introduzione alla FILOSOFIA CRISTIANA

Prof. Monti – classe IV classico e scientifico tradizionale – introduzione alla "filosofia cristiana" – a.s. 2016-2017
CRISTIANESIMO E FILOSOFIA
1. PRIME NOTE
- Non mi soffermo qui sulla nascita, lo sviluppo e la progressiva imposizione del
Cristianesimo, né su suoi rapporti con la più antica tradizione ebraica.
La religione cristiana ‒ al di là del nostro essere "credenti" o "non credenti": questa è
una cosa che non riguarda minimamente i nostri studi! ‒ costituì una novità radicale e
potentissima.
Potete immaginare l'imporsi del cristianesimo nell'Occidente come l'apparire, prima timido
e periferico, poi sempre più netto e vigoroso, di una nuova forza, in precedenza
sconosciuta, ma capace di influenzare e modificare profondamente tutti gli aspetti della
vita dell'uomo.
Se questo è vero, non deve stupire il fatto che anche sulla filosofia il prevalere del
cristianesimo nel mondo occidentale esercitò un'influenza enorme, determinandone
un nuovo corso.
- La religione cristiana è intesa, lo sapete bene, come frutto di una Rivelazione da parte di
Dio e non di una ricerca razionale da parte dell’uomo.
La religione cristiana parrebbe, in questo modo, eliminare per principio la necessità della
ricerca e, anzi, sembra consistere proprio nell’atteggiamento opposto: l’accettazione
acritica di una Verità che, appunto, in quanto di origine divina, escluderebbe l'idea stessa
di ricerca! Ecco che, in questo senso, tra filosofia e cristianesimo parrebbe non poter
esistere nulla in comune.
Tuttavia, non appena l’uomo si chiede quale sia il significato di tale Verità rivelata, come
sia giusto intenderla, come incarnarla nella propria vita concreta, ecco che l’esigenza della
ricerca, e dunque della speculazione filosofica, "rinasce".
- Nasce in questo modo quella che potremmo chiamare, in termini assai generali,
filosofia cristiana: essa si assume il compito di condurre l’uomo alla comprensione della
Verità rivelata da Cristo, in modo da poterne realizzare in pieno il senso.
Gli strumenti indispensabili per questo compito, la filosofia cristiana li assunse proprio dal
pensiero greco: esso, in particolare alcune parti di esso, venne recuperato e anche
modificato in modo tale da rispondere a una nuova funzione.
Ricordate che, di fatto, con la sua predicazione Cristo non propose una dottrina dotata di
capisaldi teorici ben strutturati. Egli non era un intellettuale e non elaborò alcuna teoria: la
sua figura non può e non deve essere intesa, quindi, come quella di un filosofo in senso
stretto.
Ciò che possiamo definire dottrina cristiana è stato realizzato successivamente alla sua
morte, a partire da cosiddetti "Padri della Chiesa".
- Il compito di intendere e di realizzare il messaggio di Cristo appartenne alle comunità
cristiane sviluppatesi nei secoli successivi alla venuta del Signore. La filosofia cristiana
non poteva, beninteso, avere il compito di scoprire nuove verità, né di approfondire
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l’originale Verità portata da Cristo, ma solo di fornirne la miglior via di comprensione
(teorica) e di attuazione (pratica).
In altre parole: la filosofia cristiana si trova assegnati, in anticipo, dei limiti entro i quali
muoversi.
Anche solo da queste scarne note risulta evidente, credo, il profondo scarto compiuto
rispetto alla tradizione filosofica precedente.
2. CENNI SU FILONE DI ALESSANDRIA
- Affrontiamo Filone di Alessandria (15-10 ac – prima metà I secolo dc) solo per
brevissimi cenni. Pensatore ebreo, fu un po’ un precursore di quella che sarà chiamata
“patristica”: egli fu infatti il primo a tentare una mediazione fra la filosofia greca e la
Bibbia, dando vita a quella che egli stesso chiamò “filosofia mosaica”.
- La “filosofia mosaica” si avvale, come strumento, dell’allegoria: Filone cioè non si ferma
al senso letterale dei Sacri testi, ma ritiene di poter rinvenire in essi profondi concetti
filosofici (espressi, appunto, per via allegorica, cioè tramite immagini che rimandano a un
senso più profondo).
