come agente CEST Si intende sviluppare un protocollo per la misura del pH extracellulare sfruttando come agente CEST lo Iopamidolo, un agente di contrasto per Tomografia Computerizzata a Raggi X ampiamente utilizzato in ambito clinico negli ultimi trent’anni. La presenza di due gruppi amidici aventi un differente chemical shift permette di ottenere delle immagini il cui contrasto è funzione della velocità di scambio tra i protoni amidici e i protoni delle molecole dell’acqua di bulk, e pertanto è funzione del pH. La presenza di due pool di protoni mobili nella stessa molecola permette a questo agente di sfruttare il metodo ratiometrico, attraverso il quale la misura del pH diventa indipendente dalla concentrazione dell’agente stesso. La capacità di misurare il pH può essere valutata a livello renale, sfruttando la completa eliminazione della molecola mediante il processo della filtrazione che porta ad un accumulo dello stesso a livello del rene. Prove verranno pertanto effettuate su topi per verificare l’effettiva risposta a misurazioni di pH in vivo. • Modello farmaco-cinetico per la valutazione del trafficking liposomiale. Liposomi caricati con complessi paramagnetici possono agire contemporaneamente sia da agenti T2* sia da agenti CEST. Tuttavia, quando queste sostanze sono catturate dai macrofagi l'effetto CEST viene perso mentre permane l'effetto T2*. Paragonando quindi il decorso di questi due tipi di contrasto nelle immagini MRI, è possibile ricostruire una mappa dell'attività sequestrante dei macrofagi I liposomi sono nanovescicole lipidiche in grado di assemblare e veicolare più componenti sia sulla membrana fosfolipidica che all’interno del core acquoso. Questa peculiarità è stata sfruttata per sviluppare sistemi che possano essere visualizzati in un’immagine MRI attraverso più modalità di contrasto (T1, T2 e CEST). L’evoluzione di queste tre tipologie di contrasto in seguito all’uptake macrofagico e al conseguente deassembling delle nanovescicole è molto diversa. Un modello matematico consente di fittare simultaneamente la variazione dei tre contrasti in un tessuto tumorale e ricavarne informazioni relative alla velocità con cui tali vescicole vengono fagocitate e deassemblate dai macrofagi associati al tumore. Il modello scelto è un melanoma murino. Come tipologie liposomiali saranno selezionati esempi con membrana “stealth” e esempi con membrana “pH-sensitive”. - Nanoparticelle di GdF3 come alternativa alle particelle di ossido di Fe Le nanoparticelle magnetiche a base di GdF3 possono essere considerate valide alternative, in termini di efficienza di contrasto e proprietà di relassività, ai complessi di Gd(III) ampliamente impiegati negli ultimi anni in fase pre-clinica e clinica. Il principale vantaggio di utilizzare un sistema basato su nanoparticelle rispetto ai complessi chelati sono sia l’elevata relassività a causa di una maggiore densità di ioni magnetici sia l’opportunità di funzionalizzazione e pertanto di proprietà di targeting. La dimensione delle nanoparticelle è fondamentale. Il nanomateriale deve essere abbastanza piccolo per essere filtrato efficacemente e progettato per il targeting specifico per consentire l'interazione con le biomolecole o recettori della superficie cellulare. La modifica della superficie delle nanoparticelle è di grande importanza per prevenire la loro aggregazione prima dell'iniezione, diminuirne la tossicità, e aumentarne la solubilità e la biocompatibilità in un sistema vivente. Le particelle di GdF3 vengono preparate tramite reazione di co-precipitazione di NaF e GdCl3 in fase acquosa ed in presenza di molecole di un chelante quale citrato oppure EDTA in grado di rivestire la superficie delle particelle finali. Esse presentano proprietà morfologiche e di superficie opportunamente modulabili in funzione delle metodologie di sintesi adottate. Inoltre, possono essere modificate o in fase di sintesi o tramite trattamenti post-sintesi per ospitare altri lantanidi dotati per esempio di proprietà luminescenti (Tb od Ho), ottenendo dei sistemi bimodali in grado di agire come agenti di contrasto sia per MRI che per imaging ottico. Lo stesso 19F presente nella struttura potrebbe essere sostituito con isotopi 18F, rendendo tali particelle impiegabili anche come sonde PET. Il chelante svolge due funzioni principali in fase di sintesi: aumenta l’idrofilicità di superficie delle particelle rendendole ben solubili in fase acquosa e ne limita la crescita e la dimensione. Adottando tale metodologia sintetica sono state sintetizzate particelle di circa 5 nm con buone relassività e stabilità in condizioni fisiologiche. Lo sviluppo di tali particelle prevede sia l’utilizzo di un chelante che ottimizzi sia le proprietà di stabilità che quelle di idrofilicità e sospendibilità sia la funzionalizzazione con sonde per imaging ottico o con vettori specifici. 2) AGENTI RESPONSIVI A BASE DI Gd Gli agenti responsivi per MRI sono sostanze la cui relassività dipende da un particolare parametro fisiologico caratteristico del microambiente nel quale si distribuiscono (pH, temperatura, attività enzimatica, ... ). La loro applicazione dà origine alla formazione di immagini il cui contrasto dipende dal valore del particolare parametro. Il problema cruciale da risolvere è assicurarsi che le differenze di relassività osservate siano dovute solamente alla variazione di relassività e non alla differente concentrazione dell'agente di contrasto. - Agente responsivo alla beta-galattosidasi per lo sviluppo di “gene-reporter” per MRI Si è sintetizzato e testato sia in vitro che in vivo, un agente di contrasto a base di Gd(III) capace di dare informazioni riguardo l’espressione genica dell’enzima agalattosidasi in cellule di melanoma. La sonda è costituita da un Gd-DOTA funzionalizzato con un gruppo tirosina-galattosio che, in seguito alla rimozione dello zucchero operata dall’enzima, reagisce, in presenza di tirosinasi, per dare delle specie aggregate di tipo melaninico. La formazione di questi oligomeri contenenti il complesso paramagnetico è accompagnata da un marcato aumento nella relassività del sistema. Tutti gli step relativi al rilascio dell’unità di galattosio e alla formazione della struttura supramolecolare saranno studiati e caratterizzati a fondo, in vitro, tramite misure rilassometriche e di spettroscopia UV-Vis. Prove di uptake cellulare in cellule di melanoma (B16F10) hanno dimostrato che la sonda viene internalizzata dalle cellule e che non sembra essere compartimentalizzata all’interno delle vescicole endosomiali. L’utilizzo di cellule B16F10lacZ, transfettate per l’espressione di a-galattosidasi, permette di evidenziare un rapido incremento nella velocità di rilassamento associata alla formazione della specie di tipo melaninico contenente il complesso paramagnetico. L’uso di questo complesso verrà esteso ad altre tipologie cellulari e relativi modelli animali. - Agente responsivo alla Glutammato Decarbossilasi (GAD) Al momento un’indagine accurata delle varie tipologie neuronali è possibile solo con metodi invasivi oppure con tecniche di imaging ottico. La Risonanza Magnetica per Immagini ha la capacità di visualizzare la struttura e l’anatomia cerebrale in modo non invasivo e ad un’elevata risoluzione, ma, per la maggior parte dei casi, non è in grado di dare informazioni su specifici distretti cellulari o di tipo funzionale. Questo lavoro consistie nella sintesi e nello studio di una sonda a base di Gd(III) la cui relassività è sensibile all’azione dell’enzima Glutammato Decarbossilasi (GAD), la cui espressione è specifica dei neuroni di tipo inibitorio. In seguito all’azione dell’enzima, il complesso aumenta la sfera di idratazione del metallo e si carica di una carica netta positiva che ne promuove l’interazione con macromolecole endogene. Ci si aspetta che entrambi questi effetti vengano a contribuire in modo sinergico e diano origine ad un aumento di relassività che renderebbe il sistema responsivo all’attivazione da parte dell’enzima. La sonda sarà testata in vitro tramite misure rilassometriche e MRI in presenza di GAD estratto da cellule di Clostridium Perfrigens. - Agenti responsivi al pH L’utilizzo della tecnica MRI per la misura accurata del pH dei tessuti in vivo ha un valore clinico molto elevato sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Per agire da agenti responsivi al pH, le sonde MRI devono dare una risposta al pH che sia indipendente dalla concentrazione dell’agente stesso. Per questo motivo, è stato progettato un sistema costituito