L’allegoria è proprio la figura retorica per cui un concetto viene espresso non in modo
diretto, quindi letterale, ma attraverso un’immagine. Come nella metafora, vi è la
sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza di quella, non si basa su un piano
sensibile-emotivo, bensì richiede un’interpretazione razionale di ciò che sottintende.
- Facciamo solo un esempio del modo di operare di Filone.
Sappiamo che, in accordo con la Bibbia, Dio crea il mondo tramite la parola (logos). Filone
fa della parola di Dio, il Logos creatore, una ipostasi, chiamandola “Dio secondo”,
“Immagine di Dio”.
Ma a che scopo vedere la parola divina come entità ("ipostasi", appunto) a se stante?
Normalmente non riteniamo che la parola di qualcuno, chiunque esso sia, possa godere di
una qualche forma di indipendenza rispetto al suo autore, rispetto a chi la proferisce
dunque...
Con questa operazione, Filone mostra una preoccupazione che sarà sempre caratteristica
del cristianesimo, quella di garantire la trascendenza divina.
DEFINIZIONE
Il termine trascendenza (trans + scandere = oltre + salire), antitetico al concetto di
immanenza (in + manere = dentro + restare), indica in filosofia e in teologia il carattere di
una realtà concepita come “ulteriore”, situata “al di là”, “oltre” questo mondo, in una visione
che potremmo definire dualistica. Torneremo a parlare di entrambi questi fondamentali
concetti.
3. LA PATRISTICA
- I primi cristiani dovettero da una parte difendersi dagli attacchi polemici e dalle
persecuzioni e, dall’altra, garantire la propria unità contro “errori” e “false interpretazioni”
nati all’interno del cristianesimo stesso (le cosiddette "gnosi").
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Accedendo al terreno della filosofia, il cristianesimo cercò per lo più di affermare la propria
continuità con il pensiero greco, ponendosi anzi come la più compiuta e ultima
manifestazione di esso.
Questa continuità veniva giustificata con l'idea dell'unità della ragione, cioè l’unità del
Logos, che Dio ha creato identico negli uomini di ogni tempo.
In questo senso, per i primi scrittori cristiani, l’unità di ragione e fede spesso non solo
non è un problema, ma viene riguardata come un dato di fatto, un presupposto che guida
la loro ricerca.
Nella loro opera di conciliazione fra filosofia e religione, i Padri della Chiesa (chiamati
“padri”, da cui “Patristica”, perché danno origine e fondamento alla dottrina cristiana) si
ispirarono spesso alle grandi scuole filosofiche pagane, attingendo in modo particolare
dagli Stoici.
La Patristica è, di fatto, il periodo storico in cui si svolge la prima e più intensa
elaborazione dottrinale del cristianesimo.
- I cosiddetti PADRI APOLOGISTI danno avvio, nel II secolo dc, all’attività filosofica cristiana.
Sono così chiamati perché scrivono in difesa – "apologia", appunto – del Cristianesimo:
ciò è necessario perché, in questo primo periodo, i cristiani sono osteggiati tanto dagli
ebrei quanto dai pagani. Spesso, come sapete bene, vengono fatti oggetto di persecuzioni
violente.
I padri apologisti sono piuttosto numerosi: noi ci soffermiamo qui solo su qualche esempio
significativo.
*** Quanto segue in colore grigio è solo da leggere! ***
- Fondatore della patristica e primo padre apologista fu Giustino (100 dc circa – 163-167
dc).
Nato probabilmente a Flavia Neapolis (l’antica Sichem, ora Nablus, in Palestina), figlio di
genitori pagani, frequenta varie scuole filosofiche ove entra in contatto con stoici,
peripatetici, pitagorici e professa a lungo dottrine di stampo platonico.
Successivamente, si convertì al cristianesimo e visse a lungo a Roma, ove fondò anche
una scuola. Sempre a Roma subì il martirio. Autore, fra le altre opere, della Prima apologia
dei cristiani (indirizzata al potente imperatore Antonino il Pio) e della Seconda apologia dei
cristiani.