da liposomi caricati con complessi paramagnetici, le cui proprietà rilassometriche sono influenzate dal pH ma, attraverso un metodo raziometrico, non dipendono dalla concentrazione di Gd(III). In questo sistema la cavità interna dei liposomi è caricata con un complesso di Gd(III) anfifilico che contiene una funzione (solfonammide) il cui equilibrio di protonazione/deprotonazione cambia le proprietà di coordinazione del metallo. In seguito a questo processo il complesso subisce una differente distribuzione intraliposomiale che ne condiziona la relassività. Queste variazioni saranno seguite con l’acquisizione di profili di relassività a campo variabile (NMRD) la cui forma caratteristica diventerà funzione del pH. Il metodo raziometrico consiste nel misurare la dipendenza dal pH del rapporto tra la velocità di rilassamento longitudinale del sistema a due diversi campi magnetici applicati rimuovendo così la dipendenza dalla concentrazione. Oltre ai complessi basati sul sistema DO3A-etilsolfonammide si è sviluppato un legante in cui si sfrutta un gruppo amminoetilico legato al DO3A, recante quindi una ammina primaria distanziata in modo tale da consentire la chelazione del metallo quando non protonata. Anche in questo caso si evidenzia la risposta della relassività in funzione del pH del complesso caratterizzata da un flesso centrato intorno a pH 6-8 in funzione della sostituzione sul gruppo amminico. Saranno effettuati studi di ottimizzazione del sostituente e quindi del salto di relassività in funzione del pH, ed anche di funzionalizzazione con gruppi che permettano una misura della concentrazione indipendente dalla relassività e quindi il suo effettivo utilizzo come agente responsivo. - Agenti responsivi all’ambiente redox Per questo scopo sono stati sviluppati dei dendrimeri a base di βciclodestrine per la formazione di addotti supramolecolari in modo da veicolare sonde MRI. Il dendrimero PAMAM (poliammidoammina), inizialmente di generazione 1, è stato funzionalizzato in modo tale che ogni braccio porti un anello ciclodestrinico connesso tramite ponte disolfuro alla struttura macromolecolare dendrimerica. Tale sistema è stato utilizzato come host per interazioni non covalenti con complessi paramagnetici contenenti una funzionalità idrofobica in grado di interagire con la cavità delle ciclodestrine (es., anelli aromatici o adamantani) in modo tale da formare addotti con elevate relassività. Inoltre, in ambiente riducente i ponti disolfuro si rompono rilasciando le singole ciclodestrine e, per effetto della riduzione delle dimensioni dei sistemi paramagnetici, viene osservata una parallela diminuzione della performance MRI. Saranno sviluppati vettori o farmaci contenenti gruppi in grado di interagire con β-ciclodestrine in modo tale da permettere l’utilizzo di tali sonde macromolecolari in esperimenti di targeting o per veicolare farmaci a siti di interesse. 3) AGENTI DI TARGETING Target: fibrina Un sistema costituito da un peptide e da quattro complessi di Gd cercando di ottimizzare sia l'affinità di legame al target sia il contrasto generato nell'immagine MRI. Un certo numero di malattie invariabilmente mostra la presenza di accumuli di fibrina (tumori, placche trombi ). Lo sviluppo di sistemi efficienti di diagnosi di questi depositi avrebbe importanti ricadute in diverse applicazioni cliniche. Target: i gruppi -SH La facile ossidazione a cui vanno incontro le funzioni tioliche rappresentano un eccellente indicatore dello stato redox in cui si trova il microambiente biologico. Inoltre, la presenza di gruppi -SH esposti può essere risultare da mutazione e conseguenti variazioni conformazionali che sono associate a importanti malattie (PPL/sclerosi multipla). Per queste ragioni si sta ottimizzando una sonda capace di legarsi specificamente a tioli liberi. Target: MMPs Le Metallo Proteasi di Membrana (MMP) sono enzimi che sono presenti in un certo numero di situazioni che comportano la rimodellazione tissutale e rappresentano importanti indicatori di malattie (tumori, sclerosi multipla, placche aterosclerotiche). La sonda è rappresentata da particelle insolubili che possono essere solubilizzate in presenza di enzimi specifici; in questo modo si ha la trasformazione dell'effetto da T2* a