- La sua dottrina fondamentale si può così riassumere: il cristianesimo è “la sola filosofia
sicura ed utile”. Esso è il risultato ultimo e definitivo al quale la ragione deve giungere nella
sua ricerca.
In che modo sostenere una simile pretesa? La risposta è piuttosto semplice: la ragione
non è altro se non Cristo, il Logos divino, il Verbo, tramite il quale tutto è stato
creato e del quale tutti gli uomini partecipano.
Addirittura, Giustino afferma che tutti coloro che vissero secondo una retta ragione furono
cristiani, anche se vissero prima della rivelazione storica di Cristo! Certo: questi cristiani
ante litteram non poterono conoscere tutta la verità, però c’erano in loro semi di verità
(pensate alle ragioni seminali degli Stoici) verità che, non essendo ancora giunto il
momento della rivelazione, essi non poterono comprendere in pieno.
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- Attenzione: come già abbiamo ricordato, i padri apologisti dovettero difendere il
cristianesimo non solo da nemici esterni, pagani ed ebrei, ma anche interni, ovvero contro
quelle numerose sètte che, nel tentativo di interpretare il messaggio originale del
cristianesimo, ne “falsarono” lo spirito e la lettera.
Si tratta delle cosiddette sètte gnostiche, che si diffusero ampiamente sia in Oriente che
in Occidente, specie fra i dotti.
Come sapete la parola gnosis – intesa come conoscenza religiosa distinta dalla pura e
semplice fede – è attinta dalla tradizione greca, in particolare dal pitagorismo. Gli gnostici
fecero proprio della conoscenza la condizione della salvezza.
In cosa consiste questa conoscenza? La conoscenza gnostica, che riguarda Dio e la
salvezza ultraterrena, si presenta spesso come una dottrina segreta che sarebbe stata
rivelata da Cristo solo a pochi discepoli. È per lo più una conoscenza di carattere mistico,
non propriamente discorsivo, frutto di una illuminazione diretta da parte di Dio.
Gli gnostici hanno una concezione del mondo terreno pessimistica (secondo molti di loro, il
mondo sarebbe stato creato da un “demiurgo malvagio”): il cosmo è il regno del male e la
nostra permanenza in esso è una sorta di esilio. La salvezza dipende dal rapporto con la
gnosi, ovvero dal grado di conoscenza che si è acquisito.
- Fra i numerosi gnostici, ricordiamo il persiano Mani (del quale parleremo ancora a
proposito di Agostino). Nato verso il 216 dc, Mani si presentò come colui che avrebbe
portato la dottrina cristiana alla sua formulazione compiuta e definitiva.
La sua religione si presenta di fatto come una mescolanza fra elementi di diversa origine:
gnostici, cristiani e orientali.
Caratteristica del manicheismo è la professata esistenza di due principi originali, uno del
Male, o principio delle tenebre, l’altro del Bene, o principio della luce, che si combattono
perpetuamente nel mondo. Questo dualismo permea ogni cosa, anche l’anima umana, a
sua volta duplice: vi sarebbe un anima corporea, fonte di male, e una luminosa, fonte del
bene.
L’uomo raggiunge la salvezza annullando in sé ogni traccia di male secondo tre vie:
astenendosi dal cibo di origine animale e da discorsi impuri, rifiutando la proprietà e il
lavoro, evitando il matrimonio e il concubinato.
- La polemica contro la gnosi permise al cristianesimo di avviarsi verso una elaborazione
dottrinale più rigorosa. È evidente, infatti, che una dottrina ben definita nei suoi caratteri
fondamentali permette con maggior facilità di distinguere ciò che è conforme ad essa e ciò
che, invece, deve essere rifiutato come fonte di errore!
A questo riguardo, citiamo solo un padre: Ireneo.
- Ireneo nacque in Asia Minore intorno al 140 dc. A suo avviso, l’unica vera gnosi è quella
trasmessa da Cristo ai Dodici: essa però non ha la pretesa di fornire all’uomo idee o
concetti che superino i limiti della natura umana. Ireneo ritiene, infatti, che Dio sia
incomprensibile, impensabile: nessun concetto umano è adeguato e applicabile a lui.