T1. L'insolubilità è dovuta alla presenza di una catena lipofila separata dal complesso di Gd da un opportuno spaziatore che può essere riconosciuto e tagliato dalle MMP. Le particelle sono costituite da aggregati dl complesso di Gd, ciclodestrine, agenti aggreganti e agenti in grado di veicolare le particelle al sito di interesse. Agenti di contrasto multimerici per migliorare l’efficienza delle sonde ad alto campo Recentemente, è stato dimostrato che CA di peso molecolare intermedio (2-6 kDa) forniscono i risultati migliori sugli strumenti ad alto campo (1.5 – 3 T) tanto che un agente multimerico può permettere l’accumulo al sito di interesse di un alto numero di complessi di Gd(III) individualmente caratterizzati da elevata relassività ovviando così il problema della bassa concentrazione dei siti recettoriali. Sono stati perciò sintetizzati e caratterizzati sistemi multimerici basati su complessi di Gd(III) multipli (ca. 2-16) legati a una struttura centrale. Questi sistemi multimerici dovranno in seguito essere funzionalizzati con un opportuno vettore che ne permetta il targeting selettivo per applicazioni in Imaging Molecolare. 4) VALUTAZIONE DELLA PERMEABILITÀ VASCOLARE Questa attività di ricerca riguarda principalmente lo sviluppo dei protocolli di acquisizione delle immagini per DCE-MRI e di elaborazione delle immagini ottenute. Gli agenti di contrasto approvati e attualmente utilizzati nelle applicazioni cliniche sono chelati di Gd3+ di piccole dimensioni (ca. 500 Da). Questi tipi di agenti di contrasto sono noti come Small Molecular Contrast Media (SMCM), non entrano nelle cellule, e vengono solitamente escreti per via renale. La loro limitata massa molecolare li rende però poco capaci di differenziare tra tessuti sani e neoplastici, in quanto sono in grado di diffondere liberamente attraverso l’endotelio vascolare (eccezion fatta per la barriera emato-encefalica). In molte sperimentazioni tale differenziazione è stata osservata solo in seguito all’utilizzo di agenti di contrasto di maggiori dimensioni (Macromolecular Contrast Media, MMCM), che riescono a diffondere anche nei tessuti tumorali, caratterizzati da vasi con maggiore porosità rispetto ai tessuti sani. Un ulteriore vantaggio degli MMCM consiste nella loro maggiore velocità di rilassamento che è direttamente dipendende dalla massa molecolare. L’agente di contrasto utilizzato è una molecola avente una struttura a base DTPA (= acido DietilenTetraamminoPentaAcetico) alla quale è covalentemente legato un residuo di acido deossicolico. Questo residuo permette al complesso di Gd3+ di legarsi in maniera non covalente e reversibile all’albumina presente nel siero. Studi in vitro hanno mostrato che la percentuale di complesso paramagnetico legato all’albumina varia tra il 94% (alb. umana) ed l’84% (alb. di ratto). Questo legame fa aumentare la massa molecolare dell’agente di contrasto che viene ad avere un valore maggiore di relassività rispetto al DTPA-Gd3+. Il massimo di relassività che si osserva in presenza di queste associazioni si posiziona solitamente attorno ai 40 MHz; gli strumenti MRI a nostra disposizione operano a 7T (300 MHz, Bruker) e 1T (42 MHz, Aspect). Le prime indagini saranno effettuate sullo strumento ad alto campo in quanto le sequenze di impulso erano già utilizzabili per la DCE-MRI. Lo strumento a basso campo è uno strumento in fase di sviluppo per questo motivo inizialmente il software di elaborazione deve essere sviluppato per accettare in input il formato dei dati Bruker mentre di concerto con i tecnici Aspect si lavora alla modifica delle sequenze di impulso presenti sulla macchina operante ad 1T per renderle utilizzabili per studi DCE-MRI. 5) NUOVI STRUMENTI TERAGNOSTICI PER LA DIAGNOSI E LA TERAPIA ONCOLOGICA La nuova frontiera della ricerca per la terapia e la diagnosi oncologica consiste nell’avere a disposizione entrambe le funzioni in nanomateriali capaci di evidenziare i tessuti oncologici in particolare con l’MRI e nello stesso tempo rilasciare un farmaco. L’integrazione della nanomedicina con l’ imaging molecolare con la chimica dei peptidi, la chimica inorganica e dei polimeri, la biologia cellulare e molecolare sono il futuro sviluppo per costituire una piattaforma per i) la diagnosi precoce, ii) il