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“Egli è Intelletto, ma non è simile al nostro intelletto. Egli è Luce, ma non è simile alla
nostra luce”. Se le cose stanno così, “è meglio non saper nulla, ma credere in Dio e
rimanere nell’amore di Dio, anziché rischiare di perderlo con ricerche sottili”.
Si tratta di un’idea che ritornerà spesso nei secoli seguenti: ciò che di certo
sappiamo di Dio lo apprendiamo dalla rivelazione e solo da essa. È a partire dalla
parola di Dio, quindi, che si può conoscere Dio: il fondamento dei ragionamenti umani (e
solo umani!) non è di per sé sufficientemente stabile per condurci a conoscenze certe e
affidabili a riguardo.
È vero, però, che la rivelazione di Dio non consiste solo nella Sacra Scrittura: Dio si rivela
anche attraverso il mondo, sua opera, come anche alcuni autori pagani riconobbero.
- Ancora contro gli gnostici: il Logos e lo Spirito Santo non sono eoni (cioè divinità
“intermedie”) subordinati a Dio. Il Padre, il Figlio e lo Spirito, afferma Ireneo, hanno uguale
essenza e quindi dignità. Dio è semplice: in lui non vi è posto per alcuna subordinazione.
Altro errore degli gnostici: la carne, la materia, non sono affatto il male, o l’origine del
male. Il corpo, esattamente come l’anima, è creazione divina: esso non implica male
alcuno nella sua natura. Il male non è in alcun senso originario, ma è originato: esso
prende l’avvio dall’abuso che l’uomo fa della libertà donatagli da Dio. Il male consiste
nell’allontanarsi da Dio, nel disobbedirgli.
- Prendiamo in considerazione un’altra importante figura di padre apologista, Tertulliano,
che introduce alcune novità rispetto a quanto detto sin qui. Egli infatti, invece di insistere
sulla continuità fra cristianesimo e filosofia greca, presentando quindi la fede in Cristo
come "vera filosofia", tese a rivendicare l’originalità e la discontinuità del cristianesimo
rispetto a quanto lo aveva preceduto.
- Nato intorno al 160 dc a Cartagine, anch’egli da genitori pagani, ebbe un’ottima
educazione ed esercitò a Roma la professione di avvocato. Qui si convertì e divenne
sacerdote, anche se più avanti fondò una sua sètta, detta dei “tertullianisti”. La sua opera
letteraria fu vastissima: noi ci limitiamo a brevi cenni su specifiche dottrine.
- Tertulliano, senza mezzi termini, condanna la filosofia, cioè il pensiero razionale: essa
è fonte di errori ed eresie, mentre la verità si trova solo nella rivelazione e nella tradizione
ecclesiastica.
La ricerca ha senso solo fino a che si sia trovata la dottrina di Cristo: la fede in essa pone
naturalmente termine ad ogni ulteriore ricerca. Continuare a cercare, una volta raggiunta
la fede, significa precipitare nell’eresia.
“Il Figlio di Dio fu crocefisso: non è vergognoso perché potrebbe esserlo. Il Figlio di Dio è
morto: è credibile perché è inconcepibile. Sepolto resuscitò: è certo perché è impossibile.”
Queste affermazioni dall’apparenza contraddittoria esprimono molto bene lo spirito
inquieto, anche se estremamente forte e deciso, di Tertulliano.
- Ma cosa testimonia in favore della fede, oltre ogni ragionevolezza? Solo la tradizione
della Chiesa? Tertulliano ritiene che un’altra valida testimonianza sia fornita direttamente
dall’anima: questa non è, come sarà per Agostino, interiorità, ma è la voce del senso
comune. Le credenze semplici dell’uomo della strada sono assai significative, convinzioni
“volgari perché comuni, comuni perché naturali, naturali perché divine”.
- Una tesi di Tertulliano: “Tutto ciò che è, è corpo di un genere determinato”. Non esiste
nulla di immateriale: anche l’anima ha natura corporea, sebbene con caratteristiche
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differenti, che cadono sotto l’intelletto e non sotto la sensibilità. In questo senso,
Tertulliano difende la corporeità di Cristo contro coloro i quali riducevano il corpo del
Signore ad una pura apparenza (docetismo).