monitoraggio della risposta terapeutica e iii) targeted delivery degli agenti terapeutici. In questa attività di ricerca sono integrate le unità di Torino e di Napoli. Teragnostici per il rilascio di farmaci e la diagnosi Negli ultimi anni la ricerca delle due unità si è focalizzata sull’ottenimento di nuovi sistemi di trasporto per l’accumulo di un elevato numero di mezzi di contrasto nel sito tumorale da evidenziare. Per raggiungere questo risultato sono stati preparati e studiati numerosi aggregati supramolecolari quali micelle e liposomi mediante l’aggregazione di uno o più monomeri anfipatici. Recentemente le attività hanno previsto la preparazione di nuovi aggregati supramolecolari lamellari a fase inversa (cubosomi, spugne e fasi cubiche esagonali) come mezzi contrasto per l’MRI. Questi nanovettori posseggono una struttura interna ad alveare più o meno ordinata e possono essere preparati a partire da monooleina (MO) e dioleina (DO) in miscela con acqua seguendo i loro diagrammi di fase (rapporto in massa tra H2O e MO o DO pari a 98/2) stabilizzando l’aggregato con il pluronic 127 un copolimero a blocchi. Questi aggregati possono ospitare una percentuale variabile di altre molecole anfifiliche senza perdere la caratteristica struttura. Pertanto può essere aggiunto il complesso DTPA(Gd)con code idrofobiche in percentuale variabile da 1 a 20%. Per poter rendere target specifiche queste strutture possono essere aggiunte altre molecole anfifiliche contengano nella parte idrofilica una molecola bioattiva come ad esempio l’acido folico (AF) per il target selettivo dei recettori del folato. Questi sistemi dopo essere stati studiati per determinarne le proprietà strutturali (mediante tecniche chimico fisiche) e rilassometriche, saranno testati in vitro mediante tecniche di microscopia confocale e imaging su cellule tumorali che sovraesprimono i recettori del folato. Terminata questa fase preliminare verrà studiata l’interazione dei nanosistemi a diversi gradi di funzionalizzazione con AF con la proteina BFP (binding folate protein) che sovraesprime i recettori dell’acido folico. Tali studi saranno eseguiti sia mediante la tecnica del Surface Plasmon Resonance (SPR, Risonanza plasmatica di superficie) sia mediante ITC (micro calorimetria). Una volta identificata la migliore formulazione si proverà ad incapsulare nei sistemi a fase inversa un farmaco antitumorale per ottenere un sistema teranostico target selettivo. Rilascio di farmaci da liposomi. Saranno utilizzati liposomi caricati con agenti di contrasto MRI e molecole di farmaco. Essi saranno somministrati ad animali modello e la loro visualizzazione nelle immagini MRI permetterà di quantificare il numero di liposomi (e di farmaco) presenti al sito di interesse. I liposomi saranno progettati in modo da essere sensibili all’effetto di ultrasuoni che causeranno il rilascio (possibilmente “triggerato”) di farmaco e di mezzo di contrasto dal liposoma. Il mezzo di contrasto sarà ulteriormente ingegnerizzato al fine di agire da reporter sull’efficacia terapeutica del farmaco stesso. Saranno utilizzate sia sonde MRI a base di Gd che a base di agenti CEST. Imaging e terapia a cattura di neutroni (NCT). L'approccio NCT è di grande interesse principalmente per i tumori cerebrali, ed è basato sull'abilità di certi nuclei (ad esempio il 10B) di assorbire neutroni iniziando una reazione nucleare che causa la distruzione delle cellule tumorali. Il successo del trattamento dipende dalla quantità di composto attivo che raggiunge le cellule malate rispetto a quanto si distribuisce fra i vasi e le cellule sane. Vengono utilizzati probes contenenti 10B e Gd: dalle immagini MRI è possibile risalire alla concentrazione di Gd e quindi calcolare quella del boro. I probes contengono carborani, complessi di Gd e un vettore che li trasporta fino al target di interesse. L’ isotopo 157Gd presente nel gadolinio naturale circa al 15% è sensibile alla cattura neutronica rafforzando l'azione terapeutica. Per operare un trasporto selettivo al tessuto tumorale si procederà con l’utilizzo di Lipoproteine a bassa densità (LDL) che vengono trasportate all’interno delle cellule attraverso specifici recettori che sono sovraespressi in caso di patologie tumorali. La sonda (Gd/B/L) duale sarà costituita da un carborano (contente 10 atomi di boro) legato covalentemente da una parte ad un complesso di Gd(III) per l’analisi MRI e dall’altra da una catena alifatica di 15 atomi di carbonio per permettere l’interazione con la il “core” lipidico delle LDL. L’addotto Gd/B/L/LDL può essere testato su cellule tumorali in coltura (melanomi murini, epatomi umani e gliomi umani) e su modelli murini. Attraverso l’analisi MRI sarà quindi possibile misurare la concentrazione di boro internalizzata dalle cellule tumorali sia “in vitro” che “in vivo” L’irraggiamento con neutroni sarà effettuato al reattore TRIGAMARK II all’università di Pavia in collaborazione con il gruppo del prof. Altieri. Nanocarriers naturali per il trasporto di sonde per la diagnosi e per la terapia dell’epatocarcinoma. Il carcinoma epatico (HCC) è una delle forme di tumore più letali. L’infezione cronica dal virus dell’epatite B (HBV) è la causa più frequente di HCC. La distruzione o promozione di geni associati con la crescita e ciclo cellulare che sono presenti in prossimità del sito di integrazione del virus HBV, sono implicati nello sviluppo del carcinoma. Allo stesso modo, le proteine codificate dal virus HBV possono contribuire all’instaurarsi della patologia. L’utilizzo di topi transgenici aventi espressione organospecifica di geni virali, offre una buona opportunità di studio dei vari aspetti della biologia del virus HBV. Per questo motivo, il modello transgenico di topi HBV (Tg (Alb-1HBV) Bri44) che contiene la sequenza genomica di HBV per la codifica delle proteine pre-S, S ed X rappresenta un modello ideale per lo studio degli eventi molecolari che portano allo sviluppo dell’HCC. In questo modello di topi HBV gli epatociti mostrano una alterazione degenerativa a partire dal terzo mese di vita, seguita da un prolungato danno e morte cellulare che provoca l’aumento di specie attive contenenti O2 generando iperplasia rigenerativa intorno al sesto mese. Al nono mese di vita si osserva la formazione di noduli displastici mentre lo sviluppo di HCC avviene dal 15 al 18 mese. Lo spegnimento epigenetico di geni oncosoppressori è un evento critico durante la carcinogenesi. Recentemente è stato osservato che lo scavenger receptor classe A tipo 5 (SCARA5) è espresso in minor quantità negli HCC umani. Fisiologicamente, SCARA 5 inibisce l’attività di chinasi focali di adesione (FAK) legandosi direttamente ad esse. In questo modo, la minore espressione di SCARA5 in HCC può contribuire alla tumorigenesi e progressione attraverso l’attivazione del Fak-Src-p130Cas pathway. Inoltre, SCARA5 è stato identificato come un nuovo recettore della ferritina in grado di internalizzare ferro all’interno delle cellule epatiche in alternativa all’utilizzo della transferrina. Nel nostro studio cercheremo di valutare il ruolo di SCARA5-FAK signaling pathway nel processo della HBV carcinogenesi utilizzando come sonda molecolare per MRI l’apoferritina contenente all’interno della cavità particelle di ossido-idrossido di manganese al posto degli ossidi di ferro. E’ stata infatti messa a punto una procedura che permette di inserire nella cavità interna dell’apoferritina (Mn-Apo), con un diametro di 8 nm, particelle di ossidoidrossido di Mn, utilizzati come agenti di contrasto in MRI. Mn-Apo contiene all’interno della cavità circa 1000 atomi di manganese che sono in parte presenti come Mn-OOH ed in parte come ioni Mn2+ che rendono il sistema estremamente efficiente nella capacità di generare contrasto nell’immagine MRI. Studi “in vitro” possono dimostrare la capacità degli epatociti di internalizzare Mn-Apo attraverso i recettori della ferritina. L’utilizzo di carriers naturali come l’apoferritina per applicazioni di imaging molecolare offre i seguenti vantaggi: i) il loro destino metabolico è ben controllato e conosciuto; ii) non producono risposte immunologiche avverse ; iii) ridotto uptake da parte di macrofagi. Sistemi a rilascio programmato di Gd. E’ noto che lo ione Gd3+ è molto tossico. Pertanto viene utilizzato nelle applicazioni MRI sottoforma di complessi estremamente stabili. In questa linea di ricerca si vuole sfruttare l’effetto citotossico dello ione Gd3+ attraverso un controllo del suo rilascio al sito di interesse. Saranno preparate sonde che riconoscano “target” su cellule tumorali dalle quali si liberi lo ione Gd3+ per entrare nella cellula alla quale la sonda si è ancorata. Al fine di limitare una tossicità sistemica, la sonda verrà progettata in modo tale che possa essere disattivata (rispetto al rilascio di ioni Gd3+) poco tempo dopo che essa ha raggiunto il “target”. 