*** Quanto segue in colore grigio è solo da leggere! ***
4. SVILUPPI DELLA PATRISTICA
- L’elaborazione dottrinale del cristianesimo, come abbiamo visto, ebbe inizio anche sulla
scorta di motivazioni pratiche, segnatamente la difesa (apologia) dei cristiani nei confronti
di pagani ed ebrei, oltre che per motivazioni teoriche.
Con il trascorrere del tempo e il progressivo affermarsi della nuova religione in ampi strati
della società, i motivi di tipo polemico/apologetico cominciano ad avere minore importanza
a favore di una precisa necessità: costruire la dottrina ecclesiastica come un organismo
unico e coerente, fondato su una solida base logica.
La continuità che alcuni apologisti avevano stabilito fra la filosofia e il cristianesimo
si approfondisce: sempre più il cristianesimo presenta se stesso come la filosofia
autentica e definitiva, che assorbe e porta a compimento il sapere antico, certamente
valido, ma parziale.
Il periodo che va dal 200 dc al 450 dc circa è quello decisivo per la costruzione della
dottrina cristiana. Le speranze escatologiche relative ad un imminente ritorno del Cristo
progressivamente vengono meno: la Chiesa sente quindi la necessità di organizzarsi
stabilmente, fondando la sua unità e solidità nella storia.
- Il primo impulso a tale ricerca venne dalla scuola catechetica di Alessandria la quale,
a partire dallo scolarca Panteno (180 dc), assunse i tratti di una accademia cristiana nella
quale l’intera sapienza greca veniva utilizzata e interpretata in chiave religiosa.
I maggiori esponenti di questa scuola furono Clemente Alessandrino e Origene.
Clemente, nato intorno al 150 dc, divenne allievo e poi successore di Panteno. Suo scopo
dichiarato è quello di difendere e approfondire la fede attraverso l’uso della filosofia. In
effetti il perfetto cristiano è, a suo avviso, colui nel quale fede (pistis) e conoscenza
(gnosis) si fondono armonicamente.
Ma quali sono i rapporti fra la ragione e la fede? Il rapporto ragione - fede è un tema
che dibattuto da allora in poi, sino ad oggi, e avrà nel corso dei secoli molte
risposte diverse!
Vediamo l'opinione di Clemente a questo riguardo: egli ritiene che la fede debba essere
principio e fondamento della scienza (e dunque della ragione), la quale non può certo
rendere la Verità più forte, ma è assai utile come baluardo di difesa. La conoscenza
filosofica, dunque, assume una sorta di valore ausiliare, ancillare, nei confronti della fede.
La fede è necessaria alla conoscenza, ne è presupposto, altrimenti quest’ultima non
potrebbe che essere incompleta e, in definitiva, errata. L’esempio illuminante è proprio
quello dei filosofi greci: come Giustino, anche Clemente ammette che questi uomini, grazie
all’esercizio razionale, poterono scoprire una “parte della verità”, ma non la verità intera:
essa venne rivelata solo da Cristo.
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Dio, di per se stesso, è inattingibile: egli supera ogni parola e ogni pensiero. Di Lui
possiamo sapere ciò che non è, più di ciò che è (questa è la cosiddetta "teologia
negativa"). In questo senso, Cristo è visto essenzialmente come il Maestro per eccellenza,
il Pedagogo.
Come supremo maestro, il Logos, Cristo, è anche la norma della condotta pratica. La
massima stoica del vivere secondo ragione assume in Clemente il significato di vivere
secondo l’insegnamento di Gesù.
Il Logos/Cristo è:
1. principio creatore del mondo;
2. principio di ogni forma di sapienza;
3. in quanto incarnato in una persona umana, è principio di salvezza.
- Nato ad Alessandria attorno al 185 dc da genitori cristiani, Origene presenta un pensiero
maggiormente articolato e complesso. Sostituì Clemente come capo della scuola
catechetica di Alessandria.
Ricchissima fu la sua produzione letteraria: di fatto la dottrina di Origene è il primo grande
sistema di filosofia cristiana.