6) SONDE PER LA DIAGNOSI IN MEDICINA NUCLEARE BASATE SU PEPTIDI La diagnosi precoce mediante le tecniche di medicina nucleare costituisce una delle strategie della lotta contro il cancro. Per ottenere una diagnosi più precisa che rilevi la presenza di cellule tumorali si può puntare sull'impiego di marcatori molecolari che risultano sovraespressi nei tumori solidi. I ligandi dei recettori possono essere dei peptidi che grazie alla loro bassa massa molecolare, facilità di sintesi e bassa immunogenicità possono essere utilizzati come vettori per migliorare l’accumulo di mezzi di contrasto in cellule patogene e migliorarne l’immagine. Inoltre le stesse sonde possono essere utilizzate in terapia o legando un radionuclide opportuno oppure un farmaco chemioterapico. Da diversi anni l’unità di Napoli è impegnata nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di questi sistemi basati su molecole bioattive come i peptidi in grado di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali. In particolare i sistemi che si intende progettare e studiare nel prossimo triennio sono nuove sonde che riconoscano i recettori della somatostatina, delle integrine e altri recettori come quelli dell’EGF per migliorare in particolare la biodistribuzione di quelle precedentemente preparati. Nuovi analoghi peptidici come carriers di mezzi di contrasto e farmaci Utilizzando un approccio multidisciplinare finalizzato allo sviluppo di nuovi diagnostici radiomarcati saranno sviluppati nuove sonde basate su peptidi in grado di riconoscere i recettori sovraespressi da recettori dell’EGF. Inizialmente una fase di discovery sarà dedicata all’individuazione, mediante rational design, studi conformazionali e sintesi chimica, delle migliori sequenze peptidiche. I peptidi saranno coniugati con un chelante bifunzionale opportunamente prescelto fra quelli presenti in letteratura o di nuova sintesi per l’isotopo dell’Indio 111In e del tecnezio 99mTc per applicazioni SPECT oppure con l’agente chelante che è in grado di coordinare gli isotopi 67Ga e 68Ga (per applicazioni SPECT e PET rispettivamente). Sarà anche studiato un approccio innovativo, basato sull’uso combinato di peptidi radiomarcati differenti appartenenti alle diverse classi, che saranno testati come cocktail di peptidi marcati sia in vitro che in vivo. Un altro aspetto che in questa linea di ricerca verrà preso in considerazione sarà quello di utilizzare sonde già presenti in fase clinica e migliorare la biodistribuzione ed il tempo di permanenza in circolo. In particolare quest’ultimo aspetto permetterà la coniugazione a chelanti per la veicolazione di metalli per la terapia beta emittori e la coniugazione a farmaci che devono essere accumulati nel sito di interesse. Nuovi tools molecole antagonisti dell’integrina αvβ3 L'integrina αvβ3 è considerata un interessante marcatore molecolare sovraespresso in diverse forme tumorali oltre che sulle cellule endoteliali attivate. In tale ambito saranno progettati nuovi ligandi inserendo nella sequenza dall'’antagonista selettivo RGDechi legami pseudopeptidici per aumentare la stabilità enzimatica del sistema. Parallelamente si svilupperanno nuovi analoghi riducendo progressivamente la lunghezza amminoacidica. In questo modo si otterrà una sequenza peptidica ridotta in grado di conservare l’elevata attività e la selettività del peptide capostipite nei confronti dell’integrina avb3. Un altro aspetto che sarà preso in considerazione consisterà nel funzionalizzare con sequenze peptidiche che riconoscono l’integrina in questione nanoparticelle di oro e di altri metalli da utilizzare nella diagnosi e nella terapia. Gli analoghi ottenuti verranno in seguito studiati dal punto di vista strutturale e funzionale in vitro. Infine verranno studiate le caratteristiche farmacocinetiche e di biodistribuzione e l’attività in vivo antitumorale su modelli animali mediante impiego di traccianti radioattivi.