“Gli Apostoli”, ebbe a dire, “ci hanno tramandato con la più grande chiarezza tutto ciò che
hanno giudicato necessario a tutti i fedeli […]. Ma hanno lasciato a quelli dotati dei doni
superiori dello Spirito e specialmente della parola, della saggezza e della scienza, la cura
di ricercare le ragioni delle loro affermazioni”. Questo è il compito che Origene assume per
se stesso.
Egli, con il suo lavoro esegetico (cioè di interpretazione) sulla Sacra Scrittura, tende a
metterne in luce il senso nascosto e, quindi, a fornire la giustificazione profonda delle
verità rivelate. A questo scopo distingue un triplice significato della Scrittura: il
somatico, lo psichico, lo spirituale, livelli di significato che stanno fra loro come le tre parti
dell’uomo: corpo, anima, spirito.
Il passaggio dal significato letterale (somatico) a quello allegorico (spirituale) è il passaggio
dalla fede alla conoscenza. Per Origene, la conoscenza altro non è se non il naturale
approfondimento della fede. Le Scritture a suo avviso consistono solo in una introduzione
alla conoscenza, che deve poi essere approfondita.
- La prima e fondamentale preoccupazione di Origene fu quella di affermare la
spiritualità di Dio.
Dio non è corpo e non esiste in alcun corpo materiale: la sua natura è spirituale e, quindi,
semplicissima.
L’idea di Dio come qualcosa che sta radicalmente al di là delle cose e dei concetti, porta
Origene a rifiutare gli antropomorfismi presenti nell’Antico testamento, interpretandoli
allegoricamente. Nulla è più sbagliato dell’affermazione che Dio ha forma umana ed è
agitato da passioni simili alle nostre...
Ancora: l’onnipotenza divina trova limite solo nella sua perfezione. Ciò significa che
neppure Dio può fare qualcosa che contraddica la sua natura: non può, per esempio,
commettere una qualche ingiustizia, un qualche male. È corretto affermare che Dio è vita,
anche se non nel senso delle cose vive che troviamo in questo mondo (Dio infatti,
diversamente dalle cose create, non muta). È anche vero che Dio è il bene, il Bene
sommo, inteso in senso platonico, come bene in sé.
- A parere di Origene, e diversamente da quanto affermato da Ireneo (e anche da quanto
ammesso dalla tradizione successiva, sino ad oggi) il Logos divino, la seconda persona
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divina, si trova di fatto subordinato al Padre: anche il Logos è eterno, ma la sua eternità
dipende dalla volontà del Padre, non è tale in sé e per sé. Anche il Figlio è la vita, ma solo
perché la riceve dal Padre. Origene ha una concezione del Logos assai simile a quella
degli Stoici: esso è l’ordine razionale del mondo, la forza che ne determina l’unità e lo
dirige.
Lo Spirito Santo, infine, è una terza istanza, si trova ad un livello ancora inferiore: egli non
è neppure creato direttamente dal Padre, ma lo è solo per tramite del Figlio. In tutto questo
non è difficile notare influenze di carattere gnostico.
- Origene riprende anche la dottrina platonica del Fedro, spiegando la natura del
mondo sensibile attraverso il concetto di caduta dal mondo intelligibile, il mondo delle
sostanze ideali. Le intelligenze incorporee, create ab aeterno da Dio, proprio per un cattivo
uso della loro libertà si allontanano dal bene: in questo e solo in questo consiste il male!
Persino il demonio, egli dice, non è malvagio per natura (dunque il male non può essere
visto come un principio originario, sostanziale, come nel manicheismo), ma lo è diventato
di sua volontà, in quanto si è allontanato dal bene.
Segno della caduta è il rivestimento del corpo: il mondo visibile, materiale, altro non è se
non la caduta, la degenerazione del mondo intelligibile e delle pure sostanze razionali che
lo abitano. Origine ammette una continua successione di Mondi, un po’ come accade con
gli Stoici, ma non nei termini di una mera ripetizione ciclica, ciò che sarebbe impedito dalla
libertà, ma in quelli di una progressiva espiazione che riporterà al mondo intelligibile.
La purificazione, la liberazione è possibile in virtù del Logos: il Figlio infatti si avvicina al
mondo e all’uomo per ricondurlo alla originaria perfezione. È proprio la funzione del Logos
nei confronti dell’uomo che ne esige e giustifica l’incarnazione.
- L’uomo era in origine una sostanza puramente razionale e intelligibile, divenuta anima
(una via di mezzo fra puro spirito e corpo) a seguito della caduta e, poi, corpo. Come la
caduta fu frutto di una libera scelta, così sarà la risalita, seppure influenzata dal benefico
influsso di Cristo che, come Clemente, anche Origene vede come Pedagogo. La via del
ritorno può essere assai lunga, fatta, se necessario, di molte nascite e morti successive. I
successivi mondi ipotizzati da Origene sono altrettante scuole nelle quali gli esseri
decaduti si rieducano al bene.
- Da quanto detto, Origene appare un ottimo esempio della conciliazione fra alcune
dottrine della tradizione greca – tratte per lo più dal pitagorismo, da Platone e dagli stoici –
e il cristianesimo.
Vi sono comunque, come avrete notato, alcuni aspetti del pensiero di Origene che si
allontanano dal cristianesimo per come noi oggi lo conosciamo: il concetto di creazione
(che in lui di fatto non è presente, se non come creazione eterna), l’idea della
reincarnazione, la resurrezione della carne (che altri padri, come Tertulliano, avevano
rivendicato, e che Origene invece esclude nettamente).
- Ricordiamo, infine, che Origene esprime, rifacendosi ancora una volta allo stoicismo, un
principio cui le dottrine politiche del cristianesimo si sarebbero poi sempre ispirate. Egli
afferma che “vi sono due leggi fondamentali, quella naturale, il cui autore è Dio, e quella
scritta che è formulata nei diversi stati”.
Sarà bene per il cristiano ubbidire anche alla legge civile dello Stato in cui si troverà a
vivere, ma solo nella misura in cui essa non si trovi in contrasto con la legge divina.
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<<< PER RICORDARE >>>
- Il prevalere del cristianesimo nel mondo occidentale – in virtù dell'imporsi del concetto di Verità rivelata –
determinò un nuovo indirizzo per la filosofia. La ricerca filosofica viene intesa non più come scoperta del
nuovo, ma come approfondimento di ciò che già si conosce.
- I Padri della Chiesa, nel periodo denominato appunto Patristica, elaborarono la dottrina cristiana inizialmente
a scopo apologetico (cioè per difendersi dagli attacchi esterni – pagani ed ebrei – e interni – sette gnostiche)
e, successivamente, allo scopo di dare una organizzazione stabile alla Chiesa. Per fare questo i Padri, per lo
più (Tertulliano fu, in questo senso, un'eccezione), operarono una mediazione fra la filosofia greca, la Bibbia e
gli insegnamenti di Cristo.
- Clemente alessandrino: la fede è principio e fondamento della ricerca, la quale ha rispetto alla fede un valore
ausiliare. Senza la fede, la ricerca non potrebbe essere che incompleta e, dunque, errata. In questo senso,
Cristo è il Maestro per eccellenza: colui seguendo il quale si evita di cadere nell'errore.
- Origene: egli elaborò il primo sistema filosofico cristiano; triplice significato della Scrittura: somatico, psichico,
spirituale; Il passaggio dal significato letterale (somatico) a quello allegorico (spirituale) è il passaggio dalla
fede alla conoscenza. La conoscenza è il naturale approfondimento della fede. Le Scritture, a suo avviso,
consistono solo in una introduzione alla conoscenza.
Fondamentale preoccupazione di Origene fu quella di affermare la spiritualità di Dio. Dio non è corpo e non
esiste in alcun corpo materiale: la sua natura è spirituale e semplicissima. Rifiuto degli antropomorfismi.
L’onnipotenza divina trova limite solo nella sua perfezione.
L'uomo si è incarnato a causa della caduta: suo compito è quello di ritornare alla sua originaria condizione
attraverso una serie successiva di reincarnazioni.
Legge divina e legge umana.
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